Riassunto Le interpretazioni del fascismo

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Riassunto Le interpretazioni del fascismo

Riassunto de

Le interpretazioni del fascismo

Libro di Renzo De Felice

 

PARTE PRIMA

CAPITOLO 1

Il fascismo come problema interpretativo
I primi tentativi di dare un'interpretazione al fenomeno fascista furono coevi alle sue stesse prime manifestazioni, ovvero intorno agli alle sue stesse prime manifestazioni,ovvero intorno agli anni '20, ed avendo carattere giornalistico-politico-memorialistico ne cercavano le cause nella particolarità del nostro dopoguerra.
Bisognerà aspettare gli anni '30 e il Nazionalsocialismo in Germania, perchè ci si renda conto dell'extraterritorialità del fascismo, che stava assurgendo a III polo tra SOCIALISMO-MARXISMO e CAPITALISMO. Si tennero d'occhio i vari fascismi e i loro elementi comuni o divergenti;si arrivò anche a demonizzare il fenomeno,e risolvere in chiave coercitivo-terroristica anche il problema del consenso.Queste letterature hanno però il merito di aver mantenuto vivo il dibattito antifascista e di aver ideato le 3 principali chiavi di lettura del fascismo:
1)PRODOTTO DELLA CRISI MORALE DELLA SOCIETA' DEL '900 (interpretaz. LIBERALE)
2)PRODOTTO DEL RITARDO NELLO SVILUPPO ECONOMICO (interpretaz. RADICALE)
3)STADIO SENESCENTE DEL CAPITALISMO (interpretaz. MARXISTA)
Ma il problema tornò presto d'attualità, perchè tali teorie classiche erano insufficienti,le loro ideologie stavano entrando in crisi e molte altre scienze si erano dedicate al problema,in particolare quelle sociali con alcuni studi sulla società di massa;e, non ultima, una ragione "politica", quella di un REVIVAL FASCISTA avutosi in occasione dell'attribuzione di tale nomea anche a molti altri movimenti(franchismo, peronismo, gaullismo),spesso in maniera indiscriminata e scorretta tale da richiedere la stilizzazione di un MODELLO FASCISTA cui riferirsi con certezza.
Ecco perchè si è cercato di colmare i vuoti di conoscenza sul fascismo,e controllare la veridicità delle interpretazioni che ha avuto (da qui l'importanza del SEMINARIO INTERNAZIONALE SULL'INTERPRETAZIONE DEL FASCISMO del'67 e del SIMPOSIO DI PRAGA del '69),senza incorrere in patetici errori:considerarlo solo a livello STORICO NAZIONALE, che significherebbe negare l'esistenza di un COMUNE DENOMINATORE tra le varie manifestazioni di questo fenomeno;e altrettanto GENERALIZZARE pensando ad un unico fascismo, perchè si svaluterebbe il peso delle realtà storiche dei vari paesi.In via di pura approssimazione, si può dividere il fascismo in due tipologie:
TIPOLOGIA DEI PAESI                   
il fascismo si affermò DOV 'ERA        
ECONOMIA AGRARIO-LATIFONDISTA
CRISI ECONOMICA
CRISI VALORI TRADIZIONALI
CRISI DEL SISTEMA PARLAMENTARE 
TIPOLOGIA DELLE FORME DI POTERE
il fascismo si affermò ATTRAVERSO
POLITICA DI TIPO MISTICO(MITO DEL CAPO)
REGIMI POLITICI DI MASSA
RIVOLUZIONE VERBALE E CONSERVATORISMO SOSTANZIALE
VALORIZZAZIONE APPARATO MILITARE
CAPITOLO 2-
Le interpretazioni "classiche"
1)IL FASCISMO COME MALATTIA MORALE DELL'EUROPA Diffusa nell'alta cultura europea, questa interpretazione ebbe il suo fondatore in BENEDETTO CROCE, che vedeva il fenomeno fascista come NON legato nè ad una classe nè ad un popolo, ma alla I GUERRA MONDIALE, evento che aveva abbassato negli uomini la cosiddetta "coscienza della libertà". In Germania fu FRIEDRICH MEINNNECKE che tentò di dare al nazionalsocialismo una spiegazione, che non lo riconducesse solo agli avvenimenti tedeschi, ma ad una generale tendenza di deviazione  dell'Europa, dovuta alle bramosie di felicità e guadagno ereditate dall'illuminismo, cui sacrificare anche i propri valori;tendenza che in Germania sarebbe stata aggravata dalla sconfitta della IGM, con la sua conseguente crisi economica.
A questa teoria, RITTER aggiungeva un'analisi più approfondita dei ceti piccolo-borghesi, che avrebbero cercato nel fascismo la via per emergere dalle lotte di classe.
Le loro teorie furono assorbite da GOLOMANN, che ricostruendo gli eventi degli ultimi due secoli, confutò la tesi per cui fascismo e nazionalsocialismo derivassero da idee e forze incubate da decenni,e piuttosto, fossero da attribuire ad una crisi morale della società talmente estrema, da far accettare con sufficienza tutto ciò che non si odiava apertamente;e KOHN infine definì meglio il concetto di totalitarismo come fenomeno di crisi della razionalità.
