Costruzione sociale dell'infanzia

Costruzione sociale dell'infanzia

 

 

 

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Costruzione sociale dell'infanzia

La costruzione sociale dell’infanzia
L’infanzia è stata idealizzata, descritta come mancanza che andava colmata dai genitori e fino al Medio Evo è stata considerata come corporeità, ma come assenza di psiche, anima e personalità. A partire dal ‘500, con il rifiuto della malattia e la mortalità infantile diviene un fenomeno da contrastare. Solo nell’Europa del XVII e XVIII sec. il modello di infanzia si trasforma in un vero e proprio progetto. Maine (1864), descrive il passaggio dall’immagine al progetto come passaggio da status a contratto.
Il Problema dell’infanzia si trasforma, da quello di riproduzione di un ruolo (derivato dallo status) a quello di progettazione di un individuo capace di svolgere una pluralità di ruoli.
1° Cap –  Natura, socializzazione, identità


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La prospettiva dell’ordine - Durkheim

Gli studi sociologici, fino agli anni ’80, hanno dimostrato scarso interesse per il bambino in sé, facendo coincidere il discorso sull’infanzia con l’analisi del processo di socializzazione. Un’eccezione è rappresentata da Bambini non si nasce 1980 di De Lillo, Rivolsi e Schizzerotto.
L’infanzia è stata considerata al singolare, e il bambino è stato visto come un adulto in prospettiva. L’infanzia rimane sottovalutata come categoria sociale, perché manca il riferimento al suo carattere globale collettivo. Bechelloni (1989), compie un’analisi diversa, valutando l’infanzia come fatto sociale e individuale e spostando l’interesse dal divenire all’essere. L’infanzia può così assumere le caratteristiche di una categoria, di un minority group, con i relativi pregiudizi, stereotipi e discriminazioni che li accompagnano. Infatti, lo stile di vita di un gruppo di minoranza è condizionato soprattutto dalla rappresentazione sociale che di esso viene data. Durante la socializzazione, le rappresentazioni sociali hanno un’importanza fondamentale sia come meccanismi psicologici, sia come meccanismi sociali, costituiscono un quadro di riferimento socio-cognitivo per mezzo del quale si accede alla realtà. La stessa personalità dei bambini si serve della rappresentazione sociale come strumento per l’interiorizzazione dei valori e delle norme. Ogni sistema di rappresentazioni è parallelo a un sistema di valori.
Per Durkheim la socializzazione viene a coincidere con l’educazione e gli obiettivi del processo educativo sono la creazione la riproduzione e il mantenimento dell’ordine sociale. L’enfasi viene posta sul momento integrativo e non sul soggetto. D. si pone il problema di quale possa essere il modello migliore di adulto proponibile al bambino. E’ l’essere sociale che D. prefigura come modello di personalità adulta che può realizzare un individuo perfettamente integrato nella società. L’individuo è per D. prima di tutto individuo sociale. D. riconosce nell’uomo una dualità: da una parte le tendenze istintive e dall’altra parte il pensiero concettuale, da una parte l’individualità, dall’altra parte ciò che è altro da noi stessi. Nonostante l’obiettivo sia quello di pervenire all’essere sociale, il dualismo permane. D. concettualizza la coscienza collettiva la quale rappresenta la fusione di una pluralità di coscienze individuali in una coscienza comune. Per D. l’unico strumento per mantenere l’ordine sociale è il far prevalere gli elementi societari su quelli individuali. D. successivamente apre la strada al modello teorico generale della sociologia contemporanea incentrato sulla triade società-cultura-personalità. Inizialmente individua la costrizione e poi pone l’enfasi sulla negazione sociale che si basa sul consenso.
Coincidendo per D. la socializzazione con l’educazione, egli individua nell’educazione morale 3 imperativi:

  1. Il senso del dovere, la disciplina
  2. L’attacamento ai gruppi
  3. L’autonomia della volontà che si fonda sulla conoscenza dei meccanismi della coscienza collettiva.

Per D. la scuola quale agenzia educativa è più importante della famiglia e il bambino è visto come tabula rasa, e soggetto passivo.

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Un soggetto a sovranità limitata - Parsons

Nel filone funzionalista un altro teorizzatore della preminenza del sociale sulla personalità dell’individuo è Parsons, anche se meno rigido di D., poiché, P. individua elementi di riconoscimento del socializzando come soggetto che partecipa attivamente al proprio processo di socializzazione. P. individua la famiglia come primaria agenzia di socializzazione. La famiglia costituisce il primo sottosistema sociale del quale il bambino fa parte. Per P. la famiglia è importante per 2 motivi:

  1. la socializzazione dei figli
  2. la stabilizzazione della personalità adulta

Secondo P. un fattore fondamentale per l’esistenza della famiglia nucleare è l’alternarsi di 2 tempi:

  1. dispersione: i diversi membri svolgono i loro diversi ruoli fuori e dentro di essa
  2. integrazione: i membri si ritrovano, es. madre se lavora solo in casa.

Per P. il padre rappresenta la leadership strumentale e la madre la leadership espressiva. Nel momento in cui la famiglia non è più in grado di assolvere ai compiti della socializzazione, intervengono la scuola e il gruppo dei pari. Per P. l’infante è caratterizzato da:

    • Plasticità: capacità di apprendere
    • Sensibilità: capacità di creare attaccamenti
    • Dipendenza: il processo di socializzazione si innesta proprio sulle modalità di dipendenza del bambino.

Il bambino per soddisfare i suoi bisogni esce dalla condizione di oggetto di cura. Per P. c’è un’integrazione dell’ego in un ruolo complementare a quello dell’alter. P. concepisce il socializzando come essere non totalmente passivo, ma come soggetto che agisce. Tramite il processo di socializzazione il bambino acquisisce gli orientamenti necessari a un soddisfacente esercizio del ruolo richiesto. Questo processo si realizza in virtù di procedure motivazionali chiamate meccanismi di socializzazione. L’apprendimento si riferisce ad un processo di cambiamento della personalità, intesa come sistema, allorché questa acquisisce nuovi, valori, nuovi interessi. La socializzazione indica l’apprendimento di qualsiasi orientamento che abbia una significanza funzionale per il funzionamento di un sistema di aspettative complementari di ruolo.
Per analizzare la socializzazione, P. si riferisce sia ai meccanismi di apprendimento dal punto di vista del socializzando sia ai caratteri del sistema di interazione dei ruoli. P. individua 5 meccanismi valutativi catartici nelle dinamiche dell’apprendimento:

  1. Rafforzamento-estinsione
  2. inibizione
  3. sostituzione
  4. imitazione
  5. identificazione

Attraverso un atto esterno costrittivo, vengono interiorizzati gli orientamenti di valore; il soggetto solo dopo aver subito tale atto, è in grado di modificarli dall’interno della personalità. Per P. il mutamento sociale o lo sviluppo individuale, sono visti come momenti di passaggio. Quando il passaggio da uno stato all’altro è compiuto e la trasformazione è avvenuta, si passa ad una fase di integrazione. La differenziazione e la integrazione costituiscono i 2 momenti fondamentali della successione degli stadi di sviluppo.
Il primo oggetto interiorizzato dal bambino è la madre, così come il primo modello di interazione sociale che viene interiorizzata è quella con la madre. In questa fase per P. (sulla scia di Freud), si instaura un momento di fase orale. L’attaccamento forte alla madre è necessario per la formazione della personalità e all’ego stesso come sistema. Grazie all’attaccamento con la madre dal quel derivano dei sistemi di sicurezza, il bambino riesce a tollerare le frustrazioni che derivano da questo rapporto e ad interiorizzare nuove modalità di comportamento. In seguito subentra la fase anale, la quale prevede il controllo e l’autonomia di alcune dimensioni istintuali. Inizia a partire da questo stadio, il processo di socializzazione vero e proprio. Segue poi la fase edipica, e il bambino comincia ad assumere caratteristiche comportamentali specifiche del proprio sesso. In questa fase di sviluppo il bambino deve attraversare 3 identificazioni:

  1. Interiorizzazione della categoria del noi familiare
  2. Interiorizzazione della categoria fratello/sorella
  3. Identificazione del figlio con il padre e della figlia con la madre

L’ultima è la fase di latenza, con la quale il ragazzo acquisisce un ruolo indipendente e autonomo.
Il processo di socializzazione che si attua nelle varie fasi di sviluppo è finalizzato all’apprendimento dei ruoli che si realizza con l’idetificazione nel ruolo dell’alter rapprsentato in prima istanza dalle figure dei genitori. Per P.,. con la socializzazione si raggiunge la capacità da parte dell’individuo di rispondere alle aspettative di ruolo. Tale capacità viene appresa attraverso il processo di interiorizzazione delle norme, degli orientamenti di valore e di modelli di comportamento che costituiscono il fondamento per la costruzione della personalità di base. Il ruolo rappresenta il collegamento tra il sistema della personalità e il sistema sociale. La possibilità di ricoprire più ruoli consente che esista sempre una corrispondenza tra il sistema della personalità e il sistema sociale.
Per P. l’identità è funzionale alla stabilità e alla permanenza del sistema è considerata come un struttura di codici ed è appresa. L’identità si forma interiorizzando un sistema di valori e di codici cultuarali generalizzati e condivisi. P. individua 4 fasi per procedere in modo corretto alla  socializzazione:

  1. Sicurezza
  2. Disciplina
  3. Permissibilità
  4. compensi relazionali affettivamente neutrali

L’equilibrio del sistema della personalità e del sistema sociale è garantito dai meccanismi di difesa e di adattamento. Per P. il bambino diviene deviante solo quando rimane fermo per tropo tempo in una determinata fase di sviluppo, ovvero ne esce prematuramente.
Per P. la socializzazione viene a coincidere con l’apprendimento e ambedue sono finalizzate al momento educativo. Il bambino di D. e P. è un bambino ultrasocializzato.

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Un individuo interagente – Interazionismo simbolico: Cooley, Mead, Blumer

Nella teoria interazionista la socializzazione non è interpretata come processo lineare, ma come un processo durante il quale dell’individuo impara a svolgere dei ruoli per mezzo di interventi repressivi e sollecitazioni creative, da parte degli agenti socializzatori, che determinano un adattamento dinamico. Il soggetto è collocato al centro dell’azione e la socializzazione è vista come un’interazione sociale tra attori. Lo spostamento del focus dal soggetto da socializzare ai soggetti socializzanti, è influenzato dalle teorie degli psicologi sociali. Il termine socializzazione viene sostituito con sviluppo e viene evidenziato come sin dall’inizio della vita è possibile attuare un’interazione. L’accento si sposta su un processo di socializzazione inteso come capacità di stabilire una relazione sociale. Attraverso l’interazione sociale l’individuo sviluppa la conoscenza di sé e il sentimento della propria identità.
Cooley ha introdotto il concetto di . C. concepisce il Self come la capacità autoriflessiva del soggetto, uno specchio che riflette le dinamiche sociale dell’interazione. Per C. il è una qualità che deriva dal processo di socializzazione che si realizza nella famiglia. Da questo concetto, prenderà avvio la corrente dell’interazionismo simbolico, nella quale si sottolinea la formazione dell’identità individuale nel processo di socializzazione.
Mead in Mente, sé e Società 1934, l’obiettivo che si pone è quello di individuare i presupposti per l’esistenza della società intesa come comunicazione, linguaggio resi possibili da comuni simboli significativi. Per M. il mondo soggettivo dell’individuo è analizzabile perché esso nasce tramite l’interazione, la comunicazione e il linguaggio. Il bambino, non appena è in grado di usare il linguaggio, diviene un partner completamente attivo del processo di socializzazione che si realizza per mezzo dell’interazione sociale. E’ la capacità di comunicare con l’altro che fa emergere la mente (del titolo??). Per M. La cooperazione tra membri della società e l’interazione che ne scaturisce portano alla formazione della coscienza riflessiva e alla costituzione del proprio sé.
Il Sé sorge nell’individuo in modo graduale e nella vita del bambino si manifesta nell’atteggiamento ludico. Egli percepisce la presenza del proprio sé quando impara a vedere se stesso diverso dagli altri Sé. M. prefigura 2 fasi all’interno delle quali il sé sorge come oggetto:

  1. Il play: gioco libero nel quale il bambino gioca a qualcosa: alla madre, al maestro, assume diversi ruoli.
  2. Il game: gioco organizzato nel quale il bambino deve essere in grado di assumere diversi ruoli e deve rispettare le regole del gioco e avere in sé l’atteggiamento di tutti gli altri partecipanti a quel gioco.

Il Sé nasce dall’interazione sociale tra individui che fanno parte di un gruppo, il quale è preesistente all’interazione stessa..
M. definisce l’altro generalizzatoil contesto generale di riferimento che consente all’individuo d universalizzare il senso del gesto e di trasformarlo in quel particolare simbolo significante che è il linguaggio. Attraverso il linguaggio, la società e l’individuo si penetrano vicendevolmente. Nel processo di socializzazione, con l’interazione sociale, il fanciullo arriva all’assunzione del ruolo e costituisce riflessivamente il proprio . La struttura del è costituita da:

  • Io (risposta dell’organismo agli atteggiamenti degli altri) – contiene la spontaneità e l’impulsività.
  • Me (l’insieme organizzato di atteggiamenti degli altri che un individuo assume).

M. intuisce che l’Io si può sottrarre alla convenzionalità del Me. Per M. il sociale non prevale sull’individuale (come per D.), ma teorizza una crescita contemporanea dei due grazie all’apporto creativo dell’individuo. Il processo si socializzazione è volto alla costituzione di una personalità capace di rappresentarsi i significati simbolici dei comportamenti particolari e universali propri della società.
L’assunzione di ruolo svolge una doppia funzione:

  • Congiunge personalità e struttura sociale
  • È il luogo dove oggettivare la propria coscienza e attuare i valori sociali interiorizzati.

La teoria di M. tenta di superare la dicotomia individuo-società.
Blumer ha posto l’enfasi sulle dinamiche più soggettive della formazione del Sé e sulle capacità interpretative degli individui. B. sottolinea l’importanza dell’interpretazione nell’interazione umana. B. si discosta da M. quando afferma che l’azione si legittima non in riferimento ad un patrimonio simbolico comune, ma tramite l’interpretazione dell’agire altrui.
La fenomenologia vede la socializzazione come un processo cognitivo attraverso il quale il bambino costruisce la propria identità in un contesto ove viene dato ampio spazio alla creatività e all’innovazione.

