Strumenti musicali medievali

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Strumenti musicali medievali

Tomi sugli strumenti musicali Medievali:

Viella
La viella, più importante strumento ad arco del Medioevo, gode di grande ammirazione da parte di letterati e teorici del tempo. Strumento regale e versatile rientra, per il suo suono dolce e gradevole, fra gli "onesti" strumenti ammessi nell`educazione delle fanciulle. Grazie al numero di corde, da tre a cinque, e alle differenti accordature, la viella si presta a svariate funzioni divenendo il mezzo privilegiato per l`accompagnamento del canto da parte di trovatori e musicisti sia professionisti sia dilettanti. Un ulteriore funzione è data dall`esecuzione di musica da danza durante passatempi privati o importanti ricevimenti e banchetti: durante la festa nuziale descritta nel Romanzo di Flamenca, opera di un anonimo poeta provenzale della fine del Xin secolo, ben "duecento giullati, esperti suonatori di viola, s`accordano per disporsi a due a due lungo le panche e accompagnano la danza con la viola, senza sbagliare una nota". Il suo nome è variamente indicato come vielle in francese, viella in latino, viola in provenzale e viuola in italiano. La denominazione attuale di viella permette di identificare in modo univoco lo strumento medioevale, ovviando facili equivoci con le successive viole rinascimentali e moderne.

La viella è costituita da una cassa di risonanza di varia forma, originariamente ovale e successivamente a forma di 8 per facilitare il movimento dell`arco. La cassa è formata da una tavola armonica e da un fondo collegati da una fascia di legno incurvata. Il manico può essere ricavato da un prolungamento della cassa o innestato al corpo principale. Sulla tavola armonica è posto il ponticello sopra il quale sono tese le corde che dalla cordiera raggiungono il cavigliere dove sono collocati i piroli per l`accordatura dello strumento. Il cavigliere può essere a forma di cuore o di disco. La tavola armonica è provvista di due fori a forma di C posti ai lati del ponticello e, negli strumenti di pregiata fattura, di intarsi perimetrali e fori decorativi di varia forma.




Liuto

II notissimo strumento a corde deve le sue origini nel Medioevo all`altrettanto noto strumento arabo chiamato ud, significato leti terale "legno", etimologia probabilmente connessa con il materiale impiegato nella costruzione della tavola armonica e ovviamente di tutto il corpo dello strumento. A riguardo sono stati fondamentali gli scambi culturali tra arabi ed europei attuati soprattutto nei tenitori occupati della Spagna (711 -1492) e della Sicilia (902-1091). Non è un caso che nelle celebri miniature delle Cantigas de Santa Maria di Alfonso el Sabio (fine XIII secolo), si vedano suonatori cristiani con liuti di tipica fattura araba.
Una delle caratteristiche strutturali di questo strumento è la forma della cassa armonica bombata o a guscio (simile per intenderci al mandolino moderno ma più grande di dimensioni). Lo stesso Dante, nel canto XXX dell`Inferno, se ne serve per un paragone nella descrizione dell`eccessivo gonfiore del ventre del maestro Adamo: "Io vidi un, fatto a guisa di leuto".

È interessante ascoltare la descrizione dello strumento dalle parole dirette di uno dei maggiori teorici del Quattrocento, Johannes Tinctoris: il liuto "è uno strumento formato da un legno concavo sul modello della testuggine, con una apertura situata quasi nel centro e un lungo manico sopra cui sono tese le corde, in maniera regolare dalla parte inferiore proprio sotto l`apertura fino alla parte superiore [del manico]. Il suonatore non solo lo sostiene con la mano sinistra, ma nello stesso tempo con pressione delle dita [sempre della mano sinistra] preme o solleva le corde. Anche l`altra mano sia con le dita che col plettro percuote le stesse corde" e a proposito del suo uso "l`utilizzazione del liuto avviene presso di noi nelle feste, nelle danze, nei banchetti e nei ricevimenti privati". Così era effettivamente nella realtà sia nel Trecento sia nel Quattrocento, dove era già strumento prediletto per l`accompagnamento del canto, anticipando in questo la grande fortuna che avrà nel Rinascimento.