2)IL FASCISMO COME PRODOTTO LOGICO ED INEVITABILE DELLO SVILUPPO STORICO DI ALCUNI PAESI Tra le 3 classiche, è quella che ha avuto più fortuna; il fascismo deriverebbe dallo SVILUPPO STORICO di alcuni paesi (con crisi nello svil. economico, fragilità, problemi nell'unificazione e nell'indipendenza nazionali), per alcuni riconducibile in particolare al PERIODO LIBERALE in quanto la borghesia, non avendo trovato altri sbocchi per affermare il proprio predominio, si sarebbe attaccata a forme di potere illiberali ed antidemocratiche;per altri,i problemi sarebbero TARE TRADIZIONALI ancora più profonde.
Nella cultura italiana questa tesi è passata come interpretazione del fascismo come RIVELAZIONE, in contrasto con quella della PARENTESI e dell'anticausalismo storico di Cavour, anche se poi molti sostenevano questa critica come critica generale alla tesi della malattia morale, tanto che i sostenitori di quest'ultima la hanno demolita perchè:
1)grande scarsezza dei suoi contributi al dibattito storico generale
2)spesso vanificata nella teoria marxista
3)è vero che il fascismo non possa essere ritenuto un evento del tutto accidentale, ma è sbagliato anche sostenere che fosse INEVITABILE considerando "motivi" e "germi" insiti in una nazione; perchè, come sostiene Ritter sull'esempio delle Germania, pur se essi si sono perpetuati, si sono anche affiancati ad altri "motivi" e "germi" del tutto nuovi, dalla cui SOMMA scaturì il fascismo.
Comunque è innegabile l’importanza di questa tesi che ha contribuito a far crollare quella della "parentesi" ed a chiarire meglio il sottovalutato discorso storiografico.
3)IL FASCISMO COME PRODOTTO DELLA SOCIETA' CAPITALISTICA E COME REAZIONE ANTIPROLETARIA Nel quadro della struttura sociale capitalistica, si ipotizzò che il fascismo fosse un moto di reazione e repressione alla lotta rivoluzionaria dei lavoratori; tesi ben espressa da DOBB, che vede il fascismo come figlio di un capitalismo monopolistico che vuole sia disperdere le organizzazioni operaie che espandersi territorialmente.
Ma si lasciava aperta la questione se vi fosse INEVITABILITA' per il capitalismo di incontrare la strada del fascismo. Questa tesi fu rifiutata sin dagli anni '20-'30, soprattutto da THALHEMER che si interrogò sul perchè allora il fascismo fosse sorto in paesi come Italia, Germania ancora sostanzialmente agricoli e non in capitalismi già sviluppati come quelli di Usa, Francia, Inghilterra. Non era escluso che il fascismo fosse UNA forma di dittatura aperta del capitale, nella quale persino la borghesia ridotta allo stremo avrebbe dovuto cedere il passo ed il proprio potere politico ad un'èlite capitalistica.
Questa tesi fu discussa con BAUER, che sostenne che erano stati i piccolo-borghesi a dare il loro consenso al fascismo mentre l'alta borghesia ne era rimasta solo succube e quindi estranea, e ancora con COLE, che introdusse la tesi del fascismo come TERZA FORZA, che si opponeva sia al capitalismo che al socialismo-comunismo, ed aveva il suo motore nella piccola-borghesia;ed anche se una volta al potere compresse i suoi elementi più radicala, non per questo diventò mai capitalismo.
Bisogna però ricordare che non è mai stato facile dare a queste interpretazioni carattere scientifico, per il carattere politico di queste tesi, soprattutto negli anni'20-'30, a causa del DECLINO DELLA III INTERNAZIONALE che la stava sempre più facendo strumentalizzare dall'URSS(eccessi furono il SOCIALFASCISMO e l'appellativo di FASCISTI dato ai Troskisti. Se nel '21 essa incitava a lottare contro il fascismo, e quindi contro il capitalismo, sicura che esso si stesse decomponendo e per questo cercasse l'appoggio della piccola borghesia, nel '35 già si poneva l'accento sui piccolo-borghesi come baluardo contro il fascismo dei grandi proprietari terrieri.Tutto questo in un periodo in cui era ormai difficile contraddire l'Internazionale, e a sostenere tesi contrarie rimasero solo i nemici dell'internazionale stessa:TROVSKIJ, che con lucidità comprese l'essenzialità del contributo piccolo-borghese al fascismo, che solo poi si sarebbe appoggiato al capitalismo assoggettandolo;e trasformò una tesi nata con scopo politico in una aperta alla visione degli errori della politica stessa.
