Fisiologia della contrazione e dell’allungamento

Fisiologia della contrazione e dell’allungamento

 

 

 

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Fisiologia della contrazione e dell’allungamento

 

SCIENZE MOTORIE E SPORTIVE

“LO STRETCHING”

Ciò che è rigido e inflessibile appartiene alla morte
Ciò che è tenero e  flessibile appartiene alla vita
      Lao Tzu

Cos’è lo Stretching

Il termine Stretching deriva dall’inglese “to stretch” (allungare, stirare) ed è utilizzato in ambito sportivo e medico per indicare tutti quegli esercizi “di allungamento” che hanno per obiettivo il raggiungimento di una maggiore mobilità articolare, un miglior equilibrio posturale, una maggior scioltezza nei movimenti o più in generale di un buono stato di salute e di forma. Tali esercizi coinvolgono muscoli, tendini, ossa, articolazioni, e spesso consistono in movimenti semplici o complessi di allungamento muscolare, eseguiti secondo tecniche anche molto diverse tra loro. Proprio per questo motivo, data la molteplicità e l’eterogeneità delle pratiche di stretching, chiedersi se lo stretching faccia bene o male in termini assoluti non ha molto senso. Ha senso piuttosto cercare di capire quali siano gli effetti che, attraverso differenti esercizi o metodi di stretching, è possibile ottenere, così da poter scegliere consapevolmente quando, se e come far uso di un certo tipo di stretching piuttosto che di un altro. E’ inoltre importante, a questo proposito, conoscere alcune basilari nozioni di anatomia (apparato scheletrico e sistema muscolare) per poter capire, almeno per sommi capi, quali gruppi muscolari stiamo stirando o contraendo con un determinato movimento. Per quanto riguarda invece la comprensione dei meccanismi fisiologici sui quali si basano differenti metodologie di stretching, sarà utile analizzare velocemente alcuni processi fisiologici che avvengono naturalmente all’interno di muscoli o dei tendini allorché subiscono una contrazione o un allungamento.

 

 

      Fisiologia della contrazione e dell’allungamento

Per quel che riguarda le proprierà del muscolo, la struttura dei muscoli scheletrici, le caratteristiche delle fibre muscolari, le azioni muscolari e i tipi di contrazione si rimanda lo studente alla lettura del capitolo 10 del libro “Per vivere in perfetto equilibrio”. Ora ci occuperemo invece nello specifico della fisiologia dell’allungamento.
Le fibre muscolari presentano un’elasticità plastica influenzabile. Un muscolo, dopo aver terminato un processo d'allungamento, non riprende istantaneamente la lunghezza iniziale. Questo temporaneo “guadagno” di lunghezza prende il nome di allungamento residuo. Secondo la definizione che ne viene data in fisiologia, l’elasticitàdel muscolo è la sua capacità di riassumere rapidamente la lunghezza originaria dopo aver subito un’alterazione per allungamento. Il valore reale dell’elasticità sta nella velocità che un muscolo impiega per ritornare al suo stato di lunghezza iniziale. In altre parole, quanto più rapido è il ritorno del muscolo allo stato originario, tanto più apprezzabile è la sua capacità elastica. L’estensibilità è invece la proprietà dei muscoli, dei tendini e in parte anche dei legamenti, pur con possibilità diverse, di potere essere estesi ed allungati se sottoposti a trazione. In questo caso il valore di valutazione non è più la velocità di ritorno ma solo la quantità dell’allungamento, quindi, non esiste alcun riferimento alla velocità di ripristino. Nel linguaggio comune, ad ogni modo, quando si parla di “elasticità” di un muscolo, si intende molto spesso parlare anche alla sua estensibilità.

I più importanti recettori coinvolti nel processo di allungamento di un muscolo sono due: i fusi neuromuscolari e i corpuscoli muscolo-tendinei di Golgi. Entrambi questi recettori hanno la funzione di proteggere muscoli e articolazioni da tensioni e movimenti potenzialmente lesivi.  

