Guerra fredda

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Guerra fredda

 

8 - La guerra fredda

La II guerra mondiale è oggi considerata come un grande spartiacque storico al quale è riconducibile gran parte degli eventi della storia contemporanea.
La guerra non segnò solo la fine del nazismo e il trionfo delle democrazie ma portò all’epilogo la crisi delle grandi potenze d’Europa iniziata con la I guerra mondiale.
La Germania era stata sconfitta e si avviava a perdere la sua unità; anche la Francia e la stessa Inghilterra uscivano dalla guerra vittoriose ma gravemente provate,  incapaci di mantenere l’impero coloniale (che in pochi anni sarebbe stato smantellato) e di conservare il ruolo di grandi potenze.
Solo Usa e Urss potevano aspirare al ruolo di Grandi.
In seguito al grande conflitto l’Inghilterra e i paesi del Commonwealt avevano avuto circa 550.0000 morti; gli Usa circa 290.000; l’Urss circa 20 milioni,
L’abisso che separa il sacrificio umano dell’Urss e Usa è clamoroso: è un elemento importante per comprendere i diversi comportamenti politici del dopoguerra, in quanto  più di una volta durante i vertici i capi sovietici (soprattutto Stalin) ricorderanno il gran peso sostenuto nel conflitto.

Dalla guerra l’Urss  era uscita:

  • Con una notevole potenza militare
  • Con ferite sul piano socio economico che avrebbero pesato a lungo
  • Con la produttività indebolita
  • Con la manodopera sfibrata dall’occupazione tedesca e dai ritmi di lavoro imposti in quella fase
  • Con il patrimonio agricolo a pezzi a causa dei continui saccheggi tedeschi
  • Con la siccità del 1946 e la successiva carestia che causò migliaia di morti nel ‘47

Dalla guerra gli Usa ne escono:

  • Con un numero limitato di perdite e soltanto militari
  • Con una condizione economica florida: la produzione raddoppiata rispetto al 1939, reddito nazionale cresciuto del 75%, scomparsa della disoccupazione, salari raddoppiati
  • Con il controllo dei settori produttivi strategici (carbone, petrolio, energia elettrica, materie prime)
  • Con eccedenza alimentare e di produzione tanto che si può dar vita ai piani UNRRA e ERP
  • Con crediti enormi nei confronti di tanti Paesi europei (grazie ai questi crediti impongono il dollaro e emarginano la sterlina)

Di fronte ad una potenza militare come la Russia e ad un colosso economico come gli Usa (in possesso per di più della bomba atomica), c’è il vecchio Continente il cui disastro aumenta andando da ovest a est; dopo il salasso economico-militare tra il 1939 e il ’45 l’Europa fatica a ricostruire una propria identità politica autonoma.

Si impongono così due modelli di Stato completamente diversi:
modello americano: si presenta con i contenuti della Carta Atlantica, dell’autodeterminazione dei popoli; secondo un modello capitalistico che in Europa si afferma ancora prima che in Usa (quindi c’è affinità). La politica americana può contare su una forte omogeneità  sociale ed economica. Il modello dell’affermazione della democrazia liberale in regime di pluralismo politico;
modello sovietico: era invece quello della trasformazione dei vecchi assetti politici in nome del modello collettivistico fondato sulla centralizzazione del potere e su un etica anti individualistica.
Questa contrapposizione globale tra Usa e Urss portò al sistema mondiale bipolare, con influenza determinante nella vita politica degli altri Stati.

L’Europa occidentale non rappresenta un motivo di preoccupazione politica per gli Usa, poiché ha una tradizione liberale e parlamentare  che rende inconsistenti e progetti preesistenti di rivoluzione sociale; in Europa occidentale ci sono ceti medi  e classi urbane forti; la classe operaia, pur forte, non presenta forti caratterizzazioni antiparlamentari. L’Europa occidentale è disponibile al modello produttivo e distributivo degli Usa.
Quindi gli Usa hanno il vantaggio di avere in Europa un modello affine, dove la concorrenza Urss non è credibile.

L’Urss invece: ha la pressante necessità di ricostruire dopo le distruzioni subite; per questo è intransigente sul problema delle riparazioni e procederà nei Paesi vinti a smantellamenti industriali, sanzioni finanziarie, trasferimento di popolazioni come forza lavoro. Ciò non giova alla sua popolarità.
L’Urss si autoescluderà dagli aiuti UNRRA e ERP, perché ciò significava contrattare con Usa i modelli socio economici nazionali.

