Economia dell'impero romano

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Economia dell'impero romano

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Anche oggi chi studia diritto all'Università per diventare, per esempio, avvocato o giudice deve approfondire la conoscenza del diritto romano. Le leggi elaborate durante i mille anni di esistenza della civiltà romana furono alla base della vita nella maggior parte dell'Europa fino verso il XVI secolo, vale a dire anche per tutto il Medioevo; esse influenzano ancora il nostro modo di regolare la vita sociale ed economica.
Ma com'era organizzata l'esistenza in questo vasto organismo che fu lo Stato romano?
Nei primi tempi il re comandava sulla comunità come il padre era a capo della famiglia. L'assemblea dei capifamiglia (patres), il senato, aiutava il re.
Le famiglie che avevano un antenato comune costituivano la gens: il nome di questo antenato era portato da tutti i membri della gens (nella gens Julia, tutti si chiamavano Julius o Julia, come Caius Julius Caesar, Giulio Cesare). Si legavano alla gens anche molte persone che ne dipendevano per l'aiuto o la protezione che essa forniva loro: erano chiamati "clienti" e potevano anche essere migliaia- In tal modo ogni gens era molto potente.
Quando la monarchia, i cui ultimi re erano stati dì origine etrusca, fu rovesciata, il potere rimase nelle mani dei patrizi (discendenti dai patres), membri delle famiglie più potenti. La Repubblica era basata sul governo da parte dei cittadini che eleggevano i loro rappresentanti.
Tuttavia il popolo comune (artigiani, commercianti, stranieri, contadini senza terra, poveri che vivevano di lavoretti), il quale formava la classe inferiore dei plebei, all'inizio della Repubblica era escluso dalle cariche pubbliche. Vi fu dunque un lungo periodo di lotte tra patrizi e plebei nelle quali i primi difendevano i loro privilegi i i secondi cercavano di poter partecipare al governo dello Stato.
Nei primi decenni del V secolo a. C. i plebei si ritirarono su un colle minacciando di separarsi dai patrizi. Verso metà del secolo essi ottennero la pubblicazione di leggi scritte (Leggi delle Dodici Tavole) che garantivano maggior giustizia: il contrasto tra le due classi si attenuò e, dopo aver ottenuto che fosse abolito il divieto dei matrimoni promiscui (tra sposi di classi diverse), i plebei furono ammessi a ricoprire cariche pubbliche (367 a. C. )
I magistrati più importanti erano i due consoli, che avevano gli stessi poteri che erano stati del re (interpretare la volontà degli dei e dirigere l'esercito): in caso di pericolo imminente era nominato un dittatore, al massimo per sei mesi. Il senato restava al centro della vita pubblica di Roma e si occupava degli affari più importanti. Esistevano inoltre le assemblee dei cittadini. In pratica però il potere restava in mano a poche famiglie ricche, sia patrizie che plebee, che vennero chiamate nobilitas, cioè nobiltà. Esse controllarono la vita politica di Roma per più di 300 anni.
Nella storia romana sono importanti sia la durata nel tempo (oltre mille anni), sia l'estensione nello spazio (tutto il bacino del Mediterraneo e oltre); perciò vi furono nuovi cambiamenti e divenne importante la lotta per ottenere il diritto di cittadinanza.


 

