Pellicola di sicurezza

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Pellicola di sicurezza

Pellicola di sicurezza pellicola plastica applicata alla pagina mediante pressione (pellicola fissata a freddo) e-o calore (pellicola fissata a caldo) per proteggere i dati dall'alterazione. Bibliografia: gds 2007. Pellicola fotografica [pellicola, dal lat. Pellicŭla, dim. Di pellis, «pelle», fotografica, der. Di fotografia, dal fr. Photographie, che a sua volta è dall’ingl. Photography, comp. Di photo-, dal gr. Phōto-, der. Di phõs, phōtós, «luce», e grafia, dal gr. -Graphía, der. Di gráphō, «scrivere»]. 1. Supporto flessibile e trasparente utilizzato per la registrazione di immagini fotografiche. La base è costituita da una striscia di celluloide o acetato di cellulosa, su cui è depositata un’emulsione sensibile alla luce, legata tramite un substrato adesivo. L’emulsione risulta formata da una sospensione di sali d’argento in gelatina ed è riconoscibile come il lato opaco della pellicola. 2. Nel processo di prestampa il testo o l’immagine sono riportati sulla pellicola esponendo questa all’irradiazione della luce nei diversi modi adottati nella fotocomposizione. Sviluppata successivamente in camera oscura, la pellicola porta stampata in positivo la composizione, già pronta per essere riprodotta. Le pellicole sono poi appoggiate su una lastra di zinco (per la stampa offset) o su un cilindro di rame (per la stampa in rotocalcografia) e irradiate con una lampada al quarzo che permette il trasferimento dell’immagine o del testo sul supporto metallico. L’intensità della riproduzione su pellicola può essere ridotta o accentuata manualmente, utilizzando per la correzione acidi particolari. Attraverso il procedimento del doppiaggio è possibile fare due o più copie di una pellicola per potere stampare su un unico foglio la stessa immagine più volte e diminuire i tempi e costi di stampa. Per la stampa a colori si utilizzano diverse pellicole, una per ciascun colore primario (magenta, ciano e giallo), per ottenere le quali occorre fotografare l’originale interponendo tra questo e l’obiettivo un filtro del colore complementare. L’introduzione della pellicola nel procedimento di stampa, alla metà del xx secolo, ha reso superfluo l’uso del piombo e ha permesso di incidere lastre di qualità migliore in tempi ridotti. (V. Anche pellicole bianco e nero, fotografia a colori). Pellicola piana [pellicola, dal lat. Pellicŭla, dim. Di pellis, «pelle», piana, der. Di piano, lat. Planus, «di superficie uguale»]. L’introduzione del supporto in nitrato di cellulosa non permise solo la fabbricazione delle prime pellicole in rullo, ma anche il tentativo di sostituire le pesanti e fragili lastre di vetro con lastre leggere ed infrangibili. La cosa incontrò un certo successo: per i filmpack erano prodotti supporti abbastanza sottili, mentre decisamente più spesse erano le pellicole destinate ad essere usate al posto delle lastre di vetro. Le pellicole piane in nitrato non sostituirono il vetro ma ebbero una fortuna alterna. Soltanto nel 1950-60, con i supporti in acetato e, poi, in poliestere il vetro fu sostituito dalle pellicole piane. Bibliografia: scaramella 2003.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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