Disturbi alimentari infanzia e adolescenza

Disturbi alimentari infanzia e adolescenza

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Disturbi alimentari infanzia e adolescenza

Tratto da DSM-IV, Masson

 

 

Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione
dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza

 

I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza sono caratterizzati da persistenti anomalie della nutrizione e dell’alimentazione. I disturbi specifici inclusi sono la Pica, il Disturbo di Ruminazione, e il Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza. Notare che l’Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa sono incluse nella sezione “Disturbi dell’Alimentazione”.

 

Pica

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale della Pica è la persistente ingestione di una o più sostanze non alimentari per un periodo di almeno 1 mese (Criterio A). Le sostanze tipicamente ingerite tendono a variare con l’età. I soggetti in età infantile e i bambini piccoli ingeriscono tipicamente vernice, intonaco, spago, capelli, o tessuto. I bambini più grandi possono ingerire sterco di animali, sabbia, insetti, foglie o ciottoli. Gli adolescenti e gli adulti possono mangiare argilla o terra. Non vi è avversione per il cibo. Questo comportamento deve essere inadeguato rispetto al livello di sviluppo (Criterio B) e non deve far parte di una pratica culturalmente sancita (Criterio C). L’ingestione di sostanze non alimentari è una manifestazione associata ad altri disturbi mentali (per es., Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, Ritardo Mentale). Se il comportamento di ingestione si manifesta esclusivamente durante il decorso di un altro disturbo mentale, si dovrebbe fare diagnosi separata di Pica solo se il comportamento di ingestione è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica (Criterio D).

Manifestazioni e disturbi associati

La Pica è frequentemente associata al Ritardo Mentale e con i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Sebbene in alcuni casi siano stati riferiti deficit di vitamine o di sali minerali (per es., lo zinco), di solito non si riscontrano anomalie biologiche specifiche. In alcuni casi, la Pica viene riscontrata clinicamente solo quando il soggetto giunge all’osservazione con una delle svariate complicazioni mediche generali che possono risultarne (per es., avvelenamento da piombo come conseguenza dell’ingestione di vernice o di intonaco impregnato di vernice, problemi meccanici all’intestino, ostruzione intestinale come conseguenza di masse tondeggianti di capelli, perforazione intestinale, o infezioni come toxoplasmosi o toxocariasi come conseguenza dell’ingestione di feci o sporcizia). La povertà, l’abbandono, la mancanza di controllo da parte dei genitori, e il ritardo dello sviluppo aumentano il rischio di questa condizione.

Prevalenza

I dati epidemiologici sulla Pica sono limitati. Tra i soggetti con Ritardo Mentale, la prevalenza del disturbo sembra aumentare con la gravità del ritardo (per es., è stato riferito giungere fino al 15% negli adulti con Ritardo Mentale Grave).

Decorso

La Pica può esordire nell’infanzia. Nella maggior parte dei casi, il disturbo sembra durare probabilmente per alcuni mesi e poi va in remissione. Può occasionalmente continuare fino all’adolescenza o, meno frequentemente, all’età adulta. Nei soggetti con Ritardo Mentale, il comportamento può ridursi durante l’età adulta.

Diagnosi differenziale

Prima di circa 18-24 mesi di età, è relativamente comune mettersi in bocca e talvolta ingerire sostanze non alimentari, e ciò non implica la presenza di Pica. La Pica viene diagnosticata solo quando si ritiene che il comportamento sia persistente (cioè, presente per almeno 1 mese) e inadeguato rispetto al livello di sviluppo del soggetto. L’ingestione di sostanze non alimentari può manifestarsi durante il decorso di altri disturbi mentali (per es., in un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, nella Schizofrenia come conseguenza di idee deliranti e nella sindrome di Kleine-Levin). In questi casi si dovrebbe fare una diagnosi aggiuntiva di Pica solo se il comportamento di ingestione è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica. La Pica può essere distinta dagli altri disturbi dell’alimentazione (per es., Disturbo di Ruminazione, Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza, Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa) in base al consumo di sostanze non alimentari.

Disturbo di Ruminazione

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo di Ruminazione è il ripetuto rigurgito e rimasticamento del cibo dopo il pasto, che si sviluppa in un soggetto in età infantile o in un bambino dopo un periodo di funzionamento normale, e dura per almeno 1 mese (Criterio A). Il cibo parzialmente digerito è rigurgitato in bocca senza apparente nausea, conati di vomito, disgusto, o disturbi gastrointestinali associati. Il cibo viene quindi sputato o, più frequentemente, masticato e inghiottito nuovamente. I sintomi non sono dovuti ad una condizione gastrointestinale associata o ad un’altra condizione medica generale (Criterio B), e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa. Se i sintomi si manifestano esclusivamente durante il decorso di Ritardo Mentale o di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, devono essere sufficientemente gravi da richiedere di per sé attenzione clinica (Criterio C). Il disturbo si riscontra più frequentemente in età infantile, ma si può riscontrare in soggetti più grandi, specie in coloro che sono affetti anche da Ritardo Mentale. I soggetti in età infantile affetti dal disturbo mostrano una caratteristica posizione di stiramento e inarcamento della schiena con la testa tenuta indietro, fanno movimenti di suzione con la lingua, e danno l’impressione di ottenere soddisfazione dall’attività.

Manifestazioni e disturbi associati

I soggetti in età infantile affetti da Disturbo di Ruminazione sono generalmente irritabili e affamati tra gli episodi di rigurgito. Sebbene il bambino abbia apparentemente fame e ingerisca notevoli quantità di cibo, può manifestarsi malnutrizione, dal momento che il rigurgito segue immediatamente la nutrizione. Può derivarne perdita di peso, incapacità di conseguire i previsti aumenti di peso e anche la morte (sono riferiti tassi di mortalità fino al 25%). La malnutrizione sembra essere meno probabile nei bambini più grandi e negli adulti, in cui il disturbo può essere continuativo o episodico. Problemi psicosociali come la mancanza di stimolazione, l’abbandono, situazioni di vita stressanti, e problemi nella relazione genitori-bambino possono essere fattori predisponenti. La conseguenza può essere una scarsa stimolazione del bambino se la persona che lo accudisce si scoraggia e si allontana a seguito delle esperienze fallimentari di nutrizione o per l’odore sgradevole del materiale rigurgitato. In alcuni casi, può svilupparsi anche il Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza. Nei bambini più grandi e negli adulti, il Ritardo Mentale è un fattore predisponente.

Prevalenza

Il Disturbo di Ruminazione sembra essere raro. Può manifestarsi più spesso nei maschi che nelle femmine.

Decorso

L’esordio del Disturbo di Ruminazione può avvenire nel contesto di ritardi di sviluppo. L’età all’esordio è tra i 3 e i 12 mesi, tranne nei soggetti con Ritardo Mentale in cui il disturbo può insorgere ad un livello di sviluppo un pò più tardivo. Nei soggetti in età infantile, il disturbo va frequentemente incontro a remissione spontanea. In alcuni casi gravi, comunque, il decorso è continuo.

Diagnosi differenziale

Il Disturbo di Ruminazione non viene diagnosticato se i sintomi si manifestano esclusivamente durante il decorso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.

Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza

 

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza è la persistente incapacità di mangiare adeguatamente, come manifestato dalla significativa incapacità di aumentare di peso o da una significativa perdita di peso durante un periodo di almeno 1 mese (Criterio A). Non vi è una condizione gastrointestinale o un’altra condizione medica generale (per es., reflusso gastroesofageo) abbastanza grave da spiegare l’anomalia della nutrizione (Criterio B). L’anomalia della nutrizione non è neppure meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo di Ruminazione) o a mancanza di cibo disponibile (Criterio C). L’esordio del disturbo deve avvenire prima dei 6 anni di età.

Manifestazioni e disturbi associati

Caratteristiche descrittive e disturbi mentali associati. I soggetti in età infantile con disturbi della nutrizione possono essere più irritabili e difficili da confortare durante la nutrizione di quelli senza disturbi della nutrizione. Essi possono apparire apatici e ritirati e possono anche mostrare ritardi di sviluppo. In alcuni casi, problemi di interazione genitore-bambino possono contribuire ai problemi di nutrizione del bambino o aggravarli (per es., offrire il cibo in modo inadeguato o rispondere al rifiuto del cibo da parte del bambino come se fosse un atto di ricusazione aggressiva). Un apporto calorico inadeguato può esacerbare le caratteristiche associate (per es., irritabilità, rallentamenti dello sviluppo) e contribuire ulteriormente alle difficoltà di nutrizione. I fattori che possono essere associati alla condizione includono caratteristiche temperamentali o un ritardo della crescita intrauterino e preesistenti compromissioni dello sviluppo che possono rendere il bambino meno reattivo. Altri fattori che possono essere associati alla condizione includono la psicopatologia dei genitori e il maltrattamento o l’abbandono del bambino.

Caratteristiche collegate a età e genere
Un esordio più tardivo (per es., a 2-3 anni di età invece che nell’infanzia) è associato con un minor grado di ritardo dello sviluppo e di malnutrizione, sebbene si possa riscontrare un ritardo della crescita. Il Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza è egualmente diffuso tra i maschi e le femmine.

Prevalenza

Di tutti i ricoveri in ospedali pediatrici, l’1-5% sono per incapacità di aumentare adeguatamente di peso, e la metà di essi può rispecchiare anomalie della nutrizione senza alcuna apparente condizione medica generale predisponente. I dati derivati da campioni di comunità fanno pensare ad una prevalenza di circa il 3% per l’incapacità di aumentare adeguatamente di peso.

Decorso

Il Disturbo della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza esordisce solitamente nel primo anno di vita, ma può esordire anche in bambini di 2-3 anni di età. La maggior parte dei bambini ha migliorato la propria crescita dopo periodi variabili di tempo sebbene essi rimangano più bassi e leggeri fino alla fine dell’adolescenza se confrontati con i bambini che non hanno avuto questa difficoltà di crescita.

 

 

Disturbi alimentari

 

Anoressia nervosa

Caratteristiche diagnostiche

Le manifestazioni essenziali dell’Anoressia Nervosa sono: rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale, intenso timore di acquistare peso, presenza di una alterazione dell’immagine corporea per ciò che riguarda forma e dimensioni corporee. Inoltre nel sesso femminile, in epoca post-puberale, vi è amenorrea (il termine anoressia è inappropriato poiché è rara la perdita di appetito).
L’individuo mantiene un peso corporeo al di sotto di quello minimo normale per l’età e l’altezza (Criterio A). Quando l’Anoressia Nervosa si manifesta nella fanciullezza o nella prima adolescenza, può esserci incapacità di raggiungere il peso previsto (es. durante il periodo della crescita in altezza) piuttosto che perdita di peso. Nel criterio A viene fornito un limite di riferimento per stabilire se il soggetto in questione soddisfi o meno il criterio stesso: è considerato sottopeso un individuo con un peso corporeo al di sotto dell’85% del peso normale per età ed altezza (e questo viene calcolato in riferimento alle tabelle utilizzate dalle Compagnie di Assicurazione per le polizze sulla vita o ai diagrammi di crescita pediatrici). In alternativa è possibile fare riferimento (come peraltro nei Criteri diagnostici ICD-10 per la ricerca) all’Indice di Massa Corporea (Body Mass Index, BMI, calcolato come rapporto tra peso in chilogrammi e quadrato dell’altezza espressa in metri), ponendo come limite minimo un BMI minore od uguale a 17,5 Kg/m2. Questi valori vengono forniti in modo indicativo per il clinico poiché non è possibile determinare un peso minimo adeguato standard applicabile a tutti i soggetti di pari età ed altezza. È infatti importante valutare anche la costituzione e la storia anamnestica del peso corporeo di ogni singolo individuo nello stabilire un peso minimo normale.
La perdita di peso è primariamente ottenuta tramite la riduzione della quantità totale di cibo assunta. Sebbene la restrizione calorica possa essere inizialmente limitata all’esclusione di cibi considerati ipercalorici, nella maggior parte dei casi questi soggetti finiscono per avere una alimentazione rigidamente limitata a poche categorie di cibi. In aggiunta possono essere messe in atto condotte di eliminazione (es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi e diuretici) o la pratica eccessiva di attività fisica, allo scopo di perdere peso.
L’intensa paura di “diventare grassi”, presente nei soggetti con questo disturbo (criterio B), non è solitamente mitigata dal decremento ponderale. Anzi, in molti casi la preoccupazione per il peso corporeo aumenta parallelamente alla perdita reale di peso.
La percezione ed il valore attribuiti all’aspetto fisico ed al peso corporeo risultano distorti in questi soggetti (Criterio C). Alcuni si sentono grassi in riferimento alla totalità del loro corpo, altri pur ammettendo la propria magrezza, percepiscono come “troppo grasse” alcune parti del corpo, in genere l’addome, i glutei, le cosce. Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensioni e peso corporei, come pesarsi di continuo, misurarsi ossessivamente con il metro, o controllare allo specchio le parti percepite come “grasse”.
Nei soggetti con Anoressia Nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo. La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l’incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo.
Sebbene alcuni possano rendersi conto della propria magrezza, tipicamente i soggetti con questo disturbo negano le gravi conseguenze sul piano della salute fisica del loro stato di emaciazione.
L’amenorrea presente nei soggetti di sesso femminile in fase post-puberale con Anoressia Nervosa (legata a livelli patologicamente bassi di estrogeni circolanti dovuti ad una diminuita secrezione di FSH ed LH ipofisari) è la spia di una disfunzione endocrina. L’Amenorrea fa solitamente seguito al calo ponderale, ma, in una minoranza di soggetti, può precederlo. In epoca pre-puberale, il disturbo può condurre ad un ritardo della comparsa del menarca.
Il soggetto generalmente giunge all’osservazione medica, sotto pressione dei familiari, quando la perdita di peso (o l’incapacità di acquistarlo) si fa marcata. Se è il soggetto stesso a ricercare un aiuto professionale, di solito questo avviene per il disagio relativo alle conseguenze somatiche e psicologiche del disturbo; raramente gli individui con Anoressia Nervosa appaiono preoccupati per il dimagrimento di per sé. Spesso infatti manca la consapevolezza di malattia, oppure questa viene fermamente negata, cosicché gli individui con Anoressia Nervosa sono inaffidabili anche per la semplice raccolta anamnestica. È quindi necessario raccogliere informazioni o notizie dai familiari o da altre persone per valutare la reale entità della perdita di peso e le altre manifestazioni del disturbo.

Sottotipi

In base alla presenza o meno nell’episodio attuale di regolari abbuffate o di condotte di eliminazione, si utilizzano i seguenti sottotipi:
Sottotipo con Restrizioni: in questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno o l’attività fisica eccessiva. Nell’episodio attuale il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione.
Sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: appartengono a questa categoria i soggetti che nell’episodio attuale presentano regolarmente abbuffate e/o condotte di eliminazione. La maggior parte dei soggetti con Anoressia Nervosa che presentano abbuffate si dedicano anche a condotte di eliminazione attraverso il vomito autoindotto, o l’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. In alcuni casi sono assenti le abbuffate, e l’individuo mette in atto queste metodiche anche per l’assunzione di modiche quantità di cibo. Sembra che la frequenza di questi comportamenti sia almeno settimanale nei soggetti appartenenti a questo sottotipo, ma i dati a disposizione non sono sufficienti per specificare una frequenza minima.

