Storia della filosofia greca

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Storia della filosofia greca

LA FILOSOFIA DA TALETE AD ARISTOTELE

TALETE

I primi passi della filosofia sono stati compiuti nelle colonie della Ionia, come Mileto ed Efeso: viene spontaneo chiedersi perchè. Probabilmente le città del continente, lontane dal contatto con altre popolazioni, rimasero chiuse e vincolate all'orizzonte cosmico e religioso tradizionale. Le città coloniali sono invece caratterizzate da un maggior dinamismo. Il fatto stesso che fossero terre di confine (e quindi a contatto con credenze e costumi diversi) contribuì a fare di queste aree zone in cui era molto sentito il problema della propria identità e della posizione del mondo . Un modo per risolvere questo problema può essere rintracciato nella ricerca di ciò che rende il mondo , nonostante la varietà dei suoi aspetti , una totalità unitaria. Aristotele ci presenta proiettato in questa ricerca il presocratico Talete. Egli nacque e visse a Mileto tra il settimo ed il sesto secolo a.c. e probabilmente non scrisse alcuna opera. La figura di Talete sfumò ben presto nella leggenda: di lui ce ne parlano in tanti. Platone, per esempio, afferma che Talete era stato abilissimo nell'escogitare espedienti tecnici, mentre lo storico Erodoto ci racconta che Talete progettò e realizzò un canale per deviare un fiume dal suo corso e farlo rientrare più avanti nel suo alveo. Sempre Erodoto gli attribuisce la predizione di un'eclissi solare, più precisamente quella del 585 a.c., ed una grande abilità come consigliere politico. Altri autori (di epoche successive) fanno risalire a Talete la dimostrazione di alcuni teoremi di geometria , ma pare difficile che siano effettivamente suoi: tra questi ricordiamo la proposizione che il cerchio è dimezzato dal diametro  che è dimostrabile tramite la sovrapposizione delle due metà. Anche per quel che riguarda l'eclissi solare, è davvero difficile che Talete l'abbia intuita tramite complessi calcoli matematici, che all'epoca non erano in grado di effettuare neppure gli astronomi babilonesi. Pare che Talete, durante la sua permanenza egiziana, riuscì pure a misurare l'altezza delle piramidi tramite le loro ombre. Nel Teeteto Platone racconta che Talete per contemplare il cielo cadde in un pozzo e una donna lo derise per il fatto che voleva guardare il cielo lui che non vedeva neppure cosa c'era per terra. Aristotele invece nella Politica narra che Talete, grazie alle sue conoscenze astronomiche e metereologiche, previde un abbondante raccolto di olive, fece incetta dei frantoi e in questa situazione di monopolio ricavò ingenti guadagni. Talete è il capostipite della ricerca delle cause e del principio. Per lui tutto, in ultima istanza, è costituito da acqua. Non sappiamo esattamente che cosa Talete intendesse con questa affermazione, ma possiamo immaginarlo. Probabilmente aveva in mente, per esempio, il ghiaccio, il vapore, l'umidità... Egli osservò poi che il cibo degli esseri viventi è in buona parte costituito da acqua, così come i semi degli esseri viventi sono umidi. E' anche possibile ipotizzare perchè Talete scelse proprio l'acqua come principio: intanto, come abbiamo appena detto, essa si trova praticamente ovunque, ma poi ha delle caratteristiche che la rendono ideale come principio della realtà: è incolore, inodore, insapore... In poche parole l'acqua non ha caratteristiche e quindi può assumerle tutte. Per individuare un principio generalmente si scelgono cose che abbiano il minor numero possibile di caratteristiche: l'acqua per Talete, l'aria per Anassimene. Talete affermò che la Terra galleggiasse sull'acqua: secondo la concezione dell'epoca vi era un immenso Oceano, una Terra tonda e delle acque interne: su quest' Oceano infinito galleggiava, secondo le credenze dell'epoca, la Terra. In Talete riscontriamo un forte influsso orientale: l'idea che la Terra galleggiasse sull'Oceano era presente in diversi miti dell'Oriente. Per di più, come detto, sappiamo che lui stesso soggiornò in Egitto e probabilmente lì ebbe modo di assimilare questi miti. Però Talete non si accontenta di accettare la tradizione mitologica, ma da buon filosofo argomenta le sue tesi. Per lui l'acqua è sia sostanza (ciò che sta sotto, upokeimenon) sia essenza (ciò che effettivamente è, ousia): sotto il mutamento continuo (ghiaccio, vapore, umidità...) la sostanza rimane sempre la stessa: è sempre acqua. Con Talete cominciano a farsi sentire i primi cenni di astrazione, ma è ancora molto legato al mondo concreto: è infatti interessante notare che la parola upokeimenon (la sostanza, ciò che sta sotto) avrà sì voluto significare in senso astratto che l'acqua nel corso dei suoi mutamenti rimane sempre acqua, ma era pregna di significati concreti: concretamente, infatti, la terra, secondo Talete, galleggiava sull'acqua e di conseguenza l'acqua sta sotto alla terra (il termine upokeimenon viene preso alla lettera). A noi risulta strana questa mistura di concreto e astratto, ma all'epoca doveva essere normalissima. Però verrebbe da chiedere a Talete: "Se la terra galleggia sull'acqua, l'acqua su cosa galleggia?"; senz'altro Talete avrebbe risposto: "Essa è il principio, perciò non vi è risposta!". Di Talete ce ne parla Aristotele e ad un certo punto dice a riguardo dell'identificazione dell'acqua come principio:"Forse si è formato questa opinione vedendo che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo deriva dall'umido e vive di esso...": pare interessante, oltre al termine "forse" che denota un'ipotesi personale di Aristotele , il fatto che si parli di principio di "tutte le cose". Si può avanzare un'obiezione: l'acqua non è il principio di tutte le cose, ma solo degli esseri viventi. Va subito precisato che concetti che per noi sono distinti, ai tempi di Talete non lo erano: non avevano distinzione tra mondo vivente e mondo non vivente: noi l'abbiamo perchè siamo avvantaggiati da strumenti tecnici. In mancanza di strumenti scientifici, la prima cosa che viene spontaneo fare per capire quali esseri sono viventi è osservare il movimento, la capacità di muoversi (Platone stesso definirà la vita come qualcosa che si muove da sè). Se cogliamo nel movimento la distinzione tra vivo e non vivo (che è la distinzione più logica che ci sia), di conseguenza dovremmo attribuire a tutto il mondo, sebbene non nella stessa misura, la vita. Spieghiamo perchè servendoci di un esempio: anche una penna , se lanciata , si muove . Dunque l'atteggiamento di Talete era di attribuire vita alla materia: si parla di "ilozoismo" (dal greco ulh, materia + zwa, animali). In realtà si tende ad evitare questa parola perchè suggerisce che partendo dall'idea di materia inerte Talete e gli altri materialisti le abbiano attribuito la capacità di movimento e quindi la vita: per Talete, invece, la materia si è sempre mossa. Una testimonianza ci dice che Talete , che fu il primo ad occuparsi di elettricità , affermò che il magnete fosse vivo perchè in grado di far muovere le cose (infatti attrae il ferro) e che avesse un'anima . Viene da chiedersi : " Ma perchè parla proprio del magnete e non in generale della materia ?" . La risposta è che questi filosofi presocratici per dimostrare partivano da situazioni chiare per tutti ( come il fatto che il magnete sposti il ferro) per poi estenderle all'intera realtà . Voleva dimostrare che la vita non c'è solo negli esseri viventi , e per farlo si serve dell'esempio più chiaro e comprensibile per tutti . Egli si serve della generalizzazione dell'esperienza : osserva attentamente la realtà e ciò che ha osservato in determinati casi particolari lo estende . Per Talete , così come l'animale fiuta il cibo e si avvicina , così il magnete sente il ferro e si avvicina . Talete affermò pure " tutto è pieno di dei " : sembra un'affermazione religiosa , il che per un filosofo sarebbe strano. In realtà risulta evidente che il principio è la trascrizione in termine filosofico della divinità, in quanto principio è ciò da cui tutto deriva : dire che tutto è pieno di dei è lo stesso che dire tutto è pieno di acqua . Anassimandro definirà "il divino principio" . Come accennavamo, Talete, oltrechè filosofo, fu anche grande matematico: calcolò l'altezza delle piramidi sfruttando l'ombra da esse proiettata ed elaborò il celebre teorema che porta il suo nome. Il teorema di Talete dice che un fascio di rette parallele determina su due trasversali insiemi di segmenti proporzionali.