 

I FUSI NEUROMUSCOLARI sono dei recettori che si trovano all’interno del muscolo, disposti in parallelo rispetto alle fibre muscolari insieme alle quali si allungano o si accorciano. Tali recettori, inviando al sistema nervoso centrale informazioni relative alla tensione del muscolo stesso, ricoprono una duplice funzione: da un lato permettono di regolare la postura, stimolando i muscoli che la determinano ad accorciarsi laddove tendano ad un allungamento eccessivo; dall’altro, permettono di salvaguardare le articolazioni da movimenti troppo ampi e veloci, intervenendo nel caso in cui un muscolo venga allungato troppo rapidamente.
Il primo effetto, ovvero la regolazione della postura, è ottenuto attravero quello che viene chiamato riflesso miotatico (=“di allungamento”) tonico: di fronte a uno stiramento muscolo-tendineo continuo provocato da una forza esterna (ad esempio la forza di gravità), i fusi inviano dei segnali al sistema nervoso centrale che reagisce modulando l’intensità di contrazione del muscolo interessato al fine di mantenere correttamente la postura.
Il secondo effetto, cioè la salvaguardia delle articolazioni da movimenti troppo ampi e veloci, è ottenuto attraverso il riflesso miotatico (=“di allungamento”) fasico: di fronte a uno stiramento muscolo-tendineo veloce e intenso, al fine di proteggere l’articolazione da eventuali traumi, i fusi inviano un segnale al sistema nervoso centrale che reagisce provocando la repentina contrazione del muscolo coinvolto, così da bloccarne l’improvviso e potenzialmente dannoso stiramento. Il riflesso miotatico fasico (così come quello tonico) è involontario. Tanto più veloce sarà l’allungamento, tanto più intensa sarà l’azione-risposta del riflesso miotatico.
Esiste inoltre un meccanismo, anch’esso dipendente dall’eccitazione dei fusi neuromuscolari, per cui la contrazione submassimale di un muscolo determina l’inibizione (rilassamento) dei muscoli antagonisti. Questo riflesso prende il nome di inibizione reciproca e, a causa di meccanismi abbastanza complessi, non ha luogo nel caso in cui un’articolazione debba essere bloccata dall’azione simultanea di agonisti e antagonisti. Per conseguenza del riflesso di inibizione reciproca, mentre un muscolo allungato in modo troppo intenso e veloce si contrae (riflesso miotatico fasico), la muscolatura antagonista viene rilassata.

I CORPUSCOLI MUSCOLO-TENDINEI DI GOLGI sono dei recettori che si trovano all’interno della giunzione tra tendine e fibra muscolare ed agiscono in modo opposto rispetto ai fusi neuromuscolari. I corpuscoli di Golgi rilevano infatti le variazioni dell’intensità di contrazione di un muscolo, e sono sensibili in particolare alla tensione sviluppata da un muscolo durante una contrazione isometrica. In risposta a delle tensioni eccessive e potenzialmente dannose, i corpuscoli di Golgi vengono attivati e danno il via a un processo (riflesso miotatico inverso) che inibisce la contrazione facilitando il rilassamento muscolare.  Grazie a questo riflesso, la contrazione muscolare diminuisce o cessa, così che muscoli e articolazioni vengono protetti da possibili danni derivanti da eccessiva contrazione.
Il riflesso miotatico inverso non è immediato ma parte dopo 6-8 secondi che i corpuscoli di Golgi sono stati attivati.