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Il percorso della psicoanalisi Freud, Jung, Wickes.

La psicoanalisi freudiana, individua nell’infanzia il momento in cui cercare le origini degli aspetti problematici o direttamente patologici dell’individuo adulto. L’interesse di Freud per l’infanzia, inizialmente è legato alla ricerca delle origini della nevrosi che per F. era da ricercare nel trauma sessuale vissuto nell’infanzia. L’interesse è più sull’adulto che non verso il mondo infantile vero e proprio.
La pulsione sessuale è presente già nel bambino. Per poter riconoscere il sorgere dell’attività erotica infantile, bisogna rinunciare a ricercarne le manifestazioni secondo gli schemi e le modalità adulti. Per F. lo sviluppo sessuale avviene attraverso una successione di fasi: orale, anale, genitale. Per F. la libido è la forza maggiore che muove l’uomo. Esiste per F. una connessione tra l’inizio dell’attività intellettuale e la prima fioritura della vita sessuale del bambino.
La seconda prospettiva di analisi di Freud è relativa al controllo della sessualità con il progressivo affermarsi del principio della realtà su quello del piacere. F. intende l’educazione come un’azione repressiva nei confronti dell’attività erotica del bambino che avvia il processo di sublimazione dell’energia sessuale, affinché questa possa essere incanalata verso azioni tollerate socialmente. L’educazione ha il compito di far ripercorrere al piccolo primitivo quella strada che il genere umano ha percorso in migliaia di anni.
In Totem e Tabù 1912-13, F. lega l’origine di alcuni imperativi quali il divieto di uccidere e di fare incesto, all’abbattimento dell’autorità paterna nell’orda primitiva. F. ha una visione del bambino di tipo biologico e organicistico: nell’infanzia sono da rintracciare i ruoli patologi dell’adulto, soprattutto quelli di natura sessuale, che solo una terapia analitica potranno far emergere. Il bambino assume importanza solo in quanto è utile alla comprensione dell’adulto.
Jung intrecciò un intenso scambio di opinioni con F. fino alla rottura del 1913. Per J. Non bisogna confondere la sessualità dell’adulto che è indirizzata verso una meta sessuale con quella del bambino che tende allo sviluppo del pensiero. Per J. Fino a 3-5 anni il bambino non ha pulsioni sessuali. L’ottenere piacere (ad esempio tramite la suzione), non è in alcun modo identico alla sessualità.
J. Tornerà ad occuparsi dell’infanzia nella prefazione del libro Il mondo psichico dell’infanzia 1927 di una sua allieva Frances Gillespie Wickes. In questa prefazione afferma che l’inconscio infantile partecipa all’inconscio collettivo. La vita psichica del bambino, nel libro della W. Viene equiparata a quella dell’uomo primitivo dove prevalgono 2 forze irrazionali: l’intuizione e la sensazione. Per J. il bambino partecipa direttamente delle problematiche dei genitori e la funzione della psicoanalisi è quella di liberare l’originaria disposizione del bambino dalle sedimentazioni fittizie dovute a un cattivo rapporto tra lui e l’ambiente.

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Tra bilogia e logica Piajet, erikson, Bowlby, Rivier

Piaget pur avendo ripreso le idee di F. nel Il linguaggio ed il pensiero del fanciullo 1924, se ne distanzia quando pone l’enfasi sulla razionalità, invece che sull’inconscio (come faceva F). P. ne Il giudizio morale del fanciullo 1932 afferma che il maggior ostacolo per lo sviluppo del bambino è l’egocentrismo che si manifesta attraverso il linguaggio e che fino all’età di 11-12 anni, non esiste una vera comunicazione dialogica con l’altro.
Nella teoria costruttivista di P. la concezione dell’infanzia attribuisce importanza alla soggettività e si rovescia il meccanismo del bambino spiegato attraverso l’adulto che dovrà essere. P. sottolinea l’importanza dell’interazione. Per P. il sorgere dell’intelligenza nel bambino è generato dal tentativo di uscire da una situazione di disadattamento che mette in modo un processo di adattamento biologico che si serve di 2 meccanismi:

  • L’assimilazione
  • L’adattamento

Il soggetto si modifica attraverso le nuove acquisizioni esperienziali e all’inizio dello sviluppo questo processo è consentito dal funzionamento dell’intelligenza logico-operativa, successivamente attraverso l’intelligenza logico-formale (azioni coordinate e complesse).P. individua 4 stadi di sviluppo dell’intelligenza (teoria dello sviluppo dell’intelligenza):

    • Azioni senso motorie: 0-2/3 anni, caratterizzate dall’imitazione o percezione.
    • Pensiero pre-operazionale: 2/3-7/8 anni, il bambino comincia a interiorizzare le azioni per mezzo dei simboli del inguaggio.
    • Operazioni concrete: 7/8-11/12 anni, decresce l’egocentrismo.
    • Pensiero logico-operativo: dopo i 12 anni, il bambino diviene capace di formulare ipostesi e di pervenire a sintesi, raggiunge la capacità di rappresentare o simbolizzare, ossia sostituire un oggetto o un’azione con un segno.

Anche P. dà una grande importanza al gioco.
Anche Erikson attribuisce una grande importanza al gioco. E. ha messo a punto la teoria dello sviluppo della personalità che si sviluppa in 8 stadi: Il primo parte dalla costruzione del senso di fiducia e i successivi passano per la conquista dell’autonomia e dello spirito di iniziativa.
Il bambino di P. è un bambino cognitivo al quale molti studi hanno fatto riferimento anche ai giorni ns. Il rischio insito in questo filone di studi è la sottovalutazione delle dimensioni affettive e psicologhe.
Bowlby attribuisce maggiore importanza alla parte emotiva del bambino che ritiene fondamentale per la formazione della sua personalità. Un ambiente naturale e la costante attenzione della madre permetteranno al bambino di arrivare ad una socializzazione ben riuscita. B. ha elaborato la teoria dell’attaccamento con la quale asserisce che il precoce distaccamento o una relazione distorta con la madre può causare seri problemi al bambino. Il successo della sua socializzazione, dipenderebbe dal tipo di attaccamento che il bambino ha avuto con la madre.
Reymond-Rivier individua 3 fasi dell’interiorizzazione del rapporto con la madre:

  1. fase narcisistica: il mondo dualistico del neonato non comprende oggetti. Fase che termina a 3 mesi
  2. Fase pre-oggettuale: sorriso disinteressato
  3. Fase oggettuale: Il sorriso non è più automatico e la madre è distinta dagli altri.

Le ricerche svolte soprattutto nei ’70 hanno ridimensionato l’importanza attribuita al rapporto madre-bambino, sottolineando come il contatto con altri bambini sia fondamentale nell’acquisizione dell’identità e di specifiche competenze.

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Creatività e conoscenza Husserl, Schutz, Berger e Luckmann

A partire dai ’70 è iniziato un lavoro di revisione delle teorie di Piaget e  Bowlby.