Mandora

È uno strumento iconograficamente ben rappresentato nel Trecento e Quattrocento. È caratterizzato da una forma simile a quella del liuto ma con dimensioni più ridotte, dal manico e dalla cassa armonica in un unico blocco (più raramente a doghe come il liuto) e dal cavigliere, nella maggior parte dei casi, incurvato a semicerchio (a "falcetto"), frequentemente abbellito con una testina zoomorfa.

Il termine non va confuso con la mandola che è uno strumento appartenente alla famiglia del mandolino e che comparirà alcuni secoli dopo. Questo strumento è dipinto spesso e volentieri abbinato al liuto e, molto probabilmente, ne ha subito nel corso del XIV e XV secolo anche l`influenza, a tal punto che, in certe rappresentazioni, è difficile identificarlo se l`immagine non è molto dettagliata. Lo strumento è conosciuto anche col nome di Gittern, nella cui variante terminologica italiana troviamo anche il vocabolo guitarra e chitarra, termine che comunque non identifica la chitarra moderna che nascerà qualche secolo più tardi.



Arpa

Sotto questo nome vengono attualmente classificati una serie di cordofoni caratterizzati dalla perpendicolarità del piano di giacenza delle corde con quello della tavola armonica. Nell`alto Medioevo fino al XIII secolo tuttavia l`arpa viene denominata in ambiente colto e teoretico con termini diversi: cythera barbarica prima e poi cythera anglica di forma triangolare; chrotta britanna di origine celtica corrispondente probabilmente ad un arpa quadrangolare sovente raffigurata nelle croci irlandesi del IX secolo.

Il termine harpe, di probabile derivazione germanica indicante l`atto di afferrare le corde con le dita, è abilmente evitato dagli scrittori teorici all`interno dei loro trattati, anche quando è ormai usato in maniera rilevante nelle opere letterarie. Al contrario, nell`ambito dei poeti e prosatori del Tre e Quattrocento, la parola arpa è usata con una costanza e una precisione di riferimento come raramente avviene nel Medioevo per designare uno strumento musicale: da allora il termine arpa non conoscerà trasformazioni lessicali fino ai giorni nostri.


Tornando alla storia dello strumento, l`arpa non fu probabilmente originaria dell`Occidente: l`Irlanda fu uno dei primi paesi dell`Europa ad adottarla e da lì essa si è diffusa sul continente probabilmente grazie ai menestrelli irlandesi che correvano numerosi nell`Europa del primo Medioevo. Dal punto di vista strutturale, le arpe differivano grandemente nelle dimensioni. Alcune erano piccole abbastanza da essere trasportate appese a una cinghia, altre invece erano troppo grandi per risultare portatili. Alcune avevano, soltanto sette corde, mentre l`arpa che il compositore Guillaume de Machault descrive nel XIV secolo aveva venticinque corde. Di tutti gli strumenti "bassi", l`arpa deteneva il rango più alto: membri delle famiglie reali e dell`aristocrazia la utilizzavano.

Lo strumento spesso è suonato da una figura femminile: Francesco da Barberino, nella sua opera Reggimento e costumi di donna, afferma che l`arpa "è ben da gran dama". Nel Quattrocento tale costume non fu affatto dimenticato: in una descrizione della reggia di Belfiore, si scriverà di giovani e dame che danzavano al suono di alcuni strumenti "et al suono de una arpa sonata da una dama".



Salterio

La principale caratteristica che contraddistingue questo strumento dall`arpa è che il piano di giacenza delle corde risulta parallelo a quello della tavola armonica. Il vocabolo latino psalterium (termine che in greco significa pizzicare con le dita) fu applicato nel Medioevo a strumenti talvolta diversi per concezione costruttiva e, non da ultimo, per designare il Libro dei Salmi della Sacra Bibbia.

