Riassunto storia medievale

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Riassunto storia medievale

3. LE INVASIONI E I REGNI ROMANO BARBARI

Tra il IV e VI sec. in seguito a irruzioni di nuove popolazioni e a fattori economici, politici e militari, molti popoli migrarono all’interno dell’Impero Romano. Ciò portò alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (ultimo imperatore Romolo Augusto) e alla formazione di nuovi regni.

CHI SONO I BARBARI?

I Barbari erano coloro che vivevano al di là del limes (confine dell’Impero Romano) e che non condividevano la loro cultura. Costoro si caratterizzavano in quanto si spostavano continuamente.

L’IRRUZIONE DEI BARBARI NEI TERRITORI DELL’IMPERO

STORICI FRANCESI/ITALIANI: le invasioni barbariche causarono il regresso della civiltà STORICI TEDESCHI: la migrazione dei popoli permise lo sviluppo della storia europea

Dal II sec. in poi i rapporti tra Romani e Barbari furono intensi e a partire dal III sec. molti Barbari entrarono a far parte dell’esercito romano, raggiungendo cariche militari importanti. Il loro rapporto entrò in crisi nel IV sec., quando i Barbari approfittando dell’indebolimento politico ed economico dell’Impero Romano e della vulnerabilità delle difese militari romane, varcarono militarmente il limes, per creare stanziamenti stabili. A loro volta i Barbari stanziati sul limes erano spinti da popolazioni orientali che si spostavano verso l’Occidente, a causa dell’irruzione degli Unni. Tra queste popolazioni vi erano i Goti che diedero vita a 2 raggruppamenti: VISIGOTI (Goti Occidentali) e OSTROGOTI (Goti Orientali). I Visigoti autorizzati dall’Imperatore Romano d’Oriente, Valente, valicarono il limes, oltrepassarono il Danubio e devastarono le regioni de Balcani Meridionali. L’imperatore Valente cercò di difendere il proprio regno ma venne sconfitto e ucciso nel 378 ad Adrianopoli. Gli imperatori romani decisero di bloccarli  usando una politica basato sui sistemi della HOSPITALIS e FOEDERATIO.

HOSPITALIS: concessione di 1/3 delle terre o delle tasse di una data regione alle popolazioni barbariche, in cambio  di fedeltà all’impero e di appoggio militare anche se rimanevano indipendenti.

FOEDERATIO: alleanza stretta in cambio di compenso.

I Visigoti nonostante si fossero dichiarati foederati dell’impero d’Oriente, dopo Adrianopoli, sotto la guida di Alarico I saccheggiarono Roma nel 410. Alla morte di Alarico I si spostarono in Gallia Meridionale dove dovettero affrontare gli Alemanni e i Franchi. Prima che Roma fosse saccheggiata crollò la frontiera del Reno (406-407), la quale fu oltrepassata da diverse popolazioni dirette in Gallia (Vandali, Alani, Svevi, Burgundi). Questi popoli si scontrarono contro i foederati dell’impero, Franchi e Alemanni, il quale compito era di difendere il confine renano.

I BURGUNDI riuscirono a stanziarsi nella Gallia centro-meridionale.

Gli altri furono costretti dai foederati a stanziarsi in Spagna, dove dovettero affrontare i Visigoti, i quali al loro volta avevano dovuto lasciare la Gallia Meridionale a causa della forte pressione franca.

I VISIGOTI si stanziarono in gran parte della Spagna e costrinsero: SVEVI a ritirarsi nell’odierna Galizia

ALANI a ritirarsi nell’odierno Portogallo

VANDALI a ritirarsi nell’Africa settentrionale (conquistarono territori attorno Parigi)

Nello stesso periodo la Britannia, parte settentrionale dell’Impero, venne attaccata dai Pitti, abbandonata dalle guarnigioni militari, chiesero attraverso la foederatio ad alcune popolazioni germaniche. Questa mossa si rivelò fatale perché molte tribù cercarono di creare insediamenti stabili.

Nel 450 le regioni dell’Europa centrale subirono incursioni a opera degli Unni, i quali erano guidati da Attila. Costoro si fermarono prima di Roma, perché Papa Leone I li fece recedere probabilmente dietro concessione di ingenti  bene. Nel 476 quando Romolo Augusto venne deposto e sostituito da Odoacre, gran parte dell’Impero d’Occidente era nelle mani dei Barbari. Gli Imperatori d’Oriente cercarono di recuperare l’Italia attraverso il sistema foedaratio, favorendo lo stanziamento di una popolazione alleata. Infatti l’imperatore Zenone fece entrare in Italia gli Ostrogoti


guidati da Teodorico. Alla fine del V sec. nella parte occidentale dell’Impero si formarono dei regni romano-barbarici nata dalla fusione politico-istituzionale romana e organizzazione sociale barbara.

CARATTERISTICHE COMUNI DEI EGNI ROMANO-BARBARICI

In tali regni i barbari erano in minoranza e il problema della convivenza fu risolto attraverso la giurisdizione e l’amministrazione precedente integrate con quelle barbare. Gli stessi sovrani barbarici preferivano usare la codificazione scritta in lingua latina, dimostrando così l’incontro culturale tra Barbari e Romani. La gestione amministrativa rimase nelle mani dei Romani. Sia i Romani che i Barbari dovevano riconoscere il potere regio sacrale. Il re aveva potere di giudicare e punire, ed era una guida militare. Cambia l’idea di cittadinanza:

PRIMA: godimento di diritti civili e politici

DOPO: legata all’esercizio delle armi. I guerrieri erano uomini liberi e potevano eleggere il re

FRANCHI, ANGLOSSASONI, OSTROGOTI, VISIGOTI, VANDALI

FRANCHI: il loro nome significa “uomo coraggioso”. Erano stanziati nelle sponde del Meno e nella parte settentrionale del Reno. Erano suddivisi in SALII (coloro che erano stanziati lungo il basso Reno) e RIPARUI (coloro che erano stanziati lungo il corso del Reno). Nel 430 furono foederati dei Romani. Il loro re fu Clodoveo, fondatore della stirpe merovingia. Clodoveo conquistò: il Regno di Siagro (nord della Gallia); Neustria (nuova terra dell’ovest); Austrasia (le terre dell’est). Clodoveo strinse rapporti con l’episcopato e con la Chiesa di Roma e si fece battezzare da Remigio, arcivescovo di Reims, in modo tale che i Franchi si potessero presentare come fedeli difensori della Chiesa. Nel 510 fece redigere la LEX SALICA in base alla quale il suo regno, dopo la sua morte, veniva diviso tra i suoi figli. Nell’VII sec. il potere dei Merovingi entrò in crisi a causa dell’accresciuto potere de maestri di palazzo.

ANGLOSASSONI: migrarono in Britannia orientale, dando vita a diversi regni regionali, e costrinsero i Britanni a rifugiarsi nei territori più occidentali. L’invasione anglosassone comportò la paganizzazione della Britannia la quale era stata cristianizzata in età romana. Nel VI sec. il monaco Agostino avviò una rienvagelizzazione e la fondazione della sede vescovile di Canterbury.

OSTROGOTI: erano guidati da Teodorico le quali connotazioni erano germaniche e bizantine. Quest’ambiguità si rifletteva sull’organizzazione politica del regno ostrogoto, infatti l’amministrazione era affidata ai funzionari romani, invece l’ambito militare e giuridico era affidato ai funzionari goti. Quest’incontro di culture si può notare anche negli edifici. Il rapporto tra Romani e Ostrogoti andò in crisi negli ultimi anni del regno di Teodorico e si ruppe alla sua morte, perché la lotta per la successione diedero il pretesto a Giustiniano d inviare truppe in Italia. Un conflitto che finì con la sconfitta degli Ostrogoti. (il conflitto duro circa 30 anni).

VISIGOTI: il loro regno si estendeva dalla Gallia meridionale a quasi tutta la Spagna. S’integrarono con la tradizione gallo-romano e ispanica. Vi era una forte influenza romana sull’ambito politico amministrativo. I Visigoti mantennero il loro credo ariano fino al VI sec. e ciò non ostacolò la convivenza con i Romani. Il loro regno venne abbattuto nel 711 in seguito alle invasioni islamiche.

VANDALI: occuparono l’Africa settentrionale. Attraverso persecuzioni contro i cristiani non ariani e per tale motivo questo regno romano-barbarico fu abbattuto immediatamente dai Bizantini nel 533, i quali erano guidati da Belisario (generale di Giustiniano), in quanto la popolazione era sfavorevole al domino vandalo.

 

 4. L’IMPERO ROMANO D’ORIENTE

GIUSTINIANO E LA “RENOVATIO IMPERI”

Giustiniano regnò dal 527 al 565. Obiettivo della sua azione politica di riunificare l’impero, riconquistando i territori della parte occidentale, dove si erano formati i regni romano-barbarici. Le sue principali azioni militari si concentrarono nel Mediterraneo contro: VANDALI (nell’Africa settentrionale); VISIGOTI (nella Spagna meridionale); OSTROGOTI (nella penisola italica). Tali imprese vennero condotte con successo da Narsete e Belisario. La guerra greco - gotica durò circa 20 anni (dal 535 al 553) e segnò il rollo della civiltà tardo-antica.


Teodorico (I° re goto in Italia) aveva conservato all’aristocrazia senatoria romana i privilegi tradizionali e un ruolo nella gestione politica della penisola, anche se i ruoli più importanti nell’esercito erano riservati ai Goti. Questo equilibrio tra Goti e Romani si sgretolò alla morte di Teodorico, per poi frantumarsi del tutto nella guerra contro i Bizantini. In un 1° momento i Goti e la classe senatoria difesero insieme l’attacco imperiale. In un 2° momento la classe senatoria passò al fronte bizantino dietro promessa di una posizione di privilegio economico e politico. Prima di ciò, però, avvenne la conquista della capitale Ravenna e la ritirata dei Goti al di là del Po’. Totila, re dei Goti, nel suo programma di conquista della penisola tentò di attaccare la classe senatoria. Egli concedeva libertà ai coloni dipendenti e gli impediva di versare canoni e tributi ai padroni. Quest’ultimi dovevano essere versati direttamente  al re e la libertà personale comportava l’obbligo di servire il re combattendo. Solo una minima parte dei coloni dipendenti aderì molti non lo fecero perché non credevano di poter migliorare le loro condizioni, anzi spesso combattevano a favore dei padroni. Totila riuscì a riconquistare la maggior parte della penisola ma Narsete riuscì a prevalere sui Goti e nel 553 la penisola fu assoggettata a Bisanzio. Ciò durò poco tempo perché dopo la morte di Giustiniano (avvenuta nel 567), nel 568 la penisola italiana venne occupata dai Longobardi e in seguito gli Arabi interromperanno l’egemonia bizantina sul Mediterraneo.

LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO ROMANO

Nel mondo romano le norme non venivano raccolte in codici e ciò funzionò fino a quando si mantenne un’unità culturale nelle diverse aree dell’impero, un sistema alimentato anche dalle scuole di diritto. Nel momento in cui tutto ciò venne a mancare, vennero raccolte compilazioni della tradizione giurisprudenziale romana. Nella I° metà del V sec., imperatore Teodosio, fece raccogliere in un codice la legislazione dell’impero con le leggi emanate da lui e dai suoi predecessori, escludendo la normativa dei giuristi. Giustiniano privilegiò soltanto quei giuristi che erano impegnati in un opera di recupero del diritto classico e post-classico in modo particolare ciò che riguardava il patrimonio giuridico dell’età repubblicana e del 1° principato. Il lavoro venne incorporato nella CORPUS IURIS  CIVILIS diviso in:

DIGESTO o PANDACTATE: sentenze e commenti dei più famosi giuristi del passato

ISTITUTIONES: trattazione completa semplificata e destinata all’insegnamento nelle scuole, ma che ebbe anche valore di legge

NOVELLAE: riguardavano diversi argomenti come diritto di famiglie, attività professionali, cariche ecclesiastiche.. CODEX: tutte le leggi emanate a partire dall’imperatore Adriano, le quali vennero selezionate e integrate con quelle emanate da Giustiniano. Giustiniano così consentiva di conservare memoria di quello che era stato il diritto romano, anche se così, perdeva la sua caratteristica di essere adattato alle diverse situazioni della realtà sociale.

LA RIFORMA AMMINISTRATIVA

Al termine della guerra in Italia contro i Goti, Giustiniano, emanò la PRAMMATICA SANZIONE (554) aveva l’obiettivo di restaurare gli antichi rapporti sociali e di dare al territorio un nuovo assetto amministrativo. Tale richiesta venne emanata su richiesta del vescovo Vigilio il quale scopo era di legittimare il dominio bizantino in Italia. Nello stato bizantino vi erano le PREFETTURE DEL PRETORIO che erano le maggiori circoscrizioni territoriali dello Stato; DIOCESI che avevano funzioni fiscale; quest’ultime erano divise in PROVINCAE ovvero delle unità territoriali primarie dell’amministrazione fiscale e giudiziaria. Inoltre si voleva restituire alla classe senatoria il patrimonio fondiario che le era stato sottratto nell’Italia meridionale da Totila. L’introduzione dell’insegnamento pubblico fallì in quanto vi erano le scuole episcopali e i monasteri. L’amministrazione della giustizia sfuggì al controllo dell’impero si preferì affidare ad una persona autorevole, scelta dalle parti in causa per il parere decisivo. Si giunse a ciò perché le spese processuali si dimostrarono molto costose.

L’IMPERO DOPO GIUSTINIANO

Alla morte di Giustiniano la condizione finanziaria era precaria, tanto da non poter pagare le truppe mercenarie che costituivano la maggior parte degli eserciti imperiali. In più le diverse etnie e culture e le distanze geografiche


rendevano difficili gli intervanti del potere centrale nelle aree periferiche. Nella 2° metà del VI sec,  l’impero bizantino era soggetto a forti pressioni sui diversi confini dei popoli ostili. Solo durante i regni degli immediati successori di Giustiniano si riuscì a mantenere l’integrità territoriale dell’impero bizantino a esclusione della  penisola italica, la quale era occupata dai Longobardi. Ciò svanì con la rivolta militare di foca (602) in cui venne ucciso l’imperatore bizantino Maurizio; allentamento del controllo sulle frontiere nord-est permettendo l’ingresso  di tribù di Avari e Slavi nella penisola balcanica; a sud-est i Persiani penetrarono in Armenia e nell’Asia Minore e nel 614 conquistarono Gerusalemme. Durante questa situazione l’imperatore bizantino Eraclio, anziché mirare alla riconquista dei territori occupati dai Persiani, attaccò il cuore dell’impero persiano e ciò avvenne proprio quando Costantinopoli era assediata da Avari e Slavi. Costantinopoli seppe resistere a tali attacchi e l’imperatore Eraclio riuscì a riconquistare tutti i territori occupati e in più ampliò i domini imperiali in Armenia. Al suo ritorno Eraclio cercò di superare l’opposizione dei Monofisti con il Monotelismo. Secondo quest’ultimo in Cristo vi sono 2 nature distinte, umana e divina, ma unite da una sola volontà. Tale dottrina anziché placare, ravvivò i contrasti teologici e la Chiesa occidentale la condannò come eretica.