 

Una generale classificazione delle tecniche di stretching

Sono molte le tecniche di stretching ad oggi codificate e i differenti protocolli con cui tali tecniche sono state proposte sono quasi incalcolabili. Una prima e generale classificazione che possiamo fare delle tecniche di stretching è la seguente: possiamo dividerle in tecninche di stretching statico o dinamico, attivo o passivo, globale o analitico.
La distinzione tra stretching statico e dinamico fa riferimento alla velocità con cui le posizioni vengono raggiunte e al tempo in cui ogni posizione viene mantenuta. Le tecniche di  stretching statico prevedono generalmente che ogni posizione venga raggiunta lentamente e mantenuta da un tempo minimo di 8-10 secondi ad un massimo di alcuni minuti (o in casi limite addirittura di ore). Le tecniche di stretching dinamico, invece, prevedono gesti lenti o veloci (talvolta addirittura molleggiati) che si susseguono senza pause o si alternano in maniera ritmica, senza che ciascuna posizione sia mantenuta per più di qualche secondo. Lo stretching balistico è una particolare forma di stretching dinamico che prevede dei rimbalzi tra una posizione e l’altra o dei molleggi per raggiungere posizioni di massimo allungamento.
La distinzione tra stretching attivo e passivo riguarda le modalità con cui le posizioni vengono raggiunte. Si parla di stretching attivo quando la posizione richiesta è raggiunta autonomamente e richiede, per essere raggiunta o mantenuta, una contrazione muscolare. Si parla al contrario di stretching passivo quando le posizioni vengono raggiunte o mantenute grazie all’ausilio di strumenti esterni (ad esempio cavi o macchine per trazione) oppure di un compagno, senza che a tale scopo sia necessaria una contrazione muscolare nel segmento corporeo interessato.
La distinzione tra stretching globale e analitico, infine, fa riferimento alla “quantità” della muscolatura coinvolta e alle modalità di coinvolgimento della muscolatura stessa: mentre lo stretching globale allunga catene cinetiche, ovvero catene di muscoli, coinvolgendo l’intero corpo in ogni momento, lo stretching analitico si concentra su un singolo segmento corporeo o gruppo muscolare, cercando di isolarlo.

 

 

Alcune tecniche di stretching

LO STRETCHING STATICO SECONDO BOB ANDERSON
Probabilmente il sistema di stretching statico più conosciuto è quello codificato da Bob Anderson negli anni ‘70. Questo sistema di stretching, con le sue posizioni e il suo modo di respirare, prende spunto dallo yoga e fonda la sua pratica in esercizi di stiramento muscolare allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma fisica.
L’allungamento secondo Bob Anderson si può dividere in tre fasi: una prima fase di “Allungamento facile”, nella quale una posizione va raggiunta lentamente, senza molleggiare, cercando di rilassarsi. Una volta raggiunta la posizione cercata, la si deve mantenere per 10-15 secondi. Durante questa fase, la sensazione di tensione dovrebbe diminuire o, in caso contrario, la tensione andrebbe leggermente allentata. Dopo la fase di “allungamento facile”, Bob Anderson suggerisce una seconda fase, della durata di altri 10-15 secondi, che chiama “Allungamento di sviluppo”, nella quale si può giungere ad un allungamento maggiore grazie agli adattamenti ottenuti nella prima fase. Il passaggio dalla prima alla seconda fase deve essere dolce e graduale e anche la seconda fase di allungamento deve essere percepita come confortevole, altrimenti la tensione va allentata. In ogni caso si deve far attenzione a non attivare il riflesso miotatico con molleggi o con stiramenti eccessivamente veloci o intensi, né si deve raggiungere la soglia del dolore. La terza fase, di “Allungamento drastico”, non dovrebbe mai essere raggiunta. Forzare troppo infatti, oltre a rendere inefficace lo stretching a causa del riflesso miotatico, provocherebbe dei micro-traumi dovuti a microscopici strappi delle fibre muscolari. Questo comporterebbe, di conseguenza, delle micro-cicatrici, con graduale perdita di flessibilità.
Dopo aver mantenuto un allungamento di sviluppo per una quindicina di secondi, la posizione va abbandonata e si passa ad un’altra. La respirazione deve essere lenta, ritmica e controllata, così da favorire il massimo rilassamento possibile.

