Emozioni la paura

Emozioni la paura

 

 

 

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Emozioni la paura

LA PAURA

 

La paura è un’esperienza naturale dell’uomo; nelle specie animali svolge primariamente una funzione di allarme, di difesa e garantisce la sopravvivenza. Costituisce una preparazione psicologica ed intellettuale necessaria ad affrontare una situazione pericolosa: esorta alla prudenza, aiuta a valutare un rischio.  Le paure però chiedono di essere superate: l’elaborazione di una propria paura rafforza la stima in se stessi.
La paura è una sensazione che mette a disagio anche noi adulti, ma è nei bambini che si manifesta più frequentemente e con maggiore intensità.
Sono le esperienze nuove o poco familiari quelle che ci suscitano solitamente paura perché ci sfuggono il controllo e la prevedibilità degli avvenimenti, che sono invece fonte di rassicurazione.
Non a caso una delle cose più inquietanti sono il buio e la notte, sia per i bambini che spesso anche per noi adulti, che proprio di notte ingigantiamo più frequentemente preoccupazioni, malesseri e così via. Le paure sono esperienze naturali e inevitabili per ogni bambino. Per superarle è indispensabile prima di tutto rispettarle e mai ridicolizzarle. E, naturalmente, non alimentarle con i timori degli adulti.

 

Paura del nuovo
Quello della paura è un tema molto comune ai bambini e frequentissimo in certi periodi della vita (i sei, sette anni ne sono un facile esempio) proprio perché legato al processo del crescere.
Esplorare e riconoscere è sempre un abbandonare una sicurezza per esporsi ai rischi; le paure infantili sono un’illustrazione dapprima immediata, come quella dei piccoli degli animali, poi simbolica dei pericoli della conoscenza. Esplorare non è solo esporsi all’ignoto e ai suoi pericoli ma è anche e più necessariamente abbandonare la sicurezza che assicura ciò che è familiare, luoghi o esseri.
La paura del cambiamento, legata all’ansia suscitata dal confrontarsi col nuovo, il non familiare, è una delle manifestazioni che contraddistinguono di più gli esseri viventi, uomini compresi.
La paura del cambiamento, presente anche nel mondo animale, sembra dunque essere sostanzialmente quella di separarsi dal noto, dallo sperimentato, da ciò che si riconosce come familiare e rassicurante perché prevedibile, a cui ci si sente appartenenti come entità psichica. Ma se ci fermiamo un poco a rifletterci non possiamo non accorgerci che questa paura caratterizza una fetta enorme del nostro vivere. Quotidianamente ci riconosciamo e ci difendiamo, anche nella contrapposizione conflittuale, in qualche appartenenza psichica: al nucleo familiare, all’ambiente di lavoro, alla fascia d’età, alla classe sociale, all’ideologia politica o religiosa e così via.  Persino la modalità di funzionamento mentale ci spinge spesso a ricercare chi ci assomiglia, cioè chi ha un funzionamento mentale simile al nostro, o, semplicemente, chi la pensa come noi, e ci coglie sempre un po’ di sorpresa lo scoprire che si può pensare in modi diversi dal nostro, come se la modalità di funzionamento mentale dovesse  essere unica per tutti e quindi la sola che noi conosciamo, cioè la nostra. Per fortuna interviene poi un’esigenza profonda che ci porta nel corso della vita a fare scelte complementari, cioè a ricercare spesso nei partner o nelle amicizie proprio la nostra dimensione mancante. Resta comunque il fatto che l’estraneo, il non appartenente al nostro stesso gruppo o alla nostra esperienza, è situato in un altro spazio, quello del “diverso”, del fuori di noi, spazio che riempiamo con tutte le più arcaiche paure che forse l’essere vivente si porta dentro.
Se quindi una certa dose di paura fa parte del vivere e i temi frequenti nell’infanzia (del buio, della notte, dell’estraneo, dell’abbandono, degli animali,ecc.) seguono il percorso di esplorazione e di conoscenza dei bambini, è quando ci si trova davanti a dimensioni eccessive che ci si potrebbe interrogare sul possibile disagio di quel particolare bambino e sul perché il suo mondo interno sia così popolato di fantasmi minacciosi. Anche qui è importante però vedere dove hanno origine questi fantasmi per intervenire là dal punto di vista psicologico.
La relazione con i genitori ha un valore enorme in questo caso.

