Appunti di storia scuola media e superiore

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Appunti di storia scuola media e superiore

STORIA DELL'INTEGRAZIONE EUROPEA

Capitolo 1. Genesi e nascita delle comunità europee

1.L'inizio della guerra fredda

La GF iniziò quando fu evidente l'impossibilità di concludere il Trattato di pace con la Germania, alla fine del 1947: era chiaro che gli alleati da una parte e l'URSS dall'altra avevano due modi diversi di concepire l'organizzazione dell'Europa postbellica. Questo fu evidente alla Conferenza dei Ministri degli Esteri delle quattro potenze occupanti la Germania, che si tenne a Londra a fine 1947: si produsse la rottura definitiva tra alleati Occidentali e URSS. Gli occidentali procedettero allora all'unificazione delle zone di occupazione occidentali, e la Francia dovette, seppur malvolentieri, rientrare nel fronte anglo-americano.
Con l'inizio della gf mutarono le considerazioni politiche su cui si era basata la politica francese in Europa dal 1944. De Gaulle, tornato in Europa, voleva affermare il ruolo centrale della Francia nelle decisioni sul riassetto dell'Europa, comprendenti la sistemazione della Germania. Voleva ribadire la superiorità francese nel Continente e affermarsi nei confronti degli alleati. La Francia aspirava ad un ruolo di protagonista nella ricostruzione del dopoguerra europeo. Cercò di opporsi da una parte al codominio sovietico-angloamericano e dall'altra al predominio anglo-americano in Occidente. Tuttavia, a causa delle tensioni tra USA e URSS, questa opposizione non ebbe possibilità di successo e la Francia dovette fare fronte comune con gli alleati occidentali. Così nel 1947 la Francia si allineò sulle posizioni angloamericane in tema di politica europea e di riassetto postbellico della Germania => Ciò segnò l'inizio della GF. Quest'espressione fu evocata per la 1° volta da Bernard Baruch, in occasione della discussione in America della Dottrina Truman (ovvero sulle misure decise dal Congresso USA per assistere Grecia e Turchia).
Il 17 marzo 1948 a Bruxelles fu firmato dai Paesi del Benelux un Trattato in tema di “difesa collettiva”, diretto contro l'URSS.
Venne creata l'OECE, Organizzazione europea di cooperazione economica, incaricata della gestione comune del Piano Marshall: ciò rese irreversibili i legami tra i Paesi dell'Europa occidentale.

2.Il Congresso dell'Aia e le ideologie europeiste

Il 7 maggio 1948 ebbe luogo all'Aia il “Congresso d'Europa”, la prima grande assise europeista, a cui parteciparono appassionati dell'idea di Europa, personalità pubbliche, rappresentanti di diverse correnti di pensiero, uniti dall'aspirazione comune di un'Europa unita. L'idea europea era più antica dell'ultima guerra, infatti già nel secolo scorso fiorirono iniziative di unità europea; anche le alleanze avevano finalità unificatrice. Tra le 2 guerre, fu utilizzata l'espressione unità dell'Europa per indicare un'azione diplomatica volta a modificare le strutture dei rapporti interstatali in Europa. Così il Min.Est. Francese Briand avanzò nel 1930 la proposta di “organizzazione di un regime di Unione federale europea”. Questa idea, ispirata alle idee confederaliste di Paneuropa di Kalergi, fu la 1° azione diplomatica per organizzare l'Europa intorno a nuove relazioni Francia-Germania. Dopo la 2° G.M, si delinearono 3 grandi correnti di pensiero:
1.confederalista => varie forme di accordi tra Stati per una cooperazione estesa e profonda, ma che lascia intatti i meccanismi statuali di espressione della sovranità. Proposta da Churchill e De Gaulle.
2.federalista => Le diverse corrente federaliste avevano come obiettivo la distruzione degli Stati nazionali, responsabili di aver trascinato i popoli europee in 2 rovinose guerre. Bisognava attuare una rivoluzione della struttura del potere e, attraverso il superamento delle barriere artificiali degli Stati nazione, federare gli europei. L'idea comune è che la prima condizione per la nascita della Federazione sia l'elezione, da parte dei cittadini, di un Congresso costituente.  Proposta da Spinelli, Olivetti, Brugmans, Denis de Rougemont..
3.funzionalista => L'obiettivo dell'unità europea poteva essere raggiunto attraverso integrazioni settoriali, frutto di parziali e successive cessioni di sovranità a nuove istituzioni indipendenti dagli Stati. Solo attraverso questo processo graduale si potevano porre le basi per una nuova struttura del potere in Europa. Le integrazioni settoriali di certi segmenti della vita politica ed economica avrebbero imposto forme di integrazione politica, indebolendo le sovranità nazionali. Proposta da Shuman e Jean Monnet, coloro che diedero vita alla prima forma di unificazione europea, la CECA.
Al Congresso si riunirono i rappresentanti di 17 Nazioni. Alla fine delle lunghe discussioni, i federalisti non ebbero la meglio, e il Congresso votò una risoluzione che raccomandava non un'Assemblea costituente eletta a suffragio universale, bensì un'Assemblea di eletti dai Parlamenti nazionali per l'esame delle implicazioni giuridiche e politiche di un'Unione o Federazione europea. Il Congresso, pur non producendo decisioni vincolanti, fu importante perché stimolò le prime iniziative tese a modificare i rapporti tra gli Stati europei. Nel 1948 a Parigi venne firmata la OECE, composta da 17 Stati europei più i comandi militari delle zone occidentali della Germania; fu uno strumento per amministrare congiuntamente gli aiuto USA del Piano Marshall.

3.L'invenzione comunitaria

Quanto accadde nel 1948 contribuì a consolidare gli alleati occidentali, riducendo le possibilità di manovra diplomatica della Francia. Il 5 maggio 1949 fu proclamata la Repubblica federale tedesca, che seppur limitata territorialmente, era la parte più importante della Germania d'anteguerra. Ciò suscitò le ire di De Gaulle, ma ormai la Francia non aveva alternative se non aggregarsi alle iniziative degli altri Paesi europei. Il 5 maggio 1949 nacque, dalla risoluzione votata all'Aia, il Consiglio d'Europa, un'organizzazione che tuttavia non poteva considerarsi il nucleo formale dell'UE. Non prevedeva una cessione di poteri dagli Stati membri alle istituzioni, e ciò dimostrò come i governi europei non fossero disposti a trasferire nemmeno parzialmente i propri poteri a organismi creati in comune. La preoccupazione comune era il difendere l'Europa durante la gf. Gli USA si resero conto che c'era bisogno di loro, e quindi con Marshall abbandonarono l'isolazionismo, di fronte alla minaccia di diffusione del comunismo sull'Europa occidentale. Il Congresso USA sancì la necessità per gli USA di legarsi stabilmente in un'alleanza militare con altri Paesi, in tempo di pace. Nacque l'Alleanza dell'Atlantico del Nord, che consacrò la fine dell'isolazionismo USA e la permanenza USA in Europa. Ma quale sarebbe stata la posizione della Germania all'interno di questo dispositivo militare?
Nel 1949 ci fu il 1° assestamento della situazione postbellica: si consolidarono le zone di influenza, gli USA  e la G.B. reagirono all'aggressività sovietica con il containment. La Francia era indebolita dalla guerra fredda, inferiore militarmente e politicamente, cosciente dell'alleanza ineguale con gli anglosassoni. Dopo la nascita della Repubblica federale tedesca, la Francia aveva bisogno di recuperare il potere di iniziativa perduto, e lo fece con un'invenzione, facilitata dalla particolare congiuntura storica del dopoguerra, e dal fatto che idee e proposizioni in tema di unità europea avevano incontrato un certo favore. C'era la convinzione che i rapporti interstatali non potessero essere ristabiliti nelle stesse forme dell'anteguerra. Così' un'elite raccolta intorno a Jean Monnet avanzò una proposta nuova, che ebbe il merito di togliere la Francia dall'isolamento diplomatico in cui si trovava, costituendo il primo progetto per costruire le strutture di un nuovo ordine dell'Europa occidentale, basato sui rapporti tra Francia e Germania. La Francia lanciò quindi l'idea di una cooperazione economica franco-tedesca in tema di industria carbo-siderurgica. Questo avrebbe consentito alla Germania di Adenauer di uscire dalla posizione di inferiorità in cui si trovava.

4.La Dichiarazione Schuman

Il 5 maggio 1950 Jean Monnet, commissario al Piano del governo francese, insieme a esperti e funzionari, fu autore di questa Dichiarazione, che Robert Shuman, Ministro degli esteri, fece approvare al Consiglio dei Ministri francese e poi la propose ai tedeschi e agli altri Paesi dell'Occidente europeo. Questa Dichiarazione afferma che sono necessari degli sforzi per salvaguardare la pace mondiale, e l'Europa deve portare il suo contributo a ciò. La Francia si fa campione di un'Europa unita, un'Europa che non è stata fatta, perché c'è stata la guerra, e che neppure si farà tutto d'un tratto; ma che si farà con delle realizzazioni concrete e una solidarietà di fatto. E necessario in primo luogo eliminare l'opposizione secolare tra Francia e Germania. A questo scopo la proposta francese è di mettere in comune la produzione franco-tedesca del carbone e dell'acciaio sotto un'autorità comune in un'organizzazione aperta alla partecipazione degli altri Paesi dell'Europa. Ciò assicurerà la creazione di basi comuni di sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e renderà impossibili guerre tra Francia e Germania. La creazione di questa potente unità di produzione è aperta a tutti i Paesi che vorranno parteciparvi, e getterà le basi dell'unificazione economica. L' Europa potrà attuare uno dei compiti fondamentali, ovvero lo sviluppo del Continente africano.
Alla base della proposta di Schuman c'erano la necessità di promuovere la distensione internazionale, attraverso un' Europa organizzata che equilibrasse i due blocchi, la riconciliazione franco-tedesca e l'integrazione della Germania in Occidente, la riorganizzazione europea delle industrie di base, la creazione di un organismo dotato di poteri e capace di fornire un modello per lo sviluppo dell'integrazione europea. Monnet mosse dalla constatazione dell'insufficienza del concetto nazionalistico, a cui sostituì i principi di interdipendenza e integrazione. Se l'unificazione dell'Europa costituisce il presupposto per il mantenimento della pace nel mondo, l'Europa unita consente di prospettare un'associazione tra il vecchio Continente e gli USA. Il metodo di Monnet che prevedeva la messa in comune delle risorse, era l'opposto di quanto era avvenuto con la formazione degli Stati Nazionali, in cui l'integrazione politica era stata anteposta a quella economica. Monnet ha capito che è stata proprio la debolezza degli Stati Nazione ad aver provocato le tragedie europee; servono invece nuove istituzioni, che devono essere il cuore dell'invenzione comunitaria e devono guidare la trasformazione delle relazioni tra Stati, in modo graduale verso gli obiettivi proposti. E necessario mutare la realtà istituzionale europea, dando vita ad istituzioni comuni. L'obiettivo sarebbe stato gli Stati Uniti d'Europa.
Dalle idee di Monnet e dall'iniziativa diplomatica avviata dalla Dichiarazione Schuman nacque la CECA, prevista dal Trattato di Parigi dell'8 aprile 1951, entrato in vigore il 27 luglio 1952. Tale Trattato prevedeva che 6 Stati europei (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) conferissero a istituzioni comuni e indipendenti dagli Stati tutti i poteri in materia di carbone e acciaio, sottratti alla sovranità dei Paesi firmatari. Le istituzioni della CECA erano:
-l'Alta autorità, collegio di 9 membri nominati dagli Stati e indipendenti per mandato di 6 anni ( è il governo della CECA, che agisce sotto il controllo dell'Assemblea parlamentare)
-Assemblea parlamentare, nominata dai Parlamenti nazionali e con funzioni consultive
-Consiglio, composto dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, incaricato di armonizzare l'azione dell'Alta autorità con quella degli Stati membri
-Corte di giustizia, composta da 7 giudici, incaricati di assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e applicazione delle norme del Trattato.
Il settore del carbone e dell'acciaio divenne il 1° mercato comune settoriale, risolvendo il problema della Ruhr e ponendo le basi dell'accordo permanente franco-tedesco e del futuro mercato comune europeo.
L'invenzione comunitaria della proposta Schuman rispondeva agli interessi strategici francesi. La Francia doveva darsi nuovi metodi e obiettivi, per non rimanere esclusa dal processo di riorganizzazione europea che si stava avviando. La proposta Schuman fu quindi un'abilissima iniziativa diplomatica, grazie alla quale la Francia poté iniziare la ricostituzione di una zona di influenza con altri mezzi. Tale proposta ha dato vita ad  un nuovo quadro istituzionale nel quale la Francia ha potuto impostare un'azione diplomatica efficace  per controllare e condizionare la ripresa di autonomia economica e politica della Germania.

5.La Comunità europea di difesa e la Comunità politicamente

Una 2° iniziativa lanciata dal governo francese è quella contenuta nel Piano Pleven, dal nome del 1° Ministro: la CED, Comunità europea di difesa. Con la gf gli USA avevano dovuto rivedere l'organizzazione politico-militare europea, di fronte alla minaccia sovietica. Era necessario restituire alla Germania la sovranità e l'autonomia che potessero integrarla al sistema difensivo atlantico. Ma se ciò per gli USA era facilmente fattibile, per la Francia non era lo stesso, poiché rimetteva in gioco tutte le motivazioni di politica estera che avevano ispirato l'immediato dopoguerra. L'idea francese era infatti che dovesse controllare direttamente la Germania. Ma la pressione americana per il riarmo tedesco metteva a nudo la debolezza intrinseca francese. In questo contesto si inserì la proposta per un esercito europeo, la Ced, un modo per controllare il riarmo tedesco. Pleven espose il progetto all'Assemblea nazionale il 24 ottobre 1950: prevedeva la creazione di forze armate comuni legate alle istituzioni politiche europee, con un Ministro europeo della difesa responsabile dinanzi ad un'Assemblea europea, con l'integrazione delle forze militari al più basso livello possibile. L'obiettivo era evitare l'adesione tedesca al Patto Atlantico, in un periodo difficile per la vita politica francese, a causa della guerra in Indocina, che stava provocando grandi lacerazioni. Tale progetto diede anche vita al primo tentativo per la creazione di un potere politico unificato europeo. Tale proposta fu fatta dall'Italia, che voleva andare oltre il significato congiunturale della Ced, quello di controllare il riarmo tedesco. Così De Gasperi, su proposta di Spinelli, ottenne l'inserimento nel progetto di Trattato dell'articolo 38, che prevedeva l'elaborazione da parte della futura Assemblea parlamentare della Ced di un progetto “ a struttura federale o confederale”. Secondo i federalisti (Monnet e Spaak), l'autorità politica sarebbe dovuta nascere insieme all'integrazione militare.  Alla prima riunione del Consiglio della CECA, il 10 settembre 1050, si decise di incaricare l'Assemblea parlamentare di assolvere al mandato dell'Articolo 38 del progetto di Trattato CED. L'assemblea prese dunque il nome di Assemblea ad hoc, e procedette alla redazione di un progetto di Comunità politica europea, approvato il 10 marzo 1953.
Tale Comunità politica prevedeva un sistema parlamentare bicamerale (Camera e Senato), un Consiglio esecutivo europeo che esercitasse il potere esecutivo, una Corte di giustizia e un Consiglio economico e sociale consultivo. Tale Comunità politica, che avrebbe assorbito progressivamente CECA e CED, si sarebbe dovuta occupare di coordinare le politiche estere degli Stati membri e di realizzare il Trattato CED. Si prevedeva anche la realizzazione di un mercato comune europeo. Chiaramente tutto questo sarebbe andato in porto se il trattato CED avesse ottenuto le ratifiche parlamentari, avviate davanti ai Parlamenti dei Paesi membri. Nella primavera del 1953 si tentò di giungere all'unione politica dell'Europa occidentale. Sembrava che la storia stesse dando ragione ai federalisti. Ma si trattava di un'illusione. In Francia infuriò un dibattito che rese evidente come lo Stato nazione fosse ancora forte così come il principio di sovranità. Inoltre era irragionevole per la Francia privarsi dell'autonomia militare nel momento in cui le colonie lontane erano in rivolta e quelle vicine non erano più sicure. Fu evidente l'impossibilità a realizzare un'unità politica europea, le cui protagoniste sarebbero state una Francia agli inizi della decolonizzazione e una Germania democratica, dato che la G.B. era assente. Il 30 agosto 1954 il progetto del Trattato CED cadde davanti all'Assemblea nazionale francese => fine della prima iniziativa di dar vita ad una struttura federale europea. Tentativo partito per mano francese e caduto per mano francese. Nel 1954 la situazione in Europa e nel mondo era mutata: la Francia era nel pieno della dolorosa decolonizzazione, la Germania nel pieno della ripresa prorompente.
Il voto negativo dell'Assemblea nazionale peserà a lungo sulle iniziative comunitarie, ponendo fine alla sensibilità con cui tali idee erano state accolte. L'unico risultato concreto, tra tutti i tentativi del dopoguerra, era la CECA. Fu chiaro che quando si volle passare dal “funzionalismo” episodico all'integrazione politica in senso federale, abbandonando la tesi gradualistica, ci si scontrò con la resistenza della storia. Il progetto CED, concepito per il timore del riarmo tedesco, era fallito perché  i francesi non volevano sottoscrivere un irrevocabile impegno politico.
Come si uscì dalla crisi? Con un artificio diplomatico, riesumando il Trattato di Bruxelles. Tale Trattato, concepito da Francia, Benelux e G.B. per una mutua difesa, aveva istituito il Consiglio dell'Unione dell'Europa occidentale. Fu aggiunto un nuovo protocollo che sanciva l'adesione di Italia e Germania all'UEO (Unione dell'Europa occidentale); la Germania così aveva la possibilità di riprendersi l'autonomia militare, e ciò costituiva la premessa della piena adesione all'Alleanza atlantica.

6. Il rilancio europeo

Alla metà degli anni '50, l'Italia e i Paesi Benelux furono promotori del “rilancio europeo”. L'Italia con De Gasperi aveva aderito per prima al Piano Schuman, per ancorare un Paese fragile e diviso all'Europa occidentale. Per i Paesi del Benelux, la CECA era il quadro istituzionale entro cui conquistare un significativo spazio politico nei confronti dei grandi Paesi. Dopo il fallimento CED, era chiaro che l'unica strada percorribile fosse quella del funzionalismo, con un' integrazione “settoriale” come la CECA. L'1-2 giugno 1955 si tenne la Conferenza dei Ministri degli Esteri dei 6, convocata a Messina da Gaetano Martino; essa produsse una decisione procedurale, ovvero la creazione di un Comitato intergovernativo composto di esperti di alto rango, incaricato di studiare le possibilità di integrazione in alcuni settori economici  (trasporti, energia anche atomica) e di esaminare l'eventualità di una preparazione progressiva di un mercato comune generale. L'ex ministro degli esteri belga, il federalista Spaak, venne nominato Presidente del Comitato. Vennero ottenuti risultati decisivi, che furono presentati in un rapporto alla Conferenza dei Ministri degli esteri nel maggio 1956 a Venezia: si proponevano la creazione della CEEA (Comunità europea dell'energia atomica) e della CEE (Comunità economica europea). Per capire come mai all'epoca appariva più urgente la collaborazione in tema di sfruttamento pacifico di energia atomica piuttosto che di creazione di un mercato comune europeo, bisogna considerare il momento storico. Nel 1956 ci fu la prima crisi energetica in seguito allo sbarco franco-britannico a Suez, quindi era la sicurezza energetica ad apparire urgente, mentre la completa integrazione economica era considerata un'utopia, comunque un progetto a lungo termine. I negoziati, a Venezia e poi Bruxelles, furono influenzati dalla crisi di Suez, che confermò peraltro l'isolamento politico francese e rese chiaro come la Francia necessitasse di un quadro europeo per poter svolgere un ruolo guida. Il Trattato CEE fu un successo per la Francia, il più grande successo francese dal Congresso di Vienna. Infatti essa ottenne l'inclusione dei prodotti agricoli nel futuro mercato comune, e un periodo di transizione prima dello smantellamento degli ostacoli agli scambi di prodotti industriali. Alla lunga comunque il duello franco-tedesco non ebbe né vincitori né vinti. La Germania ottenne il Kennedy Round, ovvero che la tariffa esterna comune per i prodotti industriali fosse mediamente inferiore a quella nazionale tedesca nel 1957. => I Paesi liberoscambisti (Germania, Benelux) ebbero la meglio sui protezionisti (Francia, Italia). L'Italia, che era economicamente in ritardo rispetto agli altri partner, ebbe difficoltà ad accettare le regole generali della CEE; ma ormai sia le forze politiche che l'opinione pubblica si sentivano favorevoli all'opzione politica comunitaria.

 

7. I Trattati di Roma

I Trattati CEE e CEEA furono firmati a Roma il 25 marzo 1957; era quello CEEA che sembrava destinato ad un successo più rapido, perché le maggiori difficoltà negoziali si erano registrate nell'ambito del Trattato inteso a creare un mercato comune europeo, il CEE. Gli obiettivi del Trattato CEE infatti non erano realizzabili nell'immediato, ma sarebbe servito tempo e procedure complesse. I due Trattati avevano una simile struttura istituzionale, seppur con minore sovranazionalità rispetto alla CECA. Pur mancando nei testi riferimenti agli Stati Uniti d'Europa, veniva confermata la “teoria istituzionalistica”, alla base del funzionalismo monnetiano. Il Trattato CEE, indicando gli obiettivi finali ma non i tempi di realizzazione, era un Trattato quadro, che instaurava gli strumenti di un negoziato permanente, caratteristica della costruzione comunitaria. La premessa per l'avvio dell'integrazione economica era l'unione doganale, con l'eliminazione degli scambi all'interno della CEE e l'instaurazione di una tariffa doganale esterna. Inoltre era necessario, sempre al fine dell'integrazione economica, un'armonizzazione legislativa per politiche comuni a livello europeo, nei settori dove c'erano grandi disparità tra un Paese all'altro. Questa costruzione comunitaria costituiva una rottura storica,  che avrebbe potuto rendere l'Europa occidentale più omogenea rispetto al passato. Fu raro vedere le diplomazie europee agire tanto velocemente come in questa occasione. L'obiettivo finale è l'integrazione economica dei Paesi membri, raggiunta attraverso il funzionalismo: l'impalcatura giuridico-istituzionale del Trattato rappresenta il capolavoro di tale funzionalismo. La sovranità sarebbe stata trasferita gradualmente nell'ambito di un “negoziato permanente” alimentato dalle istituzioni comunitarie. Il metodo prevedeva una costante ricerca del compromesso, una mediazione di interessi, con compensazioni multiple. Anche se per i federalisti questo metodo che ha consentito di acquisire porzioni di potere “sovranazionale” a livello istituzionale comunitario era insoddisfacente, è stato quello che ha consentito di ottenere il massimo della coesione con il minimo dei traumi politici.
Due erano le istituzioni poste al vertice del sistema comunitario: il Consiglio e la Commissione. La Commissione era composta da personalità politiche indipendenti dai governi nazionali; i suoi poteri erano tra gli altri il monopolio delle proposte legislative e l'esecuzione della legislazione (è la Commissione ad avere il diritto esclusivo di iniziativa legislativa, diritto che le è imposto dal Trattato). Ciò spinse la Commissione a diventare parte del processo, e per questo la storia comunitaria è contraddistinta da un conflitto dialettico costante tra Commissione, con il suo ruolo di “riferimento federatore” e Consiglio, dove si manifestano gli interessi nazionali. Il Consiglio deteneva il potere decisionale ed esercitava funzioni esecutive, quali l'adottare atti legislativi comunitari presentati dalla Commissione. Era composto dai rappresentanti dei governi dei Paesi membri, e si riuniva in “composizioni” diverse a seconda delle materie (agricoltura, trasporti, affari sociali). Il Consiglio degli Affari generali (Ministri degli affari esteri) rappresenta la massima espressione a livello governativo. Le decisioni possono essere adottate all'unanimità o alla maggioranza qualificata, anche se ci sono voluti lunghi decenni prima che il voto a maggioranza qualificata diventasse la regola generale dell'integrazione europea. Fino al Trattato sulla fusione degli esecutivi del 1967, i Trattati CEE e CECA prevedevano ciascuno una Commissione (di 9 membri CEE e 5 CECA) e un Consiglio differenti. L'Assemblea parlamentare e la Corte di giustizia erano invece istituzioni comuni, così pure anche il Comitato economico e sociale, organo consultivo composto dai rappresentanti dei datori di lavoro, sindacati e professioni. La Corte di giustizia, istituita dal Trattato CECA, ha svolto un ruolo di grande rilievo nello sviluppo del sistema giuridico comunitario, diventando una fonte cospicua di diritto. L'Assemblea parlamentare (i cui membri erano designati dai Parlamenti nazionali) era l'istituzione più politica, recante le tracce del dibattito federalista del secondo dopoguerra. Infatti i federalisti attribuivano una grande importanza al Parlamento e al mandato popolare per creare le strutture di un' Europa federale.
I Trattati di Roma rimandavano la definizione delle competenze dell'Assemblea parlamentare e la scelta del sistema di elezione diretta alla futura legislazione comunitaria. Una questione che si è posta più volte nel corso della storia comunitaria, caratterizzando tappe cruciali dell'integrazione, è quella “democratica”. Spesso l'assenza o l'insufficienza della rappresentanza popolare ha contribuito alla crisi del sistema, rendendo evidente come la struttura comunitaria fosse provvisoria e ibrida. Nonostante la struttura istituzionale creata dai Trattati di Roma fosse imperfetta, per lo meno sostanziò concretamente la possibilità di unità dell'Europa libera. La struttura, il metodo e gli obiettivi della CEE, espressi nei Trattati di Roma, rappresentarono un grande traguardo.

8. L'avvio delle Comunità e la dottrina europea di De Gaulle

Il 1° gennaio 1958 iniziò l'attività istituzionale della CEE e della CEEA. Il clima era diverso rispetto a quello che aveva condotto alla creazione della CECA: la guerra fredda si era sicuramente attenuata dopo la morte di Stalin nel 1953, ma l'URSS restava minacciosa ai confini orientali; la Francia era scossa dalla decolonizzazione sanguinosa dell'Algeria e dall'essere sovrastata dalla Germania più dinamica economicamente. C'era una generale stanchezza della 4° Repubblica, che non era d'aiuto alle nuove istituzioni di Bruxelles, che iniziarono a lavorare per definire tempi e modi dell'integrazione. Fu la Commissione europea ad avere le maggiori responsabilità: il tedesco Walter Hallstein ne era il Presidente. La Commissione doveva organizzare la burocrazia integrata, ovvero coloro che si andavano ad occupare dell'amministrazione.
La CEE conobbe da subito una fase di incertezza. Nel maggio 1958 De Gaulle tornò al potere come Presidente del Consiglio, ed egli era sempre stato ostile alla formula comunitaria dell'integrazione europea, in quanto non combaciava col ruolo che egli attribuiva alla Francia e ai rapporti con i tedeschi. Così per tutto l'anno seguì l'incertezza, finché vennero adottate delle misure per favorire le prime aperture del mercato francesi alla concorrenza degli altri Stati membri. De Gaulle sollecitò gli Americani a creare in Occidente un direttorio di 3 Paesi, per due ragioni: per facilitare la creazione di una forza nucleare francese, e per ottenere la dignità di potenza mondiale, corrispondente alla dignità di membro permanente al CDS che ottenne nel 1945. De Gaulle usò 3 strade per cercare di affermare il primato francese in Europa continentale:
con il possesso dell'armamento nucleare
con la relazione particolare con la Germania
con lo sfruttamento della posizione geopolitica della Francia, necessaria per unificare l'Europa
Non si può dire che De Gaulle fosse spinto solo da ambizioni nazionalistiche; non è così. In Francia il nazionalismo è qualcosa di radicato nel costume, perché per secoli c'è stato un potere centralizzato ed unificante. Il nazionalismo di De Gaulle era particolare: egli pensava che l'unico fondamento del potere risiedesse nello Stato nazione, non vedeva nulla al di fuori di ciò, e di conseguenza riteneva impossibile una struttura del potere diversa da quella nazionale. Inoltre pensava che la Francia fosse la nazione che più avesse una vocazione particolare, che avesse il dovere di grandezza, e che possedesse gli strumenti a questo fine. L'idea di De Gaulle è che la Francia, prima Nazione per storia e civiltà, dovesse aggregare intorno a sé gli altri popoli europei, secondo un sistema di “cooperazione nell'indipendenza”, alla base della sua concezione europea. Egli rifiutava il concetto di sovranazionalità, che considerava un qualcosa di irreale.

