Stalin

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Stalin

La Russia di Stalin
Stalin si era imposto come capo unico dell’URSS, e così era anche passata la sua politica del “comunismo in un solo paese”.
In campo economico la Nep aveva fatto effettivamente crescere il settore agricolo, ma l’industria non era ancora adeguatamente sviluppata. Ciò era ovviamente considerato una grave debolezza in un paese dalle grandi ambizioni, anche internazionali, come la Russia. L’obiettivo di Stalin divenne quindi quello di modernizzare e industrializzare il Paese.
In prima battuta venne lanciata una battaglia contro i kulaki, i contadini agiati che si erano arricchiti grazie alla Nep (e che avevano acquisito troppo potere e indipendenza), accusati – ovviamente a torto – di essere i responsabili del mancato sviluppo dell’economia sovietica. Tra il 1928 e 1932 ci fu una vera e propria persecuzione ai danni dei kulaki, spesso deportati in massa (nel 1930 un decreto li definì “nemici del popolo”) o addirittura eliminati fisicamente; le proprietà dei kulaki ovviamente vennero espropriate e cedute alle cooperative agricole con l’obiettivo di arrivare alla collettivizzazione del lavoro.
Le campagne difatti:

  • dovevano fornire la manodopera per le fabbriche (il piano infatti prevedeva una superindustrializzazione)
  • dovevano fornire le risorse necessarie all’approvvigionamento della crescente popolazione urbana

La produzione agricola, nonostante il minor impiego di uomini, non doveva però diminuire; anzi, bisognava aumentarla. Si doveva perciò modernizzare e meccanizzare il lavoro agricolo; l’obiettivo era perciò quello di:

  •  rendere collettiva la terra
  • e creare un diffuso sistema di aziende statali (sovchoz, gestiti direttamente dallo Stato, e kolchoz, cooperative volontarie, almeno formalmente).

I contadini (che ricordavano bene le promesse di Lenin – “tutta la terra ai contadini!”) non la presero molto bene. Molto spesso ricorsero a forme di resistenza passiva (riduzione della produzione, macellazione in massa di bestiame), e in alcune aree si arrivò anche alla resistenza armata. Ciò comportò che il regime staliniano dovette spesso essere imposto con la forza e col terrore; il risultato fu un peggioramento delle condizioni di vita di molti contadini e una riduzione effettiva della produzione agricola.

L’obiettivo primario era comunque  quello di industrializzare il Paese. Per questo nel 1928 Stalin varò il primo piano quinquennale. Si intendeva così dare rapido sviluppo al settore industriale, attraverso una pianificazione centralizzata, concentrandosi soprattutto nella crescita dell’industria pesante e della produzione di energia elettrica: questo per rendere l’Urss competitiva rispetto ai paesi esteri, sia sul piano economico che su quello bellico.
Il piano (così come il seguente, lanciato nel 1932; il terzo piano quinquennale fu interrotto dallo scoppio della guerra) doveva definire in maniera rigida e centralizzata gli obiettivi da raggiungere. Nei fatti lo sviluppo non seguì le linee previste; tuttavia i risultati ci furono, tanto che già nel 1933 la produzione sovietica era quadruplicata rispetto alle condizioni di partenza. E questo, oltretutto, in un periodo in cui i paesi capitalistici stavano tutti affrontando le conseguenze della grave crisi del 1929. Di fatto, in questi dieci anni la struttura economico-sociale sovietica venne trasformata radicalmente. I risultati furono però pagati a caro prezzo: crisi nelle campagne, disequilibrio nello sviluppo tra settore agricolo-industria pesante-industria leggera, repressione violenta di ogni forma di opposizione.

La dittatura di Stalin: un regime totalitario
Anche in Russia venne a crearsi un regime totalitario dove il partito si sostituì completamente allo Stato. Dal partito dipendevano tutte le associazioni politiche, amministrative, economiche, sociali, culturali.
Stalin, arrivato alla segreteria generale del partito nel 1922, dopo aver eliminato ogni avversario, prese il totale controllo dell’intera macchina statale. Perfino la Chiesa venne annientata: al clero furono prima usurpate le proprietà; gli uomini di chiesa furono privati di ogni diritto civile e migliaia di sacerdoti furono arrestati o deportati; numerose chiese vennero distrutte.
Attorno a Stalin si sviluppò inoltre un vero e proprio “culto della personalità”. Il rispetto e la venerazione verso il capo raggiungevano livelli quasi religiosi. Ogni decisione di Stalin, perfino la più incomprensibile, era ritenuta emanazione di una ragione di ordine superiore.
La centralizzazione divenne assoluta e l’autorità fu mantenuta anche grazie a violenze e terrore. Si pensi alle grandi purghe staliniane, che si ripeterono frequentemente (col risultate anche di indebolire i vertici di esercito, della burocrazia e i quadri dirigenti dell’economia russa). Lunghe liste complete di tutti i membri che avevano espresso dubbi e critiche nei confronti del regime o di Stalin venivano via via compilate. Trotskij, come già abbiamo visto, divenne il capro espiatorio per eccellenza, almeno fino al suo assassinio in Messico nel 1940; le violenze, le torture per estorcere confessioni (confessioni che presentavano Stalin, di fronte alle masse, come il grande difensore del socialismo contro i traditori), le condanne a morte, i campi di concentramento o di lavoro forzato (i gulag) erano pane quotidiano dell’Urss di quei tempi.
Stalin, pian piano, si trasformò da dittatore a despota assoluto. Nel 1936 una nuova costituzione proclamò l’Urss uno “Stato socialista”, in cui tutte le differenze individuali si dichiaravano scomparse: ma era lettera morta, poiché in realtà l’autoritarismo era al suo culmine.

Nel 1939 l’Urss stupiva il mondo con il patto Molotov-Ribbentrop. I regimi russo e tedesco avviavano così una sorprendente collaborazione. Almeno fino al 1941, ossia quando Hitler diede inizio alla cosiddetta “operazione Barbarossa”, l’occupazione dei territori dell’inferiore razza slava…


Venne deportato circa un milione di persone.

È questo il periodo di Stachanov, un minatore che riuscì a portare la produzione della sua squadra a livelli prima impensati (da lui il termine “stacanovismo”).

Un’interpretazione vuole che la devastazione che lo stesso Stalin ha fatto dei vertici del suo stesso esercito sia stata una delle cause principali della disfatta dell’esercito russo seguita all’attacco hitleriano.

Si parla di decine di milioni di persone, cadute nella rete delle purghe staliniane (tra cui circa un milione condannate a morte)!

 

Fonte: http://www.sdstoriafilosofia.it/download/VB/La%20Russia%20di%20Stalin.docx

Sito web da visitare: http://www.sdstoriafilosofia.it

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