 

La paura come difesa
Contrariamente a un luogo comune piuttosto diffuso, aver paura non è di per sé indice di vigliaccheria. Lo è, semmai, non riuscire a trovare il coraggio di reagire. La paura, come altre emozioni primarie (gioia, tristezza, collera, disgusto, sorpresa) è iscritta nel nostro patrimonio genetico, come in quello di molti altri esseri viventi. Ha il pregio di segnalare i pericoli e di attivare l’organismo. “Attenzione” ci dice “qualcosa o qualcuno sta per farti del male. Se sei abbastanza forte per contrapporti alla minaccia, preparati a lottare. Se il pericolo è troppo per te, cerca di proteggerti”.
La paura fornisce la motivazione necessaria alla mobilitazione delle energie. Soltanto quando è eccessiva porta a compiere azioni avventate e controproducenti. Una persona senza paura non potrebbe sopravvivere a lungo. Gli incoscienti non sono persone coraggiose. Coraggiosi sono invece coloro che affrontano situazioni rischiose e rispondono alle minacce perché sanno di avere gli strumenti fisici e conoscitivi per fronteggiarle e perché hanno imparato a tenere sotto controllo le emozioni.
Il fatto che i nostri figli siano spaventati da qualcosa è un buon segno anche da un punto di vista cognitivo: vuol dire che sono in grado di riconoscere i pericoli e che si sanno allenando a difendersi. Un bimbo senza paure, come del resto un adulto, sarebbe del tutto  inerme ed esposto a mille rischi. Anche i timori del tutto irrazionali come, ad esempio, quello del buio, dei mostri, dell’abbandono, spesso li aiutano a elaborare in modo inconscio nodi evolutivi o tematiche importanti come l’aggressività, il senso di colpa, il distacco.
C’è un cammino da compiere durante il quale alcune paure vengono domate mentre ne emergono di nuove.
Da 0 a 7 anni le paure crescono con loro:

  • I neonati hanno timori innati di fronte a:
    • rumori forti e improvvisi,
    • luci violente
    • spostamenti bruschi
    • perdita di appoggio
  • nei primi 2 anni la presenza dell’altro è fonte di angoscia:
    • teme l’estraneo, ossia il piccolo piange di fronte a persone che non conosce bene
    • teme di rimanere solo
    • teme di essere abbandonato
  • dai 3 anni ai 6 lo spaventa l’irrazionale:
    • questo timore si concretizza nei mostri, nei fantasmi, nel buio, nei ladri, nelle streghe…
  • dai 7 anni cominciano le paure sociali:
    • ha il timore di confrontarsi con gli altri
    • ha il timore delle interrogazioni
    • ha paura di essere rifiutato