L’Urss si ritroverà:

  • Isolata a livello internazionale
  • Debole a livello economico
  • Forte a livello militare (è la prima potenza del Continente)

L’obiettivo dell’Urss, pertanto, è di creare un cordone di Stati cuscinetto che garantiscano la sicurezza di confini (in funzione antitedesca, ma soprattutto antioccidentale) e che contribuiscano a creare un’area economica per dare ossigeno al proprio sistema economico.

 

Quella sovietica sarà una politica difensiva

  • con un forte connotato imperialistico:
  • Con operazioni di forza nei Paesi dell’Est
  • Solo in seconda istanza con contenuti economici e sociali innovativi (in teoria e non in pratica)
  • L’uniformità del sistema politico nell’Europa dell’est è frutto della presenza militare: ciò dimostra l’incapacità del sistema sovietico a creare una rete di alleanze con tali stati fondate sul consenso sociale e sulla identità nazionale. Per questo acutizza i rapporti con le classi sociali dei Paesi satelliti, specie con le classi danneggiate dalla politica economica impostata dai Paesi comunisti.

Dunque due modelli profondamente diversi, due concezioni diverse.

  • entrambi cercano di imporre la loro politica e il sistema economico.
  • Gli Usa lo fanno con una forma di interventismo economico che formalmente rispetta i sistemi locali: una forma di “imperialismo dalle mani pulite”.
  • L’Urss lo fa con una pressione militare che è anche occupazione, perseguendo una rigida uniformazione dei Paesi satelliti, che diventa abolizione del Parlamento (imposizione del partito unico), inteso in senso occidentale, e di ogni sistema liberale.

Si hanno due modelli di economia, l’uno basato sull’economia di mercato, l’altro sul collettivismo; che assumono una contrapposizione storica ed ideologica che solo l’alleanza antitedesca mette un po’ in secondo piano. Cioè la fase dell’alleanza anti Germania è più una parentesi e si può quasi dire che la guerra fredda è solo una accentuazione di una contrapposizione già evidente.
Da ciò riusciamo a comprendere i tatticismi tra Stalin, Roosevelt e Churchill nelle conferenze tra il ’41 e il ’46, ma anche nelle relazioni diplomatiche (esiti come frutto di convinzioni diverse).
Quando Roosevelt pensava all’autodeterminazione dei popoli intendeva l’organizzazione di libere elezioni, l’attività parlamentare ecc.
Per Stalin invece l’autodeterminazione dei popoli era la possibilità per i partiti operai di battere attraverso la via parlamentare gli altri antagonisti sociali e far compiere alla storia un balzo in avanti.

Per questo gli anni di Yalta ( febbraio ’45, conferenza di Yalta, accordo Usa-Urss: stabilisce che la Germania veniva divisa in 4 zone occupate e sottoposta a denazificazione; diverse sfere di influenza; in Polonia il governo doveva nascere dall’accordo tra componente comunista e quella filo-occidentale; in cambio l’Urss si impegnava a entrare in guerra contro il Giappone) preparano in grande stile la contrapposizione tra est e ovest, all’inizio alimentata da ambiguità nelle intenzioni (d’accordo sui governi democratici ma con diverse intenzioni) ma poi sostenuta dalle questioni di equilibrio internazionale che si sovrappongono ai problemi delle realtà locali. L’esigenza dell’Urss di avere una cintura di paesi vicini amici passa sopra alla conclamata esigenza di democrazia e di autodeterminazione.
Si capisce la difficoltà di Paesi come Romania, Bulgaria e Ungheria ad accettare la nuova collocazione internazionale: si capisce anche come il consenso sociale delle popolazioni di questi paesi nei confronti dell’Urss sia ottenuto solo con la forza.     

Villani (storico) ritiene irrealistico pensare che la ricostruzione politica dei Paesi dell’est europeo potesse essere realizzata con metodi parlamentari e liberali: sia perché i partiti comunisti cui si appoggia l’Urss non hanno forza e tradizione apprezzabili, sia perché prima vi erano regimi autoritari e di destra a maggioranza rurale (tranne la Jugoslavia), sia perché mettere in moto il meccanismo di democrazia parlamentare e liberale avrebbe significato verificare l’opinione antisovietica (e l’Urss non intendeva correre tale rischio) ritenendolo oltretutto uno strumento di stabilizzazione del dominio della classe borghese.

Per cui dalla fine della II guera mondiale sino alla fine degli anni ’80 c’è una logica di contrapposizioni e di conflittualità tra i due modelli Est e Ovest e ne fanno le spese le identità tradizionali. L’Europa infatti tornerà ad essere una identità politica solo con Maastricht 1992.