I TERRITORI BIZANTINI IN ITALIA

Nel 568 i Longobardi giunsero in Italia ma non riuscirono ad avere il completo controllo territoriale della penisola, infatti molte aree rimasero sotto il dominio bizantino. I territori rimasti sotto il controllo bizantino vennero riorganizzate dal punto di vista amministrativo dall’imperatore Maurizio, il quale affidò all’ESARCA, tutte le funzioni pubbliche, amministrative, civili e militari. Egli risiedeva a Ravenna e controllava i territori bizantini della penisola assoggettati in sede locale a duchi, mentre la Sicilia era governata direttamente da Bisanzio. Il potere effettivo dell’Esarca veniva effettuato nell’attuale Romagna e nelle Marche settentrionale. Nelle altre zone i ducati si resero indipendenti. Nell’VIII sec quando i pontefici strinsero un alleanza con la dinastia franca dei Pipinidi (carolingi),  anche Ravenna venne ceduta alla Chiesa Romana dopo esser stata conquistata dai Longobardi e in seguito dai Carolingi. L’impero bizantino cercò di reagire militarmente nella penisola ma la conflittualità con i Longobardi e l’arrivo di truppe mercenarie romane segnarono nel XI sec la scomparsa dell’impero bizantino in Italia. La scomparsa avvenne solo dal punto di vista politico militare perché la sua influenza continuò persistere in alcune zone della penisola.

 

5.I LONGOBARDI E LE DUE ITALIE

L’ORIGINE DEI LONGOBARDI

I Longobardi irruppero in Italia nord-orientale attraversando le Alpi Giulie e sotto la guida del loro re Alboino. Loro costituivano un gruppo di individui basato sul credere in un qualcosa comune e per rafforzare tale tesi crearono un loro mito d’origine ORIGO GENTIS LANGABARDORUM secondo cui le loro origini sarebbero scandinave. Con certezza, però, si sa solo che alla fine del I sec si stanziarono nelle foci dell’Elba e che nel V sec migrarono in Pannoia (attuale Ungheria). Questa posizione era situata tra l’impero bizantino e il mondo barbarico. I Longobardi si allearono con i Bizantini nel conflitto contro gli Ostrogoti permettendogli così di giungere in Italia.

L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE DEI LONGOBARDI PRIMA DELLA MIGRAZIONE IN ITALIA

I Longobardi erano popolo esercito guidato dal lo re. Simbolo di regalità di quest’ultimo era la LANCIA, arma tipica dei cavalieri. Il re veniva scelto dagli ARIMANNI, uomini liberi che prestavano servizio militare. Gli arimanni si differenziavano dagli SCHIAVI, perché quest’ultimi erano dei veri e propri servi a cui veniva affidata la pastorizia e privi di qualsiasi diritto. Tra questi 2 strati sociali vi erano gli ALDI, i quali erano autonomi dal punto di vista economico ma nel loro agire erano limitati da vincoli giuridici. Nella società longobarda era presente la FARA ovvero famiglie con funzione d’unità militare che si rivelarono importanti durante le migrazioni. I capi supremi delle singole fare si chiamavano DUCHI e successivamente ebbero la funzione di intermediatori tra re e liberi. Gran parte dei


 

Longobardi credeva in culti religiosi di tradizione germanica solo alcuni diventarono cristiani di fede ariana quando giunsero in Italia.

LO STANZIAMENTO DEI LONGOBARDI IN ITALIA

I Longobardi quando giunsero in Italia cominciarono a conquistare le città settentrionali e posero le loro guarnigioni nelle vie di comunicazioni e in tutto ciò non trovarono resistenza da parte dei Bizantini. Alcuni storici sostengono che l’arrivo dei Longobardi sia stato favorito da alcune fazioni bizantine. Altri storici sostengono che abbiano sottovalutato l’irruzione longobarda e che non creassero stanziamenti stabili. I Longobardi conquistarono PAVIA la quale divenne la capitale del regno longobardo. I primi anni di stanziamento furono caratterizzati da una conflittualità interna tra duchi e sovrani che scoppiarono dopo la morte di Alboino. Secondo Paolo Diacono venne ordinata dalla moglie Rosmulda, la quale era stata costretta dal marito a bere dal cranio di suo padre (era una tradizione tribale). Il successore di Alboino fu Clefi dopo il quale, per un periodo di tempo (574-584) non fu eletto nessun re e in questo periodo i duchi longobardi conquistarono 2 nuovi insediamenti SPOLETO e BENEVENTO. Lo stanziamento longobardo fu un compatto violento con la società italica, in quanto verrà interrotta la tradizione politico-amministrativa precedente. I Longobardi ebbero dei punti di rottura con il clero, in particolare con i vescovi che difendevano la popolazione romana. La frammentazione politica dei Longobardi della 1° fase dello  stanziamento rendeva i Longobardi un facile bersaglio per i Bizantini, per questo motivo i duchi elessero un nuovo sovrano AUTARI, figlio di Clefi, e per creare il fisco regio, i duchi gli cedettero la metà ei propri beni. Autari fu il  primo re longobardo ad aggiungere “Flavio” al suo nome, facendo così richiamo a Teodorico. Autari sposò Teodolina, figlia del duca di Baviera, la quale scelse, secondo Paolo Diacono, come successore di Autari, Agilulfo il quale era di origine turingia e nuovo sposo di Teodolina. Agilulfo portò a termine i progetti del suo predecessore morto improvvisamente nel 590. Agilulfo continuò a condurre una politica ecclesiastica autonoma. La regina Teodolina, cattolica, appoggiò il clero Tricapitolino (nato da una divisione della Chiesa) in modo da poter superare la contrapposizione tra Longobardi ariani e Romani cattolici.

IL CONSOLIDAMENTO DEL REGNO (VII SECOLO)

Nei territori conquistati i Longobardi istituirono dei ducati e le attività dei duchi erano affiancate a quelle di funzionari minori: CENTENARI che erano dei capo-villaggio e GASTALDI che avevano la funzione di gestire aziende agricole. L’organizzazione politica, militare e amministrativa era presente sia nelle città sia nelle campagne. Nelle campagne Longobardi entrarono in contatto con la popolazione romana di cui era formata da alcuni che facevano parte della classe senatoria che erano diventati piccoli proprietari. Il consolidamento del regno longobardo, avvenuto nel VII sec, è testimoniato dal ruolo crescente della capitale Pavia e dalla promulgazione di un codice di leggi. Infatti nel 643 per volontà di ROTARI vi fu la prima raccolta scritta di leggi e delle usanze tradizionali dei Longobardi, il tutto era scritto in lingua latina testimonianza dell’incontro cultuale. I Romani continuavano a vivere secondo le norme del loro diritto romano. Uno dei principali scopi dell’editto era di eliminare la FAIDA, giustizia privata, che venne sostituita con il GUIDRIGILDO in caso di uccisione o lesione era previsto un prezzo da risarcire in base allo status sociale e giuridico degli individui.

L’ESPANSIONE DEL REGNO LONGOBARDO E L’ORIGINE DEL POTERE TEMPORALE DEI PAPI

LIUTIPRANDO (712-744), re dei Longobardi fece raggiungere al suo dominio la massima potenza. Approfittò dell’indebolimento di Bisanzio per occupare l’ESARCATO e altri territori sotto il controllo bizantino. Conquistarono il CASTELLO DI SUTRI e anziché restituirlo all’autorità bizantina lo donarono alla Chiesa di Roma. A questa donazione, nel passato, è stata attribuita un importanza decisiva considerandola l’atto costitutivo del potere temporale dei papi. In realtà era soltanto una delle tante donazioni che a quel tempo venivano fatte alle Chiese e ai Monasteri, anche se in questo caso, acquistava un indubbio valore politico perché segnava il riconoscimento della sovranità che il papa esercitava su Roma e sul territorio circostante, esautorando il governatore bizantino. Anni più tardi venne redatta,  la DONAZIONE DI COSTANTINO, uno dei  più noti  falsi della  storia,  secondo  cui  l’imperatore  Costantino,


guarito dal papa Silvestro I da una grave malattia, per riconoscenza glia abbia donato alla Chiesa di Roma i territori occidentali dell’impero. Tale donazione, in realtà, era una giustificazione del progetto papale di assumere direttamente la guida del ducato di Roma e dei domini bizantini in Italia.

LA FINE DEL REGNO LONGOBARDO

Nel VIII sec vi fu una nuova alleanza costituita da papi e Franchi. Nel 751 ASTOLFO, re dei Longobardi, conquistò Ravenna, per cui il papa Stefano II chiese l’intervento dei Franchi i quali con 2 spedizioni guidate dal re Pipino il Breve riconquistarono a vantaggio della Chiesa di Roma i territori occupati dai Longobardi. L’ultimo re longobardo, DESIDERIO, cercò di interrompere il legame tra Chiesa e Franchi, facendo sposare sua figlia Ermengarda con il figlio di Pipino, Carlo (Magno). Il papa Adriano I temendo un attacco longobardo chiese aiuto a Carlo che ripudiò la moglie e discese in Italia tra il 733 e il 774 sconfiggendo i Longobardi e conquistò Pavia. Desiderio venne fatto prigioniero, mentre suo figlio Adelchi si rifugiò dai Bizantini. Solo i Longobardi di Benevento mantennero la loro indipendenza, difendendola con le armi, ma che comunque venne spazzata via con l’arrivo dei Normanni nel XI sec.

 

 7. I FRANCHI E L’EUROPA CAROLINGIA

DAI MEROVINGI AI CAROLINGI

Dopo la morte di Clodoveo, il regno franco fu diviso tra i 4 figli, secondo la legge salica (legge che non permetteva il diritto di primogenitura). Superate le contrapposizioni interne, nel giro di pochi decenni, i Franchi conquistarono la Borgogna, la Turingia e la Provenza, estendendo il loro dominio su quasi tutta la Gallia. Per breve tempo, CLOTARIO I, riuscì ad assumere il controllo di tutto il regno. I suoi figli CHILPERICO I (re della Neustria) e SIGIBERTO I (re dell’Austrasia) avviarono un periodo di conflittualità dove emerse BRUNILDE, vedova di Sigiberto I, la quale assunse la guida del regno. Costei rappresentava un simbolo della conflittualità tra il vecchio regno di Austrasia e la nuova Francia. In questo conflitto emerse CLOTARIO II (figlio di Chilperico I), il quale fece uccidere Brunilde. Clotario II rafforzò l’organizzazione politico-amministrativa del regno consolidando il suo potere nei 3 regni regionali: AUSTRASIA, NEUSTRIA, BURGUNDIA. La vittoria di Clotario II avvenne anche grazie all’appoggio di ARNOLFO (vescovo di Metz) e PIPINO IL VECCHIO (maggiordomo di Palazzo del regno merovingio d’Austrasia). Quest’ultimi furono a capo della rivolta dell’aristocrazia e del clero d’Austrasia. Il matrimonio tra la figlia di Pipino e di Arnolfo permise di unificare gli interessi delle 2 famiglie dando vita alla dinastia dei ARNOLFINGI o PIPINIDI o CAROLINGI da cui nacque CARLO MARTELLO. Gli esponenti di questa famiglia riuscirono a ereditare la carica di maggiordomo e poterono usufruire del matrimonio fondiario del re che fu usato per creare nuove clientele militari attraverso la distribuzione delle terre. I Carolingi sopravvalsero i Merovingi merito anche di Carlo Martello che vinse contro una spedizione militare islamica (732). L’ultimo sovrano dei Merovingi fu rinchiuso nel’abbazia di Saint-Bertin e gli vennero tagliati i capelli, simbolo di suprema forza. Ciò venne fatto da PIPINO IL BREVE figlio di Martello. Pipino, re dei Franchi, per legittimare il proprio atto e il diritto della propria dinastia a guidare il popolo dei Franchi si fece consacrare con l’olio santo da Bonifacio. Quindi la sacralità pagana dei Merovingi venne contrapposta alla sacralità cristiana dei Carolingi. E per rafforzare la loro operazione all’interno del regno avviarono un’operazione denigratori nei confronti dei Merovingi.

DA PIPINO IL BREVE A CARLO MAGNO

L’ascesa al potere dei Carolingi comportò una ripresa dell’espansione franca. Pipino il Breve organizzò una spedizione in Italia contro i Longobardi, in cui vinse e riconsegnò al pontefice l’ESARCATO e la PENTAPOLI, questo passo segnò l’alleanza con la Chiesa di Roma (tra il 754 e 756). Cercò di consolidare la presenza franca nella Gallia Meridionale. Dopo la sua morte (768), il regno venne diviso tra i suoi 2 figli CARLO e CARLOMANNO. Quest’ultimo morì precocemente e di conseguenza il regnò passò nelle mani di Carlo (Magno).

Carlo: nel 772 avviò una guerra trentennale contro i Sassoni e la vittoria gli permise di controllare i territori a est del Reno; conquistò i territori della Germania Meridionale e iniziò a espandersi nella penisola iberica; conquistò il regno


longobardo dove controllarono i luoghi del potere civile, militare e religioso e in caso d’infedeltà avveniva una sostituzione con l’aristocrazia franca o di popoli alleati. Questa conquista di Carlo Magno completava il progetto di legittimazione avviata da Pipino. Il principale alleato era la Chiesa di Roma, di cui Carlo Magno era il difensore. Questo ruolo venne formalizzato quando aiutò Papa Leone III il quale era stato aggredito durante la lotta tra le famiglie dell’aristocrazia e il giorno di Natale Carlo Magno venne incoronato imperatore. Dopo l’800 Carlo Magno, anziché continuare ad espandere il proprio regno cerco di rafforzare i propri domini.

UNA CORTE, TANTE CORTI

Nel regno franco non c’era una vera e propria capitale, i sovrani risiedevano in palazzi costruiti all’interno della proprietà della corona, il FISCO REGIO. A partire della fine dell’VIII sec Carlo Magno elesse come residenza principale la città di AQUISGRANA e qui ebbero importanza la CAPPELLA PALATINA e la REGGIA. Nella Reggia vi erano diversi funzionari; la gestione dell’amministrazione centrale era affidata a un laico e ad un ecclesiastico (non più al maggiordomo). Vi erano le figure del CONTE PALATINO (esercitava l’alta giustizia per conto del sovrano e  coordinava altri funzionari) e dell’ARCICAPPELLANO (era responsabile dei numerosi ecclesiastici che vivevano a  corte e gestiva la cancelleria regia in cui vi erano gli atti pubblici). Per rendere leggibili tali atti venne creata la carolina un modo di scrittura. Carlo Magno chiamò alla sua corte i maggiori intellettuali, che diedero via alla scuola palatina, il quale compito era di istruire il clero.

DOPO CARLO MAGNO

Carlo Magno attraverso la Divisio imperii divise il regno tra i suoi 3 figli, due dei quali morirono precocemente e il regno passò nelle mani di LUDOVICO, detto il PIO. Egli nella prima fase del suo regno favorì un ricambio degli uomini di corte. Ludovico nell’817 promulgò la disposizione legislativa ORDINATIO IMPERII in cui stabiliva che il territorio venisse diviso tra i suoi figli LUDOVICO, PIPINO e LOTARIO, tale disposizione venne effettuata attraverso  per sottrarre il regno d’Italia a BERNIGIARIO, figlio di suo fratello Pipino. In seguito Ludovico emanò la CONSTITUTIO ROMANA con la quale si stabiliva che il papa, eletto da clero e dal popolo romano, avrebbe dovuto prestare giuramento di fedeltà all’imperatore prima di essere consacrato. Dall’830 nacquero delle conflittualità interne dovute al cambiamento dell’Ordinatium imperium causata dalla nascita del 4° figlio Carlo. In un primo momento i conflitti nacquero nei confronti del padre, in seguito tra di loro. Quando Pipino morì: CARLO (aveva il controllo sui territori a ovest); LUDOVICO (aveva il controllo dei territori a est del Reno); LOTARIO (aveva il controllo sulla Lotaringia e regno d’Italia).