I primi anni di vita
Alla nascita il cervello umano non è ancora in grado di reagire in maniera selettiva agli stimoli e di controllare i movimenti. Le reazioni sono globali, non specifiche. Là dove basterebbe un semplice movimento della mano o delle gambe è tutto il corpo ad essere coinvolto. Deve passare un bel po’ di tempo prima che un bambino impari a cacciare un moscone con un gesto della mano invece di limitarsi a scoppiare in singhiozzi.
Nelle prime settimane di vita non si è consapevoli dell’ambiente in cui si vive e non ci si considera separati da esso. Nella percezione globale che ha di sé e del mondo che lo circonda, il neonato fonde il proprio corpo con quello della madre. Quando le sue necessità vengono soddisfatte si sente sicuro e onnipotente. Se nessuno interviene a rassicurarlo resta preda delle sue emozioni. In seguito, quando inizia a differenziarsi dalla madre, incomincia anche a rendersi conto della propria vulnerabilità. Il progressivo sviluppo delle motricità e dell’intelligenza gli consente di fronteggiare alcune minacce e di coglierne di nuove. Ciò spiega perché nel corso dell’infanzia le paure cambino e ci sia una evoluzione durante tutto l’arco della vita.
Le paure dei bambini possono essere divise in tre categorie: le paure innate, presenti alla nascita; le paure legate alla crescita che appaiono a diverse età; le paure apprese in seguito ad eventi traumatici o indotte dall’ambiente di vita.
Rumori improvvisi, flash luminosi, movimenti rapidi, perdita dell’appoggio sono gli stimoli che spaventano i più piccoli. Sono paure innate che rientrano nella più vasta categoria dell’ignoto, dell’imprevisto del non familiare: timori che nella loro forma originaria sono utili alla sopravvivenza. Un neonato di due o tre mesi, che incomincia a distinguere il volto di sua madre, può spaventarsi se questa gli si avvicina indossando un paio di occhiali scuri. E’ pur vero, tuttavia, che l’attitudine dei genitori e le abitudini possono mitigare le paure innate. Prendiamo la paura di cadere all’indietro: i neonati sussultano e piangono se si sentono senza appoggio. Se, però, una madre affettuosa lascia, per gioco, il suo piccolo senza sostegno per qualche frazione di secondo, questi non reagisce necessariamente con le lacrime e dopo un attimo di sconcerto si mette a sorridere. La stessa cosa per i rumori forti. Un piccolino si allarma di meno se ode un rumore forte mentre è tra le braccia della mamma e lei gli sorride. D’altro canto, è noto a tutti che il miglior sistema per calmare un neonato è tenerlo tra le braccia, cullarlo, carezzarlo, parlargli teneramente.
Alle paure innate fanno seguito le paure legate alla crescita. Già nel secondo semestre di vita compaiono due paure nuove: quella degli sconosciuti e l’angoscia di separazione. Nel notare questo cambiamento c’è chi teme che il proprio bambino stia diventando meno socievole e più “appiccicoso”: prima sorrideva a tutti, ora non più; prima accettava di andare in braccio a chiunque ora protesta se la mamma si allontana. Ma non si tratta di una regressione, bensì di una crisi di crescenza. Queste nuove paure sono indicative dello sviluppo mentale del bambino: ora può cogliere differenze che prima non notava. In più si sta formando in lui un forte legame di attaccamento verso le sue figure protettive. Bisognerà tenerne conto se per esempio la mamma deve tornare al lavoro e lasciare il piccolo alla tata. Solo quando sentirà di potersi fidare della tata, lui consentirà alla mamma di allontanarsi.
Quella degli animali è un’altra paura che compare nel corso dello sviluppo: tra uno e tre anni i bambini incominciano ad avventurarsi fuori dai propri limiti abituali e non tutti gli incontri che fanno sono rassicuranti. In questa paura si possono ravvisare tre paure innate: movimenti improvvisi, approccio estraneo, rumori forti. I cani rispondono in pieno a queste tre condizioni. Trattandosi di una paura normale per l’età non è necessario fare pressioni particolari per contrastarla. Osservando le reazioni degli altri, abituandosi alla presenza dell’animale in condizioni pacifiche, la maggior parte dei bambini la supera naturalmente questa paura, a meno che vengano aggrediti o non vivano qualche esperienza sgradevole.
Il buio è un’altra paura frequente tra i due e i sei anni. I neonati non hanno paura del buio perché alla luce si devono ancora abituare. Quando, però, intorno ai due anni e oltre si svegliano nel cuore della notte, magari dopo aver fatto un brutto sogno, e si trovano senza quei punti di riferimento che hanno di giorno, ecco che possono incominciare ad avere paura del “nero” della notte. Un’ombra, uno scricchiolio, dei passi nel corridoio allarmano molto di più al buio che alla luce. La paura del buio, però, così come altre paure degli anni prescolari (mostri, temporali, streghe, fantasmi….) può assumere un valore metaforico, diventare cioè un contenitore di altre paure legate alla percezione della propria vulnerabilità, come quella di perdersi in un luogo sconosciuto o di non risvegliarsi più il mattino dopo. A partire dal terzo anno di vita l’immaginazione incomincia a lavorare e si costruisce i suoi scenari e le sue interpretazioni. I bambini si confrontano con aspetti della realtà che prima non prendevano in considerazione: commenti sgradevoli, litigi degli adulti, malattie, scene impressionanti sugli schermi, l’attesa della punizione per qualche capriccio e quindi anche la sensazione che qualcosa di spiacevole stia per accadere, possono dar luogo ad allarmi e paure, che originano dal mondo interiore più che dalle realtà della vita e che possono trovare nel buio in collocazione. Un bambino “arrabbiato” con i genitori può temere la propria aggressività e di notte fare dei brutti sogni.
Alcune paure hanno origine da esperienze traumatiche (malattie, incidenti, morte di un congiunto). I genitori non possono impedire che certi eventi si verifichino, possono però cercare di rassicurare i bambini nei momenti difficili. Alcuni incidenti minori possono anch’essi provocare paura. Per esempio, un bambino che si diverte nell’acqua della vasca da bagno può se l’acqua è troppo calda o se il sapone gli finisce negli occhi sviluppare una paura per l’acqua oppure per la vasca da bagno. Analogamente, dietro alla paura di certi alimenti può nascondersi la paura di nutrirsi. Una madre che insiste troppo con il cibo può inconsapevolmente indurre nel suo bambino questo tipo di paura.