Nel contesto dei presocratici e dei Milesi si colloca insieme a Talete anche Anassimandro , che nacque a Mileto nel 610 circa a.c. e morì intorno alla metà del sesto secolo : la tradizione vuole Anassimandro discepolo di Talete ; dato che a quei tempi non c'erano le scuole , si doveva trattare di un vero e proprio rapporto di disdcepolato. Senz'altro Anassimandro ha preso qualcosa dal maestro : egli infatti si cimenta nella ricerca di un solo principio e per di più che ha a che fare con l'acqua (sebbene non sia proprio acqua pura) . Anassimandro scrisse un'opera in prosa ("Perì fuseos") : la poesia cessa di essere l'unico veicolo o , comunque , il veicolo per eccellenza per trasmettere le conoscenze sull'universo e sugli uomini . Di tutta la sua opera , però , possediamo un solo frammento , peraltro difficile da contestualizzare . Se ci basassimo solo su questo frammento , Anassimandro ci sembrerebbe interessato solamente di cosmogonia (l'origine dell'universo) . Però tramite varie testimonianze ci è possibile comprendere che in realtà Anassimandro si interessava di parecchie cose e la sua opera doveva spaziare nei campi più vasti . A quei tempi il suo libro sarebbe senz'altro stato catalogato come di "storia" (dove la parola storia assume un significato differente da quello che comunemente le attribuiamo: tale parola è infatti riconducibile alla radice eid, a sua volta riconducibile al verbo greco orao, vedere), ossia di descrizione del mondo : l'opera iniziava con una cosmogonia (da cui è tratto il frammento che ci è pervenuto) in cui Anassimandro cercava di dare una spiegazione all'origine dell'universo e poi proseguiva con una cosmologia , dove egli spiegava la struttura dell'universo . La sua opera non si limitava alla cosmologia e alla cosmogonia (che però senz'altro dovevano essere le parti più filosofiche) , ma toccava anche altri argomenti . Ad Anassimandro viene tra l'altro attribuita la prima cartina geografica del mondo allora conosciuto e l'invenzione dell'orologio solare : in tal modo spazio e tempo diventano entità descrivibili e misurabili ; l'universo e il tempo in cui si scandisce la sua vicenda possono uscire dalla dispersione e essere ricompresi in una prospettiva unitaria . Anassimandro trovò il principio della realtà nell'infinito (in Greco apeiron, a + peiron = senza limite) . In realtà la parola APEIRON è intraducibile a causa della sua polisemia e si preferisce non tradurla : nella parola apeiron ci sono infatti troppi sottintesi e significati per cui scegliendone uno (che può benissimo essere corretto) se ne tagliano automaticamente fuori altri altrettanto corretti . I due significati principali della parola apeiron sono INFINITO e INDEFINITO , il primo con valenza quantitativa , il secondo con valenza qualitativa . Per Anassimandro , però , entrambe i significati erano allo stesso modo contenuti nel termine apeiron . Ora dobbiamo spiegare perchè Anassimandro abbia scelto come principio proprio l'apeiron : il principio è quel qualcosa da cui deriva tutta la realtà , quel qualcosa dove tutta la realtà va a finire e quel qualcosa in cui tutta la realtà permane . Se il principio è quindi ciò da cui deriva tutto il resto , Anassimandro deve aver pensato che esso deve essere una fonte inesauribile di tutto , senza fine . Già Talete a suo modo aveva effettuato un ragionamento del genere : l'acqua era per lui il principio di tutto perchè non aveva caratteristiche e poteva di conseguenza assumerle tutte . L' introduzione dell' apeiron rappresenta un grandissimo passo verso l'astrazione : esso ancora più dell'acqua non ha caratteristiche ; però per Anassimandro l'apeiron non è solo infinito , ma anche indeterminato (indefinito) : egli è convinto che il principio non debba avere alcuna caratteristica e quale è la cosa che ha meno caratteristiche dell'infinito ? Anassimandro quindi si distacca da Talete : l'acqua non è più il principio , ma è parte integrante dell'apeiron . Riportiamo ora il celebre frammento di Anassimandro : " da dove infatti gli esseri hanno l' origine , ivi hanno anche la distruzione secondo necessità : poichè essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo " . Mentre per Talete era implicito che la materia fosse dotata di movimento , per Anassimandro è esplicito : in realtà a parlarci di Anassimandro e a riportare il suo frammento è un filosofo minore di nome Simplicio : è difficile tradurre e capire che cosa egli intendesse dire . Sembra quasi volerci dire che Anassimandro sia stato il primo ad introdurre il fattore movimento , ma probabilmente Simplicio voleva soltanto dire che Anassimandro è stato il primo ad usare la parola " arkè " in senso filosofico , con la valenza di principio . Anassimandro ha aperto prospettive molto moderne : il concetto di infinito per esempio ricorre spesso anche nella nostra società . Anassimandro arrivò a dire che il nostro universo è un qualcosa di infinito : a noi pare ovvio , ma si è per lungo tempo pensato che fosse finito : questa concezione di finitezza dell'universo si era radicato ai tempi dei Pitagorici , che avevano attribuito al termine " infinito " una connotazione fortemente negativa e confusionaria . Anassimandro diceva che il mondo era nato e che prima o poi sarebbe morto : Aristotele invece diceva che il mondo esistesse da sempre e che sarebbe sempre esistito . Per Anassimandro il nostro mondo non è il solo nell'universo : per lui l'intera realtà universale è cosparsa di mondi come il nostro . Egli concepiva l'universo come un oceano di apeiron con sparsi qua e là infiniti mondi come il nostro . Questi mondi erano per lui realtà definite e tra l'uno e l'altro c'era l'apeiron . Ma che cosa è che dà vita ai vari mondi , che fa sì che si stacchino dall'apeiron primordiale ? Per Anassimandro è il movimento che consente la separazione dei mondi dall'apeiron . Probabilmente mentre effettuava questi ragionamenti aveva in mente i mulinelli dell'acqua : se sulla superficie ci sono corpi galleggianti (pagliuzze , rametti ...) a causa della densità si separano gli uni dagli altri . Così anche nell'apeiron ci potevano essere vortici in grado di separare i vari CONTRARI . Infatti l'apeiron è tale proprio perchè tutto è mescolato e finisce per essere indistinto : infatti caldo-freddo , secco-umido etc. se mescolati sono indefiniti . E' il movimento che riesce a separarli . Ma non è un movimento qualunque : quello dell'apeiron infatti è un movimento capace di generare e di separare . Infatti di per sè nell'apeiron i contrari non esistono ancora : vengono successivamente generati dai vortici . Questa è la cosmogonia anassimandrea : esaminiamo ora la cosmologia , vale a dire l'assetto del mondo . Anassimandro non ci parla ancora di caldo e di freddo in modo astratto , ma li identifica nell'acqua e nel fuoco , ossia in sostanze concretamente esistenti . Egli ci fa notare che il rapporto tra i contrari è conflittuale : per lui al centro del mondo c'è l'acqua fredda , in periferia il fuoco caldo : essi tendono a scontrarsi costantemente . Il fuoco fa evaporare l'acqua marina con una duplice conseguenza : la formazione di sale e di vapore acqueo . Il sale sta a rappresentare la terra , il vapore acqueo l'aria . Va senz'altro notato che Anassimandro era particolarmente attento e sensibile alle questioni di evaporazione perchè a Mileto vi erano grandi paludi e doveva quindi essere un fenomeno molto diffuso . Quindi per lui al centro c'era l'acqua , in periferia il fuoco ed in una periferia ancora più periferica una corona in cui aria e fuoco si mescolavano . La luna ed il sole non sono nient'altro che " buchi " in cui è possibile scorgere questa corona di periferia . Senz'altro per la sua cosmologia Anassimandro deve aver preso spunto dal funzionamento della pentola a pressione . Il fuoco attacca l'acqua causandone l'evaporazione , ma essa si " vendica " attaccando la corona periferica e smantellandola . Questa sua strana idea del fuoco che agisce a discapito dell'acqua deve essergli derivata dal fatto che egli scorgeva spesso fossili marini a chilometri di distanza dal mare o addirittura sui colli : significava quindi che vi era un'evaporazione costante e che il fuoco " rosicchiava " sempre più terreno all'acqua facendola evaporare . Oltre a notare l'interesse di Anassimandro per gli aspetti comuni della vita , gli va senz'altro riconosciuto il merito di aver capito che cosa fossero i fossili ( cosa che non aveva invece capito Aristotele ) . Quindi per lui il nostro mondo sarebbe finito quando il fuoco sarebbe riuscito a far evaporare tutta l'acqua ( che , come aveva notato Talete , è davvero fondmentale per la vita ) . Per Anassimandro un contrario non può vivere da solo , quindi la scomparsa dell'acqua decreterebbe anche quella del fuoco e del mondo intero . Il mondo , una volta finito , sarebbe ritornato nell'apeiron e lì ne sarebbe poi nato uno nuovo . Sempre a riguardo della cosmologia anassimandrea , va ricordato che egli non pensava che la terra fosse rotonda nè che fosse in movimento : la immaginava come il tamburo di una colonna . Per lui la terra sarebbe ferma semplicemente per il fatto che non avrebbe nessun motivo di muoversi : è al centro di tutto e quindi perchè mai dovrebbe spostarsi ? Torniamo ora al frammento a noi giunto : l'espressione " secondo l'ordine del tempo " non si è sicuri che sia effettivamente anassimandrea . E' chiaro che quando dice " da dove hanno origine , hanno fine " allude all'apeiron : il mondo una volta finito torna lì . Poi parla di " ingiustizia " : essa consiste sia nel distacco dall'apeiron del mondo (che può essere visto come una sorta di peccato originale ) sia (soprattutto) nel conflitto che oppone un contrario all'altro . A riguardo dell'idea del peccato originale , dobbiamo riallacciarci alla religione orfica , che vedeva la nascita dell'uomo come una colpa originaria : la vita sulla terra è sia l'effetto della colpa sia la punizione . Anassimandro estende questa concezione all'intero mondo : il distaccamento dall'apeiron è un peccato : i contrari stessi , opponendosi , commettono una sorta di peccato nei confronti dell'apeiron . E' interessante l'espressione " secondo necessità " : dà l'idea che le cose avvengano secondo un ordine preciso e non casualmente . Comincia a subentrare un primo e rudimentale concetto di " legge naturale " con il " secondo necessità " . Si può riscontrare nella visione del mondo di Anassimandro un forte pessimismo legato alla tradizione orfica . Anassimandro nel Perì fuseos , oltre a dedicarsi alla cosmologia e alla cosmogonia , si dedica anche alla biologia e alle prime forme di vita : egli , così ci dice una testimonianza di Aezio , sostiene che i primi viventi furono generati dall'umido ( va senz'altro notato come Anassimandro sia influenzato da Talete e alle sue dottrine che vedevano l'acqua protagonista della realtà ) , avvolti in membrane spinose e che col passare del tempo approdarono all'asciutto e , spezzatasi la membrana , mutarono in fretta il genere di vita . Per lui dalla terra e dall'acqua riscaldate nacquero o dei pesci o comunque degli animali molto simili ai pesci ; in questi concrebbero gli uomini ed i feti vi rimasero rinchiusi fino alla pubertà . Quando questi si spezzarono , allora finalmente ne uscirono uomini e donne che potevano già nutrirsi . Sembra quasi che in un certo senso anche per Anassimandro il vero principio sia l'acqua .

 

ANASSIMENE

Generalmente Anassimene viene collocato nel contesto dei "milesi" , vale a dire i filosofi della città di Mileto , nella Ionia Minore ( Talete e Anassimandro ) : egli visse poco dopo il sesto secolo . Come i suoi due colleghi , anche Anassimene individua un unico principio dal quale sarebbe derivato tutto il resto . Mentre Talete scelse l'acqua e Anassimandro l'infinito , Anassimene affermò che tutto deriverebbe dall'aria . Si possono avanzare ipotesi sul motivo di questa scelta : in fondo l'aria si identifica un pò con il cielo che era la sede degli dei e quindi non pare una scelta insensata . Di per certo sappiamo che Anassimene affermò che l'aria è il principio di tutto in quanto è principio della vita : bisogna tenere in considerazione che il termine greco che indica la vita , l'anima è "psukè" che in origine significava proprio "soffio vitale" . Comunque Anassimene viene solitamente trattato a piccoli cenni ed è sempre stato considerato inferiore rispetto agli altri 2 milesi : Talete fu l'iniziatore della ricerca del principio , Anassimandro fece un grande passo avanti introducendo il concetto di astrazione (che cosa è infatti più astratto dell'infinito ?) e Anassimene ? Egli , se ponderiamo accuratamente la situazione , ha fatto un passo indietro e non ha introdoto nulla di nuovo : è rimasto legato ad un elemento concreto quale l'aria . Tuttavia ultimamente è stato rivalutato per diverse ragioni : tra le tante una merita di essere ricordata : in epoche successive a quelle dei Milesi , un tale Diogene , uomo di estrema cultura , penserà di riprendere la filosofia milesia e tra i tre autori scelse proprio di esaminare Anassimene . Ci deve dunque essere un motivo se un uomo colto come Diogene , di cui fu allievo lo stesso Socrate , scelse proprio Anassimene . La risposta è che evidentemente Anassimene dei tre era il più coerente e classico per i successori . Anassimene non si limitò a dire che l'aria era il principio di tutto , ma si sforzò e cercò di spiegare il processo (a differenza di Talete ) : per lui il processo tramite il quale l'aria si trasforma in tutte le altre cose è quello della rarefazione e della condensazione . Come Talete aveva dimostrato la presenza della vita negli esseri non viventi mediante l'esempio del magnete che attira il ferro e che quindi è vivo , così Anassimene partì da un esempio particolare per poi estendere le sue tesi all'intera realtà . Egli si servì dell'esempio della respirazione . Notò che a seconda dell'apertura della bocca l'aria usciva diversamente : a bocca larga usciva calda , mentre a bocca stretta usciva fredda . Così estese il processo all'intera realtà sostenendo che freddo e caldo fossero il risultato di un fatto quantitativo . L'aria a seconda che sia più condensata o rarefatta implica il freddo e il caldo . Il caldo e il freddo sono quindi il risultato di processi quantitativi : sono quindi qualità derivanti da una quantità diversa d'aria . Al di là di un certo livello di condensazione si ha l'acqua , e al di là di un certo livello di rarefazione si ha il fuoco . L'aria attraverso passaggi quantitativi può quindi trasformarsi in tutto . Era il più coerente dei Milesi perchè Talete non spiegava chiaramente come l'acqua potesse trasformarsi in tutto , mentre Anassimandro nell'ambito delle ricerche naturali dei milesi era uscito un pò fuori tema introducendo il concetto di infinito ; Anassimene sarà anche stato un pò monotono (non solo nelle tematiche , ma pure nello stile ) , ma è comunque stato coerente e ha sempre motivato coerentemente le sue affermazioni . Va poi detto che fu il primo ad ipotizzare che la qualità derivasse dalla quantità , tematica poi ripresa dai Pitagorici .