Carlo e Ludovico si giurarono fedeltà reciproca di fronte ai rispettivi eserciti. Seguirono 30 anni di equilibrio. Ma le contraddizioni dell’impero emersero quando Ludovico II, figlio di Lotario morì senza lasciare eredi, l’impero attaccato da Normanni e Saraceni, indebolì il potere imperiale. L’impero carolingio iniziò a cessare di esistere nell’881 dal momento in cui non vi furono eredi di Ludovico II e chi governava, Carlo il Grosso, era un incapace. Cessò definitivamente di esistere quando Carlo il Grosso fu deposto (887)

 

8. CONTI E VASSALI, FEUDI E COMITATI

L’incontro del modello di organizzazione sociale dei Franchi e dei Galli-Romani formò un acculturazione reciproca, fino a formare i rapporti VASSALATICO-BENEFICIARI ovvero un contratto stretto liberamente tra 2 persone le quali s’impegnavano alla fedeltà e al mantenimento. La fedeltà che il vassallo giurava al suo signore di cui aveva ricevuto ospitalità o fonti di reddito veniva cambiato con il feudum. Con questi tipi di rapporti il re si attorniava di capi  militari e funzionari, i quali reclutavano combattenti creandosi così una cerchia clienterale. La concessione dei beneficio, necessaria per legare a sé numerosi fedeli, presupponeva un ampio patrimonio. Era anche vero che disporre di ampie clientele permetteva di avere sempre maggiori risorse. Si venne a creare un aristocrazia potente sia nei confronti del sovrano che dei propri fedeli. Infatti anche gli uomini liberi che non disponevano di un patrimonio sufficiente per attorniarsi di una clientela non potevano partecipare all’esercito e alla vita pubblica. Le


grandi aziende e le corti assorbivano le piccole proprietà e gli ex piccoli proprietari. Questo meccanismo risultò duro per il regno longobardo la cui economia si basava sulla piccola proprietà. L’introduzione del sistema economico e sociale dei Franchi comportò nella parte centro-settentrionale dell’Italia l’aumento delle grandi proprietà e l’uniformazione sociale dei lavoratori della terra in contadini dipendenti.

L’ORGANIZZAZIONE AMMINSTRATIVA DEL’IMPERO CAROLINGIO

Nell’impero carolingio, all’interno dei doversi regni vennero designate delle circoscrizioni pubbliche dette “COMITATI” a capo dei quali vi era funzionari pubblici con il titolo di CONTE. Questi avevano il compito  di provvedere all’amministrazione della giustizia; convocare e guidare l’esercito; esigere tasse e imposte; fare svolgere servizi pubblici. Nelle zone di confine e di nuova conquista dove era necessario un maggior impegno militare i distretti, chiamati MARCHE, avevano una maggiore estensione ed erano affidati a funzionari chiamati MARCHESI. Grandi distretti erano anche i DUCATI, alcuni dei quali ebbero un carattere nazionale, nel senso  che rappresentavano una forma di riconoscimento dell’identità nazionale di alcuni popoli che erano stati inglobati in maniera non stabile nell’impero, come i Baveresi e Bretoni. I territori venivano assegnati a personaggi legati al sovrano da un rapporto vassallatico-beneficiario. A causa dell’ampiezza del territorio il sovrano decideva di assegnare le cariche pubbliche a quei uomini che nei singoli territori godevano di prestigio e di molte proprietà. Per controllare tali personaggi, all’interno dei loro distretti, vennero inseriti i MISS DOMICI ovvero i fedeli diretti del re. I Miss Dominici appartenevano alla più alta aristocrazia del regno; erano sia laici che ecclesiastici; diffondevano sul regno le leggi emanate dal sovrano

L’ISTITUTO DELL’IMMUNITA’. VERSO L’AFFERMAZIONE DEI POTERI LOCALI

L’istituto dell’immunità limitava l’autorità dei funzionari pubblici, i quali non potevano esercitare il loro potere (riscuotere tasse e amministrare la giustizia) sulle proprietà immuni, specialmente su quelle degli ecclesiastici.

 

 10. LA CITTA’

LA CITTA’ VESCOVILE

I Romani quando occupavano nuove zone ristrutturavano o creavano centri di insediamento secondo un progetto preciso. Al centro della città c’era il FORUM ( piazza principale in cui si svolgeva il mercato) sul quale si affacciavano gli edifici pubblici: PALATIUM (residenza imperiale, sede del potere politico); PRAETORIUM (sede dell’amministrazione locale); CURIA MUNICIPALE (sede del senato locale). La crisi economica dell’impero colpì le città ma causò solo l’eliminazione di piccoli centri. Le città restanti riuscirono a sopravvivere grazie ai cambiamenti dell’impianto urbano e della sua organizzazione. Elemento centrale di questa trasformazione fu la presenza del VESCOVO in città. Nelle città vennero costruite CATTEDRALI ed edifici correlati come Palazzo del vescovo, Battistero, Cimitero. Questi edifici erano separati dell’abitato da cinta di mura e sorgevano o in un area sopraelevata o protetta da corsi d’acqua. Tali edifici vennero costruiti in modo da poter controllare il traffico commerciale. Dell’impianto romano venne conservato il Foro che venne riadattato come piazza di una chiesa.

CONTINUITA’ E CAMBIAMENTO: IL DIBATTITO STORIOGRAFICO

Secondo lo storico Henri Pirenne la funzione essenziale della città è quella commerciale e che a causa  della conquista degli Arabi e quindi alla fine degli scambi commerciali sicuri nel Mediterraneo, essa diventa solo un centro di insediamento protetto da mura. Secondo Robert Lopez, che definisce la città “uno stato d’animo”, essa in diversi momenti, ha avuto diverse funzioni: amministrativa, politica, religiosa e culturale.

ISTITUZIONE E POTERI FRA CITTA’ E CAMPAGNA

Vi era una distinzione tra le città conquistate dai Longobardi e dai Romani

 CITTA’ LONGOBARDE: i ducati non sempre ebbero a capo un centro urbano; la loro cultura rimase di stampo tribale fino allo stanziamento in Italia infatti l’organizzazione del territorio era basata più sulle campagne che sul centro urbano.


 CITTA’ ROMANE: nelle città risiedevano i fondiari, le autorità pubbliche, amministrative e giurisdizionali; in esse venivano raccolti i canoni e le vendite.

Quando i carolingi conquistarono il regno dei Longobardi vi fu una sorta di “rinascimento”. Le città vennero valorizzate sia nelle loro funzioni giurisdizionali sia nel loro impianto urbanistico. Testimonianza di ciò sono le LAUDES CIVITATUM (componimenti poetici). I comitati erano situati al centro della città, e in essa dovettero convivere vescovi e conti.

MERCATO E COMMERCIO URBANO

La città rimase sempre il ruolo privilegiato per lo svolgimento del mercato. Nonostante l’espansione islamica e la rottura dell’unità del bacino del Mediterraneo, il commercio con l’Oriente non venne mai spezzato anche se vi fu un mutamento nella quantità e nella qualità dei traffici. La funzione commerciale era importante anche nell’Italia meridionale soprattutto nelle coste dove si riscontrava anche l’attività manifatturiera. Nei centri urbani la continuità del potere pubblico era espressa dalla presenza e dall’autorità vescovile. I vescovi controllavano le principali vie commerciali delle città e dei suoi porti fluviali. I vescovi riuscirono ad ottenere il diritto di ricavare guadagno connessi ai pedaggi e alle tasse, cosa che contribuì all’arricchimento dei vescovi e delle città.

I CITTADINI

Nelle città risiedevano mercanti e artigianati e anche proprietari fondiari che vivevano di rendita e tra di loro non vi fu distinzione di ceto. La documentazione privata testimonia che dal X sec. I mercanti milanesi investivano su proprietà fondiarie e che molti proprietari preferivano vivere in città anziché nelle loro aziende agricole.

 

11. ALFABETISMO E CULTURA SCRITTA

 

Dal 4 secolo la capacità di scrivere andò concentrandosi nelle mani di un numero sempre minore di persone. Il mondo romano era altamente alfabetizzato, ma con la sua crisi scomparvero le scuole e questo portò al degrado. Si può distinguere un alto livello di istruzione legato a pochissimi, e una generale analfabetizzazione, che riguardava anche il saper leggere. Restarono tuttavia in piedi le scuole cristiane, che attorno al 6 secolo divennero anche le scuole per i laici. Dall’8 secolo, accanto alle scuole vescovili sorte presso le chiese cattedrali si diffusero anche quelle monastiche. Carlo Magno si applicò in particolare alla riforma liturgica (uguale per tutti i chierici), il miglioramento della formazione del clero, la riaffermazione dell’importanza della scrittura nell’amministrazione. Ai bambini la lettura fu insegnata secondo il metodo classico (apprendimento delle lettere, sillabe, memorizzazione delle frasi).

Più raro fu l’insegnamento della scrittura. La formazione superiore riguardava le arti del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (matematica, geometria, musica, astronomia).

 

 

 13. IL TRIONFO DEI POTERI LOCALI NELLE CAMPAGNE E NELLE CITTA’

UN CONCETTO AMBIGUO: FEUDALESIMO

Il termine feudalesimo venne coniato nel 700 ed è stato impiegato per indicare realtà di diversa natura: modo di produzione (Marx); civiltà europea del X-XIII sec. (Bloch); norme che regolavano le relazioni vassallatico- beneficiario. La parola “FEUDO” trae origine dell’antico germanico “fihu” che significa gragge/bestiame. Questo termine assunse il significato del tardo latino “beneficium”.

Il BENEFICIO: concessione patrimoniale che il senior faceva al vassallo in cambio di servizio reso. Questa connessione tra servizio e beneficio porta a considerare FEUDO l’ambito territoriale in cui il vassallo prestava servizio.

La storiografia contemporanea distingue le diverse componenti del rapporto vassallatico-beneficiario.


1° FASE (VIII-IX sec): diffusione del rapporto vassallatico-beneficiario nell’impero carolingio. Questo sistema rendeva legale i rapporti clientelari fra il sovrano e i suoi funzionari.

2° FASE (IX-X sec): dopo l’impero carolingio, l’aristocrazia s’impadronisce del potere. I conti, i duchi e i marchesi diventano dinasti nell’ambito del loro territorio che continuavano a gestire in base al sistema vassallatico- beneficiario.

3° FASE (XI-1°metà del XII): la frammentazione del potere pubblico avviene anche nei territori comitali e marchiani affidati ai vassalli dei conti. Punto fondamentale di questa organizzazione è il castello.

4°FASE (2° metà XII): i signori locali vengono assoggettati ai regni attraverso strumenti giuridici che costituiranno il diritto feudale.

La storiografia tedesca dell’800 con il termine “ANARCHIA” intende che dopo la frantumazione dell’impero carolingio, i re deboli abbiano ceduto parti di potere in feudo a signori che a loro volta ne avevano  concessi  ad alteri, creando una piccola piramide feudale, al cui vertice vi era il RE successivamente il VASSALLO DEL RE, i VALVASSORI, i VALVASSINI.

Nel 900 la storiografia francese e tedesca attribuisce le cause di anarchia allo sviluppo dei poteri (più che alla cessione) che i grandi proprietari potevano esercitare sui loro uomini.

Dopo la 2° Guerra Mondiale la storiografia francese ha elaborato una TEORIA MUTAZIONISTA, secondo cui sarebbe venuta a mancare la capacità di controllo dei funzionari regi sui loro territori.

LA FRAMMENTAZIONE DELL’IMPERO CAROLINGIO

Il CAPITOLARE DI QUIERZY emanato da CARLO IL CALVO nell’877 stabiliva che in assenza del re, i figli maschi dei feudatari avevano il diritto di esercitare le funzioni del padre in sua assenza. Questo fu il primo passo in direzione dell’ereditarietà dei feudi. Dalla fine del IX conti e marchesi esercitarono le loro funzioni senza controllo delle autorità pubbliche. La legittimità del potere si basava sul fatto di essere in grado di esercitarla ovvero possedere cospicue risorse economiche ed avere un congruo numero di fedeli armati. Per quanto riguarda il potere pubblico, CORRADO II, nella prima metà dell’XI sec (1037) emanò la disposizione “EDICTUM DE BENEFICIIS” stabilendo che nessun vassallo poteva essere privato del beneficio ottenuto senza una giusta causa che comunque doveva essere giudicata dal tribunale o dal sovrano. Con l’Edictum beneficiis, in sostanza, venivano resi ereditari anche i feudi minori.

L’INCASTELLAMENTO

A seguito degli attacchi della cavalleria degli Ungari e delle navi saracene e della perdita progressiva di  autorevolezza degli esponenti della dinastia carolingia si diffuse una sensazione d’incertezza che probabilmente favorì il fenomeno dell’INCASTELLAMENTO. Ogni proprietario in grado di costruire una fortificazione la realizzò e in essa si trasferirono molte persone che erano accomunate dal bisogno di protezione. Tale fenomeno servì anche per estendere l’autorità del grande proprietario sia sui coltivatori sia su tutti i residenti che si trovavano nella grande proprietà. Venne modificato anche il paesaggio, infatti, scomparvero o diminuirono le abitazioni che sorgevano sui poderi e a ridosso delle mura dei castelli si concentrarono le coltivazioni di maggior pregio.

SIGNORIA FONDIARIA, SIGNORIA TERRITORIALE

In seguito all’incastellamento molti grandi proprietari terrieri si trasformarono in signori territoriali. La storiografia distingue 2 forme di signoria (i singoli uomini a quel tempo non erano consapevoli di tale distinzione:

SIGNORIA FONDIARIA: consisteva nell’insieme dei poteri che un proprietario esercitava sui lavoratori di condizione servile e sui coloni liberi che lavoravano le sue terre.; riscossione dei canoni in natura e in denaro, donativi fissati da clausole contrattuali; gli assoggettati dovevano prestare opera da svolgere sulle terre signorili e il proprietario doveva dirimere le controversie che potevano svolgersi nell’ambito del suo patrimonio.

SIGNORIA TERRITORIALE: è legata all’incastellamento. I poteri signorili si estendevano oltre sulle persone economicamente soggette anche sugli abitanti di un determinato insediamento. All’interno del castello il signore


poteva richiedere prestazioni di lavoro, esercitava la giustizia e poteva dirimere le controversie. Riscuoteva tasse quali: FODRO, ALBERGARIA (obbligo di ospitalità al sovrano e ai suoi ufficiali), CURADIA (tassa sul mercato), RIPATICO, PONTATICO. Inoltre riscuoteva una tassa, chiamata FOCATIUM, per la protezione che esercitava.

Nelle diverse signorie una stessa persona poteva essere soggetta a più signori, che entravano in conflitto tra loro e  si combattevano attraverso azioni di saccheggio e di rapina. Alla morte del signore il castello poteva essere venduto liberamente in più parti. Alcuni documenti di compravendita attestano la divisione di un castello fino a 18 parti.

LE CITTA’ E I VESCOVI

Nelle città vi erano le sedi episcopali e il vescovo riuniva periodicamente negli spazi le istanze della cittadinanza e venivano discussi i problemi comuni per trovare una soluzione. Il vescovo nelle città aveva potere spirituale e civile (miss domini in età carolingia). Con la fine dell’impero carolingio, i vescovi mantengono il loro potere e durante le Seconde Invasioni provvidero alla difesa urbana, costruendo delle mura per difendere la città dagli attacchi dei pagani: UNGARI, SARACENI e dai MALI CHRISTIANI che erano i detentori dei poteri signorili nel territorio e i loro vassalli. Nell’Italia centro-settentrionale molte sedi episcopali ottennero dai sovrani il riconoscimento del loro ruolo urbano e ottennero oltre alla IMMUNITA’ anche la DISTRICTIO ovvero avevano la possibilità di obbligare/costringere.