9.La G.B e l'Europa e la prima politica europea di De Gaulle

Al momento della creazione delle Comunità europee, nel 1957, nell'Europa continentale e in G.B c'era uno stato d'animo diverso: se in Europa continentale c'era la disponibilità a cessioni di sovranità perché l'idea di sovranità nazionale era stata discreditata dalle limitazioni subite in seguito all'occupazione nazista, in G.B. invece la vittoria della guerra e le vicende avevano riaffermato la forza dell'idea nazionale e l'orgoglio nazionalistico, anche per l'alleanza con gli USA. In G.B. c'era al governo il Partito Laburista, la cui ideologia era opposta da quella delle forze conservatrici e cattoliche dei governi continentali (se questi ultimi prediligevano il liberismo economico, i laburisti invece optavano per l'economia organizzata e i principi del welfare State). In politica estera, per il governo laburista la cosa più importante erano i rapporti con il Commonwealth, simbolo di potere e grandezza britannica, oltre che fornitore delle risorse che servivano per la ricostruzione del dopoguerra. Grazie all'alleanza con gli USA, inoltre, i britannici riuscivano ad affermare la loro supremazia sul Commonwealth. La G.B era perciò restia a fare del Consiglio d'Europa e dell' OECE (i due organismi europei nascenti) due organizzazioni con istituzioni autonome e poteri delegati. La G.B. non era entrata nella CECA perché aveva nazionalizzato l'industria del carbone e dell'acciaio, quindi essendo esse di proprietà statale, non potevano essere sottomesse al controllo internazionale. La G.B. così si opponeva all'integrazione europea, ma nel frattempo stavano mutando i suoi rapporti con il Commonwealth: il bloccò andò indebolendosi.  Nella metà degli anni '50, quando iniziarono i negoziati per creare un mercato comune e quando avvenne anche il disastro di Suez, fu evidente che il progetto di creare un'area di Paesi uniti dallo stesso sistema monetario era destinato a non realizzarsi. Per questo motivo non aderì al progetto. Quindi la G.B. avanzò due controproposte:
1.la prima fu fatta nel quadro dell' OECE, che la G.B. riteneva l'unica istituzione europea che potesse  creare una zona europea di libero scambio. La proposta britannica escludeva i prodotti agricoli dallo scambio, e insisteva sulla necessità che non cambiassero i rapporti con il Commonwealth. Ma questa proposta britannica non fu accettata dagli altri Stati, soprattutto si scontrò con la Francia, che nel 1958 con de Gaulle accettò integralmente i Trattati di Roma.
2.la seconda iniziativa britannica fu l'istituzione dell' EFTA (European Free Trade Association), istituita dal Trattato di Stoccolma del luglio 1959, tra G.B., Svezia, Norvegia, Danimarca, Svizzera, Austria e Portogallo. L'EFTA come rivale della CEE a 6 e come moneta di scambio. Tuttavia, a causa di mancanza di enfasi politica e di poca omogeneità geografica, l'ETFA si rivelò un mezzo di pressione molto debole, non in grado di controbilanciare la perdita dei vantaggi economici che sarebbe derivata alla G.B. dal libero scambio con i 6.
De Gaulle riteneva che le istituzioni comunitarie dovessero essere organi tecnocratici privi di virtualità politica; egli criticava le istituzioni europee e voleva creare un'alternativa europea in senso confederale. Egli era contrario al metodo integrazionista. Secondo lui, l'unità europea si sarebbe dovuta conseguire attraverso l'adesione degli europei, tedeschi per primi, alla politica francese.
Nell'Europa di inizio anni '60, le istituzioni comunitarie apparivano come una delle conseguenze della politica statunitense intesa a riorganizzare la parte occidentale dell'area europea. Ma De Gaulle non si rassegnava ad accettare quella “sovranità limitata”.
Quali erano le caratteristiche della diplomazia gollista? Le oscillazioni tattiche entro cui si muoveva De Gaulle, che gli consentivano di non precludere alcun obiettivo possibile, di non escludere a priori alcuna soluzione. La sua azione puntava ad affermare durevolmente la primazia francese in Europa, ridimensionando la CEE.
Il 1° grande negoziato avviato in sede comunitaria riguardò la PAC (Politica agricola comune).  Per arrivare al libero scambio, non era sufficiente rimuovere gli ostacoli agli scambi, ma occorreva uniformare le legislazioni nazionali di organizzazioni e sostegno dei mercati agricoli, che spesso erano incompatibili tra di loro. In questo modo le istituzioni comunitarie avrebbero visto attribuirsi ancor più sovranità, ma d'altra parte la Francia, Paese a forte vocazione agricola, avrebbe avuto l'accesso ad altri mercati.
Nel 1962 nacque questa prima “politica comune”, e per gli europeisti ciò fu una grande vittoria politica dell'integrazione.
Nel frattempo di discuteva il dossier agricolo, presero avvio altri due negoziati, uno sulla Cooperazione politica europea (su iniziativa gollista) e un altro sull'adesione alla CEE di G.B., Irlanda e Danimarca.
Il 1° negoziato durò due anni, e fu la prima iniziativa diplomatica di De Gaulle, ormai svincolato dalla questione algerina. Il 19 ottobre 1961, il governo francese presentò al Comitato di funzionari (Commissione Fouchet) un progetto di Trattato, destinato ad istituire l'unione politica dei 6. Il sistema istituzionale prevedeva:
-Consiglio di capi di Stato e di governo (Ministri esteri) => doveva riunirsi almeno 3 volte l'anno, deliberava all'unanimità
-Assemblea parlamentare => presentava al Consiglio raccomandazioni e interrogazioni
-Comitati dei Ministri di Istruzione e difesa
-Commissione esecutiva => preparava le deliberazioni del Consiglio e vigilava sulla loro esecuzione
E chiaro se se questo progetto fosse stato adottato, sarebbero coesistiti due metodi e due prospettive politiche diverse:
-la linea Schuman-Monnet, su cui si basavano le istituzioni comunitarie esistenti
-il disegno gollista di una Confederazione di Stati
Nel gennaio 1962 De Gaulle introdusse modifiche al progetto iniziale. Se fino ad allora aveva ceduto accettando che le materie economiche non fossero di competenza degli organi dell'Unione, ora le questioni economiche venivano poste tra le competenze delle nuove istituzioni, e nella clausola di revisione spariva ogni accenno al rispetto delle strutture previste dai Trattati di Roma e Parigi, così pure ogni riferimento all'Alleanza atlantica. De Gaulle ammorbidì le proprie posizioni dopo un incontro con Adenauer, in seguito al quale eliminò il riferimento alle competenze economiche del Consiglio.
La Conferenza di aprile fallì per il modo in cui si evolsero i negoziati sull'adesione inglese. Infatti, Belgio e Paesi Bassi dichiararono che fino a quando la G.B. non fosse diventata membro della CEE, non avrebbero sottoscritto il Trattato sull'unione politica. L'Ambasciatore italiano Cattani tentò una mediazione, ma a causa della pendolarità della posizione di De Gaulle non si giunse ad un accordo. Nel frattempo era iniziata la seconda tappa nel passaggio al mercato comune, in cui venne introdotto il principio maggioritario, che avrebbe sostanziato le potenzialità sovranazionali del Trattato di Roma. De Gaulle fu irritato anche dall'atteggiamento americano, perché non voleva riconoscere la parità militare alla Germania.

 

10. Il negoziato britannico e il veto francese

Se negli anni '50 la G.B. si mostrava ostile all'integrazione europea, rifiutando di far parte della Comunità, le cose cambiarono a fine anni '50, in seguito ad un mutamento della classe politica britannica nei confronti del significato politico della costruzione comunitaria. Anche Grecia e Turchia, che erano fuori dalla CEE, considerarono il mercato comune come importante, di più rispetto all'EFTA. Gli USA si dimostrarono entusiasti della CEE, tanto che incoraggiarono la G.B. a farne parte. Così nel 1961 la G.B., su richiesta di MacMillan, sollecitò l'apertura di un negoziato, per “verificare se sussistessero le condizioni dell'eventuale adesione britannica”. Tale negoziato si intrecciava con quello sull'Unione politica, e i due erano legati in quanto la Francia aspettava di vedere se esso giungesse ad una conclusione positiva per decidere poi dell'inserimento della G.B. nel sistema. Quando i negoziati sull'unione politica si interruppero, la Francia volle verificare se la G.B. era disponibile a partecipare alla costruzione di un'Europa indipendente. De Gaulle avanzò a MacMillan la proposta di un direttorio a due negli affari europei, dentro e fuori la CEE, a condizione che la G.B. rivedesse i suoi rapporti con gli USA e collaborasse in materia di difesa. Nel momento di questa proposta, gli USA con Kennedy stavano proponendo all'Europa una CEE che includesse tutti i maggiori partner dell'Alleanza atlantica, in modo che l'alleanza si potesse riorganizzare su basi bipolari. Gli USA erano infatti dell'idea che se la G.B. fosse entrata nella CEE si sarebbe potuto avviare un negoziato politico globale, che avrebbe consentito di liberalizzare il commercio tra Europa e USA. Così gli americani offrirono la partnership alla Comunità, con il discorso di Kennedy a Filadelfia il 4 luglio 1962. => offerta all'Europa di una posizione di parità in tutti i settori dei rapporti euro-americani. Facendo l'errore di dare per scontata l'adesione inglese alle CEE, Kennedy si spinse in là e propose l'apertura di un negoziato su tariffe e commercio, arrivando ad offire una zona di libero scambio d'ampiezza atlantica. Tale proposta per la riduzione delle tariffe doganali tra i Paesi del GATT era il Kennedy Round. Gli USA sottovalutarono la concezione francese dei problemi di difesa e la forza politica francese in seno alla CEE. Dopo poco i negoziati fallirono, perché quando De Gaulle mise in discussione i regolamenti fondamentali della PAC, De Gaulle decise di mettere il veto all'adesione inglese. Contemporaneamente la diplomazia gollista prese contatti con la Germania per un trattato bilaterale, facilitato dal miglioramento dei rapporti tra De Gaulle e Adenauer, tra il 1958 e il 1963. Se inizialmente i rapporti tra i due erano caratterizzata dalla diffidenza, soprattutto di Adenauer verso De Gaulle, che appariva volenteroso di contestare la struttura dell'Alleanza atlantica, in seguito si prospettarono possibilità di intesa. Dopo il fallimento della CED, Adenauer voleva consolidare l'intesa franco-tedesca per ancorare la Germania all'Occidente. Il 22 gennaio 1963 venne firmato il Trattato di amicizia franco-tedesco. Il 29 gennaio il Min.Est.francese, Couve De Murville, annunciò il veto all'adesione britannica. L'importanza dell'accordo franco-tedesco risiedeva nel fatto che esso rendeva impossibile la dissoluzione della CEE, e dava uno strumento diplomatico su cui far leva nella polemica che era in corso con gli USA per la creazione di una forza nucleare multilaterale. De Gaulle sperava che questo accordo, prevedendo consultazioni dirette e periodiche su tutti i problemi politici rilevanti per entrambi i Paesi, consentisse un controllo sulla Germania e una possibilità di influenza. De Gaulle, tenendo lontana la G.B., lanciava un monito agli inglesi ma anche agli americani, dietro a cui gli inglesi si nascondevano. Il governo inglese, per tutta la durata dei negoziati, non comprese la forza negoziale francese e la determinante volontà di De Gaulle.

 

 

 

Capitolo 2. La comunità tra luci e ombre

1.Il metodo della sincronizzazione

La prima conseguenza del veto francese all'adesione della G.B. alla CEE fu la fine del metodo basato sul negoziato permanente e sull'equilibrio dinamico, per il quale non era indispensabile la reciprocità, ovvero concessioni simmetriche, perché c'era fiducia reciproca sul fatto che una perdita in un settore dell'integrazione sarebbe stata compensata da un guadagno in un altro settore. => Con il veto gollista questo spirito di reciproco affidamento venne meno, e nessuno fece più concessioni preventive. Ragioni politiche modificarono il metodo comunitario. Durante il Consiglio degli Affari esteri dell'aprile 1963, il Ministro tedesco Schroeder propose il metodo della sincronizzazione, basato sull'isolamento dei problemi che garantivano un'immediata reciprocità di vantaggi e concessioni. In particolare, propose concessioni francesi in materia del Kennedy Round (abbassamento tariffa comune per i prodotti industriali) , in cambio di concessioni tedesche in materia di PAC (apertura mercati agricoli e sostegno prezzi interni) e di negoziati per l'associazione con gli stati africani francofoni. => vennero operate compensazioni sui due temi maggiori, Kennedy Round e PAC. L'interruzione del negoziato con la G.B. raffreddò anche le relazioni tra CEE e USA, che perdettero lo slancio politico seguente al discordo di Filadelfia di Kennedy. Il metodo della sincronizzazione, che dominò fino al 1965, faceva risultare la costruzione comunitaria non come un processo sovranazionale, bensì come il risultato di una sovrapposizione di decisioni che andavano a soddisfare gli interessi nazionali dei Paesi più influenti. Fu la Francia a beneficiare maggiormente della sincronizzazione, in quanto la Germania era condizionata dall'essere un Paese diviso, privo di un Trattato di pace. Durante i negoziati agricoli, la Francia adottò la tattica di dissuasione, basata su minacce di rappresaglie nel caso di non accoglimento delle richieste francesi; questa tattica fu vincente e nessuno si oppose alle iniziative francesi. Pompidou minacciò anche la fine della CEE. In questo contesto il ruolo della Commissione appariva piuttosto debole, ed essa reagì con l'Iniziativa 1964, proposta di accelerare l'attuazione del Trattato CEE sopprimendo in maniera anticipata le barriere doganali interne.
Quali furono in definitiva le conseguenze del veto britannico? Non una crisi politica, perché nessuno Stato voleva mettere a rischio l'esistenza della CEE; piuttosto la Francia consolidò la sua posizione di protagonista. Era chiaro che i progressi nella costruzione comunitaria dipendevano da accordi tra Francia e Germania. Il disegno kennediano della partnership atlantica era comunque fallito.

2.La crisi della sedia vuota

Mentre la CEE era al centro dell'offensiva diplomatica di De Gaulle, che voleva consacrare l'indipendenza militare nell'Alleanza Atlantica e salvaguardare gli interessi economici francesi, si produsse la crisi più violenta della storia comunitaria, la crisi della sedia vuota. La Commissione europea, presieduta da Hallstein (che con il suo prestigio aveva conferito potere alla Commissione, considerata il governo dell'Europa unita), e il governo francese, furono i protagonisti.  Questo ruolo influente della Commissione non andava però a genio al governo francese, che aveva tentato di modificarlo mediante il progetto di Trattato sull'Unione politica. Il quadro politico europeo si andava modificando: in Germania era finita l'era Adenauer, e con essa gli effetti del Trattato franco-tedesco; e rimaneva il pericolo di una partecipazione tedesca a una forza nucleare atlantica; la Germania non aveva riconosciuto la leadership europea che stava a cuore a De Gaulle; anche gli altri Paesi, in particolare l'Italia, erano risentiti verso la Francia, per la mancata tutela nei confronti della PAC.
La Commissione tentò di accelerare l'integrazione economica e modificare la struttura istituzionale comunitaria, con una proposta: la sostituzione dei contributi nazionali forfettari con il gettito dei diritti doganali e dei prelievi agricoli, in modo da alimentare il bilancio comunitario con risorse proprie. Autonomia finanziaria significava maggiore indipendenza della CEE nei confronti dei poteri nazionali, e la necessità di un maggior controllo di bilancio comunitario da parte del Parlamento europeo. Tale orientamento era basato peraltro su disposizioni previste dal Trattato. Avrebbe consentito inoltre un progresso politico. Le proposte della Commissione sarebbero dovute essere state approvate da tutti i Paesi, ma tedeschi e italiani non erano disposti ad accettarle fino in fondo, soprattutto l'Italia, forte contribuente alle spese agricole. La Commissione vedeva nella politica agricola il primo tentativo riuscito di integrazione europea in senso federalista. Forse Hallstein pensava, proponendo ciò, di fare un favore alla Germania, la quale però, essendo il maggior contribuente alla PAC, aveva interessi da difendere. Nel momento in cui la Commissione presentò le proposte, nel marzo 1965, De Gaulle stava accentuando il disimpegno francese verso gli USA. Vedendo che gli altri Paesi si opponevano alle sue tesi, la Francia si comportò in modo radicale: interruppe i negoziati al Consiglio, ritirando tutti i suoi rappresentanti, in modo da mettere in crisi la CEE. In realtà l'atteggiamento francese era contro la Commissione, organo indigesto alla dottrina gollista. Commissione e Consiglio (dove il voto era a maggioranza) sono i due elementi che rappresentano le virtù federaliste dell'assetto comunitario. Il voto maggioritario comunque fu applicato raramente dopo il 31 dicembre 1961 (fine 1° tappa). Come reagirono gli altri Stati? Difendendo rigidamente il Trattato. Il loro obiettivo era conservare l'equilibrio istituzionale, e ci riuscirono grazie ad un'azione diplomatica. La Francia si trovò priva dei mezzi di pressione nei confronti dei 5, e dovette riprendere il proprio posto in seno alla CEE. Durante lo scontro negoziale del 1966, non vennero fatte concessioni alla Francia da parte dei 5, che respinsero la proposta francese per un “accordo politico” che sarebbe andato a modificare il Trattato. A Lussemburgo si raggiunse un compromesso, ovvero un ridimensionamento politico della presenza della Commissione nel quadro istituzionale => venne meno il diritto esclusivo di proposta della Commissione. Nonostante il disaccordo di fondo, i motivi di fondo per perseguire l'integrazione economica erano più forti. La dottrina dell'integrazione di Hallstein uscì sconfitta.

3. La nuova domanda britannica di adesione alla CEE e il veto francese

Nell'ottobre 1964, dopo 13 anni di governo conservatore, tornarono al potere i laburisti con Harold Wilson. Fu una campagna elettorale centrata su temi interni, senza accenni alle questioni europee. Ma dopo le elezioni del 1966, vinte da Wilson con una maggioranza più robusta, egli si dedicò alla questione dell'ingresso della CEE, che era ancora attraente per la G.B. Ormai l'EFTA era debole. La G.B. sottovalutò la forza negoziale di De Gaulle e ritenne di avere la possibilità di fare un nuovo gioco europeo con i 5 partner della Francia, stanchi delle imposizioni francesi in seno alle istituzioni europee. Così il 2 maggio 1967 Wilson annunciò la domanda inglese. Ma ci fu un disaccordo in merito alla procedura, nel senso che mentre secondo i 5 la G.B. avrebbe dovuto essere ammessa ad un'audizione preliminare davanti ai 6 e alla Commissione, la Francia sostenne la necessità di un accordo preventivo tra i 6 sull'apertura del negoziato e sulle sue condizioni. Quindi occorreva prima il parere della Commissione in conformità al Trattato. A fine maggio 1967 si tenne una Conferenza di Capi di Stato e governo per celebrare il decimo anniversario della firma dei Trattati di Roma: in quell'occasione De Gaulle si espresse contro l'accettazione della domanda inglese. Nel governo inglese intanto la posizione europeista di George Brown, Min. Est, si indeboliva.
Alla riunione dell'Aia del Consiglio dell'UEO (organizzazione che ora fungeva da foro di contatto tra i 6 e la G.B. dopo il veto francese del 1963), Brown propose il concetto di “Comunità in evoluzione”, e riteneva che il governo inglese dovesse far sentire la propria influenza nei settori economico, politico e militare. La G.B. avanzò richieste di aggiustamenti al sistema dei Trattati, in particolare materia di agricoltura, ridimensionando quelle di natura doganale, causa dell'avvelenamento dei negoziati nel 1962. => Ma quest'attivismo inglese non sortì alcun effetto sul governo francese, e infatti De Gaulle si oppose ancora una volta all'adesione inglese, motivando ciò con il mutamento che sarebbe avvenuto nella CEE in seguito all'adesione inglese e degli altri Paesi dell'EFTA, e con le difficoltà economiche e monetarie inglesi. Ai francesi però serviva il supporto di un'istituzione comunitaria (che avesse trattato senza indulgenza i problemi dell'economia britannica) e lo trovò nella “Commissione unificata delle Comunità”, che entrò in funzione nel luglio '67 presieduta da Jean Rey, belga. Per i primi 3 mesi, la Commissione redasse il parere sulla domanda britannica (ciò era tattico dal punto di vista francese), parere che fu molto severo, con suggerimento di misure dure che il governo britannico avrebbe dovuto accettare per poter aderire. Ma poiché la Commissione concluse affermando l'opportunità di aprire i negoziati per approfondire i problemi, la Francia non poté opporvisi. Nonostante i 5 erano d'accordo con la Commissione, i francesi condizionarono l'apertura dei negoziati al risanamento dell'economia britannica. Questo disaccordo tra i 5 e la Francia generò stanchezza nell'aria e scetticismo.

4.Le conseguenze europee del '68 francese e l'ultima politica gollista

La Francia uscì provata dagli eventi del maggio-giugno 1968, che causarono una debolezza della sua politica estera e danneggiarono l'autonomia francese in tema di politica europea. Anche l'occupazione sovietica della Cecoslovacchia della primavera 1968 fu un duro colpo per i francesi, perché pose fine all'idea di un'Europa dall'Atlantico agli Urali e si accompagnò alla costatazione di potenza della Germania=> tutta la politica di De Gaulle ruotava intorno all'idea che la Francia sarebbe stata il perno dell'evoluzione dei rapporti di forza in Europa. Gli USA, invinghiati in Vietnam, avevano meno possibilità di influenza in Europa. Quindi l'unica speranza che rimaneva era quella del rapporto tra Parigi e Mosca, che però venne meno dopo l'occupazione della Cecoslovacchia. La Francia era indebolita e costretta a chiedere aiuto agli USA, e sicuramente quando accadde nel maggio '68 influenzò la visione di Nixon e Kissinger nei confronti della CEE e del contenzioso commerciale con gli USA.  Quale fu la conseguenza politicamente più rilevante della nuova situazione politica internazionale francese? Che l'URSS, nel suo rapporto con la Germania dopo l'arrivo al potere di Brandt, escluse la Francia. => I francesi quindi dovevano modificare la propria posizione nei confronti dell'allargamento della CEE.
Il 1° luglio 1968 nel frattempo sparivano i dazi doganali dal mercato comune, venivano unificate le tariffe doganali esterne dei 6 Paesi, e applicate le prime riduzioni tariffarie multilaterali previste daò Kennedy Round. La Germania rivalutò il marco e la crescita economica tedesca venne percepita come un pericolo dalla Francia, che invece era uscita molto indebolita dalla crisi.
Proprio in questo periodo di crisi, De Gaulle, che ormai aveva constatato il fallimento francese di essere il custode politico della CEE, propose alla G.B. di costruire un direttorio a 4 (con Germania e Italia), per la leadership politica di una CEE allargata. De Gaulle pensava di convincere gli altri partner ad una modifica della struttura istituzionale della CEE attraverso il coinvolgimento britannico, senza il quale sarebbe stato difficile mantenere i vantaggi ottenuti.
Ma questa proposta non andò in parto, perché la stampa rivelò una fuga di notizie, e per l' “affare UEO” che rovinò i rapporti Francia-G.B. => Alle riunioni dell'UEO, che si tenevano tra i Min.Est dei 7 al fine di concertare l'azione in politica estera e comunitaria, mancava sempre il Ministro francese, che venne sostituito da un Segretario di Stato, in modo che non potesse prendere iniziative politiche. La crisi avvenne in seguito ad una proposta inglese, fatta ad una riunione nel 1969, di adottare una posizione comune nei confronti della questione mediorientale, proposta che nelle intenzioni inglesi voleva dimostrare la disponibilità inglese a seguire la dottrina gollista della concertazione preventiva sugli affari di politica estera. Ma De Gaulle reagì male perché voleva che del Medio Oriente si occupassero solo i 4 grandi, e interpretò la proposta inglese come un tentativo di mettersi al livello della Francia, che per lui invece era superiore nella CEE. => Da quel momento De Gaulle boicottò l'UEO.

5. La Conferenza dell'Aia

Ormai però la fine di De Gaulle era vicina, così pure il suo protagonismo sulla scena continentale. Nell'aprile 1969 un referendum francese dimostrò l'ostilità della popolazione contro il Presidente, che si dimise ritirandosi dalla vita politica. Venne eletto Pompidou, che si dimostrò più conciliante verso gli USA e con un nuovo atteggiamento verso la CEE e la questione inglese. In Germania andò al potere la colazione del socialdemocratico Brandt, che manifestò una volontà di normalizzazione dei rapporti tra Germania e l'URSS, e diede avvio alla Ostpolitik. => per la 1° volta l'URSS era pronta ad un negoziato con la Germania federale, e poteva farlo anche perché finalmente i francesi, che avevano voluto rappresentare la Germania, non potevano più opporsi ora. => Il Patto franco-tedesco era morto, e il cambiamento dei rapporti franco-tedeschi stavano influenzando la CEE, nata dal loro accordo. A Pompidou non restava che riavvicinarsi al contesto comunitario, allargando la CEE alla G.B. per poter recuperare la primazia francese in Europa. Pompidou alla Conferenza dell'Aia del 1969 con la consapevolezza che bisognava dare un programma preciso alla CEE e consentire l'adesione di G.B., Irlanda e Danimarca, senza le quali la CEE non sarebbe continuata a vivere. La presenza britannica della CEE avrebbe consentito alla Francia di bilanciare l'accresciuto divario di potenza con la Germania. Pompidou sollecitò la ripresa delle riunioni periodiche dei Min.Est in tema di politica estera, che erano venute meno dopo il fallimento dell'Unione politica del 1962. Emerse inoltre come fosse necessario un sistema di cambi fissi e un coordinamento delle politiche economiche, oltre che una riserva monetaria comune. Pompidou parlò anche della necessità di una politica sociale comune della Cee, con contratti di lavoro collettivo a livello europeo => si andava a toccare un altro “dominio” degli Stati. Si decise che prima dell'inizio del negoziato inglese la CEE avrebbe dovuto completare la PAC => ciò fu una vittoria per la Francia.
La Conferenza dell'Aia aprì un nuovo capitolo nella costruzione comunitaria, ridando slancio alla CEE all'inizio del 1970. Il periodo gollista era chiaramente finito.
Cosa fu deciso?
-Di ripartire gli oneri finanziari dei partner in funzione dei loro PIL, diversi tra Stati membri.
-Di dare maggior potere al Parlamento europeo, che fino ad allora aveva una pura funzione consultiva.
Inoltre il belga Davignon, a capo di un Comitato ad hoc, presentò un rapporto con le linee da seguire per organizzare la cooperazione nel campo della politica estera e per realizzare l'Unione politica, attraverso riunioni semestrali e trimestrali, presiedute dal governo che esercitava la Presidenza semestrale del Consiglio, in cui ci si sarebbe dovuti consultare sulla politica estera. => Ciò era l'opposto del disegno gollista di creazione di una Comunità politica distinta da quella economica esistente. Il rapporto Davignon fu un primo passo in materia di politica estera comune.
Inoltre la Commissione a 14 membri venne sostituita da una a 9, con Presidente l'italiano Malfatti (Ministro democristiano del governo di Aldo Moro) e con Altiero Spinelli come secondo membro italiano. Il primo compito a cui si dedicò la Commissione fu l'apertura dei negoziati di adesione con la G.B, avviati a Lussemburgo nel giugno 1970.
Al vertice dell'Aia erano state previste tre cose:
-completamento del mercato comune
-approfondimento CEE
-allargamento
I britannici chiedevano ancora di negoziare formule e periodi di adattamento transitorio sulla PAC, il contributo al bilancio comunitario e e le esportazioni di zucchero dal Commonwealth. Era chiaro che proprio il problema del bilancio finanziario sarebbe stato il più acuto.