Da ricordare infine LOWENTHAL, che approfondì il ruolo dell'economia nell'ascesa del fascismo: la certificata crisi economica portò ad una sorta di solidarietà d'interessi tra la borghesia e il proletariato;e il fascismo colpì quei CETI MEDI, indebitati, bisognosi di sostegno, profilandosi come un capitalismo particolare in cui molta importanza avevano i pesi morti.
CAPITOLO 3-
Altre minori interpretazioni degli anni '30-'60
Oltre alle "classiche", ci sono state molte altre interpretazioni MINORI non perchè meno significative, ma meno rilevanti.Si possono classificare in tre tipi:
1)L'INTERPRETAZIONE CATTOLICA I cattolici, si sa, hanno assunto rispetto al fascismo opinioni DIVERSE a seconda delle circostanze e degli interessi contingenti; si può però parlare di interpretazioni IN TERMINI CATTOLICI.
Anzitutto, ricordiamo JACQUES MARITAIN, per il quale il mondo della cristianità è retto da una unità spirituale e intellettuale, contrastata da altre energie spirituali potenti che con il trionfo del liberalismo e del razionalismo neanche un sistema assolutistico è più riuscito a fermare;ma il LIBERALISMO INDIVIDUALISTICO è una forza puramente negativa, che vive per un ostacolo (vive contro...); venuto meno questo, sono sorte le varie reazioni antiliberali, comunismo e fascismo, legate alla radice ma differenti nella forma (il primo, un vero e proprio sistema, anche se errato; il secondo, solo un riflesso di difesa contro il primo).
Dalle stesse premesse parte AUGUSTO DEL NOCE, teorico del Totalitarismo, che per lui è una sorta di religione dovuta alla crisi dei valori religiosi stessi, che termina quando questi vengono ripristinati, con un andamento ciclico. Ma per lui sono veri totalitarismi solo comunismo e nazismo, due facce opposte della stessa medaglia.Il fascismo è un totalitarismo "tronco" perchè nato dall'idea socialista di Mussolini dell'esistenza al di là delle classi di una coscienza di nazione unitaria; che poi capitola perchè sostituisce alla lotta delle classi la lotta delle nazioni.
2)IL FASCISMO COME MANIFESTAZIONE DEL TOTALITARISMO L'importanza di questa tesi è stata sviluppare l'IDEA di totalitarismo, che negli anni '30 è stata sostenuta più con intento politico-polemico che scientifico, ma ha contribuito a distinguere i vari fascismi.
Secondo ARENDT il sorgere del totalitarismo si articola in tre premesse:
-il TRAMONTO DELLO STATO NAZIONALE verso l'imperialismo, che incontrò consensi sia nella borghesia che nella plebe, grazie a elementi quali l'ideologia delle masse, movimenti al di sopra dei partiti, ecc. che portano all'idoleggiamento della personalità.
-CROLLO DEL SISTEMA CLASSISTA e
-ATOMIZZAZIONE E INDIVIDUALIZZAZIONE DELLA SOCIETA' DI MASSA, dovuti alla disgregazione della società europea dopo la IGM, e la perdita dei tradizionali punti di riferimento, che causarono nella maggioranza del popolo isolamento, mancanza di legami e di una coscienza politica che desse modo ad ogni cittadino di sentirsi personalmente legato al paese. Punti chiave del totalitarismo sarebbero comunque stati: CONSENSO, APPARATO DELLO STATO, FIGURA DEL CAPO, poi ampliati da FRIEDRICH e BRZENINSKI in:
-IDEOLOGIA elaborata verso uno stadio finale e perfetto dell'umanità
-UNICO PARTITO DI MASSA organizzato come un partito di lotta
-SISTEMA DI TERRORE realizzato dal controllo della polizia segreta
-MONOPOLIO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA E DI LOTTA ARMATA
-CONTROLLO CENTRALIZZATO DELL'ECONOMIA
3)L'INTRERPRETAZIONE DEL FASCISMO COME FENOMENO TRANSPOLITICO Il primo a parlarne fu Nolte, senza molto successo finchè non fu valorizzato da Mosse. Egli cerca innanzitutto di caratterizzare un minimo comune denominatore tra tutti i fascismi, ma anche(e questa è la parte interessante) di sottoporlo ad una analisi FILOSIFICA per coglierne l'essenza,partendo dal presupposto storico che il fascismo nasce sul terreno dello stato liberale, con la sfida del bolscevismo ma non per essere semplicemente antibolscevismo.E' nella sua contrapposizione sia alla TRASCENDENZA PRATICA (di ordina sociale) che TEORETICA (verticale, lotta dell'uomo verso l'infinito), proprie dello stato liberale ma squilibratesi con il bolscevismo(che ha supervalutato la pratica), che il fascismo si sviluppa come riluttanza ad entrambe, l'una per antitesi al bolscevismo, l'altra perchè stimolando l'autocritica rappresenterebbe un pericolo per sè stesso.