Prima nell’Ovest Europa c’è il requiem della sterlina con l’affermarsi dell’american way of life (il franco conta poco nonostante De Gaulle, il marco sa farsi valere per alcune volontà).
Nell’Est Europa si ha l’imposizione di un omogeneo modello socioeconomico, raramente capace di adattarsi alle condizioni locali.
L’Europa diventa una pedina di estrema importanza dove la lotta politica viene combattuta dagli opposti versanti del capitalismo e comunismo, democrazia e dittatura, destra e sinistra.
Da una parte, nei regimi occidentali, l’aggregazione dei partiti comunisti al Cominform impedisce la loro partecipazione a pieno titolo alla vita politica parlamentare, dall’altra nei regimi dell’est i partiti non comunisti sono emarginati e fatti fuori per i legami con la cultura occidentale.
La “cortina di ferro” evocata da Churchill nel 1946 è il simbolo di un destino che accomuna tutto il continente; per Churchill  “questa non è l’Europa per la quale abbiamo combattuto” (forte denuncia del comportamento sovietico nei paesi dell’est).

Dunque la situazione dopo la II guerra mondiale è quella che emerge dalla Conferenza di Yalta, equilibrio del terrore e conflittualità che prende il nome di “Guerra Fredda” (come la battezzò W. Lippmann). La Guerra Fredda è caratterizzata dal bipolarismo Usa/Urss, due superpotenze entrambe entità continentali multietniche, entrambe hanno superato l’identità stato-nazione, dotate di immense risorse naturali e ricchezze, portatrici di un proprio modello o messaggio (mesaggio americano: espansione della democrazia liberale, regime pluralistico, concorrenza di mercato, etica del successo; messaggio sovietico: basato sul collettivismo, partito unico, pianificazione centralizzata, un’etica anti individualistica della disciplina e del sacrificio per realizzare una nuova società).

Intanto si trattava di gestire la fase precedente il trattato di pace e poi quest’ultimo: la gestione di questa fase da parte degli Usa fu più lungimirante e generosa di quanto non fece l’Intesa nel 1919. Si intraprese un’opera di codificazione e di aggiornamento un po’ forzato del diritto internazionale includendovi un settore penale applicato al Processo di Norimberga (1945-46) e al Processo di Tokio (1946-48).
Importantissima fu la nascita dell’ONU, ispirata dagli Usa e creata con la Conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945) che nell’art. 1 dichiara che la propria finalità è mantenere la pace e la sicurezza internazionale. L’ONU si ispira a principi di democrazia, universalità, uguaglianza. Sotto la tutela del Consiglio di Sicurezza, organo permanente che in caso di crisi internazionale ha il potere di prendere decisioni vincolanti per gli altri Stati, il consiglio di sicurezza è formato da 15 membri (le 5 potenze vincitrici –Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina- oltre a 10 mombri di Stati eletti a turno tra tutti gli Stati). I 5 membri permanenti hanno diritto di veto.
Anche l’ONU risente della spaccatura bipolare della guerra fredda.

Problema della gestione della pace:

  • gli Usa puntano sulla ricostruzione dei Paesi, in un ordine mondiale stabile, senza punire i vinti.
  • L’Urss, che ha subito devastazioni dalla guerra, esige oltre alle riparazioni in termini economici anche vantaggi sul piano politico che si traducono nell’esigenza di non avere nazioni ostili ai confini
  • Non potendo scalzare l’Urss dai paesi danubiani senza scatenare un’altra guerra, Roosevelt cercò di raggiungere il compromesso di Yalta: questo nuovo ordine europeo, dove, accanto agli Usa, l’Urss avrebbe avuto un ruolo importante nel mantenere l’ordine in un’area tradizionalmente turbolenta, andò in crisi con la morte di Roosevelt (12 aprile 1945). La Presidenza degli Usa passa a Truman con un generale irrigidimento nei confronti dei sovietici.

Infatti nella Conferenza di Potsdam (luglio’45) si discute sul futuro della Germania e degli Stati dell’Europa orientale: l’Urss intanto cerca di portare al potere di questi Stati i partiti comunisti locali con l’appoggio e con forzature sui meccanismi democratici.
Si profila quella che Churchill chiamò una “cortina di ferro”.

La Conferenza di Parigi (ottobre ’46): tra i vincitori c’è accordo nei trattati con Italia, Bulgaria, Romania, Finlandia, Ungheria. Ed anche sui nuovi confini tra Urss (che si annette Estonia, Lituania e Lettonia), Polonia (arretra ad est, ma guadagna a sua volta ad ovest a spese della Germania, portando il suo confine alla linea segnata dai fiumi Oder e Neisse) e Germania (che è arrettrata). Restava aperto il nodo centrale: il problema della Germania.

