Manifesto

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

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Manifesto [dal lat. Manifestus, manufestus, voce di formazione oscura, forse un comp. Di manus, «mano»]. Secondo la definizione del vocabolario della crusca, il manifesto è «un foglio in cui si rende nota al pubblico qualche cosa fatta o da farsi e che si manda attorno o si attacca per le piazze e per le vie perché sia visibile a tutti». I manifesti murali furono variamente impiegati fin dall’antichità. A roma nel 59 a.C., Per volere di caio giulio cesare furono esposti quotidianamente avvisi sotto forma di tavole dipinte (tabulae dealbatae), destinate a rendere noti gli atti del senato (acta diurna). Dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili, il manifesto assunse le caratteristiche tutt’ora conosciute, usato in un primo tempo per comunicare notizie di interesse pubblico o riguardanti l’ordinamento dello stato, prese poi diverse denominazioni (avviso, bando, editto, grida, proclama, ecc.). Dopo la rivoluzione francese, quando fu largamente utilizzato per propagandare le idee politiche, il manifesto si affermò anche come potente mezzo di comunicazione pubblicitaria. I primi a operare in questo settore furono i grandi disegnatori francesi dell’ottocento, da paul gavarni a honoré daumier, da kules chéret a henry toulouse -lautrec, che, grazie anche all’introduzione della litografia creavano un gran numero di manifesti a colori che costituirono la radice della comunicazione. Dalla seconda metà del’ottocento e nei primi due decenni del novecento sono noti negli stati uniti i manifesti di william bradley e di edward penfield, in inghilterra quelli dei beggarstaffs e di aubrey beardslet, in germania quelli di hans rudi erdt e di lucian bernhard. In italia nello stesso periodo, operarono cartellonisti i cui manifesti entreranno nella storia della comunicazione grafica e del costume: tra i più conosciuti, adolfo hoenstein, leopoldo melicovitz, franz laskoff, aleardo terzi, leonetto cappiello, marcello dudovich, luigi caldanzano. Dopo la prima guerra mondiale il manifesto si legò maggiormente ad altre espressioni artistiche, subendone l’influsso, anche la tecnica fotografica fu utilizzata in alcuni casi e, in generale, la comunicazione venne ad assumere nuovi valori grafici e tipografici. Durante il periodo della seconda guerra mondiale ritornò il manifesto figurativo, che in italia trovò in gino boccasile il suo maggior interprete. Nel secondo dopoguerra il manifesto venne ad assumere importanza fondamentale nella pubblicità e nella comunicazione in generale, anche pittori di fama consolidata quali pablo picasso, henri matisse, george brasque, giorgio de chirico, mario sironi e marc chagall produssero manifesti legati soprattutto a fatti politici o eventi particolari. Con l’avvento del mezzo televisivo, il manifesto, sebbene ancora di largo impiego, ha assunto una minore incidenza nell’ambito della comunicazione usato per la maggior parte nella comunicazione di eventi particolari, spettacoli, e argomenti di pubblica utilità. (V. Anche dazebao). Bibliografia: fioravanti 1993, s.V.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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