Ostracismo

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Ostracismo

Ostracismo [dal gr. Ostrakismós, der. Di ostrakízō, «infliggere l’ostracismo», da òstra, òstrakon]. Tipo di sanzione vigente nel v secolo a.C. A atene (quindi imitato da altre città greche, tra le quali siracusa, dove prese il nome di petalismo), consistente in un allontanamento della durata di 10 anni dal territorio della città (non implicante la perdita dei diritti civili né alcuna pena di carattere pecuniario), che l’assemblea popolare poteva comminare nei confronti di cittadini la cui attività fosse ritenuta pericolosa per lo stato, ma in pratica utilizzato, per lo più pretestuosamente, per eliminare dalla scena politica personaggi pubblici invisi alla maggioranza. Il nome proviene dal frammento di terracotta (òstrakon), in precedenza conchiglie, sul quale il nome del concittadino inviso era scritto da coloro che votavano nell’assemblea popolare. Òstrakon o òstracon [pl. Òstraka o òstraca, dal gr. Óstrakon, lat. Testae, it. Óstracon, pl. Óstraka, «terracotta, coccio»]. Coccio di vaso di terracotta non più utilizzabili recuperato dai rifiuti o utilizzato come riempimento nelle costruzioni, presente prevalentemente in egitto, ma anche in tutto l’antico vicino oriente antico e in europa. Sugli óstraka si possono trovare sia brevi testi letterari sia, molto più spesso, ricevute di pagamento (egitto), formule di maledizione e altri brevi testi. Diogene laerzio, nel suo vitae philosophorum (7,174) riferisce che lo stoico cleante, poverissimo, scriveva le sue opere su cocci di ceramica. Gli óstraka avevano il vantaggio di avere un costo nullo, essendo materiale di scarto e quindi erano adatti per scrivere testi o documenti di scarso valore per i quali non valeva la pena di consumare carta di papiro o altri materiali scrittori ma data la loro stessa natura, spesso erano usati nelle costruzioni per riempire i vuoti, così che oggi se ne conoscono pochissimi. Nel v secolo a.C. Ad atene, e dopo in tutto il mondo greco, l’assemblea cittadina scriveva su conchiglie, poi su cocci di ceramica, il nome della persona la cui attività era ritenuta pericolosa per la comunità e che doveva quindi essere allontanata dalla città per 10 anni, da cui il termine ostracismo per indicare l’allontanamento o l’esilio di una persona. L’óstrakon più recente è stato trovato in tunisia, è scritto in latino e risale al v sec. D.C. Per scrivere sugli óstraka, in egitto, si usavano il calamo e l’inchiostro, mentre in quelli greci e romani la scrittura era preferibilmente incisa con uno strumento appuntito. Quasi sempre il testo era apposto sulla parte convessa del coccio, più liscia e più chiara, talvolta si adoperava anche la parte concava (solitamente meno levigata e più scura) per un secondo testo oppure per la continuazione del primo. La scelta del frammento di coccio non era mai casuale. In genere era selezionato un pezzo non troppo poroso, adatto a ricevere la scrittura dell’inchiostro, senza che questo si spandesse. Inoltre in genere, la scrittura era vergata in senso parallelo alle linee del tornio, che in questa maniera finivano per costituire una specie di rigatura che faceva da guida alla stesura del testo. Appartengono alla tipologia degli óstraka anche le schegge di calcare su cui in epoca faraonica si scrivevano, tra l’altro, testi letterari, registrazioni amministrative, testi religiosi, ecc. Di diversa natura le iscrizioni su contenitori integri (anfore, ecc.), Solo successivamente andati distrutti, che non sono considerati óstraka. Bibliografia: pastena 2009c.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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