 

 14. IMPERO E REGNI NELL’ETA’ POST-CAROLINGIA

AL DI FUORI DELL’IMPERO: LA FRANCIA POST-CAROLINGIA

Dopo la crisi dinastia carolingia, il potere effettivo dei re di Francia, si ridusse in un’area limitata attorno a Parigi. Dopo alcune contese per impossessarsi del potere regio, ci riuscì la famiglia dei ROBERTINGI con UGO CAPETO. Tale famiglia in seguito venne ribattezzata con il nome CAPETINGI. Il re aveva poteri limitati, riusciva a governare sui territori che riusciva a controllare direttamente, sui territori del suo patrimonio personale. Egli si differenziava dagli altri signori per la sua autorità d’ordine morale e religioso. Dopo l’887 in Gallia si costituirono oltre al REGNO DI FRANCIA , quello di PROVENZA (che verrà assorbita dalla Borgogna) e di BORGOGNA ( aveva un ruolo importante nella regione dell’Alto Rodano, dove passavano vie di comunicazione tra i territori alpini).

IL REGNO ITALICO

Alla fine dell’impero carolingio, il regno italico mantenne la sua estensione geografica ovvero la parte settentrionale escluse le zone costiere e la parte dell’Italia centrale. La mancanza di una discendenza diretta dai carolingi causò  una fase di conflittualità per il regno. I protagonisti furono 4 famiglie: duchi e marchesi di SPOLRTO, TOSCANA, IVREA, FRIULI. Per taluni decenni si contesero il regno la famiglia del Friuli e di Spoleto ma nessuno riuscì a prevalere sull’altro. Venne richiesto l’intervento di RODOLFO, re di Borgogna (re d’Italia dal 924-926) e poi l’aiuto di UGO CAPETO, re di Provenza (re d’Italia 926-946). La politica di quest’ultimo era contro l’alta aristocrazia italica di origine carolingia. Gli uomini che emersero durante il suo regno erano di famiglie longobarde. Costoro a differenza dei carolingi non avevano rapporti internazionali ma attraverso le armi, garantivano al re, maggior controllo del territorio. Ugo lasciò il regno al figlio LOTARIO che morì dopo 4 anni. Il nuovo re divenne BERENGIARO II, marchese d’Ivrea. Costui rafforzò il suo potere dando cariche importanti ai suoi fedeli e umiliando o annientando gli avversari. Infatti la moglie di Lotario, Adelaide, venne rinchiusa in una fortezza ma verrà liberata da Alberto Atto, vassallo di Lotario. Venne chiamato in aiuto Ottone I, re di Germania, il quale giunto in Italia sposò Adelaide pere legittimare il potere e si fece incoronare re d’Italia. A causa della precarietà degli equilibri politici italiani non detronizzò Berengiaro II, però fu costretto a giurargli fedeltà.

IL REGNO TEUTONICO E L’INCORONAZIONE IMPERIALE DI OTTONE I

Nel regno dei Franchi orientali (regno teutonico) venne eletto re ARNOLFO DI CARINZIA, esponente della dinastia carolingia. La sua morte e la minore età del figlio crearono un periodo di conflittualità tra gli esponenti delle famiglie aristocratiche che miravano al potere regio.


Il re di Germania, che veniva eletto dai “grandi del regno”, aveva il ruolo di giudice supremo e di guida militare (faceva parte della stirpe ducale). Secondo alcuni storici con CORRADO I DI FRANCONIA, re di Germania (911), avvenne la NASCITA DELLA GERMANIA perché tutte le stirpi tedesche si riunirono sotto la guida di un unico re. Alla morte di Corrado I venne eletto ENRICO I DI SASSONIA. Suo successore fu il figlio OTTONE I IL GRANDE (regno 936- 973), egli cercò di ristabilire nuovi legami con i grandi del regno, laici ed ecclesiastici. Sua intenzione era di cercare una rete amministrativa tra il centro del regno e la periferia. I conti, i duchi e i vari signori territoriali esercitavano autonomamente una propria sovranità (non erano più funzionari o rappresentanti del potere regio). Secondo alcuni studi gli stessi signori ecclesiastici non erano volenterosi esecutori del re, in quanto la loro fedeltà verso il sovrano era dovuta alla condizione di profitto che ne traevano. Ottone I, oltre a conquistare il regno italico, fu impegnato contro gli Ungari che vennero sconfitti nel 955 nel fiume di Lech (Baviera). Per legittimare il ruolo sacrale del re richiamò dall’età carolingia, dalla tradizione imperiale romana e bizantina aspetti simboli del potere come: l’abito, lo scettro, la corona, i cerimoniali di corte, rito della sacra unzione. Ottone I, seguendo la tradizione carolingia, promulgò il PRIVILEGIUM OTHONIS con cui riconosceva le proprietà e i diritti della Chiesa di Roma; e rifacendosi alla Constitutio Romana di Ludovico Pio, stabilì che il papa dopo esser stato eletto dal clero e dal popolo di Roma doveva prestare giuramento all’imperatore. Si ponevano così le basi di una conflittualità tra impero e chiesa che però non si manifestò in età ottanianza per la debolezza papale causata da contese per la carica papale che seguirono ad una successione di papi amorali.

L’IMPERO DAGLI OTTONI AI SALII

Ottone I cercò di rafforzare la propria posizione in Italia a danno dei domini bizantini del Meridione. Tale progetto di espansione militare fallì, per tale motivo avviò un’azione diplomatica con il matrimonio di suo figlio Ottone I con Teofano, nipote dell’imperatore bizantino Zimisce. Però il progetto di acquisire l’Italia meridionale fallì perché la principessa era la nipote e non la figlia. Il successore di Zimisce, BELISARIO II, inoltre rinnegò le scelte del predecessore. Ottone II fece fronte, ma fallendo, alla spedizione contro i Saraceni. Quando Ottone II morì vi fu una crisi. Suo figlio OTTONE III ancora piccolo poté succedergli solo ai 16 anni (996). La successione gli venne garantita dalla madre e dalla nonna. Il primo atto di governo di Ottone III fu la nomina a pontefice di Gerberto D’Aurillac, che prese il nome di Silvestro II. A differenza di Ottone I, Ottone III, non stabilì dei legami con i grandi dell’impero, in quanto riteneva che la sua autorità e sovranità fossero garantite dalla sacralità del suo titolo. Il suo progetto di rinnovamento prevedeva la sottomissione dei vescovi al papa. A causa di sollevazioni di esponenti dell’aristocrazia italica e romana venne cacciato da Roma e si rifugiò in un monastero dove morì. Non ebbe figli si conseguenza neanche eredi e di conseguenza si riaccese la conflittualità per il potere regio. ENRICO II, duca di Baviera, fu eletto  re di Germania (1022-1024), il quale aveva una stretta parentela con i Sassoni. Egli, a differenza di Ottone III cercò di rafforzare la propria autorità nei confronti dei poteri locali. Sconfisse Arduino d’Ivrea che aveva cercato di ricostituire un regno d’Italia indipendente. Enrico II non riuscì a mantenere la corona regia nelle mani della sua famiglia, in quanto non ebbe figli. Venne eletto CORRADO II (1024-1039), duca di Franconia, appartenente la famiglia dei Salii, famiglia che mantenne il potere regio per 4 generazioni.

 

 15. L’ANNO MILLE: CONTINUITA’ E TRASFORMAZIONI

I TERRITORI DEL MILLE

L’anno mille scoccò più volte perché il sistema di datazione era diverso da una località all’altra. L’idea che  il millennio potesse coincidere con eventi apocalittici era ristretto a una cerchia. Vi era il mito che un angelo avesse imprigionato Satana per 1000 anni e che passati questi sarebbe uscito dalla sua prigione e avrebbe sedotto le nazioni.

CONTINUITA’ E  DISCONTINUITA’ DELL’ECONOMIA. L’ESPANSIONE AGRARIA


Dall’VIII sec fino alla metà del XIV sec vi fu un aumento della crescita demografica. A tale fenomeno vennero date diverse spiegazioni: riprese dei commerci, innovazioni tecnologiche e miglioramento dell’alimentazione. Tale crescita costrinse a ricercare nuove quantità di risorse. Le nuove tecnologie intensificarono lo sfruttamento delle fonti  energetiche:  MULINO,  GIOGO  FRONTALE  DEI  BOVINI,  COLLARE  DEL  CAVALLO  e  ROTAZIONE  TRIENNALE.

L’elemento importante fu l’allargamento degli spazi di coltivazione. Si diede inizio a un fenomeno di occupazione di terre, di dissodamenti, di colonizzazione. L’ampliamento della superficie coltivata si ebbe sia in zone incolte all’interno delle curtes, sia in ambienti abbandonati dove i signori cercavano nuovi spazi di potere, attirando nuova popolazione con la promessa dell’esenzione fiscale (nascita di “ville nuove”, “borghi franchi”. Tra la fine del XI e l’inizio del XII sec si ricavarono nuovi terreni dall’acqua). La curtis subì trasformazione nelle varie parti d’Europa: grandi dove erano forti le sollecitazioni del mercato cittadino più lieve nelle zone meno urbanizzate. La tendenza  era quella di ridurre la riserva padronale e di estendere l’area a diretta gestione dei coltivatori, così essi potevano impiegare meglio sulle loro terre il tempo che avrebbero dovuto dedicare alla riserva padronale, ricavando di più e potendo pagare canoni in denaro. Dal punto di vista economico non vi fu una mutazione improvvisa ma un miglioramento.

LA “MUTAZIONE FEUDALE”

Avvenne la mutazione feudale, cioè la nascita di una forma di controllo politico del territorio definita “SIGNORIA DI BANNO”, da parte dei grandi proprietari.

FRA POLITICA ED ECONOMIA: L’ANNO MILLE COME SINTOMO

Secondo Duby, la mutazione feudale portò anche un cambiamento sull’economia, facendo emergere una nuova domanda da parte ei signori di banno che per soddisfare i loro bisogni incrementarono la produzione. Secondo Pierre Bonnassie l’accumulo economico favorì l’ascesa di un’aristocrazia capace di minare il potere regio e di provocare la nascita della signoria.

IL NUOVO  MONACHESIMO E LA RIFORMA DELLA CHIESA

VERSO LA RIFORMA DELLA CHIESA

Un contributo importante al rinnovamento della Chiesa venne dal mondo monastico, che sentì di dover dare una credibilità morale alla chiesa stessa. La riforma monastica non contestava le ricchezze e i beni ecclesiastici ma proponeva un modello di chiesa basato sulla preghiera e sulla purezza del corpo. Principali esponenti furono i MONACI DI CLUNEY. L’abbazia di Cluny nacque come monastero privato ma riuscì ad acquisire autonomia grazie alla concessione dell’immunità da parte di Guglielmo duca d’Aquitania. Tali monaci non dipendevano dal vescovo della loro diocesi grazie all’esenzione papale. Furono proprio i Monaci di Cluny a creare la festa dei morti, inoltre costoro ribadivano il valore della verginità per chi volesse fare da mediatore tra il mondo terrestre e quello celeste. Cluny divenne una delle abbazie più ricche grazie alle donazioni dei potenti che pagavano in cambio delle preghiere dei monaci per salvare la loro anima. Non erano sottoposti al controllo del vescovo ma direttamente al papa. Costituirono una congregazione di priorati che influenzerà la storia della Chiesa sino al XII sec. In Italia vi erano piccole comunità monastiche che riprendevano l’idea dell’eretismo e gli ideali del primo monachesimo. Questo tipo di monachesimo si sviluppò anche in Francia come contrapposizione allo sfarzo di Cluny. Nacque l’ordine dei Certosini che anche se vivevano in grandi abbazie , trascorrevano tutto il giorno pregando nelle loro celle. Alcuni movimenti riformatori contestavano l’idea di SIMONIA DEL CLERO (ovvero l’acquisizione di cariche ecclesiastiche. Tale accusata venne lanciata contro i vescovi nominati dagli imperatori. Questi contestatori rafforzarono l’idea che solo il papa potesse decidere chi nominare e non l’imperatore) e di NICOLAISMO DEL CLERO (concubinato o matrimonio degli ecclesiastici). Si diffusero altri movimenti religiosi come quello PAUPERISTICO che predicava la povertà, la rinuncia dei beni e contestava l’alto clero locale. Esemplare fu la PATARIA (ispirazione pauperistica) che  si diffuse a Milano criticava la corruzione del clero milanese e cercavano di rafforzare l’autorità papale.

LA RIDEFINIZIONE DEL PAPATO


Nel 1046 un contrasto tra gruppi di potere romani aveva portato la presenza di 3 papi che si accusavano di simonia. Venne convocato un concilio a Sutri, da ENRICO III, che depose i 3 papi e nominò un vescovo tedesco che non apparteneva agli ambienti romani, CLEMENTE III. Il sistema della chiesa imperiale si basava su una selezione anche morale delle persone che dovevano ricoprire la carica vescovile. Tra i papi voluti da Enrico III, vi fu LEONE IX, che condusse una battaglia contro la simonia e il nicolaismo. Leone IX si scontrò con il patriarca di Costantinopoli sul controllo delle chiese locali in Italia meridionale e si giunse nel 1054 alla rottura tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli (ancora oggi presente). Leone IX morì lo stesso anno ma la sua opera fu continuata dai suoi successori. Successore di Enrico III, fu il figlio ENRICO IV, che essendo minorenne, non poté regnare , per cui le elezioni del papa tornarono nelle mani dell’aristocrazia (famiglia Canossa-Lorena) che scelse:

 NICOLO’ II: riprese la politica antisimoniaca; promulgò il DECRETUM ELECTIUM PAPAE secondo cui il papa doveva essere individuato dai cardinali-vescovi, poi venivano interpellati i cardinali-preti, infine il clero e la popolazione romana lo approvava e acclamava il nuovo pontefice.

ALESSANDRO II: non venne riconosciuto dalla corte imperiale. A lui si contrappose ONORIO II (eletto dall’imperatore).

ENRICO IV , GREGORIO VII E LA LOTTA PER LE INVESTITURE

La seconda metà dell’XI sec fu caratterizzata dalla lotta per le investiture che rappresenta il contrasto tra la chiesa e l’impero sulla possibilità degli imperatori di eleggere i vescovi. Nel 1073 (Enrico IV maggiorenne), per acclamazione popolare (no secondo il decreto di Nicolò II) venne eletto papa GREGORIO VII il cui progetto era di desacralizzare la carica imperiale. Gregorio VII mandò alcuni delegati in Germania con il risultato, inaspettato, che molti vescovi tedeschi si schierarono con Enrico IV. Da ciò ne segui una reciproca delegittimazione tra papa  e  imperatore. Gregorio VII promulgò il DICATATUS PAPAE secondo cui solo il papa poteva deporre i vescovi e l’imperatore e  poteva sciogliere i sudditi dall’ubbidienza verso il sovrano. Per risposta Enrico IV, nel 1076. Convocò a Worms un concilio di vescovi tedeschi in cui dichiarò deposto Gregorio VII. A questo punto Gregorio VII scomunicò i vescovi presenti a Worms e l’imperatore, sciogliendo così i sudditi dal dovere di fedeltà. Di questa situazione se ne approfittarono gli oppositori interni di Enrico IV. Per tale motivo Enrico IV dovette scendere a patti con il papa, si recò nel castello di Canossa (1076/77) in cui vi era il papa e la sua alleata contessa Matilde. Enrico IV  venne ammesso al cospetto del papa solo dopo 3 giorni e solo allora ottenne il ritiro della scomunica. Enrico IV riappropriatosi del potere tornò in Germania e continuando la sua politica, si approfittò dell’indebolimento militare del papa per convocare a Bressanone un sinolo di vescovi filo imperiali in cui venne eletto papa CLEMETE III, arcivescovo di Ravenna Wiberto. 4 anni dopo Enrico IV occupò Roma e insediò Wiberto a Roma. Il papa Gregorio VII venne portato in salvo da truppe normanne a Salerno, dove morì l’anno successivo. Anche dopo la morte del papa il conflitto tra impero e chiesa continuò, venne risolto solo nel 1122 con il CONCORDATO DI WORMS sottoscritto dall’imperatore Enrico V e il papa Callisto II in cui veniva stabilito che l’elezione dei vescovi doveva esser fatta dal clero e dal popolo della città, in più nel regno di Germania solo dopo l’elezioni l’imperatore poteva investire i  vescovi di funzioni e beni temporali.