  • In sociologia si è parlato di bambino sociale,
  • in psicologia sociale di sviluppo sociale (al posto di socializzazione),
  •  in pedagogia si è affermato l’approccio interattivo-costruttivista che si basa su elementi derivanti da varie teorie: il cognitivismo di Piaget e il concetto di Sé di Mead.

L’intelligenza operativa di Piaget (bambino logico razionale), viene affiancato dal concetto di un bambino capace di relazioni precoci con diversi partners sociali.
Per la fenomenologia la tendenza dell’adulto ad educare il bambino ha come presupposto le capacità di apprendimento e queste vengono indirizzate verso 2 possibilità opposte: generale oggettivazione e sviluppare soggettività. Per Mead e Piaget, la società si anticipa al soggetto e la coscienza e il sé si sviluppano sulla base delle interazione che il bambino stabilisce all’interno di un contesto normativo già codificato. Per Husserl, la società si forma a partire dal nascere della coscienza nel soggetto trascendentale individuale. La società si costituisce quindi tramite le relazioni che gli individui stabiliscono tra loro e il mondo circostante. La soggettività viene prodotta da tali relazioni ed è proprio l’interrelazione della propria esistenza con quella di tutti gli altri che H. ha definito intersoggettività trascendentale. Attraverso tale dinamica interattiva si giunge al riconoscimento di se stessi e dell’alter. L’insieme di coloro che comunicano tra loro dà luogo al mondo delle soggettività sociali. Il bambino nella teoria fenomenologia viene collocato in un contesto di totale libertà e di parità con l’adulto, non è posto all’interno di una società stabilita a priori. Le caratteristiche della coscienza infantile si riferiscono alla capacità creativa e alla fantasia che sono unite nel bambino poco dopo la nascita. I neonati non nascono con un sé ma lo svilupperanno già a partire dalla prima infanzia. Per la fenomenologia, al centro della socializzazione vi e’ la comunicazione intersoggettiva e la costruzione simbolica della realtà sociale. Il bambino è in una dimensione di liberta entro il contesto sociale.
Schutz pur partendo da Husserl se ne distanzia per quel che riguarda il rapporto tra i soggetti e il mondo della vita quotidiana.  Per S. il mondo della vita quotidiana esisteva prima della ns nascita e viene percepito e interpretato dai ns predecessori come un mondo organizzato. Il mondo sociale e culturale è già dato e l’individuo si troverà inserito in un mondo intersoggettivo già organizzato e dotato di significati prestabiliti che vanno a delineare l’ambito dei comportamenti possibili. S. ritiene che alla base della reciproca comprensione ci sia una serie di esperienze preinterpretate e costruite che si sedimentano tramite un agire dotato di senso e orientato verso una progettualità. L’enfasi è posta sull’azione. Il mondo intersoggettivo si forma a partire dal vivere in comune un mondo del noi. S. non parla specificatamente di infanzia, ma si può paragonare questa alla condizione (da lui citata), dell’uomo ingenuo. La sociologia fenomenologia sostituisce l’idea di identità come struttura stabile della personalità con una visione dinamica dell’identità che ha luogo in relazione alla propria e altrui esperienza.
Berger e Luckmann si ispirano all’interazionismo simbolico di Mead e all’approccio fenomenologico di Schutz per descrivere il mondo infantile e la socializzazione. Berger nelle sue opere propone un modello di socializzazione che parte dai dati della vita quotidiana. Per B. la società influisce anche su ciò che siamo. B e L suddividono la socializzazione in primaria e secondaria. Per B. e B.il socializzando nasce con una predisposizione alla socialità e svolge un ruolo attivo nel processo di socializzazione, però, è l’adulto che si trova in una posizione di potere e questo gli presenta un mondo che per il bambino è il mondo. Il principale strumento attraverso cui la realtà sociale data viene interiorizzata è il linguaggio. Durante l’interazione con altri significativi il linguaggio permette che vengano interiorizzati i ruoli e permette l’identificazione con il socializzatore e la sua azione tramite il far proprio il mondo dell’altro e l’astrarne le forme tipizzate. Solo una parte delle personalità si identifica con le tipizzazioni e questa parte corrisponde all’io sociale che nasce quando si è in grado di prendere distanza dal comportamento e di metter in atto un processo di riflessività. L’individuo esce dalla socializzazione primaria avendo interiorizzato l’altro generalizzato e cmq la socializzazione non è mai totale e mai compiuta. Anche B &L attribuiscono una grande importanza al gioco nell’imparare a ricoprire i ruoli. Con la socializzazione secondaria, avviene l’interiorizzazione di sottomondi istituzionali.
Il me rappresenta l’identità personale
L’io l’identità sociale.
Caratterizzandosi la socializzazione secondaria come processo aperto e discontinuo (data la collocazione dell’uomo nel mondo moderno), la definizione dell’identità è resa sempre più. Difficile.
Con il concetto di una pluralità di mondi della vita, B & L mettono in parte in discussione il paradigma della socializzazione così come lo avevano elaborato precedentemente. In una realtà frammentata avviene l’esaltazione della soggettività.
L’analisi fenomenologia di Berger alla fine, lascia il soggetto da solo con il proprio percorso biografico entro le diverse possibilità di scelta di identità e questa da dato si trasforma in progetto. Nei lavori successivi 1984, i Berger rivalutano l’importanza della famiglia nel processo di socializzazione.

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Comunicazione e identità Habermas

Con Habermas l’individuo migrante della fenomenologia, ritrova una dimora: la soggettività che si costruisce sulla forza e sulla stabilità dell’io e, che rimane tale anche in presenza di ristrutturazioni, causate dalle trasformazioni dell’identità. Per la costruzione della soggettività, H. vede nella razionalità comunicativa il medium che permette di riprodurre simbolicamente il mondo della vita e il mondo individuale. Le strutture della comunicazione e l’interazione simbolica sono i riferimento del suo modello della socializzazione quale processo di apprendimento dei ruoli. L’obiettivo da raggiungere nel processo socializzativi è la formazione dell’identità. Per H. la sociologia si occupa dei processi di socializzazione quando vuole indagare sulla formazione della struttura della personalità dei soggetti agenti stessi a partire dai processi socialmente condizionati. Un substrato (cioè l’organismo del neonato) viene penetrato da strutture sociali, fino al punto di poter soddisfare alle istanze di interpretazione dei ruoli e di operare in base alle norme vigenti.

    • Processo di socializzazione primario: quando il neonato acquista la capacità di agire propria di un soggetto.
    • Processo di socializzazione secondario: quando un soggetto apprende nuovi ruoli.

