La riforma del calendario

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La riforma del calendario

Se qualcuno chiedes­se che cosa è successo nel mondo il 5 ottobre del 1582, bisognerebbe ri­spondergli che non è successo niente, proprio niente; il fatto è che quel giorno è stato cancellato dal calendario e cosi pure i dieci giorni seguen­ti. Tra il 4 e il 15 ottobre del 1582 non è successo niente, almeno per chi ha accettato la riforma del calendario promossa da papa Gregorio XIII. Quei giorni furono cancellati e si passò direttamente dal 4 al 15 ottobre.
Le ragioni della riforma gregoriana del calendario sono semplici: con la riforma fatta da Giulio Cesare nel 46 a. C., la misura dell’anno era calcolata in 365 giorni e sei ore, con una differenza in più rispetto all’anno astronomico di circa undici minuti: differenza di poco conto, che però produceva un giorno di scarto ogni 128 anni.
La divaricazione crescen­te tra calendario giuliano e anno solare minacciava complicazioni sul terreno li­turgico: la più importante festa cristiana, la Pasqua, era fissata alla pri­ma domenica dopo il plenilunio di primavera. Dunque, era decisiva la data dell’equinozio per determinare la data della Pasqua e, di conse­guenza, quella di tutte le feste mobili dell’anno liturgico, fondamentali per la vita religiosa ma anche per tutte le attività sociali nell’Europa prein­dustriale. Il concilio di Nicea aveva tentato una prima correzione, spo­stando l’equinozio di primavera dal 25 marzo al 21 marzo. Ma alla fine del Cinquecento l’equinozio si era spostato ormai all’11 marzo e la data della Pasqua di conseguenza.
Va ricordato che la questione era nota da tempo, tanto che persino Dante la accenna in un canto del Paradiso:

         “Ma prima che gennaio tutto si sverni
Per la centesima che è là giù negletta”

[Ma prima che il mese di gennaio cada in primavera, per la centesima parte del giorno, non calcolata nel calendario giuliano che, con l’andar dei secoli, provocherà tale spostamento...]
[Dante, Divina Commedia, Paradiso, XXVII, 142-143]

La questione era dunque ben presente ai matema­tici e agli astronomi: Niccolò da Cusa e Copernico nel XV secolo  avevano segnalato la cosa e fatto proposte per porvi rimedio. Ma toccò a Gregorio XIII rea­lizzare la riforma del calendario: fu nominata una commissione, presieduta dal dotto cardinal Sirleto, che scelse fra le varie proposte presenti quella del calabrese Luigi Giglio. Il 24 febbraio 1582 fu annunciata la riforma: l’equinozio di primavera era ricondotto al 21 marzo, togliendo appunto i dieci giorni tra il 4 e il 15 ottobre di quell’anno; per impedire che la differenza di undici minuti producesse lo stesso pro­blema in futuro, si stabili che degli anni secolari - tutti bisestili nel ca­lendario giuliano - solo quelli che erano perfettamente divisibili per 400 restassero bisestili: il 1600 fu dunque bisestile e tale è stato il 2000, men­tre invece non lo sono stati il 1700, il 1800, il 1900 e non lo sarà il 2100. Con questo piccolo accorgimento contabile, la differenza tra anno calendariale e anno astronomico è stata ridotta a circa 24 secondi per an­no: questo vuol dire che in 3500 anni si accumulerà la differenza di un giorno.
L’iniziativa papale mostra che Roma aveva recuperato un grande pre­stigio e che il papato post-tridentino aveva aperto le porte della sua cor­te alle scienze naturali. Il concorso di idee dei matematici e degli astro­nomi avvenne in questo contesto. Fu così che uomini di cultura come Galileo Galilei, nel XVII secolo, guardarono ai successivi papi come a protettori della ricerca scientifica. Il clima doveva cambiare in seguito, con la chiusura intollerante di una parte influente della Chiesa alle novità della scienza copernicana.
Per quanto riguarda il calendario gregoriano, non fu subito accettato da tutti: il fatto che la riforma provenisse dal papato bastò perché i paesi protestanti e quelli ortodossi la rifiutassero. L’accolsero subito solo gli stati italiani, la Spagna, il Portogallo, la Francia. Gli stati protestanti tedeschi l’accolsero nel 1700; l’Inghilterra e l’Irlanda nel 1752; Zuri­go, Ginevra e in genere la Svizzera riformata nel 1701; la Russia nel 1923. Questo vuol dire che in ciascuno di questi paesi ci sono dieci giorni di un qualche anno che sono stati cancellati dalla storia, o me­glio che si è deciso di non far esistere: cosi, in Inghilterra, non sono esistiti i dieci giorni tra il 3 e il 13 settembre 1752; a Ginevra, invece, quelli tra il 1° e l’11 gennaio 1701: e cosi via. E permangono ancora differenze: le festività della Chiesa Ortodossa risentono ancora di questo sfasamento.
Da A. Gardina, G. Sabbatucci, Storia Moderna, Laterza, Roma-Bari, 1994, pp. 252-254, con modifiche.

Gregorio XIII fu il nome assunto dal bolognese Ugo Boncompagni (1502-1585, papa dal maggio del 1572). Fu un importante fautore delle scienze e delle arti. Si adoperò molto per riunificare il continente europeo sotto il cattolicesimo, con opere diplomatiche e missionarie: con lui apparvero i primi cristiani giapponesi. Fu anche sostenitore delle congiure contro Elisabetta I.
Viene ricordato principalmente per il suo impegno per sviluppare la Riforma Cattolica.
Una sua monumentale statua è presente sulla facciata di Palazzo d’Accursio, nella centrale Piazza Maggiore a Bologna.

 

Fonte: http://www.bellodie.altervista.org/storia3a_file/Calendario.doc

Sito web da visitare: http://www.bellodie.altervista.org

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