 

LA COSTRUZIONE DELLE MONARCHIE FEUDALI

L’USO POLITICO DEI RAPPORTI FEUDALI DA PARTE DELLE MONARCHIE

Tradizionalmente le popolazioni germaniche attribuivano al re la funzione di mantenere la pace o condurre la guerra. Dal re delle genti si è passati al re del territorio. Per questo motivo le grandi monarchie europee provvidero a differenziarsi dai signori locali rivendicando titoli e funzioni superiori e instaurando con lo stesso gruppo relazioni vassallatico-beneficiaire da cui apparisse chiara la loro posizione di preminenza. I re rivendicavano la sacralità del loro potere con l’allestimento di liturgie di incoronamento e l’unzione di parte di autorità ecclesiastiche. In Francia e in Inghilterra si creò la mitologia dei taumaturghi, capaci di guarire i sudditi affetti da particolari malattie. Quando cominciarono ad affermarsi le monarchie, la gestione del potere stava andando in frantumi. Le relazioni feudali erano cambiate in quanto erano diminuiti gli obblighi del vassallo. Venne meno l’obbligo militare, anche perché ogni vassallo era legato a più signori e di conseguenza si creavano insanabili conflitti di priorità. Dalla fine del XI sec però i grandi principi territoriali iniziarono a richiamare la propria autorità sui vassalli. A quest’ultimi imposero di prestare un omaggio ligio, cioè il vassallo in caso di difficoltà doveva cedere un bene che gli veniva immediatamente  restituito in feudo. Altri principi e re per affermarsi provarono a controllare i diritti e le controversie dei propri vassalli. In più i sudditi in caso di delitti gravi si dovevano rivolgere al tribunale regio.


 

 

LA MONARCHA NORMANNA IN INGHILTERRA

GUGLIELMO duca di Normandia con la battaglia di Hastings (1066) conquistò l’Inghilterra ponendo fine alla monarchia ancglo-sassone. Prima della conquista la società inglese era formata in THUN che erano degli insediamenti rurali. Gli abitanti partecipavano alle HUNDRES (centene) che erano corti giudiziarie locali. Poi vi erano le SHIRES che erano le circoscrizione regionali in cui vi erano 2 figure: lo SHERIF che riscuoteva le tasse e l’EARL che era il comandante delle Shires. I normanni cancellarono i poteri degli Earls; costruirono molti castelli su delle unità fondiarie (manors). I manors di un unico detentore però erano distanti in modo da evitare che si creassero signorie territoriali. Nel DOMESDAY BOOK vennero registrate tutte le proprietà fondiarie del regno con l’estensione, il nome dei vassalli, numero di capifamiglia residenti, in modo da evitare appropriazioni indebite (era una sorta di censimento). Nella nuova organizzazione politica vennero conservate le Hundres e le Shires. Gli Sherifs vennero assimilati ai visconti e fino al regno di Enrico I avevano il compito di custodire i castelli regi e di riscuotere le tasse, ottenendo così un cospicuo vantaggio economico. Durante il regno di ENRICO II il loro potere venne ridotto, in quanto egli fece distruggere molte fortezze e migliorò l’amministrazione. I baroni se non volevano prestare servizio militare dovevano pagare una tassa. Enrico II cercò di sottomettere alla giustizia anche il clero, affermando la sua potestà giudiziaria con le ASSISE DI CLARENDON (1161-1166) cosa che provocò uno scontro con la Chiesa. Nel 1215 venne redatta la MAGNA CHARTA, nata dalla coalizione di chiesa e baroni, con questa veniva limitata l’eccessiva autorità del potere regio che intanto sotto il regno di Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra cominciò a scricchiolare in quanto vennero persi i possedimenti oltre la Manica permettendo ai francesi di estendersi.

I CAPETINGI IN FRANCIA

I primi 5 sovrani della dinastia capetingia, che regnarono nel XI sec, governarono in una fascia limitata posta tra la Loira e la Senna. Le cose cambiarono nel XII sec quando LUIGI VI iniziò a reprimere l’indipendenza dei signori di banno, i quali si erano appropriati delle prerogative pubbliche, chiedendo tasse a chiese e mercanti. Luigi VI iniziò a muovere piccole azioni militari contro i piccoli eserciti locali creando così un regno più unito in cui i deboli, chiesa e diritto venivano difesi. A causa di una questione di diritto feudale scoppiò uno scontro con i PLANTAGENETI, perché GOFFREDO, duca di Normandia e re d’Inghilterra, investì suo figlio ENRICO del ducato senza chiedere il consenso a LUIGI VII, il quale intraprese l’atto come un ostile affermazione d’indipendenza. Luigi VII mosse guerra riuscendo ad ottenere l’omaggio ligio da parte di Enrico, che poco tempo dopo ereditò tutti i territori divenendo principe. La guerra si riaprì quando la moglie di Luigi VII sposò Enrico, portandogli in dote l’Aquitania. Enrico 2 anni dopo  divenne re d’Inghilterra. Formalmente, Enrico, era un vassallo di Luigi VII però in realtà divenne più potente di questo, in quanto deteneva una grande porzione dell’attuale Francia. Lo scontro finì ne 1177 con il riconoscimento del rapporto vassallatico e il mantenimento dello status territoriale. Durante il regno di Luigi VII si registrò una crescita dell’autorità regia con la formalizzazione delle relazioni feudali tra vassalli e corona. Il sovrano ottenne l’omaggio ligio e affermò la superiorità giudiziaria del re. Questa formalizzazione feudale continuò anche sotto il regno di Filippo Augusto (1180-1123) il quale ingrandì il regno anche grazie al matrimonio con ISABELLA DI HAINAUT che portò in dote la regione dell’Artois. Inoltre riuscì a strappare a Riccardo Cuor di Leone e a Giovanni Senza Terra i territori oltre la Manica. Su questi territori intensificò i controlli attraverso l’ordine di 2 funzionari: i BALIVI (controllavano i beni posseduti dalla corona) e i PREVOSTI (raccoglievano i tributi).


LA MONARCHIA NORMANNA NELL’ITALIA MERIDIONALE

I Normanni giunsero nel Mezzogiorno italiano nell’XI sec quando vennero chiamati dai principi Longobardi e Bizantini in lotta tra loro. In cambio di aiuto i Normanni ricevettero la contea di Aversa e il ducato di Melfi, divenendo così signori territoriali. Il papa LEONE IX preoccupato di questa nuova presenza costituì un esercito ma venne sconfitto nel 1053 a Civitate. Nel 1059, papa NICOLO’ II stipulò a Melfi un patto con i 2 capi normanni: RICCARDO DI AVERSA e ROBERTO DI ALTAVILLA in cui si diceva che questi si sottomettevano al papato in cambio del principato di Capua e il ducato di Puglia, Calabria e Sicilia (quando l’isola sarebbe stata riconquistata ai musulmani). La Sicilia venne conquistata da RUGGERO e il loro principale strumento di affermazione fu la nomina dei titolari  della diocesi e ciò era giustificato dal fatto che Ruggero fu nominato dal papa LEGATO APOSTOLICO. Alla morte di Ruggero successe il figlio RUGGERO II, il quale riuscirà ad assumere il controllo dei domini continentali. Nel 1130 fondò il Regno di Sicilia di cui divenne re, egli approfittandosi dello scisma della Chiesa apertosi dopo la morte di Onorio II; ottenne dall’antipapa ANTICLETO II, la conferma dei diritti sui ducati, la dignità e il titolo di re per se e i suoi eredi. Nel 1140 convocò le ASSISE DI ARIANO, una serie di ordinamenti che estendevano il controllo del re sulle giurisdizioni dei feudatari. Lo scopo era quello di limitare il numero e la potenza dei vassalli del Regno (in gran parte baroni). Ciò venne fatto attraverso un censimento di feudatari e dei loro obblighi. Alla morte di Ruggero II esplose una rivendicazione e ribellione da parte dei nobili che comunque la monarchia normanna riuscì a gestire affermandola propria autorità regia. A Ruggero II gli succedette il figlio GUGLIELMO, a quest’ultimo gli succedette il figlio GUGLIELMO II. Dopo non essendoci eredi maschi la corona passò nelle mani di COSTANZA, figlia di Ruggero II. Costanza sposandosi con ENRICO VI portò il regno di Sicilia nelle mani della casa di Svevia.

I REGNI IBERICI E LA “RECONQUISTA”

Tra la fine del X e l’inizio del XIV sec si verificò la RECONQUISTA, un processo attraverso il quale alcuni piccoli regni cristiani del nord riuscirono a conquistare i territori musulmani grazie alla crisi del mondo musulmano. Il califfato iberico, diviso al suo interno in signorie territoriali entrò in crisi dopo la morte, nel 1022, del califfo AL-MANSUR. Nella penisola iberica, nella prima metà del XI sec, vi fu la nascita di 2 nuove entità politiche che avrebbero continuato l’espansione: CONTEA DI CASTIGLIA e ARAGONA. Successivamente in seguito a delle evoluzioni dinastiche il PORTOGALLO si separò dalla CASTIGLIA; e vi l’unificazione dell’ARAGONA con la CONTEA DI BARCELLONA. Dal punto di vista militare l’XI sec fu caratterizzato dall’avanzamento degli eserciti cristiani, che penetravano con facilità nelle zone periferiche del territorio musulmano, raggiungendo le regioni centrali della Spagna musulmana. A frenare l’espansione cristiana contribuì l’evoluzione del regno di Castiglia-Leon. L’espansione di questo regno avvenne sotto la guida di un’aristocrazia che venne ricompensata con terre e bottini ricavati con il sistema dei parias. Quest’aristocrazia nel XIII sec divenne potente tanto da minacciare la corona. Infatti oltre che in Francia, Inghilterra e Sicilia, anche in Spagna vi fu la necessità di riscrivere le relazioni tra regno e baroni. ALFONSO VI fu il primo a cercare la sacralizzazione del potere monarchico. Nel 1085 conquistò Toledo e si proclamò imperatore di tutta la Spagna. Nel XII sec il potere regio venne rafforzato e il problema del ruolo delle altre componenti politiche del regno venne risolto con la loro introduzione nei parlamenti: grandi assemblee rappresentative.

 

SOCIETA’ CITTADINA E ORIGINE DEGLI ORDINAMENTI COMUNALI

COME NACQUERO I COMUNI?

Dopo la dissoluzione dell’impero carolingio e la frammentazione del potere in signorie locali, i vescovi acquisirono tutti i poteri pubblici all’interno della città. Il vescovo veniva eletto dall’insieme di canonici e dai maggiorenni cittadini. All’interno delle cinte urbane il potere non veniva tramandato per via dinastica a differenza di quanto accadeva nelle signorie bannali. La società urbana che gestiva l’elezione del proprio vescovo era composta da: proprietari terrieri, mercanti e artigiani, e un ceto di esperti di diritto (giudici e notai)


MILANO E GLI “ORDINES” DELLA SOCIETA’ CITTADINA

A Milano nella prima metà del XI sec i CAPITANEI grandi vassalli della Chiesa arcivescovile si erano contrapposti ai VALVASSORES (vassalli dei capitanei) piccoli proprietari che richiedevano l’ereditarietà dei loro feudi. L’arcivescovo  si schierò con i Capitanei i quali ebbero la meglio. La situazione si complicò con l’intervento dell’imperatore CORRADO II che con l’EDICTUM BENEFICIIS garanti ai VALVASSORES la trasmissione ereditaria dei benefici e la possibilità di ricorso al tribunale regio in caso di controversie con i loro signori. Nonostante queste disposizioni favorirono l’aristocrazia minore, Corrado II non ebbe il loro aiuto nel tentativo di avere il controllo effettivo di Milano. Infatti quando decise di processare l’arcivescovo milanese e pose l’assedio alla città, si trovò a dover fronteggiare la difesa dell’intera cittadinanza (capitanei, valvassores e populus). Quest’ultimi ebbero la meglio dimostrando che nonostante ci fossero delle divisioni interne erano comunque uniti contro quel potere che potesse aggredire la loro indipendenza.

I COMUNI CITTADINI NELLA LOTTA PER LE INVESTITURE

Nei decenni centrali del XI sec sia il potere imperiale che l’autorità papale volevano gestire la nomina dei vescovi cittadini. Questi 2 poteri imposero alle città vescovi estranei alla società locale per avviare un processo di riforma  del clero urbano. Come prima reazione a questi tentativi di controllo si formarono all’interno della città 2 schieramenti opposti: 1) composto dal ceto dominante che voleva conservazione delle autonomie locali; 2) composto da coloro che erano favorevoli ai cambiamenti proposti dalla riforma.

LE PRIME ISTITUZIONI COMUNALI

Da questa situazione di conflitto emerse nelle città una volontà di pacificazione sociale che diede vita a un nuovo sistema politico: L’ORDINAMENTO COMUNALE. I cittadini si distaccarono dalla figura del vescovo e sostituirono la RIUNIONE SPONTANEA DEI CITTADINI DAVANTI ALLA CATTEDRALE con assemblee non elettive chiamate ARENGHI, le qual erano distaccate dalla cattedrale e dalla sua piazza. Tali assemblee elessero come rappresentanti dei CONSOLI. In tale consolato vi erano dai 2 ai 24 membri che guidavano questa innovazione istituzionale chiamata COMUNE.

BASI CULTURALI E IDEOLOGICHE DEL MOVIMENTO COMUNALE

Solo dal XII sec, grazie alla continuità degli archivi comunali, diventa possibile analizzare e studiare strutture sociali e istituzionali. Da questi archivi si sa che si fece ricorso al diritto romano come strumento base per la convivenza. Alcuni fattori furono espressione di una società sociale cittadina che con le sue regole si contrappose ai regimi di stampo signorile diffusi nel territorio. Tra questi fattori: l’uso del termine consolare per designare i magistrati; la partizione amministrativa della città in regiones o hores; la precisa definizione giuridica della cittadinanza in base al principio di residenza all’interno della cinta urbana.

LA CONQUISTA DEL CONTADO

Le città comunali in meno di 50 anni conquistarono molti territori CONTADI (territorio governato direttamente dai comuni cittadini) molti aristocratici che vivevano nelle campagne dovettero o scelsero di andare in città e partecipare alle nuove forme di azione politica che si formarono. Il sostentamento materiale della città dipendeva maggiormente dal mercato e dalle classi dominanti che ne dovevano garantire l’approvvigionamento. La concentrazione della proprietà terriera nelle mani dei cittadini comportò cambiamenti nell’organizzazione  del lavoro nelle campagne. I cittadini vedevano nelle terre una risorsa economica che li spinse a investire il loro denaro in proprietà fondiarie . vennero trasformati anche i rapporti di lavoro. I contratti agrari vennero stipulati per periodi più brevi e con stipendi fissi, indipendentemente dagli andamenti produttivi stagionali e la libertà personale dei coloni venne garantita maggiormente.