 

LO STRETCHING PASSIVO-ATTIVO
Secondo questa tecnica di allungamento, inizialmente va eseguito uno stretching passivo (con l’aiuto perlopiù di un compagno), dopodiché l’individuo tenta di favorire la posizione con una contrazione isometrica della muscolatura antagonista rispetto a quella allungata.

 

LO STRETCHING ATTIVO ASSISTITO
Inizialmente si allunga quanto possibile la muscolatura desiderata grazie ad una contrazione dei muscoli antagonisti. Si mantiene attivamente la posizione per alcuni secondi. A questo punto l’allungamento continua passivamente (grazie all’assistenza di un partner, all’utilizzo di una macchina, ecc.).

 

LA TECNICA P.N.F.
Un’altra tecnica di allungamento che appartine allo stretching statico è quella P.N.F. (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), messa a punto da Kabat e successivamente modificata secondo vari protocolli. Secondo uno di questi protocolli, il muscolo interessato deve innanzitutto raggiungere il massimo allungamento in modo lento e graduale. Quindi, eseguirà una contrazione isometrica submassimale di 6-10 secondi, un rilassamento di 2-4 secondi e infine un allungamento passivo di 15-30 secondi. Senza tornare alla posizione iniziale, la sequenza viene ripetuta dalle due alle quattro volte.
Questo metodo si basa sul riflesso miotatico inverso, grazie al quale i corpuscoli muscolo-tendinei di Golgi, siti all'interno dei tendini, provocano in risposta a contrazioni muscolari submassimali il rilassamento del muscolo interessato. Tale inibizione autogena facilita il successivo allungamento muscolare, consentendo al muscolo di allungarsi maggiormente rispetto a quanto gli sarebbe possibile fare grazie a un semplice stretching passivo.

 

LA TECNICA C.R.A.C.
Un’altra tecnica di stretching statico molto simile al P.N.F. è quella chiamata C.R.A.C. (Contract-Relax-Antagonist Contract). La modalità di esecuzione consiste in questo caso nel contrarre isometricamente il muscolo interessato, con l'eventuale l'aiuto di un compagno, per 6-10 secondi, rilassarlo per 2-4 secondi (come nel P.N.F.) e infine allungarlo attivamente contraendo l'antagonista per 15-30 secondi. Anche in questo caso ogni sequenza di contrazioni, rilassamento e allungamento con contrazione dell'antagonista viene ripetuta dalle 2 alle 4 volte. Oltre a stimolare il riflesso miotatico inverso, nell’ultima fase (contrazione dell’antagonista) intende sfruttare il riflesso di inibizione reciproca.

LA TECNICA C.R.S.
La tecnica chiamata C.R.S. (Contract-Relax-Stretch) prevede una contrazione isometrica del muscolo per 10-15 secondi, seguita da un rilassmento di 5 secondi e da un successivo allungamento. Questa tecnicaintende sfruttare l’inibizione dei fusi neuromuscolari ad opera dell’iniziale contrazione, in grado di rendere più efficace il successivo allungamento, prevenendo il riflesso miotatico fasico e consentendo al muscolo un rilassamento maggiore.

 

STRETCHING GLOBALE ATTIVO
Lo Stretching Globale Attivo, codificato da Souchard, trae i suoi principi dalla Rieducazione Posturale Globale ed è stato concepito sia come pratica preventiva che come trattamento dei disequilibri morfo-posturali riconducibili alla pratica sportiva. Lo Stretching Globale Attivo coinvolge tutti i segmenti del corpo nello stesso momento attraverso la realizzazione di autoposture che evolvono in maniera dolce e progressiva, con l’interessamento fondamentale della respirazione, verso una posizione finale di massimo allungamento.
Ogni postura ha la specificità di allungare una o più catene muscolari in modo simmetrico, allontanando fra loro i due capi della stessa catena; questo allo scopo di evitare i compensi che renderebbero inefficaci e/o dannose le sollecitazioni in allungamento. Lo S.G.A. può essere considerato uno strumento di revisione e di riequilibrio delle tensioni muscolari e dei compensi prodotti dall’allenamento e dalla pratica sportiva, nonchè uno strumento per dare maggiore forza attiva ai gruppi muscolari impegnati nel gesto sportivo.