ERACLITO

Eraclito vive ad Efeso tra il sesto ed il quinto secolo a.c. ; egli era di famiglia aristocratica (addirittura discendente da famiglia regale) e lo stile stesso in cui scrive risente di questa influenza aristocratica (nella sua opera dirà : " Uno è per me diecimila , se è il migliore ") . Nel suo libro "Perì fuseos" traspare palesemente un atteggiamento di disprezzo per la massa popolare (che definisce "cani" che gli abbaiano contro) ; va subito detto , però , che l'aristocraticismo di Eraclito non è molto legato alla vita politica , quanto piuttosto a quella intellettuale e culturale . Secondo la tradizione Eraclito avrebbe depositato il suo libro (di cui ci sono pervenuti parecchi frammenti) nel tempio di Artemide ad Efeso . Compie questo gesto senz'altro per il fatto che il tempio era il luogo più sicuro per la custodia (all'epoca le biblioteche non c'erano) , ma anche perchè era tipicamente aristocratico riallacciarsi al sapere della casta sacerdotale ed arcaica . Eraclito ritiene che il tempio sia l'unico luogo idoneo a custodire il suo scritto : egli infatti nutre sfiducia nella possibilità che il messaggio da lui consegnato allo scritto possa essere compreso dalla maggior parte degli uomini . Ciò dipende dai contenuti di esso , lontani dalle esperienze della vita comune , ma anche dal linguaggio e dalla forma nei quali questi contenuti sono espressi . In effetti ancora oggi non si è riusciti a comprendere la natura dell'opera di Eraclito , sebbene possediamo numerosi frammenti (oltre 100) : essa era infatti costituita di aforismi , vale a dire paginette autonome e singole . Il fatto che fosse un libro "aforistico" non significa che fossero idee campate in aria o che Eraclito saltasse di palo in frasca , cambiando in continuo argomenti : ogni frase , ogni pagina può in qualche modo essere collegata ad altre in modo argomentativo . Va senz'altro notato che Eraclito fu probabilmente il primo a fare collegamenti forma-contenuto : dal momento che i contenuti erano complessi , anche lo stile e la forma dovevano essere complessi : è come se Eraclito volesse sottolineare la difficoltà del contenuto tramite la difficoltà della forma (tant'è che veniva spesso denominato "l'oscuro" o "il piangente") . Ma Eraclito era pienamente consapevole della difficoltà di interpretazione del suo libro : da buon aristocratico diceva che non tutti gli uomini erano in grado di capire cosa dicesse : solo i migliori ce l'avrebbero fatta . Aristotele stesso riscontrò numerose difficoltà interpretative leggendo l'opera di Eraclito : perfino gli accenti sono ambigui : il termine greco " bios " , ad esempio , letto " biòs " significa " arco " , ma letto " bìos " significa " vita " (sono addirittura antitetici i significati : l'arco è un qualcosa che provoca la morte , che è l'opposto della vita ) . E' interessante e famoso il frammento in cui Eraclito dice " la natura ama nascondersi " : vuole sottolineare che non è facile trovare la realtà . In Eraclito vi è una convinzione di fondo : che l'intera realtà sia governata da un solo principio (come dicevano i Milesi ) , a cui tutto è collegato . Dirà che questi legami che legano la natura sono dettati dal " LOGOS " : nel mondo c'è una ragione che lo fa andare avanti e un discorso che lo lega . Sia ragione sia discorso vengono proprio tradotti ambedue con "logos" , che ha una miriade di significati . Logos è anche il discorso che Eraclito consegna al suo scritto , che in questo senso si presenta come espressione adeguata del logos cosmico . Questo è comune a tutti gli uomini , ma essi non sono in grado di comprenderlo perchè restano rinchiusi nel loro orizzonte privato . Eraclito paragona questi uomini a coloro che dormono e li chiama " dormienti " , in contrapposizione con coloro che son desti : quale è la differenza tra le due categorie ? Quando siamo svegli siamo in grado di mettere in comune le esperienze : non siamo soli , ma c'è un comune terreno d'intesa . Quando invece dormiamo e sognamo ciascuno di noi vive in un mondo interamente suo . I dormienti quindi , nel caso degli uomini che Eraclito così definisce , sono coloro che rinunciano al logos cosmico , che ci consente di capire insieme la realtà . Certo suona strano che un aristocratico parli di logos comune-cosmico : in realtà la questione è che quel "comune" "cosmico" si riferisce non a tutti gli uomini , ma a pochi : solo ai migliori , e non ai dormienti . Ma cerchiamo di comprendere che cosa Eraclito intenda con "logos comune , cosmico" : come accennato , la parola logos è polisemantica ed è quindi bene non tradurla . Essa si riconnette al verbo greco "lego" , che in origine significava "legare" ma che poi passò a significare "parlare" . Logos vuol dire , tra le varie cose , anche discorso : c'è l'idea di più parole che vengono tra loro legate per assumere un significato . Può anche significare "discorso interiore" in quanto prima di parlare , si effettua un ragionamento , un dialogo interno a noi stessi . Quindi passò a significare "ragionamento" e da qui "ragione" , ossia la facoltà di effettuare ragionamenti . Per Eraclito però i significati della parola logos sono essenzialmente tre : 1) La ragione che governa l'universo 2) Il pensiero che compende questa ragione universale 3) Il discorso che esprime questa conoscenza . Così come abbiamo un logos dentro di noi (la ragione) , Eraclito dice che anche nella realtà ci deve essere un logos cosmico , dove logos ha valenza di "ragione" : il logos è quel qualcosa che fa funzionare l'universo . Eraclito afferma che il logos che abbiamo nella nostra mente non è diverso da quello cosmico . Per arrivare a dire questo , probabilmente , Eraclito si deve essere chiesto : " Come è che quello che noi pensiamo esiste anche nell realtà ? " Questo è anche un modo per rispondere alla domanda : " come si ricollegano le leggi della natura e del mondo ? " . Di fatto Eraclito nega l'esistenza di un dio , ma ammette quella di una ragione universale : c'è un nesso tra la ragione che governa il mondo e quella che governa la nostra mente : sono la stessa cosa ! Quindi la sua ambiguità espositiva nell'opera "Perì fuseos" è dettata dal logos stesso , che fà sì che la natura ami nascondersi . Certo è difficile comprendere questo logos universale , ma non è impossibile : l'uomo ce la può fare usando quel frammento di logos a sua disposizione , insito dentro di lui : la ragione , che non è nient'altro che un pezzettino di logos universale di cui tutti disponiamo . Quindi tutti partiamo dallo stesso livello , ma solo i migliori riescono ad emergere e ad avvicinarsi al logos cosmico . I dormienti sono coloro che non ci riescono nè ci provano : per raggiungere il logos universale bisogna cooperare , non agire da soli e nel proprio interesse : Eraclito dice " bisogna seguire ciò che è comune ; infatti ciò che è è comune di tutti . Ma pur essendo il logos di tutti , la folla vive come se avesse un proprio ed esclusivo criterio per giudicare " . Eraclito era del parere che una città per funzionare avesse bisogno delle leggi : come il logos cosmico governa il mondo , così le leggi governano la città . Anche le leggi , come la mente umana , rappresentano un frammento di logos universale . In Eraclito matura l'idea che la legge umana derivi da quella naturale , della fusis (natura) . Tutte le leggi umane , nella misura in cui sono giuste , attingono da un'unica legge cosmica . A quei tempi vi era anche chi diceva che le leggi umane fossero puramente convenzionali e non c'entrassero nulla con la natura . Sebbene Eraclito arrivi ad ammettere che il principio sia il logos , un'entità assolutamente astratta , tuttavia egli sente il bisogno di incarnarlo in qualcosa di materiale , e più precisamente nel fuoco . Eraclito dice che l'universo non è il prodotto di dei o uomini , ma un ordine universale unico ed eterno . Egli lo identifica con " il fuoco sempre vivente " . Con il riferimento al fuoco , Eraclito non intende soltanto introdurre una variazione rispetto alla tesi , tradizionalmente attribuita agli ionici a partire da Aristotele , dell'unicità del principio . Intende piuttosto insistere sulla peculiarità di comportamento del fuoco : si accende e si spegne regolarmente secondo una misura , come appare anche dal sole , che ora brilla e ora si spegne . La vicenda cosmica in tutti i suoi aspetti e nelle sue incessanti trasformazioni è infatti regolata da una misura . La mobilità del tutto non è un divenire casuale o disordinato , ma è regolata secondo ritmi precisi . Eraclito sostiene che non si tratti solo della successione di un opposto all'altro , del giorno alla notte , della vita alla morte e così via . La guerra assurge a simbolo e insieme regola di tutto ciò che avviene nell'universo . Questo è caratterizzato da un'armonia superiore consistente nell'unità e identità degli opposti in tensione tra loro . Quindi anche per Eraclito la ricerca dell'unità , al di sotto dell'apparente molteplicità e dispersione di ciò che appare ai più , è l'obiettivo primario . La guerra tra gli opposti non è espressione di ingiustizia , come ritengono i più e come aveva detto Anassimandro : il divenire di tutte le cose è il risultato del perenne conflitto che permea il tutto e si esprime nell'incessante tensione e trasformazione di un contrario nell'altro . Il fuoco suggerisce bene l'idea di questo costante divenire , di dinamicità , di trasformazione e di identità degli opposti : dove c'è il fuoco c'è la vita , ma il fuoco porta anche la morte . Eraclito polemizzerà moltissimo con i Pitagorici (ed in particolare con Pitagora che definirà "inventore di coltelli" , vale a dire dell'arte tagliente della retorica , che mira ad affascinare l'ascoltatore con dialoghi raffinati , ma privi di verità) , che sostenevano la pace e l'armonia dei contrasti e che vedevano nella musica la struttura numerica della realtà . Per lui la vera armonia è la tensione tra i contrasti : se prendiamo un arco o una lira , notiamo che essi funzionano fin tanto che la struttura data dal contrasto e dalla tensione degli opposti regge . Divenire significa proprio passare da un opposto all'altro . Mentre nella nostra società si tende a dare un valore negativo alla guerra , Eraclito dice che polemos (la guerra) è il padre di tutte le cose , è ciò che rende liberi o schiavi gli uomini . Da notare che non si può conoscere pienamente una cosa se non si conosce il suo opposto : non si può conoscere davvero la schiavitù se non si sa che cosa sia la libertà . Per Eraclito la guerra è una grande cosa perchè determina quali siano gli uomini più valevoli e quelli inferiori : anche nella guerra c'è un frammento di logos universale . Per Eraclito c'è armonia solo quando i contrari sono in tensione : è l'opposto di quanto dicono i Pitagorici . In un suo frammento Eraclito afferma che il diametro del sole sia di un piede umano , il che è un'assurdità e lui lo sapeva bene : con quest'affermazione sconcertante egli vuole dire così come è assurda la sua affermazione , tutte quelle che dicono che le cose sono come sembrano sono assurde . In un altro frammento dice di aver indagato se stesso : salta all'occhio questa affermazione perchè sul tempio di Apollo a Delfi c'era scritto "gnoti sautòn" (conosci te stesso) : lui dice di aver indagato se stesso ed emerge il legame di Eraclito con il mondo arcaico e sacro , tipicamente aristocratico . Probabilmente quest'affermazione va riferita ad un'importante constatazione di Eraclito : voleva conoscere il logos dell'anima e dice di aver scoperto che l'anima non ha dimensioni , non è definita . Dice poi che il suo logos è profondo , quasi con l'idea dello scavare in profondità alla ricerca dell'anima . Eraclito biasima anche Esiodo , l'autore della "Teogonia" , che tra le varie coppie di contrari aveva individuato il giorno e la notte , ma che non le aveva individuate come identità di opposti . In un frammento dice "la via in su ed in giù è unica ed identica" : un qualsiasi percorso in pendenza è sia salita sia discesa e ciò significa che le stesse cose possono contemporaneamente essere opposte ed identiche ed in particolare traspare l'identificazione degli opposti : la salita e la discesa sono tra loro opposti , ma si identificano , sono la stessa cosa . Interessante è il frammento in cui dice : " il fulmine governa tutte le cose " ; il fulmine è strettamente connesso al fuoco , che governa tutto ed è l'attributo principale di Zeus , il padre degli dei . Gli stoici pensavano che vi sarebbe stato un grande anno in cui vi sarebbe stato un incendio che avrebbe portato alla conflagrazione del mondo e che dopo ciò ne sarebbe nato uno nuovo . Essi amavano Eraclito perchè pensavano di leggere nei suoi frammenti idee simili , quali la conflagrazione . In effetti c'è un frammento eracliteo in cui dice che il fuoco può cambiarsi in tutte le cose e che tutte le cose si possono cambiare in fuoco , ma lui intende semplicemente dire che una parte di cose viene di continuo cambiata in fuoco , e una parte di fuoco viene di continuo cambiata in cose : c'è un equilibrio : Eraclito non intendeva assolutamente parlare di conflagrazioni o robe del genere : si tratta di interpretazioni errate da parte degli stoici . Uno dei frammenti senz'altro più famosi di Eraclito è quello che dice : " Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo , siamo e non siamo " : si può interpretare che il fiume è sempre lo stesso e noi stessi manteniamo la nostra identità , ma al tempo stesso sempre diverse sono le acque nel loro scorrere , come sempre diversi siamo noi in ogni istante del tempo : in noi stessi quindi si manifesta incessantemente l'unità degli opposti , il nostro essere e non essere . Da questo frammento prenderà il via la filosofia di Cratilo , un seguace di Eraclito che pare essere stato maestro di Platone stesso : egli estremizzerà le posizioni di Eraclito e diventerà il filosofo del "panta rei" (tutto scorre) :a suo avviso è impossibile dare i nomi alle cose perchè cambiano di continuo:noi chiamiamo Pò un fiume ma non è corretto:non esiste qualcosa che si chiami Pò perchè cambia in continuo (è un esempio evidente perchè le acque si rinnovano in continuazione);si fissa artificialmente una cosa che non è fissabile perchè in continua mutazione.Cratilo con il "panta rei" arriva a dimostrazioni sofistiche:è impossibile conoscere qualcosa che cambia sempre.Quindi in teoria ,dal momento che non si possono attribuire nomi,bisognerebbe solo indicare le cose senza chiamarle per nome . Ritornando ad Eraclito e all'identità degli opposti , egli dice che " il mare è l'acqua più pura e impura , per i pesci potabile e salutare , per gli uomini imbevibile e letale " : in questo frammento si può anche scorgere il famoso relativismo assoluto di Protagora : il vino ad esempio c'è chi lo sente dolce e chi lo sente amaro , ma non si può effettivamente dire se esso sia amaro o dolce : dipende da come ciascuno lo sente