LA SPECIFICITA DEL FENOMENO: LE CITTA’ EUROPEE E DELL’ITALIA MERIDIONALE

La nascita delle istituzioni comunali segna una divaricazione tra le città dell’Italia centro settentrionale e delle altre regioni  europee.  Tutte  erano  accomunate  dalla  crescita  demografica  e  sviluppo  commerciale  ma  nelle città europee, dove l’origine sociale era più omogenea, artigiani e mercanti non reinvestivano i loro guadagni nella proprietà fondiaria. Nelle CITTA’ FRANCESI vi erano i COMUNI (l’autogoverno venne riconosciuto con un diploma regio) e le CITTA’ DI FRANCHIGIA (l’autonomia era più ristretta. Il governo della città rimaneva di competenza di un funzionario regio) quindi le città francesi rimanevano sotto il controllo regio. Le CITTA’ TEDESCHE furono soggette al potere dei vescovi e sottoposte alle dinastie ducali. L’Italia meridionale come le altre città europee non riuscì a sviluppare istituzioni autonome in quanto venne assoggettata dai Normanni.


 

 

 19. LA NASCITA DELLA CAVALLERIA E L’INVENZIONE DELLE CROCIATE

LA CAVALLERIA: UN NUOVO PROTAGONISTA DELLA STORIA EUROPEA?

Sulla questione dell’origine della cavalleria v sono diverse tesi:

MARCH BLOCH: nella seconda metà del XI sec l’affermazione del feudalesimo ha cambiato sempre più l’organizzazione sociale, circoscrivendo il mestiere delle armi ad un’elite formata da signori e dai loro vassalli. La specializzazione dell’uso delle armi è confermata da una cerimonia attraverso cui una persona poteva accedere al mestiere delle armi. Chi doveva divenire cavaliere otteneva SPADA e riceveva un colpo sulla gota o sulla nuca dalla mano del cavaliere più anziano. Questa cerimonia dal XII ha permesso di percepire i cavalieri come un gruppo sociale a sé stante che avrebbe avuto un proprio stato giuridico: la nobiltà. Egli propose di definire la nuova classe sociale con la denominazione: NOBILTA’ DI DIRITTO.

GEORGES DUBY: già nel X sec “miles” indicava sia guerrieri sia signori del castello che si stavano affermando. Successivamente il termine cavaliere si sarebbe esteso a tutto il ceto aristocratico. Egli sosteneva che tra le trasformazioni dell’anno 1000 vi era anche l’affermarsi di una nuova nobiltà che coincideva con la cavalleria.

FLORI: la cavalleria non è né un ordine né una classe ma una professione praticata da persone di ceto diversificato. Solo nel 1200 viene limitato l’ingresso. Per Flori non fu la cavalleria a trasformarsi in nobiltà ma fu quest’ultima ad appropriarsi della dignità cavalleresca. Alla fine del XII divenne una professione militare onorevole, un titolo.

I PRIMI CAVALIERI

All’interno dell’anno 1000 lo sviluppo delle signorie di banno nei castelli aveva portato alla necessità di MILITES ovvero persone umili che difendessero il loro signore e i suoi beni. Nel XI sec tale mestiere iniziò a specializzarsi. Infatti in base alla tipologia dei combattimenti in cui i cavalieri erano coinvolti si svilupparono nuove tecniche di combattimenti. Queste nuove tecniche comportarono lo sviluppo di armature più protettive e di conseguenza l’armamento era sempre più costoso e destinato ad un’elite sociale sempre più ristretta. Nelle famiglie vi erano i CADETTI ovvero i non primogeniti privi di beni personali e costretti a mettere a frutto l’unico mestiere che conoscevano quello delle armi. Quei cavalieri che non si erano affermati si univano in compagnie che si spostavano di corte in corte partecipando a combattimenti e tornei in modo da acquisire una base economica. Poi vi erano quei cavalieri che usavano la loro abilità nei saccheggi. Per tale motivo i vescovi con l’appoggio dei signori locali convocarono assemblee durante le quali facevano giurare ai cavalieri di astenersi alle violenze ingiustificate e di non usare le armi in certi giorni dell’anno (movimento della pace di Dio) ma dovevano essere difensori dei poveri, dei deboli, delle donne e dei bambini. La un insieme organico di 3 ordini: ORATORES (chi pregava per la salvezza delle anime di tutti); BELLATORES (chi combatteva per difendere se e gli altri); LABORATORES ( chi lavorava per produrre il sostentamento materiale per l’intero corpo sociale.

CAVALIERI E PELEGRINI: L’INVENZIONE DELLA CROCIATA

Anche nella Chiesa vi furono delle trasformazioni in particolare vi fu la diffusione del pellegrinaggio verso Roma e Gerusalemme per far espiare i peccati, per guarire da una malattia, per adempire a un voto. Quando venne scoperta la tomba di San Giacomo a Santiago de Composteia anche qui avvennero i pellegrinaggi. In tal posto vi era una guerra contro i musulmani (MORI). Il papa ALESSANDRO II                                                                                                                                                                emanò una BOLLA con cui concedeva indulgenza a chiunque avesse partecipato alla lotta contro i Mori spingendo così molti cavalieri   francesi


verso la Spagna. Papa URBANO II probabilmente, basandoci su fonti, scritte in epoca successiva, avrebbe fatto un appello di pacificazione ai nobili cavalieri cristiani che si combattevano per espiare i loro peccati dovevano intraprendere un pellegrinaggio armato verso Gerusalemme, occupata un ventennio prima dai Turchi. In realtà il concetto di CROCIATA è stato elaborato nel 1200 per indicare le spedizioni militari, per espandere militarmente la cristianità, per difendere i confini e per reprime i nemici interni della chiesa (eretici). Sino al XIII il termine crociata non è stato mai utilizzato nelle fonti.

IN ARMI VERSO LA TERRASANTA

L’invito di papa URBANO II venne accolto dai ceti popolari e cavalieri poveri animati da una confusa miscela di sentimenti religiosi e rivalsa sociale. Nacquero così le CROCIATE POPOLARI, guidate da predicatori itineranti. Questi pellegrini contro coloro che erano percepiti come nemici della cristianità (ebrei). Poi combatterono contro i Turchi  in Anatolia con esito disastroso e infine conquistarono Gerusalemme nel 1099. Nei territori conquistati vennero fondati diversi regni. Quello più importante fu quello di Gerusalemme affidato a Goffredo di Buglione, uno dei signori che aveva guidato la spedizione . il ceto dirigente di tali regni era formato da nobili e cavalieri che avevano partecipato alla crociata. Vennero istituiti ordini religiosi, formati da monaci-guerrieri, per difendere i luoghi sacri e per proteggere i pellegrini nel percorso in Terrasanta. Quest’ultima era importante sia dal punto di vista religioso sia dal punto di vista commerciale soprattutto per i rapporti con l’Oriente. La reazione musulmana comportò la conquista di molte città appartenenti alla cristianità, come Edessea nel 1144 che era posta vicino ad una importante rotta commerciale. Tra gli stati crociati emersero delle conflittualità e i Musulmani, guidati da SALADINO IL FEROCE riuscirono a riconquistare Gerusalemme nel 1187. Venne fatta una TERZA CROCIATA (1189-1192) in Terrasanta, guidata dalle maggior personalità del mondo cristiano: FEDERICO BARBAROSSA, FILIPPO AUGUSTO e RICCARDO CUOR DI LEONE. Il loro tentativo si rivelò inutile perché Gerusalemme rimase nelle mani dei musulmani, riuscirono ad ottenere solo alcuni territori costieri. Le prime 3 crociate si svolsero tra la fine del XI sec e la fine del XII sec.

LE MOLTE CROCIATE DEL XIII SECOLO

Nel XIII sec con i pontificato di INNOCENZO III, lo scopo delle crociate divenne quello di ricondurre alla cristianità tutti i territori che un tempo gli erano appartenuti (quindi anche l’impero bizantino). Nella 4 CROCIATA (1202-1204) però anziché sottrarre Gerusalemme ai musulmani, sottrassero COSTANTINOPOLI ad altri cristiani. Nei territori balcanici e in alcuni anatolici dell’impero bizantino fu creato il nuovo “IMPERO LATINO D’ORIENTE”. Negli stessi anni le crociate divennero un mezzo per reprimere i nemici della cristianità. Ad es. Innocenzo III scatenò una crociata contro i CATARI TOLOSANI della Francia meridionale (detti anche ALBIGESI) per aver ucciso un legato pontifico e contro il conte di Tolosa che aveva coperto gli assassini e concesse ai partecipanti vantaggi spirituali. Nel XIII sec vi furono le cosiddette CROCIATE DEL NORD che servivano ad ampliare i confini e per sottomettere popoli balcani  quali i Balti, i Livoni e i Lettoni. Queste crociate vennero condotte dai CAVALIERI DELL’ORDINE TEUTONICO. Innocenzo III fu promotore anche della 5° CROCIATA (1217-1221). Obiettivo era l’Egitto che serviva a poter organizzare la conquista dei territori attorno Gerusalemme. Questo progetto fallì a causa di contrasti interni al movimento crociato. Dopo pochi anni FEDERICO II, riuscì ad ottenere Gerusalemme, dopo una lunga trattativa con il sultano Al-Kamil ma dopo pochi anni Gerusalemme ricadde nelle mani dei musulmani. Le ultime 2 CROCIATE verso il Medio Oriente (1248-1254 e 1270) furono guidate dal LUIGI IX, re di Francia, ma si rivelarono 2 fallimenti. Con la morte di Luigi IX il progetto di riconquistare Gerusalemme fu definitivamente abbandonato.

 

 20. L’IMPERO BIZANTINO E L’EST EUROPEO

IL RESTRINGIMENTO TERRITORIALE

L’espansione islamica causò la perdita di molti territori dell’impero bizantino (Siria, Mesopotamia, Egitto, Armenia)  e anche il dominio sul mare. Nel 678, però, i bizantini riuscirono a difendere Costantinopoli grazie ad un’arma segreta FUOCO GRECO, una miscela che s’incendiava a contatto con l’acqua, impiegata soprattutto nelle battaglie


navali. A nord-est dell’impero si stanziarono prima gli Slavi e poi i Bulgari. I bulgari fondarono nel territorio imperiale uno stato indipendente tra il Danubio e i Balcani e nel 681 Bisanzio dovette riconoscerne la legittimità.

IL RIASSETTO AMMINISTRATIVO

Il restringimento territoriale dell’impero bizantino comportò un riassetto amministrativo. Il THEMA divenne la base dell’organizzazione ed era affidato allo STRATEGO che aveva sia potere militare che civile (non vi era una separazione dei poteri, la quale era una caratteristica dell’organizzazione statuale romana). Questi cambiamenti vennero avviati dagli imperatori MAURIZIO (582-602) e ERACLIO (610-641). Una delle finalità principale del nuovo ordinamento era di favorire lo stanziamento stabile dei soldati, gli STRATIOTI. A costoro venivano concesse le terre che potevano trasmettere ereditariamente ai figli insieme all’obbligo del servizio militare. Essi inoltre erano esentati da carichi fiscali ed erano stipendiati per il servizio militare, formandosi così un esercito nazionale. Le nuove entità  di base dell’amministrazione e dell’esazione fiscale furono le comunità di villaggio rurale. Vennero creati 4 ministeri: ESERCITO, FINANZE, AFFARI IMPERIALI, COMUNICAZIONI (scomparvero gli uffici di stampo romano). La lingua greca venne sostituita con quella latina e il diritto giustinianeo venne sostituito con le consuetudini di origine orientale. L’ideologia erede da quella romana non prevedeva la successione ereditaria al trono anche se si operava in modo da poterla assicurare nell’ambito familiare. Il concetto dinastico nacque nel X sec. agli inizi del VIII sec  l’impero bizantino aveva frontiere ristrette, l’economia era basata sull’agricoltura e un impianto circoscrizionale basato sui centri rurali.

LA CONTROVERSIA ICONOCLASTA

Nel 726 vi fu una lotta politica, quando l’imperatore LEONE III ISAURICO emanò un decreto in base al quale si vietava in tutto l’impero il culto delle immagini. Tale lotta era tra gli ICONOCASTI (negavano che il divino fosse rappresentabile) e gli ICONODULI (sostenevano che il divino fosse rappresentabile proprio per la sua reincarnazione). Secondo alcuni storici il provvedimenti dell’imperatore era un attacco contro gli ordini monastici che attraverso il culto delle immagini avevano influenza sulla popolazione. Secondo altri l’imperatore voleva accogliere le istanze spirituali delle aree più a contatto con i musulmani e gli ebrei. Tale lotta finì nel momento in cui cessò il pericolo arabo. L’11 marzo dell’842 venne riabilitato il culto delle icone.

 

IL PERIODO D’ORO

L’imperatore bizantino con la dinastia AMORICA e MACEDONE visse un periodo d’oro con rinascita economica e riconquistata di diversi territori come la CILICIA, L’ALTA MESOPOTAMIA, L’ARMENIA. Importante fu la conquista di CRETA perché segnò la fine dell’egemonia araba sulla navigazione e la ripresa di relazioni commerciali tra Bisanzio  ed Europa occidentale. Dal X sec vi fu un nuovo riassetto amministrativo: esercito d professionisti stipendiati (anziché a reclutamento regionale); amministrazione civile divisa da quella militare. Vi fu una rifioritura economica e commerciale, anche se la classe produttiva e mercantile regolava prezzi, modalità di produzione, di acquisto e di vendita dei prodotti in modo da creare un economia stabile. Vi fu una rinascita culturale nel campo delle arti e delle lettere. Nel campo giuridico il CODEX di Giustiniano venne sostituito con i BASILICI. Vi fu un processo di bizantinizzazione sugli slavi e su altre tribù che consisteva nella conversione al cristianesimo. Inoltre i bizantini portarono l’idea di Stato, nuove forme d governo e di diritto. Alla metà del XI sec si verificò lo SCISMA TRA CHIESA ORIENTALE E CHIESA OCCIDENTALE in cui i 2 papi si scomunicarono a vicenda. Le cause principali di questo scisma furono 2: controversia sull’iconoclastia; e il controllo della chiesa bulgara, in quanto i sovrani bulgari per sottrarsi all’influenza bizantina avevano chiesto aiuto alla chiesa di Roma.

IL MERCATO MEDITERRANEO E LE CROCIATE

Nel XI sec l’Occidente era in espansione e porti come quello di Amalfi e di Venezia erano fondamentali per i contatti con l’Oriente. Si affermarono i centri costieri del Mediterraneo occidentale, quali GENOVA e PISA. Queste 2 cacciarono i musulmani dalle isole di Corsica e di Sardegna in modo da assicurarsi una libera e sicura navigazione


commerciale. Venezia inoltre si approfittò delle difficoltà dell’impero bizantino. Infatti nel momento in cui i Normanni (dopo aver conquistato Bari nel 1071) condussero un attacco per via marittima nella penisola balcanica, Bisanzio chiese aiuto a Venezia. Questa gli concesse la sua flotta in cambio di esenzione da dazi e imposte nei porti bizantini. In questo modo i mercanti veneziano ottennero il monopolio degli scambi con l’Oriente. L’impero bizantino però cadde sia in recessione economica sia in quella politico-militare. Nel 1204 gli eserciti della 4° crociata anziché conquistare Gerusalemme, furono dirottati dalla politica veneziana a conquistare Costantinopoli.

L’IMPERO LATINO D’ORIENTE

 

Dopo la conquista di Costantinopoli l’impero fu diviso dai vincitori in diversi principati feudali. Quello che rimase ai bizantini venne organizzato in 3 diverse formazioni politiche: IMPERO DI NICEA sulle coste dell’Asia Minore; REGNO DI TREBISBONDA sulla costa meridionale del Mar Nero; DESPOTATO DI EPIRO sulla costa balcanica. Costantinopoli venne ripresa nel 1261 ma non mantenne più la sua grandezza, anche perché il commercio e le finanze rimasero nelle mani dei veneziani. Le risorse che l’amministrazione centrale riusciva a reperire servivano per il pagamento degli eserciti mercenari. L’impero cadde definitivamente quando il 29 maggio 1453 il sultano MAOMETTO II conquistò Costantinopoli.