Gli alleati dei Romani ottennero la cittadinanza alla fine della durissima guerra sociale che si svolse dal 90 all'88 a. C.
Il secolo che si era appena iniziato fu caratterizzato dalla crisi della Repubblica: una serie di guerre civili portarono progressivamente in evidenza personaggi che si fecero attribuire poteri straordinari, quasi illimitati. Alla fine, Ottaviano Augusto ebbe la possibilità di bloccare le leggi, il comando supremo degli eserciti e al suo potere venne attribuito un carattere sacro. Benché restassero in funzione tutte le cariche della Repubblica e non sembrasse cambiato niente, in realtà il potere era nelle mani di una unica persona, l'imperatore. Il senato perse progressivamente di importanza, mentre la cittadinanza romana venne estesa a tutti gli abitanti liberi dell'Impero dall'imperatore Caracalla nel 212 d. C.
La crisi economica e militare che si sviluppò nel III secolo d. C. fece sì che gli eserciti imponessero con la forza il nuovo imperatore o eliminassero il vecchio. Sul finire del secolo, l'imperatore Diocleziano divise il potere tra due imperatori, ognuno aiutato da un aiutante e successore (tetrarchia); per ridare prestigio alla carica impose il culto dell'imperatore-dio.
Nel 331 d. C. la capitale fu trasferita da Roma a Bisanzio dall'imperatore Costantino, da cui prese il nome di Costantinopoli. Nel 395 d. C. l'impero venne diviso in due parti, l'Impero romano d'Occidente e quello d'Oriente: il primo crollò ottantanni dopo, mentre quello d'Oriente gli sopravvisse per quasi mille anni.
L' organizzazione della giustizia, la raccolta delle leggi in codici, il fatto di regolare i comportamenti umani attraverso norme scritte rappresentano forse i contributi più alti e duraturi che il mondo romano ha lasciato alle epoche successive. La maggior parte degli Stati moderni sono fortemente debitori di Roma. Le parole stesse che sono usate per indicare le loro istituzioni derivano dal vocabolario romano (per esempio tribunale, senato, repubblica).
Dobbiamo all'opera dei giuristi romani la ripartizione dei vari settori del diritto che usiamo ancora oggi: diritto di famiglia, diritto di proprietà, diritto che regola le successioni tra le persone, diritto processuale, diritto penale. Anche l'idea che la legge viene dal popolo e dai suoi rappresentanti cui il popolo stesso trasferisce il suo potere, che dunque si debba obbedire alla legge per essere più liberi trova radici nel mondo romano.
Fonte: Catherine Salles, 73 av. J. -C., Spartacus et la révolte des gladiateurs. Bruxelles 2005. Pierre Grimal, La civiltà romana. Firenze 1961. Sussidio didattico "Civiltà romana" per la Scuola media. Bellinzona 1991.


 

In molte società umane e, in particolare, tra le civiltà dell'Antichità, la schiavitù era un aspetto di estrema importanza perché da essa dipendeva l'economia, la produzione di tutto un popolo.
Non è mai facile definire esattamente il significato della parola "schiavo": essa è ovviamente il contrario di "libero", ma spesso la condizione dell'uomo libero e dello schiavo non erano molto diverse. Vediamo qual era la situazione negli ultimi secoli della Repubblica romana (lll-l sec a. C. ).
La maggior parte degli schiavi erano prigionieri di guerra o vittime dei pirati che infestavano il mar Mediterraneo. Vi erano poi gli schiavi per nascita (era schiavo anche il figlio di una schiava e di un uomo libero). A partire dalla fine del III secolo a. C. la volontà di arricchirsi spinse molti padroni a dedicarsi all'allevamento" degli schiavi a domicilio. Altre fonti di schiavi erano i bambini non riconosciuti dal padre alla nascita e abbandonati: appartenevano a chi li raccoglieva. Un debitore insolvente poteva anch'esso passare ad essere lo schiavo del suo creditore.
Per dare un'idea, sembra che Giulio Cesare, nel 50 a. C, avesse riportato a Roma un milione di prigionieri dalla sua campagna di conquista della Gallia. Sull'isola di Delos, nel mare Egeo, uno dei grandi centri di passaggio degli schiavi, passavano diverse decine di migliaia di persone al giorno. Ogni uomo libero viveva dunque sotto la minaccia di essere ridotto in schiavitù.
Lo schiavo faceva parte dei beni del suo padrone e non poteva quindi disporre liberamente della sua persona, del suo tempo, della sua vita: poteva essere venduto, comprato, affittato.
"Vi parlo ora del materiale necessario per lavorare la terra. Alcuni autori distinguono due elementi: gli uomini e gli attrezzi senza i qua- li non si può coltivare. Altri distinguono tre elementi: strumenti che parlano, semi-parlanti e muti: per esempio gli schiavi, i buoi, i carri. "
Varrone, De re rustica (I sec. a. C. )

Una delle particolarità dei Romani fu quella di trasformare in commercio fruttuoso la vendita di uomini, donne, bambini.
Non tutti gli schiavi vivevano la stessa realtà: erano divisi innanzitutto tra schiavi pubblici, impiegati dallo Stato nell'amministrazione, nei culti, nei lavori pubblici, nella nettezza urbana e schiavi privati. Nessuna famiglia era priva dei servizi di uno o più schiavi: formavano la familia urbana, che viveva col padrone in città, e la familia rustica, alla campagna. Quelli che stavano peggio erano quelli che lavoravano nelle cave e nelle miniere:
"Vivono nella più grande miseria, nessuno di loro ha il benché minimo pezzo di stoffa per coprirsi... "
Diodoro Siculo, Biblioteca storica

Vivevano appena meglio gli schiavi della familia rustica che avevano a poco a poco sostituito i liberi contadini nelle campagne italiche. I pastori dovevano sopportare condizioni di vita più dure ma erano molto meno sorvegliati
Fonte: Catherine Salles, 73 av. J. -C., Spartacus et la révolte des gladiateurs. Bruxelles 2005.