 

PITAGORICI

Con i Pitagorici ci troviamo per la prima volta di fronte ad un'autentica scuola filosofica , sebbene molto arcaica e rudimentale . Siamo in pieno VI secolo a.C. e la scuola filosofica assume il carattere di scuola mistica : i contenuti si rispecchiano infatti parzialmente nella setta degli Orfici , mentre le pratiche sono assolutamente uguali : basti pensare che per entrare a far parte della scuola bisognava essere sottoposti ad un rito di iniziazione . Tutti i pensatori che lavorarono in questa scuola vengono generalmente chiamati Pitagorici , dal nome del loro maestro Pitagora , simbolo del passaggio di secolo : finisce il sesto ed inizia il quinto . Oltre a segnare il passaggio di secolo , Pitagora e la sua scuola segnano anche il passaggio della filosofia dalla Grecia e dalle zone della Ionia alla Magna Grecia (che possiamo per lo più identificare con il Sud dell' Italia) . Cerchiamo di analizzare le vicende di Pitagora : egli nacque a Samo e vi restò finchè non salì al potere un tiranno , Policrate , sfavorevole all'aristocrazia , nella quale Pitagora si identificava . Quello di Policrate non è un caso isolato : tutto il quinto secolo in Grecia (e non solo) è infatti una fase di passaggio da aristocrazia a democrazia (i tiranni infatti erano appoggiati dal popolo) ; il concetto di tiranno va depurato parzialmente dalle connotazioni negative che gli attribuiamo oggi : i tiranni per lo più erano personaggi di gran carisma che fecero perfino progredire le città . Così Pitagora si vide costretto a fuggire esule a Crotone , nell'attuale Calabria . Ed è qui che fondò la scuola , che incontrò ben presto successo presso i ceti aristocratici ed i Pitagorici acquisirono un peso determinante nella vita politica di Crotone e delle località a lei vicine : nella scuola l'insegnamento , originariamente , non era affidato allo scritto , ma era impartito oralmente . Entrare nella scuola era molto difficile e quando si entrava non vi era la libertà di agire a piacimento : per un pò di tempo si era Pitagorici " in prova " , acusmatici ossia ascoltatori di precetti che venivano impartiti senza che venisse mostrato il perchè : gli acusmatici di loro non dicevano nulla , ma si limitavano ad imparare i precetti dei Pitagorici già maturi . Interessante è il modo di definizione pitagorico : se ad esempio veniva loro chiesto che cosa fosse bello , rispondevano dicendo la cosa più bella . Era come se leggessero la domanda " che cosa è bello ? " in questo modo : " Quale è la cosa più bella ?" .E' interessante notare che Aristotele quando ci parla degli autori lo fa singolarmente , ma nel caso dei Pitagorici descrive collettivamente : la scuola stessa era caratterizzata da una vita collettiva ( con tanto di comunione dei beni ) , religiosa e politica , in cui i legami interni erano fortissimi . A Pitagora fu attribuita la valenza di profeta e la sua figura sfumò presto nella leggenda . Le dottrine della scuola erano segrete e anche dopo la morte di Pitagora continuarono ad essere a lui attribuite le variazioni e le evoluzioni , immaginando che parlasse tramite la divinità : da qui nacque la famosa espressione " ipse dixit " (l'ha detto lui in persona) , con la quale si indicava che ogni elaborazione non era altro che uno sviluppo delle dottrine del maestro Pitagora . Proprio per questo non sappiamo se il celebre teorema di Pitagora sia effettivamente suo o di qualcun altro . La scuola ebbe anche grande influsso sulle altre colonie greche . La scuola però ebbe fine quando nel 510 circa vi fu una rivolta democratica a Crotone che portò alla distruzione della scuola , che era di schieramento aristocratico . La tradizione narra che l' opposizione democratica crotoniate , guidata da un certo Cilone , assalì i Pitagorici nella loro sede e ne fece morire un gran numero nelle fiamme . Sembra poi che il Pitagorismo abbia perfino influenzato le civiltà "barbare" e che il re Numa Pompilio sia stato un pitagorico , ma molto probabilmente si tratta semplicemente di leggende . Si dice spesso che i Pitagorici fossero anti-femministi , aspetto che per altro era caratteristico dell'intera società greca , ma probabilmente non è corretto : basti pensare che nella scuola le donne erano accettate . Entriamo ora nell'ambito delle dottrine pitagoriche : due risultano essere le più importanti . 1)Quella della TRASMIGRAZIONE DELLE ANIME , di forte derivazione orfica : l'Orfismo trovò fertile terreno di sviluppo nell'Italia Meridionale e senz'altro sostenne la dottrina della trasmigrazione delle anima prima dei Pitagorici . Sembra quindi che Pitagorismo e Orfismo siano la stessa cosa , ma non è così . L' Orfismo è di carattere maggiormente religioso , il Pitagorismo è più filosofico . Ma vi è poi un'altra grande differenza , che consiste nei mezzi con cui si può raggiungere il fine (la purificazione) : per gli Orfici occorreva compiere riti e vivere in modo giusto , per i Pitagorici bisognava sì vivere in modo giusto e compiere riti , ma anche (e soprattutto) conoscere i numeri , che stanno alla base della dottrina pitagorica 2) Quella dei NUMERI , che è legata , come abbiamo visto , alla precedente . I Pitagorici furono i primi ad occuparsi in maniera sistematica della matematica . Ritenevano che i principi della matematica fossero anche i principi dell'intera realtà . Notarono che la matematica aveva tutti i principi adatti per essere presa come principio dell'intera realtà . Essa non è un'opinione (ancora oggi si dice che la matematica non è un'opinione) e Aristotele stesso dirà che gli oggetti di studio della matematica sono permanenti ed immutabili . Se ad esempio prendiamo la musica , gli accordi non sono nient'altro che rapporti matematici . Proprio partendo da questo esempio , che è il più evidente , estesero le loro dottrine all'intera realtà , così come aveva fatto Talete con il magnete . Così come Talete aveva notato che tutte (o quasi) le cose sono caratterizzate dall'acqua , i Pitagorici notarono che tutte le cose sono caratterizzate dalla misurabilità , vale a dire che si possono misurare . Chiaramente questo segnò un grandissimo passo avanti verso l'astrazione . Bisogna senz'altro riconoscere un merito ai Pitagorici : per loro infatti la fisica è spiegabile tramite la matematica . Il loro rapporto con la matematica non è puramente metodologico , come è per noi , ma anche ontologico : non si tratta per loro di studiare solo i numeri , ma anche la realtà , sevendosi dei numeri . Nonostante i Pitagorici abbiano avuto la grande intuizione di applicare la matematica per indagare la realtà , non se ne sono serviti poi molto . Il motivo di questo loro limite è dovuto in gran parte alla mancanza di strumenti concettuali e materiali . Non potendo fare della matematica un uso effettivo , finirono per provare a cogliere delle somiglianze tra le caratteristiche dei numeri e quelle della realtà . Per esempio arrivarono a dire che il numero due corrispondeva al genere femminile , il tre al maschile , il cinque al matrimonio (3+2 = 5) . Il quattro ed il nove corrispondevano invece alla giustizia in quanto erano i primi numeri quadrati e suggeriscono l'idea di ordine . Nel tempo stesso va detto che la speculazione numerica pitagorica non può non essere stata influenzata dall' osservazione dei fenomeni astronomici : dagli astri essi debbono aver tratto le loro prime idee dei numeri aventi posizione , cioè fissati come punti nello spazio , degli aggruppamenti numerici formanti figure geometriche definite e costanti , della ricorrenza di alcuni numeri nei fenomeni celesti . In altre parole il numero viene elevato a principio universale di interpretazione , via via che é esteso dall' ordine aritmetico a quello geometrico e , finalmente , all' ordine fisico . Così , espressione spaziale dell' uno é il punto ; della linea , limitata da due punti , il due ; della superficie il tre ; del solido il quattro . E' Aristotele che attribuisce ai Pitagorici la dottrina secondo la quale i numeri costituiscono l'essenza di tutte le cose . Per comprendere meglio il significato di essa è necessario tenere conto del modo in cui erano abitualmente compiute le operazioni di calcolo . I Greci si servivano dei psephoi , ossia di pietruzze mediante le quali i vari numeri erano rappresentati visivamente . Con questi numeri figurati è possibile costruire serie , per esempio quella dei numeri quadrati . Infatti partendo dal primo numero quadrato , 4 (2x2) , essenza della giustizia , raffigurato con quattro punti

applicando lo gnomone , ossia una specie di squadra , si può ottenere il numero quadrato successivo 9 (3x3) , anch'esso essenza della giustizia , in questo modo

, ossia 16 , il quadrato di quattro e così via con i numeri successivi . Da notare che i Pitagorici non conoscevano lo zero ed è anche facile capire il perchè : con le pietruzze è impossibile rappresentarlo . Questo fatto contribuisce a conferire all'uno uno statuto particolare : è un'entità indivisibile , rispetto alla quale nulla è antecedente . Più che un numero come gli altri , l'uno è la sorgente da cui nascono tutti gli altri numeri .Questi a loro volta si suddividono in pari e dispari , che i Pitagorici identificavano con l'illimitato ed il limite . L'uno veniva chiamato parimpari , in quanto aggiunto ad un dispari genera un pari ed aggiunto ad un pari genera un dispari : ciò significa che l'uno deve contenere in sè sia il pari sia il dispari . Il dispari , a sua volta , diviso in due lascia sempre come resto un'unità che permane come limite , mentre ciò non avviene nel caso del pari , che è pertanto identificato con l'illimitato , l'infinito , che con i Pitagorici diventa un concetto fortemente negativo e così sarà per tantissimo tempo . Mediante il calcolo con i sassolini i Pitagorici dimostrano visivamente alcune proprietà relative a queste classi di numeri : per esempio che pari + pari dia pari , che dispari + dispari dia pari e così via . Di grande simpatia godeva anche il 10 , che rappresentava tutti gli altri insieme . Inoltre esso era una sorta di compendio dell'intero universo ed è rappresentabile sotto la forma chiamata tetraktys (letteralmente significa " gruppo di quattro") .
Infatti all'uno corrisponde il punto , i due punti individuano una linea , tre punti la superficie , quattro punti il solido . La tetraktys rappresenta quindi la successione delle tre dimensioni che caratterizzano l'universo fisico , alla quale corrisponde appunto la somma di 1+2+3+4 , ossia appunto 10 . Queste considerazioni mostrano come per i Pitagorici ciascun numero è dotato di una propria individualità e pertanto non tutti i numeri si equivalgono come importanza (sembra che l'aristocrazia dei Pitagorici coinvolga addirittura i numeri) . I numeri costituiscono una gerarchia di valore e alcuni numeri assurgono a simboli di altre entità , fisiche o concettuali : è il caso della giustizia , rappresentata dal 4 e dal 9 . E visivamente il quadrato è rappresentato come la figura avente i lati uguali . Questa trama di corrispondenze simboliche tra numeri e cose è chiamata dai moderni " mistica del numero " . E' la conoscenza di questo complesso universo di relazioni tra numeri e cose che costituiva per i Pitagorici il vertice dell'apprendimento . Tra i numeri esistono " logoi " , ossia rapporti e tra i rapporti è possibile rintracciare una proporzione (in greco " analoghia ") , ossia uguaglianze di rapporti . Soprattutto Archita sembra essersi dedicato allo studio di esse . I rapporti e le proporzioni si manifestano soprattutto nell'ambito musicale , dove è centrale la nozione di armonia . Poichè anche i corpi celesti compiono con i loro movimenti percorsi regolari , esprimibili numericamente , i Pitagorici giungono a sostenere l'esistenza di un'armonia delle sfere celesti , non afferrabile dall' occhio umano . Il cosmo (la parola greca " cosmos " significa ordine ) dei Pitagorici è costituito infatti da un fuoco centrale , paragonato al focolare di una casa , intorno al quale ruotano la terra , la luna , il sole , i cinque pianeti allora conosciuti , ed il cosiddetto cielo delle stelle fisse . Forse per contemplare la serie fino a raggiungere il 10 i Pitagorici aggiungono anche l'antiterra , situata tra il fuoco centrale e la terra . L'aspetto più interessante della cosmologia pitagorica è che la terra non viene vista come centro dell'universo . Ma numero e proporzione dominano non solo su questa scala cosmica , ma anche all'interno del mondo umano . Essi sono all'occhio dei Pitagorici lo strumento fondamentale per far cessare la discordia tra gli uomini e instaurare l'armonia tra essi , nei loro rapporti economici e politici , attribuendo a ciascuno secondo la proporzione geometrica ciò che gli è dovuto in rapporto al suo valore e non a tutti lo stesso . Risalta anche qui l'orientamento aristocratico dei Pitagorici , contro i quali tuonerà Eraclito : per lui infatti il rapporto tra gli opposti non deve essere di armonia , ma di lotta , di tensione . Per i Pitagorici invece per avere armonia ci deve essere annullamento tra gli opposti . Tra i Pitagorici va senz'altro ricordato Filolao , che compose uno scritto in dialetto dorico (che secondo la tradizione sarebbe stato comprato da Platone stesso) . Della sua opera ci sono rimasti alcuni frammenti dove è annunciata in maniera assertoria la tesi che il cosmo è composto di elementi illimitati e limitanti . Ritornando alle dottrine pitagoriche , come i movimenti celesti sono eterni , perchè in essi , per la loro circolarità , il principio e la fine si ricongiungono , così anche l' anima , a differenza del corpo , ha una serie di ritorni periodici . Del ritorno periodico di tutte le cose , diceva il pitagorico Eudemo che , data l' identità del moto e la costanza delle successioni , tutti gli eventi si riprodurranno in un tempo prefisso : " così anch' io tornerò a parlare , tenendo questo bastoncino in mano , a voi seduti come ora ; e tutto il resto si comporterà ugualmente " .