Mentre è in atto tale conferenza

  • si fanno tesi i rapporti tra Urss e Turchia (appoggiata dagli Usa) per lo stretto dei Dardanelli: per la Turchia Truman invia una flotta americana nell’Egeo pronta a intervenire: tale intervento si inquadra nella dottrina di contenimento di Truman (necessità di contenere l’espansionismo sovietico), ovvero gli Usa si impegnano a intervenire quando necessario, per sostenere popoli liberi nella resistenza all’asservimento da parte di minoranze armate o pressioni straniere (riferimento all’Urss).
  • C’è lo scontro tra i partigiani comunisti e l’esercito in Grecia. Si ha l’intervento inglese e l’URSS non interviene.

 

Il Trattato di Pace viene sottoscritto nel febbraio 1947.

  • Ma già i rapporti tra i due blocchi si erano deteriorati ulteriormente.
  • Maggio ’47 in Italia si forma il governo senza la sinistra (lo stesso in Francia);
  • settembre ’47 Stalin promuove il Cominform: ufficio di informazione dei partiti comunisti. Togliatti è invitato ad intervenire, ma preferisce restare in Italia: ha paura di non tornare. Con il Cominform si costituisce un organismo cui i partiti comunisti d’occidente dovevano uniformarsi. Il PCI alla riunione veniva fortemente criticato perché non aveva fatto una adeguata opera di opposizione e si era lasciato mettere fuori dal governo.
  •  Qui si ha la Guerra Fredda: ostilità tra due blocchi contrapposti di Stati.

Va anche tenuto conto che gli Usa nel ’45-’46 mandano in Europa (e ne beneficia anche l’URSS) gli aiuti UNRRA, ma quando lanciano il Piano Marshall nel ’47 hanno la netta contrapposizione dell’Urss.

Giugno 1947 Piano Marshall: gli Usa intervengono con il peso delle loro risorse economiche per aiutare la ricostruzione in Europa e contenere l’espansionismo sovietico, secondo le linee della dottrina Truman.
I sovietici rifiutarono tali aiuti e fanno rifiutare anche i Paesi satelliti, mentre i partiti comunisti degli altri Paesi manifestano contro.
Grazie al Piano Marshall arrivano in Europa tra il ’48 e il ’52 ben 13 miliardi di dollari fra aiuti a fondo perduto, macchinari, derrate agricole. Ne consegue un forte rilancio dell’economia occidentale in un quadro di economia liberista; ma ci sono anche vincoli: obbligo di acquisto di una parte di forniture industriali americane, controlli sull’impiego di fondi e sui programmi, intese reciproche per non entrare in concorrenza.
Sul piano economico finanziario ciò si accompagnava con gli accordi di Bretton Woods (luglio 1944), con la fondazione del Fondo Monetario  Internazionale (FMI) (cioè adeguato fondo di riserve valutarie cui attingere in caso di necessità): il che contribuisce alla stabilità dei cambi, ancorandoli non solo all’oro ma anche al dollaro (gli Usa garantiscono la convertibilità).

Intanto l’Urss perseguì il disegno di trasformare gli Stati vicini (Stati satelliti) in democrazie popolari a partito unico. L’Urss per la propria ricostruzione fece prelievi di risorse finanziarie, macchinari e derrate agricole da tali Paesi, sviluppando l’industria pesante verso gli Urali e la Siberia.
Polonia: Stalin fu irremovibile nel volere in Polonia un governo amico; infatti nel giugno ’45 si insedia un governo di coalizione presieduto dal socialista Morawski e controllato dai comunisti; questi si impadroniscono dei principali centri di potere e prima delle elezioni del ’47 rompono la coalizione. Alle elezione c’è la schiacciante vittoria dei comunisti con sistematica liquidazione delle altre forze politiche.
Stessa sorte tocca alla Romania e Bulgaria.
Ungheria. Tenaci resistenze furono fatte dal partito dei contadini, che alle elezioni del 1945 aveva il 60%. I comunisti avevano il controllo del Ministero degli Interni: arresti ecc. ed il rapporto è modificato alle elezioni dell’agosto 1947; lista unica alle elezioni del maggio 1949.
In Cecoslovacchia le elezioni del ’46 fanno registrare il 38% ai comunisti con formazione di un governo guidato dal comunista Gottwald (alleanza tra partiti di sinistra); la coalizione si rompe nel gennaio ’48 per decidere se accettare di aderire al Piano Marshall; rimane il solo socialista Masaryk che muore cadendo da una finestra (morte mai chiarita).Maggio ’48 elezioni a lista unica.