 

 

 


Dobbiamo distinguere due aspetti nella religione romana ai tempi della repubblica: c'erano dei culti religiosi legati alla tradizione familiare e ce n'erano altri legati allo stato. Ogni famiglia aveva delle divinità proprie: i Lari, che proteggevano la casa, i Penati, che favorivano la prosperità della famiglia, e i Mani, che erano gli spiriti degli antenati defunti. Nelle case romane esistevano piccole nicchie
O edicole in cui queste divinità venivano onorate e venerate sotto la guida del capofamiglia. C'erano poi delle divinità comuni a tutti i romani; esse erano praticamente le stesse dei greci anche se cambiavano nome. Lo Zeus dei greci diventò Giove presso i romani; Era diventò Giunone, Artemide diventò Diana. I romani avevano poi alcuni dèi originali rispetto ai greci: Vesta, che proteggeva lo stato e Giano, protettore della città di Roma.
I sacerdoti erano praticamente dei funzionari pubblici e alla loro testa stava il pontefice massimo. Tutti i momenti importanti della vita pubblica erano accompagnati da riti religiosi. I romani veneravano gli dèi perché essi accordassero assistenza e protezione in cambio delle offerte e delle preghiere. Nessuna decisione importante veniva presa, nessuna guerra veniva cominciata, senza il consenso degli dèi.
Per i romani la religione era una cosa che riguardava principalmente la loro famiglia o il loro stato: per questo motivo essi non erano affatto interessati a convertire alla religione romana le popolazioni vinte. I popoli assoggettati erano liberi di praticare la religione che preferivano, purché questa scelta non turbasse l'ordine pubblico.
Fonte: AA VV Nuova Storia, vol. 1. Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1987.

 

 

 


Verso le numerose e diverse religioni che convivevano nell'impero, l'atteggiamento degli imperatori e dei governatori romani dei primi due secoli fu sempre costante. Da un lato, si concedeva la massima libertà di culto a tutte le religioni tradizionalmente praticate nelle singole città e province. Dall'altro, si imponeva a tutti il culto dell'imperatore divinizzato, di solito degli imperatori morti, ma spesso, come nei casi di Caligola, Nerone, Domiziano, anche di quelli viventi.


 

 


Il potere romano voleva in questo modo imporre, accanto alle molteplici forme religiose, un unico culto in grado di unificare - da un capo all'altro dell'impero - tutti i sudditi nella comune sottomissione allo stato romano, impersonato nella figura dell'imperatore-dio. Il suddito (generalmente) accettava senza resistenza di venerare, oltre ai suoi dèi tradizionali, un imperatore cui era già politicamente sottomesso; era un ossequio più accettabile se l'imperatore (come Augusto) aveva realmente garantito ai suoi sudditi quella pace di cui essi avvertivano fortemente la necessità.
Fonte: M. VEGETTI - M. COCCINO Senso storico, vol. 1. Bologna, Zanichelli, 1982

 

 


LA PREDICAZIONE DI GESÙ
La Palestina era stata conquistata da Roma nel 63 a. C. Circa 100 anni dopo, Gesù di Nazareth, il Cristo, aveva avuto un seguito abbastanza vasto di folla, ed era stato crocifisso proprio a causa del suo insegnamento. Il suo messaggio era nuovo e sconvolgente: amore verso tutti, purezza d'animo e disprezzo del denaro e degli onori, condanna della schiavitù, riconoscimento di un unico dio e divieto di adorare ogni altra cosa; forza della fede, della preghiera, della meditazione e disprezzo per le cerimonie pubbliche.
LA DIFFUSIONE NELL'IMPERO
La religione della Palestina era quella ebraica, e da essa nasceva l'insegnamento cristiano: come quella, anch'esso riconosceva un solo dio. Tuttavia la religione cristiana, a differenza di quella ebraica, voleva essere universale, raggiungere tutti gli uomini. Presto molti predicatori visitarono le città dell'impero romano portando il messaggio di Cristo. All'interno del grande impero ci si muoveva senza difficoltà, e le lingue parlate erano solo due: il latino e il greco, e ciò facilitava la circolazione delle idee. Nelle principali città, soprattutto della zona orientale dell'impero, sorsero comunità cristiane. Dapprima vi appartennero ebrei convertiti e persone delle classi sociali più povere; in seguito anche i benestanti furono toccati dal messaggio cristiano.