 

Parmenide fondò ad Elea , nell'attuale Campania , una vera e propria scuola filosofica e diede inizio alla corrente di pensiero eleatica che vede in Zenone e Melisso due discepoli e sostenitori . Parmenide fu attivo ad Elea verso il 500 a.c. , nacque da famiglia aristocratica e avrebbe contribuito alla legislazione della città . Permangono dubbi a proposito del suo possibile soggiorno ad Atene insieme al discepolo Zenone , dove avrebbe incontrato Socrate . Il tema della ricerca è molto sentito da Parmenide , ma è la divinità stessa ad indicare la via che occorre percorrere . Spesso la corrente di pensiero fondata da Parmenide viene denominata "monismo eleatico" per il fatto che essi , se vogliamo riallacciandosi ai Milesi e distaccandosi dai Pitagorici , sostenevano che tutto fosse riconducibile ad un unico principio . In realtà la tradizione antica vuole che il fondatore della scuola di Elea fosse Senofane , partendo da due presupposti ; in primo luogo Senofane aveva girato mezzo mondo ed era pure passato ad Elea . In secondo luogo , il tema centrale degli eleatici era l'unitarietà dell'essere , tema già presente in Senofane . Però al giorno d'oggi sappiamo che questo è davvero improbabile : è vero che Senofane predicava l'unitarietà , l'immutabilità , l'eternità e tutte le altre cose che predicavano gli eleatici , ma egli le riferiva interamente alla divinità , mentre gli eleatici le riferivano all'essere . Senofane era un teologo , Parmenide un ontologo : il concetto dell'essere è molto più astratto di quello della divinità . Gli eleatici sostengono l'immobilità della causa e così essa viene a mancare in quanto la sua funzione è quella di spiegare a che cosa è dovuto il cambiamento , che per loro non esiste : l'essere è immutabile . La parola essere (in greco "tò on" , ciò che è ) è proprio a partire da Parmenide che entra nell'uso filosofico . Egli fece un ragionamento che comportò un enorme passo avanti verso l'astrazione : notò infatti che tutti gli enti sono tra loro diversi , ma che hanno in comune il fatto di essere , di esistere . Abbiamo detto che egli fu un ontologo : ma cosa significa ? L'ontologo è colui che studia " l'essere in quanto essere " (come dice Aristotele) , vale a dire le caratteristiche di tutto quel che esiste . Aristotele ci parla di Parmenide e dice che studiava l'essere secondo definizione : si tratta quindi di indagare secondo definizione : la differenza tra Parmenide e gli altri pensatori sta proprio nel fatto che egli non iniziava la sua indagine partendo da constatazioni empiriche per arrivare alle conclusioni ; lui partiva dalla definizione di cosa è l'essere e tramite una serie di deduzioni arrivava alle conseguenze , spesso in netta contrapposizione con le testimonianze dei sensi . Parmenide non accenna mai alla realtà empirica . Arriva ad esplicitare due tautologie : a) l'essere è b) l'essere non è . Parmenide scrisse un poema in esametri (proprio come Senofane ed Empedocle), intitolato "Sulla natura" (Peri fusewV) , di cui ci rimangono frammenti . Mentre Senofane si serviva dell'esametro per avere maggior successo sugli ascoltatori e perchè la sua opera si divulgasse il più possibile , Parmenide scriveva in esametri perchè descriveva argomenti divini e quindi il verso epico era il miglior verso per parlare di tali argomenti . L'opera era strutturata in un proemio e due parti successive : proprio alla fine del proemio la divinità spiega che ci sono 3 vie da seguire : 1) L'essere è 2) L'essere non è 3) Si mescolano insieme l'essere ed il non essere . La seconda via verrà dichiarata impraticabile e puramente teoretica : è infatti impossibile dire o pensare ciò che non è . La terza via è quella che imboccano i comuni mortali , che mescolano l'essere con il non essere : per esempio i mortali parlano di nascere e morire , il che implica una mescolanza di essere e di non essere : nascere vuol dire essere , ma anche non essere prima di essere e morire vuol dire non essere , ma anche essere prima di non essere .Il criterio per giudicare scorretto il linguaggio degli uomini non è la sua corrispondenza a quanto ci è testimoniato dai sensi : a questi infatti appaiono oggetti che nascono e che muoiono . Ma il verdetto di Parmenide sul linguaggio e sulle opinioni degli uomini , collegate a quel tipo di linguaggio , non assume a criterio di giudizio le apparenze fornite dai sensi , bensì il contenuto logico delle parole usate dagli uomini . Essi infatti usano parole nelle quali si trova mescolato in modo contraddittorio ciò che è disgiunto radicalmente , ossia essere e non essere . Con i termini " è " ed " essere " Parmenide intende probabilmente una molteplicità di cose . Infatti dire che qualcosa è , può significare che esso è presente o che esso esiste o che è qualcosa o che è vero . Tutti questi significati sono presenti nell'essere di Parmenide . Solo ciò che è può essere propriamente pensato e detto : questo comporta un necessario legame tra ESSERE , PENSIERO e LINGUAGGIO . Partendo dalla disgiunzione assoluta tra " é " e "non è ", Parmenide procede quindi ad individuare quali sono le proprietà di ciò di cui si può propriamente pensare o dire che è . Egli introduce in tal modo una procedura che resterà essenziale per il ragionamento non solo filosofico , ma anche matematico . Si tratta della DEDUZIONE , vale a dire il ragionamento che partendo da proposizioni ammesse come premesse ricava delle conclusioni : si parte da definizioni e verità generali per passare in modo logico a nuove verità più particolareggiate . In particolare Parmenide mette in opera una particolare forma di deduzione consistente nella cosiddetta DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO , della quale Zenone farà la base per la sua filosofia . Essa assume come premesse il contrario di ciò che si vuole dimostrare e ne deduce una serie di conseguenze contraddittorie o errate . E poichè queste conseguenze sono errate , ne risulta che sono errate le premesse a partire dalle quali sono ricavate . Il risultato è che saranno vere le premesse contrarie a quelle errate . E' proprio con la dimostrazione per assurdo che Parmenide dimostra l'immutabilità , l'immobilità , l'indivisibilità e l'unicità dell'essere . Ammettiamo che l'essere muti : ne consegue che esso è ciò che non era prima o non è ciò che era prima . Ma in tal modo si attribuisce a una stessa cosa l'essere e il non essere , il che va contro quel carattere di disgiunzione assoluta tra " é " e " non è " , assunto come necessario all'inizio . Per evitare tale contraddizione , diventa allora necessario concludere esattamente l'opposto , ossia che l'essere non muta . Lo stesso vale per dimostrare l'unicità : se l'essere fosse molteplice occorrerebbe riconoscere che ciascuno di questi molteplici è se stesso e non è altri e pertanto nuovamente sarebbe e non sarebbe . L'essere è immobile : ammettiamo che si muova ; una cosa è mobile quando si muove da una cosa ad un'altra : l'essere quindi si dovrebbe muovere verso qualcosa di diverso da se stesso . Ma il diverso dall'essere è il non essere , che non esiste : quindi l'essere è immobile . Tra le proprietà dell'essere Parmenide introduce anche il carattere finito di esso : infatti se fosse infinito sarebbe incompiuto e quindi mancherebbe di qualcosa ; ma se manca di qualcosa vuol dire che non è ciò di cui manca . Anche la nozione di infinito quindi comporta una mescolanza contradditoria di essere e non essere . Per questo Parmenide paragona "ciò che è" (to on) ad una sfera compatta , la quale esprime nel miglior modo possibile il carattere di compiutezza e totalità che caratterizza l'essere . La prima parte dell'opera si chiamava "ALETHEIA" (alhqhia, "verità" , dal verbo "lanqanw" : la verità è ciò che non si nasconde) e rappresenta la prima via e la verità di primo livello . L' altra parte dell'opera si chiamava "DOXA" (doxa "opinione") e rappresentava la seconda via e la verità di secondo livello . Nell' Aletheia Parmenide fa considerazioni sull'essere mentre nella Doxa presenta una sorta di mezza verità , dove cerca di rendere compatibile la testimonianza dei sensi con la verità vera e propria : è come se cercasse un'interpretazione del mondo fisico compatibile con i sensi , con il modo in cui lo vediamo , e non in contrasto con l'Aletheia . Del proemio del "Peri fusewV" possediamo molto , della Doxa invece abbiamo solo pochi frammenti e questo testimonia che era ritenuta contraddittoria perchè dà l'impressione che Parmenide voglia distaccarsi da quanto aveva affermato più volte in precedenza : ciò che capiamo con la ragione va seguito anche se è in contrasto con ciò che ci dicono i sensi . Va riscontrato che Aristotele mentre ci parla di Parmenide nella Metafisica prende un'enorme cantonata : dice infatti che secondo Parmenide il caldo si identifica con l'essere ed il freddo con il non essere . Ma passiamo ora ad esaminare il proemio dell'opera di Parmenide : egli racconta di aver compiuto un viaggio verso la verità , voluto dal Cielo . La metafora del viaggio resterà rimarrà una costante nella riflessione antica : dal termine "hodòs" (odoV via , strada) si verrà formando già in Platone il termine " methodos " (meta ton odon, ciò che sta oltre al viaggio : il percorso che conduce alla verità ) , ma il concetto di hodòs risulta centrale anche per tutta la prima parte del poema . L'iniziativa del viaggio tuttavia e soprattutto la direzione che esso assume non dipende da Parmenide , sebbene egli ne sia protagonista , bensì dalle dee che lo guidano , così come varcata la porta che separa i due domini delle tenebre e della luce , sarà la dea a comunicargli quale via di ricerca egli dovrà , in futuro , percorrere . Il racconto di Parmenide riguarda dunque non una rivelazione già tutta compiuta ; questa infatti fornisce solo i caratteri generali della via lungo la quale occorrerà proseguire la ricerca e soprattutto formula i divieti relativi alle vie che non bisogna percorrere , cioè quelle comunemente battute dagli uomini in preda alle opinioni . Parmenide non dice mai chi siano esattamente le dee che lo guidano , ma sono collegate con il culto del Sole e quindi con Apollo . Il percorso che deve affrontare Parmenide conduce dalle tenebre (l'ignoranza) alla luce (la conoscenza) ; ad un certo punto , mentre il carro su cui è Parmenide sta procedendo velocemente , le dee si tolgono i veli : questo gesto simbolico rappresenta la rivelazione . La metafora tra l'altro spiega che ciò che viene disvelato e ciò che disvela sono lo stesso : si tratta sempre delle dee ; è come se l'essere stesso rivelasse la via da percorrere . Parmenide e le dee giungono alla porta che separa il giorno dalla notte : descrivendo questo portale Parmenide non fa nient'altro che descrivere l'assetto urbanistico della sua città , Elea , dove esisteva sul serio una porta : essa divideva la parte alta e aristocratica della città (l'acropoli) da quella bassa e popolare . Per aprire la porta è necessario l'intervento della Giustizia (Dikh: le dee stesse la convincono con discorsi suasori ad aprirla . L'oggetto della rivelazione è quindi l'essere , ma attenzione : non è che sia la divinità a darcelo : l'essere , la divinità , il principio ... sono la stessa cosa : è un'autorivelazione dell'essere e va intesa come spiegazione di quali siano le vie da seguire ; la ricerca è l'uomo stesso a farla . Ma non è un percorso che possono fare tutti gli uomini : quello di Parmenide è un percorso solo suo , che nessun altro uomo può fare . La verità stessa impone determinate vie da seguire . Le dee dicono a Parmenide di imparare a conoscere due cose : A) il cuore non scosso ed immobile della Verità , la quale è ben rotonda (come una sfera compatta) B) le opinioni instabili e campate per aria dei mortali : la conoscenza infatti si perfeziona quando oltre a conoscere le cose perfette si conoscono le imperfezioni . Le dee dicono che non si deve fondare il sapere sull'esperienza perchè essa è dettata dai sensi nè sulla lingua , che attribuisce i nomi alle cose , ma si deve ponderare con la ragione . La rivelazione divina non implica che l'uomo non debba cercare di conoscere con il raziocinio . Vengono a Parmenide presentate le vie PENSABILI : il termine greco per pensabili è "nohsai" che può voler dire sia " pensabili " sia " per pensare " : entrambe le traduzioni sono quindi accettabili . Una via dice che l'essere è e non può non essere , l'altra che l'essere non è e che può non essere . La prima via è quindi effettivamente percorribile ed è caratterizzata dalla verità e dalla persuasione : la Verità è infatti in grado di persuadere . L'altra strada è contraddittoria ed impercorribile . Il testo in questione presenta diverse difficoltà di interpretazione , la più valida delle quali è che solo l'essere è pensabile e dicibile , mentre il non essere è impensabile ed indicibile : la prima via risulta quindi percorribile in quanto pensabile , l'altra no : è qui che emerge maggiormente l'identità parmenidea tra essere e pensare . Ma tutto questo si presta a più interpretazioni : per esempio potrebbe voler dire che se l'unica cosa che è è l'essere , allora il pensiero , dato che è , fa parte dell'essere come tutti gli altri enti . Ma potrebbe anche voler dire che tutto ciò che diciamo e pensiamo è : anche se pensiamo ad un qualcosa che materialmente non esiste ed è solo frutto della nostra immaginazione in qualche misura esiste : anche un drago per il fatto che viene pensato in qualche misura esiste . Man mano che prosegue il viaggio , salta fuori che in realtà le vie non sono 2 , ma 3 : la terza è quella che seguono quasi tutti i mortali , dove si mescolano l'essere ed il non essere : Parmenide li chiama " uomini dalla doppia testa " perchè affermano simultaneamente che l'essere è e non è : si tratta di gente stolta ed indecisa , dice Parmenide . Egli muove poi un'aspra critica ad Eraclito ed alla sua concezione del divenire , piena di mescolanza di essere e non essere (ricordiamoci che Parmenide negava che l'essere potesse muoversi e mutare), e a quella di molteplicità . Parmenide dice che questa terza via va assolutamente purificata e resa scevra di errori , affinchè risulti almeno parzialmente compatibile con la Verità della prima via . La seconda invece va assolutamente scartata . Parmenide dà poi una raffinata ed elegante definizione di eternità : l'essere non era nè sarà , perchè è ora tutt'insieme : una cosa è davvero eterna quando è fuori dal tempo . Ma Parmenide non si limita ad affermare , ma dimostra anche : l'essere infatti non può nè nascere nè morire (come dicono i comuni mortali) . Ipotizziamo che l'essere nasca : da sè non può nascere e quindi deve nascere da qualcosa che non sia lui stesso : deve essere quindi un qualcosa che non sia essere : ma ciò che non è essere è non essere : ma il non essere non è , di conseguenza l'essere non nasce nè muore . Parmenide dice poi per dissipare definitivamente ogni dubbio sul fatto che l'essere nè nasca nè muoia : che motivo avrebbe mai avuto per nascere ad un certo momento ? Tuttavia anche un astratto come Parmenide ha avuto bisogno di ricorrere all'incarnazione dell'astratto (l'essere) in qualcosa di concreto (la sfera tonda e compatta) : però va detto che quello della sfera potrebbe essere un semplice paragone e non un'effettiva incarnazione . Dunque Parmenide prova a correggere gli errori dei mortali : il loro primo errore consiste nell'individuazione di due principi della realtà tra loro antitetici : la luce e le tenebre . Il loro è una sorta di pitagorismo esposto in termini fisici . La luce è un principio più attivo , corrispondente al fuoco , le tenebre sono più passive e corrispondono alla terra . Ma accanto a questo errore Parmenide ne individua un altro più grossolano : hanno contrapposto tra loro questi due principi . Ammettiamo di poter interpretare la realtà in termini di luce e tenebre , evitando però di contrapporle e considerarle l'una l'essere e l'altra il non essere . In fondo quello degli esseri mortali comuni non è un errore poi così grave : è vero che hanno mescolato l'essere con il non essere , però se andiamo a vedere nè con la luce nè con le tenebre c'è il nulla , il non essere . I mortali sono stati " bravi " a non incappare nella seconda via . Sempre a proposito dell'opera di Parmenide possiamo concludere dicendo che mentre nell' Aletheia troviamo un Parmenide brillante e convinto di ciò che sta dicendo , nella Doxa egli appare più restio e meno convinto . E' come se Parmenide , dopo aver sostenuto che bisogna fidarsi solo di ciò che ci dice la ragione , avesse avuto paura di quanto detto perchè portava troppo fuori dalle testimonianze dei sensi e volesse come se scusarsi nella Doxa . Va poi detto che nessuno leggendo il testo di Parmenide si fa convincere a riguardo di quanto egli dice : seguendo il ragionamento logico ci si accorge che Parmenide ha ragione , ma le conclusioni paradossali impediscono al lettore di credere a quanto egli dice . Platone dirà di aver commesso il "parricidio di Parmenide" : si accorgerà infatti che Parmenide aveva commesso un errore a riguardo dei significati dell'essere : Aristotele individua tre modi di intendere l'essere : 1) univoco (l'essere ha un solo significato) 2) biunivoco (l'essere ha equivocità , può essere inteso in più modi) 3)analogico (il verbo essere ha diversi significati ma tutti connessi tra loro) . Aristotele lo intendeva in modo analogico , Parmenide in modo univoco : per lui essere significa solo esistere . Dunque Platone farà notare che dire ad esempio " questo libro non è " non vuol dire predicare il non essere : infatti si può dire " questo libro non è una penna " : è l'essere diversamente , dove l'essere assume il valore di copula .