6. I negoziati del primo allargamento della CEE

La Conferenza intergovernativa si concentrò su una trattativa tra Commissione e Paesi candidati. Il Regno Unito tardava ad avanzare contro-proposte sulle questioni di bilancio e dei prodotti agricoli del Commonwealth. Così, di fronte all'incertezza britannica, era necessario un “avvenimento politico” che scuotesse lo stallo dei negoziati, un confronto diretto anglo-francese. Nel maggio 1971 ci fu un incontro all'Eliseo tra Heath, 1° Ministro britannico, e Pompidou, durante il quale si discussero 3 questioni:
-struttura CEE (in proposito Heath accettava le tesi confederali di Pompidou, che avrebbero confermato che l'Europa con i britannici sarebbe stata quella prefigurata da De Gaulle)
-ruolo della CEE nel mondo (anche qui Heath accettò le posizioni francesi di un'Europa indipendente dagli USA, accettando la formula di Pompidou di un' “Europa europea”, che racchiudeva una nozione di indipendenza)
-le questioni monetarie (serviva una dichiarazione solenne delle intenzioni britanniche, per dissipare i dubbi negoziali sul futuro della sterlina nella CEE, moneta simbolo dei legami politici-finanziari tra G.B. e Commonwealth e USA. Ma una condizione per entrare nella CEE era mettere fine ai privilegi della sterlina. Heath era disposto a fare una dichiarazione in proposito, ma non poteva d'altra parte accettare che la questione diventasse materia di negoziato e si fissassero procedure e scadenza per la riforma della posizione mondiale della sterlina.)
Grazie all'incontro Heath-Pompidou, fu possibile riprendere il negoziato. Superata la questione spinosa della sterlina, rimaneva l'ultima questione, quella del contributo britannico al bilancio comunitario. C'era una ferma volontà di concludere i negoziati, che portò a trovare un compromesso. Si aprì quindi in G.B. il dibattito politico. Dopo un'intensa battaglia nel Partito laburista si giunse alla ratifica del Trattato di adesione. Tuttavia il Paese era diviso e Heath ottenne 356 sì contro 244 no, grazie al voto favorevole di una minoranza di laburisti “europeisti”. Questo voto sancì in qualche modo la fine dell'impero e delle egemonie britanniche, e la riduzione dell'autonomia britannica a regole e limiti continentali. Tuttavia passarono lunghi anni prima che la G.B. si rassegnasse al rango di potenza continentale, che non fu mai accettato completamente.
Il 22 gennaio 1972 avvenne a Bruxelles la firma dei Trattati, e solo la Norvegia rifiutò, dopo un referendum, l'adesione alla CEE. Il rifiuto della Norvegia fu dovuto ad un regolamento sulla politica comune della pesca che era stato approvato dalla CEE a 6 e che era difficilmente accettabile da governo e opinione pubblica norvegese. La Norvegia quindi restò fuori dalla CEE e continuò a far parte dell'EFTA, la piccola zona di libero scambio europeo con cui la CEE aveva concluso un accordo nel luglio 1972.
G.B, Irlanda e Danimarca entrarono nella CEE.

7. Il vertice di Parigi del 1972

I Min.est e un Comitato ad hoc organizzarono una Conferenza al vertice per discutere il programma della futura CEE. Nella 1° riunione dei Min.Est, nel marzo 1972, venne nominato il nuovo Presidente della Commissione, che avrebbe sostituito Malfatti (che si dovette rassegnare per partecipare alle elezioni politiche italiane): venne nominato Mansholt, di idee federaliste. => La sua nomina era la prova di come le posizioni francesi si fossero ammorbidite, dato che De Gaulle era più per la confederazione. Questa nomina rafforzò la posizione della Commissione. La Francia propose di dare impulso all'Unione politica, attraverso l'istituzione di un segretariato politico incaricato di preparare le riunioni dei Ministri degli esteri sul coordinamento delle politiche estere. Ma a causa dell'opposizione a questa proposta, Pompidou ripensò all'utilità del vertice. Nel febbraio 1972 inoltre si tenne un referendum per confermare l'adesione britannica alla CEE. Pompidou intendeva il referendum come un modo per affermare la legittimità della sua politica, mentre secondo l'elettorato francese era qualcosa di estraneo al potere di scelta attribuito dal referendum agli elettori. Ci fu quindi un grande numero di astensioni. => Pompidou ottenne una debole maggioranza al referendum, e ciò rese più difficile la preparazione del vertice. La politica francese si fece più incerta, sebbene Pompidou credeva di poter continuare l'opera di De Gaulle e di dar vita a una Confederazione europea. Ci fu poi un incontro Pompidou-Brandt, dove fu deciso di tenere il Vertice alla data prevista, il 19 ottobre 1972 a Parigi, e di creare un fondo europeo di cooperazione monetaria, premessa concreta di ulteriori sviluppi verso l'Unione economica e monetaria. L'importanza del Vertice di Parigi risiedeva nell'offrire l'occasione per un programma alla Nuova Europa che nasceva dall'adesione di G.B, Irlanda e Danimarca. Il Vertice fu l'ultimo tentativo francese di plasmare la CEE secondo un modello conforme ai propri interessi. Il comunicato di Parigi rispose alle ambizioni di Pompidou: nel preambolo traspariva la volontà di un rilancio dopo la lunga pausa dei negoziati di adesione. Si parlava di “finalità politiche” della presenza della CEE nel mondo, portatrice di progresso. Si affermò poi la volontà di realizzare l'unione economica e monetaria entro il 31 dicembre 1980, attraverso un coordinamento più efficace delle politiche economiche. Nel 1973 la CEE avrebbe dovuto discutere e approvare le misure proposte. In realtà sarà impossibile realizzare la Confederazione europea secondo la visione francese.

8. Le crisi monetarie

Il 6 gennaio 1973 entrò in vigore la nuova Commissione CEE a 9 Stati membri, presieduta dal francese Ortoli. Tuttavia le istituzioni della CEE allargata si trovarono a dover subito far fronte alla crisi monetaria che sopravvenne, che mise in discussione il programma in materia monetaria. La situazione economica dei 9, già precaria, fu aggravata dalla guerra dello Yom Kippur con aumento dei prezzi petroliferi. => Tali crisi mise a repentaglio il progetto di Unione economica e monetaria, che rimase la finalità incompiuta della CEE. Al Vertice dell'Aia si era stabilito che entro il 1970 fosse stato elaborato un “piano a scadenza per la creazione di un'Unione economica e monetaria”. Nel 1970 il Consiglio adottò le prime decisioni in tema di coordinamento delle politiche economiche, poi incaricò un gruppo di esperti presieduto da Werner di elaborare un rapporto che contenesse proposte per la realizzazione a tappe dell' UEM (Unione economica e monetaria).
Per arrivare alla costruzione dell' UEM entro il 1980, come previsto dal Vertice di Parigi, sarebbe stato necessario superare il Trattato di Roma in materia di coordinamento delle politiche economiche e monetarie, e elaborare anche politiche comuni nei vari settori dell'economia. Inoltre l'UEM avrebbe imposto una nuova distribuzione di poteri tra Stati nazionali e istituzioni comunitarie. Il 9 febbraio 1971 il Consiglio approvò una risoluzione sulla realizzazione dell' UEM, impegnandosi a giungere all'obiettivo finale, indicando le prime tappe da attuare, senza avere la pretesa di andare troppo in là col tempo. Inoltre si disse che era necessario avviare una politica di sviluppo regionale. La risoluzione del 22 marzo 1971 sancì l'inizio della costruzione dell'UEM. => l'obiettivo era uno spazio economico integrato con all'interno un sistema di cambi rigidi tra le monete comunitarie. Nonostante l'entusiasmo iniziale, questa risoluzione ebbe vita durissima. Nel maggio 1971 la Germania fu autorizzata dal Consiglio a far fluttuare il marco tedesco. => decisione che andava contro la risoluzione del 22 marzo contro le fluttuazioni delle monete. Ciò causò chiaramente il malumore francese, e il ritiro dai comitati che stavano prendendo le decisioni sull' UEM. Il contrasto franco-tedesco sulle misure da prendere andò avanti per mesi, bloccando qualsiasi progetto. La decisione di Nixon di sospendere la convertibilità del dollaro in oro pose fine al sistema di Bretton Woods.
Nel settembre 1971 finalmente il Consiglio espresse una posizione comune da seguire nel gruppo dei 10 (l'organismo di coordinamento della politica monetaria dei 10 Paesi più ricchi del mondo in seno al FMI). Ciò portò ad un lento ristabilirsi della fiducia tra i 6 e ad una ridefinizione delle nuove parità monetarie, durante i negoziati di Washington di dicembre. Nel marzo 1972 il Consiglio approvò una risoluzione con cui la CEE sembrò riprendere il cammino verso l'UEM: si prevedeva una riduzione dei margini di fluttuazione delle monete comunitarie. L'accordo entrò in vigore in aprile 1973. Però poi la sterlina subì un indebolimento che costrinse il governo britannico a farla fluttuare; anche il governo italiano adottò misure d'intervento diverse da quelle decise in comune. Regnava un clima di incertezza sulla capacità della CEE a rispettare gli impegni assunti. Però poi venne adottata l'iniziativa di dotare il “serpente monetario” di risorse monetarie comuni per sostenere le monete più deboli. Era l'Italia il Paese più debole del serpente, che decise di abbandonare il sistema comunitario di fluttuazione congiunta e per arginare l'emorragia di capitali. La Germania era critica nei confronti dell'Italia, che giudicava debole e incapace di una disciplina economica-monetaria corretta.
Nel marzo 1973 si tenne il Consiglio dei Ministri, nel quale la Germania rifiutò la proposta della Commissione di dotare il Fondo europeo di cooperazione monetaria di 10 miliardi di $ di risorse. In seguito assunse un atteggiamento di scetticismo sulla capacità delle istituzioni comunitarie di ottenere un rigore economico interno che giustificasse l'impegno e la solidarietà dei tedeschi. In poco tempo, era svanito lo spirito del lungo comunicato del Vertice di Parigi, per lasciare posto ad un mutamento negativo che avrebbe pesato per molto in Europa. Il Consiglio del marzo 1973 fu caratterizzato da insuccesso, e svanirono le prospettive di riportare l'Italia all'interno del serpente comunitario e di preparare l'entrata della sterlina inglese. => sparivano le speranze di avvio dell'UEM. La Germania per i successivi 5 anni cercò di non deviare dal rigore economico ritenuto indispensabile per evitare l'inflazione e le sue conseguenze sociali e politiche. In quel momento i governi non potevano prevedere la crisi economica occidentale che stava maturando. Ormai le società dell'occidente europeo erano dominate da scetticismo e timore per l'avvicinarsi di una crisi grave. In G.B. l'opinione pubblica così come la classe dirigente ancora non aveva digerito l'adesione. Anche la Francia era agitata da dubbi, e Pompidou frenava prudentemente all'UEM. Questo bastò a vanificare gli obiettivi ambiziosi definiti dal vertice di Parigi.

9. La crisi energetica e i rapporti tra CEE e USA

Il 1973 fu un anno pesante per l'Occidente e la CEE, a causa della crisi petrolifera divampata in seguito alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur. Fu una crisi sia politica che economica per la CEE, una crisi che coinvolse anche le relazioni con gli USA. Nell'aprile 1973 Kissinger dichiarò il 1973 come l' “anno dell'Europa.” Nel suo discorso al pranzo annuale dell'Associated Press, Kissinger si limitò a dare il sostegno USA alla costruzione economica e politica dell'Europa. Egli sollecitava con rinnovato vigore un rafforzamento dell'Alleanza Atlantica e un maggior impegno politico europeo, oltre che un coordinamento di obiettivi tra europei e americani. Kissinger accentuava la personalità “regionale” della CEE, contro chi sosteneva l'integrazione politica dell'Europa. Egli propose di rivitalizzare le relazioni atlantiche con una nuova Carta Atlantica, che definisse gli obiettivi comuni in tutti i settori. Ma la sua proposta non fu accolta con entusiasmo dagli europei, che non vedevano come fosse possibile trattare nello stesso foro e definire in un unico documento materie politiche ed economiche.
Nel settembre 1973 i 9 fecero una Dichiarazione a Copenaghen, con cui la CEE tentava di darsi una politica estera comune e di convincere la G.B. a operare in comune con gli europei in questa prospettiva.
Quali furono gli effetti della guerra del Kippur? L'annuncio dell'embargo petrolifero da parte dei Paesi arabi gettò nel panico la CEE, e parve annullare 20 anni di sforzi di integrazione. Se fino ad allora la CEE non aveva preso alcuna misura di politica energetica, i governi non sentirono la necessità di discuterne con urgenza: mancava una politica energetica comune e di conseguenza una solidarietà di emergenza. Il modo in cui si comportarono gli alleato europei durante la guerra dello Yom Kippur rese evidente l'impossibilità di definire obiettivi comuni euro-atlantici. Il mancato sostegno comunitario ai rinforzi americani a Israele confermò i limiti dell'Alleanza atlantica. Gli europei apparvero deboli e non in grado di intraprendere una politica efficace in Medio oriente, in quanto quell'area era scenario di decisioni prese tra le 2 superpotenze.
La crisi petrolifera fu determinante per gli sviluppi dei rapporti USA-CEE. Gli USA tentarono un allineamento con l'Europa per far fronte comune contro i Paesi produttori di petrolio. Nel febbraio 1974 fu convocata una Conferenza sull'energia, che confermò lo smarrimento della CEE. La Francia si opponeva a qualsiasi fronte occidentali guidato dagli USA. Fu deciso di creare un'agenzia dell'energia.
Nel marzo 1974 la CEE avanzò una proposta di collaborazione politica ed economica ai Paesi arabi, e ciò deluse gli USA, per non essere stati consultati preventivamente. Nixon fu così deluso che annullò il viaggio in Europa. Nell'ultimo periodo della presidenza Nixon ci fu un raffreddamento dei rapporti euro-americani, così venne meno una dichiarazione comune di intenti. Per Kissinger ci doveva essere un legame tra questioni economiche-politiche e questioni di sicurezza, mentre la dichiarazione atlantica approvata nel 1974 non conteneva accenno a ciò. All'interno della CEE fu definita una formula pragmatica, senza obbligo di consultazione preventiva.

 

Capitolo 3. Nuovi scenari in Europa e tentativi di rilancio della Comunità

1. La Comunità dopo il primo allargamento e il nuovo vertice di Parigi

All'inizio del 1974, il Regno Unito stava vivendo un periodo travagliato. Se Heath aveva voluto entrare nella CEE per dare al Paese nuovi obiettivi di presenza internazionale e di efficienza economica, dopo che la fase imperiale si era esaurita, le polemiche e l'opposizione all'adesione non si frenarono, e la controversia comunitaria divenne strumento di critica al governo. I laburisti chiesero di “rinegoziare”  le condizioni di adesione. La caratteristica dei governi nascenti di questo periodo era il pragmatismo. Harold Wilson ne fu un esempio; egli non mise mai in dubbio la necessità per la G.B. di restare in Europa.
In Germania Brandt fu succeduto da Schmidt, la cui ascesa al potere significava la fine di quella Germania che aveva aderito al progetto politico europeo di Pompidou e un maggior peso tedesco nei vari settori dell'integrazione.
In Francia a Pompidou successe Giscard d'Estaing, che come Schmidt aveva guidato l'economia negli anni precedenti; con lui la Francia abbandonò finalmente certi condizionamenti dottrinari che l'avevano condizionata fino ad allora.
Con Schmidt e d'Estaing gli affari comunitari furono caratterizzati da maggiore pragmatismo.
L'Italia era il Paese più fragile della CEE, e mise a repentaglio il livello di integrazione, applicando misure drastiche di limitazione delle importazioni. Poi le vennero concessi prestiti eccezionali.
In quei primi mesi del 1974 quindi c'era un'atmosfera di dubbio nel mondo occidentale. Grazie al pragmatismo dei leader, però, si evitò un turbamento dei rapporti economici interregionali, e Giscard assunse iniziative di dialogo con i Paesi produttori di materie prime (dopo la crisi petrolifera). Giscard e Schmidt ricostruirono quell'asse franco-tedesco alla guida della CEE, che poté così rinegoziare serenamente le condizioni di adesione della G.B.
Nel febbraio 1975 la CEE firmò la Convenzione di Lomé, sulla politica di aiuto allo sviluppo delle ex colonie. Da allora verranno avviate molte iniziative per la cooperazione allo sviluppo.
In vista di una nuova Conferenza al vertice, si attendeva una nuova iniziativa francese, che venne sotto forma di proposta di riforma delle istituzioni comunitarie. Infatti se la CEE si trovava in una situazione di stallo era per la paralisi del Consiglio e il deterioramento del ruolo della Commissione: la Francia aveva responsabilità in questo. Il Presidente francese avrebbe voluto condurre la cooperazione politica nell'alveo della struttura comunitaria. Con l'istituzionalizzazione delle Conferenze al vertice e la loro trasformazione in Consiglio europeo si sarebbero unificate le competenze comunitarie e politiche. Il Consiglio europeo diventava un centro di decisione politica collegato alla struttura comunitaria che si sarebbe occupati sia di materie comunitarie che di politica estera.  Nel vertice del 1974 fu decisa l' istituzionalizzazione del Consiglio europeo; era necessario riformare la struttura comunitaria per trasformare la CEE in quell' “Unione europea” che la Dichiarazione di Parigi indicava come obiettivo. L'innovazione maggiore proposta da D'Estaing fu l'elezione diretta dei membri del Parlamento europeo, chiamata “Assemblea parlamentare europea”. Ci fu una lunga disputa sull'elezione diretta dei membri dell'Assemblea e sull'aumento dei suoi poteri. Si sarebbero potute avanzare pretese di maggiori responsabilità e competenze del Parlamento solo con un voto popolare, l'unica cosa che avrebbe legittimato tali pretese.
L'elezione a suffragio diretto del Parlamento fu la maggiore novità politica dell'integrazione europea degli anni '70, nonostante introducesse un elemento di anomalia nell'equilibrio istituzionale comunitario.

2. Il “rinegoziato” e il referendum con la G.B.

Il Vertice di Parigi del 1974 fu l'inizio della risoluzione della questione del rinegoziato britannico. Wilson definì “ingiuste” le condizioni di adesione. In particolare, gli inglesi volevano un riesame delle politiche comuni della CEE, soprattutto la PAC. Un'altra rivendicazione era sul contributo finanziario al bilancio comunitario, che la G.B. riteneva troppo gravoso. Francia e Germania fecero fronte comune di fronte a queste richieste inglesi: la Francia considerava intoccabili le strutture della PAC, mentre la Germania non vedeva di buon occhio un alleggerimento del contributo britannico, perché temeva che avrebbe dovuto pagare lei quanto sarebbe stato tolto alla G.B. La G.B però, non riuscendo a trovare alleati, non riuscì ad organizzare il negoziato.
Un compromesso si giunse al Vertice di Parigi del 1974, ma alla G.B. furono accordate concessioni assai modeste. => Tuttavia ciò bastò perché Wilson raccomandò alla popolazione di votare a favore della permanenza britannica nella CEE. Se la G.B. fosse uscita dalla CEE, i Paesi della Convenzione di Lomé avrebbero avuto problemi a mantenere gli aiuti allo sviluppo. Il 5 giugno 1974 si tenne il referendum, il cui risultato fu di 67, 2 % di si. => il risultato non fu interpretato come una rassegnazione inglese, quanto il segno di una svolta irreversibile.
Nel frattempo nell'Europa mediterranea erano in corso mutamenti politici: in Grecia era caduto il regime dei colonnelli, in Portogallo era caduta la dittatura di Caetano, la morte di Franco era vicina. Il ritorno alla democrazia in quei Paesi avrebbe riproposto il problema della fisionomia geografica della CEE.
Nell'aprile 1975 la Grecia di Karamanlis presentò domanda di adesione, seguita nel 1977 da Spagna e Portogallo => l'allargamento comunitario in questo senso avrebbe spostato il baricentro comunitario da nord a sud.

3. Il rapporto Tindemans e la nuova Commissione europea

Quando fu evocata per la prima volta l'espressione “Unione europea”? Nel vertice di Parigi del 1972, Pompidou indico l'UE come l'obiettivo centrale del consolidamento dell'Europa per gli anni '80. L'UE doveva essere la riorganizzazione razionale e unitaria dei rapporti tra gli Stati membri della CEE, comportante legami politici più stretti tra i Paesi membri. Tuttavia, provenendo da parte francese, questa proposta generò sospetti revisionistici nei confronti dei Trattati di Roma, quindi era necessario un documento che chiarisse questi punti. Il documento fu elaborato da Leo Tindemans, e presentato al Consiglio europeo (nuova denominazione del vertice) nel dicembre 1975. La questione dell'aumento delle competenze del Parlamento europeo era affrontata con estrema reticenza; si auspicavano “piccoli passi” nell'esercizio della funzione legislativa. Alla fine però il rapporto Tindemans finì negli archivi e non se ne fece nulla.
La Francia stava ormai abbandonando il progetto di Unione europea: era venuto meno l'iniziale fervore di cambiamento di D'Estaing, minacciato alle elezioni imminenti da un'agguerrita opposizione.
La CEE non era al centro delle priorità di Schmidt, e i britannici non erano interessati ad appoggiare iniziative di rilancio dell'unità europea.
All'inizio del 1977 entrò in funzione una nuova Commissione, presieduta da Roy Jenkins, ex Ministro laburista ed esponente dell'ala europeista. In quel momento la CEE era in stallo e l'Occidente in crisi. Jenkins tentò di rilanciare la Commissione. La Commissione difese il mercato da tentazioni protezionistiche nel momento in cui c'era una crisi di settore chimico e siderurgico.
Nel 1977, in vista delle elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo, maturò una rinnovata attenzione nei confronti delle istituzioni comunitarie da parte delle forze politiche e sociali e una maggiore solidarietà comunitaria. Jenkins rilanciò l'idea di un'unione monetaria, considerata vantaggiosa per razionalizzare l'attività economica e per l'avvio di una nuova era di stabilità dei prezzi in Europa. L'iniziativa di Jemkins, seppur molto coraggiosa, fu accolta freddamente in Germania, Francia, Italia e G.B. Jemkins insistette sull'unione economica e monetaria perché era preoccupato dal degradarsi della situazione monetaria internazionale e dall'incapacità dell'amministrazione americana ad arrestare la caduta del dollaro. Poiché questo si ripercuoteva sull'economia tedesca, le relazioni tra USA e Germania mostrarono segni di tensione.

 

4. La nascita del Sistema monetario europeo

Dall'inizio del 1978 Schmidt si concentrò sulle potenzialità dei azione della CEE. Tuttavia bisognava aspettare il risultato delle elezioni politiche in Francia per poter riprendere il dibattito sull'UEM, che comunque avrebbe dovuto tenere conto delle esigenze francesi. Il progetto di realizzazione dell'UEM era compatibile con le linee tradizionali della politica estera francese.
In G.B. invece il governo laburista non era entusiasta dalla prospettiva dell'UEM: nonostante la sterlina fosse decaduta, i britannici speravano ancora in una ripresa dei fasti del passato. La sterlina rimaneva comunque uno strumento finanziario di importanza mondiale. => Di conseguenza era chiaro come per la G.B. aderire ad un sistema monetario europeo avrebbe significato un ruolo minore della sterlina rispetto al marco. Il governo britannico voleva conservare autonomia in tema di politica economica.
L'Italia stava uscendo dalla crisi grave del dopoguerra, e la situazione economica pareva migliorare. In sostanza non poteva non aderire al rilancio comunitario, però si doveva tener conto della specificità italiana, che 5 anni prima era stata costretta ad uscire dal serpente monetario.
Nel marzo 1978 fu abbozzata la proposta franco-tedesca in materia monetaria.  La creazione di uno spazio monetario europeo diventava l'unica strada praticabile per contrastare la crisi. La Germania condizionò il rilancio dell'economia tedesca al non creare inflazione, considerato il peggiore dei mali.
Lo spazio monetario si presentava come una zona dominata dal marco, e questo suscitò perplessità nei confronti del nuovo atteggiamento tedesco. I britannici, pur restii, erano consapevoli della necessità di una stabilità monetaria organizzata a livello comunitario, indispensabile per la ripresa economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Durante il Consiglio europeo di Copenaghen si stabilì a giugno 1979 la data delle elezioni dirette del Parlamento europeo. Il Consiglio europeo di Brema cominciò a definire la fisionomia dello SME: il franco, la lira e la sterlina, ovvero le monete che erano uscite dal serpente, dovevano prepararsi a rientrare nel sistema riducendo le fluttuazioni. Venne creato un fondo monetario europeo, costituito da riserve monetarie delle Banche centrali.
Era evidente l'impossibilità britannica di aderire allo SME. Con ogni probabilità quindi solo 8 Paesi vi avrebbero aderito, e c'era incertezza sull'adesione di Italia e Irlanda. Per l'Irlanda, l'adesione allo SME avrebbe significato la fine dell'unione monetaria con la G.B.
L'Italia era in una posizione di grande incertezza, e la polemica sull'accettazione delle nuove regole monetarie si spostò da un livello tecnico ad un livello politico, mettendo a repentaglio la coesione della maggioranza governativa e indebolendo la capacità negoziale della delegazione italiana. Così l'Italia chiese un tempo di riflessione prima di comunicare la decisione sull'adesione o meno allo SME.
Alla fine solo 6 Stati membri siglarono l'accordo del consiglio europeo di Bruxelles, che prevedeva:
-l' introduzione, dal 1° gennaio 1979, di misure monetarie analoghe a quelle del serpente monetario
-la definizione della nuova unità di conto europea che entro due anni sarebbe diventata la moneta di conto tra i Paesi dello SME
-l'istituzione di meccanismi di intervento in seguito a oscillazioni monetarie e la messa in comune dei mezzi di intervento
-l'attivazione di meccanismi di credito monetario a breve e medio termine
L'Italia alla fine aderì allo SME, nonostante un voto politico difficile che causò una spaccatura in Parlamento, e così pure fece l'Irlanda, rompendo l'unione monetaria con la G.B. Lo SME entrò in vigore il 13 marzo 1979, su decisione del Consiglio europeo di Parigi. La G.B. vi aderì solo 10 anni dopo.

 

 

5. Le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo e la vicenda degli euromissili

Dopo la nascita dello SME, il 2° evento importante per la CEE fu l'elezione a suffragio diretto del Parlamento europeo. Il problema era il “deficit democratico” presente nella struttura comunitaria. Un  Parlamento europeo eletto dal popolo avrebbe avuto maggior influenza politica e peso istituzionale, anche se sarebbe rimasto il carattere “nazionale” del mandato elettorale, per i sistemi nazionali di suffragio. Tuttavia questa novità avrebbe potuto sensibilizzare l'opinione pubblica europea verso temi comunitari, e in futuro i poteri legislativi dell'Assemblea sarebbero potuti aumentare. I federalisti però non condividevano l'ottimismo dei gradualisti, in quanto avevano sempre considerato il Parlamento europeo come il “Congresso del popolo europeo” e quindi il potere costituente della futura Federazione europea. Tra il 1975 e 1979, anno della campagna elettorale europea, si crearono formazioni politiche che raggruppavano i rappresentanti di partiti politici ideologicamente affini dei Paesi membri, ma erano coalizioni deboli a causa di divergenze ideologiche e di posizioni diverse in merito all'integrazione. La campagna elettorale europea poi, benché incentrata sui problemi nazionali, fu utili perché l'opinione pubblica assimilò molte informazioni e per la prima volta si sforzò di conoscere i problemi europei.
Nel frattempo si avviava una nuova fase nelle relazioni est-ovest, causata da un'iniziativa sovietica che mirava a destabilizzare l'equilibrio delle forze tra i due blocchi militari, ovvero l'installazione sovietica di missili a medio raggio, puntati verso obiettivi d'Europa occidentale. Riarmo convenzionale dell'URSS in via di completamento. Come rispose l'Alleanza Atlantica a questa mossa sovietica? Installando gli euromissili nel dicembre 1979. La questione degli euromissili rendeva evidente come l'Europa fosse politicamente debole rispetto agli USA, e da essa dipendente sul piano della sicurezza. In questo momento di tensione, gli USA annunciarono il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca come rappresaglia politica all'invasione militare sovietica dell'Afghanistan. In questo momento di tensione, si svolse a Varsavia nel maggio 1980 un incontro tra Breznev e d'Estaing. => L'obiettivo del Presidente francese era avere una voce europea nel dialogo con Mosca, voce che doveva essere quella francese. Voleva poi affermare l'indipendenza francese nella questione degli armamenti nucleari. L'incontro fu però un fallimento, perché quello che ormai era chiaro è che nel confronto con i sovietici erano gli americani gli unici interlocutori possibili, e non gli europei.
Negli USA nel frattempo erano in corso gli ultimi mesi della Presidenza Carter. Con l'avvento di Reagan inizierà un nuovo periodo nella storia americana, con un ritorno al liberismo economico e l'avvio di un programma ambizioso di riarmo.