Queste tesi hanno stimolato DEL NOCE a passare da una visione cattolica del fascismo, ad una in senso lato, che abbia valore anche per chi non pone il momento religioso al centro della propria visione storicistica. Parte dal presupposto che fascismo, nazismo e comunismo siano manifestazioni dell'EPOCA DELLA SECOLARIZZAZIONE, del suo primo periodo, quello sacrale. Poi analizza se esista una essenza comune ai movimenti tradizionalisti ne a questi, o se esistano differenze, e di che genere siano: è ovvio che il nazionalsocialismo risulti essere la perpetuazione di una eredità tradizionale, mentre il fascismo è un divenire di potenza. Vi sono poi differenze anche tra fascismo e nazionalsocialismo, che è completo e irrazionale totalitarismo nato come antitesi al comunismo, mentre il primo ha radici diverse, volte a creare in Italia una forma di totalitarismo analoga al leninismo russo, seppure con le dovute modifiche.
CAPITOLO 4-
Le interpretazioni elaborate dalle scienze sociali
Non ci muoviamo più su un terreno storicistico, ma delle cosiddette scienze sociali, il cui contribuito, pur se insoddisfacente, insufficiente e generalizzante(perchè crea dei "modelli" astratti) se osservato da solo, è ricco, suggestivo ed importante se comparato con le altre, perchè sottolinea il rapporto inscindibile del fascismo con la società di massa e la sua crisi, e a mettere in discussione tesi di altro genere troppo unilaterali.
1)L'INTERPRETAZIONE PSICOSOCIALE Nata nel'30-'40 per combattere la propaganda fascista,ne ricordiamo primo interprete REICH che ha spiegato il fascismo in chiave sessuo-economica, come una psicologia politica che agisce su delle masse frustrate dall'impossibilità di realizzarsi completamente e di adeguarsi alle istituzioni democratiche apportatrici di libertà, sorte dopo la IGM: facendo leva sugli impulsi secondari, il fascismo avrebbe portato alla luce la struttura caratteriale umana media, con il suo conflitto tra il desiderio e la paura di tale libertà. Successivamente furono elaborate altre teorie circa STEREOTIPI CARATTERIALI UMANI,uno dei quali sarebbe la "sindrome autoritaria" che sublimerebbe la repressione del proprio superuomo nell'obbedienza.
Nell'opera di FROMM distinguiamo due livelli: il primo, in cui analizza la SITUAZIONE DELL'INDIVIDUO NELLA SOCIETA' CAPITALISTICA, che aveva fatto perdere i legami col mondo esterno che lo facevano sentire appartenente alla comunità, e gli aveva sbattuto in faccia una libertà che si dimostrava impotenza e insicurezza contro la quale aveva elaborato MECCANISMI DI FUGA, molti dei quali presenti nel fascismo: autoritarismo, distruttività, conformismo, che lo spiegano da un punto di vista psicologico. Oltre alle caratteristiche dell'ideologia, influì anche il carattere stesso di coloro che ne furono attratti, e che spesso vi si inchinavano pur senza approvarlo: la piccola borghesia, che ama i forti e odia i deboli, avrebbe reagito ai mutamenti sociali sviluppando SADISMO e MASOCHISMO, riscontrabili soprattutto nell'ideologia nazista. Fromm ha però trovato molti problemi a far accettare la sua tesi, per la difficoltà di estendere a grandi gruppi di uomini questo schema psicologico.Ecco perchè sono sorte altre teorie che hanno cercato di definire meglio il rapporto tra l'isolamento di individui e gruppi e le condizioni sociali in cui si muovevano.
2)L'INTERPRETAZIONE SOCIOLOGICA E' uno degli "esercizi di stile"che la sociologia ha fatto per studiare le interazioni tra idee-dottrine e situazioni storico-sociali.Ricordiamo innanzitutto KARL MANNHEIM, che partendo dal presupposto che gli uomini pensano, agiscono e vedono il mondo a seconda della collettività cui prendono parte, individua 5 tipi rappresentativi in cui si articola il pensiero contemporaneo: conservatorismo burocratico, storicismo conservatore, pensiero liberal-democratico, concezione social-comunista e fascismo; ognuno di questi tipi individua un gruppo sociale con un determinato quadro di coscienza, e mentre tutti rappresentano forme razionali, conservatrici e non, il fascismo introduce un elemento nuovo: l'irrazionale, come appare lo sviluppo della società alle masse disinserite, che saranno sconfitte solo con il ritorno dell'equilibrio che segue la crisi, in cui le forze storico-sociali torneranno ad essere efficaci.
