Libro maya

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Libro maya

Libro maya i materiali scrittori nelle culture precolombiane e in particolare presso i maya, presentano molte similitudini con quelli utilizzati in altre parti del mondo antico. Questa cultura sviluppatasi tra il x e il xvi secolo d.C., Non ebbe probabilmente nessun contatto con le culture asiatiche, africane o europee prima del 1492 della nostra era, ma l’arrivo degli spagnoli nel xvi secolo, ha distrutto molte testimonianze di questa civiltà, solo in parte ricostruite sulla base delle iscrizioni recentemente decifrate e della vasta raccolta d’immagini che ci sono rimaste. I principali supporti scrittori sono: 1. Pelle di cervo: la pelle di cervo conciata, era fatta a strisce e quindi incollata o cucita fino a ottenere un foglio della lunghezza desiderata. 2. Pietra: l’utilizzo della pietra come supporto scrittorio, fu largamente impiegato, poiché i segni della scrittura maya, chiamati dagli studiosi glifi, potevano essere scritti con l’inchiostro, disegnati, o molto più spesso, scolpiti. 3. Gesso e stucco: nell’architettura maya, era presente una incredibile quantità di disegni-glifi sulle pareti degli edifici, ricoperte di gesso. 4. Legno: questo materiale fu utilizzato frequentemente dai maya, sia per le sculture, che per scrivere i glifi. 5. Giada e altre pietre dure. 6. Ossa e conchiglie: anche le ossa e le conchiglie, come nell’antica cina, furono utilizzate dai maya per scolpire i glifi. Furono prevalentemente utilizzate ossa animali, ma non mancano anche quelle umane. 7. Ceramica: ricchissima le testimonianze di scrittura sulla ceramica, la quale era spesso policroma. 8. Corteccia d’albero (tapa): tra tutti i supporti scrittori utilizzati, sicuramente la corteccia d’albero fu la più importante, come testimoniano i quattro manoscritti pre-colombiani che ci sono giunti. Questo materiale, chiamato in nahuatl, una lingua azteca, amatl, si riteneva fosse costituito dalla corteccia del maguey (agave americana), ma gli studi più recenti, hanno mostrato l’infondatezza di questa ipotesi, mostrando che tutti i documenti che ci sono giunti, risalenti all’epoca pre- colombiana, sono stati realizzati con la scorza di una varietà di ficus, dell’ordine delle moraceae. Più specificatamente, nel caso del codice di dresda, l’analisi al microscopio eseguita da r. Schedel nel 1910, ha mostrato, al di fuori di ogni dubbio, che si trattava di fibre di fico, queste analisi furono confermate dallo studio degli altri tre manoscritti oggi conosciuti, che hanno confermato l’impiego del ficus cotonifolia, che in lingua maya è chiamato hu’un o hun, un nome dato anche alla carta che si ricava da questa pianta e ai libri fatti con essa. Purtroppo oggi non conosciamo come gli antichi maya fabbricassero la carta con la corteccia di fico, ma un resoconto del botanico francisco hernández, alla fine del xvi secolo, che descriveva la sua fabbricazione nel periodo coloniale fatta dai discendenti dagli aztechi, ci induce a pensare che i maya seguissero la stessa tecnica. Questo procedimento era composto di sei passaggi principali (coe 1997, 143): 1. Erano raccolti i rami di fico di oltre 1,5 m. Di lunghezza e di 25 mm di diametro, 2. I rami freschi erano tagliati nel senso della lunghezza e la corteccia era staccata facendo attenzione a lasciarla integra, 3. La corteccia era quindi tagliata a strisce e l’interno bagnato con acqua corrente. Il latte, presente in ogni pianta di ficus, era lasciato coagulare e tolto via, 4. Si procedeva quindi alla nixtamalizazione, in altre parole la corteccia era prima essiccata, quindi erano tolte le fibre, e quindi era alcalinizzata, bollendola in un vaso che conteneva la stessa acqua in cui era stata messa della calce o della cenere, 5. La corteccia così trattata, resa flessibile, era tolta dall’acqua con calce o cenere e messa in acqua fredda per rimuovere le tracce di alcali, quindi era sistemata in una zucca vuota per degli ulteriori trattamenti, 6. Nell’ultima fase della lavorazione, la corteccia era tagliata a strisce, le quali erano sistemate a griglia: un primo strato nel senso della lunghezza e un altro posizionato a incrocio, come avveniva nella fabbricazione del papiro egiziano. Quando il “foglio” era pronto, era battuto, operazione adesso eseguita con uno strumento di legno, ma nell’antichità con una pietra inserita in un manico di legno. Finalmente il foglio prodotto era essiccato al sole, e pronto per essere scritto. Le principali forme del libro manoscritto maya sono: a) tira: striscia lunga e relativamente stretta di fogli di carta di corteccia o di pezzi di pelle incollati insieme che potevano essere piegati o rotolati (vedi a questo proposito il rotolo o la lettera di papiro presso gli egiziani), b) biombo o soffietto: letteralmente biombo significa in spagnolo e portoghese paravento. Lunga striscia di carta di corteccia o pelle piegata con regolarità a soffietto. Non può sfuggire a questo proposito la sua similitudine con i manoscritti a soffietto presenti in oriente. C) lienzo o tela: tela di dimensioni diverse, ottenute cucendo insieme numerose strisce. La sua struttura è molto simile agli antichi documenti scritti su lino (libri lintei). Questo tipo di manoscritto è caratteristico del libro mesoamericano d’epoca postcoloniale.(V. Anche tapa). Bibliografia: coe 1997, pastena 2009c.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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