6. Il nuovo governo del Regno Unito e la questione del “contributo” britannico

Un mese prima delle elezioni europee, si tennero le elezioni in G.B., che furono vinte da Margaret Thatcher, leader del partito conservatore: la Thatcher avrebbe guidato il governo britannico per oltre un decennio, esercitando una grande influenza sulla vita comunitaria. Qual'era la sua ideologia?
-no interventismo statale
-superiorità dell'iniziativa privata in economia
Voleva rilanciare la G.B. come protagonista del liberismo, e non poteva sopportare che ci fossero condizionamenti esterni. La Thacther sottolineava la differenza dei britannici rispetto agli europei che volevano imporre cessioni di sovranità in favore di un potere estraneo e incontrollato. Voleva un radicale cambiamento. Nel 1975 era stato istituito un meccanismo correttore per ovviare al grave deficit di bilancio della G.B, ma questo meccanismo si era rivelato insufficiente. Il 1° gennaio 1980 questa correzione scadeva, così la Lady di Ferro si presentò al Consiglio europeo di Dublino del settembre 1979 dicendo: I want my money back.
La Francia voleva far capire alla G.B. che doveva rispettare i regolamenti comunitari e quelli di bilancio, e non era disponibile a rivedere radicalmente la PAC. Tuttavia il deficit britannico proveniva in larga parte dalla sezione agricola del bilancio. Per la G.B era impossibile dar vita ad  una grande agricoltura nazionale. Le previsioni dell'ammontare del deficit britannico erano spaventose. C'era l'enorme problema delle eccedenze, di prodotti che si accumulavano senza poter essere venduti. Come affrontare la “correzione britannica?” Venne introdotto il concetto di “globalizzazione”, contrapposto a quello di “compensazione”. Globalizzazione significava tener conto che la partecipazione della G.B. alla CEE portava molti vantaggi, e d'altra parte bisognava calcolare la compensazione.
Nel momento del Consiglio europeo di Lussemburgo, aprile 1980, il bilancio non era ancora stato approvato, e il Parlamento (il 1° eletto) rifiutò di adottare il progetto di bilancio emendato dal Consiglio. Finalmente, nel Consiglio del 30 maggio 1980, venne raggiunto un compromesso, che risolse temporaneamente la disputa sul contributo inglese al bilancio per gli anni 1980-81. La CEE avrebbe preso in carico il 65 % del deficit britannico per quei 2 anni, e poi si impegnava a risolvere il problema con cambiamenti strutturali. La Commissione doveva “riesaminare lo sviluppo delle politiche della Comunità, senza però rimettere in causa né la responsabilità finanziaria comune, né i principi della PAC”. Da quel momento nell'agenda politica delle istituzioni comunitarie fu inserito il tema di revisione della PAC, perché bisognava risolvere il problema delle eccedenze agricole. Il collasso finanziario comunque non era lontano. Il lussemburghese Gaston Thorn, nuovo Presidente della Commissione, raccomandò al Consiglio di adottare una strategia globale di rilancio europeo, consistente in politiche nuove. Nell'ottobre 1981 venne presentato dalla Commissione un documento sugli “orientamenti sull'agricoltura europea”, il cui punto principale era che gli agricoltori dovevano essere coscienti e dichiarati “corresponsabili” per una produzione eccessiva e incontrollata.
Venne avviato il processo di riforma della PAC e, due anni dopo, il Consiglio adottò la prima decisione che recepiva le proposte della Commissione.
Comunque, durante questo periodo di confronto politico aspro, ci fu un evento positivo, ovvero la firma del Trattato di adesione della Grecia il 28 maggio 1979. Il 1° gennaio 1981 la Grecia entrò nella CEE, che ora era a 10.

7. L'avvento di François Mitterrand in Francia e di Helmut Kohl in Germania

Il 10 maggio 1981 François Mitterrand, segretario generale del Partito socialista, fu eletto Presidente della repubblica francese. Nel suo programma elettorale i temi europei erano trattati con freddezza e insufficienza. La vittoria socialista fu accolta con apprensione dagli ambienti comunitari, per il rischio che la tensione ideologica influenzasse il confronto tra la Francia e gli altri Paesi. Infatti inizialmente Mitterrand si dimostrò staccato nei confronti della costruzione comunitaria, concentrandosi sulle riforme interne. L'economia francese era in gravi difficoltà e il governo varò nel 1992 un piano di austerità. Jacques Delors, Ministro dell'economia, impose le discipline europee. Da allora Mitterrand maturò la sua visione europea e la partecipazione francese alla CEE riprese ad essere attiva. La crisi economica impone alla Francia di avvicinarsi all'Europa.
Il 24 maggio 1984 Mitterrand fece un discorso al Parlamento europeo a Strasburgo dove fece una confessione di fede ardente, quasi una conversione alle iniziative emerse nel corso della legislatura, in particolare il progetto Spinelli per un nuovo Trattato sull'unione europea. La politica francese mutò strategia, e c'era il desiderio di far corrispondere ad una situazione nuova un Trattato nuovo, che sarebbe andato a prolungare i trattati esistenti, senza sostituirsi a loro. Mitterrand in realtà voleva seguire la tradizione della diplomazia francese del dopoguerra, tornando al protagonismo francese e ridando primazia alla Francia.
Nel 1982 ebbe luogo un altro mutamento politico importante in Europa, perché finì la coalizione socialdemocratico-liberale in Germania, e si costituì una nuova coalizione formata da cristiano-democratici e liberali, guidata dal nuovo cancelliere Kohl. => Era finita, con l'uscita di scena di Schmidt, una fase della storia tedesca nella quale Brandt aveva cercato di riconciliare l'URSS con i Paesi del Patto di Varsavia. Grazie al successo di questa azione, crebbe il prestigio e il peso politico della Germania. Inoltre Schmidt riuscì a far accettare l'idea dell'importanza della lotta all'inflazione. Il nuovo ministro degli esteri del governo era il liberale Genscher, che negli anni '80 svolse un ruolo di primo piano delle vicende comunitarie. Bisognava, secondo lui, che la politica estera tedesca tornasse a considerare prioritario il quadro comunitario, e bisognava far recuperare allo storico accordo franco-tedesco l'originale rilievo politico.

8. Il Consiglio europeo di Fontainebleau e l'adesione di Spagna e Portogallo

All'inizio del 1984 la Francia assunse la presidenza semestrale del Consiglio. Si dimostrò così ostile a qualsiasi riforma della PAC che ciò aggravò le contrapposizioni già dure tra Stati membri. Tuttavia sarà proprio la Francia ad avviare la riforma della PAC. Finalmente si iniziarono a limitare gli automatismi e gli aiuti della PAC, cause prime delle eccedenze produttive e degli sperperi finanziari. Vennero fissate “soglie di garanzia” per i prodotti eccedentari, ovvero i limiti quantitativi di produzione oltre ai quali cessavano le garanzie per i produttori. Vennero introdotte delle vere e proprie quote di produzione per 5 anni, per i prodotti del latte. Le misure adottate furono criticate duramente dal mondo agricolo, soprattutto in Francia, dove si denunciò il duro colpo che ne avrebbe ricevuto il reddito agricolo.
Risolto il problema PAC, ora il Consiglio europeo poteva affrontare gli altri che bloccavano ogni ripresa comunitaria, a cominciare dalla correzione britannica.
I capi di Stato e di governò della Comunità si riunirono a Fontainebleau nel giugno 1984 per approvare alcune misure per affrontare gli squilibri di bilancio. La differenza tra quanto il Regno Unito avrebbe versato come IVA e quanto avrebbe ricevuto sarebbe stato compensato per 2/3. Venne anche deciso di incrementare le risorse proprie della CEE, fissando il massimo di versamento dell'IVA da parte degli Stati all' 1,4 % invece che all'1 %. => Il compromesso fu un successo per la Thatcher. Ottenne il diritto alla compensazione finanziaria permanente.
Poi sempre a Fontainebleau si esaminò lo stato dei negoziati tra CEE e Spagna e Portogallo, candidati all'adesione. Tali negoziati erano in corso ormai da 5 anni, ma c'erano dei nodi difficili da risolvere, su questioni quali pesca e agricoltura. La Spagna era stata ai margini della storia europea del dopoguerra, durante la dittatura di Franco, mentre in Portogallo c'era una dittatura, ed era un Paese periferico e quasi dimenticato. Il Portogallo era stato ammesso all'EFTA, la Spagna invece era rimasta fuori da qualsiasi Trattato europeo dal dopoguerra. Nel 1970 però in Spagna venne siglato un accordo commerciale, che sembrava il preludio dell'adesione alla CEE: tale accordo facilitò l'evoluzione verso la democrazia. Nel luglio 1977, il governo spagnolo presentò domanda di adesione alla CEE.
Il Portogallo presentò richiesta formale di adesione nel marzo 1976, dopo 3 anni dalla rivoluzione dei garofani, quindi dalla fine della dittatura. Tuttavia erano i militari, artefici di tale rivoluzione, che governavano ancora il Paese, in un clima di forte tensione.
Iniziarono così i negoziati, e la Commissione evidenziò come i due Paesi presentassero difficoltà di adattamento, dimostrandosi scettica. La maggior incertezza riguardava le prospettive di aumento di eterogeneità in seno alla CEE, in quanto Spagna e Portogallo erano diversi rispetto al nucleo fondatore. La Francia temeva che l'agricoltura dei 2 Paesi sconvolgesse un sistema già sotto pressione, e compromettesse gli equilibri dei mercati agricoli, già fragili.
Nel 1982 ci fu una svolta nei negoziati con la Spagna, dove si insediò un nuovo governo guidato dal socialista Gonzales, a cui stava a cuore il rilancio dei negoziati. Egli voleva accelerare i tempi del negoziato anche perché la Spagna aveva aderito all'Alleanza Atlantica nel maggio '82. Gonzales poté contare sulla “solidarietà socialista” di Mitterrand, a cui stava a cuore la risoluzione dei problemi che attanagliavano la CEE. Alla fine si giunse a risultati positivi, e vennero fissati dei periodi di tempo per la transizione al mercato agricolo: 7 anni per la Spagna e 10 per il Portogallo.
Finalmente il 12 giugno 1985 venne firmato l'atto di adesione a Madrid e a Lisbona, e il 1° gennaio 1986 Spagna e Portogallo diventavano membri CEE.

 

 

9. La Dichiarazione solenne di Stoccarda del 19 giugno 1983 e la genesi del progetto Spinelli

Fontainebleau aveva dimostrato che i tempi erano maturi per un rilancio politico della CEE. Genscher aveva tentato di rilanciare l'unione politica, ravvivando la presenza tedesca nella CEE dopo che il successo della Ostpolitik e il distaccato atteggiamento di Schimdt sembravano aver ridotto l'interesse tedesco verso l'integrazione. Nel settembre 1981 il governo tedesco approvò la proposta di Genscher, a cui si era associata l'Italia con Emilio Colombo, europeista Presidente del Parlamento europeo nonché ministro esteri. Cosa proponeva questo progetto? Un “Atto” contenente principi-guida destinati alle istituzioni comunitarie per realizzare progressi nell'integrazione economica e rafforzare la cooperazione politica. Dopo 5 anni dall'approvazione dell'Atto, un trattato avrebbe creato l'Unione europea. Si prevedeva, tra le altre cose, di conferire al Consiglio europeo poteri di orientamento nella CEE e di ampliare i poteri del Parlamento europeo in campo legislativo. Questo documento però ebbe vita difficile per la crisi comunitaria e l'ostilità della Thacther. Durante il Consiglio europeo di Stoccarda nel giugno 1983 venne raggiunto un compromesso, con la “Dichiarazione solenne sull'Unione europea”. La Dichiarazione di Stoccarda costituì una rivelazione chiara di un profondo disagio costituzionale. Tale Dichiarazione precedette il progetto Spinelli e l'avvio dell'ampio negoziato dal quale nacque l'Atto unico europeo.
Il Parlamento europeo tentò fin dalla prima legislatura di diventare protagonista della vita comunitaria. Parlamento e consiglio hanno entrambi poteri di bilancio e partecipano all'approvazione del bilancio. A differenza dei bilanci nazionali, quello della CEE è un bilancio di entrate. Il problema principale era la preponderanza delle spese agricole sul totale e l'insufficienza delle risorse destinate ad altre politiche comunitarie. Nel dicembre 1979 il Parlamento fece qualcosa di inatteso e coraggioso, ovvero rigettò il progetto di bilancio. => Pur non aprendo un conflitto istituzionale, ciò causò un ritardo di 6 mesi nell'approvazione del bilancio.
Alla fine del confronto tra Parlamento e Consiglio, nel maggio 1980, Spinelli invitò il Parlamento europeo a farsi carico della riforma CEE e di proporre modifiche istituzionali di fondo. Secondo lui il Parlamento avrebbe dovuto nominare un gruppo di lavoro che elaborasse un progetto sulle riforme necessarie, che poi avrebbe dovuto essere votato sotto forma di Trattato: ecco che nasceva il dibattito sul Trattato sull'Unione europea, che sarà l'atto politico più importante della prima legislatura del Parlamento europeo. Spinelli, deputato che apparteneva al Partito comunista italiano, militava a favore di un'Europa federale. Dopo il fallimento della CED e della Comunità politica, Spinelli si era però convinto che un'Europa federale non sarebbe potuta nascere dall'azione delle diplomazie, ma che occorresse riprendere la lotta federalista in Italia e in Europa, attraverso il “Congresso del popolo europeo”. Solo così si sarebbe potuti arrivare alla Costituzione europea. Secondo Spinelli, le nuove strutture federali dovevano sopprimere o ridurre i poteri nazionali tradizionali, che erano portatori di discordie. Il suo “ottimismo rivoluzionario” faceva trasparire una cultura di origine marxiana. Spinelli non aveva mai riconosciuto il metodo e le iniziative monnetiane; a suo dire l'Europa non poteva farsi con il prudente gradualismo dei funzionalisti, perché essi erano influenzati dagli interessi nazionali contrapposti.
Nel gennaio 1970 Spinelli fu nominato commissario europeo, compito che svolse molto bene, dimostrando grande spirito di iniziativa. Non è che avesse voltato la faccia ai suoi ideali, conformandosi, semplicemente riconobbe che il contesto comunitario era il sole nel quale poteva proseguire un'azione efficace. Poi nel maggio 1976 uscì dalla Commissione per presentarsi alle elezioni italiane anticipate; una volta eletto, il Partito comunista l'avrebbe nominato al Parlamento europeo. Nonostante egli era stato espulso dal PCI 30 anni prima, ora questo partito aveva abbandonato da anni ogni opposizione di principio all'opposizione europea. Una volta eletto al Parlamento europeo, Spinelli riprese il suo progetto politico.

10. Il contenuto del progetto Spinelli e la sua fine immeritata

Spinelli voleva convincere i deputati europei della possibilità di esercitare un potere costituente. Per questo scopo, riunì altri deputati nel Club del coccodrillo (dal nome del ristorante di Strasburgo dove si riunivano). Tale club discusse molto fino a presentare un progetto di risoluzione, sottoscritto da 170 deputati, che proponeva la creazione di una Commissione ad hoc incaricata di preparare un progetto di Trattato che contenesse il quadro dei nuovi compiti della CEE. La risoluzione, approvata il 9 luglio 1981 dall'Assemblea, dette vita alla Commissione istituzionale che avrebbe dovuto elaborare il progetto di Trattato. Ma Spinelli comprese che non avrebbe mai ottenuto dal Parlamento la maggioranza necessaria per approvare una costituzione federale. La Commissione fu d'accordo sulla necessità di un nuovo Trattato, che creasse una nuova entità con maggiori competenze e nuove procedure istituzionali. Il nome “Unione europea” non era un'invenzione, ma era stato evocato nei documenti ufficiali CEE fin dal Vertice di Parigi del 1972. La Commissione discusse i capitoli del futuro Trattato, formulando una proposta di risoluzione sui contenuti del progetto. Il documento fu approvato e il testo finale fu adottato dal Parlamento il 14 febbraio 1984. Quali erano le caratteristiche salienti del progetto di Trattato? La volontà di creare qualcosa di nuovo che assorbisse l'acquis communautaire e semplificasse azioni e procedure. Alle istituzioni, che rimanevano le stesse, si sarebbe aggiunto il Consiglio europeo. Cambiava l'equilibrio delle istituzioni, con un rafforzamento dei poteri del Parlamento, che avrebbe avuto un potere associato a quello del Consiglio, e una Costituzione federale definitiva in cui il Consiglio avrebbe funzionato da Senato della Federazione. Il progetto inoltre articolava bene le competenze esclusive dell'Unione e quelle concorrenti degli Stati membri. Veniva introdotto il “principio di sussidiarietà”, che fu inserito in un contesto prefederale, come elemento attivo del sistema.
Il progetto prevedeva che l'Unione agisse con due metodi diversi, quello dell'azione comunitaria e quello della cooperazione.  Non  si poteva infatti unificare in una sola e diretta competenza le questioni riguardanti la politica estera. La cooperazione era il metodo da seguire nelle materie che sfuggivano alle competenze esclusive o concorrenti dell'Unione, in politica estera, e nelle questioni politiche ed economiche della sicurezza. Con questo metodo era il Consiglio l'istituzione responsabile della politica estera.
Il Trattato avrebbe dovuto essere ratificato dai Parlamenti di tutti gli Stati membri della CEE; si voleva però evitare che l'intera procedura di approvazione fosse bloccata dal rifiuto di alcuni Paesi a ratificarlo, e quindi si decise che il Trattato avrebbe comunque potuto entrare in vigore.
Il progetto Spinelli fu sostenuto da Mitterrand in un discorso di fronte al Parlamento europeo il 24 maggio 1984, anche se fu un discorso ambiguo. Poi però durante il Consiglio europeo di Fontainebleau il progetto Spinelli non fu discusso seriamente. Venne prevista la creazione di un Comitato ad hoc (Comitato Dooge), composto da rappresentanti personali di Capi di Stato e di governo, con il compito di formulare suggerimenti per migliorare il funzionamento della cooperazione europea nel settore comunitario e in quello della cooperazione politica. Fu prevista anche la creazione di un altro Comitato per promuovere e rafforzare l'immagine della Comunità presso i suoi cittadini e nel mondo. => Fu chiaro che con la decisione di creare i due Comitati ad hoc il Consiglio europeo accantonava il progetto di Parlamento europeo.
Tale progetto, inviato ai Parlamenti nazionali, fu approvato in Italia, Germania e Belgio. Ma d'altra parte questo progetto non fu mai oggetto di vero e serio dibattito.
Il progetto Spinelli ebbe il grandissimo merito di aver sollevato le aspirazioni alla riforma in un periodo di crisi della CEE.

 

 

 

 

 

Capitolo 4. Il completamento del mercato comune e l'atto unico europeo

1. Una sentenza decisiva della Corte di giustizie e le nuove iniziative per il completamento del mercato comune

Il 20 febbraio 1979, al termine della causa “Cassis di Digione”, la Corte di giustizia emise una sentenza che influenzò lo sviluppo della costruzione comunitaria. La Corte definì per la prima volta gli ostacoli alla libertà degli scambi, che erano contrari alle norme del Trattato ed erano sopravvissuti all'applicazione delle regole sull'unione doganale. Tali ostacoli furono individuati nei “regolamenti nazionali suscettibili di ostacolare gli scambi intercomunitari”. Questo principio arricchì l'ordinamento comunitario, e da quel momento gli Stati non potevano più addurre scuse per mantenere o instaurare norme dirette alla limitazione degli scambi. => Dovevano essere aperte le frontiere a tutti i prodotti provenienti dai Paesi in cui circolavano liberamente. Erano ammesse deroghe solo nella necessità di soddisfare esigenze imperative, di salute pubblica, protezione dei consumatori o dell'ambiente..In seguito allo choc petrolifero del 1974, gli Stati erano stati incoraggiati dall'introduzione di norme che rendevano difficile importare dagli altri Paesi prodotti particolarmente sensibili. La sentenza della Corte spezzò quest'inerzia comunitaria, sollecitando le istituzioni comunitarie a rispettare i doveri imposti dal Trattato, al fine di sviluppare l'integrazione. La pronuncia della Corte fu un evento storico che ha contribuito al rilancio del completamento del mercato comune.
All'inizio degli anni '80 la Commissione riprese con vigore l'iniziativa per perfezionare il mercato interno. Si sentiva il bisogno di approfondire la libera circolazione delle merci. Gli Stati membri erano stati spinti dalle crisi del '73 e '79 ad adottare misure protezionistiche. Tutti questi ostacoli al commercio costituivano minacce al mercato comune. Da quel momento, il tema del completamento del mercato interno ebbe un posto centrale nell'agenda comunitaria.
Nel 1984, la Commissione presentò un documento che individuò i settori in cui sarebbe stata necessaria un'azione per raggiungere l'obiettivo del mercato interno. Il piano prevedeva l'eliminazione, entro 2 anni, degli ostacoli alla libera circolazione di capitali, servizi e persone.
Il completamento del mercato unico era una priorità politica, senza il quale non ci sarebbe stato un rilancio della CEE. Come sottolineò il Comitato Dooge nel suo primo rapporto al Consiglio europeo di Dublino (dicembre 1984), la condizione primaria per una riforma della CEE era l'instaurazione di uno spazio economico interno omogeneo. La creazione di un mercato interno europeo costituiva la tappa essenziale verso l'obiettivo finale dell'Unione economica e monetaria auspicata dal 1962.

2. La nuova Commissione presieduta da Jacques Delors e il Libro Bianco sul completamento del mercato interno

Il 6 gennaio 1985 entrò in funzione una nuova Commissione presieduta da Jacques Delors, che successe a Thorn. Delors fu avvantaggiato dalla Presidenza di Mitterrand, che negli ultimi tempi era molto attivo in seno alla CEE. In quel momento la crisi della CEE era stata risolta, e la congiuntura economica era migliorata. Delors, socialista di estrazione cristiano-sociale, aveva espresso al Parlamento europeo l'idea di un'Europa a “geometria variabile” => In modo molto pragmatico, egli credeva che non fosse possibile una costruzione ideologica dell'Europa, a causa dei contrasti insuperabili dei Paesi membri; puntava quindi ad un'integrazione settoriale. Delors si impegnò molto per rafforzare la Commissione, indebolita da una lunga crisi. Nel gennaio 1985 pronunciò un discorso al Parlamento europeo a Strasburgo, in cui trasparì il suo approccio pragmatico: disse che il completamento del mercato interno si sarebbe dovuto realizzare entro il 1992. Egli fu sostenuto dall'industria europea, anch'essa interessata al completamento del mercato comune. Il Presidente della Philips, Dekker, aveva parlato al Parlamento europeo presentando il programma “Europa 90”: sicuramente ciò era una novità, considerando che dagli anni '60 la CEE era stata guardata con scetticismo dalla grande industria. Il programma Europa 90 prefigurava il prossimo Libro bianco della Commissione, e poneva particolari accenti suoi settori di maggior interesse per l'industria. A Cockfield, Vicepresidente britannico, fu affidato il portafoglio del mercato interno nella nuova Commissione: si occupò dei settori interessati al completamento del mercato interno. Egli ebbe notevoli meriti nei lavori che hanno condotto all'elaborazione del Libro bianco sul completamento del mercato interno, documento che ha segnato profondamente l'evoluzione della CEE.
Il programma contenuto nel Libro bianco prevedeva l'abolizione, entro 7 anni, delle frontiere fisiche, tecniche e fiscali all'interno della CEE.
La Commissione aveva ipotizzato una soppressione totale delle frontiere geografiche, perché  l'unico modo per giungere al mercato unico era che non ci fossero più controlli alle frontiere. L'eliminazione degli ostacoli agli scambi passava per l'abolizione delle vere frontiere. Era stata la Corte di giustizia ad aver introdotto il principio della libera circolazione delle merci. Si stava avviando anche la liberalizzazione dei servizi. Un altro importante settore era l'armonizzazione delle qualifiche professionali e universitarie. La Commissione propose un sistema di riconoscimenti dei diplomi, basato sul principio della fiducia reciproca tra Stati membri. Altra questione era l'armonizzazione fiscale.
Per realizzare gli obiettivi politici del Libro Bianco, quindi il mercato interno, era necessario modificare le regole del voto al Consiglio, dov'era prevista l'unanimità. In totale, in 7 anni si sarebbero dovuti approvare 292 direttive e regolamenti.
Il Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 1985, sotto presidenza italiana, approvò l'obiettivo dell'attuazione dell'unità completa del mercato interno.

3. La preparazione del Consiglio europeo di Milano: i rapporti del Comitato Dooge e del Comitato Adonnino

Il Consiglio europeo di Fontainebleau del giugno 1984 aveva incaricato due comitati distinti di predisporre delle relazioni che facessero delle proposte per il rilancio della CEE. I due rapporti finali, quello del Comitato Dooge (sui problemi istituzionali) e Adonnino (sull'Europa dei cittadini), furono presentati al Consiglio europeo di Bruxelles; e poi discussi al Consiglio europeo di Milano.
Il rapporto Dooge delineava gli obiettivi prioritari dell' Unione europea:
-creazione di uno spazio economico interno omogeneo e di una Comunità tecnologica
-sostegno a formazione e ricerca
-potenziamento dello SME, attraverso il coordinamento delle politiche e la liberalizzazione dei movimenti di capitali
-protezione dell'ambiente
-promozione dei valori culturali comunitari
Per quanto riguarda gli aspetti istituzionali, la maggioranza del Comitato Dooge propose di sostituire il voto all'unanimità del Consiglio con il voto a maggioranza, qualificata o semplice; ma non tutti erano d'accordo.
Inoltre il rapporto proponeva che il Parlamento europeo fosse associato ai processi legislativi, e che i suoi poteri fossero rafforzati. Infine si suggerì di convocare una Conferenza dei rappresentanti degli Stati membri, per negoziare un Trattato sull'Unione europea.
I rappresentanti di G.B, Danimarca e Grecia espressero riserve sul rapporto Dooge.
Il rapporto Adonnino invece si concentrava sulle misure volte a rafforzare e promuovere l'identità e l'immagine della CEE in Europa e nel mondo. I temi trattati erano i diritti dei cittadini, la cultura, la comunicazione, l'informazione, la gioventù, l'istruzione, gli scambi, lo sport, i gemellaggi. Il primo modo per migliorare la partecipazione dei cittadini alla vita comunitaria era con una migliore informazione.
Al Consiglio europeo di Milano, i Capi di Stato e di governo si sarebbero pronunciati su 3 documenti:
progetto di Trattato sull'Unione europea e del Parlamento europeo
rapporto del Comitato Dooge
rapporto del Comitato Adonnino
Prima del Vertice di Milano ci fu un acceso dibattito sulle riforme istituzionali. Il Parlamento voleva dare importanza al progetto Spinelli, che giuridicamente riteneva più completo rispetto alle proposte del Comitato Dooge. Se il progetto Spinelli era un tentativo di redazione completa di una costituzione federale, il rapporto Dooge prevedeva uno sviluppo graduale della CEE, secondo la logica funzionalista.

