Verso una nuova società

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Verso una nuova società

Verso una nuova società (ripasso)
A Roma dunque c’è un rapido cambiamento dei costumi (dei valori, delle tradizioni).
Quali sono le trasformazioni più importanti?

  • I ricchi cominciano a voler mostrare case ricche, abiti di lusso, gioielli; prendevano in casa maestri greci per l’istruzione dei figli;
  • diminuisce l’autorità del pater familias e cambia il ruolo della donna;
  • cambiano i divertimenti (si diffondono i giochi dei gladiatori);
  • arrivano a Roma nuove forme di religione (es., riti dionisiaci, come il culto di Bacco) à la religione romana era un dovere politico, non era una religione personale; riti del genere erano per gruppi ristretti di persone (invece di unire tutti, dividevano); si arrivava perfino alla condanna a morte, per chi praticava tali riti


Lettura – La repressione del culto di Bacco
Si diceva che questi culti (i baccanali) corrompevano i costumi tradizionali romani e che i seguaci di Bacco erano una pericolosa setta segreta. Vennero perciò prese misure repressive contro tale culto.
Quelli che aderivano maggiormente a tale culto erano i plebei (avevano una vita peggiore: questo culto era un modo per trovare una via di fuga dalla dura realtà).

 

La scomparsa della piccola proprietà terriera
L’esercito romano era formato dai cittadini, più che altro contadini, che abbandonano la loro attività per andare in guerra. Negli ultimi anni c’erano state molte guerre; i PICCOLI  PROPRIETARI  ERANO QUELLI CHE SUBIVANO MAGGIORMENTE LE GUERRE. Quando tornavano dopo anni di guerra alle loro proprietà le trovavano abbandonate, distrutte. Per rimettere tutto in piedi c’era bisogno di denaro, e loro non ne avevano.
Inoltre, con l’espansione di Roma, la coltivazione di CEREALI non era più redditizia (ora, i cereali potevano essere importati a basso prezzo). Cambiare coltivazione (magari passare a delle vigne o ad uliveti, più redditizi) non era facile, perché c’era bisogno di tempo e di soldi.
Quindi i piccoli proprietari terrieri dovevano VENDERE LA LORO TERRA ai grandi proprietari terrieri, chiedendo poi di essere assunti come lavoratori salariati. Purtroppo per loro c’erano gli schiavi, che lavoravano gratis: spesso, perciò, rimanevano DISOCCUPATI e andavano a Roma in cerca di un’occupazione che difficilmente trovavano (formando così la plebe urbana, povera, che vive in modo molto difficoltoso).

Quindi: i piccoli proprietari terrieri entrano in crisi a causa delle continue guerre...

  • perché devono abbandonare i loro campi
  • perché coltivare cereali non rende più

Cosa fanno?

  • Vendono le terre ai grandi proprietari terrieri e
  • cercano lavoro come contadini salariati...
    • ... ma non lo trovano perché ci sono gli schiavi che lavorano gratis

PROLETARIATO E ASCESA DEI CAVALIERI

Gli ex contadini, ormai disoccupati senza le loro terre, vanno in città in cerca di lavoro. Vengono chiamati PROLETARI, perché non possiedono niente oltre la loro PROLE (i propri figli).
Lavoro però non ce n’è; le uniche cose che riesce a fare lo Stato sono:

  • distribuzione gratuita di grano
  • giochi (come quelli dei gladiatori), per distrarre la folla

Oltre alla nascita di questo proletariato urbano c’è da notare la crescita del ceto sociale dei CAVALIERI (soldati che potevano permettersi un cavallo). I cavalieri si arricchiscono con:

  • i bottini di guerra
  • i TRIBUTI imposti alle zone conquistate (i cavalieri dovevano riscuotere i tributi versando poi una somma stabilita allo Stato; tutto ciò che riuscivano a prendere in più, era loro).

I cavalieri sfruttano i loro guadagni e si arricchiscono sempre più  grazie al commercio su larga scala; insomma, anche se sono esclusi dalle cariche politiche (riservate all’aristocrazia) diventano un ceto ricco e potente.