Manifestazioni e disturbi associati
Quando sono marcatamente sottopeso, molti individui con Anoressia Nervosa possono presentare sintomi depressivi, come umore depresso, ritiro sociale, irritabilità, insonnia, e diminuito interesse sessuale. Questi individui possono soddisfare i criteri per l’Episodio Depressivo Maggiore. Poiché l’insorgere di una fenomenica depressiva è stato riscontrato in individui normali sottoposti a digiuno prolungato, anche in assenza di Anoressia Nervosa, molti dei sintomi depressivi presenti in questi individui possono essere secondari alle carenze alimentari ed alla perdita di peso. L’eventuale presenza di un Disturbo dell’Umore associato deve quindi essere valuata dopo il parziale o totale recupero del peso corporeo. Sono inoltre spesso presenti marcati sintomi ossessivo-compulsivi, relativi o meno al rapporto con il cibo: molti nei soggetti con Anoressia Nervosa presentano polarizzazione ideativa sul cibo, alcuni collezionano ricette od ammassano cibarie. Lo studio delle modalità di comportamento associate ad altre forme di inedia suggerisce come ossessioni e compulsioni incentrate sul cibo possano essere causate o esacerbate dalla denutrizione. Quando, in un soggetto con Anoressia Nervosa, sono presenti ossessioni e compulsioni estranee al tema del cibo, della forma fisica o del peso, può essere giustificata la diagnosi aggiuntiva di Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
Altre manifestazioni che talora si associano all’Anoressia Nervosa sono: disagio nel mangiare in pubblico, sentimenti di inadeguatezza, bisogno di tenere sotto controllo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ridotta spontaneità nei rapporti interpersonali, perfezionismo e iniziativa ed espressività emotiva eccessivamente represse. Una buona parte di soggetti con Anoressia Nervosa ha un’alterazione di personalità che soddisfa i criteri per almeno un Disturbo di Personalità. In rapporto ai soggetti con Anoressia Nervosa, sottotipo con Restrizioni, quelli appartenenti al sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione presentano più frequentemente tendenza a problemi di controllo degli impulsi, abuso di alcoolici o di altre sostanze, labilità emotiva, oltre ad essere più attivi sul piano della sessualità, o hanno una maggiore frequenza di tentativi di suicidio in anamnesi e un’alterazione di personalità che soddisfa i criteri per il Disturbo Borderline di Personalità.

Caratteristiche collegate a cultura, età e genere
La prevalenza dell’Anoressia Nervosa sembra essere di gran lunga maggiore nei paesi industrializzati, dove vi è abbondanza di cibo, ed in cui, specialmente per il sesso femminile, è enfatizzato il valore della magrezza. Questo disturbo sembra essere di comune riscontro negli Stati Uniti d’America, Canada, Europa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Sud Africa, per quanto non vi siano dati certi per quanto riguarda le altre culture. Gli immigrati da culture in cui la frequenza del disturbo è bassa verso paesi a prevalenza maggiore, possono sviluppare Anoressia Nervosa mano a mano che assimilano il valore conferito alla magrezza. Inoltre fattori culturali possono condizionare le modalità di presentazione del disturbo. Ad esempio, in alcune culture la distorsione dell’immagine corporea o la paura di aumentare di peso possono non essere l’aspetto prevalente, e possono venire addotte, per giustificare la restrizione calorica, motivazioni quali malessere epigastrico o disgusto per il cibo.
L’Anoressia Nervosa raramente insorge prima della pubertà, ma sembra comunque che, nei casi ad esordio in epoca prepuberale, il quadro clinico sia più grave per i disturbi mentali associati. I dati disponibili evidenziano come la prognosi sia migliore quando il disturbo si manifesta nella prima adolescenza (tra i 13 ed i 18 anni). Più del 90% dei casi di Anoressia Nervosa si sviluppano nel sesso femminile.

Prevalenza

La prevalenza lifetime della Anoressia Nervosa fra le donne è di circa lo 0,5%. Sembra che un disturbo subclinico (ad esempio un Disturbo della Alimentazione Non Altrimenti Specificato) sia di più frequente riscontro. La prevalenza dell’Anoressia Nervosa fra i maschi è circa un decimo di quella fra le femmine. Negli ultimi decenni sembra essersi verificato un incremento di incidenza dell’Anoressia Nervosa.

Decorso

L’Anoressia Nervosa tipicamente inizia dalla media alla tarda adolescenza (14-18 anni). Il disturbo si presenta raramente in donne oltre i 40 anni. Spesso è presente un evento della vita stressante, come lasciare casa per trasferirsi all’università, in collegamento con l’esordio del disturbo. L’evoluzione e gli esiti dell’Anoressia Nervosa sono estremamente variabili; in alcuni casi, ad un episodio di Anoressia Nervosa fa seguito una completa remissione; in altri, fasi di remissione, con recupero del peso corporeo, si alternano a fasi di riacutizzazione. Altri ancora presentano un’evoluzione cronica, con progressivo deterioramento nel corso degli anni. Con il tempo, in particolare nei primi 5 anni dall’esordio, una buona parte dei soggetti con il Tipo con Restrizioni dell’Anoressia Nervosa sviluppa abbuffate, che indicano un cambiamento verso il sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione. Un marcato cambiamento nel quadro clinico (per es., aumento di peso più la presenza di abbuffate e di condotte di eliminazione) può eventualmente giustificare un cambiamento nella diagnosi a Bulimia Nervosa. Può rendersi necessario il ricovero in ambiente ospedaliero per il ripristino del peso corporeo o la correzione di squilibri elettrolitici. Tra i soggetti ricoverati presso strutture universitarie, la mortalità a lungo termine per Anoressia Nervosa è maggiore del 10%. Il decesso si verifica in genere in rapporto alla denutrizione, agli squilibri elettrolitici, a suicidio.

Familiarità

Il rischio di sviluppare Anoressia Nervosa è maggiore nei familiari di primo grado di individui con Anoressia Nervosa. È stato inoltre riscontrato un aumentato tasso di Disturbi dell’Umore nei familiari di primo grado di soggetti con Anoressia Nervosa, specialmente se appartenenti al sottotipo con Abbuffate/Condotte di Eliminazione. Nei gemelli la concordanza per Anoressia Nervosa è significativamente maggiore negli omozigoti rispetto ai dizigoti.

Diagnosi differenziale

È necessario prendere in considerazione altre patologie potenzialmente responsabili della marcata perdita di peso, specialmente in quei casi con presentazione atipica (es. casi con esordio oltre i 40 anni).
Nelle condizioni mediche generali (malattie gastroenteriche, neoplasie cerebrali, carcinomi occulti, sindrome da immunodeficienza acquisita [AIDS]), a fronte di una grave perdita di peso, manca in genere un disturbo dell’immagine corporea, così come il desiderio di dimagrire ulteriormente. Nel Disturbo Depressivo Maggiore (Episodio Singolo e Ricorrente) si può verificare un marcato decremento ponderale, non però intenzionale, ed inoltre manca il timore di ingrassare. Nella Schizofrenia possono essere presenti modalità bizzarre di alimentazione, e talora grave dimagrimento, senza tuttavia, nella maggioranza dei casi, la distorsione dell’immagine corporea e la paura del peso necessarie per la diagnosi di Anoressia Nervosa.
Alcune delle caratteristiche dell’Anoressia Nervosa possono soddisfare parte dei criteri per la Fobia Sociale, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo ed il Disturbo di Dismorfismo Corporeo. Vi può essere infatti imbarazzo o disagio nel mangiare in pubblico come nella Fobia Sociale. Possono essere presenti, come nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, ossessioni e compulsioni correlate al cibo; oppure preoccupazioni riguardanti un difetto immaginario nell’aspetto fisico, come nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo.
Se l’individuo con Anoressia Nervosa ha paure sociali che sono limitate al solo comportamento alimentare, la diagnosi di Fobia Sociale non dovrebbe essere fatta, ma fobie non correlate al comportamento alimentare (es. eccessiva paura di parlare in pubblico) possono giustificare una diagnosi aggiuntiva di Fobia Sociale. Similmente una diagnosi aggiuntiva di Disturbo Ossessivo-Compulsivo può essere fatta se sono presenti ossessioni e compulsioni che esulano dal cibo (per es. ossessioni di contaminazione); per la diagnosi addizionale di Disturbo di Dismorfismo Corporeo deve essere presente una tematica dismorfofobica non limitata ad una erronea percezione del corpo nella sua totalità o al peso (esempio, presenza di timore di avere il naso troppo grosso).
Nella Bulimia Nervosa sono presenti ricorrenti abbuffate, seguite da inappropriati comportamenti per evitare l’incremento di peso (per es. ricorso al vomito autoindotto), e preoccupazioni per l’aspetto fisico ed il peso corporeo. Contrariamente agli individui con Anoressia Nervosa, sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione, gli individui con Bulimia Nervosa riescono tuttavia a mantenere un peso corporeo maggiore o uguale a quello minimo normale.

Bulimia nervosa

 

Criteri diagnostici
A. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:
1) mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili
2) sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
E. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

Caratteristiche diagnostiche

Le manifestazioni essenziali della Bulimia Nervosa sono: presenza di abbuffate e di inappropriati metodi compensatori per prevenire il conseguente aumento di peso. Inoltre i livelli di autostima sono, nei soggetti con Bulimia Nervosa, eccessivamente condizionati dalla forma e dal peso corporeo. Per giustificare la diagnosi, il soggetto deve avere un minimo di due episodi di abbuffate e di comportamenti compensatori inappropriati alla settimana per almeno tre mesi (criterio C).
Una abbuffata, o crisi bulimica, è definita come l’ingestione in un determinato periodo di tempo di una quantità di cibo più grande rispetto a quanto la maggioranza degli individui assumerebbe in circostanze simili (criterio A1). È necessario valutare il contesto in cui l’episodio avviene - ciò che è considerato una quantità eccessiva per un pasto in un giorno comune, può essere normale durante una ricorrenza o una festività. Per un “determinato periodo di tempo”, si fa riferimento ad un periodo limitato, in genere minore di due ore. Ogni singolo episodio di abbuffata non deve avvenire necessariamente in un unico contesto: l’abbuffata può iniziare al ristorante e concludersi a casa. Non può essere considerata una abbuffata il continuo “spiluccare” piccole quantità di cibo durante l’arco della giornata.
Sebbene il tipo di cibo assunto durante l’abbuffata varii ampiamente, generalmente comprende cibi dolci, ipercalorici, come gelato o torte. Comunque, ciò che sembra caratterizzare l’abbuffata è soprattutto la anomalia nella quantità del cibo piuttosto che la compulsione verso un alimento specifico, ad esempio, i carboidrati.
Sebbene l’ammontare delle calorie complessivamente assunte durante l’abbuffata sia di gran lunga maggiore rispetto al pasto normale di una persona senza Bulimia Nervosa, il rapporto tra le percentuali di proteine, grassi e carboidrati è simile.
I soggetti con Bulimia Nervosa tipicamente si vergognano delle loro abitudini alimentari patologiche e tentano di nasconderle. Le crisi bulimiche avvengono in solitudine: quanto più segretamente possibile. L’episodio può essere più o meno pianificato, ed è di solito caratterizzato (anche se non sempre) dalla rapidità dell’ingestione del cibo. L’abbuffata spesso continua sinché l’individuo non si sente “così pieno da star male”, ed è precipitata da stati di umore disforico, condizioni interpersonali di stress, intensa fame a seguito di una restrizione dietetica, oppure da sentimenti di insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo. Durante l’abbuffata vi può essere una transitoria riduzione della disforia, ma spesso fanno seguito umore depresso e spietata autocritica.
Una crisi bulimica è inoltre accompagnata da sensazione di perdere il controllo (criterio A2). Un individuo può esperire un senso di estraneamento durante l’abbuffata specialmente nelle fasi precoci del disturbo: alcuni riferiscono l’abbuffata come una sorta di esperienza di derealizzazione. Nelle fasi più tardive della Bulimia Nervosa, può venire meno la sensazione soggettiva di acuta perdita del controllo durante la crisi, che si manifesta invece come incapacità di resistere all’impulso della crisi o di interromperla una volta iniziata. La perdita di controllo associata alle abbuffate nella Bulimia Nervosa non è assoluta: il soggetto può continuare l’abbuffata a dispetto del telefono che squilla, ma interromperla bruscamente se il coniuge o il compagno di stanza entra inaspettatamente nella stanza.
Un’altra caratteristica essenziale della Bulimia Nervosa è il frequente ricorso a inappropriati comportamenti compensatori per prevenire l’incremento ponderale (criterio B). Molte persone con Bulimia Nervosa mettono in atto diversi comportamenti tesi a neutralizzare gli effetti dell’abbuffata: tra i metodi, quello più frequentemente adottato è l’autoinduzione del vomito dopo l’abbuffata. Questa condotta di eliminazione è presente nell’80-90% dei soggetti con Bulimia Nervosa in cura presso centri specializzati per i Disturbi della Alimentazione. Il vomito riduce la sensazione di malessere fisico, oltre alla paura di ingrassare. In alcuni casi il vomito rappresenta l’effetto ricercato: la persona si abbuffa per poter vomitare, oppure vomita anche per piccole quantità di cibo. I soggetti con Bulimia Nervosa possono adoperare diversi stratagemmi per indursi il vomito, come l’uso delle dita o di altri strumenti per scatenare il riflesso del vomito attraverso la stimolazione del faringe. In genere, nelle fasi avanzate del disturbo questi soggetti riescono a vomitare a comando. Raramente viena fatto uso di emetici, come lo sciroppo di ipecacuana. Altre condotte di eliminazione sono rappresentate dall’uso inappropriato di lassativi e diuretici; l’uso di lassativi è presente in un terzo dei soggetti con Bulimia Nervosa. Raramente è presente anche uso di clisteri subito dopo l’abbuffata, ma non è mai la sola condotta di eliminazione.
Altre misure compensatorie per le abbuffate sono il digiuno nei giorni successivi o l’esercizio fisico eccessivo. L’attività fisica è considerata eccessiva quando interferisce con altre importanti attività, quando avviene ad orari o in luoghi inusuali, o quando viene praticata nonostante le precarie condizioni fisiche. Raramente viene fatto uso di ormoni tiroidei per accelerare il metabolismo ed evitare l’aumento di peso. I soggetti con diabete mellito insulino-dipendente e Bulimia Nervosa possono non assumere o ridurre l’insulina per diminuire il metabolismo del cibo ingerito durante l’abbuffata.
Gli individui con Bulimia Nervosa pongono una inappropriata enfasi sulla forma e sul peso del corpo per la valutazione di sé, e questi fattori condizionano decisamente i livelli di autostima (Criterio D). Il terrore di ingrassare, il desiderio di perdere peso, il livello di insoddisfazione per il proprio aspetto fisico sono sovrapponibili a quelli dei soggetti con Anoressia Nervosa. In ogni caso non è giustificata la diagnosi di Bulimia Nervosa se il disturbo si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa (Criterio E).

Sottotipi

In base alla presenza/assenza di regolari condotte di eliminazione per compensare l’abbuffata, possono essere utilizzati i seguente sottotipi:
Con Condotte di Eliminazione: i soggetti appartenenti a questo sottotipo presentano regolarmente nell’episodio attuale vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.
Senza Condotte di Eliminazione: in questi casi sono assenti vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici od enteroclismi, mentre sono presenti altri comportamenti compensatori inappropriati quali il digiuno e l’attività fisica praticata in maniera eccessiva.