4. Il Consiglio europeo di Milano

Con l'avvicinarsi del Consiglio di Milano, le posizioni dei governi iniziarono a chiarirsi. Andreotti, Min.Est. Italiano, disse che il governo italiano era favorevole all'elaborazione di un Trattato sull'Unione europea, e alla convocazione di una Conferenza per negoziare la riforma CEE. In Francia, invece, era cambiato l'umore dell'opinione pubblica, lontana dalle posizioni federaliste espresse da Mitterrand nel 1984: pur dichiarandosi favorevole al completamento del mercato unico e alla creazione di uno “spazio sociale europeo”, la Francia riconobbe la necessità di rispettare il voto a maggioranza. Il Cancelliere tedesco Kohl disse che Francia e Germania avevano deciso di presentare congiuntamente agli altri Stati membri un progetto di Trattato sull'Unione europea; questo documento fu importante perché conteneva riferimenti alla questione della sicurezza europea. Anche la G.B. presentò un documento importante, che riprendeva le idee espresse nel memorandum l'Europa: l'avvenire. La Thatcher aveva dichiarato che non si poteva ammettere alcuna modifica alle disposizioni vigenti in materia istituzionale, e che la CEE doveva adottare misure per migliorare l'efficienza comunitaria. Per quanto riguardai i meccanismi decisionali, il memorandum britannico proponeva un gentleman's agreement, che prevedeva l'astensione dei governi contrari quando si fosse creata una maggioranza forte in favore di una proposta della Commissione.
Il principale obiettivo politico britannico era quello di impedire qualsiasi riforma dei Trattati e il rafforzamento del ruolo politico della CEE.
Il Consiglio europeo di Milano si aprì in un momento di ottimismo in Europa e nel mondo. La recentissima nomina di Gorbacev a Segretario generale del PCUS fu considerato come foriero di cambiamenti. Tuttavia, il Consiglio deliberò in uno stato di confusione e diffidenza. I britannici furono sorpresi dalla proposta franco-tedesca in materia di unione politica.
Se il compromesso di Lussemburgo aveva stravolto le regole del Trattato sul voto a maggioranza, il compromesso di Milano rese possibile il voto all'unanimità.
Se nella prima giornata di discussione del Consiglio non si giunse ad alcun risultato, alla cena dei Ministri degli esteri ci fu la svolta. Andreotti disse chiaramente che l'Italia non avrebbe accettato soluzioni minimaliste.
La mattina dopo, con sorpresa di tutti, Kohl presentò un documento in cui chiedeva una Conferenza intergovernativa per la riforma dei Trattati. Mitterrand appoggiò la sua posizione, e anche Benelux e Italia. La Thatcher si oppose alla proposta della presidenza, ma il risultato del voto vide G.B., Danimarca e Grecia in minoranza. => cocente umiliazione britannica
Il mandato della Conferenza intergovernativa era la preparazione di un progetto di Trattato su una politica estera e di sicurezza comune, in base ai progetti franco-tedeschi e britannico, e di modificare il Trattato CEE in modo da attuare gli adeguamenti istituzionali riguardanti il processo decisionale del Consiglio, il potere esecutivo della Commissione e i poteri del Parlamento europeo.
Il Consiglio europeo accolse positivamente il Libro bianco sul completamento del mercato interno, che sarebbe dovuto essere realizzato entro il 1992. Si diceva inoltre che era necessario estendere il voto a maggioranza qualificata per le decisioni sul mercato interno, ma questo avrebbe costretto i governi a violare il Compromesso di Lussemburgo.

5. Il negoziato di Lussemburgo

Sarebbe stato ora compito della presidenza lussemburghese convocare la Conferenza intergovernativa (CIG), in cui si sarebbero trattati i seguenti punti:
-miglioramento delle procedure di decisione del Consiglio
-rafforzamento del potere di esecuzione della Commissione
-aumento poteri Parlamento europeo
-estensione delle politiche comunitarie a nuovi campi d'azione
Queste proposte si ispiravano alle idee dei Comitati Dooge e Adonnino. La Presidenza doveva ora chiedere i pareri di Commissione e Parlamento.
Il Parlamento fu molto critico, perché sottolineò la mancanza di coerenza del Consiglio europeo, che aveva preconizzato 4 tipi di procedure per la revisione dei Trattati esistenti. Il Parlamento chiedeva di essere rappresentato al tavolo dei negoziati, comunque alla fine diede parere favorevole alla convocazione della CIG. Anche la Commissione si dichiarò favorevole alla CIG, e insisteva per una ripresa coerente dei negoziati, che trattassero tutte le questioni senza distinzioni.
Ma il Consiglio era dell'idea che non ci fosse alcun riferimento all'unicità del futuro Trattato, e che invece ci fossero due tavoli distinti, da una parte quello della revisione del Trattato e dall'altra quello relativo alla cooperazione politica. I negoziati sarebbero stati condotti da 2 gruppi distinti. Se la Commissione era ammessa ai lavori, non era prevista la presenza di rappresentanti del Parlamento europeo.
Delors pensava che l'istituzione dell'UE non si potesse concepire senza riconoscere l'interdipendenza dei problemi della politica estera e della sicurezza da un lato, e di quelli economici, finanziari e monetari dall'altro. Egli proponeva di integrare i risultati della Conferenza in un unico atto giuridico.
In seno alla CIG si delinearono due fronti opposti:
-Benelux, Italia e Irlanda favorevoli alle soluzioni del rapporto Dooge e alle proposte del Parlamento europeo
-Francia e Germania non volevano profonde modifiche istituzionali
La maggioranza dei ministri infine acconsentì alla proposta della Commissione di giungere all'Atto Unico.
Nel definire le linee strategiche per lo sviluppo dell'integrazione economica, Delors subordinò le riforme istituzionali alla definizione dei nuovi obiettivi CEE. In merito al processo decisionale, la logica prevedeva il voto a maggioranza per gli obiettivi definiti dai Trattati. La Commissione sollecitava inoltra un rafforzamento dei poteri del Parlamento. La logica di Delors era ambiziosa ma funzionalista (tra Spinelli e Monnet, si richiamava a Monnet).
La CIG durò 3 mesi, e la base dei negoziati fu costituita dalla proposte che provenivano dalla Commissione.
In merito ai poteri del Parlamento europeo, 3 erano gli schieramenti:
1. notevole aumento dei poteri anche a scapito del diritto di iniziativa della Commissione (tedeschi e italiani la pensavano così
2. status quo (francesi, britannici e danesi)
3. conciliazione di un aumento dei poteri del Parlamento con il mantenimento delle prerogative della Commissione (Benelux e Commissione)
In ottobre il Parlamento europeo votò una risoluzione in cui denunciava la frammentazione del negoziato e il rifiuto della CIG di tenere conto del progetto di Trattato del Parlamento. Questa risoluzione però non ebbe alcun effetto sulla CIG, quindi l'Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo lanciò un appello ai Capi di Stato e di Governo esprimendo il proprio disaccordo sui risultati dei lavori preparatori e sottolineando che senza la realizzazione dell'Unione europea non ci sarebbe stato un decisivo rafforzamento della CEE. Piuttosto che un compromesso senza significato, il Parlamento preferiva continuare la riflessione. Ma il Consiglio europeo non tenne conto di questa sollecitazione.
Alla vigilia del Consiglio europeo di Lussemburgo fu raggiunto l'accordo, dopo che il 1° min. Britannico istruì la delegazione britannica di collaborare attivamente a rivedere il Trattato. Cosa si decise? Che ci sarebbe stato un allargamento del voto a maggioranza per le materie legate al completamento del mercato interno, eccetto le questioni riguardanti fiscalità e persone. Il Trattato sarebbe stato integrato da nuove politiche sottoposte a decisioni unanimi. Inoltre, nel nuovo Trattato non ci sarebbe stato un capitolo specifico sull'Unione monetaria.
Ora i Capi di Stato e di governo dovevano perfezionare gli accordi raggiunti dai Ministri degli esteri. Si decise di attribuire al Parlamento europeo un potere rafforzato di emendamento in seconda lettura di tesi legislativi, ma era la Commissione a restare il cardine del dialogo con il Consiglio, a cui aspettava la decisione finale. => Il negoziato di Lussemburgo diede i suoi frutti, e quasi tutti ne furono soddisfatti.
La Thatcher aveva cancellato l'umiliazione di Milano, perché le riforme istituzionali più importanti erano limitate al mercato interno, che era l'obiettivo primario del governo britannico. Solo in un secondo momento la Thatcher capì che l'Atto unico avrebbe messo in moto un ingranaggio di riforme istituzionali della CEE molto più profonde. Delors e Andreotti furono soddisfatti in modo limitato, e compresero che il Parlamento avrebbe reagito in modo negativo. Ciò poteva apparire paradossale, dal momento che Delors era il vero vincitore, avendo ottenuto soddisfazione su molti degli obiettivi principali.
L'Atto Unico rafforzava la Commissione e riaffermava l'approccio funzionalista, l'unico in grado di consolidare la coesione dei Paesi fondatori. La rinuncia all'approccio federalista del Parlamento era il prezzo da pagare per contrastare il disegno governativo della G.B. Neppure Craxi fu soddisfatto dei risultati della CIG, e disse che l'Italia si riservava di esprimersi dopo aver conosciuto il parere del Parlamento europeo.
Il Parlamento si pronunciò dopo un dibattito pieno di scoraggiamento e delusione. Non era stato possibile arrivare ad una codecisione del Parlamento in materia legislativa, perché c'era ancora impreparazione ad un'evoluzione così rapida verso l'Unione europea. Tuttavia l'Atto Unico aveva portato a piccoli progressi, e il Parlamento cessava di essere un organo puramente consultivo.
La risoluzione, votata dal Parlamento l'11 dicembre, sollecitava un'estensione della cooperazione tra Parlamento e Consiglio e invitava a giungere ad una procedura di codecisione.  Ma c'era un clima di stanchezza evidente e il Consiglio non approvò modifiche ai testi approvati. I lavori della CIG si conclusero così con l'adozione dell' “Atto unico europeo”. Il 1° gennaio 1986 la Presidenza del Consiglio passava ai Paesi Bassi.
Il Parlamento danese rigettò i risultati del negoziato, e chiese al Governo di riaprire le trattative. Il governo allora fissò un referendum per il 27 febbraio 1987, che diede risultati positivi, approvando l'Atto unico.

6. L'Atto unico europeo: la riforma delle politiche comunitarie

L'Atto unico europeo si può definire come il 1° grande tentativo di riforma del Trattato di Roma, verso un futuro possibile di integrazione politica. Due erano le materie del testo:
-quella comunitaria
-quella di cooperazione politica
Il completamento del mercato interno diventava un obiettivo della CEE, per la cui realizzazione erano previste specifiche norme. Si prevedeva di modificare l'articolo 100 del Trattato, in modo da introdurre la decisione a maggioranza qualificata per le questioni riguardanti  il funzionamento dello spazio europeo senza frontiere. Invece per le questioni riguardanti la fiscalità, la libera circolazione delle persone e i diritti e interessi dei lavoratori, si manteneva il voto unanime.
Se prima dell'Atto unico meno di 1/3 delle decisioni previste potevano essere adottate a maggioranza, dopo l'Atto unico il rapporto saliva a ¾. => aumento decisioni a maggioranza
L'Atto unico dette una veste giuridica formale alle politiche comunitarie che non erano previste originariamente nei Trattati, come quella sull'ambiente, la ricerca, la politica regionale.
L'Atto unico prevedeva lo sviluppo di una politica comune in materia di ricerca; l'obiettivo era rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria europea, e favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale. 
In materia di cooperazione nell'ambito della politica economica e monetaria, si registrarono numerosi contrasti. In passato tutte le decisioni in materia di cooperazione monetaria erano state prese mediante atti intergovernativi. La maggior parte degli Stati erano d'accordo ad inserire nel Trattato le procedure dello SME, a cui però la G.B. non partecipava. Ci si limitò a dire che “la cooperazione monetaria avrebbe dovuto tenere conto delle esperienze acquisite grazie alla cooperazione nell'ambito dello SME e allo sviluppo dell'ECU.”
L'Atto unico introdusse una specifica competenza comunitaria in tema di politica sociale. Il Consiglio poteva decidere a maggioranza qualificata in tema di miglioramento dell'ambiente di lavoro, tutela della sicurezza e salute dei lavoratori.

7. L'Atto unico: le riforme istituzionali e la cooperazione politica europea

Le modifiche istituzionali previste dall'Atto unico europeo non erano solo per il Consiglio, ma anche per il Parlamento, al quale è stato attribuito un potere di “parere conforme” per gli accordi di adesione, di associazione e cooperazione con i Paesi terzi e quelli in via di sviluppo.
Venne istituita una procedura di cooperazione legislativa tra Parlamento e Consiglio, applicabile alle decisioni prese a maggioranza qualificata nei settori del mercato interno, politica sociale, coesione economica e sociale e della ricerca. => Si prevedeva cioè una doppia lettura delle proposte della Commissione da parte di Parlamento e Consiglio. Se il Consiglio non voleva accettare gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo, doveva votare la proposta con voto unanime.
Per quanto riguarda la cooperazione politica, 2° capitolo dell'Atto unico, venne enunciato il principio della coerenza delle politiche esterne della CEE e degli Stati membri.
Venne creato un segretariato, indipendente dalle strutture comunitarie, con lo scopo di assistere la Presidenza nella preparazione e attuazione delle attività di cooperazione politica europea.

8. Il primo pacchetto Delors

L'Atto unico entrò in vigore il 1° gennaio 1987, dopo che tutti gli Stati membri depositarono gli atti di ratifica. Solo il governo britannico si espresse completamente a favore dei risultati della CIG, nonostante le concessioni che dovette fare. Secondo la maggioranza dei parlamentari europei, invece, proprie concessioni rendevano il risultato insoddisfacente. Era fallito il tentativo di giungere ad un Trattato istituente l'Unione europea. Spinelli usò questa metafora: “del grosso del pesce, ci hanno lasciato solo la lisca”. Eppure a distanza di pochi anni i problemi lasciati irrisolti dalla CIG tornarono sul tavolo del negoziato con rinnovato vigore.
Nel febbraio 1987 Delors presentò al Parlamento europeo il programma di lavoro Portare l'Atto unico al successo, elaborato dalla Commissione. Si trattava del Pacchetto Delors, delle misure per dotare la CEE delle risorse necessarie per attivare le azioni al fine di realizzare gli obiettivi dell'Atto unico. 4 erano tali azioni:
1.politica agricola adattata al nuovo contesto mondiale
2.politiche comunitarie che avessero un reale impatto economico
3.risorse proprie stabili
4.un'efficace disciplina di bilancio
Entro il 1992 bisognava stabilire un nuovo equilibrio nella struttura delle spese, in modo che per tutti gli Stati membri fosse possibile attuare il mercato unico. Bisognava modificare il sistema del bilancio comunitario. La Commissione prevedeva nuove categorie di entrate oltre a dazi doganali e prelievi agricoli. Per la prima volta la Commissione (l'esecutivo comunitario) presentò al Consiglio un programma pluriennale con ipotesi di riforma della struttura del bilancio comunitario. Questa fuga in avanti, ancora prima dell'entrata in vigore dell'Atto unico, appariva ingegnosa. Delors voleva passare alla storia come il promotore di un cambiamento del contesto sociale della CEE.
Il pacchetto Delors fu presentato al Consiglio europeo di Bruxelles nel giugno 1987, e da subito fu chiaro che la sua approvazione non sarebbe stata facile.
La Thacther era reticente a discutere globalmente, e il clima era di tensione.
Quando poi il 1° gennaio 1988 la Germania di Kohl assunse la Presidenza della CEE, ci fu una svolta per la volontà tedesca di far uscire i negoziati dall'impasse. Si accordò alla G.B. un prolungamento della compensazione di bilancio, così ora la G.B. non poteva più rifiutare il pacchetto, incentrato su 3 cose:
1.economia sulla spesa agricola
2.nuove risorse
3.raddoppio dei fondi strutturali
Si decise anche che le spese agricole non avrebbero potuto superare i 2/3 delle uscire di bilancio: questo diede impulso ad una seria riforma della PAC. Furono introdotti gli stabilizzatori, misure per adattare la produzione agricola ai bisogni del mercato, e vennero fissate le quantità annue garantite per cereali e altri prodotti.  Un provvedimento di grande impatto politico fu la messa a riposo dei terreni.

9. L'avvio dell'attuazione dell'Atto unico e il rapporto Delors sull' Unione economica e monetaria

Nel giugno 1988 si svolse ad Hannover una nuova sessione del Consiglio europeo; il clima era più disteso. I Capi di Stato e di governo riconobbero l'irreversibilità del completamento del mercato interno. Utilizzando le regole di voto dell'Atto unico, erano state adottate 1/3 delle misure programmate del Libro bianco. La Commissione presentava le proposte al Consiglio, il quale dimostrava una determinazione all'approvarla.
Ad Hannover il Consiglio europeo affidò ad un Comitato ad hoc, presieduto da Delors l'incarico di studiare e di proporre tappe concrete per giungere all'obiettivo dell'Unione economica e monetaria. Di questo comitato facevano parte Presidenti e governatori delle Banche centrali, una grandissima novità nella storia comunitaria.
Rispettando la scadenza, al Consiglio europeo di Madrid del giugno 1989 Delors consegnò il rapporto sulla realizzazione dell'unione economica e monetaria. 3 erano le condizioni da soddisfare per realizzare questa unione:
-totale e irreversibile convertibilità delle monete
-completa liberalizzazione dei movimenti di capitali
-eliminazione dei margini di fluttuazione e tassi di cambio fissi
La prima condizione era un dato di fatto già da tempo; restavano le altre due. Delors proponeva un processo graduale in 3 tappe per giungere all'UEM:
-maggior coordinamento della politica economica e monetaria all'interno delle strutture esistenti + preparazione modifiche ai Trattati
-approvazione di un nuovo Trattato + avvio transizione verso la fase finale
-fissazione irrevocabile delle parità monetarie e trasferimento dei poteri alle istituzioni comunitarie, che sarebbero state allora responsabili della gestione della politica monetaria unica
Infine, la moneta unica avrebbe sostituito quelle nazionali.
Il Consiglio di Madrid accolse positivamente il rapporto Delors, e stabilì che la prima fase per la realizzazione dell'Unione economica e monetaria dovesse avviarsi il 1° luglio 1990. Sarebbe poi stata convocata una CIG per fissare le due tappe successive.
Il successivo Consiglio europeo si tenne a Strasburgo nel dicembre 1989: il clima era influenzato dagli avvenimenti dell'Europa dell'est.
Poiché la G.B. si oppose alla convocazione di una Conferenza intergovernativa per modificare i Trattati in vista delle tappe finali dell'UEM, il Consiglio europeo utilizzò la procedura inaugurata a Milano nel giugno 1985, ovvero prese la decisione a maggioranza, ai sensi dell'articolo 236 del Trattato. Il Consiglio europeo di Strasburgo approvò inoltre la “Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori”, rilanciando così la dimensione sociale dell'integrazione. Nonostante l'ostilità della G.B. (la Thatcher affermava che le ambizioni sociali della CEE travalicavano i suoi obiettivi istituzionali), il Consiglio diede impulso politico ai programmi di azioni presentati dalla Commissione per attuare la Carta sociale.
Dopo 2 anni dall'entrata in vigore dell'Atto Unico, ripartiva il processo di revisione dei Trattati, ormai bloccato da anni.
Ancora una volta toccò a Delors e Mitterrand proporre iniziative per la riforma della CEE. Delors rilanciò l'approccio federale, procedendo ad un'evoluzione radicale del suo pensiero.
Capitolo 5. La fine della guerra fredda e il Trattato sull'Unione europea

1. I rapporti tra CEE e blocco dell'est e le conseguenza della caduta di Berlino

La fine della guerra fredda ebbe ripercussioni sulla CEE, che era nata proprio nel pieno clima di guerra fredda. Il blocco dell'est, che aveva influenzato le iniziative di sviluppo dell'integrazione comunitaria e cercato di frenarne l'evoluzione, si sciolse. Nel 1957, mentre era in corso la ratifica dei Trattati di Roma, i sovietici enunciarono le 17 tesi, in cui si diceva che il mercato comune era frutto di un'alleanza delle forze reazionarie con i socialisti di destra e il Vaticano; e che la CEE era la base economica della Nato. Secondo le 32 tesi sull'integrazione imperialista dell'Europa occidentale, presentate nel 1962, il mercato comune era nocivo allo sviluppo mondiale degli scambi. => Queste tesi rimasero la dottrina ufficiale dell'URSS e dei Paesi del Patto di Varsavia, costituendo la base ideologica del rifiuto del riconoscimento della CEE. All'inizio degli anni '70, l'URSS tentò di promuovere rapporti tra la CEE e il COMECON; rapporti che se già all'inizio erano difficili, divennero impossibili dopo l'intervento sovietico in Afghanistan.
C'era un divario enorme tra le condizioni socio-economiche dei satelliti sovietici e i Paesi ad economia di mercato.
Nel giugno 1984, quando un anno prima dell'avvento di Gorbacev era chiaro che qualcosa stava cambiando, iniziò una nuova fase di Trattative tra CEE e COMECON, il quale si ammorbidì. Con l'avvento di Gorbacev, era chiaro che l'URSS avrebbe mutato la sua politica tradizionale nei confronti della CEE.
Il 25 giugno 1988 CEE e COMECON iniziarono rapporti ufficiali, con la firma di una dichiarazione congiunta a Lussemburgo. Tuttavia questo accordo non fu molto utile, perché ora che erano liberi dalla morsa sovietica, i Paesi dell'est volevano negoziare direttamente con la CEE. Gorbacev voleva riformare la gestione centralizzata dell'economia, e consentire alle imprese di avere rapporti con quelle occidentali. Perché ciò fosse possibile era necessario riformare il sistema politico.
Il 1989 fu l'anno in cui prese avvio una nuova trasformazione della CEE. Per i Paesi del Patto di Varsavia, l'Europa occidentale era una terra privilegiata, guardando la quale acuiva in loro il senso di ingiustizia.
Come reagirono i principali protagonisti della CEE nei confronti del cambiamento in atto nel mondo sovietico?
In Francia riemersero le paure di una riunificazione tedesca.
I tedeschi affermarono sempre l'assoluta fedeltà alla CEE e la loro volontà di rilancio dell'integrazione europea.
L'estate 1989 ci fu un'accelerazione brusca del flusso migratorio tra le 2 Germanie. L'8 novembre vennero aperte le frontiere.
Il 28 novembre Kohl presentò al Bundestag un piano in 3 tappe in vista di un'eventuale riunificazione tedesca. Ma egli non si era consultato con la Francia, alla quale la Germania era legata dal patto di cooperazione politica. In un incontro con Gorbacev, Mitterrand lo sollecitò ad opporsi alla riunificazione tedesca: si trattò di una richiesta disperata, fatta proprio a colui che quell'unificazione l'aveva resa possibile. Inoltre, chiedendo aiuto all'URSS, la Francia aveva dimostrato di credere di essere ancora una potenza continentale i cui interessi erano diversi da quelli dei vicini, idea che era appartenuta a De Gaulle. Ma ormai l'unificazione tedesca era inevitabile.

2. La riunificazione tedesca

All'inizio del 1990 l'unificazione tedesca non era ancora stata decisa nei tempi e nei modi. Nella Repubblica democratica tedesca si tennero le prime elezioni libere, vinte dal Partito cristiano-democratico di Lothar de Maizières: il nuovo governo di coalizione si dichiarò favorevole ad una Germania unita membro NATO e CEE.
La riunificazione tedesca avvenne molto velocemente: il 1° luglio entrò in vigore l'UEM che introdusse il Deutsche Mark nella Germania orientale; Gorbacev dichiarò a Kohl che l'URSS non si opponeva più all'appartenenza della Germania unita alla NATO. Il 31 agosto 1990 a Berlino est venne firmato il Trattato di unificazione tra le 2 Germanie. Il 3 ottobre 1990 la riunificazione tedesca fu consacrata con una festa nazionale.
La Germania fece diverse professioni di fede europeista, manifestando la propria disponibilità verso i dibattiti sull'integrazione comunitaria. => Questo atteggiamento di rassicurazione verso gli alleati europei ebbe un impatto forte nella fase preparatoria dei negoziati dell'Unione europea.
Francia e Germania fecero un'iniziativa congiunta, sollecitando la convocazione di una CIG sull'unione politica. Si tenne una riunione straordinaria del Consiglio europeo a Dublino, in cui si discusse dell'unificazione tedesca e si rassicurò la Germania sulla disponibilità dei partner alla partecipazione della Germania alla NATO. Il Consiglio europeo si disse compiaciuto del fatto che l'unificazione tedesca avvenisse sotto un tetto europeo. A Dublino venne dunque risolta la questione tedesca e venne avviato un processo di riforme istituzionali.

3. Il secondo Consiglio europeo di Dublino e la guerra del Golfo

Dopo molti anni, in seno alle istituzioni comunitarie si tornò a riparlare di unione politica, della possibilità di trasformare la CEE in una vera entità politica. La spinta al mutamento della CEE poneva l'esigenza di rielaborare i principi fondanti dell'integrazione europea, riaprendo la disputa sul federalismo e mettendo in discussione il metodo monnetiano. Al secondo Consiglio europeo di Dublino fu deciso di convocare una CIG sull'unione politica, che si sarebbe dovuta aprire a metà dicembre 1990.
Nell'ottica britannica, la CIG avrebbe dimostrato l'impossibilità di creare legami federali tra i 12. Mitterrand, al contrario, appoggiava un sistema a modalità federale. Poiché le posizioni francesi erano condivise dalla maggior parte degli Stati membri, la Thatcher annunciò che avrebbe posto il veto.
Il Consiglio europeo di Dublino sancì il parallelismo tra unione politica e UEM.
Quando scoppiò la guerra del Golfo, l'opinione pubblica europea sostenne indirettamente la trasformazione della CEE in una vera entità politica: questo perché la CEE si era mossa con maggior tempestività dell'ONU, condannando l'aggressione irachena contro il Kuwait e decidendo l'embargo. => Prova che il coordinamento politico aveva funzionato alla perfezione, mentre il coordinamento militare avvenne in seno all'UEO.
Ma gli americani di Bush erano inflessibili, e non permettevano interferenze europee. La crisi perciò mise in evidenza come l'azione della CEE non avrebbe potuto assumere una dimensione politica percepibile, a meno che non si fossero modificati i meccanismi esistenti. Agli occhi del mondo era come se l'Europa non fosse esistita.
La crisi del Golfo servì quindi a spronare gli europei verso una vera unione politica.

4. La nuova Germania nella CEE

Il 3 ottobre 1990 i 5 nuovi Lander tedeschi entravano nella CEE. I tedeschi avevano un obiettivo federale, e la loro posizione esprimeva una continuità con la tradizionale visione tedesca verso la costruzione comunitaria.
Il mutamento della CEE con l'UEM doveva essere fatto seguendo i principi ispiratori della politica economia tedesca, ovvero con una disciplina economica che garantisse la stabilità dei prezzi.
La riunificazione tedesca dava una spinta alla revisione delle regole politiche dell'integrazione.
Da cos'era motivata questa spinta verso un'unione federale? Dalla necessità di dare un supporto politico e istituzionale all'unione monetaria e dall'esigenza di una nuova politica unitaria in Europa, dopo il crollo sovietico. Per la Francia questo sarebbe stato un modo per rafforzare l'accordo franco-tedesco e rinnovare le motivazioni che erano state alla base dell'invenzione comunitaria.
Anche il Benelux era d'accordo. Idem Spagna e Portogallo, Irlanda e Grecia, sebbene le loro economie non fossero forti come quella tedesca.
Diversa era la posizione di Danimarca e G.B. La G.B. era contraria a qualsiasi innovazione che modificasse le regole istituzionali stabilite dall'Atto unico, e considerava l'unione monetaria un obiettivo irraggiungibile. Inoltre la classe politica britannica temeva l'accresciuta potenza tedesca.
L'Italia era caratterizzata dal tradizionale entusiasmo comunitario.