Gli scritti teorici e religiosi abbondano di citazioni di "salteri decacordi", naturalmente con dieci corde perché in accordo con il numero delle leggi del decalogo. Lo strumento ha avuto a partire dal XI secolo un discreto sviluppo grazie all`influenza araba in Europa, derivata dall`introduzione nella prassi musicale medioevale di strumenti arabi quali il qànun trapezoidale o la nuzha rettangolare. Questa fase di sviluppo ha un deciso impulso intorno al XII secolo ed è testimoniata, oltre che da una abbondante iconografia, anche indirettamente dagli stessi teorici: si parla di svariate forme e molteplici corde.
Il salterio appare nel XIV e XV secolo in una notevole varietà di forme geometriche: triangolare, quadrata, rettangolare, trapezoidale, con i lati diritti o anche incurvati. La forma a trapezio rettangolo viene spesso identificata con un altro nome: in Italia ad esempio si usa cannone (derivante dall`arabo qànun) e mezzo cannone, l`ultimo per identificare uno strumento dimezzato o più piccolo rispetto al precedente.

In un poemetto degli inizi del Trecento si ritrovano tutti i termini precedentemente citati, quasi a sottolineare la ricchezza dei modelli appartenenti alla stessa famiglia strumentale: "Udivi suon di molto dolzi danze in...cannion, mezzi cannoni a smisuranze,...salteri ed altri stormenti triati".

Per quanto riguarda la prassi esecutiva, i salteri venivano pizzicati con le dita o in alcuni casi con dei plettri, oppure venivano percossi con delle bacchette, come ancora oggi si usa nel cimbalon ungherese. Come tendenza generale, dopo il 1300, i salteri a corde percosse sembrano aver prevalso nel Nord Europa mentre i salteri a pizzico nel Sud.



Ribeca

È lo strumento ad arco medioevale di piccola taglia e dal suono più acuto. Provvisto di due o tre corde, è formato da una piccola cassa piriforme di legno duro che costituisce un unico corpo con il manico, sopra il quale è applicata una tastiera. La tavola armonica è provvista di due fori di uscita del suono a forma di C o di semicerchio.

La ribeca europea è derivata dal rebab arabo, introdotto in Spagna con l`invasione del Mori. Nelle Cantigas de Santa Maria si trovano infatti strumenti ad arco "da gamba" del tutto simili all`originale moresco: forma allungata a "barchetta" e cordiera rivolta all`indietro. Nelle testimonianze iconografiche del centro e nord Europa si trovano invece ribeche "da braccio" con caratteristiche organologiche vicine all`attuale lira greca: cassa più larga e cavigliere a forma di disco.

Strumento dal suono aspro e nasale trova consensi in vari ambienti sociali. Nel Decameron di Giovanni Boccaccio il buon Calandrino, con gran diletto di tutta la brigata, accompagna con la ribeba il proprio canto riuscendo ad "aggratigliare" il cuore della bella Niccolosa: "tu mi ha aggratigliato il cuore con la tua ribeba" (IX,5). Il primo riferimento in lingua volgare risale all`inizio del XIV secolo quando nella leggenda di Santa Caterina d`Alessandria è richiesto "saper sonare una rubeba bene e dolcemente".
All`inizio del Quattrocento la ribeca è sicuramente presente in taglie di varie dimensioni e altezze sonore, come è facilmente deducibile dalla descrizione delle feste presenti nel Liber Saporecti di Simone Prudenzani (1415):

L`altra sera puoi venner suon d`archetto Rubebe, rubechette et rubecone
Ch`a tucta gente d`ieder gran dilecto
(Sonetto 34)

Per avere una cospicua documentazione iconografica e letteraria relativa alla ribeca di area italiana, bisognerà attendere il Rinascimento quando verrà frequentemente rappresentata nelle scene i angeli musicanti e descritta all`interno di feste e spettacoli.