Abbiamo visto che i piccoli proprietari terrieri sono costretti a vendere le loro terre.
Chi le prende? I grandi proprietari terrieri, aristocratici, che diventano sempre più ricchi. Si creano insomma degli immensi LATIFONDI (= ampio podere, grande appezzamento di terra).
Di solito i grandi proprietari lasciavano qualcuno (un “fattore”, che dirigeva il lavoro di schiavi e braccianti) ad amministrare le loro terre e si trasferivano in città, dove usavano la loro ricchezza per costruire enormi e lussuosi palazzi (non investivano il denaro).

Le VILLAE (queste fattorie, costruite nei latifondi dei grandi proprietari terrieri) erano popolate da una gran quantità di SCHIAVI.

  • C’era chi viveva in una specie di semilibertà (servi “liberi” o soluti)
  • E chi ogni sera veniva rinchiuso, di modo che non scappasse (“legati” o vincti).

La villa produceva molti più prodotti di quelli che potevano essere consumati. Perciò, quello che era in più, veniva destinato alla vendita e al commercio. Per questo dalla coltivazione di grano si passò a quella di olio e vino (si guadagna di più).

GLI SCHIAVI. LE TENSIONI SOCIALI E LE PRIME RIVOLTE
All’inizio gli schiavi erano considerati quasi persone di famiglia ed erano legati ai padroni da buoni rapporti.
Dal II sec. a.C. il numero di servi crebbe molto. Le grandi conquiste romane portavano anche moltissimi prigionieri, che venivano fatti schiavi. Il mercato degli schiavi era un’attività comune e molto fruttuosa: pensa che a Delo venivano comprati e venduti circa 10000 schiavi al giorno.

Caratteristiche della schiavitù (a differenza del passato):

  • Venne praticata su LARGA SCALA (molto di più rispetto alle civiltà precedenti rispetto a quella romana)
  • Venne utilizzata soprattutto come MANODOPERA in agricoltura; gli schiavi erano macchine da lavoro, semplici strumenti da sfruttare al massimo; chi non era in grado di lavorare, veniva abbandonato a morire.
  • C’erano poi gli SCHIAVI PUBBLICI, che appartenevano allo Stato e venivano usati nelle miniere o in opere pubbliche (costruzioni di strade ecc.).
  • Oltre a questi schiavi che vivevano in condizioni disumane c’erano poi schiavi privilegiati (SCHIAVI DOMESTICI) che continuavano a fare il proprio lavoro nelle famiglie, magari aiutando il padrone nelle attività commerciali.
  • Infine (ma erano pochissimi) c’erano SCHIAVI INTELLETTUALI, usati come maestri.

Le rivolte degli schiavi
Gli schiavi sono dunque tantissimi.
Questo provoca problemi di ordine pubblico: in molti posti scoppiano rivolte degli schiavi, che si ribellano con le armi i pugno e affrontano in duri scontri l’esercito.
In SICILIA, nel 136 a.C. scoppiò una grande rivolta nella quale agli schiavi si unirono anche i piccoli proprietari (la Sicilia era una terra di latifondisti). La rivolta scoppiò contro un latifondista, Damofilo; gli schiavi si ribellarono mettendo al loro capo un certo Euno. Damofilo fu pubblicamente processato ed Euno proclamato re. Molti altri proprietari terrieri vennero uccisi e la rivolta si estese sempre più. Nel 132 a.C. Roma dovette mandare un vero e proprio esercito, comandato dal console Rupilio, che riuscì a sconfiggere gli schiavi.

Intanto la vita politica romana degenerava: era molta la corruzione e si faceva politica solo per arricchirsi. I territori conquistati venivano sfruttati fino all’osso.
I socii (gli alleati di Roma) non erano per nulla soddisfatti: avevano partecipato alle guerre a fianco di Roma, ma non avevano ottenuto nulla in cambio.
Ancora peggiore era la condizione delle province, terre conquistate fuori dall’Italia, in cui i magistrati che le amministravano abusavano spesso del loro potere (del loro imperium).
I GRACCHI E LA POLITICA DELLE RIFORME
La riforma agraria di Tiberio Gracco
A un certo punto, sulla scena politica romana, apparvero due fratelli, TIBERIO e CAIO GRACCO (di famiglia patrizia).