5. I due Consigli europei di Roma

Durante il semestre italiano (luglio-dicembre 1990), la CEE attraversò una fase di grande fervore, sia perché era in corso la preparazione delle CIG, sia per la Guerra del Golfo.
A novembre si riunì a Parigi il Vertice CSCE che consacrò la fine della guerra fredda.
La presidenza italiana lavorò sodo per convocare le CIG, andando contro la reticenza britannica.
Alla vigilia del Vertice, Thatcher denunciò ironicamente l'incapacità dei governi a trovare un accordo sulla riforma della PAC, la sola politica comune esistente, dicendo che prima era necessario accordarsi su essa, e poi eventualmente occuparsi di “disegni grandiosi” come l'unione monetaria e politica. Tuttavia grazie ai lavori preparatori il Consiglio europeo definì le linee direttrici della CIG.
Iniziò a delinearsi la futura Banca centrale europea. La 2° fase dell'UEM sarebbe dovuta iniziare il 1° gennaio 1994.
Il Consiglio europeo si chiuse con successo, e la Thatcher sottolineava il segnale forte rivolto all'Iraq dall'unità dei 12. Tale Consiglio fu l'ultima occasione per la Lady di Ferro di battersi contro tutto e tutti, dato che poi il 22 novembre 1990 si dimise. I conservatori inglesi temevano la perdita di consenso da parte dell'opinione pubblica, che criticava sempre di più la posizione economica e sociale della Thatcher. => Da quel momento la posizione britannica in Europa non sarebbe più stata come prima, se non altro perché il nuovo premier non avrebbe avuto né la forza né lo stile della Thatcher. Il nuovo primo ministro era John Major: egli partecipò all'ultimo Consiglio europeo prima dell'apertura dei negoziati per il nuovo Trattato.
Il 14 dicembre 1990 si aprì a Roma il Vertice dei Capi di Stato e di Governo, che avrebbe discusso i documenti sulla CIG riguardanti l'unione politica.
Si discusse di politica estera e di sicurezza comune, di difesa, di “cittadinanza europea”, di affari interni e giustizia.
Al Consiglio europeo di dicembre venne deciso quindi il mandato da conferire alle 2 CIG, quella sull' UEM e quella sull'unione politica (in merito a quest'ultima, molte delle opzioni rimanevano aperte).
John Major mantenne un profilo basso e a favore della gradualità, invece che un'ostilità manifesta. Ciò produsse un mutamento di atmosfera.
Oltre alle 2 CIG, il Consiglio europeo discusse anche delle relazioni con l'URSS e i Paesi dell'est. La CEE doveva impegnarsi per sostenere il processo di democratizzazione e l'avvio di un'economia di mercato in quei Paesi e nell'URSS, dove era iniziato un processo di dissoluzione dell'Impero. La struttura imperiale più vasta della storia si stava rapidamente smembrando, a causa del collasso delle strutture interne, che non avevano resistito alla Perestrojka. La CEE quindi doveva darsi una nuova politica nei confronti dell'URSS e dei Paesi satellite.
Secondo i tedeschi, la CEE doveva sostenere l'URSS, e la Germania avrebbe dovuto svolgere il ruolo di cerniera. => Con questa novità, si esaurivano per sempre le velleità francesi a svolgere un ruolo privilegiato nei rapporti con l'URSS.
Nel dicembre 1990 solo i Paesi Baltici avevano acquisito l'indipendenza.
Le cose erano cambiate dal 1988, quando era stato firmato l'accordo CEE-COMECON: tale accordo ormai era irrealizzabile, e si avviarono negoziati con Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria per una futura adesione alla CEE.
Il Consiglio europeo di dicembre confermò la priorità politica dei negoziati coi Paesi dell'Europa centrale, annunciando aiuti finanziari a loro favore. Per la 1° volta la CEE enunciava una politica complessa e coerente, per orientare gli avvenimenti al di fuori delle sue frontiere.

 

6. I primi negoziati sull'Unione politica e il progetto lussemburghese

Il Lussemburgo, che assunse la presidenza del Consiglio il 1° gennaio 1991, dovette condurre le 2 Conferenze intergovernative. Era stato il Lussemburgo a portare a buon fine le trattative per l'Atto unico. Le 2 CIG si aprivano le pieno della crisi del Golfo, mentre erano evidenti le difficoltà del cambiamento in Europa orientale.
I primi mesi della CIG furono caratterizzati da incertezza e confusione delle delegazioni nazionali.
In merito alla struttura istituzionale complessiva, la Commissione europea propose che l'Unione si sostituisse alle Comunità esistenti e fosse titolare di tutte le nuove competenze, compresa la politica estera e di sicurezza comune. Kohl e Mitterrand erano a favore di una vocazione federale dell'Unione.
Francia e Germania volevano studiare i modi per arrivare a una difesa europea comune. L'UEO doveva diventare una specie di “braccio militare” dell'Unione, senza pregiudicare il funzionamento della NATO. Regno Unito e Paesi Bassi non erano d'accordo, in quanto temevano che questo potesse indebolire l'Alleanza Atlantica.
Un altro tema delicato riguardava le procedure decisionali nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune: la G.B. contestava il voto a maggioranza nelle decisioni di principio. Sempre i britannici si opponevano all'introduzione di nuove competenze, al rafforzamento delle norme sociali.
Gli spagnoli sollecitarono un rafforzamento degli strumenti comunitari esistenti, per aiutare le regioni sfavorite.
Nell'aprile 1991 la Presidenza del Lussemburgo presentò un progetto di Trattato sull'unione politica, in cui veniva riproposto il problema della struttura dell'Unione, che si sarebbe dovuta articolare su 3 pilastri:
1. Comunità europea, che avrebbe inglobato CECA, CEE e EURATOM
2. politica estera e di sicurezza comune
3. nuove competenza intergovernative sugli affari interni e la giustizia
La Commissione fece degli emendamenti al progetto lussemburghese.
Il premier lussemburghese Santer preparò un compromesso, parlando di un “processo graduale che avrebbe condotto ad un'Unione a vocazione federale”. Il riemergere della parola “federale” dopo 50 anni era una novità significativa, ma il Regno Unito continuò ad essere rigido, segno che la divergenza con gli altri Stati era profonda.
Venne anche affrontata la questione della Jugoslavia, dove la CEE inviò una missione ministeriale e attivò le procedure previste dalla CSCE per i tentativi di conciliazione.
Il 1° luglio 1991 il Lussemburgo assunse la Presidenza del Consiglio, che l'avrebbe portata a condurre le due CIG. Accadde una stranezza, ovvero che il governo olandese presentò un nuovo progetto di Trattato, che a differenza di quello già esistente (presentato dal Lussemburgo), che avrebbe dovuto costituire la base dei negoziati, prevedeva l'unificazione di tutte le competenze comunitarie e della cooperazione politica nell'ambito della CEE. La politica di sicurezza avrebbe dovuto essere complementare a quella della NATO. Con questa proposta, i Paesi Bassi volevano andare incontro alla G.B., facilitando il suo consenso sulla proposta di una struttura unica del nuovo Trattato.
Ma questa proposta olandese non aveva molte possibilità di successo, dato che per Danimarca e G.B. la struttura a 3 pilastri era la sola accettabile. => Il progetto olandese fallì e questo significò l'accettazione della struttura a 3 pilastri del Trattato.

7. La disputa sulla difesa europea

Nel frattempo in Jugoslavia era scoppiato un conflitto tra forze militari federali e forze della Repubblica di Croazia, che aveva dichiarato l'indipendenza. Nei Balcani c'erano degli osservatori europei, che dovevano tentare di far rispettare il cessate il fuoco. La CEE convocò una Conferenza di pace per settembre, le cui prospettive di successo erano però vane. La fine dell'URSS era ormai prossima, con la posizione di Gorbacev che si indeboliva sempre di più, e in Europa centrale c'erano difficoltà crescenti. In Germania dopo la riunificazione sorsero ingenti problemi economici e sociali, mentre i dirigenti tedeschi volevano giungere ad una conclusione positiva dei negoziati sull'unione politica e sull' UEM, che giudicavano necessarie per ancorare il Paese all'Europa. La Francia voleva porre le basi di una “difesa europea”, indispensabile per arrivare in futuro ad un'Europa meno atlantica, dopo la diminuzione della presenza militare americana.
Francia e Germania fecero un primo esperimento di forze armate europee con la Brigata franco-tedesca, per una difesa europea integrata. Ottobre 1991, Italia e G.B. notificarono una proposta congiunta sulla politica di sicurezza comune: si sottolineava come la politica europea in campo di sicurezza dovesse servire per rafforzare un'Alleanza atlantica riformata.
Cosa rendeva antinomiche la proposta italo-tedesca e quella franco-britannica?
La 1° proposta si basava sull'appoggio dell'UEO alla NATO, senza partecipare direttamente alla difesa europea.
La 2° proposta invece si basava sul fatto che l'UEO fosse parte integrante dell'Unione europea diventando lo strumento della politica di difesa europea.
L'iniziativa franco-tedesca, appoggiata dagli spagnoli, ricevette l'assenso degli americani al Vertice atlantico che si tenne a Roma nel novembre 1991: venne riconosciuto il ruolo importante delle strutture future di difesa europea. => Ciò sancì l'insuccesso della proposta italo-britannica.

8. Gli ultimi negoziati prima del Consiglio europeo di Maastricht

Si prevedeva che le CIG sull'unione politica e sull'UEM si dovessero concludere entro il Consiglio europeo di Maastricht del dicembre 1991. Non c'era un clima politico favorevole, a causa della recessione economica e dell'aggravarsi della crisi jugoslava, di cui la CEE risentiva. L'opinione pubblica europea provava disagio di fronte ai tentativi deboli europei di riportare la pace nei Balcani. L'Europa appariva debole e divisa di fronte alla crisi jugoslava, incapace di coordinamento politico.
Nel dicembre 1991 la presidenza olandese presentò un progetto di Trattato, in cui non era più prevista una struttura unica, e che prospettava la possibilità per uno Stato di sottrarsi a determinati obblighi in alcune materie (prospettiva secondo alcuni nociva per la CEE), il cosiddetto opting out, che creava la CEE a “due velocità”.
La prosecuzione del negoziato sull'UEM consentì alla presidenza lussemburghese di fissare le linee direttrici dell'UEM e la fisionomia del Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC).
Per quanto riguarda l'avvio della 3° fase dell'UEM, si scontravano due tesi opposte, quella degli economisti e dei monetaristi.
Economisti => per arrivare all'unione monetaria serviva un lungo periodo di preparazione, per arrivare alla convergenza ottimale delle economie degli Stati membri
Monetaristi => le politiche economiche si sarebbero integrate come conseguenza della rapida realizzazione dell'unione monetaria
La CIG seguì l'approccio del rapporto Delors, basato su un parallelismo tra azioni da condurre in politica economica e in politica monetaria.
Rimaneva aperta la questione dell' opting out, la clausola di non partecipazione alla fase finale dell'UEM, invocata dal Regno Unito.
Secondo gli oppositori a questa clausola, l'esenzione dalla “coercizione” di norme comunitarie avrebbe messo a repentaglio l'equilibrio complessivo dei diritti e doveri delle parti, in quella che era la fase definitiva dell'integrazione. Si temeva inoltre di dar vita ad un precedente pericoloso, che avesse riflessi sul funzionamento delle istituzioni. Il progetto completo del Trattato sull'UEM fu presentato il 28 ottobre 1991; spettava al Consiglio europeo di Maastricht affrontare la questione della procedura di transizione verso la fase 3, e la clausola di opting out.

 

9. Il consiglio europeo di Maastricht

I Capi di Stato di governo, riuniti a Maastricht, ci misero due giorni per raggiungere un accordo sul nuovo Trattato. Si decise che la 3° fase dell'UEM sarebbe iniziata al massimo entro il 1° gennaio 1999. Sull'unione politica, cadde l'espressione “a vocazione federale”, per l'opposizione britannica, danese e greca. Sulle questiono sociali, la Thatcher non aveva approvato la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, quindi per Major fu impossibile accettare le norme che avrebbero dato attuazione a quel documento. Cosa fu escogitato per superare l'opposizione inglese? La formula dell'opting out, per cui gli 11 avrebbero agito in materia sociale al di fuori delle regole del Trattato, sulla base di 2 protocolli che prevedevano decisioni a maggioranza. Si creava un'Europa a 2 velocità.
Ci furono accanite discussioni sulla PESC, e alla fine fu raggiunto un compromesso.
Sull'UEO, i Min. Esteri si accordarono sui rapporti tra Alleanza atlantica, unione europea e UEO. Il Consiglio europeo di Maastricht si concluse con un accordo su tutti i punti controversi e la soddisfazione di tutti. Il testo fu firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992.

10. Il Trattato sull'Unione europea: l'Unione economica e monetaria

L'unione europea nata dagli accordi di Maastricht è descritta come un'Europa a 3 pilastri:
-Il pilastro cardine è costituito dalla 3 Comunità europee (CEE, CECA, EURATOM), di cui furono estese le attribuzioni
-Il 2° pilastro riguarda la PESC, politica estera e di sicurezza comune
-Il 3° pilastro riguarda la cooperazione in materia di polizia e giustizia
Non sono pilastri omogenei tra loro, in quanto mentre il primo ha un carattere federale, gli altri 2 hanno tratti intergovernativi.
Il testo è importante perché riunisce tutti gli aspetti dottrinali che hanno caratterizzato l'evoluzione dell'integrazione europea in 40 anni.
Il Consiglio europeo è la vera “istituzione unica” dell'Unione, come organo decisionale supremo. L'UE è una struttura anomala in quanto non ha personalità giuridica.
La grande innovazione era la creazione dell'UEM, articolata in 3 fasi:
la 1° dall'1 luglio 1990 => avvio del processo di convergenza tra le politiche economiche
la 2° dal 1 gennaio 1994 => creazione dell'IME (Istituto monetario europeo), embrione della BCE
la 3° dal 1 gennaio 1997 o al massimo 1999 => l'IME si sarebbe trasformato in BCE, e un Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC) avrebbe riunito la BCE e le Banche centrali europee, con il compito di gestire la politica monetaria unica. Tale moneta non sarebbe entrata subito in vigore, ma solo dopo una prima fase in cui le monete nazionali avrebbero continuato a circolare.
Per passare alla 3° fase dell'UEM tutti i Paesi dovevano rispettare 5 parametri di convergenza:
1.rapporto deficit/PIL < 3 % e rapporto debito pubblico/PIL < 60 %
2.tasso di inflazione < 1,5 % a quello dei 3 Paesi più virtuosi
3.appartenenza alla banda stretta del meccanismo di cambio dello SME negli ultimi 2 anni
Per passare alla 3° fase dell'UEM, almeno 7 Paesi su 12 avrebbero dovuto rispettare questi parametri.

Le nuove competenze comunitarie e il principio di sussidiarietà

Il nuovo Trattato ampliava competenze esistenti, introducendone di nuove.
I 4 settori già esistenti che hanno subito modifiche istituzionali sono la politica di coesione economica e sociale, la politica sociale, la politica di ricerca e infine lo sviluppo tecnologico.
Fu discusso molto il principio di sussidiarietà, enunciato all'articolo 3B del Trattato di Maastricht: “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati nel presente Trattato. Nei settori che invece non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, solo se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e quindi possono essere meglio realizzati a livello comunitario”. Le competenze concorrenti erano tuttavia indicate poco chiaramente, e questo causerò aspri scontri sul principio di sussidiarietà.

12. La PESC  e la cooperazione negli affari interni e giudiziari

Le disposizioni previste dal Trattato sulla PESC erano ben al di sotto delle ambizioni franco-tedesche. Tuttavia, rispetto all'Atto unico furono fatti dei progressi. Gli Stati riaffermarono la volontà di coordinamento delle politiche nazionali e di ricerca di posizioni comuni in seno alla organizzazioni internazionali. In tema di procedure decisionali, fu previsto che il Consiglio adottasse le azioni comuni all'unanimità, eccetto per le questioni di procedura, dov'era ammesso il voto a maggioranza qualificata.
Venne riconosciuta la politica di sicurezza comune, che avrebbe potuto portare ad una politica di difesa comune. L'UEO avrebbe dovuto elaborare decisioni e azioni aventi implicazioni militari. In merito alla cooperazione negli affari interni e giudiziari, si prevedeva anche lo sviluppo di forme di cooperazione doganale e di polizia, e la creazione di un Ufficio europeo di polizia (EUROPOL).

13. La cittadinanza europea e le riforme istituzionali

Oltre all'UEM, la 2° innovazione di maggiore importanza del Trattato era l'introduzione della cittadinanza europea, secondo cui “è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”. Si rafforzavano i diritti di stabilimento, circolazione e soggiorno di cui godevano i Paesi membri e si introduceva il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni per il Parlamento europeo. Venne anche introdotto il diritto alla protezione consolare, che prevedeva, per un cittadino di uno Stato membro, il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari degli altri Paesi dell'Unione, qualora si trovasse in uno Stato terzo dove il suo Paese non avesse rappresentanze.
Un'altra novità era l'istituzione dell'Ombusman, il “mediatore comunitario”, che doveva tutelare le persone fisiche e giuridiche in caso di cattiva amministrazione delle istituzioni comunitarie.
Le disposizioni del Trattato di Maastricht sull'efficienza e la democrazia delle istituzioni comunitarie furono inferiori alle attese, e non colmarono del tutto il “deficit democratico”. Non furono definite meglio le attribuzioni della Commissione, il cui ruolo di esecutivo dell'Unione non le fu assegnato chiaramente.
Il sistema istituzionale disegnato dal nuovo Trattato non uscì nel complesso rafforzato, a causa soprattutto dello squilibrio globale della struttura a 3 pilastri.
Tuttavia alcune modifiche istituzionali furono fatte, in favore del Parlamento europeo, che ottenne, oltre alla procedura di consultazione e di cooperazione, quella di codecisione, per cui il Parlamento poteva approvare, insieme al Consiglio, atti legislativi comunitari. Inoltre venivano rafforzati i poteri di bilancio e veniva dato al Parlamento il diritto di veto su una serie di decisioni del Consiglio. La novità più significativa era la creazione del “Comitato delle regioni” che, composto di rappresentanti delle collettività regionali e locali, aveva una funzione consultiva nei confronti della Commissione e del Consiglio su tutte le materie di interesse regionale.
L'11 febbraio 1992, la Commissione presentò al consiglio il Pacchetto Delors II, un documento che definiva le misure per permettere l'entrata in vigore del Trattato dell'Unione. In particolare, fu avanzata la proposta di aumento delle risorse proprie della CEE del 5 % del bilancio annuo.

 

 

 

Capitolo 6. La difficile ratifica del Trattato di Maastricht e la nascita dell'Unione europea

1. Lo spazio economico europeo (SEE)  e la riforma della Politica agricola comune

Poco dopo la firma del Trattato di Maastricht, i 7 Paesi dell'EFTA (Austria, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia) firmarono a Porto un accordo con la CEE, per creare uno Spazio economico europeo (SEE). Era necessario favorire gli scambi commerciali tra le 2 organizzazioni.
Con la “Dichiarazione di Lussemburgo” del 1984 tra EFTA e CEE era stata prospettata la creazione di un mercato interno dei prodotti industriali per le 2 zone, più la cooperazione in vari settori oggetto di politiche comunitarie. Poi, su proposta di Delors, erano iniziati nel 1990 i negoziati per creare uno spazio economico integrato fondato su norme comuni. Venne introdotta una vasta cooperazione su molteplici settori. L'accordo di Porto era importante perché creò un mercato di 380 milioni di consumatori, il maggiore del mondo.
Nel frattempo era evidente come fosse necessario rifondare la PAC. Nel 1991 la Commissione presentò una proposta di radicale trasformazione della PAC, attraverso una riduzione delle protezioni. La riduzione dei prezzi agricoli rese i prodotti comunitari più competitivi. Ci sarebbero stati premi per la minore produzione, e il ricordo a misure di limitazione dello sfruttamento delle terre. Vennero anche introdotte misure che incoraggiavano l'uso di tecniche estensive rispettose dell'ambiente. => Cambiamento netto, che causò la rabbia del mondo agricolo, soprattutto francese, per la drastica riduzione delle quantità garantite e la messa a maggese delle terre precedenti. Inoltre, in un momento di crisi economica, la prospettiva di riduzione della manodopera era difficilmente accettabile. Così, tale riforma della PAC ebbe una certa influenza nella campagna per il referendum sulla ratifica del Trattato, proprio per l'influenza del mondo agricolo francese.

2. Il “no” danese e il Consiglio europeo di Lisbona

Nonostante la Danimarca non fosse mai stata troppo entusiasta del processo di integrazione europea, non ci si aspettava che non avrebbe ratificato il Trattato di Maastricht, il 2 giugno 1992. Furono proprio i cittadini danesi ad innescare la grande crisi del dopo-Maastricht. La Danimarca aveva aderito alla Comunità solo perché voleva mantenere una dipendenza economica con la G.B, pur sentendosi parte del mondo scandinavo per storia, cultura e tradizioni. Inoltre cresceva presso l'opinione pubblica l'insofferenza verso le istituzioni comunitarie, indicate come il capro espiatorio di tutti i mali dei pubblici poteri nazionali.
Il no danese fu un duro colpo in Europa. Mitterrand addirittura convocò un referendum per la ratifica del Trattato, sebbene ciò non fosse necessario dato che l'iter parlamentare era già stato compiuto. John Major, il cui gabinetto aveva deciso di aspettare le ratifiche degli altri Paesi prima di affrontare la camera dei comuni, dove c'era l'ala euroscettica del Partito conservatore, si trovò in difficoltà.
Iniziò una discussione sul principio di sussidiarietà, sulla necessità di definire meglio le competenze comunitarie e quelle nazionali, che non erano delimitate in modo chiaro.
Si discusse anche sulla trasparenza, ovvero l'accessibilità per i cittadini alle decisioni prese a livello comunitario. => La CEE non svolgeva sufficiente attività di informazione e comunicazione istituzionale. Solo con le campagne elettorali per eleggere il Parlamento europeo si era iniziato ad operare per informare i cittadini. Quello che mancava alla CEE era un rapporto diretto e permanente con i corpi intermedi della società.
Nel giugno 1992, in un clima di smarrimento politico, si tenne il Consiglio europeo di Lisbona. Si fece il possibile per evitare la decadenza del Trattato di Maastricht, e si espresse la volontà di ratificarlo in modo che potesse entrare in vigore entro il 1° gennaio 1993.
Il Premier danese Polli Schluter dichiarò che il suo Paese si sarebbe espresso dopo il voto francese e la ratifica del Regno Unito. John Major disse però che i britannici avrebbero prima voluto vedere il comportamento danese.
Al centro dei lavori del Vertice c'era la crisi jugoslava: il Consiglio europeo dichiarò che la CEE non avrebbe riconosciuto la nuova entità federale costituita da Serbia e Montenegro. Venne confermata l'indipendenza della Bosnia. => Tuttavia il fatto che l'Europa non fosse in grado di agire con un intervento diretto acuì il sentimento di impotenza che provava la gente comune, la sensazione di inutilità dell'unità europea.
A Lisbona Jacques Delors fu confermato presidente della Commissione per altri 2 anni.

3. Il referendum in Francia e la crisi monetaria di settembre

Il 20 settembre era previsto in Francia il referendum per la ratifica di Maastricht. Sebbene inizialmente si pensava che avrebbero vinto i si, durante l'estate si profilò la possibilità che invece non sarebbe stato ratificato; questo fu dovuto anche al calo della popolarità di Mitterrand (dovuto al deteriorarsi dell'economia e all'aumento della disoccupazione). Riemergevano i temi tradizionali del nazionalismo francese. Gli oppositori di Maastricht volevano un'Europa diversa, in cui la Francia avrebbe potuto ritrovare il rango di prima potenza. Il governo mise in piedi una campagna di informazione, che fu determinante nella rimonta dei consensi, risvegliando l'opinione pubblica e accendendo gli animi del pubblico con i temi europei. Se avesse vinto il no il Trattato di Maastrich sarebbe finito; per fortuna vinse il sì con il 51, 01 % dei voti. La debole vittoria ebbe conseguenze nella reazione dei mercati finanziari, in cui si diffuse un pessimismo. Aumentava la pressione sullo SME, e il 22 settembre il governo italiano decise di svalutare la lira. Anche la sterlina uscì dallo SME. Il franco francese invece riuscì a resistere. L'unica cosa che teneva in vita la moneta unica era il legame del franco con il marco. Quanto accadde fu una durissima disfatta per la CEE. John Major voleva riformare lo SME, e riaffermare la coesione dei 12 dinanzi all'opinione pubblica. Si tenne quindi una riunione a Birmingham, in cui si discussero i principi di sussidiarietà, di trasparenza e di controllo democratico. La “Dichiarazione di Birmingham” che ne uscì era un atto solenne che conteneva impegni per una Comunità vicina ai suoi cittadini. => Si voleva dimostrare i vantaggi offerti dalla costruzione europea e dal Trattato di Maastricht.
Un mese dopo il no danese, la presidenza britannica guidò la CEE in uno dei periodi più turbolenti della sua storia, a causa della recessione economica che aveva colpito tutti gli Stati. Aumentava la diffidenza dei Paesi nei confronti della G.B., per il sospetto che i britannici non avessero rinunciato al loro progetto di ridurre l'integrazione europea ad una zona di libero scambio aperta agli USA. Nel frattempo la fazione euroscettica alla Camera dei comuni era pronta a dare battaglia per negare la ratifica del nuovo Trattato.

4. Il Consiglio europeo di Edimburgo

In questo 2° Consiglio sotto presidenza britannica, Major avrebbe dovuto rinegoziare il contributo del suo Paese al bilancio comunitario. Nel frattempo i danesi inviarono un documenti intitolato “La Danimarca in Europa”, in cui esprimevano la posizione di compromesso in merito all'entrata in Europa. Tale documento chiedeva una maggior trasparenza procedurale per avvicinare i cittadini alla CEE. Al Consiglio di Edimburgo, si raggiunse un compromesso con la Danimarca, le cui richieste furono accolte. Si riesaminò anche l'opting out danese. Si decise che il referendum danese si sarebbe tenuto nell'aprile o maggio 1993: era chiaro che se il risultato fosse stato negativo, la Danimarca sarebbe uscita dalla CEE.
I Capi di Stato di Governo definirono nuove norme per l'introduzione di sedute pubbliche del Consiglio. La CEE prometteva maggior chiarezza e vicinanza ai cittadini, e meno burocrazia. Ci si accordò poi sul finanziamento della CEE, di modo da consentire un aumento della base finanziaria, per costruire meglio l'Europa. Ci sarebbe stato un aumento del 72 % degli stanziamenti per le regioni in ritardo.
La PAC avrebbe pesato di meno, ma sarebbe rimasta comunque il capitolo più importante della spesa comunitaria (38, 3 miliardi di ECU nel 1999).
A Edimburgo Delors propose un rilancio dell'economia e dell'occupazione. Il Consiglio europeo decise anche la nuova ripartizione dei membri del Parlamento europeo, dopo la riunificazione tedesca. Venne decisa anche la sede delle istituzioni: Consiglio, Commissione e sedute straordinarie del Parlamento europeo a Bruxelles, sedute ordinarie a Strasburgo. Corte di giustizia e Segretariato del Parlamento a Lussemburgo.
Il Consiglio europeo di Lussemburgo si concluse positivamente.

5. L'entrata in vigore del mercato interno e il nuovo referendum danese

Il programma di rilancio della costruzione europea si rivelò un successo. L'eliminazione delle frontiere fisica era stata fatta quasi del tutto: mancava solo l'eliminazione dei controlli di polizia alle persone, che si sarebbe realizzata grazie all'accordo di Schengen, siglato nel 1985.
La caduta delle barriere fisiche fu molto importante, un traguardo senza precedenti. Tuttavia non fu festeggiata con entusiasmo, in un momento di crisi economica e della guerra a Sarajevo.
La popolarità di Mitterrand e del Partito socialista erano in calo. Venne eletto Balladur alle elezioni di marzo. A inizio 1993, il Consiglio europeo era sotto guida danese. Il governo di Schluter fu sostituito da uno presieduto da Rasmussen. Il nuovo governo si dette da fare nell'avvio dei negoziati di adesione con Austria, Finlandia e Svezia, sollecitando questi Paesi ad accettare tutto l'acquis comunitario.
Il 18 maggio 1993 si tenne il 2° referendum danese, che ratificò il Trattato con il 56,8 % dei si. Dopo pochi giorni, anche la G.B. approvò il Trattato.
Durante il Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993, la Commissione presentò un memorandum per rilanciare il dinamismo economico della CE,  e riattivare la solidarietà comunitaria. Otto erano le linee d'azione. Il Consiglio europeo accolse positivamente queste indicazioni e diede mandato alla Commissione di presentare un Libro bianco con una strategia a medio termine per crescita, competitività e occupazione.

6. La crisi monetaria dell'agosto 1993 e le vicende conclusive dell'Uruguay Round

A metà del 1993 l'Europa era in recessione. Per la 1° volta dal 1979, venne modificata la disciplina dei cambi. Si decise un allargamento del margine di fluttuazione del 15 %. La cooperazione monetaria subì un colpo durissimo.