 

Allegato 1

 

 ESERCIZI PER IL MIGLIORAMENTO DELLA MOBILITÀ ARTICOLARE
E PER L'ALLUNGAMENTO MUSCOLARE
Testo e disegni di Stelvio Beraldo

 

ARTICOLAZIONI DELLA CAVIGLIA


Flessioni del piede da stazione eretta con la punta su un rialzo o contro una parete a gamba tesa.
Con la punta e metatarso di un piede su un opportuno rialzo o contro una parete, sposta avanti il corpo in modo da flettere al massimo la gamba sul piede.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori plantari (estensori) del piede sulla gamba.

Flessioni del piede da seduto su panca a gamba tesa.
Mantenendo la gamba tesa, afferra con le mani punte e metatarsi del piede ed esercita una trazione cercando di flettere il piede.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori plantari (estensori) del piede sulla gamba.

Flessioni dei piedi da stazione eretta con le punte su un rialzo a gambe semipiegate.
Con le punte e i metatarsi dei piedi su un rialzo di 6-8 cm., piegati progressivamente sulle gambe spostando il corpo per avanti-basso in modo da flettere al massimo il piede sulla gamba.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori plantari (estensori) del piede sulla gamba. Fanno eccezione i Gemelli che, a causa della semiflessione della gamba, si trovano con i capi di inserzione estremi ravvicinati.

Flessioni del piede da seduto su panca a gamba semiflessa.
Mantenendo la gamba semiflessa, afferra con le mani la punta e il metatarso del piede ed esercita una trazione cercando di flettere il piede.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori plantari (estensori) del piede sulla gamba. Fanno eccezione i Gemelli che, a causa della semiflessione della gamba, si trovano con i capi di inserzione estremi ravvicinati.

Estensioni del piede da seduto su panca a gamba semiflessa.
Mantenendo la gamba semiflessa, afferra con le mani la punta e il metatarso del piede ed esercita una estensione del piede.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori dorsali (flessori) del piede sulla gamba.

Estensioni del piede da stazione eretta a gamba flessa con una mano alla caviglia.
Mantenendo le cosce allineate, fletti una gamba e afferra con le mani la punta del piede. Quindi esercita una estensione del piede (flessione plantare).
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori dorsali (flessori) del piede sulla gamba.

Estensioni dei piedi da in ginocchio seduto sui talloni.
Col dorso dei piedi a terra, esercita una pressione sulla caviglia col peso del corpo.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori dorsali (flessori) del piede sulla gamba.

Circonduzioni del piede da seduto su panca a gamba semiflessa.
mantenendo la gamba semiflessa, afferra con le mani la punta e il metatarso del piede ed esercita delle circonduzioni lente nei due sensi di rotazione.
I muscoli maggiormente interessati sono tutti quelli che agiscono nella mobilizzazione del piede in tutte le direzioni.
Con la gamba semiflessa fanno eccezione i Gemelli che, a causa della semiflessione della gamba, si trovano con i capi di inserzione estremi ravvicinati.

 

ARTICOLAZIONE DELL’ANCA

Estensioni delle gambe da busto flesso.
Mantenendo i piedi uniti, fletti il busto piegando leggermente le ginocchia e ponendo le mani dietro le caviglie. Quindi estendi le ginocchia cercando di mantenere il busto più flesso possibile, aiutandoti con la pressione delle mani sulle caviglie.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori delle cosce sul bacino. Sono coinvolti anche gli estensori del tronco.

Flessioni del busto da ginocchio a terra e arto controlaterale proteso avanti.
Fletti il busto aiutandosi con le mani poste dietro la caviglia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori della coscia sul bacino. Sono coinvolti anche gli estensori del tronco.