Jugoslavia: qui la presa del potere da parte dei comunisti si compì senza troppi problemi. I comunisti infatti, sotto la guida di Tito, si imposero al governo del paese durante la Resistenza. Rottura con Mosca nel ’48 accusati di deviazionismo, di collusione con l’imperialismo, di non essersi attenuti alle direttive di Mosca. La dirigenza jugoslava resiste alle pressioni sovietiche e sperimenta una linea autonoma in politica estera: equidistanza dai 2 blocchi, poi darà vita al gruppo dei non allineati; in politica interna la ricerca di un equilibrio tra statalizzazione ed economia di mercato: il modello jugoslavo negli anni ’60 farà riforme basate sull’autogestione delle imprese.

Il principale terreno di scontro tra i due blocchi fu la Germania, divisa in 4 zone di occupazione, anche Berlino era divisa in 4 zone (e si trovava nella zona sovietica).
Saltata ogni intesa con l’Urss, gli altri Stati all’inizio del ’47 integrano le 3 zone attuandovi una moneta unica, liberalizzando l’economia e rivitalizzandola con gli aiuti del Piano Marshall: l’intenzione era di far rinascere un nuovo Stato. Stalin reagisce bloccando ogni ingresso a Berlino Ovest con la speranza di indurre gli occidentali ad abbandonare la città. E’ un momento di grande tensione. Un grande ponte aereo deve rifornire la città per quasi un anno.
Il blocco termina nel maggio ’49 quando vengono unificate le 3 zone occidentali e costituita la Repubblica Federale Tedesca con capitale Bonn; dall’altra parte la Repubblica Democratica Tedesca con capitale Pankow, retta da un regime a partito unico.
Ormai l’Europa è divisa in due blocchi.

Aprile ’49 a Washington è sottoscritto il Patto Atlantico: alleanza difensiva tra i Paesi dell’Europa Occidentale (Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo, Italia) e USA e Canada che prevedeva un dispositivo militare integrato composto da contingenti dei membri (NATO). Nel ’51 aderiranno al Patto Atlantico anche Grecia e Turchia, nel ’55 la Repubblica Federale Tedesca.
Nel 1955 l’Urss risponde con il Patto di Varsavia.

L’occupazione quadripartitica rimase in vigore a Austria, dove però sotto il controllo degli occupanti era già operante un governo nazionale unitario. Soltanto nel ’55 dopo la morte di Stalin fu possibile stipulare un trattato di pace: i sovietici si ritiravano da Vienna dopo aver ottenuto che l’Austria accettasse il regime di neutralità e non entrasse a far parte degli schieramenti opposti.

Il superamento della guerra fredda avverrà tramite un processo lento che inizierà con la morte di Stalin (1953) e l’affermarsi di Kruscev (1955). In questo processo sarà importante il ruolo di Kennedy: ci saranno momenti di scontro (crisi di Cuba, muro di Berlino).

 

Intanto negli USA:
Truman non ebbe l’ampiezza di visione di Roosevelt. Nel mezzo di ondate di scioperi e rivendicazioni. Il Congresso nel ’47 approva il Taft Artley Act che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Soprattutto nel ’49 in coincidenza con l’esplosione atomica russa, si scatena una campagna anticomunista detta maccartismo, dal senatore repubblicano Joseph McCarthy che la promosse. Con una legge del ’50 furono emarginati i comunisti nel mondo amministrativo, della cultura, dello sport, spettacolo…(fino al ’55).
Poi si ha la Presidenza Eisenhower che accentua l’atteggiamento di sfida nei confronti dell’Urss.

 

In Inghilterra:
Alle elezioni del luglio ’45 il conservatore Churchill fu battuto dal laburista Attle. Il nuovo governo propose un programma qualificante comprendente la nazionalizzazione della banca di Inghilterra, delle industrie elettriche e carbonifere, siderurgiche, dei trasporti; introdusse il Servizio sanitario Nazionale gettando le basi dello Stato del benessere (Welfare State). Queste riforme furono però attuate in un momento di difficile congiuntura economica e comportarono quindi molti sacrifici per la popolazione. Nel ’52 i conservatori tornarono alla guida del governo.

In Francia:
Tra il ’44 e il ’45 il governo De Gaulle propone un programma di nazionalizzazione e di sicurezza nazionale. Si hanno governi di coalizione basati sull’accordo tra tre partiti di massa: partito comunista, la Sfio e il Movimento Repubblicano Popolare di ispirazione dc. Nel ’46 De Gaulle si dimette perché non condivideva il progetto di costituzione che prevedeva una repubblica parlamentare e dà vita al Raggruppamento del popolo francese (RPF).  Nello stesso anno la coalizione tra i 3 partiti si rompe, risentendo delle tensioni della guerra fredda. Da allora, estromessi i comunisti dal governo, si succedettero numerosi governi fondati su accordi tra socialisti e partiti di centro, tutti governi instabili (IV Repubblica).