7. L'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea e il compromesso di Losanna

Il Consiglio europeo di Bruxelles dell'ottobre 1993 approvò una dichiarazione solenne, che doveva accompagnare l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, in cui si diceva che esso avrebbe portato maggior prosperità economica, stimolato maggiori ambizioni esterne, arricchito l'Unione di maggior democrazia. Il 1° novembre 1993 nasceva l'Unione europea. Il Consiglio europeo disse che lo sviluppo della PESC avrebbe dovuto essere graduale e pragmatico. Venne avviato il Libro bianco della Commissione “Crescita, competitività e occupazione: le sfide da percorrere per entrare nel XXI secolo” , che esprimeva il Piano Delors presentato a Copenaghen. Bisognava affrontare la doppia sfida disoccupazione/inquinamento.
Il 1° gennaio 1994 iniziò la Presidenza greca all'UE. La Grecia era ostile alla politica europea nei Balcani, che riteneva potesse essere più incisiva. Uno degli obiettivi della presidenza greca era concludere i negoziati di adesione con Svezia, Finlandia, Norvegia e Austria, 4 Paesi a forte reddito, alto livello di vita e altamente presenti nella competizione commerciale europea.
L'allargamento avrebbe comportato una modifica dei meccanismi di funzionamento del Consiglio, in merito alla formazione della maggioranza qualificata. Si doveva definire la minoranza di blocco, ovvero il numero di voti necessario per bloccare una decisione: tale numero sarebbe dovuto passare da 23 nella CEE a 12, a 27 dopo l'allargamento a 16. Spagna e G.B. però si opponevano a questa prospettiva. Venne raggiunto il complicato compromesso di Ioannina.
Il 30 marzo 1994 furono firmati i Trattati di adesione. La Norvegia non entrò nell'Unione per una defezione in seguito al referendum di novembre, e ciò rappresentò un colpo alla compattezza della Scandinavia. Fu la Finlandia il Paese che registrò il più alto grado di approvazione all'adesione.

8. Il dopo-Delors e il dibattito sul futuro dell'Unione

Era necessario designare il nuovo Presidente della Commissione. Major non voleva assolutamente designare qualcuno che avrebbe proseguito la linea politica di Delors; egli voleva dimostrare ai suoi oppositori euroscettici che avrebbe contrastato qualsiasi deriva federale dell'Unione. I due candidati erano Lubbers e Dehaene, rispettivamente Premier dei Paesi Bassi e del Belgio. Era Dahaene il preferito, ma la G.B. si oppose perché lo riteneva un partigiano dell'Europa federale. Alla fine di una riunione ad hoc del Consiglio europeo, venne designato il Premier del Lussemburgo Jacques Santer. Major acconsentì, perché voleva diminuire rango, prestigio e autorità della Presidenza della Commissione dopo l'uscita di scena di Delors, federalista detestato.
Con le elezioni del 1994 entrò in carica un nuovo Parlamento europeo. La nuova Assemblea era diversa dalla precedente, nel numero e nella collocazione politica dei suoi membri. I deputati passavano da 518 a 597, e cambiava anche la composizione dei gruppi politici rappresentati in Parlamento, dopo la disfatta dei socialisti francesi, dei conservatori britannici e l'entrata in scena della nuova coalizione di destra in Italia. Santer doveva ottenere il gradimento del Parlamento prima di poter nominare gli altri membri della Commissione. Ottenne un voto positivo assai risicato. => Ciò evidenziò il profondo malessere dell'Assemblea nei confronti delle vicende che avevano portato alla designazione di Santer.
L'uscita di scena di Delors segnò la fine di un'epoca nella vita istituzionale dell'Europa comunitaria. La Commissione europea non era mai stata così incisiva, discussa e contestata (forse eccetto che nella presidenza Hallstein). Il tramonto di Delors era iniziato con la volontà di rivedere il ruolo della Commissione.
Si avvicinava il momento di discutere l'architettura della costruzione comunitaria. Nell'estate del 1994 la Germania aveva emanato un documento da cui emergeva come la priorità tedesca fosse l'allargamento dell'UE, intorno al 2000, a 5 Paesi dell'Europa centrale (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia). Questo perché avrebbe consentito un ritorno alla stabilità nell'Europa centrale, evitando che la Germania si trovasse in una posizione di disagio tra est e ovest. Per questo i vicini orientali andavano integrati.
Per giungere a questo consolidamento, si avanzò l'idea di un'Europa a “geometria variabile”: sarebbe cioè stato possibile accogliere rapidamente i Paesi dell'Europa centrale senza l'obbligo, per loro, di riprendere la totalità dell'acquis communitaire; inoltre sarebbe stato possibile, per gli Stati che l'avessero desiderato, accelerare il processo di integrazione. Questi ultimi Paesi, denominati del “nocciolo duro”, avrebbero dovuto operare per creare un'Unione economica e monetaria, e attuare una politica estera comune. Si affermava l'esigenza di un rapido avvio verso una struttura europea a carattere federale.
Il documento era rivolto in primis alla Francia, con la quale le relazioni tedesche si erano raffreddate.  Balladur propose di articolare le relazioni intereuropee in vari cerchi, il primo dei quali costituito dall'Unione. Gli altri cerchi, più settoriali, sarebbero stati destinati alla politica monetaria e alla difesa.
Il premier britannico respinse la proposta del nocciolo duro, perché riteneva che dovesse esistere un unico contesto. Secondo lui, bisognava stabilire una cooperazione intergovernativa escludendo ogni elemento sovranazionale.
Anche l'Italia respinse quest'idea di Europa a più velocità, offesa di essere stata collocata dalla Germania tra i Paesi minori.
Il semestre di Presidenza tedesca si concluse con il Vertice di Essen nel dicembre 1994. In quel Consiglio, a cui parteciparono per l'ultima volta Mitterrand e Delors, si evocò l'intenzione di aprire i negoziati con i Paesi dell'Europa centrale post-comunista.
L'uscita di scena di Delors, che non si candidò alle elezioni francesi, u una grave perdita per il futuro dell'Unione. Egli aveva privilegiato una visione “pragmatica” dell'integrazione europea. Riteneva necessario creare un meccanismo federatore per superare l'impotenza della cooperazione intergovernativa.

9. La nuova Commissione e il semestre francese

Nel 1995 entrò in funzione la nuova Commissione presieduta da Jacques Santer. Nel frattempo in Francia venne eletto Chirac alla Presidenza. Egli si impegnò per affermare la presenza francese sulla scena europea, soprattutto sul teatro balcanico, dove la situazione si era aggravata. I 12 non erano in grado di accordarsi sulla crisi. Quando poi l'UE sancì l'indipendenza della Bosnia avvenne l'internazionalizzazione del conflitto. Era difficile imporre una soluzione negoziata alle parti coinvolte, e il Congresso Usa rifiutò qualsiasi coinvolgimento diretto americano. La Francia propose allora di convocare una nuova Conferenza internazionale sulla ex Jugoslavia. => Fu l'inizio di una ripresa di iniziativa politica francese.
L'opinione pubblica europea fu molto scossa dal massacro di Sebrenica. Si decise quindi di accogliere la proposta francese di creare la Forza di reazione rapida in seno all'Alleanza atlantica; nel frattempo Clinton decise l'intervento di forze aeree Usa appartenenti alla Nato, che distrussero le forze serbo-bosniache. L'ottobre successivo entrò in vigore il cessate il fuoco in Jugoslavia. Il 21 novembre vennero firmati a Parigi gli accordi di Dayton. Questi accordi, a cui si giunse per lavoro americano (furono gli Usa a condurre le trattative) misero a nudo come l'UE fosse politicamente debole. Non era stata in grado di prendere l'iniziativa, anche per mancanza di consenso. Le procedure del Trattato di Maastricht in tema di politica estera e di sicurezza comune non avano dato alcun frutto, e la capacità operativa dell'UEO si era rivelata inconsistente.

10. La nuova politica mediterranea

I Paesi dell'area mediterranea fin dall'inizio si sono interessati al processo di integrazione europea. La CEE aveva intrapreso delle iniziative per concludere accordi bilaterali con questi Paesi.
Le istituzioni comunitarie hanno considerato a lungo l'obiettivo di una politica mediterranea coerente e globale: tuttavia la volontà di attuare davvero tale politica è maturata solo dopo l'adesione di Grecia, Spagna e Portogallo. L'unificazione tedesca ha reso evidente l'esigenza di un rafforzamento delle relazioni con i Paesi del Mediterraneo.
La Commissione propose di instaurare un partenariato euromediterraneo, ovvero legami negoziali multilaterali. Venne convocata una Conferenza euromediterranea, che si tenne a Barcellona nel novembre 1995: si prevedeva la creazione di un partenariato su 3 settori: politico e di sicurezza, economico e finanziario, culturale e umano. Fu anche prevista l'instaurazione di una zona di libero scambio entro il 2010.
Il 1° gennaio 1995 nacque l'UE a 15. Lo stesso giorno iniziò la sua attività l'OMC, che si sostituì al GATT. 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 7. il Trattato di Amsterdam e l'avvio dell'Unione economica e monetaria

1. Il cammino verso l'Unione monetaria

Nonostante il Trattato di Maastricht fissasse al 1997 l'inizio della 3° fase dell'UEM, nel 1995 ciò sembrava difficile da realizzare, a causa della crisi economica che stava colpendo l'Europa. In G.B. John Major sembrava preda degli euroscettici, in Italia, con Dini al governo, c'era una grave instabilità. Jacques Chirac allora prese l'iniziativa di ridare impulso all'UE durante il Consiglio europeo di Cannes del giugno 1995: si parlò di moneta unica e di politica europea per l'occupazione. La Commissione aveva presentato un Libro verde in cui faceva delle proposte per la fase di transizione verso la moneta unica, per convincere i più scettici. Il Consiglio ribadì che entro il 1 gennaio 1999 si sarebbe dovuto preparare il passaggio alla moneta unica. In Germania però l'opinione pubblica era preoccupata dall'idea di dover abbandonare il marco. Il Ministro delle finanze tedesco, Wagel, era dubbioso circa la capacità di alcuni Paesi, come l'Italia, di essere pronto per la moneta unica, per la quale era necessaria una garanzia di bilancio. Quindi in Germania ci fu questo dibattito sulla moneta unica, che si acuì nel 1996, quando iniziò una congiuntura economica negativa. Wagel disse anche che si sarebbe deciso quali Paesi avrebbero partecipato alla moneta unica sulla base dei risultati concreti del 1997, non sulla base di proiezioni. La Francia concordò con la Germania e questo portò al successo del Consiglio europeo di Madrid nel dicembre 1995. Le decisioni chiare adottate dal Consiglio ebbero effetti positivi sulle borse e sull'opinione pubblica, che cominciarono a credere alla nascita dell'euro (venne dato un nome alla moneta unica). La 3° fase dell'UEM sarebbe iniziata il 1° gennaio 1999, come previsto; dal 1° gennaio 2002 sarebbero state introdotte le banconote e monete in euro. Venne inoltre deciso che anche dopo la 3° fase di doveva continuare a garantire le discipline di bilancio e gli obblighi sulle finanze pubbliche.
All'inizio del 1996 passò all'Italia la Presidenza del Consiglio, solo che c'era una crisi politica che lasciava dubbiosi sulla capacità italiana di continuare gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche, compiuti negli anni '92-94 dai governi Amato e Ciampi. Nonostante la non ottimale congiuntura economica in Europa, i Paesi membri dimostravano di procedere rispettando i criteri di convergenza.
Il problema della crescita dell'occupazione fu al centro del Consiglio europeo di Firenze del giugno 1996, diretto da Prodi, che aveva da poco vinto le elezioni in Italia: non si riuscì però a definire una strategia comune sull'occupazione.
A fine giugno 1996, la Commissione europea indicò che gli unici Paesi che non avevano deficit eccessivi di bilancio erano Danimarca, Irlanda e Lussemburgo. Anche la Germania ora doveva impegnarsi a ridurre il disavanzo, e l'opposizione criticò il governo. Lo stesso in Francia, dove Chirac era sempre meno creduto dalla popolazione. In G.B., gli euroscettici avevano l'appoggio dell'opinione pubblica. In Italia, c'era tutta l'intenzione di arrivare alla moneta unica nella data prevista, e per questo Ciampi,. Ministro dell'economia, preparò una legge finanziaria per il 1997, che prevedeva riduzioni di spese e di disavanzo. L'Italia si impegnò davvero e a novembre rientrò nello SME.
La Commissione, nell'autunno 1996, preparò 2 proposte di regolamento, una sui programmi di stabilità a medio termine, un'altra sulle sanzioni in caso di disavanzo economico, per gli Stati che non avessero adottato correzioni.
Al Consiglio europeo di Dublino nel dicembre 1996 si discusse sul patto di stabilità, e si trovò una piattaforma d'intesa.
Nella primavera del 1997, la disoccupazione era a livelli altissimi, e ciò ebbe ripercussioni per le finanze pubbliche. In Germania, Kohl inasprì la politica di austerità. Anche in Italia il governo dovette fare pesanti tagli alle spese sociali. Secondo le previsioni della Commissione, il disavanzo italiano avrebbe superato il 3 % raggiungendo il 3,8 % nel 1998. => Prodi si arrabbiò moltissimo di fronte a questa insinuazione, perché ciò avrebbe implicato che l'Italia non avrebbe fatto parte dell'euro.
In Francia vinse la coalizione di sinistra alle elezioni, e Lionel Jospin, nuovo Presidente, poneva la condizione di un patto per l'occupazione e la crescita che accompagnasse il patto di stabilità. Ciò fece preoccupare i tedeschi. Il Consiglio europeo di Amsterdam tentò di prendere una decisione in proposito. Se le richieste francesi fossero state accolte, ciò avrebbe limitato l'indipendenza della BCE, e per la Germania questo non era accettabile. Alla fine si raggiunse un compromesso, con il “Patto di fiducia per un'azione per l'occupazione in Europa”, promosso da Santer; si decise che il coordinamento delle politiche economiche si estendesse anche alla politica sociale, all'occupazione, alle politiche strutturali. Per la prima volta si riconobbe che potevano essere previste misure europee per accrescere l'occupazione. Da quel momento si aprì un semestre denso di riunioni.
In G.B. il nuovo ministro Tony Blair disse che anche se il suo Paese non avrebbe partecipato alla moneta unica, non si sarebbe comunque opposto.

2. La nuova Conferenza Intergovernativa e il Trattato di Amsterdam

Maastricht aveva previsto di convocare una nuova Conferenza intergovernativa per il 1996: in generale si voleva una riforma istituzionale in vista dell'allargamento ad est, che assicurasse l'efficacia delle procedure e istituzioni comunitarie. La complessa struttura a 3 pilastri imponeva delle modifiche istituzionali. In previsione della CIG, iniziò a riunirsi un gruppo di lavoro guidato da Westendorp. Si decise in primo luogo che la Commissione avrebbe partecipato ai negoziati della CIG, mentre il Parlamento europeo sarebbe stato solo informato. La CIG si aprì a Torino il 29 marzo 1996, presieduta da Susanna Agnelli, Min.est.italiano. I temi del negoziato erano efficienza delle istituzioni, estensione delle competenze comunitarie, rafforzamento delle relazioni esterne. La CIG si svolse in un clima di svogliatezza e scarsa volontà, l'opinione pubblica era distratta e la situazione economia non migliorava.
Comunque, il Consiglio europeo di Amsterdam approvò lo stesso il progetto di Trattato, che venne firmato il 2 ottobre 1997, introducendo norme a carattere costituzionale con cui sono stati attribuiti nuovi diritti politici ai cittadini europei. Innovazioni significative furono:
-la competenza della Corte di giustizia di applicare le norme della CEDU
-la possibilità per il Consiglio europeo di constatare gravi violazioni dei diritti dell'uomo da parte di uno Stato membro, e la decisione di sospenderlo dall'esercizio di tali diritti
-i meccanismi di cooperazione rafforzata (la possibilità di approfondire l'integrazione tra una maggioranza di Stati membri, anche se c'era una minoranza contraria)
-la comunitarizzazione dei meccanismi di cooperazione istituiti dagli accordi di Schengen (il controllo delle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione e la cooperazione giudiziaria in campo civile sarebbero state disciplinate dal diritto comunitario)
Il Trattato di Maastricht aveva previsto che la CIG potesse riesaminare i meccanismi della PESC. Venne attribuita al Segretario generale del Consiglio la funzione di Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune.
In tema di procedure decisionali, il nuovo Trattato non apportava nulla di significativo, ma venivano mantenuti i complessi meccanismi decisionali istituiti dal Trattato di Maastricht.
Quello che mancò ad Amsterdam fu una comunanza di vedute tra Germania e Francia; l'asse comune non funzionò più. In Germania, a seguito della riunificazione, c'erano molte difficoltà; in Francia invece il passaggio da Mitterrand a Chirac e poi la vittoria inattesa di Jospin impedirono la comunanza di vedute che in passato aveva consentito di risolvere gravi difficoltà.
Con il Trattato di Amsterdam la fase costituente della vita comunitaria sembrava esaurirsi senza essere riuscita a dotare la costruzione europea di un testo fondamentale definitivo.

3. La strategia europea per l'occupazione

Il Consiglio europeo di Amsterdam aveva deciso che sarebbe stata convocata una riunione di Capi di Stato e di governo per discutere le possibilità di dotare l'UEM di nuove competenze e strumenti per sviluppare una strategia europea per contrastare l'occupazione. => avviare un coordinamento delle politiche per l'occupazione.
La Commissione e la Presidenza lussemburghese proposero al Consiglio la “strategia coordinata per l'occupazione”, che rifletteva le idee più volte espresse dal governo francese. Tale strategia prevedeva la definizione di direttrici comuni per orientare i piani nazionali contro la disoccupazione. Tuttavia, rispetto alle regole dell'unione monetaria, qui mancavano le sanzioni in caso di mancato rispetto degli impegni.
Nel dicembre 1997 si tenne il secondo Consiglio europeo di Lussemburgo, che affontrò alcune questioni delicate, come quella del Consiglio dell'euro, proposto dalla Francia. Si trattava di una riunione dei ministri dei governi partecipanti all'area euro. Ma gli Stati non partecipanti all'euro vi avrebbero partecipato o no? Comunque questo Consiglio, denominato Euro-x, non avrebbe avuto competenze in materia monetaria, ambito esclusivo della BCE. Si raggiunse un compromesso con cui tale Consiglio era definito un foro di discussione della gestione dell'unione monetaria. L'unico organismo istituzionale dell'UEM era il Consiglio ECOFIN.
Il futuro Consiglio europeo avrebbe dovuto decidere sull'allargamento dell'Unione; si trattava di Paesi diversi rispetto al nucleo originario. Si prospettavano negoziati lunghi e complessi. La Turchia non fu accettata al processo di adesione.

4. La presidenza britannica di un semestre epocale

Per il governo laburista la Presidenza era l'occasione di mostrarsi partecipativi agli occhi dei partner. Era un semestre importante, perché ne sarebbe uscita la lista dei Paesi partecipanti alla zona euro. C'era ancora l'incognita sulla partecipazione italiana alla moneta unica. Nonostante lo scetticismo, l'Italia fece sforzi impressionanti, e il deficit di bilancio si ridusse dal 6,7 al 3 % del PIL. Rimaneva comunque diffidenza verso la stabilità politica italiana. Alla fine la Commissione comunicò i risultati dell'esame della convergenza delle economie, lodando gli sforzi compiuti da quasi tutti gli Stati membri per combattere l'inflazione. Alla fine, disse che 11 dei 15 Stati erano considerati adempienti delle condizioni necessarie per adottare la moneta unica. Chi restava fuori era G.B., Danimarca, Svezia e Grecia.
Prima del Consiglio europeo di Bruxelles ci fu un aspro confronto tra Francia e Germania sulla Presidenza e composizione del direttorio della BCE. La Germania candidava Duisenberg, la Francia Trichet. La Francia si oppose alla candidatura tedesca perché dato che la BCE aveva sede a Francoforte, non poteva la Germania avere anche un suo candidato alla guida. L'insistenza francese arrivò anche ad influenzare negativamente l'atmosfera dello storico evento della nascita dell'euro. => Il lungo e duro confronto testimoniò come i rapporti tra Francia e Germania fossero mutati. Alla fine venne scelto l'olandese Duisemberg alla presidenza della BCE.
Il 1 luglio 1998 entrarono in vigore le nuove istituzioni monetarie della BCE: il Presidente e gli altri membri del direttorio e il Consiglio dei governatori.
Fu l'inizio di una nuova fase della costruzione europea, con la rinuncia di uno degli elementi essenziali della sovranità nazionale, la moneta.

5. I primi negoziati per il nuovo allargamento e la visione europea di Tony Blair

Chirac aveva proposto la Conferenza europea di Londra del marzo 1998 come “foro politico” per tutti i candidati all'adesione; si sperava che partecipasse anche la Turchia, dopo l'affronto subito in occasione del Consiglio europeo di Lussemburgo. Ma alla Conferenza la Turchia, ancora irritata per l'offesa del dicembre 1997, non partecipò. A Londra si parlò anche della situazione nei Balcani, dove era in corso una crisi. Per quanto riguarda l'ammissione di Cipro (divisa tra Grecia e Turchia), il Consiglio risolse la questione, dicendo che non era possibile integrare un'isola divisa tra greci e turchi. La decisione finale comunque sarebbe stata rinviata, presa all'unanimità dagli Stati membri.
Il 1 aprile 1998 poterono finalmente iniziare i negoziati ufficiali con i primi 6 candidati, che appartenevano alla zona dell'ex impero sovietico. I candidati furono irritati dalle lunghe procedure interne comunitarie.
In vista del Consiglio europeo di Cardiff, nel giugno 1998, Kohl e Chirac prendettero un'iniziativa comune, quella di inviare al Presidente UE, Blair, una lettera per dare avvio ad un dibattito aperto sullo stato attuale dell'integrazione europea e sulle sue prospettive. Si doveva dare nuovo slancio al principio di sussidiarietà, sollevando la questione dei limiti di competenza delle istituzioni europee. In realtà sia Chirac che Kohl avevano dei motivi interni: se il 1° voleva rabbonire gli euroscettici gaullisti, il 2° voleva rispondere alle preoccupazioni dei Lander sull'attrito tra le loro competenze. => Si trattava quindi di un'iniziativa di facciata, non certo di una proposta costruttiva e di rilancio.
Tony Blair allora decise di promuovere un dibattito sul futuro dell'Europa. Egli voleva assumere la leadership nell'UE, ma difficilmente in G.B. si sarebbe arrestata l'ondata euroscettica.
Il Consiglio europeo di Cardiff sembrò l'inizio di un processo di revisione politico-istituzionale, destinato ad avere effetti sulla vita dei Paesi europei nei mesi a venire.

6. L'avvicinamento all'euro

Si avvicinava la 3° fase dell'UEM, e spettava al governo austriaco, alla presidenza CEE dal 1° luglio 1998, stimolare l'attività necessaria alla sua entrata in funzione. Il Presidente della BCE ribadì come le prospettive fossero positive e come erano stati fatti progressi per il risanamento dei conti pubblici e del controllo dell'inflazione. Il 31 dicembre 1998 sarebbero stati fissati i tassi di conversione delle monete nazionali, e il 1° gennaio 1999 sarebbe entrato in vigore lo “Sme bis”, limitato alla corona danese e alla dracma greca.
In quell'anno uscì di scena Kohl, e venne eletto Schroeder nuovo cancelliere tedesco. Kohl fu uno dei protagonisti più tenaci ed efficaci della costruzione comunitaria; guidò la riunificazione tedesca in un momento molto difficile. Anche in Italia ci fu un cambio di governo, con l'arrivo di d'Alema e le dimissioni di Prodi. Prodi era riuscito a pilotare l'Italia verso la partecipazione all'UEM, imponendo grandissimi sforzi al Paese, ma ottenendo in quel modo la credibilità degli altri partner.

7. L'avvento dell'euro e la crisi della Commissione

L'avvento dell'euro fu festeggiato sotto tono, anche perché dal 1999 sarebbero passati 3 anni prima che esso diventasse l'unica moneta: fino al 2002 le monete nazionali avrebbero continuato a circolare. Sulla nascita dell'euro gravava l'anomalia della sua governance: all'unificazione monetaria non corrispondeva la centralità del potere politico a livello europeo. Era evidente la frammentazione della direzione della politica economica dell'UEM. Le istituzioni dell'UE preposte alla guida delle politica economica comunitaria erano deboli, e ciò non sfuggiva ai mercati.
Nel frattempo si aggravava la crisi istituzionale, che coinvolgeva la Commissione dalla fine del 1998, quando il Parlamento europeo non approvò il bilancio. Per un anno le 2 istituzioni erano state in polemica sull'irregolarità di gestione del bilancio da parte della Commissione. In oltre si sospettava che i parlamentari abusassero delle indennità e altri benefici. La Commissione Santer era nata in condizioni di debolezza, che ne ridusse l'efficienza. Vari commissari furono accusati di frodi, pessima amministrazione, abuso di autorità. In generale, l'esecutivo era accusato di cattiva gestione amministrativa e finanziaria, di incapacità a risolvere i problemi e mancanza di affidabilità.
I membri Parlamento erano frustrati per non avere i normali poteri di iniziativa che spettavano ai parlamenti nazionali. Durante la sessione plenaria del Parlamento europeo del gennaio 1999, il gruppo socialista propose di istituire un Comitato di esperti indipendenti, incaricato di indagare sul funzionamento interno dell'esecutivo. Si produsse una progressiva paralisi dell'esecutivo. Il comitato fu critico nei confronti dell'intera gestione della Commissione, che si dimise collettivamente.

 

8. La nuova Commissione Prodi

Tuttavia, poiché le norme dei Trattati prevedevano una procedura che avrebbe richiesto tempo, la Commissione dimissionaria non poteva essere sostituita immediatamente. Quindi l'esecutivo, seppur discreditato, doveva restare. Il Cancelliere Schroeder, volendo risolvere al più presto la crisi comunitaria, propose la nomina di Prodi a Presidente della Commissione. Questa nomina fu un successo politico di Schroeder.
La primavera e l'estate del 1999 furono dominate dalla prima guerra europea della NATO, ai confini dell'UE. Così, il Consiglio europeo di Colonia proclamò la nascita dell'Europa della difesa: l'UE avrebbe dovuto disporre di un'autonoma capacità d'azione, sostenuta da credibili forze militari, in modo da reagire di fronte alle crisi internazionali. => Sembra che si stessero gettando le basi per una difesa comune.
Nel frattempo stava nascendo la nuova Commissione, con Prodi Presidente. Venne dato loro mandato fino al 2005. Pochi erano i membri superstiti della Commissione precedente: tra di loro c'era Mario Monti, a cui venne affidato il portafoglio della concorrenza. A prodi venne dato mandato di riforma dell'amministrazione: si dovevano rinnovare procedure e funzioni, e la Commissione doveva riprendere il ruolo di interlocutore del Consiglio.

 

9. L'ultimo semestre del secolo si chiude a Helsinki

Dal 1 luglio 1999, un mese dopo le 5° elezioni a suffragio universale diretto, la Presidenza del Consiglio fu assunta dalla Finlandia, il Paese che aveva aderito alla CEE con più entusiasmo e convinzione. Entro la fine dell'anno c'erano importanti decisioni da prendere. Durante il Consiglio europeo di Tampere, nell'ottobre 1999, furono affrontate questioni riguardanti la giustizia e gli affari interni, materie di estrema sensibilità per l'opinione pubblica. Venne raggiunto un significativo risultato politico nella misura in cui si decise dell'elaborazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE. Affiorava finalmente il vero problema etico dell'unità europea.
Durante il semestre finlandese si svolse a Seattle la 3° Conferenza ministeriale dell'OMC. Il clima non era dei migliori dato che c'era una contestazione anti-globalizzazione in atto. Non si riuscì quindi a trovare alcun accordo.
Nel frattempo venne redatto un rapporto in cui si disse che la futura CIG avrebbe dovuto procedere a una riforma complessiva.
Al Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999, i temi discussi furono la difesa europea, l'allargamento, la riforma delle istituzioni. Il Consiglio decise di dotare l'UE di “capacità di gestione militare e non militare delle crisi”. Il Vertice atlantico di Washington del 24 aprile 1999 pose la basi della “nuova alleanza”.
In tema di allargamento, il Consiglio europeo decise la convocazione delle Conferenze intergovernative bilaterali con gli altri Paesi coinvolti nel processo di adesione (Romania, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Malta). Inoltre fu rimossa la gaffe commessa nei confronti della Turchia nel dicembre 1997, quando il Consiglio europeo di Lussemburgo non riconobbe la candidatura all'adesione. Si diede inizio al “partenariato per l'adesione”, per associare la Turchia al processo di allargamento.