Manifestazioni e disturbi associati

I soggetti con Bulimia Nervosa sono di solito nei limiti normali del peso sebbene alcuni possano essere lievemente sottopeso o sovrappeso.
Il disturbo è presente, sebbene raramente, tra i moderati o grandi obesi. Sembra che prima dell’esordio del disturbo, vi sia più frequentemente, nella Bulimia Nervosa, una storia di sovrappeso rispetto ai coetanei. Tipicamente questi soggetti tra le abbuffate riducono la loro alimentazione, preferendo cibi a basso contenuto calorico (dietetici), ed evitando invece quegli alimenti che, secondo loro, possono far ingrassare o scatenare l’abbuffata.
Vi è in questi individui una aumentata incidenza di sintomi depressivi (es. ridotta autostima) o di Disturbi dell’Umore (in particolare Distimia e Depressione Maggiore, Episodio Singolo e Ricorrente). In molti, o nella maggior parte, il Disturbo dell’Umore segue o concomita con lo sviluppo della Bulimia Nervosa, e questi ascrivono il disturbo dell’umore alla Bulimia Nervosa, ma in alcuni la precede chiaramente. Vi è inoltre una aumentata frequenza di sintomi d’ansia (es. paura nelle situazioni sociali), o di Disturbi d’Ansia. I Disturbi d’Ansia e dell’Umore frequentemente recedono dopo efficace trattamento della Bulimia Nervosa. La prevalenza lifetime dell’Abuso o della Dipendenza da Sostanze, che coinvolge particolarmente l’alcool o gli stimolanti, è almeno del 30% fra i soggetti con Bulimia Nervosa. L’uso di stimolanti spesso inizia durante un tentativo di controllare l’appetito ed il peso. Una buona parte dei soggetti con Bulimia Nervosa hanno probabilmente tratti personologici che incontrano i criteri per uno o più Disturbi di Personalità (il più frequentemente diagnosticato è il Disturbo Borderline di Personalità).
Studi preliminari suggeriscono un maggiore numero di sintomi depressivi ed una maggiore preoccupazione per la forma fisica e per il peso corporeo nei soggetti con Bulimia Nervosa nel sottotipo Con Condotte di Eliminazione rispetto a quello Senza.

Caratteristiche collegate a cultura, età e genere

La frequenza della Bulimia Nervosa sembra essere simile nella maggior parte dei paesi industrializzati, come Stati Uniti, Canada, Europa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Sud Africa. Scarsi sono i dati a disposizione per quanto riguarda altre culture. Gli studi clinici sulla Bulimia Nervosa effettuati negli Stati Uniti sono stati prevalentemente condotti su individui di razza bianca, ma il disturbo è stato descritto anche in altri gruppi etnici.
Sia nei campioni provenienti dalla popolazione generale che in quelli di studi clinici, circa il 90% dei casi di Bulimia Nervosa si sviluppano nelle donne. Sembra che negli individui di sesso maschile con Bulimia Nervosa vi sia una maggior prevalenza di obesità nella fase premorbosa.

Prevalenza

La prevalenza Lifetime della Bulimia Nervosa tra i soggetti adolescenti e giovani adulti di sesso femminile è di circa l’1-3%. Il tasso di presentazione nel sesso maschile è circa un decimo rispetto a quello nel sesso femminile.

Decorso

La Bulimia Nervosa di solito esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta. Le abbuffate iniziano in genere durante o dopo un periodo di restrizioni dietetiche.
Una condotta alimentare disturbata persiste per parecchi anni in una alta percentuale di campioni clinici. Il decorso può essere cronico od intermittente con fasi di remissione alternate a fasi di ricomparsa delle abbuffate. Comunque, in un follow-up a lungo termine, i sintomi di molti soggetti sembrano diminuire. Periodi di remissione più lunghi di 1 anno sono associati con un migliore esito a lungo termine.

Familiarità

Numerosi studi hanno suggerito una maggiore frequenza di Bulimia Nervosa, Disturbi dell’Umore e Abuso o Dipendenza da Sostanze nei familiari di primo grado di soggetti con Bulimia Nervosa. Sembra vi sia anche una tendenza familiare verso l’obesità, ma questo non è stato chiaramente accertato.

Diagnosi differenziale

Nel caso in cui le abbuffate si manifestino solo durante episodi di Anoressia Nervosa è giustificata la diagnosi di Anoressia Nervosa, sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione, e non dovrebbe essere fatta la diagnosi aggiuntiva di Bulimia Nervosa. Nel caso in cui siano presenti abbuffate, ma il soggetto non soddisfi più tutti i criteri per l’Anoressia Nervosa, sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione (ad esempio quando il peso è adeguato o quando il ciclo mestruale è tornato regolare), è a discrezione del clinico se la diagnosi più appropriata sia quella di Anoressia Nervosa sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione, in remissione parziale, o di Bulimia Nervosa.
In certi disturbi neurologici o condizioni mediche generali come la sindrome di Klein-Levine, vi sono modalità abnormi di alimentazione, ma mancano le caratteristiche psicologiche della Bulimia Nervosa, come l’eccessiva preoccupazione per la forma ed il peso corporeo.
È comune nel Disturbo Depressivo Maggiore Con Manifestazioni Atipiche la iperfagia, in assenza però di misure compensatorie inappropriate e di polarizzazione eccessiva sulla forma o sul peso corporeo.
Se il soggetto soddisfa i criteri di entrambi i disturbi, è giustificata la doppia diagnosi. Le abbuffate rappresentano una delle manifestazioni del comportamento impulsivo nel Disturbo Borderline di Personalità. Se risultano completamente soddisfatti i criteri dei due disturbi, dovrebbero essere formulate entrambe le diagnosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disturbo dell’identità di genere

Criteri diagnostici
A. Una forte e persistente identificazione col sesso opposto (non solo un desiderio di qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’appartenenza al sesso opposto).
Nei bambini il disturbo si manifesta con quattro (o più) dei seguenti sintomi:
1) desiderio ripetutamente affermato di essere, o insistenza sul fatto di essere, dell’altro sesso
2) nei maschi, preferenza per il travestimento o per l’imitazione dell’abbigliamento femminile; nelle femmine, insistenza nell’indossare solo tipici indumenti maschili
3) forti e persistenti preferenze per i ruoli del sesso opposto nei giochi di simulazione, oppure persistenti fantasie di appartenere al sesso opposto
4) intenso desiderio di partecipare ai tipici giochi e passatempi del sesso opposto
5) forte preferenza per i compagni di gioco del sesso opposto.

Negli adolescenti e negli adulti, l’anomalia si manifesta con sintomi come desiderio dichiarato di essere dell’altro sesso, farsi passare spesso per un membro dell’altro sesso, desiderio di vivere o di essere trattato come un membro dell’altro sesso, oppure la convinzione di avere sentimenti e reazioni tipici dell’altro sesso.
B. Persistente malessere riguardo al proprio sesso o senso di estraneità riguardo al ruolo sessuale del proprio sesso.
Nei bambini, l’anomalia si manifesta con uno dei seguenti sintomi: nei maschi, affermazione che il proprio pene o i testicoli li disgustano, o che scompariranno, o affermazione che sarebbe meglio non avere il pene, o avversione verso i giochi di baruffa e rifiuto dei tipici giocattoli, giochi, e attività maschili; nelle femmine, rifiuto di urinare in posizione seduta, affermazione di avere o che crescerà loro il pene, o affermazione di non volere che crescano le mammelle o che vengano le mestruazioni, o marcata avversione verso l’abbigliamento femminile tradizionale.
Negli adolescenti e negli adulti, l’anomalia si manifesta con sintomi come preoccupazione di sbarazzarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie o secondarie (per es., richiesta di ormoni, interventi chirurgici, o altre procedure per alterare fisicamente le proprie caratteristiche sessuali, in modo da assumere l’aspetto di un membro del sesso opposto) o convinzione di essere nati del sesso sbagliato.
C.  L’anomalia non è concomitante con una condizione fisica intersessuale.
D. L’anomalia causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento.

Caratteristiche diagnostiche

Il Disturbo dell’Identità di Genere ha due componenti, che devono essere entrambe presenti per fare diagnosi. Deve essere evidente una intensa e persistente identificazione col sesso opposto, che è il desiderio di essere, o l’insistenza sul fatto di essere, del sesso opposto (Criterio A). L’identificazione con l’altro sesso non deve essere solo un desiderio per qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’appartenenza al sesso opposto. Inoltre deve esserci prova di un persistente malessere riguardo alla propria assegnazione sessuale, oppure un senso di estraneità riguardo al ruolo di genere del proprio sesso (Criterio B). La diagnosi non va fatta se il soggetto ha una concomitante condizione fisica intersessuale (per es., sindrome parziale di insensibilità agli androgeni o iperplasia surrenale congenita) (Criterio C). Per fare diagnosi deve esservi prova di un disagio significativo sul piano clinico, oppure di compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento (Criterio D).
Nei maschi, l’identificazione col sesso opposto si manifesta con un eccessivo interesse per le tradizionali attività femminili. Essi possono preferire indossare abiti da ragazza o da donna o possono improvvisare questi articoli con i materiali a disposizione quando i capi autentici non sono disponibili. Asciugamani, grembiuli e sciarpe vengono spesso usati per raffigurare capelli lunghi o gonne. Esiste una forte attrattiva verso i giochi e i passatempi tipici delle ragazze. Può loro piacere particolarmente giocare alla casa, disegnare belle ragazze e principesse, e guardare programmi o video dei loro personaggi femminili preferiti. Le tipiche bambole con sembianze femminili, come la Barbie, sono spesso i giocattoli preferiti, e i compagni di gioco preferiti sono le bambine. Quando giocano “alla casa”, questi bambini recitano ruoli femminili, più comunemente “le parti della mamma”, e sono spesso eccessivamente interessati ai personaggi femminili della loro fantasia. Essi evitano i giochi che implicano baruffe e gli sports competitivi, ed hanno scarso interesse per le macchine e i camion o per altri giocattoli non aggressivi ma tipici dei maschi. Essi possono manifestare il desiderio di essere bambine, o sostenere che quando cresceranno diverranno donne. Possono insistere per urinare seduti e far finta di non avere il pene spingendolo tra le gambe. Più raramente, i maschi con Disturbo dell’Identità di Genere possono sostenere di trovare disgustoso il proprio pene o i testicoli, di volersene sbarazzare, oppure di avere, o di desiderare di avere, una vagina.
Le ragazze con Disturbo dell’Identità di Genere manifestano intense reazioni negative nei confronti delle aspettative dei genitori o dei tentativi di far loro indossare vestiti o altri capi femminili. Alcune possono rifiutare di frequentare la scuola o altri avvenimenti sociali dove possono essere richiesti tali abiti. Preferiscono l’abbigliamento maschile e i capelli corti, sono spesso scambiate per maschi dagli estranei, e possono chiedere di essere chiamate con nomi maschili. Gli eroi della loro fantasia sono molto spesso personaggi maschili potenti, come Batman o Superman. Queste bambine preferiscono giocare coi maschi, con cui condividono l’interesse per gli sports che implicano contatto fisico, per i giochi violenti, e per i giochi maschili tradizionali. Vi è scarso interesse per le bambole o per ogni altro tipo di gioco che comporti agghindarsi o rappresentare parti femminili. Una bambina con questo disturbo può talvolta rifiutarsi di urinare in posizione seduta. Può sostenere di avere un pene, o che questo le crescerà, e può non volere che crescano le mammelle o che vengano le mestruazioni. Può sostenere che quando crescerà sarà un uomo. Queste bambine tipicamente mostrano una notevole identificazione col sesso opposto nella scelta dei ruoli, nei sogni, e nelle fantasie.
Gli adulti con Disturbo dell’Identità di Genere sono assorbiti dal proprio desiderio di vivere come un membro dell’altro sesso. Questo pensiero può manifestarsi come un intenso desiderio di adottare il ruolo sociale dell’altro sesso o di acquisire l’aspetto fisico dell’altro sesso tramite manipolazioni ormonali o chirurgiche. Gli adulti con questo disturbo sono infastiditi quando sono considerati dagli altri, oppure quando si comportano nella società, come membri del sesso che è loro assegnato. In vari gradi, essi adottano il comportamento, i vestiti, e gli atteggiamenti dell’altro sesso. In privato, questi soggetti trascorrono molto tempo travestiti, cercando di apparire come membri dell’altro sesso. Molti tentano di farsi passare in pubblico per soggetti dell’altro sesso. Col travestimento e con le cure ormonali (e, per i maschi, con l’epilazione mediante elettrolisi) molti soggetti con questo disturbo possono passare in modo convincente per soggetti dell’altro sesso. L’attività sessuale di questi soggetti con partners dello stesso sesso è di solito limitata dalla preferenza che i partners non vedano e non tocchino i loro genitali. Per alcuni maschi che giungono all’osservazione più tardi (spesso dopo il matrimonio), l’attività sessuale con una donna è accompagnata dalla fantasia di essere lesbiche o che la partner sia un uomo ed essi siano donne.
Negli adolescenti, le caratteristiche cliniche possono somigliare o a quelle dei bambini o a quelle degli adulti, a seconda del livello di sviluppo del soggetto, ed i criteri dovrebbero essere applicati di conseguenza. Negli adolescenti più giovani, può essere più difficile giungere ad una diagnosi accurata per la diffidenza adolescenziale. Questa può essere accresciuta se l’adolescente si sente ambivalente riguardo all’identificazione col sesso opposto, oppure se sente che ciò è inaccettabile per la famiglia. L’adolescente può giungere all’osservazione perché i genitori o gli insegnanti sono preoccupati per l’isolamento sociale o per le prese in giro o il rifiuto da parte dei compagni. In questi casi la diagnosi dovrebbe essere riservata a quegli adolescenti che sembrano assai identificati con l’altro sesso nel proprio abbigliamento, e che assumono comportamenti che indicano una significativa identificazione con l’altro sesso (per es., depilazione delle gambe nei maschi). Il chiarimento diagnostico nei bambini e negli adolescenti può richiedere un monitoraggio per un periodo di tempo prolungato.
Il disagio o la menomazione nei soggetti con Disturbo dell’Identità di Genere si manifestano in modo differente nel corso della vita. Nei bambini piccoli, il disagio si manifesta tramite la dichiarata scontentezza riguardo alla propria assegnazione sessuale. L’eccessivo coinvolgimento nel desiderio di appartenere al sesso opposto spesso interferisce con le attività ordinarie. Nei bambini più grandi, l’incapacità di sviluppare esperienze e rapporti adeguati per l’età coi compagni dello stesso sesso porta spesso all’isolamento e al disagio, e alcuni bambini possono rifiutare di andare a scuola per le prese in giro o per le pressioni ad indossare abbigliamenti tipici del proprio sesso. Negli adolescenti e negli adulti, l’eccessivo coinvolgimento nel desiderio di appartenere all’altro sesso frequentemente interferisce con le attività ordinarie. Sono comuni difficoltà relazionali, e il rendimento a scuola o sul lavoro può essere compromesso.

Specificazioni

Per soggetti sessualmente maturi si possono annotare le seguenti specificazioni basate sull’orientamento sessuale del soggetto: Sessualmente Attratto da Maschi, Sessualmente Attratto da Femmine, Sessualmente Attratto sia da Maschi che da Femmine, e Non Attratto Sessualmente Né da Maschi Né da Femmine. I maschi con Disturbo dell’Identità di Genere son ben rappresentati in tutti e quattro i gruppi. Coloro che sono attratti dai maschi di solito manifestano prima il disturbo, nella fanciullezza o nella prima adolescenza, mentre quelli che sono attratti dalle femmine, sia da maschi che femmine o da nessuno dei due riferiscono l’insorgenza della loro disforia di genere nella prima-media età adulta. Gli uomini che non sono attratti né dai maschi, né dalle femmine sono spesso soggetti isolati con tratti schizoidi. Quasi tutte le femmine con Disturbo dell’Identità di Genere riceveranno la stessa precisazione - Sessualmente Attratte da Femmine - sebbene vi siano casi eccezionali che riguardano femmine Sessualmente Attratte da Maschi.

