Latina scrittura

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Latina scrittura

Latina, scrittura fino alla metà del i secolo a.C. L’alfabeto latino era costituito da 21 lettere, come ricorda cicerone (la natura degli dèi, ii, 93: «innumerabilis unius et viginti formae litterarum»), con la seriazione abcdefghilmnopqrstvx (wallace 2011), che rimane tradizionale per un lungo periodo, dato che è attestata anche dai numerosi alfabeti graffiti su laterizi, su ceramica e soprattutto sui muri di pompei, così che quintiliano (istituzione oratoria, i, 4, 9) scrive: «x nostrarum litterarum ultima». L’origine dell’alfabeto latino, se dal greco o dall’etrusco, è ancora oggi discussa (wallace 2011, 9-12). L’opinione oggi prevalente è quella di una sua derivazione dalla scrittura greca di tipo occidentale, attraverso la mediazione dell’etrusco, avvenuta intorno al vii secolo a.C. (Cristofani 1978). A sostegno di questa tesi, si cita in particolare l’uso nella scrittura latina del segno «c» (da gamma originario) per indicare sia la velare sonora «g» che la velare sorda «k», mentre l’etrusco, possedendo solo il suono della sorda aveva eliminato un segno, presente nel greco originario che possedeva sia «gamma» sia «kappa». I latini, tuttavia, contrariamente agli etruschi, usavano due simboli distinti, come in greco, per le labiali e le dentali sonore «b, d», rispetto alle sorde «p, t» e un segno per la vocale «o», eliminato dagli etruschi. Si è osservato però che i segni in questione compaiono negli alfabeti etruschi arcaici: possono perciò essere passati ai latini anche per questo tramite. Inoltre il latino conserva due arcaismi caratteristici degli alfabeti greci orientali e occidentali: l’uso della lettera greca «h» per il suono «h» e l’uso della «ϙ» per la «q», che in greco rimane esclusivamente come segno numerico. Tra le altre particolarità della scrittura latina va notato che questa ha tre segni per notare la consonante «k», vale a dire la «k, c, q». Un antico uso probabilmente ereditato dal greco e forse mediato dall’etrusco, portava a utilizzare la «q» quando seguita dalla «u», la «c» davanti la «e» e la «i» e infine la «k» quando seguite dalla «a» o dalla «o», ma la «k» fu presto eliminata, rimanendo solo in un paio di parole (kalendae, kaesō). In un primo tempo il suono «z» era indicato con «s, ss», ma questo segno sarebbe stato abolito nel 312 a.C. Dal censore appio claudio cieco. Fino ai primi secoli dell’era volgare, con la «c» s’indicava sia il suono «k» sia quello della «g», ma questi nel terzo secolo a.C. Furono distinti aggiungendo alla «c» un trattino (g), e collocando la «g» al settimo posto dell’alfabeto (anche questa modifica attribuita al censore appio claudio cieco), ma nonostante questo in latino rimase l’abitudine di abbreviare con «c» e «cn» i pronomi gaius e gnaeus. Nel iii secolo a.C. La «z» fu scartata, però il numero delle lettere rimase invariato per l’introduzione della «g». Va però osservato che in un antico abeccedarium, essa appare subito dopo la «f» (wallace 2011, 15). Per annotare la vocale «i» e la consonante «j» (pronunciata: y) era utilizzato un solo carattere e lo stesso per indicare la «u» (pronunciata: ou) e la consonante «v». Durante il primo secolo a.C., Le lettere «y, z» furono prese in prestito per rappresentare i suoni «y, ȳ» e «z» dei termini greci arcaici (eurysacvus, cil i2.1203) E quando furono aggiunte alla serie alfabetica per esprimere i suoni «z, y» presero rispettivamente l’ultimo e il penultimo posto dell’alfabeto, che ebbe così 23 lettere, mentre la lettera «x» fu introdotta solo in un secondo tempo e posta alla fine della serie alfabetica. Durante il medioevo l’alfabeto latino fu completato con l’inserimento delle lettere «j, u, w». Un’ultima importante innovazione nell’alfabeto latino si deve all’imperatore claudio (41-54 d.C.), Studioso di grammatica, il quale introdusse tre nuove lettere, due delle quali ci sono note perché presenti in un’iscrizione pubblicata durante il suo regno: il digamma inversum, un digamma greco capovolto, per indicare il suono della semivocale «w» e il segno «𐅂» (metà della h), utilizzato in luogo della «ypsilon». Una terza lettera, l’antisigma per il nesso «ps» scritto «ɔ», non è presente nelle iscrizioni, e la sua esatta forma è incerta, ma si trova citata nei grammatici che forniscono diverse descrizioni (oliver 1949, 253-254). Per quanto riguarda i nomi delle lettere latine, questi sembrano derivare dalla lingua etrusca, ma a questo proposito va osservato che alcuni studiosi hanno fatto notare come i latini pronunciassero le consonanti senza l’aiuto della vocale d’appoggio. La «effe» a esempio era pronunciata «f», la «elle» si pronunciava «l», ecc., Per quelle consonanti classificate dai linguisti come occlusive, erano invece soliti aggiungere una «e» (a esempio: be, de, ecc.) (Gordon 1971, wallace 2011). Nei primi documenti latini la scrittura procedeva da destra verso sinistra (fibula praenestina), o da sinistra verso destra (iscrizione vetusia di una delle coppe d'argento della tomba bernardini, iscrizione di tita), più raramente era bustrofedica o a spirale (iscrizione di tita). Fu solo a metà del periodo repubblicano che la scrittura latina fu scritta di norma da sinistra verso destra, con eccezione di qualche testo bustrofedico. I più antichi testi epigrafici che vanno dalla fine del vii ai primi del vi secolo a.C., Sono stati rinvenuti solo alla fine del xix secolo della nostra era:

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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