 

 

21. IL RINNOVAMENTO CULTURALE

 

Si sentì l’esigenza, sia per motivi economici che politici, di fissare le cose per scritto. Dal 12 secolo il libro viene veramente utilizzato, con note marginali. Tra l’11 e il 12 secolo l’universitas designava una qualsiasi comunità organizzata e dotata di un proprio statuto giuridico. A Bologna (diritto) sembra che l’iniziativa sia partita dagli studenti, mentre a Parigi (teologia) i professori. Base dell’insegnamento era la lectio, la lettura di un testo di riferimento classico e autorevole, i commenti dei professori divenivano glosse e si istituirono così gli stacionarii (copiatori). I classici greci rientrarono nel mondo occidentale mediante la traduzione dall’arabo e la traduzione diretta dal greco (più affidabile), ma i commentari musulmani avevano arricchito tali testi. Nascono le lingue volgari.

 

 22. L’IMPERO E LA DINASTIA SVEVA

 

UN REGNO ELETTIVO E UNIVERSALE

 

Tra il XII e il XIII sec nel regno germanico non vi era il principio dell’ereditarietà e della trasmissione dinastica. Ogni nomina era soggetta all’approvazione dell’assemblea dei principi. La dignità imperiale era legata all’unzione pontificia conferendo un valore universale e sacrale. Alla morte di ENRICO V (1255) successe l’ultimo discendente della casata salica, LOTARIO DI SUPPLIMBURGO (1125-1137) che faceva parte della dinastia di Baviera. Successivamente, dai principi tedeschi, venne eletto CORRADO III DI HOHENSTAUFEN (1137-1152) che faceva parte della dinastia di Svevia. Grazie a una politica matrimoniale venne eletto nel 1152 il duca di Svevia, FEDERICO DI HOHENSTAUFEN, la cui madre apparteneva alla casa di Baviera.

 

LA POLITICA ITALIANA DI FEDERICO I

 

Nel 1154 FEDERICO I giunse per la prima volta in Italia in aiuto del papa e di alcune città lombarde che erano state minacciate delle città maggiori tra cui Milano. Quest’ultima venne condannata per aver mosso guerra alle città confinanti. Successivamente Federico I si recò a Roma per aiutare il papa che erano in conflitto con il comune cittadino e uccise ARNALDO DA BRESCIA, il quale osteggiava il potere temporale dei papi. Federico I, nel 1158, a Roncaglia (Piacenza), convocò un’assemblea pubblica (DIETA) in cui si definivano le prerogative dei poteri regi: controllo delle vie di comunicazione, riscossione delle imposte e esercizio della giustizia. Federico I emanò la CONSTITUTIO PACIS con cui veniva stabilito che solo il potere imperiale aveva diritto di pace e guerra, venivano proibite anche le leghe fra le città comunali e le guerre fra i privati. Garantì il potere di coloro che lo detenevano in cambio del riconoscimento della sua autorità superiore attraverso la sottoscrizione di un rapporto feudale (questo per quanto riguardava le dinastie aristocratiche). Milano e le altre città alleate


vennero attaccate perchè non si assoggettarono all’autorità imperiale e in ognuna di essa venne mandato un funzionario per far rispettare le prerogative definite a Roncaglia. Tra le prerogative vi era anche una forte pressione fiscale che spinse molti comuni a costituire nel 1167 la LEGA LOMBARDA appoggiata dal papa ALESSANDRO III, il quale voleva ostacolare la presenza imperiale in Italia. L’esercito imperiale venne sconfitto e venne firmata la PACE DI VENEZIA. Dopo una serie di conflitti, nel 1183 venne stipulata la PACE DI COSTANZA con i comuni cittadini con la quale si attribuiva a quest’ultimi la possibilità di esercizio delle regalie in cambio di un riconoscimento formale dell’autorità imperiale. Federico Barbarossa morì nel 1190.

 

L’UNIONE CON IL REGNO NORMANNO

 

ENRICO VI, figlio di Federico I, sposò COSTANZA D’ALTAVILLA, figlia del re normanno Ruggero II. Enrico VI si inserì per successione, divenendo, dopo alcune contese, re di Sicilia. Governò solo dopo 3 anni perché nel 1197 morì. L’anno successivo morì anche Costanza. La madre per garantire a suo figlio FEDERICO II la successione al regno di Sicilia affidò la sua tutela al papa INNOCENZO III. Quest’ultimo ne approfittò per rafforzare il dominio temporale, ma nonostante ciò nel 1208, quando Federico II divenne maggiorenne, lo fece incoronare re di Sicilia. Nello stesso tempo nel regno germanico vi era la contesa per il potere regio in cui prevalse OTTONE IV DI BRUNSWICK (1209) appoggiato da Innocenzo III. Ottone una volta incoronato re, si rese indipendente dalla protezione del papa e rivendicò la sovranità dei territori su cui Innocenzo III stava consolidando l’autorità temporale della Chiesa. Per tale motivo Ottone venne scomunicato e il papa appoggiò la nuova candidatura di Federico II che venne incoronare re di Germania nel 1212, promettendo di non unificare mai le 2 corone di Sicilia e Germania. Federico II ottenne il titolo imperiale dopo aver sconfitto Ottone, nel 1214, a Bouvines (Fiandre).

 

FEDERICO II

 

In Germania non era affermato il principio di successione dinastica e nei principati tedeschi il potere dei principi non poteva essere ostacolato dal sovrano. Mentre negli altri regni i legami feudali erano uno strumento per l’affermazione dell’autorità regia, nelle regioni tedesche teli legami legavano il re ai principi, i principi ai loro vassalli, quest’ultimi però non erano legati al re. Federico II cercò di sistemare tale situazione affidando al re di Boemia un’indipendenza giurisdizionale. Nel 1213 emanò la BOLLA D’ORO con la quale rinunciava ai diritti che il concordato di Worms aveva attribuito al sovrano in merito alle elezioni vescovili. Nel 1220 Federico II partì verso il regno di Sicilia, ma prima di partire strinse un patto con i principi tedeschi, stabilendo che in cambio della fedeltà al re potevano esercitare alcune prerogative regie come battere moneta, riscuotere dazi, costruire fortezze. Quando arrivò in Sicilia trovò dominazioni locali dei militari germanici giunti nel regno di Sicilia al tempo di Enrico VI e stanziatisi senza un’autorità centrale. Federico II applicò una politica diversa rispetto a quella attuale in Germania: rivendicò i diritti che gli erano stati usurpati; fece demolire i castelli costruiti da privati sulle loro terre; si appropriò dei castelli costruiti sul suolo pubblico, applicò controllo sui governi cittadini autonomi. Federico II condusse campagne militari contro i musulmani di Sicilia, i quali vennero deportati in Puglia. Il territorio venne controllato da guarnigioni militari insediate nei castelli. Costituì un apparato amministrativo. A Napoli fece costruire l’Università per garantire la formazione di specialisti del diritto e del governo. Nella COSTITUZIONE DI MELFI vennero raccolte le disposizioni che testimoniavano la volontà del re di appropriarsi delle regalie, di istituire un apparato funzionario per gestire il patrimonio demaniale e per riscuotere dazi, pedaggi e collette, e la concessione dell’immunità giurisdizionale e fiscale al clero. Federico II nella sua corte si circondò di poeti e giuristi, filosofi e scienziati. Favorì lo sviluppo delle scienze e delle arti e durante il suo regno si affermò un movimento poetico, la “SCUOLA SICILIANA”. Federico II dovette ritornare in Germania a causa della ribellione di suo figlio Enrico che verrà fatto prigioniero in Italia. Nel 1253 in Germania emanò la COSTITUZIONE DI PACE IMPERIALE volta a riordinare i principi del diritto tedesco. Dal 1237 al 1250 lottò contro i comuni dell’Italia centro-settentrionale in quanto egli voleva imporvi il controllo superiore imperale. In tale conflitto prevalse l’imperatore riuscendo a imporre la propria autorità. I comuni della lega vennero aiutati dal papa GREGORIO IX che scomunicò l’imperatore e scatenò contro di lui una violenta campagna diffamatoria. Alla fine degli anno 40 del XIII sec, in seguito ad alcune sconfitte, le posizioni imperiali nell’Italia centro-nord arretrarono.

 

GLI ULTIMI SVEVI

 

Alla morte di Federico II (1250) successe CORRADO, figlio legittimo di Federico II e alla morte di Corrado successe CORRADINO. Corradino però salì al potere sottotutela per la sua giovane età (10 anni). MANFREDI, un altro figlio di Federico II, si approfittò di tale situazione e s’impadronì del regno nel 1258. Il papa, volendo affidare il regno di Sicilia ad una dinastia fedele, chiamò in aiuto CARLO D’ANGIO’ (fratello del re di Francia), il quale sconfisse Manfredi. Corradino, appoggiato dai maggiori esponenti  del ghibellismo italiano cercò di riconquistare il regno ma fu sconfitto a Tagliacozzo nel 1268.

 

IL MITO DEGLI SVEVI E LA DISCUSSIONE STORIOGRAFICA

 

 STORIOGRAFIA TEDESCA DELL’800: esalta la figura di Federico I raffigurandolo come un imperatore capace di esser riuscito a tenere unito le popolazioni germaniche. A tal proposito nacque il mito del “GRANDE DORMIENTE”, secondo il quale Federico II non sarebbe morto ma addormentato in una grotta e al suo risveglio avrebbe condotto i tedeschi all’unità nazionale e al dominio dell’Europa intera.

 

 STORIOGRAFIA ITALIA DELL’800: descrive Federico II come un nemico che voleva opprimere la libertà italiana.

 

Attualmente vi è un dibattito in corso, perché secondo alcuni Federico II fu un precursore della sovranità moderna, secondo altri le sue innovazioni rispettavano la propria epoca e la monarchia normanna.

 

 

23. I COMUNI ITALIANI

I NUOVI CONFLITTI SOCIALI E L’ISTITUTO DEL PODESTA’

Nel 1185 con la Pace di Costanza, L’Impero riconobbe l’autonomia dei governi delle città italiane (comuni). Vi fu una netta crescita della popolazione urbana per le varie possibilità (ad es. economica) che la città offriva. Tra il XII e il XIII sec entrò in crisi il sistema del consolato che consisteva in un accordo tra le famiglie più ricche e potenti della città che trasformavano quella che era la loro egemonia informale in una egemonia legittima e riconosciuta. L’arrivo di famiglie ricche dalla campagna contribuì a far entrare in crisi questo sistema. Successivamente venne adottato un nuovo sistema che dava il potere a singoli uomini. Questi podestà fu affidato per periodi variabili (prima 1 anno e  poi 6 mesi) il compito di reggere la città. Questi solitamente erano forestieri in modo da essere al di sopra delle parti. Il podestà doveva: presiedere il consiglio comunale (in cui venivano proposte e votate a maggioranza le leggi); dirigere i tribunal cittadini; condurre guerra; mantenere ordine e pace interna. Se agiva bene al termine della carica veniva pagato. Successivamente alcune città come Bologna si specializzarono nella formazione di questi ufficiali in quanto vi era la richiesta che questi fossero esperti di diritto, amministrazione, retorica. Nelle cronache del 1200 furono presenti casi di uccisioni e di cacciamenti di podestà perché questi avevano preso iniziative impopolari.

IL CONFLITTO SOCIALE: POPOLO E PARTI

All’inizio del 1200 tra gli aristocratici (milites) e i ceti popolari (pedites) si aprirono degli scontri dovuti ai maggiori privilegi che la categoria dei cavalieri aveva come esenzione delle tasse e risarcimento delle spese e perdite legate alla guerra. Alla metà del 1200 il ceto popolare ottenne i primi risultati: ENTRARONO NEI CONSIGLI DEL COMUNE e SOCIETà DEL POPOLO. Quest’ultime verso il 1230-1270 furono guidate dal capiteno del popolo che corrispondeva a una sorta di podestà. Nelle città in cui la presenza popolare era più consistente e organizzata le istituzioni del “popolo” divennero il centro della politica cittadina. In queste stesse città, verso la fine del secolo, vennero emanate le norme antimagnatizie che punivano con pene gravi chiunque avesse offeso i magistrati o i membri della società del popolo. Anche gli aristocratici soìi organizzarono, finendo nella seconda metà del 1200 a organizzarsi in partes dividendosi in filo-imperiale (GHIBELLINI) e anti-imperiali (GUELFI). Come aveva fatto il ceto popolare a costituire la Società del Popolo così anche gli aristocratici costituirono una sorta di “COMUNE PARALLELO”. Quando una delle 2 parti veniva sconfitta, questa era costretta a trovare rifugio e gli venivano tolti i beni e il diritto di cittadinanza.

LA TRASFORMAZIONE DELLE ISTITUZIONI CITTADINE NEL 300 E L’EREDITà DEL COMUNE

Nel corso del 1200 alcuni membri dell’aristocrazia cittadina ricevettero il titolo di signore. Ad es. Firenze e Piacenza lo fecero nei confronti di Carlo d’Angiò. Questi signori però avevano potere limitato e definito. All’inizio del 1300 i signori cercarono di legittimare il loro potere non più attraverso il riconoscimento formale da parte del comune ma attraverso l’acquisizione del titolo  di  “VICARIO”  concesso        dall’imperatore.  Inoltre  alcuni  signori  che  assunsero  una  certa  stabilità  cominciarono  a


trasmettere la carica ai figli. Il comune permise la nascita di un apparato burocratico-amministrativo in seguito alla produzione e conservazione di scritture documentarie.

 

PAPATO UNIVERSALE E STATO DELLA CHIESA

Come era successo per le monarchie europee e i comuni italiani, anche il papato romano cominciò fra l’XI e il XII sec a riorganizzarsi dal punto di vista territoriale, istituzionale e amministrativo, riuscendo nel corso del 1200 a esercitare il suo potere su soggetti politici.

L’ELEZIONE DEL PAPA E IL CARDINALATO

Nel XII sec vi furono degli scontri a causa di un decreto del 1059 che stabiliva una nuova procedura per l’elezione del Papa ovvero: una scelta preliminare dei cardinali vescovi; la consultazione dei cardinali preti; l’acclamazione da parte del clero e del popolo. Una parte sosteneva l’importanza dei cardinali (Alessandro III), l’altra parte sosteneva l’importanza del clero e del popolo (Vittore IV). Alla fine si giunse che il papa poteva essere eletto solo se vi era la maggioranza di 2/3 dei cardinali. Onde evitare che queste elezioni divenissero vacanza per i cardinali, Gregorio X stabilì che questi dovevano rimanere rinchiusi finchè non avessero eletto il papa. I cardinali venivano scelti dal papa ed era importante che ne fossero parenti o clienti e i loro compiti tra l’XII e il XIII sec erano: assistere il papa nel concistoro ovvero quando il papa emetteva sentenza su questioni temporali e spirituali; firmare lettere e privilegi emessi dal papa. In seguito alle poche nomine i cardinali ebbero un potere abbastanza cospicuo e ciò divenne uno strumento fondamentale per la strategia della politica dei pontefici.