Simile è l'interpretazione di GURVITCH, che pur seguendo lo schema dei quadri di coscienza, individua il fenomeno fascista in una prospettiva più vasta e astratta, in cui la realizzazione del fascismo sarebbe l'espressione di società tecnico-burocratiche, che a livello politico fanno fondere l'apparato stato con gli organi per la pianificazione economica e l'organizzazione dell'esercito, a tal punto da rendere persino secondaria la presenza di un capo carismatico.
Molte altre ipotesi, invece, si sono più che altro soffermate su QUALI fossero le nuove masse che spiegherebbero il fenomeno fascista;quasi tutti, lo vedevano come reazione, rivoluzione dei ceti medi disagiati.Un esempio particolare è LIPSET: anche per lui il fascismo è un movimento della classe media contro il capitalismo, ma si sofferma su un'analisi delle correnti e dei partiti moderni, per scoprire la falsità dell'etichettatura di "fascisti" di alcuni di essi. In ogni società, o partito, esistono correnti DEMOCRATECHE ed ESTREMISTE, le ultime caratterizzate dal rifiuto del sistema democratico, e queste anche se esistono dovunque non sono mai espressione di una stessa base sociale: cosicchè esistono estremismi fascisti di destra (Weimar), di centro(nazionalsocialismo), e di sinistra (peronismo); e per Lipset possono essere veramente considerati di destra solo partiti e regimi di centro e medio-borghesi.
Egli pone quindi un dilemma: o concordare con lui, e accettare che ci siano TANTI fascismi particolari, o che, tralasciando la particolarità, vi possa essere un comune denominatore tra i fascismi, e che quindi le masse vadano definite non semplicemente come classi medie, ma in relazione col resto della società:che è quello che ha cercato di fare GINO GERMANI, che sostenendo che nella società di massa vi è un processo di atomizzazione, spersonalizzazione,ecc. sostiene che in merito l'analisi psicosociale non basta: bisogna analizzare il perenne moto di MUTAMENTO-INTEGRAZIONE SOCIALE sempre in atto, poichè società perfettamente integrate non ce ne sono. In questo processo ci sono 3 elementi: masse, ideologie, èlite.Nel caso di garndi mutamenti sociali, se non c'è per la massa possibilità di re-integrarsi, ma sono disponibili molte ideologie ed èlite corrispondenti, è facile che si sviluppino movimenti estremisti. Egli distingue poi una mobilitazione PRIMARIA (di gruppi marginali non industriali), e SECONDARIA (di una società industriale più moderna, che si trova però a perdere il proprio status).In Italia si verificarono entrambe: ma mentre la prima non riuscì a portare al potere la classe lavoratrice, la seconda riguardava la classe media, che non avendo canali di espressione politica, essendo stata spostata ed essendo desiderosa di rivalsa, fu facile preda dell'èlite fascista.
3)L'INTERPRETAZIONE SOCIO-ECONOMICA Cerca le basi del fascismo come un tentativo per ovviare alle difficoltà, all'insufficienza e alla crisi economica e dell'industrializzazione.Significativa è la tesi di ORGANSKI, che a suo modo cerca di trovare elementi internazionali comuni ai fascismi. Individuò 4 stadi nel rapporto economia-politica:il I, che vede al centro della vita politica il problema dell'unità, il II in cui emerge una nuova classe al poterei, III in cui il governo si preoccupa di proteggere il popolo dal capitale, per assicurargli alti livelli di vita, il IV corrispondente alla riv. ind.. Per Organski, il fascismo è una forma di potere del II stadio, in cui il governo stimola l'economia e lo sviluppo industriale, allargandosi da una èlite industriale fino alle masse. Così per Organski l'origine del fascismo non va cercata in altri paesi, in una ideologia o nella sua origine NON classista (perchè le due borghesie si allearono in vista dell'obbiettivo pubblico comune, ma nel ritmo che egli impresse allo sviluppo industriale.
Altre interpretazioni collocarono tutte il fascismo come passaggio dalla società preindustriale a quella moderna, una ideologia di transizione del processo di industrializzazione da studiarsi a seconda delle caratteristiche peculiari di promozione dello sviluppo industriale:autarchia, forma dirigistica.