10. La crisi austriaca scuote l'Europa

Con l'avvento del nuovo millennio, l'opinione pubblica non appariva interessata all'avvenire dell'UE. Nel 1° semestre la presidenza fu assunta dal Portogallo, che voleva portare al successo un programma ambizioso. Improvvisamente però divampò una crisi politica in Austria, che non era riuscita a formare un governo nell'impossibilità di ricostituire la grande coalizione tra il Partito socialista democratico e il Partito popolare. Il Presidente austriaco Klestil incaricò il leader del Partito popolare di formare un governo con il sostegno del leader del partito liberale (Haider, di idee anti-europee e pro-naziste). => Qualche giorno prima, la Presidenza portoghese aveva detto che se un tale governo si fosse formato, gli Stati membri avrebbero interrotto qualsiasi rapporto politico e bilaterale a livello ufficiale con il governo austriaco. Si trattava della prima vera crisi politica dell'UE. Per la prima volta si materializzò il principio di ingerenza negli affari interni di uno Stato membro. Il precedente austriaco, dimostrazione del contenuto politico degli impegni presi dagli Stati membri nel momento della loro adesione, avrebbe influenzato positivamente il futuro dell'unione.

 

Capitolo 8. L'Unione nel nuovo millennio

1. La strategia di Lisbona e la nuova Conferenza intergovernativa

La presidenza portoghese fu molto attiva e cercò di migliorare il clima politico tra i partner, approfondendo l'integrazione. Presentò il documento “Occupazione, riforma economica e coesione sociale”, che prevedeva che l'unione avrebbe dovuto sviluppare un'economia più competitiva, creare più occupazione e maggiore coesione sociale. Questo obiettivo si sarebbe dovuto realizzare con la “strategia di Lisbona”.
Nel frattempo era in corso l'elaborazione della Carta dei diritti fondamentali, da parte di una Convenzione di 62 membri: tale Carta, più che un atto di natura giuridica, era una semplice dichiarazione politica.
Parallelamente all'inizio della CIG sulle riforme istituzionali, si aprirono i negoziati di adesione con il 2° gruppo di Paesi candidati: Malta, Romania, Slovacchia, Lituania, Lettonia e Bulgaria. L'adeguamento di questi Paesi all'acquis comunitario sarebbe stato il risultato di un lungo processo.
Per quanto riguarda le questioni istituzionali più delicate, si sarebbe arrivati a progressi significativi solo con il Vertice di Nizza di fine 2000 (lì si sarebbero prese le decisioni anche sulla difesa europea) Al Consiglio europeo di Santa Maria da Feira, con cui si concluse la presidenza portoghese, la Grecia ratificò l'adesione alla zona euro, dopo aver faticosamente centrato gli obiettivi di convergenza.

2. L'Europa unita secondo Joschka Fischer

Quando la CIG si stava per concludere, riaffiorarono gli interrogativi sulla natura politica dell'unificazione europea. Fu il Ministro degli esteri tedesco, Fischer, a rilanciare il dibattito sull'architettura europea (tema che era già stato affrontato in precedenza da Schmidt, d'Estaing, Delors). Fischer fece una proposta globale a carattere federale, constatando i limiti del metodo monnetiano. Affermò che l'edificio della costruzione europea appariva squilibrato, poco adatto alla gestione dell'integrazione e incapace di accogliere nuovi membri. Fischer, riprendendo il pensiero di Delors, disse che la Federazione europea avrebbe dovuto essere diversa dalle Federazioni nazionali: questo era chiaro dal momento che c'erano una pluralità di Nazioni in Europa. Bisognava affrontare la questione della sovranità condivisa. Era necessario definire le competenze della Federazione delle Nazioni e degli Stati membri. Da queste riflessioni era chiaro come la Germania non fosse più in una posizione di subordinazione all'interno dell'UE, bensì si stesse affermando come protagonista. Chirac sentì che il vero destinatario delle proposte di Fischer era la Francia: egli evocò la prospettiva di una costituzione europea. Inoltre parlò della necessità di creare un'identità europea. Anche Ciampi si disse a favore di una costituzione. Chi invece rifiutava quest'idea era Delors: egli riteneva che gli Stati sovrani avrebbero potuto fare concessioni di sovranità e creare una Federazione di Stati nazione solo attraverso i Trattati internazionali. Prodi, Presidente della Commissione, insistette sull'importante del metodo comunitario e sul rafforzamento della Commissione, garante della solidità dell'UE.

3. La presidenza francese e il Trattato di Nizza

Nel 2° semestre del 2000 si sarebbe tenuto il Consiglio europeo di Nizza, occasione di raggiungere il compromesso istituzionale fallito ad Amsterdam, necessario per la prosecuzione dei negoziati con i Paesi candidati. Durante il semestre di presidenza francese, Chirac affrontò le questioni istituzionali e della difesa, ma non si limitò a questo; volle elaborare un'agenda sociale per porre le basi di un diritto sociale europeo. A settembre, ci furono 2 eventi importanti:
-la soluzione della crisi austriaca => fu deciso di togliere le sanzioni all'Austria
-il no della Danimarca all'euro => crescente euroscetticismo danese
Al Vertice informale dei Capi di Stato e di Governo di Biarritz, fu presentata la Carta dei diritti fondamentali, composta di 54 articoli riguardanti i valori fondamentali: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia. Tale documento andava integrato nei Trattati o era semplicemente una dichiarazione solenne? Il dibattito sul suo valore giuridico fu rinviato.
L'8 dicembre 2000 si aprì a Nizza il Consiglio europeo, il più difficile nella storia comunitaria, preparato dopo mesi di discussioni all'interno della CIG. La crisi della mucca pazza e le avventure dell'euro fecero aumentare la sfiducia presso l'opinione pubblica europea. Non c'erano più personalità influenti, al contrario solo personalità prigioniere di interessi nazionali e di opinioni pubbliche scettiche. Dopo 4 giorni di lavori, a dispetto dei 2 previsti, si raggiunse un compromesso in materia istituzionale.
Fu proclamata la Carta dei diritti fondamentali, definita come un documento di riferimento sui diritti umani.
In merito alla questione della difesa, si rinviavano le questioni al Consiglio di Laeken (dicembre 2001); si confermò solo l'obiettivo di rendere l'UE operativa nel settore.
Si decise poi che l'euro-x si sarebbe chiamato Eurogruppo, e avrebbe avuto il compito di migliorare il coordinamento delle politiche economiche della zona euro.
I veri dibattiti del Consiglio europeo furono sulle riforme istituzionali; furono dibattiti lunghi e accaniti, dove ognuno voleva far prevalere i propri interessi, ed emersero gli egoismi nazionali. Fu raggiunto un accordo immediato sull'estensione dei poteri del Presidente della Commissione(che sarebbe stato eletto a maggioranza qualificata dai Capi di Stato e di Governo) e sulla semplificazione delle cooperazioni rafforzate.
I dibattiti più accesi riguardarono le riforme istituzionali necessarie per l'allargamento, questioni in sospeso dal Trattato di Amsterdam. Alla fine si raggiunse un accordo, e si disse che nell'Europa a 27 membri il Parlamento avrebbe avuto 732 deputati. Se il numero di seggi tedesco restava lo stesso (99), diminuivano i seggi italiani, francesi e inglesi (da 81 a 72).
Ci fu un aspro confronto in merito alla composizione della Commissione. Si decise di adottare il principio di “un commissario per Stato membro”. Però si disse che, se l'Unione avesse compreso più di 27 Stati, allora ci sarebbe stata una rotazione su base egualitaria dei Commissari.
Venne esteso il voto a maggioranza qualificata ad una 30ina di nuovi settori.
Venne poi risolto il tema più spinoso, riguardante le modalità di voto del Consiglio, questione dietro cui si nascondeva il futuro equilibrio dell'UE: qual'era il numero e la % di voti che consentivano di decidere a maggioranza qualificata? Si erano creati conflitti tra Stati grandi e piccoli. Alla fine fu raggiunto un accordo complesso.  La maggioranza qualificata sarebbe stata del 74, 8 %. Il Trattato di Nizza rendeva possibile l'allargamento. Però d'altra parte fu così complesso da non riuscire ad avvicinare l'Europa ai cittadini. A Nizza era inoltre esploso il conflitto politico tra Francia e Germania, di una gravità politica senza precedenti nella storia dell'integrazione europea. La Germania infatti voleva far valere il suo maggior peso demografico e socio-economico, mentre la Francia rivendicava un'eredità di primazia politica che considerava intoccabile. L'unico veramente soddisfatto delle conclusioni fu Tony Blair. Il Trattato di Nizza fu firmato il 26 febbraio 2001. La costruzione europea appariva sempre più difficile.

4. Il “no” irlandese al Trattato di Nizza

L'Irlanda è stato il Paese che più ha tratto vantaggio dall'adesione alla CEE, essendo uscito da una condizione vicina al sottosviluppo e avendo superato per produzione e reddito pro capite la maggior parte degli Stati UE. Il miracolo irlandese è dovuto all'utilizzo ottimale delle risorse messe a disposizione dalla CEE. Alla luce di tutto ciò, il risultato negativo fu imprevisto. Ci fu un tasso di astensione del 65 %, e alla fine i si furono poco più del 40 %. Come si spiega questo voto? Come segno di irritazione contro un governo che si percepiva come lontano, e come rifiuto ad una nuova dimensione politico-militare dell'UE, quindi all'idea di un governo europeo.

 

5. Il Consiglio europeo di Laeken

I soli Paesi non scontenti dal Trattato di Nizza erano quelli candidati, secondo i quali tale Trattato avrebbe permesso loro la chiusura rapida dei negoziati in corso. Tuttavia si sentiva l'esigenza di un grande dibattito istituzionale, che si trascinava da Maastricht. La riforma delle istituzioni era parte essenziale della Grande riforma dei Trattati istitutivi delle Comunità europee, da sempre evocata, spesso sulla scia del progetto di Trattato costitutivo dell'UE, promosso da Spinelli e adottato dal Parlamento europeo nel 1984. Nonostante gli Stati non lo adottarono, fu il progetto Spinelli a segnare l'avvio della prima vera revisione dei Trattati di Roma.
Il processo di riforme aveva luogo attraverso Conferenze intergovernative: negli anni '80 e '90 tre avevano avuto luogo, dando alla luce l'Atto unico, il Trattato di Maastricht e il Trattato di Amsterdam. Il Trattato di Nizza era il risultato di una 4° e ultima CIG. Avrebbe dovuto chiudere il ciclo dei Trattati di riforma dell'integrazione europea. Tuttavia si contestava sempre di più la validità e l'efficacia del metodo intergovernativo per la modifica dei Trattati comunitari.
Quali temi avrebbe dovuto affrontare la futura CIG?
Le competenze dell'Unione e degli Stati membri
lo statuto giuridico della Carta dei diritti fondamentali
la semplificazione delle norme legislative in materia di integrazione europea
il ruolo dei Parlamenti nazionali
=> Verso la “costituzionalizzazione” dell'UE, il cui riconoscimento fu espresso nella Dichiarazione Laeken, adottata dal Consiglio europeo del dicembre 2001 su impulso della Presidenza belga. Il governo belga infatti voleva promuovere questa “grande riforma”, per arrivare alla Costituzione europea; questo sarebbe stato possibile attraverso la nomina di una Convenzione costituente, composta da illustre personalità.
Il Consiglio europeo di Laeken, che avrebbe dovuto discutere di queste prospettive istituzionali, fu invece dominato dal problema del terrorismo internazionale, essendo successi gli eventi dell'11 settembre. Venne adottata la misura del mandato europeo di arresto.
Comunque venne convocata la Convenzione, presieduta da Giscard d'Estaing e vicepresieduta da Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene.

6. La Convenzione sull'avvenire dell'Europa

A fine febbraio 2002 furono inaugurati i lavori della Convenzione, composta da 105 membri. La Convenzione era guidata da un Presidium di 12 membri, che fu l'organo che redasse il Trattato costituzionale. Se nella prima fase di lavoro si sarebbe dovuto prestare ascolto alle richieste della società civile (grazie anche a internet), nella seconda parte si sarebbe dovuto dare una risposta. Dopodiché avrebbero dovuto essere espresse le proposte costituzionali.
Nell'ottobre 2002, Giscard d'Estaing presentò l'ossatura di un nuovo Trattato. La Convenzione aveva fatto molti progressi, e ormai tutte le delegazioni accettavano l'idea della Costituzione. Inoltre d'Estaing fece due proposte:
la nascita di un Congresso dei popoli europei => questa fu però accantonata perché avrebbe complicato la struttura istituzionale dell'Unione
la creazione di un Presidente del Consiglio europeo => questo perché le presidenze di turno semestrali avevano i loro limiti, a cui si voleva ovviare con una personalità europea indipendente che preparasse e coordinasse i lavori del Consiglio europeo. Tuttavia questa proposta sollevò dubbi, perché secondo qualcuno ci sarebbe stato il rischio di un conflitto tra Presidente del Consiglio e della Commissione. Inoltre avrebbe rafforzato il Consiglio europeo, istituzione che d'Estaing aveva contribuito a creare nel 1974.
Tra una crisi e l'altra, nel frattempo la Convenzione iniziava a scrivere il testo costituzionale.
Anche la Commissione Prodi presentò un progetto di Trattato (Penelope).
Le vicende della Convenzione europea si intrecciarono con avvenimenti esterni all'Ue, quali la guerra in Iraq, che suscitò reazioni diverse tra i Paesi.
In questo quadro, ci fu un rilancio dell'asse politico franco-tedesco con un compromesso tra Schroeder e Chirac: la Germania accettava l'idea di un Presidente del Consiglio eletto dai suoi pari per 2 anni e mezzo; in cambio otteneva che il Presidente della Commissione fosse eletto dal Parlamento europeo, rafforzando la sua legittimità democratica.
La guerra in Iraq dimostrò l'inesistenza di una politica europea. Comunque, i lavori della Convenzione proseguirono e venne accettata la figura di un Presidente del Consiglio. Dopo un anno e mezzo di lavori, la Convenzione arrivò ad un accordo globale, con un testo complesso e con varie debolezze (come la permanenza dell'unanimità in materia fiscale imposta dalla volontà britannica). Il risultato era insufficiente, ma insperato. Comunque, alcune settimane dopo si sarebbe aperta la CIG, sotto Presidenza italiana, e tutto poteva essere rimesso in gioco.

7. La presidenza italiana e il Consiglio di Bruxelles

Nel maggio 2001 Berlusconi era tornato al potere. Dopo l'Austria, un'altra forza di estrema destra e di moderata fede europeista arrivava al potere in un Paese UE. Al Consiglio europeo di Laeken, il governo italiano fu l'unico ad opporsi al mandato europeo di cattura. Nonostante le speranze di arrivare alla firma di un nuovo Trattato di Roma, il semestre italiano non andò come previsto. Il consiglio europeo di Bruxelles si svolse quindi in un clima di discordia, anche per la polemica sul patto di stabilità. Il fallimento del Consiglio europeo di Bruxelles fu simbolo dell'incapacità di riformare le istituzioni dell'Unione, alla vigilia dell'allargamento.

8. L'Unione a 25

Il 1 maggio 2004, l'Europa passava da 15 a 25, con l'ingresso di Cipro, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria. Si concludeva così il lungo processo di allargamento dopo la fine della G.F e il disfacimento dell'Urss. Le basi del processo di allargamento erano state poste dal giugno 1993, quando l'UE si era detta disponibile ad accogliere gli Stati d'Europa centrale e orientale, purché si adeguassero a criteri politici ed economici: democrazia, esistente di un'economia di mercato.. Il 16 aprile 2003 venne firmato il Trattato di adesione ad Atene, ratificato da referendum positivi nei vari Stati.

9. La ripresa e la conclusione dei negoziati della CIG sul Trattato costituzionale

Durante il 1° semestre del 2004, la presidenza irlandese dovette riprendere il filo del negoziato in seno alla CIG per giungere al Trattato costituzionale. Tuttavia, a causa delle divisioni europee sulla guerra in Iraq, c'erano ferite profonde, e l'intransigenza del governo polacco e spagnolo lasciava poche speranze ad un compromesso. Dopo il Consiglio di Bruxelles, i leader di 6 Paesi scrissero a Prodi manifestando il proposito che il bilancio dell'Unione allargata non superasse l'1% del bilancio comunitario. => Era chiaramente qualcosa diretto contro Polonia e Spagna (grandi beneficiarie dei fondi comunitari), accusate di aver privilegiato l'interesse nazionale nel negoziato per la Costituzione. Questo gesto però non era conforme allo spirito di solidarietà europea, tanto più in un momento in cui il bilancio era insufficiente.
Nei primi mesi del 2004 la situazione cambiò improvvisamente: attentati di Madrid. Il modo maldestro del Premier Aznar di gestire la crisi favorì l'opposizione socialista. Il nuovo 1° Ministro, Zapatero, annunciò il ritiro delle truppe spagnole dell'Iraq e la volontà di concludere un accordo sulla Costituzione.
Dopo il fallimento del Consiglio di Bruxelles, la presidenza irlandese riuscì a rilanciare la CIG. Si tenne una riunione nel giugno 2004, e si trattò di un Consiglio storico, perché vi parteciparono per la prima volta i Capi di Stato e di Governo degli Stati appena entrati nell'Unione. Il Consiglio giunse ad un accordo sul Trattato costituzionale europeo. Venne rispettato gran parte del progetto presentato dalla Convenzione, ma con alcune modifiche, in merito alle regole di voto in seno al Consiglio europeo e in merito alla composizione della Commissione. Si stabilì che sarebbe stata composta da un Commissario per Paese, non volendo scontentare gli Stati di nuova adesione. => Questa regola però è contraria allo spirito dell'istituzione, dato che i membri del Collegio non dovrebbero rappresentare nessuno Stato, ma solo l'interesse generale dei cittadini europei.
Si discusse anche della futura composizione del Parlamento europeo. Venne deciso che il numero dei parlamentari non avrebbe dovuto superare i 750.
Nel campo della fiscalità, della politica sociale o della cooperazione penale, Blair non volle rinunciare al voto all'unanimità.
Il 18 giugno 2004 l'UE aveva finalmente la sua Costituzione. Era l'inizio di un cammino che dovrebbe dotare l'Unione di una Costituzione, dopo ratifiche parlamentari e referendum.

10. Il Trattato costituzionale

Il 29 ottobre 2004 venne firmato a Roma il testo finale della Costituzione. Conteneva 448 articoli, divisi in 4 parti:
la 1° definiva valori e istituzioni dell'Unione
la 2° riprendeva il testo della Carta dei diritti fondamentali
la 3° descriveva il funzionamento delle istituzioni e delle politiche comunitarie
la 4° conteneva disposizioni sulla ratifica, sull'entrata in vigore del testo costituzionale e sulla procedura di revisione

La struttura a 3 pilastri sarebbe stata abrogata a favore di un'organizzazione unica, l'UE, con una sua personalità giuridica, capace di condurre un'esistenza propria sulla scena internazionale, di firmare trattati e accordi internazionali.
Il ruolo del Parlamento europeo venne esteso e razionalizzato. La procedura legislativa venne estesa a quasi tutti i campi, ad eccezione della politica estera, dove il Parlamento aveva solo un potere consultivo.
Novità anche in merito al Consiglio europeo e la sua Presidenza; il tradizionale sistema della presidenze semestrali non era più adeguato, a causa dei difetti dell'alternanza continua tra burocrazie nazionali, che facevano perdere efficacia e continuità. Il Consiglio sarebbe stato presieduto da un Presidente, eletto dai capi di Stato e di governo per 30 mesi: è la massima rappresentatività dell'Ue.
Il Consiglio dei ministri diventava protagonista, insieme al Parlamento europeo, della codecisione legislativa.
Per essere adottata, una decisione doveva essere votata almeno dal 55 % degli Stati membri, che rappresentassero il 65 % della popolazione dell'Unione.
Le funzioni e le competenze della Commissione europea restavano sostanzialmente immutate. Fino al 2014 ogni Paese dispone di un Commissario, dopodiché solo 2/3 dei Paesi nomineranno un commissario.
Il Trattato costituzionale definiva le competenze dell'UE, precisando il principio di sussidiarietà, introdotto da Maastricht. Si consacrò l'Europa a più velocità, prospettiva sempre più realistica con l'aumento degli Stati membri.

11. La Commissione Barroso

Dopo la Commissione Prodi, nel dicembre 20014 ne entrò in vigore un'altra presieduta da Barroso.

12. Il no francese e olandese al Trattato costituzionale

La maggior parte dei Paesi aveva optato per la ratifica parlamentare del Trattato costituzionale; una minoranza (tra cui Francia, Spagna, Olanda, Lussemburgo, G.B.) scelsero il referendum. Dopo la ratifica in Spagna e in Germania, era il momento della Francia, dove i pronostici erano verso il “no”. Nel 2002 Chirac venne rieletto Presidente della Repubblica. A causa della profonda insoddisfazione nei confronti di Chirac e dell'impopolarità del 1° ministro, il referendum rischiava di trasformarsi in un voto di sanzione nei confronti del governo. La campagna referendaria fece emergere i movimenti antiglobalizzazione, che erano apparsi nel 1999 in occasione del vertice dell'OMC a Seattle. Al centro del dibattito politico ci fu la “direttiva Bolkestein”, sulla liberalizzazione dei servizi del mercato unico.  Alla fine, soprattutto per la mancanza di credibilità di Chirac, il 29 maggio si tenne il referendum, che registrò il 54,7 % di voti a favore del no. => C'era malcontento per il governo Raffarin, ma anche per l'aumento dei prezzi in seguito all'introduzione dell'euro, per l'ostilità nei confronti dell'allargamento dell'Unione.
Il 1 giugno anche in Olanda si tenne il referendum, che bocciò la Costituzione con il 61 % dei voti. Anche in Olanda, negli ultimi anni la situazione politica era cambiata. Nel 2002 il Paese scivolò in un'instabilità cronica, specchio di una profonda crisi politica. Come in Francia, si trattò di un voto contro il governo, che aveva enunciato tagli al bilancio.

13. L'apertura dei negoziati con la Turchia

Nel 1963 la Turchia aveva siglato un accordo di associazione con l'Unione, ed in seguito presentò molte richieste di adesione, l'ultima nel 1996. Solo nel 1999 il Consiglio europeo di Helsinki riconobbe alla Turchia lo status di Paese candidato. La speranza dei dirigenti europei era che riavvicinandosi al governo di Ankara, si sarebbe trovata una soluzione al problema di Cipro, dove le forze militari turche occupavano la zona settentrionale. Quali erano le esigenze dietro l'apertura dei negoziati con la Turchia? L'inclusione in Europa di un membro storico della Nato, impedendole allo stesso tempo di essere risucchiata nell'area dell'integralismo islamico. L'opinione pubblica europea era per la maggior parte contraria all'adesione turca. Un motivo era dato dal peso demografico della Turchia, che sarebbe divenuta il Paese più popoloso d'Europa, in grado perciò di mettere in crisi gli equilibri di potere in seno all'UE.
Nel dicembre 2004 il Parlamento europeo si espresse a larga maggioranza a favore dell'adesione turca, riservandosi tuttavia il diritto di esprimere un pare finale a negoziati conclusi. La Commissione avrebbe dovuto verificare i progressi nelle riforme e presentare i rapporti di valutazione al Consiglio europeo.  Nell'ottobre 2005 furono avviati i negoziati con la Turchia, insieme a quelli con la Croazia. Tuttavia nel 2006 la Commissione li congelò.
Il 1° gennaio 2007 Romania e Bulgaria entrarono nell'UE.

14. Dal Trattato costituzionale al Trattato di Libsona

Dopo che Francia e Olanda non ratificarono la Costituzione europea, l'Europa entrò in una fase di apatia.
La Commissione lanciò il Piano D, un'iniziativa di dialogo e dibattito, per coinvolgere i cittadini dell'UE nella riflessione sull'avvenire europeo. Nonostante questo, il processo costituzionale si era interrotto. Nel frattempo, ci furono cambiamenti politici in alcuni Stati membri: in Polonia venne eletto Presidente il leader di un partito euroscettico; in Germania venne eletta Angela Merkel; in Italia Prodi. Fu la Merkel che fece uscire l'UE dall'inerzia in cui si trovava. Nonostante la bocciatura del Trattato costituzionale in 2 Paesi, la Merkel voleva arrivare ad un risultato concreto, a costo di sacrificare l'adozione di tale Trattato. Nella Dichiarazione di Berlino del 2007, non c'era più traccia della Costituzione europea. Nelle successive riunioni del Consiglio si decise quindi di abbandonare il progetto costituzionale, e di convocare invece una CIG per elaborare un nuovo testo di Trattato. La CIG iniziò i suoi lavori nel luglio 2007 e si concluse ad ottobre. Il 13 dicembre 2007 fu firmato il Trattato di Lisbona.

15. Il Trattato di Lisbona, la presidenza francese e il nuovo no di Dublino

Il Trattato di Lisbona modifica il Trattato sull'UE e anche quello della Comunità europea, che prende il nome di Trattato sul funzionamento dell'UE. Il nuovo Trattato è spogliato di qualsiasi prospettiva costituzionale. Venne meno il riferimento ai simboli dell'Unione.
Si afferma il carattere intergovernativo della politica estera e di sicurezza.
Punti importanti sono:
-riconoscimento della personalità giuridica dell'Unione e sparizione della struttura a pilastri
-irrobustimento del carattere democratico, rafforzamento del Parlamento europeo e introduzione delle leggi di iniziativa popolare
-chiarimento delle competenze
-maggior efficacia del funzionamento delle istituzioni grazie alla Presidenza stabile del Consiglio europeo e all'estensione del voto a maggioranza nel Consiglio
-rafforzamento dello spazio di libertà, giustizia e sicurezza
-creazione di un servizio diplomatico comune
Il Trattato sarebbe entrato in vigore dopo tutte le ratifiche. La maggioranza degli Stati membri, tra cui la Francia, scelse la ratifica parlamentare. L'Olanda invece organizzò un referendum, che si tenne nel giugno 2008: il 53, 4 % degli elettori non lo ratificarono. Perché? Per mancanza di informazione e comprensione del testo (il 1° Ministro confessò di non averlo neppure letto); per i timori di perdita di identità irlandese e della neutralità irlandese.
Il 1 luglio 2008 la Francia assunse la presidenza dell'UE. L'obiettivo francese era rilanciare l'azione politica comunitaria in numerosi settori, tra cui la politica di immigrazione e d'asilo. La presidenza francese dovette affrontare due questioni gravi:
-il conflitto russo-georgiano
-la pesantissima crisi finanziaria internazionale avviatasi negli Usa
Sarkozy sfruttò la crisi tra Russia e Georgia per far svolgere all'UE il ruolo di mediatore. Venne cessato un accordo per il cessate il fuoco.
Anche in merito alla crisi finanziaria, ci fu un attivismo considerevole del presidente francese. Egli convocò il primo Vertice dei capi di Stato e di governo appartenenti alla zona euro, dove venne messo a punto un piano di azione comune per assicurare liquidità alle istituzioni finanziarie.
Vennero poi gettate le basi per la soluzione della questione irlandese, andando incontro alle richieste irlandesi, dando al paese le garanzie giuridiche necessarie, in cambio dell'impegno a proseguire la ratifica del Trattato da parte del governo irlandese. Al 2° referendum irlandese, i si ebbero la meglio. Dopo la ratifica polacca e ceca, il Trattato di Lisbona entrò in vigore il 1 dicembre 2009.

16. Le ultime vicende del 2009 e la Commissione Barroso II

Vennero nominate le due figure istituzionali previste dal nuovo testo: Van Rompuy Presidente del Consiglio europeo, e Catherine Asthon Alto rappresentante per la politica estera e della sicurezza. => nomine considerate di basso profilo
Barroso fu designato di nuovo alla guida della Commissione europea.

 

Fonte: http://sidways.altervista.org/Joomla/upload_d/ri/ue/OliviSantaniello.docx

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