Flessioni del busto su una gamba sollevata e in appoggio.
Fletti il busto aiutandoti con le mani poste dietro la caviglia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori della coscia sul bacino. Sono coinvolti anche gli estensori del tronco.

Flessioni di un arto inferiore da supino.
Solleva e fletti un arto aiutandoti con le mani poste dietro la coscia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori della coscia sul bacino.
Mantenendo il piede ben flesso vengono interessati anche i muscoli estensori del piede.

Divaricazioni delle cosce da piegamento completo delle gambe.
Con le gambe ben divaricate, spingi con i gomiti sulle cosce cercando di allontanarle il più possibile verso dietro.
I muscoli maggiormente interessati sono gli adduttori delle cosce sul bacino.

Piegate laterali.
Vai in massima piegata. Per non creare uno stress sulle strutture articolari del ginocchio dell'arto proteso, rivolgi la punta del piede verso l’alto.
I muscoli maggiormente interessati sono gli adduttori della coscia sul bacino.

Inclinazioni laterali del busto su una gamba sollevata e in appoggio.
Inclina il busto sull’arto sollevato. Per non creare uno stress sulle strutture articolari del ginocchio proteso, rivolgi la punte del piede verso l’alto.
I muscoli maggiormente interessati sono:
- gli adduttori della coscia sul bacino dell’arto sollevato;
- gli abduttori della coscia sul bacino dell’arto a terra;
- gli inclinatori laterali del tronco.

Divaricate frontali da supino.
Dopo aver afferrato le caviglie, esercita una pressione cercando di divaricare quanto più possibile le gambe.
I muscoli maggiormente interessati sono gli adduttori delle cosce sul bacino.

Divaricate frontali
Vai in massima divaricata mantenendo le ginocchia in estensione. Aiutati flettendo il busto e poggiando le mani a terra. Per non creare uno stress sulle strutture articolari delle ginocchia, rivolgi le punte dei piedi verso l’alto.
I muscoli maggiormente interessati sono gli adduttori delle cosce sul bacino.

Estensioni di una coscia da stazione eretta con una mano alla caviglia.
Afferra la caviglia di un arto inferiore sollevato indietro a gamba flessa. Quindi esercita con la mano una trazione verso l’alto cercando di estendere al massimo la coscia.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori della coscia sul bacino.

Piegate avanti.
Vai in massima piegata mantenendo l'arto proteso dietro esteso ed estendendo oltre la verticale anche il busto.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori della coscia sul bacino.
Mantenendo il piede in massima estensione vengono interessati anche i muscoli flessori del piede.

Estensioni del busto da in ginocchio seduto sui talloni.
Estendi indietro il tronco, se possibile fino a toccare terra con le spalle. Nella discesa e nella risalita aiutati con gli arti superiori in appoggio a terra.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori delle cosce sul bacino e gli estensori delle gambe.
Vengono anche interessati i muscoli flessori dei piedi.

Estensioni del busto a terra con un arto avanti in flessione completa e l'arto controlaterale proteso dietro.
Estendi indietro il tronco.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori delle cosce sul bacino ed estensori dell’arto proteso dietro.
Inoltre vengono impegnati anche i muscoli flessori della gamba e i flessori del piede posto avanti.

 

 

ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE

Flessioni del busto da piegamento completo delle gambe.
Mantenendo le cosce parallele, avvicina quanto più possibile le ginocchia al petto aiutandoti con le braccia poste sulle gambe.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco, con particolare riferimento alla regione lombare.
Vengono interessati anche i muscoli estensori delle cosce, ad eccezione di quelli biarticolari che trovano inserzione oltre il ginocchio.
Questo esercizio è anche utile per la decompressione discale.