PARTE SECONDA

 

CAPITOLO 1-
La periodizzazione della storia del fascismo e il problema delle sue "origini"
Cronologicamente parlando, sul "termine iniziale" del fascismo sono tutti d'accordo: la IGM, solo che ognuno ne sceglie un momento particolare: SALVATORELLI il "radiosomaggismo", la crisi del Maggio 1915, in cui le rivolte popolari contro il Parlamento decisero l'intervento in guerra; TASCA e CHABOD pensano più al dopoguerra in cui le delusioni per l'insufficiente vittoria portarono ad uno scardinamento sociale, con la creazione di diverse stratificazioni delle masse, le cui esigenze non riescono ad essere soddisfatte per le ristrettezze della guerra:le poche risorse provocarono lotta per accaparrarsele, lotta per il potere, lotta di classe(=fascismo).
Certo, nell'Italia prebellica si possono scorgere delle anticipazioni del fascismo, ma senza la guerra non si sa se si sarebbero sviluppate o no. Quindi il suo terreno di crescita è l'Italia postbellica, e il trapasso che lo trasformò in regime politico è il colpo di stato del 1925, in cui ci fu la vera rottura, più profonda di quella verificatesi con la marcia su Roma.

CAPITOLO 2-
Le interpretazioni sino al delitto Matteotti
Cosa era il fascismo fino al '22-'24 e al delitto Matteotti è oggi sempre più chiaro, perchè la letteratura coeva al fascismo fu vastissima, e ci permette di capirne caratteristiche ed errori. Quasi tutti si trovano d'accordo nel distinguere un primo fascismo del '19-'20, ed un secondo, vero fascismo dopo il biennio rosso, per alcuni reazione alla violenza bolscevica, per altri manifestazione borghese dei propri interessi. Opinioni discordi: REAZIONE DI CLASSE, dunque, MA DI CHI e CONTRO CHI? Domanda spinosa per gli stessi italiani, che non riuscivano ad associare un movimento di reazione alle affermazioni rivoluzionarie del fascismo. Tanto che c'era chi parlava di DUE FASCISMI, l'uno conservatore, l'altro progressista. All'estrema sinistra la risposta era semplice:reazione della borghesia contro il proletariato. Nonostante l'interpretazione ufficiale del PCI fosse più sfumata, per GRAMSCI era una reazione capitalistica che voleva restaurare lo stato, anche se con il tempo modificò questa teoria parlando di due fascismi: uno SOCIALISTA che si appoggiava sui ceti medi, l'altro Intransigente, borghese e antiproletario.
Tenativi di sanare quest'interpretazione, evidentemente semplicistica, che peccava più per quello che NON diceva che per quello che diceva, vennero tra gli altri da ZIBORDI e da MISSIROLI, che tentò di focalizzare l'attenzione non tanto sul generico carattere li reazione del fascismo, quanto sulla sua componente principale: i CETI MEDI, il cui conflitto era nato dopo la IGM in seno alla borghesia stessa, che aspirando ad un ruolo di potere era rimasta delusa.
Questa tesi fu ampliata da SALVATORELLI: mentre CAPPA studiava l'importanza dei giovani e dello sfogo del loro contrasto con il conservatorismo dei padri nel fascismo, egli approfondì l'analisi dell'apporto dei piccolo-borghesi, elemento UNICO e PARTICOLARE della società, che certo non aveva cultura tecnica (capitalistico-industriale) quanto umanistica (classico-burocrate), spesso proveniente dal sud e relegata ai margini dello sviluppo sociale. Essa da democratica e socialistoide si era convertita al nazionalismo-fascismo quando aveva capito che solo così avrebbe potuto essere valorizzata.
Questa è sicuramente l'interpretazione più convincente, anche perchè ricordiamo le difficoltà nel contrastare l'interesse propagandistico dell'allora letteratura, e soprattutto il suo scopo, che era più quello di ipotizzare lo sviluppo del fascismo, che sembrava di lì a poco dover capitolare:opinione che ci aiuta a capire lo stato d'animo e l'atteggiamento tenuto verso il fascismo dai vari gruppi politici.