I bambini tramite la socializzazione acquisiscono quelle capacità cognitive e motivazionali che li mettono in grado di interpretare dei ruoli sociali. Il concetto di ruolo rimanda ad una intersoggettività derivante da significati linguistici comuni, a norme che regolano la complementarietà delle aspettative a sanzioni che obbligano ad osservare le norme. Il soggetto agente appare solo in quanto portatore di un ruolo. H. critica la teoria dei ruoli di Parsone, perché ritenuta troppo rigida e perché non considera una rappresentazione soggettiva del ruolo. H. afferma che il soggetto agente in ruolo può esprimersi entro un possibile grado di libertà di azione.
L’identificazione presuppone non un meccanismo di stimolo-risposta, ma un apprendimento che determina l’instaurarsi di un rapporto simbolico attraverso il quale il ruolo dell’altro, e non l’altro, viene interiorizzato.
La socializzazione per H. si fonda sul paradigma comunicativo.
Viene a cadere la corrispondenza tra interiorizzazione del ruolo-identificazione con esso; il ruolo va interpretato e in tal senso può aversi anche una presa di distanza dal ruolo. Un’integrazione totale, porterebbe all’annullamento dell’IO. L’individuo con un IO forte riesce a sopportare l’ambivalenza dei ruoli, a trovare una rappresentazione adeguata di sé e ad applicare flessibilmente le norme interiorizzate a nuove situazioni.
Per H. la struttura della famiglia è fondamentale per la determinazione del modello del processo di socializzazione, i ruoli, la differenziazione per sesso ed età vengono appresi all’interno di essa. La famiglia viene vista come mondo della vita.
H. distingue:

  • L’integrazione sociale: che si riferisce all’interiorizzazione di norme e valori
  • Integrazione sistemica: capacità del sistema di autoregolarsi.

La famiglia è il luogo dell’integrazione, costituisce l’ordine simbolico presupposto alla formazione dell’istanza normativa della coscienza morale.
Riferendosi a Kohlberg H. costruisce un modello di individuo che si evolve secondo stadi legati allo sviluppo del ruolo sessuale e della coscienza morale. Lo sviluppo della base motivazionale (ruolo sessuale, coscienza morale, aggressività, dipendenza), deriva dall’identificazione nel ruolo sessuale e dall’interiorizzazione dell’autorità genitoriale. Per H. c’è un collegamento tra tipi di identificazione etecniche educative (permissive o autoritarie) tanto che afferma, che, è possibile raggiungere una coscienza morale autonoma grazie ad una educazione affettiva di tipo permissivo, la quale induce alla acquisizione della consapevolezza.
H. sostiene che il passaggio dei bambini nei 3 stadi di sviluppo: *preconvenzionale *Convenzionale *autonomo è un fatto universale e generalizzato.
H. critica la concezione di Weber di azione strumentale rispetto allo scopo, perché troppo rigida.
H. non riesce a superare la dualità: individuale sociale, infatti, tra queste due categorie può esistere solo una circolarità.

2° Cap – Educazione e immagini dell’infanzia


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Il laboratorio sociale

Il mutamento culturale prodotto dall’affermarsi della società industriale capitalistica, produce un cambiamento di atteggiamento nei confronti dell’infanzia. Si scopre l’affetto e la tenerezza. Già del XVI° sec. era in corso una rielaborazione sull’infanzia, alla quale, veniva attribuita anche la personalità. Ma quando gli viene riconosciuta un’anima, questa viene costretta all’interno del corpo. Nell’educazione si alterneranno tenerezza e severità. L’infanzia comincia ad essere idealizzata e staccata dal mondo adulto. Nasce un linguaggio sul fanciullo ed un linguaggio per il fanciullo. Bambino e primitivi sono stati spesso equiparati, perché più vicini alla sorgente originaria.
Accanto al bambino ideale, esiste un bambino reale, al quale vengono attribuite connotazioni sia positive che negative.
L’idealizzazione del bambino naturale, innocente e puro fa riferimento ad un sistema di valori talmente positivi che la socializzazione e l’educazione sono viste come momento di corruzione e degradazione.

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La diversità e l’autenticità – Locke, Rousseau

Locke aveva formulato l’idea della mente come tabula rasa, sulla quale l’esperienza può contribuire a formare l’individuo e relativamente al bambino, questo diveniva essere da plasmare. L’idea della tabula rasa polverizza le barriere prodotte dalla cultura dello status e ciascuno appare dotato della facoltà di “farsi da sé”. Nel farsi da sé si è raffigurato il modello del gentleman.
Rousseau determina un cambiamento nell’immagine dell’infanzia, parlando del bambino come uomo possibile. Attribuisce all’infanzia un’autonoma condizione di fertilità disponibile ad eventi futuri. In R sono presenti vari elementi di derivazione illuministica: l’antidogmatismo, l’empirismo, il rifiuto dell’educazione religiosa o di casta ai quali si aggiunge una critica radicale alla società contemporanea. R. rimpiange lo stato di natura perduto e il bambino diventa la rappresentazione vivente di una perduta condizione di grazia. Nel Discorso sopra l’origine dell’ineguaglianza ne parla come di uno stato che non esiste più.
R. si distanzia da Locke per ciò che concerne l’educazione. Per R. il bambino è visto come soggetto debole e bisognoso di cura, ma per lui l’educazione deve proteggere il più a lungo possibile la naturale innocenza, lasciando che l’esperienza e il contatto con la natura e non con la società, gli permettano di sviluppare liberamente le sue potenzialità. Ma nell’Emilio vi sono delle latenti contraddizioni: “l’allievo deve essere sempre convinto di essere il padrone, …ma egli non deve fare un passo che non abbiate previsto (gli educatori). Ma il conflitto può essere considerato inesistente se si interpretano in2 modelli, quello dell’autenticità e quello della costrizione alla libertà come rappresentazioni di universi irriducibili: quello naturale e quello spirituale, quello dell’impulso e quello dell’autocontrollo.
L’educazione, rappresenta per R un momento determinante, ma essenzialmente politico, infatti il nesso tra libertà apparente e autorità dissimulata nel rapporto educativo tra Emilio e il suo precettore, si collega al più complesso rapporto tra cittadino e società proposto nel Contratto sociale 1762.

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L’autenticità sperimentata
Pestalozzi

L’analisi di Rousseau dell’autenticità dell’infanzia, ha trovato tentativi di sperimentazione pratica. Pestalozzi con l’esperimento di Neuhof ha cercato di porre in atto il sistema di gestione dell’infanzia tracciato nell’Emilio. Ma il primo elemento di diversità è rintracciabile nella concezione del rapporto tra bambino con la società. Per P. il bambino dovrà, infatti, crescere nella società e per la società. Le pratiche progettate per Neuhof si muovono in 2 direzioni: trasmissioni di cognizioni utili alla vita di relazione e quella del lavoro. L’autenticità riconosciuta da Rousseau all’infanzia è potenziale portatrice di effetti dirompenti per la società e P. vede la libertà in funzione della conservazione di un ordine sociale determinato. L’educazione dei poveri volta al mantenimento dell’ordine sociale era l’obiettivo primario di P.