ANASSAGORA

Anassagora si colloca nel contesto dei pluralisti , coloro cioè che pur conservando alcuni presupposti degli Eleatici (quale l'immutabilità dell’essere ) , si allontanano dalla concezione tipicamente eleatica dell'immobilità dell'essere: immutabile non è l’essere nel suo insieme, ma i princìpi ultimi che lo costituiscono, i quali sono – secondo Anassagora, e pure secondo Democrito - un’infinita pluralità (da qui il nome "pluralisti"). La filosofia pluralista parte proprio dalla confutazione , o meglio , dal ribaltamento delle tesi di un Eleatico , Melisso : egli aveva detto che se l'essere fosse molteplice , il molteplice dovrebbe avere alcune caratteristiche dell'essere , quali l'eternità , l'immobilità , ed altre : ma dato che non le ha , l'essere non è molteplice . I pluralisti ribaltano completamente le tesi di Melisso e dicono : dato che il molteplice c'è (e lo vediamo tutti) , bisogna ammettere per forza che questi esseri molteplici abbiano caratteristiche dell'essere . Per i pluralisti vi è dunque una molteplicità di elementi in movimento , ciascuno dei quali è immutabile : si rendono infatti conto che è contraddittorio parlare di nascita e di morte (da dove si nasce? Dove si finisce una volta morti? Nel non essere! Il che è assurdo) e perciò chiamano morte e nascita i processi di aggregazione e disgregazione . Sono proprio i concetti di aggregazione e disgregazione che implicano la pluralità ed il movimento degli elementi : per aggregarsi e disgregarsi, infatti, devono essere diversi ed in movimento . Anassagora nacque a Clazomene , nella Ionia , e sappiamo che nel 462 a.c. abbandonò la sua città per stabilirsi in Atene . Qui visse per circa 30 anni , stringendo amicizia con il famoso Pericle . Ma nel 438 un indovino di nome Diopite fa approvare un decreto in base al quale sono perseguibili dalla legge tutti coloro che insegnano e divulgano cose empie a riguardo dei fenomeni celesti : Anassagora viene processato per aver sostenuto che il sole è una pietra incandescente e la luna un corpo terroso . Possiamo cogliere in questo processo non tanto un processo contro ciò che effettivamente affermava Anassagora , quanto piuttosto una condanna a carattere politico - sociale rivolta a tutti i conoscenti di Pericle . Tuttavia le dottrine fisiche di Anassagora erano un esplicito attacco a credenze e pratiche religiose . Se infatti si accettavano le sue tesi , i fenomeni celesti non potevano più essere considerati segni inviati dalle divinità agli uomini . Va poi detto che il libro in cui Anassagora esponeva le sue dottrine fisiche ("Perì fuseos", Peri fusewV) si era sparso a macchia d'olio per via del suo basso costo nella città di Atene , che si stava progressivamente alfabetizzando . Così Anassagora fu sottoposto ad un processo e dovette abbandonare Atene per rifugiarsi a Lampsaco , nella Ionia , dove morì nel 428 a.c. Anassagora , come molti altri filosofi , affronta il problema di come si sia costituito il mondo nel quale viviamo . Egli ravvisa la matrice originaria del mondo in una totalità indistinta di tutti i materiali da cui risultano costituite le cose . Questi materiali sono da lui chiamati SEMI ed egli afferma , seguendo la scia degli Eleati , che non nascono nè periscono , ma permangono costanti: al di là del mutamento degli enti fenomenici, questi semi restano come sono, eterni. Egli riprende il concetto di mescolanza introdotto da Parmenide e sfruttato contemporaneamente da Empedocle : dice che ogni cosa è una mescolanza di questi semi , che però non sono visibili ad occhio nudo : prendiamo ad esempio un libro blu : noi lo vediamo blu perchè i semi di colore blu sono in netta prevalenza su quelli degli altri colori , che tuttavia sono tutti presenti . Probabilmente Anassagora era arrivato a trarre queste conclusioni a riguardo dei semi partendo dall'osservazione del processo di crescita degli esseri viventi mediante la nutrizione . Egli si deve essere posto questa domanda : "Come è possibile che il pane che noi mangiamo diventi sangue , muscoli , ossa...? " . La risposta che egli dà a questa domanda è che "tutto sta in tutto" : nel pane ci sono semi di tutte le cose , di sangue , di ossa , di carne , di muscoli... Quindi quando mangiamo il pane i semi di muscoli vanno ad alimentare i muscoli , quelli di ossa vanno ad alimentare le ossa , e così via . Ma come mai noi vediamo solo il pane e non tutti gli altri semi ? Così come nel caso del quaderno noi vediamo il verde perchè c'è una prevalenza di semi verdi , così nel caso del pane noi vediamo il pane perchè i semi di pane sono in maggioranza . Partendo dal visibile (il pane), arriviamo a capire l’esistenza dell’invisibile (i semi): ecco spiegato il celebre motto anassagoreo, "oyiV adelwn ta fainomena" (le cose che appaiono sono uno sguardo su quelle che non appaiono"), con il quale è messa in luce la possibilità di un’inferenza dal visibile all’invisibile. Va specificato che nel mondo in cui viviamo non esistono propriamente parlando semi , ossia particelle allo stato puro dal momento che in ogni cosa continuano a sussistere particelle di tutte le altre cose : noi vedremo il verde non perchè una sostanza sia effettivamente verde , ma perchè il verde prevale su tutti gli altri semi , che tuttavia sono presenti , anche se noi non riusciamo a vederli . In questo senso Anassagora ammette la divisibilità all'infinito , senza che sia mai possibile raggiungere un minimo . Aristotele riprenderà questi concetti e chiamerà i semi di Anassagora col nome di "omeomerie" , vale a dire entità le cui parti sono simili al tutto . Tale è per esempio il caso della carne : se prendiamo una qualsiasi parte di carne sempre carne è , ma se prendiamo una faccia e la dividiamo non avremo tanta facce , ma parti differenti dalla faccia iniziale . Ma propriamente per Anassagora il rapporto di mescolanza tra i semi è diverso secondo i casi e nel mondo che ci circonda non c'è nessuna entità omogenea , ossia tale che tutte le sue parti siano simili al tutto di cui fanno parte . Anassagora è convinto che dalla totalità indistinta di tutti i semi non si è formato soltanto il nostro mondo : per lui si sarebbero formati anche altri mondi , anch'essi abitati da uomini e da esseri viventi . Quindi per Anassagora il nostro mondo non è il centro del tutto così come coloro che lo abitano . Resta però da spiegare come avvenne la transizione dalla totalità originaria alla pluralità dei mondi nelle loro differenziazioni . Chiaramente questa transizione richiede un movimento , ma da che cosa dipende tale movimento ? Qui subentra quella che già a Platone e ad Aristotele era sembrata la maggiore innovazione di Anassagora , anche se ai loro occhi non sufficientemente sfruttata . Anassagora infatti introduce un intelletto cosmico , il " NOUS " (NouV) , come agente dell'impulso originario di questo movimento . Aristotele ci parla di questo "nous" nella "Fisica" : ciò che più emerge è il fatto che questo intelletto cosmico è un potere assoluto , separato da tutto (autokratwr) e per questo non impacciato o condizionato da nulla e quindi capace di sottoporre tutto al suo dominio . E' proprio questo potere che consente al " nous " di dare origine alla formazione e alla progressiva differenziazione delle cose , pur nella persistenza in tutte dei semi di ogni tipo . L'intelletto cosmico ha quindi un'intelligenza totalmente differente rispetto a quella umana : il nous ha un potere incomparabile e questo è per Anassagora dovuto al fatto che esso sia l'unica realtà data non da una mescolanza di semi . Se fosse mescolato con qualcosa sarebbe infatti impedito nella sua azione e non potrebbe pertanto imprimere il movimento iniziale alla massa originaria .Ciò non comporta che per Anassagora il nous sia una sostanza spirituale nè che esso si identifichi con la divinità . Pur chiamando questo motore originario "intelletto" , Anassagora non gli attribuì la funzione di progettare secondo un fine e precisamente in vista del meglio . La principale differenza rispetto ad Empedocle è che non ci sono le due forze che aggregano e disgregano ; va poi detto che non è una visione ciclica e pendolare (come era quella di Empedocle ) , ma è unidirezionale : non si tornerà più alla situazione di partenza . Dunque per Anassagora si parte da questa totale mescolanza dei semi (lui la chiama "MIGMA" - migma - , dal verbo "mignumi" , mescolo = mescolanza totale) ; poi interviene il nous che smuove il tutto . Da notare che la forza del nous non può essere nè totalmente aggregatrice nè totalmente disgregatrice . Abbiamo detto che Platone e soprattutto Aristotele lo accusavano di usare poco la causa finale che aveva abilmente introdotto (il nous) : molto probabilmente però Aristotele (Metafisica) e Platone (Fedone) hanno preso una cantonata perchè hanno tradotto la parola " nous " con " intelletto " ; ma il Greco di Anassagora era differente rispetto al loro : ai suoi tempi infatti la parola " nous " veniva spesso usata con il significato di " anima " , " vita" . Probabilmente Anassagora non voleva parlare di un'intelligenza divina e di una causa finale , ma voleva semplicemente dire che dove c'è movimento c'è vita . Tuttavia se l'intelligenza umana è inferiore rispetto a quella del nous , essa è superiore (come già aveva detto Alcmeone ) a quella degli animali . Essa richiede l'impiego della procedura che inferisce ciò che non è visibile a partire da ciò che lo è . Questa procedura sorregge buona parte della stessa costruzione teorica di Anassagora , come si è visto . Il sapere umano per lui è acquisito gradualmente e non è un possesso istantaneo . Anassagora traccia una sequenza cronologica delle acquisizioni : 1)ESPERIENZA 2) SOPHIA (sofia, sapienza) 3) TECHNE (tecnh, tecnica). La sensazione avviene per contrari , in quanto il caldo può essere avvertito mediante il freddo e viceversa : se mettiamo una mano in un secchio pieno di acqua fredda e ne aggiungiamo di calda , la sentiamo benissimo quella calda . Se però ne aggiungiamo di fredda non percepiamo quella fredda aggiunta . Dalla sensazione e dall'osservazione ripetuta si passa alla conservazione di questa nella memoria . Su questa base diventa possibile il costruirsi di un sapere . E' interessante che come ultimo momento Anassagora indichi la tecnica : è essa che propriamente permette agli uomini di servirsi degli stessi animali e quindi di collocarsi al di sopra di essi. La superiorità dell’uomo sugli altri animali riposa sul fatto che solo l’uomo sa costruire oggetti a lui utili, ossia sa sfruttare al meglio il proprio sapere. Del resto, Anassagora vive in quell’Atene del V secolo, brulicante di cantieri e di lavori splendidi. In questo contesto si comprende forse meglio il significato della celebre tesi secondo la quale l'uomo è più intelligente degli altri animali perchè ha la mano che gli consente di stabilire un diverso rapporto con la realtà . Il possesso della mano si collega strettamente all'esercizio di attività tecniche , che appaiono indice decisivo di umanità . Aristotele invece avanzerà un'ipotesi antitetica rispetto a quella di Anassagora : dal momento che l'uomo è il più intelligente degli animali la natura gli ha dato la mano . Tra l'altro l'affermazione di Anassagora ci consente di capire quanto poco il finalismo rientri nelle sue teorie e di conseguenza se ne evince che la traduzione di Aristotele di nous con intelligenza è erronea . Sempre Aristotele (Metafisica, libro I) ribalta la tesi anassagorea della superiorità della tecnh sulla sofia, arrivando a mettere al vertice del sapere il "sapere per il sapere", ossia il sapere disinteressato, privo di risvolti pratici.