Manifestazioni e disturbi associati

Molti soggetti con Disturbo dell’Identità di Genere diventano socialmente isolati. L’isolamento e l’ostracismo contribuiscono alla scarsa stima di sé, e possono portare al rifiuto o all’abbandono della scuola. L’ostracismo e le prese in giro dei compagni sono conseguenze particolarmente comuni per i maschi con questo disturbo. I maschi con Disturbo dell’Identità di Genere spesso mostrano atteggiamenti e modi di parlare spiccatamente femminili.
L’anomalia può essere così pervasiva che la vita mentale di alcuni individui è imperniata solo su quelle attività che riducono il disagio di genere. Essi sono spesso preoccupati dell’aspetto, specie nelle prime fasi del passaggio alla vita nel ruolo sessuale opposto al proprio. Anche le relazioni con uno o con entrambi i genitori possono essere gravemente compromesse. Alcuni maschi con Disturbo dell’Identità di Genere ricorrono ad autotrattamenti con ormoni, e possono, anche se assai di rado, castrarsi o penectomizzarsi. Specie nei centri urbani, alcuni maschi con questo disturbo possono prostituirsi, con alto rischio di contrarre l’infezione da HIV. Tentativi di suicidio e Disturbi Correlati a Sostanze risultano frequentemente associati.
I bambini con Disturbo dell’Identità di Genere possono manifestare in concomitanza un Disturbo d’Ansia di Separazione, un Disturbo d’Ansia Generalizzato, e sintomi depressivi. Gli adolescenti sono particolarmente a rischio di depressione, di ideazione suicidaria e di tentativi di suicidio. Negli adulti possono essere presenti ansia e sintomi depressivi. Nei campioni clinici, i Disturbi di Personalità associati sono più comuni fra i maschi che fra le femmine. I maschi adulti che sono sessualmente attratti dalle femmine, sia dai maschi che dalle femmine o da nessuno dei due di solito riferiscono una storia di eccitamento erotico associato al pensiero o all’immagine di se stesso come donna (definito autoginofilia). Nella maggior parte dei casi il soggetto dovrebbe presentare i requisiti necessari, almeno nel passato, per una diagnosi di Feticismo di Travestimento. In altri, comunque, la fantasia favorita enfatizza gli attributi femminili piuttosto che gli abiti. Alcuni uomini, per esempio, si masturbano mentre si immaginano come donne nude, focalizzandosi sulle immaginate mammelle e vulva; altri si masturbano immaginando se stessi mentre sono impegnati in alcune attività tipicamente femminili come il lavorare a maglia.
 

Caratteristiche collegate a età e genere

Le femmine con Disturbo dell’Identità di Genere generalmente sono meno soggette ad ostracismo a seguito dell’assunzione degli interessi caratteristici del sesso opposto, e sono meno rifiutate dai compagni, almeno fino all’adolescenza. Nei campioni di pazienti pediatrici, i ragazzi con questo disturbo sono inviati per una valutazione più frequentemente delle ragazze. Nei campioni di pazienti adulti, i maschi sono di due o tre volte più numerosi delle femmine. Nei bambini, la sproporzione della segnalazione di maschi può almeno in parte riflettere la maggiore stigmatizzazione che l’assunzione del comportamento del sesso opposto comporta per i maschi, rispetto alle femmine.

Prevalenza

Non esistono studi epidemiologici recenti che forniscano dati sulla prevalenza del Disturbo dell’Identità di Genere. I dati dei paesi più piccoli in Europa, che dispongono di statistiche e di rapporti che riguardano la popolazione totale, suggeriscono che circa 1 maschio adulto su 30000 e 1 femmina adulta su 100000 richiedono interventi chirurgici per cambiamento di sesso.

Decorso

Per i bambini giunti all’osservazione clinica, l’esordio degli interessi e delle attività propri del sesso opposto è di solito tra 2 e 4 anni, e alcuni genitori riferiscono che il proprio bambino ha sempre avuto interessi propri del sesso opposto. Solo un piccolissimo numero di bambini con Disturbo dell’Identità di Genere continuerà ad avere sintomi che soddisfino i criteri per il Disturbo dell’Identità di Genere nella tarda adolescenza o nell’età adulta. Solitamente i bambini giungono all’osservazione in concomitanza con l’inizio della scuola, perché i genitori si preoccupano del fatto che quella che essi consideravano una “fase” non accenni a passare. La maggior parte dei bambini con Disturbo dell’Identità di Genere mostra comportamenti propri del sesso opposto meno manifesti in connessione col passar del tempo, con gli interventi da parte dei genitori, o con le reazioni dei compagni. Nella tarda adolescenza o nell’età adulta, circa tre quarti dei maschi con una storia infantile di Disturbo dell’Identità di Genere riferiscono un orientamento omosessuale o bisessuale, ma senza concomitante Disturbo dell’Identità di Genere. La maggior parte dei rimanenti riferisce un orientamento eterosessuale, anch’essi senza concomitante Disturbo dell’Identità di Genere. Le corrispondenti percentuali di orientamento sessuale nelle ragazze non sono conosciute. Alcuni adolescenti possono sviluppare un’identificazione col sesso opposto più netta, e richiedere interventi per il cambiamento di sesso, oppure possono continuare in un decorso cronico di confusione o di disforia di genere.
Nei maschi adulti, esistono due diverse vie per lo sviluppo di un Disturbo dell’Identità di Genere. Il primo è una continuazione di un Disturbo dell’Identità di Genere esordito nella fanciullezza o nella prima adolescenza. Questi soggetti tipicamente giungono all’osservazione nella tarda adolescenza o nell’età adulta. Nell’altro tipo di decorso, i segni più manifesti di identificazione con il sesso opposto si manifestano più tardi e più gradualmente, con evidenziamento clinico nella prima o nella media età adulta, che di solito segue, ma talvolta è concomitante con un Feticismo di Travestimento. Il gruppo ad esordio più tardivo può presentare un grado più variabile di identificazione con il sesso opposto, può essere maggiormente ambivalente riguardo all’intervento di cambiamento di sesso, avere maggiori probabilità di essere sessualmente attratto da donne, e meno probabilità di essere soddisfatto dopo l’intervento di cambiamento di sesso. I maschi con Disturbo dell’Identità di Genere sessualmente attratti da maschi tendono a presentarsi nell’adolescenza o nella prima età adulta con una storia permanente di disforia di genere. Al contrario, coloro che sono sessualmente attratti dalle femmine, sia dai maschi che dalle femmine, o da nessuno dei due, tendono a presentarsi più tardivamente, e tipicamente hanno una storia di Feticismo di Travestimento. Tipicamente, dopo il cambiamento di sesso, quei maschi che erano attratti dalle femmine desiderano vivere con un’altra donna o nell’ambito di una relazione lesbica o come sorelle. Se il Disturbo dell’Identità di Genere è presente nell’età adulta, tende ad avere decorso cronico, anche se sono state riferite remissioni spontanee.

Diagnosi differenziale

Il Disturbo dell’Identità di Genere può essere distinto da un semplice anticonformismo nei confronti del comportamento stereotipato del ruolo sessuale sulla base del grado e della pervasività dei desideri, degli interessi e delle attività proprie del sesso opposto. Con questo disturbo non si intende descrivere un anticonformismo del bambino verso il comportamento stereotipato del ruolo sessuale, come, per es., il comportamento “da maschiaccio” nelle femmine o “da femminuccia” nei maschi. Piuttosto, esso rappresenta una profonda alterazione del senso di identità del soggetto rispetto all’essere maschio o all’essere femmina. Non si dovrebbe diagnosticare così il comportamento di quei bambini che semplicemente non si adattano allo stereotipo culturale di mascolinità o femminilità, se non è presente la sindrome completa, incluso disagio o compromissione marcati.
Il Feticismo di Travestimento si manifesta nei maschi eterosessuali (o bisessuali), in cui il comportamento di indossare abiti del sesso opposto è messo in atto allo scopo di procurarsi eccitazione sessuale. A parte il travestimento, la maggior parte dei soggetti con Feticismo di Travestimento non hanno una storia di comportamenti infantili tipici del sesso opposto. I maschi con una sintomatologia che soddisfa tutti i criteri sia per il Disturbo dell’Identità di Genere che per il Feticismo di Travestimento dovrebbero ricevere entrambe le diagnosi. Se in un soggetto con Feticismo di Travestimento è presente disforia di genere, ma non sono soddisfatti tutti i criteri per il Disturbo dell’Identità di Genere, si può usare la specificazione Con Disforia di Genere.
La categoria Disturbo dell’Identità di Genere Non Altrimenti Specificato può essere usata per i soggetti che hanno un problema di identità di genere con una concomitante condizione intersessuale congenita (per es., sindrome di insensibilità agli androgeni o iperplasia surrenale congenita).
Nella Schizofrenia di rado possono esservi deliri di appartenenza al sesso opposto. L’insistenza di un soggetto con un Disturbo dell’Identità di Genere sul fatto di appartenere al sesso opposto non è considerata un delirio, perché il significato di questo è invariabilmente che il soggetto “si sente” come un membro dell’altro sesso, e non che crede davvero di essere un membro dell’altro sesso. In casi molto rari, comunque, la Schizofrenia e un grave Disturbo dell’Identità di Genere possono coesistere.

 

Disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività

Criteri diagnostici

A. O 1) o 2):

1) sei (o più) dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno 6 mesi con una intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo:

Disattenzione

a) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività

b) spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco

c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente

d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze, o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni)

e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività

f) spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa)

g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per es., giocattoli, compiti di scuola, matite, libri, o strumenti)

h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei

i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane

2) sei (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti per almeno 6 mesi con una intensità che causa disadattamento e contrasta con il livello si sviluppo:

Iperattività

a) spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia

b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto

c) spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza)

d) spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo

e) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”

f) spesso parla troppo

Impulsività

g) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate

h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno

i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per es., si intromette nelle conversazioni o nei giochi)

 

B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano compromissione erano presenti prima dei 7 anni di età

C. Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più contesti (per es., a scuola o al lavoro e a casa)

D. Deve esservi una evidente compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.

E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico, e non risultano meglio attribuibili ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo dell’Umore, Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo, o Disturbo di Personalità).

 

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è una persistente modalità di disattenzione e/o di iperattività-impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti ad un livello di sviluppo paragonabile (Criterio A). Alcuni sintomi di iperattivà-impulsività o di disattenzione che causano menomazione devono essere stati presenti prima dei 7 anni di età, sebbene molti soggetti siano diagnosticati dopo che i sintomi sono presenti da diversi anni in particolare nel caso di individui affetti dal Tipo con Disattenzione Predominante (Criterio B). Una certa compromissione a causa dei sintomi deve essere presente in almeno 2 contesti (a casa e a scuola o al lavoro) (Criterio C). Deve chiaramente risultare un’interferenza col funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo adeguato rispetto al livello di sviluppo (Criterio D). L’anomalia non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico e non è meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale (per es., un Disturbo dell’Umore, un Disturbo d’Ansia, un Disturbo Dissociativo o un Disturbo di Personalità) (Criterio E).
La disattenzione può manifestarsi in situazioni scolastiche, lavorative, o sociali. I soggetti con questo disturbo possono non riuscire a prestare attenzione ai particolari o possono fare errori di distrazione nel lavoro scolastico o in altri compiti (Criterio A1a). Il lavoro è spesso disordinato e svolto senza cura e senza ponderazione. I soggetti spesso hanno difficoltà a mantenere l’attenzione nei compiti o nelle attività di gioco, e trovano difficile portare a termine i compiti (Criterio A1b). Spesso sembra che la loro mente sia altrove o che essi non ascoltino o non abbiano sentito quanto si è appena detto loro (Criterio A1c). Possono esservi frequenti passaggi da un’attività ad un’altra senza completarne nessuna. I soggetti a cui è stato diagnosticato questo disturbo possono cominciare a fare qualcosa, passare ad altro, poi dedicarsi a qualcos’altro ancora, prima di portare a termine qualsiasi cosa. Essi spesso non soddisfano le richieste o non riescono a seguire le istruzioni e non portano a termine compiti, incombenze o altri doveri (Criterio A1d). L’incapacità di portare a termine i compiti dovrebbe essere presa in considerazione nel fare questa diagnosi solo se è dovuta a disattenzione piuttosto che ad altre possibili ragioni (per es., incapacità di comprendere le istruzioni, atteggiamento di sfida). Questi soggetti hanno spesso difficoltà nell’organizzarsi per svolgere compiti e attività (Criterio A1e). I compiti che richiedono sforzo mentale protratto vengono avvertiti come spiacevoli e notevolmente avversati. Di conseguenza, questi soggetti tipicamente evitano o hanno forte avversione per attività che richiedono protratta applicazione e sforzo mentale o che richiedono capacità organizzative o particolare concentrazione (per es., compiti a casa o lavoro a tavolino) (Criterio A1f). Questo evitamento deve essere dovuto alle difficoltà del soggetto connesse all’attenzione e non dovuto ad un’attitudine oppositiva primaria, anche se può esservi un’oppositività secondaria. Il modo di lavorare è spesso disorganizzato e il materiale necessario per svolgere il compito viene spesso disperso, oppure maneggiato senza cura e danneggiato (Criterio A1g). I soggetti con questo disturbo sono facilmente distratti da stimoli irrilevanti e frequentemente interrompono compiti in corso di svolgimento per prestare attenzione a rumori senza importanza o ad eventi che di solito sono con tutta probabilità ignorati da altri (per es., il clacson di un’auto, una conversazione di sottofondo) (Criterio A1h). Sono spesso sbadati nelle attività quotidiane (per es., mancano ad appuntamenti, dimenticano di portarsi il pranzo) (Criterio A1i). Nelle situazioni sociali, la disattenzione può essere espressa dal fatto che cambiano spesso d’argomento nella conversazione, non ascoltano gli altri, non prestano attenzione alle conversazioni e non seguono le indicazioni o le regole di giochi o attività.
L’iperattività può essere manifestata agitandosi e dimenandosi sulla propria sedia (Criterio A2a), non restando seduti quando si dovrebbe (Criterio A2b), correndo senza freni o arrampicandosi in situazioni in cui ciò è fuori luogo (Criterio A2c) o può esprimersi con difficoltà a giocare o a dedicarsi tranquillamente ad attività da tempo libero (Criterio A2d) o con il sembrare spesso “sotto pressione” o “motorizzati” (Criterio A2e), oppure col parlare troppo (Criterio A2f). L’iperattività può variare con l’età del soggetto e col livello di sviluppo, e la diagnosi dovrebbe essere fatta con cautela nei bambini piccoli. I bambini che muovono i primi passi e i bambini in età prescolare con questo disturbo differiscono dai bambini con una attività normale per il fatto che sono sempre in movimento e sempre tra i piedi; essi saltellano avanti e indietro, escono “con le brache ancora in mano”, saltano o si arrampicano sui mobili, corrono per la casa, e hanno difficoltà a partecipare ad attività di gruppo sedentarie all’asilo (per es., stare ad ascoltare una favola). I bambini in età scolare mostrano comportamenti simili, ma di solito con meno frequenza o intensità rispetto ai bambini che muovono i primi passi e ai bambini in età prescolare. Essi hanno difficoltà a rimanere seduti, si alzano frequentemente, e si dimenano sulla propria sedia, oppure si aggrappano al suo bordo. Giocherellano nervosamente con oggetti, picchiettano con le mani, e agitano troppo piedi e gambe. Spesso si alzano da tavola durante i pasti, mentre guardano la televisione, o mentre fanno i compiti; parlano di continuo, e fanno troppo rumore durante attività che dovrebbero comportare la calma. Negli adolescenti e negli adulti, i sintomi di iperattività assumono la forma di sensazioni di irrequietezza e di difficoltà a dedicarsi ad attività tranquille e sedentarie.
L’impulsività si manifesta con l’impazienza, la difficoltà a tenere a freno le proprie reazioni, “sparando” le risposte prima che le domande siano state completate (Criterio A2g), con difficoltà ad attendere il proprio turno (Criterio A2h), e con l’interrompere spesso gli altri o l’intromettersi nei fatti altrui fino al punto di causare difficoltà nell’ambiente sociale, scolastico, o lavorativo (Criterio A2i). Gli altri possono lamentarsi di non riuscire a dire una parola in una conversazione. I soggetti affetti da questo disturbo tipicamente fanno commenti quando non è il momento, non ascoltano le direttive, iniziano conversazioni quando non è il momento, interrompono eccessivamente gli altri, sono invadenti nei confronti degli altri, arraffano oggetti altrui, toccano cose che non dovrebbero toccare, e fanno i pagliacci. L’impulsività può portare ad incidenti (per es., far cadere oggetti, sbattere contro gli altri, agguantare un tegame rovente) e al coinvolgimento in attività potenzialmente pericolose senza considerare le possibili conseguenze (per es., arrampicarsi ripetutamente fino a posizioni precarie o usare lo skateboard su un terreno estremamente accidentato).
Le manifestazioni attentive e comportamentali compaiono di solito in diversi contesti, che comprendono casa, scuola, lavoro, e situazioni sociali. Per fare diagnosi, deve essere presente una certa compromissione in almeno due contesti (Criterio C). È molto raro che un soggetto mostri lo stesso livello di malfunzionamento in tutti i contesti o tutte le volte nello stesso contesto. I sintomi tipicamente peggiorano in situazioni che richiedono attenzione o sforzo mentale protratti o che mancano di attrattiva o di novità (per es., ascoltare gli insegnanti in classe, fare i compiti in classe, ascoltare o leggere brani lunghi, o lavorare a compiti monotoni e ripetitivi). I segni del disturbo possono essere minimi o assenti quando il soggetto riceve frequenti premi per il comportamento appropriato, quando è sotto controllo molto stretto, in un ambiente nuovo, quando è impegnato in attività particolarmente interessanti, in una situazione a due (per es., lo studio del medico). È più probabile che i sintomi si manifestino in situazioni di gruppo (per es., giochi di gruppo, classi, o ambienti di lavoro). Il clinico dovrebbe quindi raccogliere informazioni da diverse fonti (per es., genitori, insegnanti) e indagare sul comportamento del soggetto in diverse situazioni in ciascun contesto (per es., mentre fa i compiti, mentre mangia).