 

Bibliografia consigliata

A. Tasca – Autopsia dello stalinismo. Con testo del “Rapporto Krusciov” e un saggio di Denis de Rougemont, Edizioni di comunità, Milano, 1958.

G. Filatov – La politica dell’ Unione Sovietica nei confronti dell’ Italia alla fine della seconda guerra mondiale. Sta in: Italia dalla liberazione alla Repubblica, Feltrinelli Editore, Firenze, 1976.

E. Di Nolfo – La guerra fredda. IN: La storia, vol. 9 L’ età contemporanea, Utet, Torino 1986.

C. Pinzani – Da Roosevelt a Gorbaciov: storia delle relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica nel dopo guerra, A.C. Grafiche, Città di Castello, 1990.

Letture consigliate

- La carta atlantica (1941). In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso -  Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.

- La dottrina Truman. In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso -  Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.

- Il Patto Atlantico del Nord (1949). In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso -  Geografia della storia, Lo scontro per la supremazia mondiale 3/1, Cappelli editore, Bologna, 1998.

 

 

La Carta Atlantica (1941)

La dichiarazione sottoscritta nell'agosto 1941, e che prese poi il nome di Carta Atlantica, nasce dalla necessità di giustificare anche ideologicamente il crescente impegno americano e ricorda, per più di un motivo, i principi di Wilson. A differenza, però, dei punti wilsoniani non entra nei particolari e si limita ad enunziare principi molto generali che potevano facilmente essere accettati
da tutti e che furono poi compendiati nella formula della «quattro libertà». Fu un messaggio che contribuì a sostenere e raffórzare la lotta contro la tirannide nazista e divenne il fondamento della nuova organizzazione delle Nazioni Unite.
Dichiarazione congiunta del Presidente degli Stati Jniti d'America e del Primo Ministro signor Chur­-hill, rappresentante del Governo di Sua Maestà del Regno Unito, i quali, in occasione del loro in­contro, ritengono opportuno render taluni principi comuni alla politica nazionale dei rispettivi paesi, sui quali essi fondano le loro speranze di un avve­nire migliore per il mondo.
I - I loro Paesi non aspirano ad ingrandimenti terri­toriali o di altra natura.
Il - Essi non desiderano consentire a mutamenti territoriali che non siano conformi ai voti libera­mente espressi dai popoli interessati. III - Essi rispettano il diritto di tutti i popoli a sce­gliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere e desiderano vedere restaurati i diritti so­vrani e l'autonomia di quei popoli che ne sono stati privati con la forza.
IV - Essi cercheranno di promuovere, col dovuto ri­spetto dei loro obblighi attuali, la partecipazione da parte di tutti gli Stati, grandi o piccoli, vincitori o vinti, in condizioni di parità, al commercio e l'ac­cesso alle materie prime del mondo, che sono necessarie alla loro prosperità economica. V - Essi desiderano attuare la più piena collabora­zione, nel campo economico, fra tutte le nazioni al fine di assicurare a tutti migliori condizioni di lavoro, progresso economico e sicurezza sociale.
VI - Dopo la distruzione definitiva della tirannide nazista, essi sperano di veder stabilita una pace che consenta a tutte le nazioni di vivere sicure entro i propri confini, e dia la certezza che tutti gli uomini, in tutti i paesi, possano vivere la loro vita liberi dal timore e dal bisogno. VII - Una pace del genere dovrebbe permettere a tutti gli uomini di attraversare senza ostacoli i ma­ri e gli oceani.
VIII - Essi credono che tutte le nazioni del mondo, per ragioni sia materiali che spirituali, debbano addivenire alla rinunzia dell'impiego della forza. Poiché non sarà possibile conservare in avvenire la pace, qualora armamenti terrestri, navali ed ae­rei continuino ad essere impiegati da nazioni che minaccino, o possano minacciare, aggressioni fuori dei loro confini, essi ritengono che in attesa che sia stabilito un più vasto e permanente siste­ma di sicurezza generale, il disarmo di tali nazioni sia indispensabile. Essi inoltre appoggeranno ed incoraggeranno tutte le altre misure pratiche che possano alleviare ai popoli amanti della pace il peso schiacciante degli armamenti. 14 agosto 1941
Franklin D. Roosevelt
Winston S. Churchill
(Da W. Churchill, La seconda guerra mondiale, parte 3a, Mondadori, Milano, 1950, pp. 58 ss.)