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Un operaio particolare - Owen

Il bambino operaio si trova a combattere contemporaneamente su 2 fronti: la salvaguardia dei propri diritti di lavoratore a fianco dell’adulto operaio e il riconoscimento della peculiarità dei suoi diritti di bambino. Owen si è occupato del tema dell’infanzia nel periodo dell’industrializzazione. Nella comunità di New Lanark O. rivolge particolare cura alla preparazione di ambienti stimolanti per i bambini dai 3 ai 6 anni considerati, insieme agli anziani, una categoria improduttiva. Le opere di O. sono caratterizzate da un concetto di tipo roussoniano secondo il quale il carattere e la personalità sono decisamente influenzati dall’ambiente nel quale vengono compiute le prime esperienze. O. è inoltre sensibile al sensismo. L’ambiente è inteso anche come insieme di credenze e valori dominanti in un dato momento nella società, quindi, intervenendo sul sistema educativo, ma soprattutto modificando le condizioni entro le quali avviene il processo di socializzazione, è possibili migliorare i caratteri collettivi. L’ambiente e l’istruzione popolare sono utilizzati da O. per riscattare i poveri e gli sfruttati e per rinnovare profondamente la società. I destinatari della riforma di O. furono i figli delle classi sociali più diseredate. O. criticò la famiglia della sua epoca storico-sociale, poiché considerata luogo di riproduzione di pregiudizi e di esaltazione di interessi antisociali. O. punta sulla didattica del collettivo, ossia un’educazione imperniata sulla vita di gruppo. Per  O. il principio universale che governa la nostra vita è l’aspirazione alla felicità. La formazione del carattere sociale, perciò costituisce la premesa indispensabile per dare all’infanzia la possibilità di cogliere tale principio e l’educazione è il mezzo che permette di raggiungere lo stato di pienezza esistenziale.

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Il piccolo demiurgo - Froebel

Froebel, in Germania, prestò particolare attenzione alla fascia di età prescolare, attribuendo importanza fondamentale nella crescita dell’individuo, alle esperienze fatte nella primissima fase della vita. Diede molta importanza al gioco. Alla base della proposta metodologica di F. sta un’immagine dell’uomo teso e assorbito nella incessante attività conoscitiva e creativa, all’interno di un processo universale e unitario che lega Natura, Uomo e Dio. Enfatizzando il gioco, F. mette in secondo piano la sfera affettiva, etico-sociale e intellettiva. Né l’adulto né il bambino sembrano in F. inseriti in un contesto sociale e la metodologia educativa da lui proposta, non presenta alcuna differenza relativa alle diverse esigenze che scaturiscono dal vissuto dei vari soggetti. Per F. è fondamentale la disciplina al fine di educare il fanciullo ad un modello di adulto perfettamente integrato.

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Ecologia di una mente assorbente - Maria Montessori

Maria Montessori in parte ispirata da Froebel, costruisce una teoria sull’infanzia che porta ad un tipo di educazione intellettuale ed affettiva, la quale ha come scopo finale la liberazione e l’esaltazione dei bisogni, degli interessi delle aspirazioni del bambino, in una prospettiva antiautoritaria e antidogmatica. Per M.M. la sfera fisica e psichica sono interdipendenti e i materiali didattici (che tentano di offrire una dimensione familiare al bambino), pensati per dare stimoli paralleli a corpo e mente, sono studiati appositamente, in vista del raggiungimento dell’obiettivo di un armonico e ordinato sviluppo del bambino. Per M.M. è fondamentale creare un ordine ambientale che sia la rappresentazione dell’ordine interiore. M.M. pone l’enfasi sulla laboriosità e sull’autonomia. L’adulto deve essere il grande assente. Al bambino deve essere offerta la possibilità di esprimere la propria laboriosità nell’ambito di uno spazio ordinato, deve poter fare da sé. Il bambino per M.M. è un soggetto dotato di struttura psichica ed affettiva assolutamente peculiare e diversa dalla mente dell’adulto. Questa peculiarità è da lei chiamata mente assorbente. L’attività infantile deve essere caratterizzata non dal gioco ma dal lavoro. La M.M. come per la psicoanalisi, rintraccia nel bambino caratteri dell’uomo adulto. Per formare l’uomo nuovo è fondamentale operare su del materiale umano ancora plasmabile.
M.M. è stata influenzata dalla psicoanalisi di Freud e da allora, il bambino perde il carattere di essere laborioso e si arricchisce di relazioni affettive e la stessa metodologia supera la prevalenza di soli esercizi sensoriali. Ma in contraddizione con le teorie psicologiche di ispirazione freudiana, M.M. continua a considerare l gioco come una distrazione e una deviazione.
A differenza della psicoanalisi che considera necessari gli elementi di conflitto, per la M. gli ostacoli e i conflitti sono da ritenersi patologici sui quali l’educazione deve intervenire per permettere uno sviluppo normale.

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Domesticità e società Rosa Agazzi

Al bambino laborioso di M. Montessori, si contrappone il bambino domestico di Rosa Agazzi la quale pone l’enfasi sulla dimensione affettiva per far fronte a 2 pericoli incombenti sulla scuola e sull’infanzia:

  1. la tendenza a rendere la prassi educativa sempre più autonoma dalla famiglia
  2. Nozionismo prescolastico derivato da una cattiva interpretazione del metodo di Froebel.

La A. sottolineava l’importanza di una scuola che fosse la continuazione della casa materna. Mentre per la Montessori è totalmente accantonato il problema della socializzazione tra bambini, per la A. esso fa parte della finalità dell’educazione.
La A. è fortemente influenzata da valori medio-borghesi e pone l’enfasi sull’ordine materiale che secondo lei, agirebbe potentemente sull’ordine morale. Tra i suoi meriti vi è quello di aver criticato quegli asili che sotto l’etichetta froebeliana, svolgevano un ruolo di selezione sociale e di discriminazione. Con la A. si assiste ad una delle prime teorizzazioni della privatizzazione della gestione dell’infanzia.

3° Cap – La conformità all’ordine sociale


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L’integrazione totale

Quando il sistema di valori di un determinato tipo di società viene assolutizzato, la socializzazione e l’educazione vengono finalizzate alla riproduzione dell’ordine sociale costituito. L’universo infantile, in tale contesto, viene rappresentato ed istituzionalizzato in relazione all’immagine dell’adulto che dovrà divenire. L’epoca fascista costituisce un caso esemplare di una simile visione. Durante il fascismo, lo Stato si occupò direttamente della socializzazione e dell’educazione del bambino. Per il fascismo l’infanzia era considerata un’età eroica, poiché costituiva il contenitore del guerriero futuro. Gian Burrasca rappresenta il modello di bambino ideale, poiché, seppure era un monello, era un bambino fiero e pronto a dare la vita per una giusta causa.
Gli studi di Horkheimer 1936 sulla personalità autoritaria, mettono in luce i meccanismi per mezzo dei quali tale personalità viene costruita. Il padre, in quanto autorità, subordina i figli e il bambino impara a rispettare tale potere paterno dal momento che questo viene vissuto come dimensione morale. La forza paterna viene recepita come necessaria e naturale. Il processo di socializzazione finalizzato a formare e costruire una personalità autoritaria, si svolge su una base di valori omogenei, e fa ricorso a precise tecniche di propaganda politica. Durante il fascismo socializzazione e pratiche educative vengono accentrati nello Stato, giustificandoli in virtù di un bene collettivo..

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Propaganda e mobilitazione generale

L’Avvento del fascismo segna in Italia l’inizio di un periodo di mutamenti sociali. Il fascismo teorizza il concetto di capo carismatico, fa affidamento all’obbedienza e si serve della propaganda e del controllo dei media. La massa accetta la personalità autoritaria attraverso la formazione di una personalità pluralistica che attua il meccanismo psicologico della mimesi, in virtù del quale l’oppresso tende a far propri gli atteggiamenti ideologici, culturali e personali dell’oppressore. Il fascismo ha la necessità di risocializzare gli adulti e soprattutto i giovani secondo il nuovo modello.