 

 

 



LE PERSECUZIONI
Il cristianesimo non era nemico dell'impero ma, al contrario, ne
riconosceva l'autorità, invitava i propri fedeli al rispetto verso Roma,
a pagare i tributi, all'ubbidienza.
Ma rifiutava di adorare l'imperatore come dio e rifiutava la schiavitù;questi due aspetti lo rendevano una religione pericolosa per l'impero che aveva bisogno di un capo riconosciuto e venerato come un dìo
per poter unire popoli tanto diversi, e che non poteva fare a meno del lavoro degli schiavi senza rischiare di veder crollare tutta la sua
economia e perdere la sua ricchezza. Perciò vi furono imperatori che perseguitarono i cristiani, dando loro
la caccia, condannandoli, uccidendoli, tra il 64 e il 300 d. C. Ma servì a poco; verso il 300 il cristianesimo era una religione diffusa, forte, rinsaldata dai pericoli corsi che avevano reso necessario costituire delle comunità molto unite attorno alla loro fede e ai capi religiosi, i vescovi.

 

IL CRISTIANESIMO DIVENTA RELIGIONE DI STATO
La stessa ragione che fece dei cristiani le vittime di feroci persecuzioni, trasformò, nel 313, il cristianesimo in una religione riconosciuta. L'imperatore Costantino ritenne infatti utile appoggiarsi a una religione relativamente nuova e in espansione per consolidare l'unità dell'impero.
Più tardi, l'imperatore Teodeosio la trasformò in religione ufficiale dello stato romano.
Alla morte di Teodosio, nel 395 d. C, l'impero venne diviso in due parti: quello d'Occidente, comprendente l'Italia e tutti i territori a ovest di questa, e l'impero romano d'Oriente, con capitale a Costantinopoli (l'attuale Istambul).
L'impero si stava sgretolando già da un secolo, e, almeno nella sua parte occidentale, non sarebbe sopravvissuto ancora per molto; il potere politico e l'organizzazione amministrativa dello stato erano sempre più deboli. L'unica organizzazione forte che rimaneva era quella della chiesa cristiana: i vescovi, nelle loro città, diventavano il punto di riferimento per il popolo minacciato dalle scorrerie dei popoli barbari.


 


 

 


POPOLI GERMANICI

 

 

IMPERO ROMANO

 

235-260

anarchia militare

Franchi e Alamanni si spin- gono all'interno della Gallia

254

 

I Goti invadono la Dacia e compiono scorrerie nei Balcani

256-271

 

Gallieno batte gli Alamanni a Milano e respinge i Goti

260-268

l'imperatore Gallieno perseguita i cristiani

Aureliano combatte in Pan- noria contro Vandali e Sarmati

270-275

L'imperatore Aureliano cambia la moneta

Sconfitti Franchi e Alamanni di nuovo entrati in Francia

276

 

Riconquista della Britannia (296)

285-305

Diocleziano crea il sistema della tetrarchia (293)

 

305-324

Guerre di successione

 

313

L'editto di Milano assicura la libertà delle religioni

I Sarmati e i Vandali sono
am- messi entro le frontiere dell'impero

324-337

l'imperatore Costantino tra- sferisce la capitale a Bisanzio

 

337-350

nuova crisi di successione contrasti religiosi

Franchi, Alamanni e Sassoni invadono la Gallia

353-360

Costanzo vuole imporre la fede ariana

Comparsa degli Unni in Russia Sconfitti gli Alamanni

361-363

Giuliano l'Apostata tenta di restaurare il paganesimo

Valentiniano oppone i Bur- gundi agli Alamanni

367

 

I Sassoni invadono la Britannia

369

 

Gli Ostrogoti, cacciati dagli Unni, entrano in Pannonia

375

 

