Macchina dattilografica

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Macchina dattilografica

Macchina dattilografica [macchina, dal lat. Machĭna, dal gr. Dorico machaná, attico méchanḗ, «macchina», dattilografica, da dattilografia comp. Di dattilo, dal lat. Dactlus, gr. Dáktylos, propr. «Dito», forse per allusione alle tre falangi delle dita, e grafica, dal lat. Graphĭcus agg. «Che riguarda la scrittura o il disegno», gr. Graphikós, der. Di gráphō, «scrivere, disegnare»]. Apparecchio che consente, attraverso appropriati meccanismi azionati da comandi manuali (tasti), o elettromeccanici, di imprimere lettere e segni su un foglio di carta. Le componenti principali della macchina dattilografica sono la tastiera, il sistema delle leve attraverso le quali il testo è battuto sulla carta, chiamato cinematico, il rullo portacarte e il nastro inchiostratore. La prima macchina dattilografica o macchina per scrivere fu il cembalo scrivano, inventato nel 1837 da giuseppe ravizza, e brevettato nel 1855-56. L’aspetto innovativo di questa macchina erano le leve sospese in cerchio, battenti dal basso in alto in un unico e centrale punto d'impressione e il movimento del carrello portacarta a ogni battuta di tasto. Dei 16 diversi apparecchi da lui costruiti, due esistono tuttora presso la famiglia. Nel 1861 il brasiliano p. João de azevedo brevettò una sua macchina, cui fece seguito nel 1864-66, quella del tirolese pietro mitterhofer e nel 1865 l'emisfera scrivente del norvegese malling hansen. Nello stesso anno fu presentata la macchina di g. House di buffalo e finalmente nel 1867 quella inventata da c. L. Sholes, c. Glidden e s. W. Soulé da milwaukee, divenuta quest'ultima nel 1874 la notissima remington. Un primo tentativo di macchina a scrittura perfettamente visibile, con le leve battenti dal basso in alto, fu la prouty (1886) seguita nel 1890 dalla daugherty, ma fu soltanto il 1898 che segnò una rivoluzione nella sua costruzione, con la comparsa dell'underwood, seguita da quasi tutte le fabbriche esistenti. La prima macchina italiana fu l'olivetti (1909-11) cui seguirono l'hesperia, la victoria e l'invicta. Le prime macchine scrivevano soltanto l'alfabeto maiuscolo, poi fu introdotto il tasto di ricambio. Alcune macchine ebbero la tastiera doppia, cioè un tasto per ogni segno (caligraph, yost, ecc.), Altre una tastiera disposta a ventaglio. Appare interessante notare come le prime macchine avessero i tasti in ordine alfabetico, circostanza che creava non pochi problemi nel caso di una digitazione veloce. Per evitare questo inconveniente, nel 1864 fu brevettato da christopher sholes e venduto alla remington and sons nel 1873, uno schema di distribuzione delle lettere sulla tastiera non alfabetico, adottato ancora oggi. Le prime sei lettere della tastiera italiana, sono qwerty, in quelle francesi azerty, nelle tedesche qwertz, ecc. Nella tastiera qwerty le coppie di lettere maggiormente utilizzate sono separate, nel tentativo di evitare che i martelletti delle macchine dattilografiche si storcessero e incastrassero, costringendo chi scriveva a sbloccarli manualmente, spesso macchiando il documento. Si ritiene che la seconda fila dei tasti alfabetici (asdfghjkl) sia un residuo del vecchio schema che fu sostituito dal qwerty. Questo schema tentava anche di dividere i tasti tra le due mani, in modo tale che mentre una mano si posizionava, l'altra colpiva il tasto. Questo accelerò la scrittura rispetto ai metodi precedentemente usati.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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