Sottotipi
Sebbene molti dei soggetti abbiano sintomi sia di disattenzione che di iperattività-impulsività, vi sono alcuni soggetti in cui predomina o l’una o l’altra caratteristica. Il sottotipo appropriato (per una diagnosi attuale) dovrebbe essere indicato sulla base della caratteristica sintomatologica predominante negli ultimi 6 mesi.
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo Combinato [314.01] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di disattenzione e 6 (o più) sintomi di iperattività-impulsività hanno persistito per almeno 6 mesi. La maggior parte dei bambini e degli adolescenti con questo disturbo presentano il Tipo Combinato. Non si sa se ciò vale anche per gli adulti affetti dal disturbo.
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Disattenzione Predominante [314.00] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di disattenzione (ma meno di 6 sintomi di iperattività-impulsività) sono persistiti per almeno 6 mesi. L’iperattività può essere ancora una manifestazione clinica significativa in molti casi, mentre in altri si tratta solo di disattenzione.
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti [314.01] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di iperattività-impulsività (ma meno di 6 sintomi di disattenzione) sono persistiti per almeno 6 mesi. Ciò non toglie che in questi casi la disattenzione spesso possa essere una manifestazione clinica significativa.

Manifestazioni e disturbi associati

Le caratteristiche associate variano a seconda dell’età e del livello di sviluppo e possono includere scarsa tolleranza alla frustrazione, accessi d’ira, prepotenza, caparbietà, eccessiva e frequente insistenza sul fatto che le richieste siano soddisfatte, labilità d’umore, demoralizzazione, disforia, rifiuto da parte dei coetanei, e scarsa autostima. I risultati scolastici sono spesso compromessi e svalorizzati in modo significativo, e comportano tipicamente conflitti con la famiglia e con le autorità scolastiche. Un’inadeguata applicazione a compiti che richiedono sforzo protratto è spesso interpretata dagli altri come indice di pigrizia, di scarso senso di responsabilità, e di comportamento oppositivo. Le relazioni familiari sono spesso caratterizzate da risentimento e antagonismo, specie perché la variabilità del quadro sintomatologico del soggetto porta spesso gli altri a credere che tutto il comportamento inopportuno sia volontario. Sono spesso presenti dissidi familiari e interazioni genitore-bambino negative. Tali interazioni negative spesso diminuiscono con un trattamento adeguato. In media gli individui con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività ricevono un livello di istruzione inferiore rispetto ai compagni e hanno risultati lavorativi più scarsi. Inoltre, in media, il livello intellettuale valutato con test di QI individuale è di un certo numero di punti inferiore nei bambini con questo tipo di disturbo rispetto a quelli di pari età. Nello stesso tempo è stata evidenziata una grande variabilità del QI: individui che soffrono del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività possono presentare uno sviluppo intellettuale al di sopra della media o eccezionale. Nella sua forma grave il disturbo è significativamente invalidante e compromette l’adattamento sociale e scolastico. Tutti e tre i sottotipi sono associati a significativa compromissione. I deficit accademici e i problemi scolastici, tendono ad essere più pronunciati nei tipi caratterizzati da disattenzione (Tipi con Disattenzione Predominante e Combinato), mentre il rifiuto dei coetanei ed in misura minore le ferite accidentali sono più evidenti nei tipi caratterizzati da iperattività e impulsività (Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti e Combinato). Gli individui con Tipo con Disattenzione Predominante tendono ad essere socialmente passivi e sono trascurati, piuttosto che rifiutati, dai coetanei.
Una percentuale consistente (circa la metà) dei bambini inviati in ambienti clinici con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività ha anche un Disturbo Oppositivo Provocatorio o un Disturbo della Condotta. I tassi di copresenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività con questi altri Disturbi da Comportamento Dirompente sono più alti di quelli con altri disturbi mentali, e questa copresenza è più frequente nei due sottotipi caratterizzati da Iperattività-Impulsività (Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti e Combinato). Tra gli altri disturbi associati vi sono i Disturbi dell’Umore, i Disturbi d’Ansia, i Disturbi dell’Apprendimento e i Disturbi della Comunicazione nei bambini con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività. Sebbene il Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sia presente in almeno il 50% dei soggetti inviati in ambiente clinico con Disturbo di Tourette, la maggior parte dei soggetti con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività non ha associato il Disturbo di Tourette. Quando i due disturbi coesistono, l’insorgenza del disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività spesso precede quello del Disturbo di Tourette.
Può esservi una storia di maltrattamento o di abbandono infantile, sistemazioni adottive multiple, esposizione a neurotossici (per es., avvelenamento da piombo), infezioni (per es., encefalite), esposizione a farmaci in utero o Ritardo Mentale. Sebbene il basso peso alla nascita possa essere talvolta associato a Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, la maggior parte dei bambini con basso peso alla nascita non sviluppa Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività e la maggior parte dei bambini con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività non ha una storia di basso peso alla nascita.

Caratteristiche collegate a cultura, età e genere

È noto che il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività si manifesta in diverse culture, con variazioni nella prevalenza riportata tra i paesi occidentali che probabilmente derivano più dalle diverse prassi diagnostiche che da differenze nel quadro clinico.
È particolarmente difficile stabilire questa diagnosi nei bambini con meno di 4 o 5 anni di età, perché il loro comportamento caratteristico è molto più variabile di quello dei bambini più grandi e può includere caratteristiche simili ai sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Inoltre, i sintomi di disattenzione nei bambini che muovono i primi passi o nei bambini in età prescolare non sono spesso prontamente osservati perché ai bambini piccoli tipicamente viene richiesta di rado un’attenzione prolungata. Comunque, anche l’attenzione dei bambini che fanno i primi passi può essere tenuta desta in diverse situazioni (per es., un bambino medio di 2-3 anni può tipicamente sedere con un adulto e guardare un libro illustrato). I bambini piccoli con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività si muovono eccessivamente e sono tipicamente difficili da contenere. Un’indagine su un’ampia varietà di comportamenti in un bambino piccolo può essere utile per assicurarsi che sia stato raggiunto un quadro clinico completo. Nei bambini in età prescolare con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività è stata dimostrata una sostanziale compromissione del funzionamento. Nei bambini di età scolare i sintomi di disattenzione compromettono il lavoro in classe e il rendimento scolastico. I sintomi impulsivi possono inoltre portare ad infrangere le regole familiari, interpersonali ed educative. I sintomi del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sono tipicamente più evidenti durante le scuole elementari. Quando i bambini maturano, i sintomi di solito diventano meno evidenti. Nella tarda fanciullezza e nella prima adolescenza sono meno comuni i segni dell’eccessiva e grossolana attività motoria (per es., correre ed arrampicarsi in maniera smodata, non rimanere seduti) e i sintomi di iperattività possono ridursi all’irrequietezza o a sensazioni interiori di nervosismo o di inquietudine. Nell’età adulta il senso di inquietudine può rendere difficile il partecipare ad attività sedentarie oppure può portare ad evitare passatempi od occupazioni che danno scarse oppurtunità di movimento spontaneo (per es., lavori di ufficio). Il malfunzionamento sociale negli adulti è particolarmente più probabile in quelli che avevano altre diagnosi presenti nella fanciullezza. Bisognerebbe essere cauti nel fare diagnosi di Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività negli adulti esclusivamente sulla base dei ricordi dell’adulto di essere stato disattento o iperattivo da bambino, poiché la validità di questi dati retrospettivi è spesso problematica. Anche se non sempre possono essere disponibili informazioni che sostengano ciò, informazioni corroboranti da parte di altri informatori (inclusi registri scolastici del tempo) sono utili per migliorare l’accuratezza della diagnosi. Il disturbo è più frequente nei maschi che nelle femmine con un rapporto che va da 2:1 a 9:1 a seconda del tipo (cioè il Tipo con Disattenzione Dominante può avere un rapporto tra i sessi meno spiccato) e dell’ambientazione (cioè i bambini inviati in un ambiente clinico tendono ad essere prevalentemente maschi).

Prevalenza

È stato stimato che la prevalenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sia presente dal 3 al 7% nei bambini in età prescolare. Questi tassi variano a seconda della natura della popolazione campionata e del metodo di accertamento. I dati sulla prevalenza nell’adolescenza e nell’età adulta sono limitati. Vi sono dati che fanno pensare che la prevalenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività così come definito nel DSM-IV possa essere in qualche modo maggiore della prevalenza del disturbo basato sui criteri del DSM-III-R a causa dell’inclusione dei Tipi con Iperattività ed Impulsività Predominanti e con Disattenzione Predominante (che nel DSM-III-R sarebbero stati diagnosticati come Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività NAS).

Decorso

La maggior parte dei genitori osserva dapprima un’eccessiva attività motoria quando i bambini muovono i primi passi, che spesso coincide con lo sviluppo della deambulazione indipendente. Comunque, dato che molti bambini iperattivi a questa età non svilupperanno poi un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, particolare attenzione dovrebbere essere dedicata a differenziare la normale superattività dalla iperattività caratteristica del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività prima di fare questa diagnosi nei primi anni di vita. Di solito, il disturbo viene diagnosticato per la prima volta durante le scuole elementari, quando l’adattamento scolastico risulta compromesso. Alcuni bambini con il Tipo con Disattenzione Predominante possono non giungere all’attenzione clinica fino alla tarda fanciullezza. Nella maggior parte dei casi osservati in ambiente clinico, il disturbo è relativamente stabile durante la prima adolescenza. Nella maggior parte dei soggetti, i sintomi (in particolare l’iperattività motoria) si attenuano durante la tarda adolescenza e l’età adulta, sebbene una minoranza dispieghi l’intero corredo dei sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività nella media età adulta. Altri adulti possono mantenere solo alcuni sintomi, nel qual caso si dovrebbe usare la diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, in Remissione Parziale. Questa diagnosi si adatta a soggetti che non hanno più il disturbo completo ma mantengono ancora alcuni sintomi che causano compromissione del funzionamento.

Familiarità

Si è trovato che il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è più comune nei parenti biologici di primo grado di bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività che nella popolazione generale. Dati considerevoli confermano la forte influenza di fattori genetici sui livelli di iperattività, impulsività e disattenzione misurati in modo dimensionale. Comunque, le influenze della famiglia, della scuola e dei coetanei sono anch’essi cruciali nel determinare la misura della compromissione funzionale e della comorbidità. Alcuni studi suggeriscono anche l’esistenza di una maggiore prevalenza di Disturbi dell’Umore e Disturbi d’Ansia, Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi Correlati a Sostanze e Disturbo Antisociale di Personalità nei membri della famiglia di soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.

Diagnosi differenziale

Nella prima fanciullezza, può essere difficile distinguere i sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività dal comportamento adeguato all’età di bambini vivaci (per es., correre intorno o fare chiasso).
I sintomi di disattenzione sono comuni tra i bambini con basso QI che sono collocati in ambienti scolastici inadeguati alle loro capacità intellettive. Questi comportamenti devono essere distinti da segni similari in bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Nei bambini con Ritardo Mentale, una diagnosi aggiuntiva di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività dovrebbe essere fatta solo se i sintomi di disattenzione o di iperattività sono eccessivi rispetto all’età mentale del bambino. La disattenzione in classe può anche verificarsi quando bambini molto intelligenti sono collocati in ambienti poco stimolanti sul piano didattico. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività deve anche essere distinto dalla difficoltà nel comportamento finalistico in bambini con ambienti inadeguati, disorganizzati, o caotici. I racconti accurati di modalità sintomatologiche ottenuti da più fonti (per es., baby-sitter, nonni, o genitori di compagni di gioco) sono utili per fornire un insieme di osservazioni riguardanti la disattenzione, l’iperattività del bambino, e la sua capacità di autoregolarsi in modo adeguato al livello di sviluppo nei diversi ambienti.
I soggetti con comportamento oppositivo possono fare resistenza a compiti lavorativi o scolastici che richiedono applicazione per riluttanza a conformarsi alle richieste altrui. Questi sintomi devono essere differenziati dall’evitamento dei compiti scolastici osservato nei soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Complica la diagnosi differenziale il fatto che alcuni soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività sviluppano un’attitudine oppositiva secondaria verso tali compiti e svalutano la loro importanza, spesso come razionalizzazione del proprio fallimento.
L’aumentata attività motoria che può verificarsi nel Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, deve essere distinta dal comportamento motorio ripetitivo che caratterizza il Disturbo da Movimenti Stereotipati. Nel Disturbo da Movimenti Stereotipati il comportamento motorio è in genere focalizzato e fisso (per es., dondolarsi, morsicarsi), mentre l’irrequietezza e l’inquietudine del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sono più tipicamente generalizzati. Inoltre, gli individui con Disturbo da Movimenti Stereotipati non sono in genere superattivi; a parte la stereotipia, possono essere ipoattivi.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività non viene diagnosticato se i sintomi sono meglio attribuibili ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo dell’Umore [in particolare il Disturbo Bipolare], Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo, Disturbo di Personalità, Modificazione della Personalità Dovuta ad una Condizione Medica Generale, o un Disturbo Correlato a Sostanze). In tutti questi disturbi, i sintomi di disattenzione esordiscono tipicamente dopo i 7 anni di età, e la storia infantile di adattamento scolastico non è generalmente caratterizzata da comportamento dirompente o da lamentale degli insegnanti riguardanti un comportamento distratto, iperattivo, o impulsivo. Quando un Disturbo dell’Umore o un Disturbo d’Ansia insorgono in concomitanza con un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, dovrebbero essere diagnosticati entrambi. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività non viene diagnosticato se i sintomi di disattenzione e di iperattività si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo o di un Disturbo Psicotico.  I sintomi di disattenzione, iperattività, o impulsività correlati all’uso di farmaci nei bambini con meno di 7 anni non sono diagnosticati come Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività ma sono invece diagnosticati come Altri Disturbi Correlati a Sostanze Non Altrimenti Specificati.