 

 

La «dottrina Truman»

Nell'appello al Congresso (12 marzo 1947) il presidente Truman espose quella che sarebbe passata come «dottrina Truman» nella politica estera statunitense. Con essa prese ufficialmente il via la «guerra fredda», il cui referente politico interno fu l'anticomunismo maccartista.
La gravità della situazione che il mondo ha oggi di fronte esige la mia presenza a una sessione con­giunta del Congresso. La politica estera e la sicu­rezza nazionale di questo paese vi sono coinvol­te.
Un aspetto della situazione attuale, che desidero presentarvi oggi perché lo prendiate in considera­zione e perché decidiate in merito, concerne la Grecia e la Turchia.
Gli Stati Uniti hanno ricevuto dal Governo Greco un urgente appello per assistenza economica e fi­nanziaria. [...]
[Anche] la Turchia ha ora bisogno del nostro ap­poggio.
Dopo la guerra, la Turchia ha cercato aiuti finan­ziari in Gran Betagna e negli Stati Uniti, allo sco­po di realizzare l'ammodernamento necessario al mantenimento della sua integrità nazionale. Questa integrità è essenziale per la conservazio­ne dell'ordine del Medio Oriente. Il Governo Britannico ci ha informati che, a causa delle sue difficoltà, non può più fornire aiuti eco­nomici e finanziari alla Turchia. Come nel caso della Grecia, se la Turchia deve avere l'aiuto di cui ha bisogno, l'aiuto deve essere fornito dagli Stati Uniti. Noi siamo il solo paese in grado di for­nire quell'aiuto. [...] I popoli di vari paesi del mon­do hanno avuto recentemente regimi totalitari im­posti con la forza contro la loro volontà. Il Gover­no degli Stati Uniti ha elevato frequenti proteste contro la coercizione e l'intimidazione attuate, in violazione dell'accordo di Yalta (1945), in Polo­nia, in Romania e in Bulgaria. Debbo inoltre dichia­rare che in altri paesi si sono avuti sviluppi della stessa natura.
In questa fase della storia del mondo ogni nazio­ne deve scegliere fra due diversi sistemi di vita. La scelta, troppo spesso, non è libera affatto. Un sistema di vita è fondato sulla volontà della maggioranza, ed è caratterizzato da libere istitu­zioni, governo rappresentativo, libere elezioni, ga­ranzie di libertà individuale, libertà di parola e di religione, libertà dall'oppressione politica.
L'altro sistema si fonda sulla volontà di una mino­ranza imposta con la forza della maggioranza. Poggia sul terrore e l'oppressione, sul controllo della stampa e della radio, su elezioni prefabbri­cate, e sulla oppressione delle libertà personali. [...]
lo credo che debba essere politica degli Stati Uni­ti sostenere i popoli liberi che resistono ai tentati­vi di soggiogamento effettuati da minoranze arma­te o mediante pressioni esterne. Credo che noi dobbiamo aiutare i popoli liberi a costruire il loro destino alla loro propria maniera. Credo che il nostro aiuto debba essere in primo luogo di natura economica e finanziaria, il che è essenziale alla stabilità economica e a un ordinato sviluppo politico.
Il mondo non è statico e lo status quo non è con­sacrato. Ma noi non possiamo permettere cam­biamenti nella status quo in violazione della Carta delle Nazioni Unite con metodi come quello della coercizione, o per mezzo di sotterfugi come quello dell'infiltrazione politica. Aiutando le nazioni libere e indipendenti a conservare la loro libertà, gli Sta­ti Uniti danno pratica efficacia ai principi della Carta delle Nazioni Unite. È sufficiente uno sguardo alla carta geografica per rendersi conto che la sopravvivenza e l'integrità della nazione greca sono di grande importanza in un quadro molto più ampio. Se la Grecia dovesse cadere sotto il controllo di una minoranza armata, l'effetto sulla sua vicina, la Turchia, sarebbe im­mediato e grave. La confusione e il disordine po­trebbero diffondersi in tutto il Medio Oriente. Inoltre, la scomparsa della Grecia come stato in­dipendente avrebbe un profondo effetto su quei paesi europei i cui popoli lottano contro grandi difficoltà per mantenere le loro libertà e la loro in­dipendenza nella fase della ricostruzione dei dan­ni bellici.
Sarebbe una indicibile tragedia se questi paesi, che hanno lottato così a lungo contro avversità soverchianti. dovessero perdere la vittoria per la quale hanno tanto sacrificato. Il crollo delle libere istituzioni e la perdita dell'indipendenza sarebbe­ro un disastro non soltanto per questi paesi, ma per tutto il mondo. Lo scoraggiamento e il possi­bile fallimento costituirebbeto subito la sorte dei popoli vicini in lotta per mantenere la loro libertà e la loro indipendenza. [...] I semi dei regimi totalitari si nutrono di bisogno e miseria; si diffondono e crescono nel cattivo ter­reno della povertà e della lotta; e raggiungono il loro pieno sviluppo quando la speranza di un po­polo per una vita migliore è completamente scom­parsa.

