Sviluppo individuale

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Sviluppo individuale

SVILUPPO INDIVIDUALE E CICLO VITALE DELLA FAMIGLIA

Le prime aree del cervello che si sviluppano sono quelle che regolano le funzioni autonome necessarie alla sopravvivenza, quali: la respirazione, la digestione, l’escrezione, la termoregolazione. Le aree del cervello che si sviluppano per ultime sono quelle che regolano le risposte emozionali (sistema limbico) e il pensiero astratto (neocorteccia).
La crescita di ogni regione del cervello dipende in larga parte dalla quantità e dalla qualità della stimolazione che riceve. Infatti, ogni stimolo agisce su un’area specifica del cervello formando delle connessioni, che mettono in relazione ogni parte del cervello, rendendolo flessibile e potenzialmente ricco di risposte originali agli stimoli della vita quotidiana.
All’età di tre anni i il bambino possiede, in genere, innumerevoli milioni di connessioni cerebrali, anche di più di quelle che gli sarà necessario usare nel corso della sua vita.
Alcune di queste connessioni saranno rafforzate con l’esperienza, altre andranno perse, a causa del non utilizzo.
La plasticità del cervello del bambino è, in qualche modo, un ‘arma a doppio taglio: da un lato offre la possibilità all’organismo in crescita di adattarsi nel migliore dei modi all’ambiente in cui si sviluppa, dall’altro fa sì che condizioni svantaggiose nell’ambiente in cui il bambino trascorre i primi anni di vita possano avere conseguenze permanenti sul suo sviluppo cerebrale.
Brevi periodi di stress moderato, prevedibile, non sono affatto negativi, anzi preparano i bambini ad gestire le inevitabili frustrazioni e le tensioni della vita adulta. Diverso è quando il bambino è sottoposto a stress gravi e ripetuti, quali situazioni di maltrattamento o trascuratezza
Lo stress cronico sensibilizza eccessivamente alcune connessioni neurali e fa sì che le regioni del cervello coinvolte nelle risposte di ansia e di paura siano iper-sviluppate; portando spesso ad uno sviluppo insufficiente di altre connessioni neurali e altre regioni cerebrali.
L’attivazione cronica di quelle parti del cervello coinvolte nella reazione di paura,può condurre ad un sottosviluppo di altre parti del cervello, coinvolte nella cognizione e nella memoria. Esperienze traumatiche sperimentate nella prima infanzia possono interferire con lo sviluppo dei sistemi che regolano le risposte emozionali e il pensiero, il che può portare a gravi stati di ansia, depressione, nonché all’incapacità di stabilire un legame di attaccamento con altre persone.
Inoltre un’attivazione cronica dei circuiti neurali coinvolti nella reazione di paura può creare una “memoria” permanente che modellerà la modalità di percezione e di reazione dei bambini nei confronti dell’ambiente. Si crea uno stato di iper-attivazione: il bambino è iper-vigilante, particolarmente attento e sensibile a quei segnali dell’ambiente che hanno un significato potenzialmente minaccioso. Oltre a ciò, paradossalmente, il bambino potrà fare in modo da suscitare un atteggiamento minaccioso in coloro che gli sono vicini, in modo da poter affrontare una reazione a lui nota, prevedibile,dal momento che non ha appreso comportamenti diversi da quelli legati al circolo vizioso di paura-ansia. Probabilmente è per questo motivo che bambini abusati tentano di sedurre gli adulti con cui vengono a contatto: ed è probabilmente sempre questa ragione alla base dell’impulso coatto tipico dell’adulto che fu abusato da bambino ad abusare a sua volta.
Drammatici sono gli effetti evidenti di una trascuratezza grave sullo sviluppo cerebrale: dalla TAC si nota che il cervello dei bambini gravemente trascurati è significativamente più piccolo rispetto alla media e mostra uno sviluppo anomalo della neocorteccia, conseguenti alla carenza di stimolazione. Ciò porta ad un ritardo mentale nonché ad un’incapacità di rapportarsi in maniera soddisfacente alle altre persone.
Si è visto, infine, che maltrattamenti e trascuratezza nella prima infanzia(talvolta) possono portare a diversi problemi di salute mentale in età adulta:

  • aumento del rischio di depressione;
  • predisposizione agli attacchi di panico;
  • più alta probabilità di disturbi dissociativi e di ridotta memoria;
  • sintomi del disturbo da Deficit dell’Attenzione/iperattività