Gli anni della scuola e oltre
Durante la fanciullezza (6-12 anni) alcune paure degli anni precedenti possono essere padroneggiate perché ora il bambino ha maggiori competenze, sa come reagire. Diminuisce il timore dei rumori forti e dei flash luminosi, del buio, dei mostri, delle streghe. Ma proprio perché ora capisce di più, può cogliere altre minacce come quella dei ladri e dei rapitori, dei danni fisici, delle malattie, del sangue, delle iniezioni, della morte e dell’abbandono. Fanno la loro comparsa i timori legati al proprio stato sociale (per esempio come scolaro) e alle interazioni con gli altri: esami, litigi, sopraffazioni, nonché la paura di essere rifiutato dai compagni. Può diminuire la paura degli animali domestici ma può comparire quella degli insetti.
Può sembrare strano che un bambino capace di giocare in tutta tranquillità con un grosso cane possa poi avere paura di una formica o di una zanzara. Ma c’è una spiegazione: la paura degli insetti, così come degli animali esotici, è spesso associata alla paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce e non si padroneggia. Un modo per superare questa paura consiste nel familiarizzare con gli insetti apprezzandone caratteristiche e qualità. Qualche volta però una paura è più complicata di quanto sembra. Per esempio, quando un bambino schiaccia un insetto può fantasticare che gli amici dell’insetto si vendicheranno. Una simile paura può in realtà nascondere altre paure, come quella della propria aggressività. Bambini grandi e piccoli attribuiscano spesso i propri sentimenti agli altri e anche agli oggetti inanimati. Capita così che facciano dei sogni popolati di animali e orribili mostri che esprimono i loro desideri aggressivi.
Molte delle paure tra zero e dodici anni così come talune tipiche regressioni a stadi precedenti dello sviluppo si spiegano con la condizione di instabilità che contraddistingue tutta l’età evolutiva. A differenza degli adulti che sono ormai stabilizzati nel loro ruolo di adulti, hanno dei riferimenti precisi e dei comportamenti definiti, i modelli di comportamento dei bambini sono in continua evoluzione. Una persona che ha fiducia in se stessa reagisce ai pericoli mobilizzando le proprie risorse; ma un bambino che non ha ancora una sufficiente fiducia in se stesso ed è dipendente dagli altri, può trovarsi paralizzato in una situazione minacciosa che non è in grado di gestire. Dopo un forte spavento o di fronte a situazioni angoscianti che si protraggono nel tempo è normale che i bambini regrediscano temporaneamente a comportamenti tipici di uno stadio precedente del loro sviluppo e se ciò avviene è perché in quello stadio si sentivano più protetti e sicuri.
Gli adolescenti superano generalmente le paure degli anni precedenti grazie ad una diversa e più complessa visione del mondo. Ciò, però, non significa che non abbiano delle paure, sia pure variabili da individuo a individuo e per grado di intensità. Tipiche di questo periodo sono le vertigini, una serie di paure legate al corpo come quella di arrossire, di avere qualche anomalia fisica e vari timori legati alla sfera sociale e sessuale come: brutte figure, critiche, insuccessi, esami, essere ignorati o rifiutati. Il dolore, la morte, i danni fisici, le deformità e la bruttezza sono altre paure frequenti tra gli adolescenti, così come la paura di perdere il controllo delle proprie azioni e di parlare in pubblico.