Disturbo della condotta

Criteri diagnostici
Una modalità di comportamento ripetitiva ed persistente in cui i diritti fondamentali degli altri o le principali norme o regole societarie appropriate per l’età vengono violati, come manifestato dalla presenza di tre (o più) dei seguenti criteri nei 12 mesi precedenti, con almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi:
Aggressioni a persone o animali
1) spesso fa il prepotente, minaccia, o intimorisce gli altri
2) spesso dà inizio a colluttazioni fisiche
3) ha usato un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (per es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola)
4) è stato fisicamente crudele con le persone
5) è stato fisicamente crudele con gli animali
6) ha rubato affrontando la vittima (per es., aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata)
7) ha forzato qualcuno ad attività sessuali.

Distruzione della proprietà
8) ha deliberatamente appiccato il fuoco con l’intenzione di causare seri danni
9) ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso dall’appiccare il fuoco).
Frode o furto
10) è penetrato in un edificio, un domicilio, o una automobile altrui
11) spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè, raggira gli altri)
12) ha rubato articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furto nei negozi, ma senza scasso; falsificazioni).
Gravi violazioni di regole
13) spesso trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori, con inizio prima dei 13 anni di età
14) è fuggito da casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei genitori o di chi ne faceva le veci (o una volta senza ritornare per un lungo periodo)
15) marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età.

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo della Condotta è una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole della società appropriate per l’età adulta vengono violate (Criterio A). Questi comportamenti si inseriscono in quattro gruppi fondamentali: condotta aggressiva che causa o minaccia danni fisici ad altre persone o ad animali (Criteri A1-A7), condotta non aggressiva che causa perdita o danneggiamento della proprietà (Criteri A8-A9), frode o furto (Criteri A10-A12), e gravi violazioni di regole (Criteri A13-A15). 3 (o più) comportamenti caratteristici devono essere stati presenti durante i 12 mesi precedenti, con almeno 1 comportamento presente nei 6 mesi precedenti. L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo (Criterio B). Il Disturbo della Condotta può essere diagnosticato in soggetti che hanno più di 18 anni, ma solo se non vengono soddisfatti i criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità (Criterio C). La modalità di comportamento è di solito presente in diversi ambienti, come la casa, la scuola, o la comunità. Dato che i soggetti con Disturbo della Condotta tendono a minimizzare i propri problemi di condotta, il clinico deve spesso affidarsi a ulteriori fonti di informazioni. Comunque, la conoscenza da parte degli informatori riguardo ai problemi di condotta del bambino può essere limitata da un controllo inadeguato o dal fatto che il ragazzo non li ha rivelati.
I bambini o gli adolescenti con questo disturbo spesso innescano comportamento aggressivo e reagiscono aggressivamente contro gli altri. Essi possono mostrare un comportamento prepotente, minaccioso, o intimidatorio (Criterio A1); dare inizio frequentemente a colluttazioni fisiche (Criterio A2); usare un’arma che può causare seri danni fisici (per es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, o una pistola) (Criterio A3); essere fisicamente crudeli con le persone (Criterio A4) o con gli animali (Criterio A5); rubare affrontando la vittima (per es., aggressione a scopo di furto, scippo, estorsione, o rapina a mano armata) (Criterio A6); oppure forzare un’altra persona all’attività sessuale (Criterio A7). L’aggressione può assumere la forma di stupro, violenza, o, in rari casi, omicidio.
La distruzione deliberata dell’altrui proprietà può includere l’incendio deliberato con intenzione di causare seri danni (Criterio A8) o distruzione deliberata della proprietà altrui in altri modi (per es., spaccare i vetri delle macchine, vandalismo a scuola) (Criterio A9).
La frode o il furto sono comuni e possono includere la penetrazione in edifici, domicili, o automobili altrui (Criterio A10); frequenti menzogne o rottura di promesse per ottenere vantaggi o favori, o per evitare debiti od obblighi (per es., raggirare altre persone) (Criterio A11); o rubare articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furti nei negozi, falsificazioni) (Criterio A12).
I soggetti affetti da questo disturbo commettono anche gravi violazioni di regole (per es., scolastiche, familiari). I ragazzi con questo disturbo spesso hanno l’abitudine, che esordisce prima dei 13 anni, di stare fuori fino a tarda notte nonostante le proibizioni dei genitori (Criterio A13). Può anche esservi l’abitudine di star fuori da casa per tutta la notte (Criterio A14). Per essere considerato un sintomo di Disturbo della Condotta, la fuga deve essersi verificata almeno 2 volte (o solo una volta se il soggetto non è tornato per un lungo periodo). Gli episodi di fuga che avvengono come diretta conseguenza di maltrattamento fisico o sessuale non soddisfano tipicamente questo criterio. I ragazzi con questo disturbo possono spesso marinare la scuola, iniziando a farlo prima dei 13 anni di età (Criterio A15). Nei soggetti più grandi, questo comportamento si manifesta con frequenti assenze dal lavoro senza valide ragioni.

Sottotipi

Sono stati stabiliti due sottotipi di Disturbo della Condotta a seconda dell’età all’esordio del disturbo (Tipo ad Esordio nella Fanciullezza e Tipo ad Esordio nell’Adolescenza). I sottotipi differiscono riguardo alla natura caratteristica dei problemi di condotta che si presentano, del decorso durante lo sviluppo e della prognosi, e della distribuzione tra i generi. Entrambi i sottotipi possono manifestarsi in forma lieve, moderata, o grave. Nel valutare l’età all’esordio le informazioni dovrebbero essere di preferenza raccolte dal ragazzo e da coloro che se ne prendono cura. Dato che molti dei comportamenti possono essere tenuti segreti, le persone che si prendono cura del soggetto possono non riferire alcuni sintomi o sovrastimare l’età di esordio.
Tipo ad Esordio nella Fanciullezza Questo sottotipo è definito sulla base dell’esordio di almeno uno dei criteri caratteristici del Disturbo della Condotta prima dei 10 anni di età. I soggetti con il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza sono di solito maschi, mostrano di frequente aggressioni fisiche contro altri, hanno relazioni disturbate con i coetanei, possono aver avuto un Disturbo Oppositivo Provocatorio nella prima fanciullezza, e di solito hanno sintomi che soddisfano pienamente i criteri per il Disturbo della Condotta prima della pubertà. Molti bambini con questo sottotipo presentano anche il Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività. I bambini con il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza, hanno maggiori probabilità di avere un Disturbo della Condotta persistente e di sviluppare un Disturbo Antisociale di Personalità rispetto ai soggetti con Tipo ad Esordio nell’Adolescenza.
Tipo ad Esordio nell’Adolescenza Questo sottotipo è definito dall’assenza di tutti i criteri caratteristici del Disturbo della Condotta prima dei 10 anni di età. Rispetto a coloro che sono affetti dal Tipo ad Esordio nella Fanciullezza, questi soggetti, hanno meno probabilità di manifestare comportamenti aggressivi e tendono ad avere relazioni con i compagni maggiormente nella norma (sebbene essi mostrino spesso problemi di condotta in compagnia di altri). Questi soggetti hanno meno probabilità di avere un Disturbo della Condotta persistente o di sviluppare da adulti il Disturbo Antisociale di Personalità. Il rapporto tra maschi e femmine affetti da Disturbo della Condotta è minore per il Tipo ad Esordio nell’Adolescenza che per il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza.

Specificazioni di gravità

Lieve I problemi di condotta che vanno al di là di quelli richiesti per fare la diagnosi, se presenti, sono pochi, e i problemi di condotta causano danno relativamente lieve agli altri (per es., mentire, marinare la scuola, stare fuori la sera senza permesso).
Moderato Il numero di problemi di condotta e gli effetti sugli altri sono intermedi tra il lieve e il “grave” (per es., rubare senza affrontare la vittima, vandalismo).
Grave Sono presenti molti problemi di condotta che vanno al di là di quelli richiesti per fare la diagnosi, oppure i problemi di condotta causano notevoli danni agli altri (per es., rapporti sessuali forzati, crudeltà fisica, uso di armi, furto con aggressione alla vittima, violazione di proprietà, scasso.

Manifestazioni e disturbi associati
I soggetti con Disturbo della Condotta possono avere scarsa empatia e scarsa attenzione per i sentimenti, i desideri, e il benessere degli altri. Specie in situazioni ambigue, i soggetti aggressivi con questo disturbo spesso travisano le intenzioni degli altri come più ostili e minacciose del vero e reagiscono con un’aggressione che essi ritengono ragionevole e giustificata. Essi possono essere insensibili e mancare di adeguati sentimenti di colpa o di rimorso. Può essere difficile valutare se il rimorso mostrato è genuino perché alcuni di questi soggetti imparano che esprimere la colpa può ridurre o prevenire la punizione. I soggetti con questo disturbo possono senza esitazione denunciare i propri compagni e tentare di accusare altri dei propri misfatti. L’autostima è di solito scarsa, sebbene il soggetto possa avere l’aspetto di un duro. Per altri individui l’autostima misurata può essere decisamente esagerata. Scarsa tolleranza alla frustrazione, irritabilità, esplosioni di rabbia, e avventatezza sono frequenti caratteristiche associate. Nei soggetti con Disturbo delle Condotta il numero di incidenti sembra essere maggiore rispetto a coloro che non ne sono affetti.
Il Disturbo della Condotta è spesso associato con un inizio precoce dell’attività sessuale, del bere, del fumare, dell’uso di sostanze illecite, e di azioni spericolate e rischiose. L’uso di sostanze illecite può aumentare il rischio di persistenza del Disturbo della Condotta. I comportamenti propri del Disturbo della Condotta possono portare a sospensione o ad espulsione dalla scuola, a problemi nell’adattamento lavorativo, a difficoltà legali, a malattie a trasmissione sessuale, a gravidanze non programmate, e a lesioni fisiche da incidenti o da colluttazioni. Questi problemi possono precludere la frequenza in scuole normali o la vita in casa dei genitori naturali o adottivi. Idee suicide, tentativi di suicidio, e suicidi attuati si manifestano con frequenza maggiore del previsto. Il Disturbo della Condotta può essere associato con intelligenza al di sotto della media, in particolare relativamente al QI verbale. L’apprendimento scolastico, specie la lettura e le altre capacità verbali, è spesso al di sotto del livello previsto sulla base dell’età e dell’intelligenza, e può giustificare una diagnosi aggiuntiva di Disturbo dell’Apprendimento o della Comunicazione. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è comune nei bambini con Disturbo della Condotta. Il Disturbo della Condotta può anche essere associato con uno o più dei seguenti disturbi mentali: Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi d’Ansia, Disturbi dell’Umore, e Disturbi Correlati a Sostanze. I seguenti fattori possono predisporre il soggetto a sviluppare un Disturbo della Condotta: rifiuto o abbandono da parte dei genitori, temperamento infantile difficile, norme contraddittorie di educazione con disciplina rigida, maltrattamento fisico o sessuale, mancanza di sorveglianza, inserimento precoce in istituzioni, frequenti cambiamenti delle persone che si prendono cura del soggetto, famiglia numerosa, anamnesi di uso di tabacco da parte della madre durante la gravidanza, rifiuto da parte dei coetanei, associazione con gruppi di delinquenti, esposizione alla violenza nel vicinato, e certi tipi di psicopatologia familiare (per es., Disturbo Antisociale di Personalità, Dipendenza od Abuso di Sostanze).

Caratteristiche collegate a cultura, età e genere

Sono state sollevate preoccupazioni sul fatto che la diagnosi di Disturbo della Condotta possa talvolta essere malamente applicata a soggetti di ambienti in cui le modalità di comportamento indesiderabile sono talvolta viste come auto-protettive (per es., ambienti minacciosi, impoveriti, con alto tasso di criminalità). Conformemente alla definizione di disturbo mentale del DSM-IV, la diagnosi di Disturbo della Condotta dovrebbe essere applicata solo quando il comportamento in questione è sintomatico di un sottostante malfunzionamento all’interno del soggetto, e non semplicemente una reazione al contesto sociale immediato. Inoltre, la gioventù immigrata da paesi devastati dalla guerra, con una storia di comportamenti aggressivi che potrebbero essere stati necessari per la propria sopravvivenza in quel contesto, non merita necessariamente una diagnosi di Disturbo della Condotta. Può essere utile al clinico considerare il contesto economico e sociale in cui i comportamenti indesiderabili si sono manifestati.
I sintomi del disturbo variano con l’età man mano che il soggetto sviluppa forza fisica, capacità cognitive, e maturità sessuale. I comportamenti meno gravi (per es., menzogna, furto nei negozi, aggressione fisica) tendono ad emergere inizialmente, mentre altri (per es., furto con scasso) tendono ad emergere in seguito. Tipicamente, i problemi di condotta più gravi (per es., stupro, furto con aggressione della vittima) tendono ad emergere per ultimi. Comunque, esistono ampie differenze tra i soggetti, ed alcuni si danno ai comportamenti più lesivi in età precoce (aspetto che è predittivo di una prognosi peggiore).
Il Disturbo della Condotta, specie il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza, è molto più comune nei maschi. Le differenze di genere si riscontrano anche nei tipi specifici di problemi di condotta. I maschi con una diagnosi di Disturbo della Condotta manifestano spesso aggressività fisica, furto, vandalismo, e problemi di disciplina scolastica. Le femmine con una diagnosi di Disturbo della Condotta mostrano con maggiori probabilità menzogne, assenze da scuola, fughe, uso di sostanze, e prostituzione. Mentre le aggressioni in cui l’altro viene direttamente affrontato sono messe in atto più spesso dai maschi, le femmine tendono più ad avere comportamenti che non implicano l’affrontare la vittima.

Prevalenza

La prevalenza del Disturbo della Condotta sembra essersi accresciuta negli ultimi decenni e può essere maggiore negli ambienti urbani piuttosto che in quelli rurali. Le percentuali variano ampiamente a seconda della natura della popolazione campionata e dei metodi di valutazione. Studi condotti sulla popolazione generale riportano percentuali che variano da meno dell’1% a più del 10%. I tassi di prevalenza sono maggiori tra gli uomini che tra le donne. Il Disturbo della Condotta è una delle condizioni più frequentemente diagnosticate nei pazienti ambulatoriali e nei servizi ospedalieri psichiatrici per bambini.

Decorso

L’esordio del Disturbo della Condotta può verificarsi anche in età prescolare, ma i primi sintomi significativi emergono ugualmente nel periodo tra la media infanzia e la media adolescenza. Il Disturbo Oppositivo Provocatorio è un comune precursore del Disturbo della Condotta Tipo ad Esordio nella Fanciullezza.
L’esordio è raro dopo i 16 anni. Il decorso del Disturbo della Condotta è variabile. Nella maggior parte dei soggetti, il disturbo va in remissione con l’età adulta. Comunque, una quota significativa continua a mostrare durante l’età adulta comportamenti che soddisfano i criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità. Molti soggetti con Disturbo della Condotta, specie quelli con Tipo ad Esordio nell’Adolescenza, e quelli con sintomi poco numerosi e lievi, raggiungono un adeguato adattamento sociale e lavorativo da adulti. L’esordio precoce è predittivo di una prognosi peggiore e di un aumentato rischio di Disturbo Antisociale di Personalità e di Disturbi Correlati a Sostanze, durante l’età adulta. I soggetti con Disturbo della Condotta sono a rischio di successivi Disturbi dell’Umore o d’Ansia, di Disturbi Somatoformi, e di Disturbi Correlati a Sostanze.