LO STATO PONTIFICIO

Al potere pontificio si opponevano all’interno: i baroni (signori territoriali dell’area laziale) e i comuni cittadini (tra cui Roma); all’esterno i sovrani normanni. Il papato sentendosi minacciato dalla presenza dell’impero nel XII sec si alleò con forze anti-imperiale. Il papato tentò di espandersi: la prima fase detta di “recupero” di questa espansione fu condotta da Innocenzo III. Si fece giurare fedeltà dai nobili e con l’aiuto dei comuni e ei signori locali riuscì a scacciare i rettori imperiali. Al termine del pontificato di Innocenzo III, lo stato pontificio era articolato in 4 province maggiori: Campagna e Marittima nel Lazio meridionale; Patrimonio di Tuscia nel Lazio settentrionale; Ducato di Spoleto in Umbria; Marca d’Ancona nelle Marche. Lo stato pontificio aveva un vasto territorio che in più si trovava  in una posizione strategica in quanto trovandosi al centro dell’Italia separava il Regno di Sicilia dall’Itala centro- settentrionale. Alla morte di Federico II, il papa Urbano IV, chiamò il re di Francia Carlo d’Angiò per cacciare gli  ultimi eredi della dinastia sveva. Dopo averli sconfitti si slegò dalla tutela pontifica e fu egli stesso a condizionare la politica papale. Nel periodo dell’egemonia angioina il papa riuscì a rafforzare il controllo del territorio e ad estenderlo nel 1278 fino alla Romagna. L’influenza degli Angiò s’indebolì quando questi persero la Sicilia. I limiti dello stato pontificio erano essenzialmente 2: non aveva una dinastia che tutelasse la continuità nel tempo; non aveva l’appoggio di ampi strati sociali interessati all’espansione dello stato. I punti deboli erano: incapacità di pacificare internamente il territorio; deficit di entrare e uscite riscontrati nei registri sopravvissuti. Invece i teologi e  i canonisti nel 1200 definirono il potere del papa come potere maggiore rispetto agli altri soprattutto a quello imperiale.

LE RELAZIONI CON LE CHIESE LOCALI E L’UNIVERSITà DEL PAPATO. L’APPARATO BUROCRATICO E AMMINISTRATIVO.

i punti forti del papato erano: coordinamento delle strutture ecclesiastiche; gli spettavano sia i tributi che i  sudditi  gli dovevano come sovrano, sia quelli come signore territoriale; gli spettavano le decime locali cioè i versamenti obbligatori che i proprietari e i coltivatori dovevano versare alle chiese locali e ai monasteri, e le decime ecclesiastiche che ricevevano dai titolari dei benefici. Tutti questi introiti confluivano nella CAMERA APOSTOLICA e venivano gestiti dal camerlengo. Alla fine del XII sec si moltiplicarono le cause che richiedevano l’arbitrato del pontefice, per tale motivo nacquero nuove figure come i giudici delegati del papa e i penitenzieri autorizzati ad assolvere i fedeli dai peccati riservati (ad es. adulterio). Inoltre controllavano le nomine vescovili, le rendite e i possedimenti di coloro a cui veniva assegnati incarichi ecclesiastici. Le nuove istanze di controllo e di intervento nella politica e nell’amministrazione delle Chiese locali comportarono il moltiplicarsi dei documenti e delle letture che partivano dalla curia pontifica per le varie destinazioni.

IL PAPATO AD AVIGNONE


Bonifacio VII nel 1303 nella bolla UNAM SANCTAM definiva il papato il punto più in alto della gerarchia dei poteri. Questo stesso stabilì il 1° Giubileo con il quale concesse indulgenza in risposta al movimento millenaristico secondo cui nel 1300 ci sarebbe stata la fine del mondo. Tra Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo il Bello, vi furono degli scontri perché quest’ultimo aveva sottoposto a tassazione anche il clero. Filippo il Bello mandò una spedizione ad Agnani per prelevare il papa e processarlo per lesa maestà ma l’operazione non andò in porto. Il re di Francia dopo la morte di Bonifacio VIII (1303) e il breve pontificato di Benedetto XI riuscì a eleggere papa il francese CLEMENTE V che nel 1309 decretò il trasferimento dalla curia ad Avignone. Per molto tempo si crebbe che nella parentesi avignonese il papato fosse soggetto allo stretto controllo della monarchia francese. In realtà fu libero dai conflitti tra le grandi famiglie baronali di Roma e del Lazio. I papi francesi contribuirono, per quanto riguarda la politica a creare un asse guelfa su tutta l’Europa. Solo nel 1378 alla fine del periodo avignonese si aprì il conflitto interno in seno al collegio cardinalizio tanto da eleggere 2 papi diversi.

 

ERESIE E ORDINI MENDCANTI

LE PRIME ERESIE (SEC XI E XII)

All’inizio del XI sec in Francia scoppiò una rivolta morale contro la chiesa (come istituzione) da parte di semplici preti e contadini. Questi ritenevano che la corruzione del clero, la ricchezza delle canoniche e delle cattedrali e la prepotenza politica dei vescovi rendessero inefficaci i sacramenti somministrati dai preti indegni. Questi movimenti evangelici, che rifiutavano una maledizione ecclesiastica e dei sacramenti vennero definiti ereticali dalla Chiesa. La chiesa riteneva che il controllo della predicazione dovesse rimanere suo monopolio in quanto solo questa poteva salvare l’uomo. Ad es. alla fine del XII sec, un ricco mercante di nome Valdo, rinunciò ai suoi beni e iniziò a predicare il vangelo. Questa sua presunzione di predicare gli costò la scomunica.

MASCITA E SVILUPPO DELL’ERESIA CATARA

Un tipo di eresia che si opponeva ai dettami cristiani era il CATARISMO che credeva nell’esistenza di 2 principi eterni: il bene e il male che si affrontavano in una lotta incessante. Questo movimento aveva una sua  organizzazione gerarchica, nel 1167 addirittura venne celebrato un concilio. I catari sostenevano che il mondo terreno era opera di Satana e che l’unica via di salvezza era di liberarsi dalla materia. Questo movimento si diffuse molto nell’Italia settentrionale e coinvolse tutti gli strati sociali. Tra questi vi erano anche coloro che ricoprivano magistrature pubbliche che si opposero violentemente alle disposizioni pontefice. Vi furono diverse risposte dalla chiesa: 1184 BOLLA AD ABDENDAM di LUCIO III che prevedeva il bando per gli eretici, specialmente per i catari e i patarini; INNOCENZO III condannò a pena capitale gli eretici colpevolizzandoli di lesa maestà. Condusse contro di loro una crociata in Francia meridionale.; FEDERICO II di SVEVIA condanno anch’egli l’eresia.

LA RISPOSTA DELLA CHIESA: GLI ORDINI MENDICANTI

Esigenza della chiesa era quella di riappropriarsi del primato della predicazione. Per tale motivo durante il pontificato di Innocenzo III e successivamente di Onorio III vennero accettati 2 movimenti: domenicani  e francescani.

DOMENICANI: guidati dal sacerdote Domenico di Guzman. Questo decise di dedicarsi alla conversione degli eretici della Francia meridionale. I seguaci avevano l’obbligo di povertà sia personale che dell’ordine. Vivevano di elemosina.

FRANCESCANI: erano guidati da Francesco, figlio di ricchi mercanti. Costui si spogliò di tutti i beni che possedeva. Creò una sezione femminile guidata dalla chiesa. Inizialmente era contrario a istituzionalizzare tale movimento che lui stesso aveva creato. Spinto dai suoi seguaci, stese una regola che eliminava gli aspetti più radicali della sua predicazione. Questa REGOLA è nota come REGULA BOLLATA e venne approvata da Onorio III il 29 novembre 1223. Entrambi gli ordini mendicanti si stanziarono vicino le città. I domenicano soprattutto divennero tramite fra il  papato e i governi locali per favorire gli statuti di cittadini di norme antiereticali. Questo successo degli ordini mendicanti causò attrito con il clero tradizionale che si vedeva sottrarre dai mendicanti donazioni pie e diritti di sepoltura.


IL TRIBUNALE DELL’INQUISIZIONE

Francescani e domenicani avevano il compito di combattere gli eretici sul piano dottrinale. Ad essi gli fu assegnato il tribunale dell’inquisizione. La risposta degli eretici fu violenta. Le risposte della chiesa non tardarono. Tra il 1268 e l 1280 una serie di processi comportò la distruzione fisica di importanti comunità ereticali. Su piano politico il sostegno dell’eresia diventava difficile anche per i comuni più indipendenti. Durante l’egemonia di Carlo d’Angiò (primi decenni del 1300) i ghibellini (signori territoriali come i visconti o gli scaglieri) furono combattuti con l’accusa di eresia.

LE ERESIE DEL TRECENTO FRA PAUPERISMO E RIVOLTA SOCIALE

Le ultime grandi manifestazione ereticali furono quelle degli APOSTOLICI e dei DOLCINIANI.

APOSTOLICI: guidati da Gerardo Segarelli. Predicava povertà assoluta e preghiera. Nessuna teoria eterodossa. La sua colpa era quella di predicare.

DOLCINIANI: Dolcino di Novara continuò l’opera di Segarelli. Nella dottrina delle sue tesi vi sono regole di comportamento che attaccano la mediazione ecclesiastica. Dal punto di vista politico Dolcino si alleò con i ghibellini. Dopo  4 anni fu sconfitto dall’esercito crociato mosso contro di lui da papa Clemente V.

 

27. CRISI E NUOVI EQUILIBRI

La storia del XIV sec è segnata da alcuni eventi drammatici: le campagne europee furono colpite da una serie di cattivi raccolti; in Europa si diffuse la peste; vi furono rovinose campagne militari.

PRIMA DELLA CRISI: LO SVILUPPO ECONOMICO DEL 1200

Nel 1200 vi fu un generale sviluppo economico che riguardò soprattutto il commercio e la produzione dei manufatti grazie alla nuova stabilità politica, al ripristino delle vie di collegamento sicure e anche grazie all’impiego di nuovi macchinari. L’intensificazione dei commerci stimolò la produzione di una nuova moneta. Dapprima venne fatta la coniazione di monete d’argento successivamente di quelle auree. L’ampliamento del raggio dei commerci spinsero i mercanti a costituire compagnie e società con lo scopo di sostenere le imprese commerciali. Vi erano le cosiddette COMMENDE ovvero un mercante prima di partire per un viaggio d’affare raccoglieva i finanziamenti necessari da persone, al suo ritorno avrebbe restituito a queste persone la somma prestata più una parte dei guadagni ottenuti. Alla crescita della domanda di denaro nacquero nuove attività creditizie: i BANCHI. Lo sviluppo  economico  comportò la migrazione di numerose persone verso le aree produttive. Questo processo di inurbamento però comportò un calo della manodopera rurale e la crescita del fabbisogno alimentare delle città, in particolar modo dei cereali.

IL RITORNO DELLA CARESTIA E DELLA PESTE

Fra il 1373 e il 1317 una serie di cattivi raccolti portò a gravi carestie, in modo particolare nelle città, dove gli immigrati recenti vivevano in condizioni alimentare precarie. I prezzi dei cereali aumentarono rendendo proibitivo l’acquisto del pane. Molti abbandonarono la campagna, con la speranza di trovare una condizione migliore nella città. Fu una speranza infondata perché i governi cittadini, a causa dei problemi di approvvigionamento tentarono di bloccare questo flusso migratorio. Inoltre nel 1348 si diffuse anche la peste nera detta anche bubbonica, la quale su trasmetteva attraverso la puntura di pulci parassite del ratto nero. Molto probabilmente questo bacillo arrivò in Europa dall’Asia attraverso il trasporto delle mercanzia, infatti probabilmente vi erano annidati i ratti. I contemporanei però erano ignari di questo quadro e ritenevano che la peste fosse un castigo divino o una manifestazione del maligno. Addirittura vennero accusati gli ebrei, i quali furono oggetto di violente persecuzioni. La peste colpì soprattutto i ceti sociali molto bassi che vivevano in condizioni igieniche precarie.

LA PESTE E IL DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLA CRISI DEL TRECENTO

Molti economisti si sono interrogati sul ruolo che la peste ha avuto nella crisi del 1300, ovvero se sia stata la causa dell’inizio  della  crisi  o  se  sia  stata  solo  uno  dei  molti  episodi  di  una  crisi  più  ampia  e  di  origini  più lontane.


L’economista Thomas Robert Malthus riteneva infatti che la prolificità dei ceti sociali più bassi era inappropriata davanti ai pochi mezzi di sostentamento. Egli riteneva questa crisi necessaria, in modo tale da impedire ai poveri di far figli e in più si alzava il loro indice di mortalità creandosi così un equilibrio tra popolazione e risorse. Questa tesi, ripresa successivamente da Abel e Postan, sostiene che la depressione e il calo demografico avrebbero determinato la concentrazione di ricchezze nelle mani di un gruppo ristretto di persone, le quali investivano il capitale in attività produttive, artistiche e culturali.

VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE

La peste comunque anche se non fu la prima causa provocò sicuramente dei cambiamenti economici e sociali come: abbandono delle terre marginali di bassa redditività; diminuzione del numero dei contadini a causa di morte o emigrazione; aumentò la pastorizia soprattutto quella ovina specializzata per le industrie cittadine; vi furono cambiamenti dell’habitat e delle modalità di lavoro dei contadini. Ad es. in Toscana, in Emilia si passò da contratti di livello a quelli di mezzadria. Molti proprietari accorparono i loro beni fondiari e li strutturarono in PODERI, ovvero in aziende compatte dotate di una casa colonica e delle infrastrutture necessarie per il lavoro. Questi poderi venivano dati in gestione a dei contadini con contratti di brave durata e in cambio ricevano una parte cospicua del reddito. Il sistema della mezzadria costituì nel corso del 1300 un passo avanti per l’economia. L’incremento produttivo fu dato dal fatto che venne sfruttato maggiormente il lavoro contadino da parte dei proprietari. Moto probabilmente questo nuovo sistema portò a delle forme di oppressione in quanto non permetteva ai contadini di andare oltre a una mera economia di sussistenza. In Francia nel 1358 scoppiarono le cosiddette JACQUERIE ovvero delle rivolte contadine che furono represse violentemente. In Inghilterra nel 1381 scoppiarono delle rivolte contro l’aumento della tassa che ogni singola persona doveva versare nelle casse regie per finanziare le campagne militari della guerra dei 100 anni. Grazie all’appoggio del clero si arrivò ad un compromesso. Non si raggiunse un compromesso per l’abolizione della servitù anzi vi fu una repressione violenta della rivolte.

VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE: MANIFATTURE E COMMERCI

Nelle manifatture si passò da un lavoro individuale a uno comprensivo di operai salariati che successivamente si organizzarono in corporazioni in modo tale che venissero tutelati gli interessi comuni. Gli squilibri della nuova situazione economica caddero soprattutto su quei lavori salariati che non rientravano nelle corporazioni, ad es. nel 1378 a Firenze scoppiò la RIVOLTA DEI CIOMPI che oltre a richiedere un aumento del salario, richiedevano anche di poter esser rappresentati negli organi istituzionali della città. Si diffusero nuovi sistemi di contabilità. Molti sovrani, impegnati in continue e costose guerre ricorsero all’aiuto di banchieri. E proprio i sovrani, tra il 1342 e il 1343, crearono il 1° crollo bancario della storia di alcune delle principali banche fiorentine del tempo. A questo crollo susseguirono il fallimento di numerose campagne mercantili e questo perché spesso sia l’attività economica che commerciale erano gestite dalle stesse persone. Successivamente vi fu una ristrutturazione del sistema bancario in modo che le filiali fossero indipendenti sia dal punto di vista amministrativo che finanziario.

 

 

N.B l'ultimo imperatore d'Occidente è stato Romolo Augustolo ed è stato deposto nel 476

 

Fonte: http://www.riassuntisdf.altervista.org/wp-content/uploads/2012/09/STORIA-MEDIEVALE-.pdf

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