Fobie, ansie e coraggio
Quando la paura assume dimensioni che impediscono una vita normale, quando diviene un ostacolo alla maturazione del bambino e mette a rischio lo svolgimento dei compiti quotidiani allora ha perso il suo valore protettivo. In questo caso i timori intralciano uno sviluppo armonioso, divengono limitanti, minacciosi.
Quando non vengono superate, le paure possono degenerare e trasformarsi in fobie oppure in stati ansiosi. La fobia è una paura persistente, intensa, difficile da controllare. Ogni fobia ha la sua storia legata alle esperienze individuali e ogni fobia ha anche un suo inizio in un particolare momento della vita che, generalmente, coincide con uno spavento o con una qualche forma di apprendimento o condizionamento. Se per esempio un adulto ha la fobia del buio probabilmente da bambino è rimasto chiuso in un ambiente oscuro per un tempo troppo lungo, oppure si è trovato solo e abbandonato in un luogo sconosciuto. Come le paure, anche le fobie possono nascondere altre angosce, meno evidenti e più profonde, come l’incubo della solitudine, il terrore della morte, il timore fobico di perdere il controllo di sé o della realtà circostante.
Anche dietro gli stati ansiosi, diffusi e fluttuanti, ci sono spesso angosce o tormenti inconsapevoli che hanno l’effetto di amplificare le normali paure, di far perdere il controllo e possono insorgere anche in situazioni in cui non c’è nulla da temere o il pericolo è soltanto potenziale. A volte è proprio la capacità che abbiamo di prevedere pericoli e minacce a trascinarci nella trappola del falso allarme e nell’angoscia: ci sentiamo ansiosi non perché ci sia un pericolo vero e proprio, ma perché ci sentiamo insicuri e ci prefiguriamo delle minacce. Alcuni bambini sono tesi, incapaci di concentrarsi, facilmente irritabili, oppure accusano malesseri di vario tipo perché temono gli adulti, in particolare un genitore oppure un insegnante. E qualche volta, per generalizzazione, anche altri adulti. Spesso i genitori e gli insegnanti all’origine di questa paura non sono consapevoli dell’effetto che producono sui bambini, i quali possono sentirsi minacciati dai loro atteggiamenti e comportamenti, dal tono della voce e in particolare da una forma di intransigenza che porta questi adulti a voler avere sempre ragione in ogni circostanza e a non tollerare alcun tipo di critica. Inutile dire che questo tipo di relazione oltre a spaventare i bambini, rende difficile un rapporto basato sulla fiducia.
L’altra faccia della medaglia è il coraggio, ossia quella qualità che possiedono tutti coloro che hanno fiducia nelle proprie capacità. Il coraggio può essere fisico e morale e manifestarsi in molti modi diversi. Avere coraggio significa credere in sé stessi, non però in modo irrealistico ma sulla base di una valutazione corretta del proprio potere e del potere degli altri – persone, animali, situazioni – che ci minacciano. Il coraggioso riflette prima di rischiare, prende tutte le precauzioni necessarie e utilizza al meglio le proprie risorse. Da piccoli è indispensabile appoggiarsi a qualcuno più forte di noi, crescendo si diventa via via sempre più autonomi. L’esempio è importante. Importanti sono gli adulti che aiutano a crescere: la sicurezza e la fiducia che essi riescono a trasmettere, la comprensione e gli incoraggiamenti che riescono a comunicare. La solitudine riduce spesso il coraggio. La presenza di persone forti e sicure di sé lo aumenta.