CAPITOLO 3-
Le interpretazioni degli anni del regime
Dal delitto Matteotti in poi, il coro antifascista si fece unanime rifiuto.
DORSO nella sua "Rivoluzione meridionale", parte da tale questione per arrivare a descrivere due fasi del fascismo: quello "delle origini", teorizzato come LOTTA DI CLASSE DELLA PICCOLA BORGHESIA, e quello "del regime", ovvero d'èlite che aveva precluso la via alla rivoluzione, e che per questo avrebbe (secondo lui) costretto Mussolini a subire la vendetta dei "fiancheggiatori", forti dell'astrazione del concetto di libertà sostenuto dagli Aventiniani; sbagliò evidentemente a non tener conto dell'abilità del duce, che ne fece un punto a suo favore.
NITTI dall'esilio accostava il fascismo al bolscevismo, come due negazioni integrali del sistema liberale e della democrazia; ma anche lui fallì, nel pensare che mentre il bolscevismo era sorretto da un'ideale, il fascismo dsi basava solo sulla violenza empirica, e non avrebbe avuto durata. Un altro esempio di avvicinamento di tali ideologie è di STURZO: ne "L'Italia e il fascismo", in francese; il fondatore del PPI afferma che il fascismo sia un figlio della guerra, nato come riflesso del mito bolscevico, di una politica incerta perchè appariva come una trasposizione del socialismo in chiave nazionalistica, tanto da far sembrare bolscevismo il vero socialismo. Secondo Sturzo, nonostante ora si fosse potuto affermare al potere per la neutralità della classe dirigente, la sua intrinseca contraddizione tra le componenti conservatrice e fascista ne avrebbe minato l'esistenza.
Gli altri scritti sulle origini del fascismo, nati propriamente nel clima della EMIGRAZIONE ANTIFASCISTA, nacquero nella CONCENTRAZIONE ANTIFASCISTA DI PARIGI; che però è in gruppo poco originale, ed è meglio tenere in considerazione alcune voci autorevoli ai suoi margini.
TURATI in "Fascismo, socialismo e democrazia" sostiene che il fascismo fosse un fenomeno internazionale dovuto al processo degenerativo del capitalismo dopo la IGM, suo elemento fondamentale, incontro di interessi plutocratici con i nuovi ceti, con la complicità di governi imbelli che non avevano capito che l'antibolscevismo fascista era solo un pretesto per atteggiarsi a salvatore. Questa l'interpretazione chiave, che mutò solo per arricchimento: NENNI sostenne che non fu solo un moto di reazione politica e sociale, ma che su questo sentimento seppe abilmente speculare.
Altre voci, gli ANTICONCETRAZIONISTI, antifascisti eterodossi che si ponevano la domanda non sul come, ma sul PERCHE' del sorgere del fascismo. DONATI, ad esempio, individuava che il fascismo non fosse nè un'avventura, ma una malattia cronica della storia e del carattere degli italiani, relativo alla crisi del parlamentarismo non meno che a "mali antichi", di cui sarebbe stato la rivelazione e che avrebbe spazzato via.
ROSSELLI fu l'eterodosso per antonomasia, e studiò il fascismo come gigantesco ritorno ai secoli passati, come un fenomeno di adattamento e rinunzia invece che une rivoluzione, le cui radici erano remote; e sottolineò un aspetto fondamentale , quello dell'AUTONOMIZZAZIONE della dittatura dalle forze che avevano concorso a crearla.
Una terza voce era quella COMUNISTA, che in Italia avrebbe costituito la tesi antifascista più convinta e convincente, se non fosse per l'influenza della "componente sovietica" già esaminata. Esplicative della completezza di questa visione del fascismo, furono le TESI DI LIONE pubblicate in occasione del III congresso del PCI: la XV in particolare lo inquadrava come una politica antioperaia, ma appoggiata da tutti indistintamente i vecchi gruppi dirigenti, con una unità ideologica che di certo non era rivoluzione, anzi coalizione per resistere a tentativi rivoluzionari.La lucidità delle tesi portò TOGLIATTI a dare il suo parere: "A proposito del fascismo" parlò di SISTEMA DI REAZIONE INTEGRALE, tipica interpretazione marxista, che però arricchì con un'argomentazione sociale che indicava che il fascismo, nato in seno alla piccola borghesia, ebbe una evoluzione radicale per la pressione della grossa borghesia e degli agrari che lo informarono all'antiproletarismo:conseguenza di una struttura economica debole, quindi, e tipicamente italiana. Benchè minate dall'interpretazione socialfascista (anche la socialdemocrazia è borghesia e quindi fascismo) dell'internazionale comunista, le lezioni di Togliatti furono politiche quanto basta, anche per la metodologia storiografica.
La tendenza del '25 e del decennio successivo era sostanzialmente unanime dunque: di vero storicismo si poteva parlare solo con Nenni e Salvemini, e ancora più con TASCA, che non solo tracciò un quadro degli eventi completo e critico, ma cercò di tracciarne la storia interna, che era un "dovere politico" per gli antifascisti, ma che non si doveva limitare all'esteriorità o a poche interpretazioni, ma doveva definirlo nei dettagli; ruolo non facile negli anni del regime, in cui la letteratura era soprattutto apologia e propaganda (tranne VOLPE, che si dette dignità legando il fascismo ai precedenti post-bellici e alla sua caratterizzazione sociale, che dalla borghesia si allarga al popolo minuto e sarebbe rivoluzione sociale, se non si fosse data al fascismo per paura di un nuovo e maggiore caos dopo la crisi economica), e lo stesso fascismo cercava di ricostruire la propria posizione con le opere di Mussolini e Gentile che qui non interessano perchè non possono definirsi storiche, quanto ideologiche.

CAPITOLO 4-
Il dibattito dopo la liberazione
Dunque negli anni del regime il dibattito rispecchiava le componenti politiche e ideologiche in campo. La strada indicata dal Tasca di un superamento sembrava impossibile; questo IMMOBILISMO CULTURALE ha varie ragioni:
1) emergevano nuove forze (socialisti, cattolici),e si valorizzava la LORO storia
2) era ancora difficile accedere alle fonti del fascismo
3) esso era ancora una piaga troppo fresca perchè potesse essere studiato in chiave storica; come dice Croce, sarebbe stato possibile solo quando le forti antitesi che aveva lasciato si fossero calmate, e il senso di repulsione passato.
Ecco perchè negli anni '40-'50 dominarono le tre interpretazioni classiche, che se non altro hanno avuto il pregio di mettere in rilievo la complessità del fenomeno fascista, che non è semplicemente accantonabile come FOLLIA DEMONIACA COLETTIVA, e che la sua condanna deve innanzi tutto prendere le mosse da una sua comprensione storica.Oggi ci sembra ovvio, ma furono queste stesse forzature a mettere in atto il meccanismo critico che ha portato a superarle.
I primi a polemizzare furono Croce e Chabod, con la rivelazione e la parentesi; ma la strada così aperta non trovò seguaci, e gli studi degli anni '50 si concentrarono più sulla crisi dello stato liberale, sui partiti e sull'opposizione, che sulla vera e propria storia del fascismo.