Flessioni del busto da in ginocchio.
Fletti il busto in avanti cercando di toccare terra con le spalle.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco, con particolare riferimento alla regione lombare.
Vengono interessati anche i muscoli estensori delle cosce, ad eccezione di quelli biarticolari che trovano inserzione oltre il ginocchio.
Questo esercizio è anche utile per la decompressione discale.

Flessioni del busto da seduto su panca.
Mantenendo le cosce parallele, avvicina quanto più possibile le ginocchia al petto aiutandoti con le braccia poste dietro le gambe.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco, con particolare riferimento alla regione lombare.
Vengono interessati anche i muscoli estensori delle cosce, ad eccezione di quelli biarticolari che trovano inserzione oltre il ginocchio.
Questo esercizio è anche utile per la decompressione discale.

Flessioni del busto da seduto a terra con le gambe leggermente divaricate e flesse e mani alle caviglie
Fletti il busto aiutandoti con le braccia poste sotto le ginocchia e mani sulle gambe.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco con particolare riferimento alla regione lombare.

Flessioni delle cosce e del bacino da supino.
Mantenendo le cosce parallele, avvicina quanto più possibile le ginocchia al petto aiutandoti con le mani poste sulle gambe, all'altezza delle ginocchia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco, con particolare riferimento alla regione lombare.
Vengono interessati anche i muscoli estensori delle cosce, ad eccezione di quelli biarticolari che trovano inserzione oltre il ginocchio.
Questo esercizio è anche utile per la decompressione discale.

Flessioni delle cosce e del bacino da supino fino all'appoggio sul dorso.
Puoi eseguirle con posizione finale a ginocchia distese, a ginocchia flesse (disegno) o con la rotazione finale del bacino, alternativamente verso destra e verso sinistra.
Esegui una massima flessione degli arti inferiori sollevando il bacino fino a poggiare i piedi oltre la linea della testa.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori del tronco in generale, con particolare riferimento alla regione dorsale.
L'esecuzione a ginocchia flesse attenua la tensione dei muscoli biarticolari estensori delle cosce.

Inclinazioni laterali del busto da stazione eretta a gambe incrociate.
Inclina il busto lateralmente al massimo dell’articolabilità.
Inizialmente puoi anche eseguirlo senza incrociare le gambe.
I muscoli maggiormente interessati sono gli inclinatori laterali del tronco, che sono anche estensori, con particolare riferimento alla regione lombare.
Con le gambe incrociate vengono coinvolti anche i muscoli abduttori delle coscia controlaterale all'inclinazione.

Rotazioni del busto da seduto a terra con una gamba protesa avanti e l'altra flessa.
Ruota il busto aiutandoti con un braccio posto all’esterno della gamba in flessione.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori e gli inclinatori laterali del tronco.

Estensioni del busto da prono con mani a terra e corpo proteso dietro.
A braccia distese, forma un arco portando quanto più possibile il bacino verso il terreno. Questo esercizio va evitato in caso di traumi alle vertebre lombari.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori del tronco.
Vengono coinvolti anche i flessori delle cosce sul bacino.

Flesso-inclinazioni, rotazioni e circonduzioni del collo.
Esegui i movimenti del collo su tutti i piani spaziali. Evita le estensioni forzate verso dietro-laterale.
I muscoli maggiormente interessati sono:
- gli estensori e gli inclinatori del collo nella flesso-inclinazione e nella rotazione;
- tutti i muscoli che mobilizzano il collo nella circonduzione.

 

 

ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA

Retroposizioni delle braccia da stazione eretta con le mani in appoggio dietro su un rialzo.
Con le braccia indietro e le mani in appoggio su un opportuno sostegno, lascia cadere il corpo verso il basso in maniera da accentuare la retroposizione delle braccia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli antepositori delle spalle e delle braccia.

Retroposizioni delle braccia da seduto a terra con le mani in appoggio dietro.
Spostati con il corpo in modo da accentuare la retroposizione delle braccia.
I muscoli maggiormente interessati sono gli antepositori delle spalle e delle braccia.