 

Il Patto dell'Atlantico del Nord (1949)

Con questa dichiarazione, il 4 aprile 1949, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Islanda, Canada e Stati Uniti istituirono la NATO (North Atlantic Treaty Organization). L'alleanza politico-militare era sorta nel clima della «guerra fredda» in funzione antisovietica. Al suo interno Washington assunse la posizione-guida.
Gli Stati partecipanti al presente trattato, riaffer­mando la loro fede negli scopi e nei princìpi della Carta delle Nazioni Unite (promulgata il 24 otto­bre 1945 dall'ONU) e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi, - decisi a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro retaggio comune e la loro civiltà, fondati sui princìpi della democrazia, le libertà individuali e la prevalenza del diritto;
- preoccupati di favorire nella zona dell'Atlantico del Nord il benessere e la stabilità;
- decisi a riunire i loro sforzi per la loro difesa col­lettiva e per il mantenimento della pace e della si­curezza,
- si sono accordati sul presente trattato dell'Atlantico del Nord:
Art. 1. Le parti si impegnano, così come è stabili­to nella Carta delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi disputa internazionale nel­la quale potrebbero essere implicate, in modo che la pace e la sicurezza internazionale, così co­me la giustizia, non siano poste in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricor­rere alla minaccia o all'impiego della forza comun­que incompatibile con gli scopi delle Nazioni Uni­te.
Art. 2. Le parti contribuiranno allo sviluppo di re­lazioni internazionali pacifiche e amichevoli, rafforzando le loro libere istituzioni, assicurando una migliore comprensione dei princìpi su cui si basano le suddette istituzioni e sviluppando le condizioni atte a garantire la stabilità e il benes­sere. Essi si sforzeranno di eliminare tutti i con­trasti nella loro politica economica internazionale e incoraggeranno la collaborazione economica tra ciascuno di esse e nel loro insieme. Art. 3. Allo scopo di raggiungere con maggior effi­cacia la realizzazione degli obiettivi del presente trattato, le parti, agendo individualmente e con­giuntamente, in modo continuo ed effettivo, me­diante lo sviluppo delle loro risorse e prestandosi reciproca assistenza, manterranno e aumenteran­no la loro capacità individuale e collettiva di resi­stenza a un attacco armato. Art. 4. Le parti si consulteranno ogni volta che. nella opinione di una di esse, l'integrità territoria­le, l'indipendenza politica e la sicurezza di una di esse siano minacciate.
Art. 5. Le parti convergono che un attacco arma­to contro una o più di esse in Europa o nell'Ameri­ca del Nord sarà considerato un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengo­no che, se tale attacco dovesse verificarsi, ognu­na di esse [...] assisterà la parte o le parti così attaccate. [...]
Art. 6. Ai fini dell'applicazione dell'Art. 5, per at­tacco armato contro una o più parti si intende un attacco armato contro il territorio di una di esse in Europa o nell'America del Nord, contro i diparti­menti francesi di Algeria, contro le forze di occu­pazione di una delle parti in Europa, contro le iso­le poste sotto la giurisdizione di una delle parti nella zona dell'Atlantico del Nord, a nord del Tro­pico del Cancro; contro navi o aerei di una delle parti nella stessa zona.
Art. 9. In forza di questa disposizione le parti istitui­scono un Consiglio, nel quale ciascuna di esse sarà rappresentata, che avrà la funzione di esaminare le questioni concernenti l'applicazione del trattato. Il Consiglio sarà organizzato in modo da potersi riunire rapidamente in qualsiasi momento. Il Consiglio isti­tuirà gli organi sussidiari che risulteranno necessari e in particolare istituirà immediatamente un Comita­to di difesa che raccomanderà le misure da adottare per l'applicazione degli Artt. 3 e 5. Art. 10. Le parti potranno, con accordo unanime, invitare a partecipare al presente trattato qualsia­si altro Stato europeo capace di favorire lo svilup­po dei princìpi del presente trattato e di contribui­re alla sicurezza della zona dell'Atlantico del Nord. [...]
(Da «Relazioni internazionali», n. 14, 1959)

 

Fonte: http://scienzepolitiche.unipg.it/tutor/uploads/lezione8_-_la_guerra_fredda_001.doc

Sito web da visitare: http://scienzepolitiche.unipg.it

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