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Consenso e socializzazione

Il Regime cerca di utilizzare gli agenti di socializzazione di cui può disporre: famiglia, sistema educativo, addestramento fisico e militare, sport e tempo libero, allo scopo dell’indottrinamento politico. Questa tendenza ha lo scopo di far restare inalterata la struttura sociale. Il Partito nazionale fascista formò le prime organizzazioni giovanili nel 1922. Nel 1926 queste, confluirono nell’Opera nazionale Balilla e dopo 3 anni vennero poste alle dipendenze del Ministero per l’educazione nazionale. L’uomo nuovo fascista doveva essere preso per mano sin dalla più tenera età (dai 6 ai 21-28 anni) e condotto all’identificazione dei propri interessi con quelli della nazione. C’era una divisione per sesso (figli della lupa, giovani fasciste etc e il ruolo della donna era quello legato alla procreazione (venne istituita una tassa sul celibato) e quello dell’uomo alla guerra.

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La trasmissione del dovere

La propaganda era il principale strumento per stimolare l’aumento della popolazione. La propaganda veniva attuata anche attraverso le pagine delle riviste del regime. Per la primissima infanzia furono attuate misure di protezione, tra cui le sale di allattamento nelel fabbriche. Per i bambini, l’indottrinamento, prevedeva anche l’uso delle divise. Il fascismo tese i suoi sforzi anche all’omogeneizzazione culturale, costituento il MIN CULT POP nel 1934. Il modello educativo proposto conteneva categorie di uniformità che attraversavano le classi sociali e le condizioni economiche. L’educazione è intesa in senso totalizzante. La persona ideale per il fascismo è un insieme di vecchio e nuovo: da una parte il fascismo esalta la storia e dall’altra la nega. Alla base di una buona educazione in chiave fascista c’è sempre la disciplina rigida.

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Il bambino dimezzato

La socializzazione del bambino è un argomento al quale non si fa cenno durante il fascismo. Molta attenzione, invece, viene data alla costruzione dell’asilo ideale. I maestri dovevano essere preferibilmente uomini e dovevano prestare giuramento al fascismo (1929). Già nel 1925 la propaganda fascista si inserisce nei testi scolastici dove erano rappresentati vari valori tra cui: la patria, il coraggio, la famiglia e la religione. Si cercava di far nascere nei bambini il bisogno dell’obbedienza. Le figure femminili erano rappresentate collegate alla famiglia e la religione.

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Un sistema politico educativo

Secondo Romanini il fascismo deve essere visto come fatto educativo. Gli educatori devono incarnare l’ideale dell’uomo fascista e, in quanto tale, anche l’educatore esercita funzioni di autorità. R. fa un paragone tra

  • Fascismo: la pedagogia coinciderà sempre con quella filosofia che sia capace di concepire l’educazione come realtà assoluta, essenziale, necessaria.
  • Idealismo: lo spirito umano è la sola realtà e poiché la filosofia e la pedagogia studiano lo spirito esse arrivano ad identificarsi.

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Formazione per molti e per migliori

La riforma gentiliana prevedeva, a partire dalle scuole superiori, una divisione a seconda delle classi sociali di appartenenza. Attraverso l’attuazione della riforma Genitle, il regime, concentrava il proprio interesse verso la classe dirigente, trascurando le masse (la cui istruzione era affidata all’Opera nazionale dopolavoro), per quanto riguardava l’istruzione secondaria. L’educazione fascista era un’educazione negativa che si sottraeva all’esperienza sociale.

4° Cap – La socializzazione nel collettivo


1

La capacità sociale

Negli anni ’70, si comincia a guardare al bambino come essere capace di attuare già dai primi giorni di vita, alcune dimensioni di relazione con il sociale e si studia, l’infanzia come mondo portatore di una specifica precocità sociale. Si sostituisce il termine educazione al termine socializzazione, il quale viene utilizzato differentemente a seconda delle discipline:

  • Antropologia: acculturazione.
  • Sociologia: addestramento a diversi ruoli. La sociologia intende il rapporto individuo-società in modo positivo e la socializzazione rappresenta l’acquisizione dell’insieme delle regole di convivenza e di conseguenza essa è un rinforzo positivo che gli agenti socializzanti forniscono al bambino.
  • Psicologia: riflette una visione pessimistica del rapporto individuo-società, lo vede nei termini di un conflitto, per cui la socializzazione rappresenta l’acquisizione del controllo sugli istinti, una repressione che si attua attraverso un processo di interiorizzazione del modello adulto.

Sia nell’’approccio psicologico che in quello sociologico, l’adulto è colui che plasma i comportamenti del bambino in base alle norme e alle regole sociali. Entrambi gli approcci hanno delle carenze:

    • Non descrivono lo sviluppo sociale del bambino e le sue cause, ma solo l’adattamento al modello adulto.
    • Non vengono chiariti i rapporti tra tale percorso e gli altri aspetti dello sviluppo cognitivo e affettivo del bambino
    • Non viene affrontata la storicità delle norme chiamate a regolare la socializzazione.

All’idea di un processo di socializzazione dell’infanzia tendente a favorire l’assimilazione dei comportamenti sociali del gruppo di appartenenza, si contrappone un’idea di socializzazione come acquisizione di una competenza alla convivenza un processo basato sull’interdipendenza e la circolarità. Viene messo in crisi il nesso educazione-socializzzione, laddove per educazione si intende solo la trasmissione di informazioni da un soggetto provvistone ad uno sprovvistone.
Alla visione classica (Rousseau, Owen etc) che vedeva il bambino come portatore di una nuova società, ma corrispondente ad un preciso modello adulto, si va contrapponendo la figura di bambino competente, amplificando l’importanza della dimensione della vita sociale e collettiva.

2

La strumentalizzazione affettiva

Dall’analisi critica che Becchi 1979 svolge del modello di socializzazione, emerge, come questo preveda anche la creazione di falsi bisogni indotti necessari al sistema stesso. I bisogni del bambino sono la causa dell’identificazione di questi con quelli della produzione. Attraverso la nascita dei bisogni sollecitati e del desiderio e la conseguente spinta a soddisfarli, si attua la trasformazione del bambino (potenzialmente ricco e aperto) nell’adulto così come viene proposto dalla società: un individuo consumista e integrato nella logica della produzione.
La manipolazione della condizione dell’infanzia viene favorita, dalla condizione di vuoto e solitudine in cui viene a trovarsi il bambino occidentale, specialmente urbano; condizione indotta da un sistema che tende ad isolare i soggetti, mitizzando da un lato il rapporto esclusivo madre-figlio e creando, dall’altro, i presupposti della mancanza di disponibilità adulta. Il bambino venendosi a trovare in una situazione di solitudine sarebbe più portato ad assumere come propri, i bisogni e le richieste che il sistema può soddisfare. Il bambino, in seguito al mutamento della struttura familiare, il bambino diviene affare sempre più privato ed esclusivo della famiglia. In questo senso, anche il ruolo materno viene presentato come naturale di conseguenza il rapporto madre-bambino diviene centrale per la buona socializzazione del bambino stesso. A questo proposito alcune teorie psicologiche, tra cui quella di Bowlby, sembrerebbero funzionali a questa rappresentazione sociale della donna.