Aperture laterali di un braccio da stazione eretta con la mano in appoggio.
Aiutandoti con l'appoggio della mano ad un punto fisso posto dietro-lateralmente, apri il braccio quanto più possibile oltrepassando l'allineamento con le spalle.
I muscoli maggiormente interessati sono quelli che antepongono la spalla e che chiudono il braccio sul piano orizzontale (flessione orizzontale).

Circonduzioni delle braccia con un bastone.
Mantenendo i gomiti sempre estesi, esegui delle circonduzioni fermandoti nella posizione articolare di maggiore tensione.
Impugna con un passo (distanza delle mani) quanto più stretto possibile.
I muscoli maggiormente interessati sono quelli che retropongono la spalla e che chiudono il braccio sul piano orizzontale (flessione orizzontale).

Flessioni orizzontali di un braccio da stazione eretta.
Aiutandoti con la mano dell'arto controlaterale, chiudi il braccio in avanti mantenendolo all'altezza delle spalle.
I muscoli maggiormente interessati sono quelli che retropongono la spalla e che aprono il braccio e lo portano indietro sul piano orizzontale.

Inclinazioni laterali del busto da stazione eretta con una mano in presa al disopra della testa.
Con una mano in presa al disopra della testa e i piedi oltre la perpendicolare all'impugnatura, inclina il busto lateralmente.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori dell'avambraccio, gli adduttori del braccio e gli abbassatori della spalla.
Vengono interessati anche i muscoli che flettono il busto lateralmente, soprattutto della regione lombare.

 

ARTICOLAZIONI DEL POLSO

Estensioni delle mani e dei polsi da in ginocchio con le palme a terra.
Puoi eseguirle con le dita delle mani verso avanti o verso dietro.
Con le palme delle mani a terra, esegui delle estensioni delle mani spostando il corpo verso la punta delle dita.
La posizione con palme delle mani verso dietro richiede una buona articolabilità del polso.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori delle dita dei polsi.

Estensioni delle mani e dei polsi con le palme contrapposte.
Puoi eseguirle con le palme delle mani contrapposte o con le mani contro una parete.
Mantieni le dita sempre distese.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori delle dita e dei polsi.

Estensioni di una mano e del polso con l'ausilio dell'altra mano.
Mantieni le dita sempre distese.
I muscoli maggiormente interessati sono i flessori delle dita e del polso.

Flessioni di una mano e del polso con l'ausilio dell'atra mano.
Fletti una mano aiutandoti con l’altra.
I muscoli maggiormente interessati sono gli estensori delle dita e del polso. 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

 

TESTI E DISPENSE CONSULTATI

Del Nista P.L., Parker J., Tasselli A., Per vivere in perfetto equilibrio. Pensiero e azione per un corpo intelligente, Casa Editrice G. D’Anna, Firenze 2008
Australian Institute Of Fitness, Master Trainer Vol.3: Personal Trainer, 2007
Paoli A, Teoria, tecnica e didattica del Fitness. Dispensa delle lezioni per l’anno accademico 2001-  2002, Università degli Studi di Padova, 2002.
Anderson B., Stretching, Ed. Mediterranee, Roma 2001
Thibodeau G. A., Patton K. T., Anatomia e fisiologia, C.E.A., Milano 1995

 

ARTICOLI E PAGINE INTERNET CONSULTATI

Papaianni R., Stretching e prestazione sportiva, gennaio 2010 (Sportbrain) http://www.sportbrain.it/stretching-prestazione-sportiva.html
Martino F., Stretching o non stretching, questo è il dilemma, agosto 2009 (Sportbrain) http://www.sportbrain.it/stretching-non-stretching-questo-il-dilemma.html
Cometti G., Effetti dell’allungamento muscolare prima della prestazione fisica, agosto 2009 (Sportbrain) http://www.sportbrain.it/wp-content/uploads/2009/08/Stretching-Effetti.pdf

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Autore del testo: Samuele Dalla Valle

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