E’, quindi, evidente come sia necessario che la relazione di attaccamento dalle figure genitoriali sia adeguata e completa, comprendendo, oltre al puro allevamento (nutrimento, igiene, ecc) anche uno scambio emozionale che inizi ancor prima della nascita. In tal modo, oltre a prendersi cura dello sviluppo fisiologico, l’adulto cura lo sviluppo mentale e relazionale, infondendo nel bambino quella stabilità affettiva, che costituirà la base sicura interna, essenziale per affrontare efficacemente i momenti critici dell’esistenza.
In altre parole, nelle ripetute esperienze di scambio con la figura genitoriale i bambini imparerebbero quali sono le strategie efficaci per raggiungere e mantenere il grado di vicinanza preferita. In più, il modello relazionale vissuto nei primi mesi e anni di vita attiverebbe un determinato stile cognitivo, che pur essendo integrato dagli apprendimenti successivi, tuttavia tenderà a condizionare le scelte e la progettualità dell’adulto.
Così, nel caso dell’attaccamento sicuro si verifica un incontro tra le attese innate del bambino circa la disponibilità della figura di attaccamento e la sensibilità di quest’ultima ai segnali del bambino, unita alla capacità di rispondervi prontamente e adeguatamente. La sicurezza dell’accessibilità materna rende il bambino tranquillo nello spingersi ad esplorare le novità. Le persone con attaccamento sicuro sono ragionevolmente sicure delle proprie capacità di risolvere i problemi e per questo tendono continuamente a testare le proprie ipotesi per eliminare quelle errate. Lo stile cognitivo corrispondente all’attaccamento sicuro è quindi quello della ricerca attiva: la persona cerca costantemente di ottenere nuove informazioni e quindi di sottoporre costantemente alla prova le proprie ipotesi. L’atteggiamento è tipicamente esplorativo.
I bambini con attaccamento insicuro-evitante hanno sperimentato più volte la difficoltà ad accedere alla figura di attaccamento e hanno imparato progressivamente a farne a meno, concentrandosi sul mondo inanimato piuttosto che sulle persone. Le persone con questo tipo di attaccamento si comportano come se gli altri non esistessero. Sul piano comportamentale agiscono come se dovessero sempre “cavarsela da soli”, sul piano cognitivo instaurano una sorta di autarchia per cui non tengono conto delle invalidazioni fornite dagli altri. Lo stile cognitivo è quello dell’immunizzazione: minimizzano, fino ad annullarli, gli effetti dell’invalidazione. Il dato di realtà perde significato, è screditato, sottovalutato, ignorato, o ricostruito in modo diverso.
L’immunizzazione portata all’estremo sfocia nel delirio di onnipotenza e/o paranoico.
I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente, avendo sperimentato l’imprevedibilità della figura di attaccamento, tentano di mantenere con lei una vicinanza strettissima, rinunciando a qualsiasi movimento esplorativo autonomo. A livello cognitivo, per evitare l’imprevedibilità, le persone con questo stile di attaccamento si ritirano in territori sempre più angusti e conosciuti, in cui sia bandita ogni novità; rinunciano all’esplorazione e fuggono da qualsiasi prova cruciale sulle proprie ipotesi. Lo stile cognitivo corrispondente è quello dell’evitamento: queste persone, pur di non essere smentite e screditate, non esplorano nuove situazioni, non cercano nuove relazioni, sentendosi minacciate dall’esterno e incapaci di fronteggiare le delusioni o gli insuccessi.
L’attaccamento disorganizzato-disorientato si realizza quando la figura di attaccamento è sperimentata come minacciosa. Perché ciò accada è sufficiente che tale figura risulti spaventata. Il bambino è portato a leggere sul volto della figura di attaccamento se nell’ambiente esistano pericoli oppure no; nel caso della madre spaventata egli riceve costantemente un messaggio di pericolo, e poiché non trova nell’ambiente alcun motivo che lo confermi, la madre diventa fonte di minaccia. L’altro quindi perde ogni suo potere invalidante perché passa dal ruolo di dispensatore di coccole sicure a quello di nemico, da ignorare o sopraffare. Lo stile cognitivo è quello dell’ostilità: un modo di reagire alle invalidazioni consistente nel riproporre una costruzione della realtà che si è già rivelata fallimentare. Di fronte alla constatazione di un proprio errore, la persona scredita la fonte da cui proviene l’invalidazione e ribadisce con più forza la propria versione dei fatti.
Quindi il lungo periodo di relazione dei piccoli umani con le figure di attaccamento svolge anche la funzione fondamentale di creare la base per l’acquisizione e l’incremento delle proprie possibilità conoscitive. La prole umana, ‘inetta’, non sa fare tante cose, ma sa imparare dagli individui con cui viene in contatto e dalla propria esperienza.
Per questa ragione, si può affermare che nel periodo di stretta vicinanza e dipendenza dalla persona che si prende cura di lui, il piccolo soprattutto impara ad imparare, ovvero impara ad usare in modo intelligente il proprio comportamento.
Ciò significa sapersi adattare al contesto, alle sue richieste, riuscendo anche a ottenere vantaggi relazionali ed emotivi, necessari alla sopravvivenza psicofisica.
In tal senso, quanto fin qui detto sottolinea l’importanza di fornire un ambiente adeguatamente stimolante e relativamente prevedibile per i nostri bambini, a casa, a scuola e nei vari contesti da essi frequentati. I bambini che possono contare su un ambiente che promuova un sano ed equilibrato sviluppo cerebrale, diverranno adulti capaci di adattarsi in maniera ‘sana’alle diverse circostanze della vita, di stabilire dei legami soddisfacenti, di provare e promuovere benessere psicologico e fisico.
Quanto fin qui detto, può far pensare che nel caso in cui, per qualche ragione la crescita emozionale e cognitiva del bambino sia stata disturbata da una relazione difficile con le figure genitoriali, lo sviluppo individuale risulterà sempre gravemente compromesso.
Tuttavia, Cyrulnik, sottolinea come l’essere umano, anche se ancora in età evolutiva, è in grado di resistere a qualsiasi trauma tramite la resilienza, cioè la capacità della mente di resistere agli eventi stressogeni e alla conseguente conflittualità.
Peraltro, affinché la resilienza possa strutturarsi e consolidarsi sono necessari tre elementi:

  1. L’assimilazione delle risorse interne immagazzinate nel corso della fase preverbale consente di immagazzinare risorse utili in caso di eventi traumatici precoci;
  2. Sarà il significato attribuito all’evento dalla persona,dal contesto familiare e sociale a giustificare l’effetto più o meno devastante del trauma;
  • La reazione dell’ambiente sociale può costituire un tutore fondamentale per aiutare il soggetto traumatizzato a riprendere il suo sviluppo.

Nondimeno, Cyrulnik sostiene che, per quanto efficace sia la resilienza l’evento traumatico lascia nella personalità un segno, una cicatrice che il tempo non può cancellare.
l prodotto di una naturale evoluzione biofisiologica, ma è strettamente in relazione con il contesto in cui il bambino è inserito.
Infatti, non è solo la madre a influire sulla crescita iniziale, bensì tutte quelle persone che vengono in contatto con lui e creano il clima relazionale e l’atmosfera, che dà il sapore all’ambiente in cui il piccolo viene accolto e allevato.
E’chiaro, infatti, che ben diverso è che il bambino sia il primogenito di una coppia giovane, o l’ultimogenito in una famiglia di cinque figli con genitori già esperti e maturi. Ben diverso è se la madre è supportata dal compagno, da nonni e zii, o se è isolata.
In altre parole, come è facilmente immaginabile, la famiglia ha un influenza grande sullo sviluppo individuale e può colmare, o incrementare, le carenze delle figure genitoriali.
miglia è definita da regole e abitudini che sono tipiche del momento storico e della cultura in cui è inserita.
Nella società italiana si possono trovare tre tipi di famiglie: estesa, allargata, nucleare.
La Famiglia Estesa è quella in cui convivono, nella stessa casa o nello stesso edificio, nonni, genitori, figli, nipoti e zii.
La Famiglia Allargata è quella formata da pezzi di diverse famiglie; per esempio, una madre con suo figlio è unita a un uomo che ha una figlia da un’altra donna.
La Famiglia Nucleare è quella in cui convivono unicamente genitori e figli; solitamente si trova nelle grandi città e ha pochi legami con le famiglie di origine.
E’chiaro che in tutti questi modelli di famiglia le regole di comportamento nei confronti dei diversi membri sono diverse e diverse sono anche le abitudini nell’allevamento dei figli e nell’accudimento delle persone anziane e/o malate.
Può essere utile dire che la vita di una Famiglia Nucleare è di circa venticinque, trent’anni e prevede una serie di tappe evolutive. Esse sono: fidanzamento, matrimonio, allevamento dei figli, nido vuoto, vecchiaia.
Ogni tappa determina dei cambiamenti nelle dinamiche relazionali, che comportano modificazioni della struttura e nuove esigenze affettive e concrete.
E’essenziale, per garantire un equilibrato sviluppo individuale, che la famiglia abbia regole flessibili e adattabili ai cambiamenti del singolo e dell’ambiente circostante, senza per questo essere frammentata e caotica.
Affinché ciò avvenga, è necessario che l’individuo sia certo, pur nella diversità individuale, dell’amore incondizionato delle figure affettive di riferimento, che gli consente di allontanarsi e di fare scelte autonome e più adatte alla sua personalità.
Lo sviluppo individuale può proseguire solo se la relazione non è basata esclusivamente sulla dedizione e l’amore, ma anche sulla fiducia reciproca, che consente di espandersi e allontanarsi, sicuri di ritrovare intatto il rapporto al ritorno.
Il figlio deve potersi distaccare dalla madre per tornare da lei, consapevole che l’amore nei suoi confronti non conduce all’impossibilità di stare lontani e alla dipendenza, ma al piacere della vicinanza. Il distacco permette di scegliere davvero perché scioglie e libera dalle briglie relazionali e comunicative. Se non ho bisogno di fare in un modo o nell’altro, deciderò in base a ciò che ritengo opportuno e non secondo i condizionamenti ambientali.
In altre parole, l’integrità del Sé e la costruzione della propria identità, vanno di pari passo e sono i punti fermi per acquistare fiducia in se stessi, responsabilità e sicurezza interiore, oltre che fiducia negli altri e nell’ambiente.


 

Fonte: http://www.prepos.it/DISPENSE/quattro%20laboratori%20per%20migliorare%20le%20relazioni.doc

Sito web da visitare: http://www.prepos.it/

Autore del testo: Daniela Troiani da QUATTRO LABORATORI PER MIGLIORARE LE RELAZIONI

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