EMPEDOCLE

Empedocle svolse la sua attività di filosofo nel v secolo a.c. in Sicilia e fu influenzato dal pitagorismo e dall' orfismo , ma anche dall'eleatismo : tuttavia Empedocle si colloca nell'ambito dei pluralisti . Nacque ad Agrigento intorno al 490 a.c. e pur essendo di nobile famiglia , partecipò attivamente alle lotte politiche della sua città schierandosi con i democratici e per questo morì forse in esilio nel 425 . Tuttavia la sua figura sfumò presto nella leggenda (che tra l'altro vuole che egli morisse precipitando nel cratere dell'Etna) . Egli , come Parmenide , si servì per scrivere della poesia , che aveva grande presa sugli ascoltatori . Compose in esametri un'opera che si intitolava "Sulla natura" , ma che talvolta gli antichi chiamarono "Purificazioni" : vi è anche chi sostiene che si tratterebbe di due opere distinte . Proprio il veicolo della poesia consente ad Empedocle di presentarsi come annunciatore di verità : invoca le Muse e si dipinge come un dio immortale , circondato dalle folle e dal successo . L'oggetto principale delle osservazioni e delle riflessioni di Empedocle torna ad essere il mondo , ma tenendo conto di alcuni dei divieti logici imposti da Parmenide . Infatti anche per Empedocle gli uomini sbagliano quando parlano di perire e di nascere delle cose : Parmenide aveva già detto che l'essere è sempre stato e sempre sarà . Empedocle introduce quindi i due concetti di AGGREGAZIONE e di DISGREGAZIONE : in realtà dietro alle vicende di trasformazioni incessanti permangono costanti ed indistruttibili quelli che Empedocle chiama "rizomata" (radici) e che poi saranno chiamati elementi : terra , acqua , aria e fuoco . Questa è una grande innovazione e rappresenta un notevole allontanamento dagli Eleati : il dominio di ciò che è , è molteplice . Gli oggetti che cadono sotto i nostri sensi non sono altro che mescolanze delle quattro radici secondo diverse proporzioni . Empedocle si allontana dall'eleatismo anche per il fatto che le radici siano suscettibili di movimento e per il fatto che esistano forze capaci di creare le aggregazioni a partire dalle 4 radici e le disgregazioni degli oggetti così costituiti . Il nascere ed il morire a rigore non esistono : sono solo aggregazioni e disgregazioni : sono prerogative degli oggetti risultanti dalla mescolanza delle 4 radici ; essi sono dovuti all'azione di due forze che Empedocle , attingendo al linguaggio dei racconti mitici , chiama AMORE e ODIO . Queste due forze operano non solo sull'universo nella sua totalità , ma anche su ciascuna delle cose che popolano l'universo . Un aspetto fondamentale della loro azione è che essa avviene nel tempo e secondo gradi diversi . Quando l'azione dell'Amore prevale su quella dell'Odio si ha una situazione di pace , che Empedocle , sulla scia di Parmenide , concepisce come una sfera compatta e priva di scissioni al suo interno : è il celebre SFERO . Empedocle ci fornisce quindi una sua cosmogonia , una spiegazione sull'origine del mondo . Lo sfero è la situazione primordiale in cui tutte e 4 le radici sono mescolate e vi sono pure l'Amore e l'Odio : è una totale situazione di aggregazione in cui prevale l'Amore sull'Odio . Ma pian piano l'Odio prevarrà e le 4 radici si separeranno ; col tempo però tornerà a prevalere l'Amore e torneremo alla situazione primordiale di totale aggregazione . Ma poi si verificherà nuovamente il prevalere dell'Odio e le 4 radici si separeranno pian piano per poi passare alla totale disgregazione e poi nuovamente all'aggregazione . Il nostro mondo si trova proprio nella posizione di separazione dall'Amore , ma non ha ancora raggiunto l'Odio : è a metà strada ; quando raggiungerà l'Odio si distruggerà per poi "rinascer" nuovamente . E' una visione ciclica del mondo : per Empedocle durerà fin quando dal punto di partenza (l'Amore) non arriverà all'opposto (l'Odio) . Ma questo processo di aggregazione e disgregazione non vale solo per il mondo , ma per l'intera realtà : anche gli uomini si vengono a formare in questo modo e quando prevarrà l'Odio si distruggeranno . Ma Empedocle dice che l'aggregazione che porta alla creazione di un uomo (o di qualunque altra realtà) non è immediata e complessiva : non è che l'uomo si formi tutt'insieme in un preciso istante : è come se gli organi nascessero da sè e poi a loro volta si aggregassero per dar vita all'uomo . Empedocle dice poi che possono nascere dall'aggregazione esseri mostruosi come il Minotauro ed il motivo per cui non si vedono in giro è reperibile nel fatto che non riescano a sopravvivere : in natura , infatti , dice Empedocle , riescono a sopravvivere solo i più idonei e i migliori . La tradizione ci presenta Empedocle come medico : pare che egli nutrisse interessi per la comprensione dei fenomeni del vivente , come la generazione o la respirazione : Empedocle affermava che il sangue ed il respiro si muovessero entro gli stessi vasi corporei , che sarebbero riempiti da sangue che fluendo esce da essi e lascia spazio all'aria che entra e , viceversa , l'aria che esce lascerà spazio al sangue . Per Empedocle la respirazione avviene tramite i pori della pelle : per spiegare questo processo lui immagina una situazione in cui si immerge in acqua una clessidra : la clessidra è un vaso con un collo stretto e un'ampia base con piccoli buchi . Se essa viene immersa in acqua con l'orifizio superiore tappato , l'acqua non penetra attraverso i buchi perchè l'aria interna vi si oppone con la sua pressione ; ma se si libera l'orifizio superiore , l'aria esce e l'acqua può entrare . Viceversa , se l'orifizio è tappato quando la clessidra è piena d'acqua , l'acqua non può fuoriuscire dai piccoli buchi sul fondo . I due momenti della respirazione , cioè l'inspirazione e la espirazione , corrispondono ai momenti in cui la clessidra , rispettivamente riempita d'acqua e d'aria , viene aperta nell'orifizio superiore consentendo l'ingresso di aria in un caso , di acqua nell'altro . All'acqua della clessidra corrisponde il respiro e all'aria della clessidra il sangue . Non si tratta in realtà di un vero esperimento , quanto piuttosto di un'analogia tra ciò che è osservabile e ciò che non è direttamente osservabile . Va sottolineato il fatto che l'aria sia uno dei 4 elementi ; il sangue invece , come ogni realtà , è una mescolanza di essi . Quanto migliore (quindi più proporzionata )è tale mescolanza , tanto migliore per Empedocle risulta essere la qualità del pensiero , che Empedocle fa proprio risiedere nel sangue intorno al cuore . L'attività del pensiero è quindi legata alla struttura anatomica e alla fisiologia corporea , e poichè il corpo umano è costituito dalle stesse radici di cui sono cosituite tutte le cose , sarà possibile istituire una corrispondenza biunivoca tra i costituenti del corpo e quelli delle cose : in ciò consiste per Empedocle la conoscenza , che sarà garantita proprio dalla sussistenza proporzionata di tutte e 4 le radici nel sangue . Il processo della conoscenza risulta quindi fondato nella omogeneità tra l'uomo ed il mondo . Gli interpreti antichi classificheranno questa concezione della conoscenza come "conoscenza del simile tramite il simile" . Anche le capacità dei singoli individui (per esempio nel parlare o nello svolgere attività) sono riconducibili alle diverse proporzioni in cui avviene la mescolanza di questi costituenti di tutte le cose . Il tempo svolge una funzione centrale nella cosmogonia di Empedocle : egli vuole rintracciare ciò che permane costante al di sotto della vicenda ciclica delle aggregazioni e delle disgregazioni . Ciò si integra perfettamente , ai suoi occhi , con la credenza propria della tradizione orfica a riguardo della trasmigrazione delle anime . L'anima , che in origine è un demone o un dio , spinta dall'Odio commette colpe ed è costretta a compiere un lungo viaggio . Esso dura millenni e porta l'anima a trasmigrare attraverso vari tipi di corpi viventi . (Da notare che Empedocle parli di trasmigrazioni non solo in corpi animali , ma anche vegetali) . Questa concezione conduce al vegetarianesimo e al rifiuto radicale dei sacrifici . Uccidere animali è infatti per Empedocle una forma di cannibalismo , dal momento che in ogni essere vivente è presente un'anima umana , che sta compiendo il suo ciclo di reincarnazioni . Se nel corso di questo ciclo l'anima si è comportata bene , al termine potrà tornare nella sua condizione divina . Su questo sfondo Empedocle può proiettare la sua predicazione di salvezza agli uomini , indicando le vie della guarigione e della purificazione . In un mondo che gli appariva in un certo modo sopraffatto dall'Odio , egli additava ai suoi ascoltatori nelle città della Sicilia , con i suoi versi , ma anche con la sua azione di guaritore e mago (si raccontava che avesse ridestato a vita una donna in un caso di morte apparente) , capace di influenzare le forze della natura , le linee di una condotta che si opponesse all'azione disgregatrice dell'Odio . Empedocle rappresenta il culmine di una tradizione di sapienti che si presentano dotati di un sapere eccezionale . Ma nel v secolo a.c. queste figure tendono progressivamente a venir meno , lasciando spazio a nuovi tipi di pensatori . Ma le sue teorie furono riprese in seguito da Aristotele (che individuò 4 elementi , parti ultime della realtà) e da Dante Alighieri (che nel canto 12 dell'Inferno fa un chiaro riferimento alla teoria della disgregazione e dell'aggregazione dicendo : "... da tutte parti l'alta valle feda tremò sì , ch'io pensai che l'universo sentisse amor..." ; con questi versi il poeta fiorentino intende chiaramente dire di aver sentito un rumore e un tremolio così forte da pensare che il mondo si stesse disgregando perchè arrivato al fondo del suo processo ciclico ) .