Familiarità

Le valutazioni da studi su gemelli e su soggetti adottati mostrano che il Disturbo della Condotta ha componenti sia genetiche che ambientali. Il rischio di Disturbo della Condotta è aumentato nei bambini con un genitore biologico o adottivo, con Disturbo Antisociale di Personalità o con un fratello con Disturbo della Condotta. Il disturbo sembra anche essere più comune nei figli di genitori biologici con Dipendenza da Alcool, Disturbi dell’Umore, o Schizofrenia, o di genitori biologici che hanno una storia di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività o di Disturbo della Condotta.

Diagnosi differenziale

Sebbene il Disturbo Oppositivo Provocatorio includa alcune tra le caratteristiche osservate nel Disturbo della Condotta (per es., disobbedienza ed opposizione nei confronti delle autorità), esso non include la modalità persistente delle forme più gravi di comportamento, in cui vengono violati o i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole societarie appropriate per l’età. Quando la modalità di comportamento del soggetto soddisfa i criteri sia del Disturbo della Condotta che del Disturbo Oppositivo Provocatorio, la diagnosi di Disturbo della Condotta ha la precedenza e il Disturbo Oppositivo Provocatorio non viene diagnosticato.
Sebbene i bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività manifestino spesso un comportamento iperattivo e impulsivo che può essere dirompente, questo comportamento non viola di per sé le norme societarie appropriate per l’età e quindi di solito non soddisfa i criteri per il Disturbo della Condotta. Quando vengono soddisfatti i criteri sia per il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività che per il Disturbo della Condotta, si dovrebbero fare entrambe le diagnosi.
Irritabilità e problemi di condotta si verificano spesso in bambini o adolescenti con un Disturbo dell’Umore. Questi possono di solito essere distinti dal tipo di problemi di condotta che si vedono nel Disturbo della Condotta sulla base del decorso episodico e dei concomitanti sintomi caratteristici di un Episodio Maniacale. Se i criteri sono entrambi soddisfatti, si può fare diagnosi sia di Disturbo della Condotta che di Disturbo dell’Umore.
La diagnosi di Disturbo dell’Adattamento (con Alterazione della Condotta o con Alterazione Mista delle Emozioni e della Condotta) dovrebbe essere presa in considerazione se problemi di condotta clinicamente significativi, che non soddisfano i criteri per un altro disturbo specifico, si sviluppano in chiara associazione con la comparsa di un fattore psicosociale stressante. Isolati problemi di condotta che non soddisfano i criteri per il Disturbo della Condotta o per il Disturbo dell’Adattamento possono essere codificati come Comportamento Antisociale del Bambino o dell’Adolescente. Il Disturbo della Condotta viene diagnosticato solo se i problemi di condotta rappresentano una modalità ripetitiva e persistente associata con compromissione del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.
Per i soggetti con più di 18 anni di età, una diagnosi di Disturbo della Condotta può essere fatta solo se non vengono soddisfatti anche i criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità. La diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità non può essere fatta a soggetti con meno di 18 anni di età.

 

Disturbo oppositivo provocatorio

Criteri diagnostici

A.

Una modalità di comportamento negativistico, ostile, e provocatorio che dura da almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti:


1)

spesso va in collera

2)

spesso litiga con gli adulti

3)

spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare la/le richieste o regole degli adulti

4)

spesso irrita deliberatamente le persone

5)

spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento

6)

è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri

7)

è spesso arrabbiato e rancoroso

8)

è spesso dispettoso e vendicativo

Nota Considerare soddisfatto un criterio, solo se il comportamento si manifesta più frequentemente rispetto a quanto si osserva tipicamente in soggetti paragonabili per età e livello di sviluppo.

 

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo Oppositivo Provocatorio è una modalità ricorrente di comportamento negativistico, provocatorio, disobbediente, ed ostile nei confronti delle figure dotate di autorità che persiste per almeno 6 mesi (Criterio A) ed è caratterizzato da frequente insorgenza di almeno uno dei seguenti comportamenti: perdita di controllo (Criterio A1), litigi con gli adulti (Criterio A2), opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli adulti (Criterio A3), azioni deliberate che danno fastidio agli altri (Criterio A4), accusare gli altri dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento (Criterio A5), essere suscettibile o facilmente infastidito dagli altri (Criterio A6), essere collerico e risentirsi (Criterio A7), o essere dispettoso o vendicativo (Criterio A8). Per definire il Disturbo Oppositivo Provocatorio, i comportamenti devono manifestarsi più frequentemente rispetto a quanto si osserva tipicamente nei soggetti di età e livello di sviluppo paragonabili e devono comportare una significativa compromissione del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo (Criterio B). La diagnosi non viene fatta se l’anomalia del comportamento si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Psicotico o dell’Umore (Criterio C), o se risultano soddisfatti i criteri per il Disturbo della Condotta o per il Disturbo Antisociale di Personalità (in un soggetto con più di 18 anni).
I comportamenti negativistici ed oppositivi sono espressi con persistente caparbietà, resistenza alle direttive, scarsa disponibilità al compromesso, alla resa o alla negoziazione con gli adulti o coi coetanei. L’oppositività può anche includere la deliberata o persistente messa alla prova dei limiti, di solito ignorando gli ordini, litigando e non accettando i rimproveri per i misfatti. L’ostilità può essere diretta contro gli adulti o i coetanei e viene espressa disturbando deliberatamente gli altri o con aggressioni verbali (di solito senza le più gravi aggressioni fisiche osservate nel Disturbo della Condotta). Le manifestazioni del disturbo sono quasi invariabilmente presenti nell’ambiente familiare, ma possono non essere evidenti a scuola o nella comunità. I sintomi del disturbo sono tipicamente più evidenti nelle interazioni con gli adulti o i coetanei che il soggetto conosce bene e possono quindi non manifestarsi durante l’esame clinico. Di solito i soggetti con questo disturbo non si considerano oppositivi o provocatori, ma giustificano il proprio comportamento come una risposta a richieste o circostanze irragionevoli.

Manifestazioni e disturbi associati

Le manifestazioni e i disturbi associati variano in funzione dell’età del soggetto e della gravità del Disturbo Oppositivo Provocatorio. Nei maschi, si è visto che il disturbo ha maggiore prevalenza tra coloro che, nell’età prescolare, hanno temperamenti problematici (per es., alta reattività, difficoltà ad essere tranquillizzati) o intensa attività motoria. Durante l’età scolare, possono esservi scarsa autostima (o autostima decisamente esagerata), labilità d’umore, scarsa tolleranza alla frustrazione, tendenza ad imprecare, e uso precoce di alcool, tabacco e sostanze illecite. Vi sono spesso conflitti con i genitori, gli insegnanti, e i coetanei. Può esservi un circolo vizioso in cui il genitore e il bambino mettono in evidenza l’uno la parte peggiore dell’altro. Il Disturbo Oppositivo Provocatorio ha maggiore prevalenza nelle famiglie in cui l’accudimento del bambino è turbato da un susseguirsi di diverse persone preposte all’accudimento stesso, o in famiglie in cui sono comuni pratiche educative rigide, incoerenti, o distratte. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è comune nei bambini con Disturbo Oppositivo Provocatorio. Anche i Disturbi dell’Apprendimento e della Comunicazione tendono ad essere associati al Disturbo Oppositivo Provocatorio.

Caratteristiche specifiche di età e di genere

Dal momento che un comportamento oppositivo transitorio è molto comune nei bambini in età prescolare e negli adolescenti, si dovrebbe usare cautela nel fare la diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio specie durante questi periodi di sviluppo. Il numero dei sintomi di opposizione tende ad aumentare con l’età. Il disturbo ha maggiore prevalenza tra i maschi che tra le femmine in epoca prepuberale, ma le percentuali sembrano essere uguali dopo la pubertà. I sintomi sono di solito simili in entrambi i generi, tranne per il fatto che che i maschi possono avere un comportamento con maggiore tendenza al confronto e sintomi più persistenti.

Prevalenza

Sono stati riferiti tassi di Disturbo Oppositivo Provocatorio che vanno dal 2 al 16% a seconda della natura del campione di popolazione e dei metodi di accertamento.

Decorso

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio diviene di solito evidente prima degli 8 anni di età e di solito non più tardi dell’adolescenza. I sintomi di opposizione spesso emergono nell’ambiente familiare ma col tempo possono comparire anche in altri contesti. L’esordio è tipicamente graduale, e di solito avviene nel corso di mesi o anni. In una quantità significativa di casi, il Disturbo Oppositivo Provocatorio precede lo sviluppo del Disturbo della Condotta. Sebbene il Disturbo della Condotta, Tipo ad Esordio nella Fanciullezza, spesso sia preceduto dal Disturbo Oppositivo-Provocatorio, molti bambini con il Disturbo Oppositivo-Provocatorio non sviluppano successivamente il Disturbo della Condotta.

Familiarità

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio sembra essere più comune nelle famiglie in cui almeno un genitore ha una storia di Disturbo dell’Umore, Disturbo Oppositivo Provocatorio, Disturbo della Condotta, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Disturbo Antisociale di Personalità, o Disturbo Correlato a Sostanze. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che le madri con un Disturbo Depressivo hanno maggiori probabilità di avere bambini con comportamento oppositivo, ma non è chiaro fino a che punto la depressione materna derivi dal comportamento oppositivo nei bambini oppure ne sia la causa. Il Disturbo Oppositivo Provocatorio è più comune nelle famiglie in cui vi è un grave disaccordo coniugale.

Diagnosi differenziale

I comportamenti dirompenti dei soggetti con Disturbo Oppositivo Provocatorio sono di natura meno grave rispetto a quelli dei soggetti con Disturbo della Condotta e tipicamente non includono aggressioni contro persone o animali, distruzione di proprietà, o l’abitudine al furto o alla frode. Dal momento che tutte le caratteristiche del Disturbo Oppositivo Provocatorio sono di solito presenti nel Disturbo della Condotta, il Disturbo Oppositivo Provocatorio non viene diagnosticato se risultano soddisfatti i criteri per il Disturbo della Condotta. Il comportamento oppositivo è una caratteristica comunemente associata ai Disturbi dell’Umore e ai Disturbi Psicotici, che si presentano nei bambini e negli adolescenti e non dovrebbe essere diagnosticato separatamente, se i sintomi insorgono esclusivamente durante il decorso di un Disturbo dell’Umore o di un Disturbo Psicotico. I comportamenti oppositivi devono anche essere distinti dal comportamento dirompente che deriva dalla disattenzione e dall’impulsività nel Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Quando i due disturbi insorgono contemporaneamente, si dovrebbero fare entrambe le diagnosi. In soggetti con Ritardo Mentale la diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio viene fatta solo se il comportamento oppositivo va al di là di quello tipicamente osservato tra i soggetti paragonabili per età, genere e gravità del Ritardo Mentale. Il Disturbo Oppositivo Provocatorio deve anche essere distinto da un’incapacità di seguire le indicazioni che risulta da una comprensione del linguaggio compromessa (per es., perdita di udito, Disturbo Misto della Espressione e della Ricezione del Linguaggio. Il comportamento oppositivo è una tipica caratteristica di certi stadi di sviluppo (per es., prima fanciullezza e adolescenza). Una diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio dovrebbe essere presa in considerazione solo se i comportamenti si manifestano più frequentemente e hanno conseguenze più gravi rispetto a quelli tipicamente osservati in altri soggetti con livello di sviluppo paragonabile e portano a significativa compromissione del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo. Una nuova insorgenza di comportamenti oppositivi nell’adolescenza può essere dovuta al normale processo di individuazione.

 

Disturbo d’Ansia di Separazione

 

Criteri diagnostici

  1. Ansia inappropriata rispetto al livello di sviluppo ed eccessiva che riguarda la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato, come evidenziato da tre (o più) dei seguenti elementi:
    1. malessere eccessivo ricorrente quando avviene la separazione da casa o dai principali personaggi di attaccamento o quando essa è anticipata col pensiero
    2. persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo alla perdita dei principali personaggi di attaccamento, o alla possibilità che accada loro qualche cosa di dannoso
    3. persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo al fatto che un evento spiacevole e imprevisto comporti separazione dai principali personaggi di attaccamento (per es., essere smarrito o essere rapito)
    4. persistente riluttanza o rifiuto di andare a scuola o altrove per la paura della separazione
    5. persistente ed eccessiva paura o riluttanza a stare solo o senza i principali personaggi di attaccamento a casa, oppure senza adulti significativi in altri ambienti
    6. persistente riluttanza o rifiuto di andare a dormire senza avere vicino uno dei personaggi principali di attaccamento o di dormire fuori casa
    7. ripetuti incubi sul tema della separazione
    8. ripetute lamentele di sintomi fisici (per es., mal di testa, dolori di stomaco, nausea o vomito) quando avviene od è anticipata col pensiero la separazione dai principali personaggi di attaccamento

 

  1. La durata dell’anomalia è di almeno 4 settimane.
  2. L’esordio è prima dei 18 anni.
  3. L’anomalia causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica (lavorativa), o di altre importanti aree del funzionamento.
  4. L’anomalia non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico e, negli adolescenti e negli adulti, non è meglio attribuibile ad un Disturbo di Panico Con Agorafobia.

Caratteristiche diagnostiche

La manifestazione fondamentale del Disturbo d’Ansia di Separazione è un’ansia eccessiva riguardante la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato (Criterio A). Quest’ansia va al di là di quella prevedibile in base al livello di sviluppo del soggetto. L’anomalia deve durare almeno 4 settimane (Criterio B), iniziare prima dei 18 anni (Criterio C) e causare disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica (lavorativa), o di altre aree importanti del funzionamento (Criterio D). La diagnosi non viene fatta se l’ansia si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico, oppure, per quanto riguarda gli adolescenti o gli adulti, se è meglio attribuibile ad un Disturbo di Panico Con Agorafobia (Criterio E).
I soggetti con questo disturbo possono provare eccessivo malessere ricorrente riguardo alla separazione da casa o dalle figure a cui sono maggiormente attaccati (Criterio A1). Quando sono separati dalle figure a cui sono attaccati, spesso hanno bisogno di sapere dove si trovino e di stare in contatto con loro (per es., tramite telefonate). Alcuni soggetti divengono estremamente nostalgici e sono a disagio quando sono via da casa. Essi possono dire bugie per ritornare a casa ed essere assorbiti da fantasie di ricongiungimento. Quando sono separati dai personaggi cui sono principalmente attaccati sono spesso assorbiti da timori riguardanti il fatto che possano accadere incidenti o malattie a questi personaggi o a loro stessi (Criterio A2). I bambini con questo disturbo spesso esprimono il timore di essere smarriti e di non ritrovare più i loro genitori (Criterio A3). Spesso sono a disagio quando viaggiano da soli lontano da casa o da altre aree familiari e giungono ad evitare di muoversi per conto proprio. Possono essere riluttanti all’idea di andare a scuola o al campeggio, di far visita o di dormire a casa di amici, o di andare a fare commissioni, o possono rifiutarsi di farlo (Criterio A4). Questi bambini possono non essere in grado di stare in camera da soli, e possono mostrare un comportamento “appiccicoso”, stando vicini e facendo “da ombra” ad un genitore per casa o chiedendo che qualcuno sia con loro quando si recano in un’altra stanza della casa (Criterio A5).
I bambini con questo disturbo spesso hanno difficoltà all’ora di andare a letto e possono insistere perché qualcuno stia con loro finché non si addormentano (Criterio A6). Durante la notte, essi possono farsi strada a tentoni fino al letto dei genitori (o a quello di un’altra persona significativa, come un fratello); se la porta della stanza dei genitori è chiusa, possono dormire fuori dalla loro porta. Possono esservi incubi il cui contenuto esprime le paure del soggetto (per es., la distruzione della famiglia tramite un incendio, un omicidio, o un’altra catastrofe) (Criterio A7). Le lamentele fisiche, come dolori di stomaco, mal di testa, nausea, e vomito, sono comuni quando la separazione avviene o viene anticipata col pensiero (Criterio A8). I sintomi cardiovascolari come palpitazioni, vertigini, e sensazioni di svenimento sono rari nei bambini più piccoli, ma possono insorgere nei soggetti più grandi.