Tiberio Gracco pensava che fosse ingiusto che una grande fetta della popolazione dovesse vivere in condizioni di miseria.
Tiberio diceva:

  • l’esercito romano si basa su chi è censito, e dunque su chi possiede qualcosa...
  • il proletariato urbano, sempre più ampio, non possiede nulla e non viene censito: dunque non entra a far parte dell’esercito; inoltre, le gravi condizioni di vita ne fanno una massa pericolosa (pronta a ribellarsi)...
  • dunque bisogna ricostituire il ceto dei piccoli proprietari e coltivatori.

Nel 133 Tiberio si fece ELEGGERE TRIBUNO DELLA PLEBE e propose una LEGGE AGRARIA: voleva che le terre pubbliche venissero ridistribuite e che nessuno possedesse più una certo numero di ettari.
Ma i latifondisti e i senatori erano contrari a tutto ciò e si opposero (anche se in realtà non avrebbero certo perso nulla di importante: il divario tra loro e chi avrebbe preso le terre sarebbe stato comunque enorme).
Tiberio Gracco cercò di farsi nominare ancora una volta tribuno della plebe, per continuare la sua lotta; ma questa era una cosa vietata. Il Senato diede poteri straordinari ai consoli (cosa che veniva fatta in caso di pericolo per lo Stato). Seguirono tumulti in cui Tiberio venne ucciso.

 

Il disegno politico di Caio Gracco
Nel 123 a.C. venne nominato tribuno della plebe CAIO GRACCO, fratello di Tiberio.
Caio aveva capito che, se voleva cambiare qualcosa, doveva trovare alleati contro i senatori. Per questo CERCÒ L’APPOGGIO DEI CAVALIERI concedendo loro:

  • la riscossione dei tributi della ricca provincia d’Asia.
  • che i governatori (che erano senatori) non venissero giudicati solo dagli aristocratici (leges Semproniae)

Il progetto di Caio era dunque più ampio di quello del fratello: voleva opporre alla classe dei senatori una nuova classe, dotata di nuovi poteri.
Non era un progetto facile. Per realizzarlo cercò di ottenere il massimo consenso:
1) facendo distribuzioni gratuite di grano;
2) riproponendo la legge agraria del fratello;
3) alleggerendo il servizio militare;
4) costruendo nuove strade ecc.
Grazie a una riforma elettorale, venne rieletto come tribuno della plebe. Quindi propose che la cittadinanza romana fosse estesa anche ai socii italici: questa però fu la sua rovina. Infatti i plebei pensavano che concedere benefici ai non cittadini mettesse in pericolo la propria lotta per avere condizioni migliori. Insomma: Caio era già impopolare presso l’aristocrazia; ora lo divenne anche presso la plebe. Perciò nel 121 non fu rieletto.
Allora Caio tentò la via della rivolta armata, coinvolgendo gli schiavi. La rivolta fu però soffocata dall’esercito e Caio si fece dare la morte da un suo schiavo.

 

VERSO IL I SEC. A.C.: L’ETÀ DEI CAPI MILITARI
Il potere ritornò pienamente nelle mani del Senato (quindi nelle mani di poche famiglie aristocratiche che non volevano concedere nulla a nessuno).

  • Quelli che sostenevano questa politica erano chiamati OPTIMATES.
  • A essi si opponevano i POPULARES (cavalieri, plebei, Italici e qualche nobile illuminato).

Il proletariato urbano oscillava tra i due partiti cercando di ottenere qualche vantaggio.

Nel I sec. furono molti gli scontri sociali tra le varie classi. I tribuni della plebe cercarono l’appoggio dei capi militari, che avevano poteri sia in città che nelle province. In questo modo però il potere vero e proprio andava a questi capi militari, mentre i tribuni della plebe passavano in secondo piano.

 

 

Fonte: http://www.sdstoriafilosofia.it/download/IIG/13%20Verso%20una%20nuova%20societa'.docx

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