CAPITOLO 5-
Gli orientamenti più recenti della cultura e in particolare della storiografia
La svolta decisiva è stata negli anni '60: le schematizzazioni rigide avevano stancato, e nuove curiosità accorsero poltre che sulle origini, sul regime e sui suoi meccanismi. Benchè la SOCIOLOGIA abbia contribuito poco, la STORIOGRAFIA si nè convertita alle affermazioni del Tasca e si è soffermata sui particolari più minuti del regime, per sviscerarlo senza tralasciare la sua italianità.
Questo non significa certo RIABILITARE (la RETTUNG temuta da Croce) il fascismo e il suo capo: il giudizio storico non è cambiato. Gli studiosi vogliono però dubitare di tutto e tutti, cercare prove, tentare ricostruzioni:che non è ricerca di revivismi, ma iniziare una fase nuova in cui le vecchie interpretazioni si vanificano e se ne creano di nuove, frutto di nuove analisi e ripensamenti, stavolta come un tutto unico senza censure.

CONCLUSIONE-

Tutte le interpretazioni fin qui presentate non vanno mai in considerazione singolarmente, questo non per vanificarle, ma per non perdere mai di vista una concezione di insieme, che qui tentiamo di SCHEMATIZZARE:
1-GEOGRAFO-CRONOLOGICAMENTE il fascismo è stato un fenomeno europeo, sviluppatosi tra le 2 guerre mondiali; è impossibile confrontarlo con paesi extraeuropei, per situazioni che costituivano presupposti e radici del fascismo, anche se marginali, prettamente europee:lo sbocco fascista non sarebbe stato inevitabile, e la guerra ne fu la causa scatenante.
2-SOCIALMENTE non fu solo una classe a sostenerlo, è vero; ma i suoi più ardenti fautori sono nella piccola borghesia: i CETI MEDI, entrati in crisi dopo la IGM, per la mobilità sociale e la scarsa integrazione tradussero la propria frustrazione in desiderio di rivincita, che il fascismo seppe sfruttare facendosene interprete.
Per non scadere nell'unilateralità, ricordiamo anche il proletariato, che risentì vari contraccolpi, e i giovani, super partes, che contribuirono a formarlo.
L'èlite raggiunto il potere seppe però autonomizzarsi dalle forze che l'avevano aiutata.
Ma per distinguere i VERI fascismi dai VARI totalitarismi, da non dimenticare che questo regoime anticlassico non tentò mai di escludere le masse, ma anzi, di farle sentire sempre integrate e mobilitate (vero motivo del consenso che ottenne).
Altre analisi potrebbero riguardare le componenti antitetiche che lo vivificarono: vecchio e nuovo, conservatore e riformista, tutti aggettivi però riconducibili ai ceti medi, che si incastravano tra capitalismo e proletariato, e a cui il fascismo sembrava rivolta, lotta di classe.
3-POLITICAMENTE si può individuare una "base"fascista primitiva, molto radicale, che fu incapace di opporsi alla sua stessa liquidazione politica nel m'22, con il compromesso che avrebbe letteralmente trasformato il regime: nato in un ambiente di intensa mobilitazione e vivace contestazione, divenne più moderato con un'èlite sempre fondata su peculiarità piccolo e medio borghesi: la grande borghesia ne traeva vantaggi ma non lo accettò mai del tutto, perchè temeva l'intervento dello stato nell'economia, e vedeva la politica diventare sempre più aggressiva e allontanarsi un proprio tornaconto. Quanto al proletariato, l'adesione fu decisamente meno vasta.
Ecco liquidate le tesi che vorrebbero il fascismo semplicemente come uno sbocco del capitalismo:il suo punto forte è in realtà la media borghesia, e non quella alta (e poi, perchè il capitalismo avrebbe dovuto ma dare al potere una corrente così instabile e particolare come il fascismo?).
4-ASPETTI BUROCRATICO-ECONOMICI essi non sono propriamente connessi con il fascismo; sono più legati alla necessità dei tempi, allo svilupparsi di una società di massa, al mutamento delle funzioni dello stato (previdenza sociale, contratti collettivi), cui il fascismo seppe ben adattarsi.
5-RIVOLUZIONE come fenomeno ne ebbe indubbiamente il carattere: questa è una particolarità che non va rifiutata, ma capita, pena non comprendere il legame di fondo del fascismo con la società di massa, il suo innovare il vecchio concetto di regime e le sue differenze con le rivoluzioni contemporanee: la RIVOLUZIONE DEI VALORI è la VERA rivoluzione.

 

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