Trombe

Nata anch`essa come strumento di segnalazione, la tromba naturale o chiarina si rivelò adatta anche per un uso artistico: la grande lunghezza del tubo sonoro permetteva ai suonatori più esperti di articolare, esclusivamente per mezzo delle labbra, melodie piuttosto complesse utilizzando i suoni armonici acuti dello strumento, operazione che con la tromba attuale viene eseguita con l`aiuto di tre valvole a pistone che variano la lunghezza del tubo sonoro.

Non sono sopravvissute melodie medioevali per tromba, ma ciò non sorprende dal momento che ci troviamo di fronte a un`arte i cui segreti venivano trasmessi soltanto oralmente e conservati gelosamente all`interno di una corporazione professionale riconosciuta e tutelata.

Possediamo solo una testimonianza indiretta sull`abilità dei suonatori più esperti i quali formavano un`apposita categoria all`interno della stessa corporazione: tali divisioni di competenze erano così rigide che quando un esecutore di livello inferiore si permetteva di suonare le note più acute o le melodie, invadendo così la professionalità dei suoi colleghi riconosciuti come più esperti, poteva essere punito con multe salatissime o pene più gravi, fino alla fustigazione.

A partire dalla chiarina, nel tardo Medioevo si afferma un altro tipo di tromba nella quale l`intonazione delle note viene effettuata variando la lunghezza del tubo sonoro. Denominata tromba "da tirarsi", in riferimento alla sua principale caratteristica, essa adotta un principio che verrà successivamente applicato a uno strumento di più grandi dimensioni, il trombone, le cui linee essenziali, anch`esse elaborate nel corso del XV secolo, sono rimaste sostanzialmente inalterate fino a oggi.




Organo

L`organo è senza dubbio lo strumento musicale più complesso dell`epoca medioevale per i numerosi problemi costruttivi connessi al sistema di funzionamento che prevede:

- la tastiera, a cursori o a tasti, che comanda una serie di valvole sotto pressione, ognuna delle quali è collegata a una canna;
- la camera d`aria a tenuta stagna, detta somiere, nella quale sono collocate le valvole, nonché il gioco di leve e tiranti che collega la tastiera alle valvole, permettendo la loro apertura e chiusura e producendo così i suoni;
- le canne o tubi sonori di legno, piombo o stagno;
- uno o più mantici per l`approvvigionamento dell`aria necessaria alla produzione del suono.

Inizialmente ad uso profano, l`organo assume nel tempo un importante ruolo nelle funzioni religiose divenendo lo strumento privilegiato all`interno delle chiese. Lo sviluppo in ambito liturgico favorisce la sperimentazione e il perfezionamento di nuove tecnologie. Alla fine del millennio le dimensioni degli organi vengono adeguate a quelle delle immense cattedrali gotiche: l`organo del monastero di Winchester, costruito dopo la metà del X secolo, era dotato di 400 canne, 2 tastiere e 26 mantici azionati da "settanta forti uomini"; il suono ottenuto era talmente potente che, secondo le testimonianze di un contemporaneo, i fedeli erano costretti a coprirsi "le attonite orecchie con le mani, incapaci di avvicinarsi e di sopportare quel suono".

Con il graduale avvento della "moderna tastiera", in sostituzione del rozzo sistema dei cursori , l`introduzione dei registri, che permetteva di far suonare contemporaneamente i vari ordini di canne con conseguente varietà di suoni, e il perfezionamento dei mantici, l`organo diviene strumento sempre più diffuso e adattabile a svariate esigenze musicali: non è raro, ancor oggi, ascoltare, e ammirare per le preziose decorazioni, il suono di antichi organi, in qualche caso risalenti all`epoca rinascimentale, anche in piccole chiese di provincia o di campagna.

 

Fonte: http://tyrelldr.altervista.org/manuali/strumentimusicali.doc

Sito web da visitare: http://tyrelldr.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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