Teodosio fa stabilire gli Ostrogoti in Pannonia e i Visigoti nella Mesia

376 380

l'imperatore Teodosio proclama il cristianesimo religione di Stato

 

388-394

riunifica per l'ultima volta l'impero

 

 

grandi figure di vescovi: Ambrogio a Milano e Gregorio a Tours


 

 


POPOLI GERMANICI

 

 

IMPERO ROMANO

 

394

divisione dell'impero tra i figli di
Teodosio, Arcadio e Onorio; na-sce l'Impero romano d'Oriente

il goto Alarico, penetrato in Ita- lia, viene sconfitto da Silicone che ferma anche gli Ostrogoti

402
405
409

 

Vandali, Svevi e Alani occupano la Spagna e la Gallia

410

 

Alarico saccheggia Roma i Visigoti invadono la Gallia i Vandali invadono l'Africa del Nord

412
429

 

il capo degli Unni Attila aiuta i Romani a battere i Burgundi

436
440

 

con il papa Leone Magno, il vescovo di Roma diventa il capo della Chiesa cattolica

la Britannia è occupata da Angli e Sassoni

Attila impone una pace umiliante all'imperatore d'oriente
gli Unni invadono la Gallia ma sono sconfitti dal romano Ezio
Attila entra in Italia ma è fermato dal papa Leone Magno
Genserico con i suoi Vandali devasta e saccheggia Roma

 

i Visigoti si trasferiscono in Spagna

441-442
447
451
452
455
468-477
470-500

 

i Sassoni fondano i tre regni del Kent, del Sussex e del Wessex, ma incontrano una forte resistenza da parte dei Britanni (leggenda di re Artù)

 

Odoacre depone Romolo Augustolo, ultimo imperatore d'Occidente, assumendo il titolo di rex gentium. Il riconoscimento della sua autorità da parte dell'imperatore d'Oriente segna la fine dell'impero romano d'Occidente

476

 

 

 

 

l'imperatore d'Oriente Zenone conclude la pace con Gensericc


 

 

Uomo politico e generale romano. Discendente da nobile e antica fa- miglia, si inserì attivamente nella vita pubblica attorno al 70 a. C. Uomo di smisurata ambizione e di grandi capacità militari, cercò subi- to di prevalere su tutti. Dopo aver ricoperto cariche in Spagna, formò il Primo Triumvirato (governo di 3 uomini) con Pompeo e Crasso nel 60 a. C. Nel 59 a. C. fu console e, nei 5 anni seguenti, responsabile delle Gallie con poteri molto estesi. Vinse gli Elvezi, i Germani, i Belgi. Riconfermato per altri 5 anni si spin- se fino in Britannia. Consolidò la conquista della Gallia e sconfisse gli Svevi oltre il Reno. Non volle poi abbandonare il comando delle sue truppe alla fine del mandato e tornò con esse in Italia (50 a. C: ). Sconfisse Pompeo nel 48 a. C. e concentrò su di sé tutte le cariche della repubblica, creando così una specie di monar- chia alla quale aggiunse un aspetto religioso favorendo il culto semidivino  della sua persona.

 

CAIO GIULIO CESARE
ROMA 100 a. C. - ROMA 44 a. C.

consoli: nel periodo della repubblica romana, i consoli erano i due magistrati più im- portanti. Venivano eletti per un anno e governavano assieme.
Cesare distribuì le terre ai veterani del suo esercito, mise Cleopatra sul trono d'Egit- to e modificò le leggi di Roma. Il suo piano era quello di creare un impero universale, come era stato quello di Alessandro Magno, in cui tutti i sudditi fossero uguali e che si unificasse sotto la legge di Roma. Il suo assassinio, nelle Idi di marzo del 44 a. C, mise fine a queste speranze.
Idi: il calendario romano privilegiava 3 giorni del mese: il primo, detto "calendae", il nono, "nonae" e la metà del mese, le Idi. I giorni si contavano indicando di quanto precedessero o seguissero uno di questi tre. Il terzo giorno prima delle Idi di febbra- io era quindi il 12 febbraio.
Cesare era un buon scrittore: il suo racconto della campagna di Gallia (De bello gal- lico) e i Commentarii della guerra civile sono i due suoi libri più noti.



 



 



 

 

Fonte: https://www3.ti.ch/DECS/sw/temi/scuoladecs/files/private/application/msword/1158_Domande.doc

Sito web da visitare: https://www3.ti.ch

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