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Classe sociale e generazionale

Negli anni ’70 viene anche avanzata una proposta di educazione collettiva. L’istituzione scolastica, afferma Saraceno a partire dal XVIII e XIX sec, diviene scuola specifica per i non ancora adulti, da adattare ai rispettivi ruoli sociali. La divisione per classi generazionali, viene fatta coincidere con la divisione in classi sociali. La dimensione extrafamiliare e collettiva dell’educazione è ritenuta utile come forma di socializzazione perché antiautoritaria e permissiva.

4

Ideologia e prassi del valore-bambino

Da un’indagine del censis 1990, emerge che il tipo di aspettative nei confronti degli asili viene differenziato a seconda della classe sociale della famiglia. I ceti inferiori richiedono una scuola sostitutiva con funzione di parcheggio, da parte delle categorie medio alte, proviene la richiesta di una scuola qualitativa. Dopo ‘ 70, riconosciuto il valore-bambino, si è poi finito con l’assumere un atteggiamento iperprotettivo, riservando ad esso spazi e tempi differenziati.

5° Cap – L’infanzia e le istituzioni educative


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Istituzionalizzazione e protezione

Parallelamente allo sviluppo della società industriale si è affermata un’unica immagine dell’infanzia, ma il sentimento dell’infanzia non è unico e si è in presenza di 3 diverse realtà sociali:

  1. Un’infanzia borghese: caratterizzata dal bisogno di essere curata e protetta. Talvolta si esaspera la cura facendola divenire repressione. Un’infanzia dorata, ma in catene.
  2. L’infanzia della tradizione agricola:che ha conservato valori e stili di vita dell’epoca preindustriale caratterizzata da lavoro e fatica, spesso dallo sfruttamento e dalla sottomissione all’autorità paterna. Questa rispetto all’infanzia borghese, riesce a conservare una propria naturalità.
  3. L’infanzia povera, proletaria: che proviene dalla classe sociale emergente dalle trasformazioni derivanti dalla rivoluzione industriale.

Opere di storia sociale evidenziano come il sentimento dell’infanzia sia legato alla classe di appartenenza. Ariesm 1960 afferma che l’interesse per l’infanzia ha comportato la nascita di istituzioni deputate ad occuparsi di assistere tutelare ed educare i bambini. De Mause 1974, sostiene che il rapporto genitori figli è stato a lungo caratterizzato da una forte immaturità emozionale, la quale ha determinato atteggiamenti differenziati nei confronti del bambino. Ad un atteggiamento di apprensione, di fastidio o di rifiuto i bambini reagiscono di conseguenza.
Lo Stato viene chiamato a risolvere le situazioni più difficili che riguardano l’infanzia. Agli inizi dell’800 nascono alcune istituzioni deputate all’assistenza ed educazione dei bimbi e vengono distribuiti dei sussidi latte per i più poveri. Verso la fine dell’800, in concomitanza della presa di coscienza dell’emancipazione dal ruolo femminile, nascono gli asili, i presepi (AGazzi), le Case dei bambini (Montessori) etc. Tutte istituzioni rivolte a bambini al di sopra dei 3 anni, dunque i più piccoli, continauano ad usufruire solo delle sale di allattamento delle fabbriche…Nel periodo della ricostruzione vengono istituiti i nidi aziendali che a partire dal 1971, diverranno territoriali.

2

La scolarizzazione anticipata

La scuola materna viene considerata ormai, una necessaria tappa del percorso formativo del bambino, anche se non obbligatoria per legge. Si riscontra dai dati del Censis, un progressivo anticipo dell’ingresso del bambino a scuola. Tuttavia, tale fenomeno non sembra comportare una vera e propria richiesta di anticipazione della scolarità.
Per quel che riguarda il nido, questo viene ancora percepito da parte delle famiglie come legato alla necessità di custodia temporanea in assenza dei genitori. Nel 1985 la presenza in questi istituti era appena del 5%. Alla base di questo fenomeno sta un’idea ancora privatizzta dell’infanzia.

3

Oggetto, soggetto, identità

E’ in atto una tendenza all’incremento e all’affermazione del tipo di famiglia nucleare. All’interno di tale struttura si possono riscontrare 4 innovazioni:

  1. Diminuzione dell’investimento sui figli come risorsa per la vecchiaia
  2. Valorizzazione della qualità, rispetto alla quantità del rapporto con il figlio
  3. La diffusione parallela di un modello di coppia che può anche essere senza prole
  4. Scissione dell’identità femminile e di identità materna

Queste caratteristiche, portano, alla delegazione alle agenzie di socializzazione esterne una fetta amplia di funzioni della formazione del soggetto. Questo fenomeno di depotenziamento funzionale della famiglia, contrasta cmq, con la tendenza a seguire il minore oltre il limite della sua maturità socio biologica. I nuovi fenomeni sono dunque: la famiglia lunga e il nucleo genitori più figlio lavoratore.
Lo Stato dal 1978 non ha più stanziato finanziamenti propri per i nidi. A quale età, dunque, cominciano i diritti dei bambini? Un altro aspetto importante è il fattore tempo, infatti, il bambino vede preordinata la sua giornata in funzione di esigenze di adulti destinati al lavoro dipendente.

6° Cap – Da suddito a cittadino


1

I bambini cittadini

La costruzione sociale dell’infanzia, produce tanto la struttura di personalità dei bambini quanto la loro immagine e rappresentazione sociale. Oggi si è davanti ad una forma singolare di puerocentrismo. L’infanzia, continua però ad essere oggetto ambivalente: da una parte viene considerata portatric3e di diritti particolari, dall’altra viene confinata in un ambito circoscritto di tutele particolari. La cittadinanza, si articola secondo 3 fasi storiche:

  1. Diritti civili, legati alla conquista della libertà individuale del periodo liberale;
  2. Diritti politici, legati all’accesso dai processi decisionali tramite il suffragio universale
  3. Diritti sociali legati alle dimensioni della salute, sicurezza, istruzione e benessere.

La cittadinanza, implica l’uguaglianza dei diritti in riferimento alla collocazione di status, ma la disuguaglianza in riferimento alla classe.
I nuovi soggetti sociali rivendicano diritti quotidiani ponendo in primo piano i diritti relativi all’ecologia, l’urbanistica, rapporti con la famiglia e condizioni di vita delle donne e dell’infanzia. Le strutture di genere e lo stato generazionale costituiscono 2 differenze che si sono tramutate storicamente in disuguaglianze. E’ la non collocazione nel mondo del lavoro che definisce le nuove forme di disuguaglianza.
Gli adulti si occupano oggi, di più dell’infanzia, ma se ne occupano nel senso del suo divenire, piuttosto che del suo essere. Il bambino viene considerato come essere sociale, nel momento del suo ingresso alla scuola materna (3 anni), quando entra a far parte del ciclo di vita produttivo. La cittadinanza uguale per tutti, dovrebbe attuare politiche anche su un tempo non produttivo. Occorre dar voce a coloro che non parlano, ma che non per questo non comunicano.

 

Fonte: HTTP://WWW.SOCIOLOGIA.UNIROMA1.IT/USERS/STUDENTI/RIASSUNTI/SOC.%20DELLA%20FAMIGLIA/LA_COSTRUZIONE_SOCIALE_DELL_INFANZIA.DOC

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