Manifestazioni e disturbi mentali associati

I bambini con Disturbo d’Ansia di Separazione tendono a provenire da famiglie che sono molto unite. Quando vengono separati da casa o dalle figure a cui sono maggiormente attaccati, essi possono mostrare in modo ricorrente ritiro sociale, apatia, tristezza, o difficoltà a concentrarsi nel lavoro o nel gioco. A seconda della loro età, i soggetti possono aver paura degli animali, dei mostri, del buio, dei rapinatori, dei ladri, dei rapimenti, degli incidenti automobilistici, dei viaggi aerei, e di altre situazioni che sono percepite come pericolose per l’integrità della famiglia o di se stessi. Sono comuni preoccupazioni sulla morte e sul poter morire. Il rifiuto della scuola può portare a difficoltà scolastiche e ad evitamento sociale. I bambini possono lamentarsi che nessuno li ami o si prenda cura di loro, e desiderare di morire. Quando sono estremamente turbati all’idea della separazione, possono mostrare rabbia o occasionalmente attaccare chi sta forzando la separazione. Quando sono soli, specie la sera, i bambini piccoli possono riferire esperienze percettive insolite (per es., vedere persone che fanno capolino nella loro stanza, creature spaventose, sentire occhi che li guardano). I bambini affetti da questo disturbo sono spesso descritti come richiedenti, intrusivi, e bisognosi di attenzione costante. Le eccessive richieste del bambino spesso divengono una fonte di frustrazione per i genitori, e portano a risentimento e a conflittualità familiare. Talvolta, i bambini con questo disturbo sono descritti come insolitamente coscienziosi, compiacenti, e desiderosi di piacere. I bambini possono manifestare lamentele somatiche che causano esami e procedure mediche. L’umore depresso è spesso presente, e può diventare più persistente nel tempo, giustificando una diagnosi aggiuntiva di Disturbo Distimico o di Disturbo Depressivo Maggiore. Il disturbo può precedere lo sviluppo di Disturbo di Panico Con Agorafobia. La comorbidità con altri Disturbi d’Ansia può essere comune, specialmente negli ambienti clinici.

Prevalenza

Il Disturbo d’Ansia di Separazione è raro: le stime della prevalenza sono in media circa il 4% dei bambini e dei giovani adolescenti. Il Disturbo da Ansia di Separazione diminuisce in prevalenza dalla fanciullezza all’adolescenza.

Decorso

Il Disturbo d’Ansia di Separazione può svilupparsi dopo qualche evento di vita stressante (per es., la morte di un parente o di un animale domestico, una malattia del bambino o di un parente, un cambiamento di scuola, un trasloco in un’altra zona, o un’immigrazione). L’esordio può avvenire anche nell’età prescolare e in qualsiasi momento prima dei 18 anni, ma l’esordio nell’adolescenza è raro. Tipicamente vi sono periodi di esacerbazione e remissione. In alcuni casi, sia l’ansia riguardo ad una possibile separazione che l’evitamento di situazioni che implicano separazione (per es., andare al college) possono persistere per molti anni. Comunque gran parte dei bambini con Disturbo da Ansia di Separazione risulta priva di Disturbi d’Ansia invalidanti nei follow-up prolungati.

Familiarità

Il Disturbo d’Ansia di Separazione è apparentemente più comune nei parenti biologici di primo grado, che nella popolazione generale e può essere più frequente nei figli di madri con Disturbo di Panico.

Diagnosi differenziale

L’ansia di separazione può essere una manifestazione associata di Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, Schizofrenia o altri Disturbi Psicotici. Se i sintomi del Disturbo d’Ansia di Separazione insorgono esclusivamente durante il decorso di uno di questi disturbi, non viene fatta una diagnosi separata di Disturbo d’Ansia di Separazione. Il Disturbo d’Ansia di Separazione è distinto da Disturbi Pervasivi dello Sviluppo per il fatto che l’ansia riguarda in modo prevalente la separazione da casa e dalle figure di attaccamento. Nei bambini o negli adolescenti con Disturbo d’Ansia di Separazione, le minacce di separazione possono portare ad ansia estrema ed anche ad un Attacco di Panico. Diversamente dal Disturbo di Panico, l’ansia riguarda la separazione dalle persone o da casa piuttosto che l’essere paralizzato da un Attacco di Panico inaspettato. Negli adulti il Disturbo d’Ansia di Separazione è raro e non dovrebbe essere ulteriormente diagnosticato se le paure di separazione sono meglio attribuibili ad Agorafobia nel Disturbo di Panico Con Agorafobia o ad Agorafobia Senza Storia di Disturbo di Panico. Le assenze ingiustificate da scuola sono comuni nel Disturbo della Condotta, ma l’Ansia di Separazione non è responsabile di assenze da scuola e il bambino di solito sta lontano da casa, piuttosto che tornarvi. Alcuni casi di rifiuto della scuola, specie nell’adolescenza, sono dovuti a Fobia Sociale o a Disturbi dell’Umore piuttosto che ad Ansia di Separazione. I bambini con Disturbo da Ansia di Separazione possono essere oppositivi quando vengano costretti a separarsi dalle figure di attaccamento. Si dovrebbe diagnosticare il Disturbo Oppositivo Provocatorio solo se il comportamento oppositivo si verifica in tempi diversi da quelli della separazione o nell’anticipazione di una separazione. Similmente, i bambini con Disturbo da Ansia di Separazione possono diventare depressi quando vengono separati o nell’anticipazione di una separazione. Un Disturbo Depressivo andrebbe diagnosticato solo se la depressione si verifica anche in altre occasioni. Diversamente dalle allucinazioni nei Disturbi Psicotici, le esperienze percettive inusuali nel Disturbo d’Ansia di Separazione sono di solito basate sulla dispercezione di uno stimolo in atto, si manifestano solo in certe situazioni (per es., di notte) e sono annullate dalla presenza di una figura di attaccamento. Per distinguere i livelli d’ansia di separazione adeguati al livello di sviluppo dalle preoccupazioni riguardanti la separazione clinicamente significativa del Disturbo d’Ansia di Separazione si deve usare la valutazione clinica.

 

Disturbo Reattivo dell’Attaccamento dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza

Criteri diagnostici
A) Una modalità di relazione sociale notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di sviluppo in quasi tutti i contesti, con inizio prima dei 5 anni di età, come evidenziato da 1)o 2):

  1. persistente incapacità di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali o di rispondere ad esse in maniera adeguata al livello di sviluppo, come manifestato da risposte eccessivamente inibite, ipervigili, o altamente ambivalenti e contraddittorie (per es., il bambino può rispondere a coloro che se ne prendono cura con un misto di avvicinamento, evitamento, e resistenza alle tenerezze, o può mostrare un’attenzione fredda)
  2. legami diffusi come manifestato da socievolezza indiscriminata con notevole incapacità di mostrare attaccamenti adeguatamente selettivi (per es., eccessiva familiarità con parenti lontani o mancanza di selettività nella scelta dei personaggi di attaccamento).

B) L’anomalia descritta nel Criterio A non è motivata esclusivamente da ritardi dello sviluppo (come nel Ritardo Mentale) e non soddisfa i criteri per un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo.
C) Accudimento patogeno come evidenziato da almeno uno dei seguenti:
1) persistente trascuratezza verso i bisogni emotivi fondamentali del bambino, di benessere, stimolazione, e affetto
2) persistente trascuratezza verso i bisogni fisici fondamentali del bambino
3) ripetuti cambiamenti della figura che principalmente si prende cura del bambino che impediscono la formazione di legami stabili (per es., frequenti cambiamenti dei genitori adottivi).
D) Si può supporre che l’accudimento di cui al Criterio C sia responsabile del comportamento disturbato descritto nel Criterio A (per es., le anomalie del Criterio A sono iniziate dopo l’accudimento patogeno descritto nel Criterio C).

 

Caratteristiche diagnostiche

La caratteristica fondamentale del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento è una modalità di relazione sociale, notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di sviluppo, che si manifesta in quasi tutti i contesti, che inizia prima dei 5 anni ed è associata ad un accudimento grossolanamente patologico (Criterio A). Ci sono due tipi di sintomatologia clinica. Nel Tipo Inibito, il bambino è persistentemente incapace di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali e di rispondere ad esse in maniera adeguata al suo livello di sviluppo. Il bambino mostra modalità di risposta eccessivamente inibite, ipervigili, o altamente ambivalenti (per es., attenzione fredda, resistenza alle tenerezze o un misto di approccio ed evitamento) (Criterio A1). Nel Tipo Disinibito, vi è una modalità di attaccamento diffuso. Il bambino mostra socievolezza indiscriminata o una mancanza di selettività nella scelta dei personaggi di attaccamento (Criterio A2). L’anomalia non è motivata esclusivamente da un ritardo di sviluppo (per es., nel Ritardo Mentale) e non soddisfa i criteri del Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (Criterio B). Per definizione, la condizione è associata ad un accudimento grossolanamente patologico che può assumere la forma di persistente trascuratezza nei confronti dei bisogni emotivi fondamentali del bambino di benessere, stimolazione, e affetto (Criterio C1); persistente trascuratezza nei confronti dei bisogni fisici fondamentali del bambino (Criterio C2); o ripetuti cambiamenti della persona che principalmente si prende cura del bambino, che impediscono la formazione di legami stabili (per es., frequenti cambiamenti dei genitori adottivi) (Criterio C3). Si presume che l’accudimento patologico sia responsabile della modalità di relazione sociale disturbata (Criterio D).

Manifestazioni e disturbi associati

Caratteristiche descrittive e disturbi mentali associati Certe situazioni (per es., ospedalizzazione prolungata del bambino, estrema povertà, o inesperienza dei genitori) possono predisporre allo sviluppo dell’accudimento patologico. Comunque, l’accudimento grossolanamente patologico non causa sempre lo sviluppo del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento; alcuni bambini possono formare legami stabili e relazioni sociali nonostante una marcata trascuratezza o maltrattamento. Condizioni di trascuratezza estrema - ed in particolare l’accudimento in istituzioni con limitate possibilità di formare legami selettivi - aumentano il rischio di sviluppare il disturbo. Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento può essere associato con ritardi dello sviluppo, Disturbi della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza, Pica, o Disturbo di Ruminazione.

 

Prevalenza

I dati epidemiologici sono limitati, ma il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento sembra essere molto raro.

Decorso

L’esordio del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento si situa di solito nei primi anni di vita e, per definizione, esso ha inizio prima dei 5 anni di età. Il decorso sembra variare a seconda di fattori individuali del bambino e di chi se ne prende cura, della gravità e della durata della deprivazione psicosociale associata e della natura dell’intervento. Se viene fornito un ambiente capace di adeguato supporto può avvenire un notevole miglioramento o la remissione. Altrimenti, il disturbo segue un decorso continuativo. Una socievolezza indiscriminata può persistere anche dopo che il bambino abbia sviluppato dei legami selettivi.

 

Diagnosi differenziale

Nel Ritardo Mentale i legami adeguati con chi accudisce si sviluppano di solito in modo conforme al livello di sviluppo generale del bambino e questi legami sono chiaramente presenti quando il bambino ha un’età mentale di dieci mesi. Comunque, alcuni soggetti in età infantile e alcuni bambini piccoli con Ritardo Mentale Grave possono presentare particolari problemi per chi se ne prende cura e mostrare i sintomi caratteristici del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento. Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento dovrebbe essere diagnosticato solo se è chiaro che i problemi caratteristici nella formazione di legami selettivi non sono una funzione del ritardo.
Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento deve essere distinto dal Disturbo Autistico e dagli altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, i legami selettivi non riescono a svilupparsi o sono altamente devianti, ma ciò solitamente si manifesta anche quando vi sia un ambiente psicosociale ragionevolmente supportivo. Il Disturbo Autistico e gli altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo sono anche caratterizzati dalla presenza di una compromissione qualitativa della comunicazione e da modalità di comportamento ristrette, ripetitive e stereotipate. Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento non viene diagnosticato se risultano soddisfatti i criteri per un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo. Il Tipo Inibito del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento deve essere distinto dalla Fobia Sociale. Nella Fobia Sociale l’inibizione sociale si rende evidente in ambiti sociali o nell’anticipazione di incontri sociali, ma non si verifica con persone conosciute che si occupano di loro in ambienti familiari. Il comportamento deviante dal punto di vista sociale nel Disturbo Reattivo dell’Attaccamento, compresa l’Inibizione, si rende evidente nei diversi contesti sociali. Il Tipo Disinibito deve essere distinto dal comportamento impulsivo o iperattivo caratteristico del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Diversamente dal Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, il comportamento disinibito nel Disturbo Reattivo dell’Attaccamento è associato in modo caratteristico per essere eccessivamente intimo o per ricercare conforto da una persona adulta non conosciuta che si prende cura di loro, piuttosto che per un comportamento genericamente impulsivo.
Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento dovrebbe essere differenziato anche dai Disturbi da Comportamenti Dirompenti, come il Disturbo della Condotta ed il Disturbo Oppositivo Provocatorio. Il termine ‘‘psicopatico-anaffettivo’’ è stato utilizzato per descrivere i bambini che erano stati cresciuti in ambienti che limitavano le possibilità del bambino di stabilire legami selettivi (per es., le istituzioni) e che mostravano una modalità di comportamento antisociale ed aggressivo, l’incapacità di formare relazioni durature con gli adulti ed una miscellanea di sintomi come l’enuresi e le stereotipie. Nonostante ciò, non è stato stabilito alcun legame diretto tra il Disturbo Reattivo dell’Adattamento e la ‘‘psicopatia anaffettiva’’. Le alterazioni dell’attaccamento negli anni precoci possono aumentare i rischi di comportamento antisociale nella tarda fanciullezza e nell’adolescenza, ma i comportamenti antisociali non sono necessariamente segni del Disturbo Reattivo dell’Adattamento.
L’accudimento macroscopicamente patologico è una caratteristica essenziale del Disturbo Reattivo dell’Attaccamento. Può essere giustificato annotare anche un Abuso Infantile, un Abbandono Infantile, o un Problema Relazionale tra Genitori e Bambino. Quando l’accudimento macroscopicamente patologico non causa notevoli anomalie della modalità di relazione sociale, si può registrare sotto la voce Abbandono Infantile o Problema Relazionale tra Genitori e Bambino piuttosto che sotto quella di Disturbo Reattivo dell’Attaccamento.

 

 

Fonte: http://www.psicologia.unimib.it/getFile.php/12956/

Sito web da visitare: http://www.psicologia.unimib.it

Autore del testo: indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Disturbi alimentari infanzia e adolescenza

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Disturbi alimentari infanzia e adolescenza

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Disturbi alimentari infanzia e adolescenza