Autocromia

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Autocromia

Autocromia [comp. Di auto- dal gr. Autós, «se stesso» e -cromia dal gr. -Chrōmía, der. Di chrôma, «colore»]. Termine impiegato per definire i primi procedimenti, diffusi commercialmente, di fotografia a colori. Il primo tentativo fu fatto dai fratelli lumière nel 1903 e introdotto commercialmente nel 1907. Si trattava di diapositive in bianco e nero in cui il colore era ottenuto, per sintesi additiva, dal passaggio della luce attraverso migliaia di particelle di fecola di patate trasparenti e colorate nei tre colori primari: rosso-arancio, giallo-verde e blu-violetto, mescolate tra loro e stese sulla lastra. Le autocromie producevano immagini a colori con dominanti blu e viola. L’autocromia fu nota anche come tricromia a mosaico per l’effetto dovuto ai grani di fecola in tre colori. Questa tecnica fu tilizzata fino all’introduzione sul mercato degli attuali procedimenti a colori, verso la metà degli anni trenta del xx secolo. Oltre i fratelli lumière anche altre industrie misero in commercio procedimenti simili, utilizzando particelle di gelatina indurita colorate (omnicolor), oppure particelle di resina colorate (agfa) o, ancora mediante un mosaico colorato ottenuto meccanicamente (dufaycolor) le autocromie erano esposte attraverso il lato-vetro, vanno quindi osservate dal lato emulsione, diversamente da quasi tutti gli altri materiali fotografici su lastra. Bibliografia: scaramella 2003.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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