 

Cosa fare quando un bambino manifesta paura
Agli occhi di noi adulti molte delle paure dei nostri piccoli risultano ridicole, ingiustificate, assurde, tanto che la prima reazione sarebbe quella di minimizzare, persino di rimproverarli o di prenderli in giro. Eppure, i timori dei bambini hanno sempre una ragione fisiologica legata alla crescita o alla particolare visione del mondo che, non bisogna mai dimenticare, è magica e animistica, e molto meno razionale della nostra.
Quando vediamo i nostri figli spaventati da qualcosa, la strategia vincente è ascoltarli per comprendere il loro mondo emotivo e rispettare il loro modo di reagire.
Ricordiamo che:

  • La paura va rispettata e non ridicolizzata, accettata nel suo aspetto emotivo e non razionalizzata
  • Le paure vanno accolte come un aspetto della crescita e non usate comearma” per far crescere
  • La fiducia in sé va valorizzata affinché il bambino si senta capace di affrontare le sue paure
  • Non bisogna pretendere troppo di più delle reali capacità del bambino
  • Alle naturali paure del bambino non vanno aggiunte le nostre paure, né le nostre eventuali preoccupazioni o angosce.

Molte delle paure infantili vengono superate spontaneamente, ma se nostro figlio ha una paura che dura da tempo o che influisce molto sulla vita di tutti i giorni o nei rapporti con gli altri, ecco alcune idee per aiutarlo a superarla.

  • Siate calmi e sicuri di voi. L’ansia può essere contagiosa.
  • Evitate di rassicurarlo in maniera eccessiva, potreste convincerlo che c’è veramente qualcosa da temere. L’iperpretozione non favorisce la formazione del coraggio.
  • Parlando troppo spesso davanti a lui di paure o fobie potreste aggravarle; meglio quindi evitare che vi ascolti quando parlate di questi argomenti con altri.
  • Se è di un oggetto, di un animale o di uno spazio che vostro figlio ha paura, avvicinatelo insieme lentamente, in tappe e tempi successivi. Ogni tappa deve essere abbastanza facile da poter essere superata: essa non deve suscitare che una leggera ansietà.
  • L’esempio o modellaggio è importante. Se, ad esempio, sono gli insetti l’oggetto della paura, vedere che essi possono passeggiare sul vostro corpo (o di un’altra persona che il bambino ammira) senza che voi diate segni di disagio, può portare ad un cambiamento positivo: questo può non essere immediato ma avvenire di lì a qualche tempo. I bambini, infatti, ripensano spesso a ciò che hanno visto, sopratutto se ne sono stati colpiti.
  • Si può anche giocare a “far finta” di non avere paura e in questo modo affrontare insieme, scherzando, l’oggetto della paura. A volte questa strategia non funziona granché, altre volte invece dà risultati sorprendenti!
  • Con i più grandicelli può funzionare un altro metodo: quello di chiedere di trovare tutto ciò che può essere associato in qualche modo alla paura (fotografie, frasi scritte, tracce, ecc.) e, se è possibile, di fare una collezione o un album o un disegno sul tema.
  • Si può anche aiutare il bambino a rilassarsi (decontrarre i muscoli, ascoltare una musica dolce, concentrarsi sul tic-tac dell’orologio, ecc.) e quando è tranquillo chiedergli di immaginarsi mentre fa qualcosa per superare la sua paura.

Qualunque sia il metodo che usate con vostro figlio ricordatevi che anche se possono sembrare molto resistenti, le paure infantili sono, in realtà, più effimere e instabili di quelle degli adulti e quindi anche più facili da trattare.
L’educazione deve essere sempre in positivo, e mai in negativo.
Quando si fa paura ad un bambino per ottenere un suo comportamento positivo, lo si disorienta, lo si spaventa, e soprattutto non lo si educa, perchè imparerà ad ubbidire per paura, e non perchè avrà introiettato il concetto di bene/male e giusto/sbagliato. Meglio proporre degli eroi positivi, dunque, e anche favole in cui questi eroi sconfiggono i cattivi grazie alle loro doti di bontà e gentilezza.
Le frasi da non dire:

  • “Adesso arriva il drago e ti porta via”, “Non andare lì, ci sono i mostri”.

Spieghiamo sempre ai nostri bambini in maniera semplice la ragione per cui non devono
fare certe cose, senza mai ricorrere a figure che li spaventino.

  • “Alla tua età hai ancora paura!”

Il piccolo potrebbe sentirsi inadeguato e vigliacco, alla sua età ha tutto il diritto di avere paura!

  • “I mostri non esistono e basta!”

Immerso com’è in una visione del mondo animistica farà fatica a crederci. Ricordiamoglielo sempre con dolcezza mai con tono di rimprovero o disprezzo.
Per evitare che nostro figlio si chiuda in se stesso non giudichiamolo, non minimizziamo o ridicolizziamo i suoi timori. Ciò che conta è accogliere con dolcezza e comprensione il nostro bambino.

 

I mostri e il buio si sconfiggono giocando
Battiamo il nemico con le sue stesse armi: se la paura nasce dalla sua fantasia è solo rimanendo su un terreno magico che possiamo farla sparire.
Capita spesso che le paure dei bambini assumano una veste terrorizzante e che i piccoli ne siano completamente dominati. Più l’oggetto della paura è indefinito e irreale e più è difficile da combattere; e a nulla sembrano valere le rassicurazioni razionali. Come fare in questi casi? Vediamo qual è il significato del timore del buio e dei mostri e come aiutare i bambini che ne soffrono.
La paura del buio è tanto più forte quanto più il bambino ha strutturato un controllo razionale dell’ambiente e di se stesso, per questo i più piccoli non ne soffrono: al buio si perdono i punti di riferimento, le certezze, e lui si ritrova avvolto in un mistero dove il mondo che conosce e che domina sparisce. Il buio, che simbolicamente richiama il nulla, diventa lo schermo su cui il bambino proietta le sue angosce: la paura di addormentarsi e non svegliarsi più, il timore di essere abbandonato, ma anche i brutti pensieri, i desideri cattivi per cui si sente in colpa e si aspetta una punizione.
Streghe, orchi, alieni, draghi, lupi…sono tante le creature che popolano gli incubi dei nostri bambini! Dai tre anni in poi, quando la capacità di creare con l’immaginazione è molto sviluppata, i nostri piccoli sono spesso spaventati da creature caratterizzate da grande voracità, aggressività e cattiveria. Il piccolo crede nell’esistenza di questi esseri potenti e invincibili, di fronte ai quali si sente del tutto inerme. Spesso queste figure catalizzano emozioni e vissuti di cui il bambino ha paura e che non riesce a padroneggiare:

  • I suoi impulsi aggressivi
  • Emozioni come gelosia, invidia, avidità
  • La paura della punizione per le proprie marachelle per cui si sente in colpa

Gli espedienti “magici” per sconfiggerlo:

  • Il disegno

Invita il tuo bambino a disegnare la creatura che lo spaventa, dategli insieme un nome e poi chiedigli di trasformare il disegno in una creatura buona, aggiungendo particolari rassicuranti. Se si rifiuta, proponigli di distruggere il mostro, strappando il disegno oppure ritagliandolo o trasformandolo in qualcos’altro.

  • La fiaba

Inventate insieme una fiaba che abbia per protagonista il mostro e fate in modo che alla creatura fantastica accadano tante disgrazie e che, alla fine, abbia la peggio.

  • Un talismano

Una pietra magica, un anello dotato di poteri straordinari, un piccolo guardiano costruito da voi con materiali vari come stoffa, bottoni, cerniere, da portare sempre con sé o da tenere in un posto a sua scelta, serviranno a tenere lontano il mostro.

  • Una pozione

Prima di dormire preparate una tisana e recitate una piccola formula magica inventata da voi.

 

 

 

Bibliografia

  • Ferraris A.O. Psicologia della paura, Bollati Boringhieri
  • Marcoli A. (1993), Il bambino nascosto. Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli, Oscar Mondadori, Milano

 

 

 

Fonte: http://www.folignano1.org/wp-content/Progetti/www.pereducareunbambino.it/wp-content/uploads/2013/04/3.-LA-PAURA.doc

Sito web da visitare: http://www.folignano1.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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