DEMOCRITO

Democrito nacque intorno il 460 a.c. ad Abdera , dove era nato anche Protagora . Egli fu atomista , seguì cioè quelle dottrine che per un verso presuppongono l'indagine naturale dei primi pensatori e la riflessione degli eleati , ma per l'altro anche i dibattiti sui rapporti tra natura e "nomos" (legge convenzionale) e lo sviluppo delle discipline speciali . Democrito , a differenza degli altri pensatori e a somiglianza dei suoi contemporanei sofisti , scrisse parecchie opere : tramite un catalogo stilato da Trasillo nel primo secolo d.c. sappiamo che dovevano aggirarsi intorno a cinquanta . Purtroppo ci sono pervenuti solo pochi frammenti ; anche Democrito dovette recarsi una volta ad Atene , ma per il resto del tempo pare che abbia vissuto nella sua città natale , dove sarebbe morto tra il 400 e il 380 a.c. Le indagini degli atomisti , come detto , presuppongono da un lato l'interesse per i problemi posti dall'osservazione dei fenomeni naturali e , dall'altro , la riflessione degli eleati , ma al tempo stesso anche l'attenzione per la pluralità dei mondi e delle culture . Le opere di Democrito trattavano argomenti di vario genere , si passava dalla matematica alla riflessione morale , dallo studio del linguaggio e dei poeti alla medicina e allo studio degli animali , ma alla base di tutta la sua ricerca lui poneva l'obiettivo di trovare una spiegazione causale unitaria di questa molteplicità di manifestazioni e aspetti del mondo fisico e umano . Per Democrito nulla avviene a caso , tutto avviene secondo una ragione . Questa osservazione può essere scoperta ; a questo scopo non basta accontentarsi dell'osservazione della molteplicità dei fenomeni : occorre risalire mediante un procedimento intellettuale alla conoscenza di ciò che non è visibile . Gli oggetti che noi percepiamo ci appaiono caldi o freddi , amari o dolci , ma queste qualità appartengono alla sfera di quello che la cultura del v secolo a.c. raggruppava sotto la categoria del "nomos" , ossia di ciò che è variabile , convenzionale , instabile , contrapposto al piano stabile e immutevole della natura . La vera conoscenza è quella che consente di accedere al piano nascosto che sfugge ai sensi . Qui essa trova i costituenti di tutte le cose : gli ATOMI e il VUOTO . La parola atomo deriva dal Greco e significa indivisibile (a+temno = che non si può tagliare) . Gli atomi sono quindi particelle indivisibili talmente piccole che non possono essere singolarmente percepite da alcun organo di senso . Gli atomisti ritengono , seguendo le idee di Parmenide , che siano ingenerati ed indistruttibili . Sono dunque i costituenti ultimi della realtà . Nonostante con i pluralisti nasca la causa efficiente (ciò che mette in movimento la materia : per Empedocle la disgregazione , per Anassagora il vous ) , Democrito non la accetta : secondo lui vi è un grande vuoto con atomi sparsi qua e là dotati di movimenti pulviscolari ( per capire che cosa intendesse Democrito , si può guardare la polvere contro luce ) : essi vagano casualmente finchè non si urtano gli uni contro gli altri : quando si scontrano avviene un qualcosa di simile al biliardo : gli atomi (nel biliardo le palle) si scontrano e assumono nuovi movimenti . E' una concezione materialistica , deterministica (dato un fatto A se ne verifica uno B ) e meccanicistica (vi è l'idea che il mondo sia un macchinario dove tutto avviene per contatto : viene così confutata la tesi dei fenomeni che avvengono a distanza , come il magnete di Talete ) . Tutto avviene secondo una necessità . Gli atomi si distinguono tra di loro non perchè alcuni sono caldi e altri freddi o perchè alcuni sono amari e altri dolci : in poche parole non si distinguono per caratteristiche qualitative , ma quantitative . Le loro differenze sono simili a quelle che intercorrono tra le lettere dell'alfabeto , che venivano designate con il nome "stoikeia" : questo termine passerà a designare gli elementi dai quali tutte le cose sono costituite . La prima differenza che intercorre tra gli atomi è di carattere formale : per esempio A differisce da N . La seconda distinzione è di posizione : per esempio N è differente da Z , ma se si ruota N di 90 gradi si ottiene appunto Z . La terza differenza è di ordine : per esempio AN è diverso da NA . L'insieme di queste differenze è dunque il tipo geometrico , riguarda la forma e la disposizione nello spazio . Ma bisogna ricordare che la quantità di forme atomiche è innumerevole , non è ristretta al solo tipo delle grandezze geometriche regolari . Com'è possibile che da queste particelle invisibili ed indivisibili si formino gli oggetti che si possono percepire con gli organi di senso ? Come abbiamo detto prerogativa degli atomi è il loro continuo movimento "pulviscolare" che non avviene in una direzione privilegiata ed unica . In questi movimento possono incontrarsi , come le palle del biliardo : se sono incompatibili si respingono , ma se non lo sono si aggregano . Un criterio fondamentale di aggregazione è dato dal principio che il simile si si aggrega con il simile . Ma non vi è un agente esterno (una causa efficiente) che fa avvenire le aggregazioni ,come era invece per Anassagora e Empedocle . Fondamentale per il movimento è il vuoto (che fa le veci della tavola da biliardo) : gli atomisti possono dire che il vuoto è non essere , in quanto esso non è dotato di forma individuale , di limitazione e di movimento , come invece è per gli atomi , che possono quindi identificarsi con l'essere . Nel vuoto infinito si formano e si distruggono infiniti mondi , anche diversi da quello in cui viviamo . Mediante le nozioni di atomo e di vuoto diventa possibile spiegare non solo la costituzione dei mondi e degli oggetti che ciascuno di essi contiene , bensì anche fenomeni biologici come la riproduzione o la respirazione . L'anima è per Democrito una prerogativa degli esseri viventi . La vita , tra l'altro , è contrassegnata dal calore . A spiegare questo fatto interviene la forma propria degli atomi costitutivi dell'anima : essi sono di forma sferica , la quale è suscettibile della massima mobilità . E la massima mobilità genera il calore . In questa prospettiva la respirazione è interpretata come una funzione vitale essenziale perchè consente la continua reintegrazione degli atomi di anima che incessantemente si perdono anche per la loro costante mobilità . Quando questa reintegrazione cessa arriva la morte , caratterizzata appunto dall'immobilità e dalla freddezza . Allo stesso modo la riproduzione umana , a sua volta , è determinata dal seme costituito da atomi provenienti da tutte le parti del corpo . Ciò permette di spiegare la trasmissione di somiglianze dai genitori ai figli . Gli stessi processi percettivi possono essere chiariti mediante il modello di spiegazione atomistica . Ogni soggetto , anche se a noi sembra immobile , è costituito di atomi intervallati dal vuoto , i quali si muovono incessantemente . Da ciascun oggetto si staccano in continuazione quelli che gli atomisti chiamano " eidolà " (immagini) : si tratta di emissioni atomiche che conservano la figurazione degli oggetti dai quali provengono . Se il medio che queste emissioni attraversano , ossia l'aria , non è disturbato ed esse pervengono ai pori , vale a dire i condotti vuoti , presenti sulla superficie del nostro corpo , e attraverso di essi ai nostri organi di senso , si hanno le varie sensazioni della vista , dell'udito e così via . Ogni sensazione è quindi ricondotta a una forma di contatto degli eidolà con il nostro corpo . Prendiamo ad esempio l'olfatto : arrivano al nostro naso atomi di un fiore : noi lo sentiamo profumato non per il fatto che gli atomi abbiano già di per sè quell'odore , ma perchè con la loro forma mi stimolano il naso in modo tale da fiutare quell'odore . Gli odori , i sapori , i colori , esistono in me che li provo , ma non nella realtà . Ogni sensazione ci fornisce quindi informazioni sulla configurazione e sui caratteri dell'oggetto corrispondente . Pure i sogni possono avere un contenuto informativo e trasmettere addirittura pensieri e sentimenti propri dell'individuo dal quale proviene il flusso di eidolà . Restano comunque inaccessibili ai sensi , sia nello stato di veglia , sia durante il sonno , i principi costitutivi del tutto , ossia gli atomi , nella loro singolarità , ed il vuoto . Alla conoscenza di essi si può pervenire soltanto andando oltre alla sensazione , ossia cercando la verità nel profondo , come dice Democrito , mediante l'intelletto . Solo questa è la conoscenza genuina . Dante nella Divina Commedia lo definisce " colui che il mondo a caso pone " perchè la pensa come Aristotele : per loro la causa più importante era quella finale , il fine delle cose : Democrito sembra invece che non individui alcuna causa , è come se per lui le cose andassero a caso , senza uno scopo . Democrito affronta anche il problema della formazione delle società umane e dei tratti che le caratterizzano . Alla base di questa formazione è quello stesso principio di aggregazione del simile con il simile , che valeva per gli atomi . Un elemento di distinzione tra animali e uomo , un pò come i sofisti , Democrito lo ravvisa nel processo delle tecniche . Ma Democrito fa leva ancora una volta sul principio della somiglianza per spiegare la genesi delle stesse tecniche : esse si costituiscono infatti a partire dall'imitazione delle attività animali . Per questo aspetto esiste dunque una certa continuità tra il piano della natura e quello della cultura e delle istituzioni umane . L'imposizione dei nomi alle cose è un'imposizione copnvenzionale . Così la religione sembra essere un'invenzione umana , ma in questo caso dovuta all'iniziativa di pochi uomini sapienti . Non è difficile scorgere la parentela tra queste affermazioni e quelle sofistiche , anch'esse incentrate sul binomio nomos-fusis . E' difficile a causa dei pochi suoi frammenti pervenutici comprendere profondamente la sua indagine etico-politica . Per un verso egli continua la tradizione dell'antica saggezza , compendiata in massime che devono dirigere il proprio comportamento verso se stessi e verso gli altri . Queste massime vertono anche sui mali e sui pericoli che affliggono la società , la discordia e la stasis , il conflitto civile . La legge secondo Democrito dovrebbe salvaguardare da questi mali . Egli mostra una decisa preferenza per la forma di governo democratica , contrapposta alla tirannide , come la libertà lo è alla schiavitù . Ma per un altro verso l'obiettivo della vita è riposto nella tranquillità dell'animo (l' "euthymìa") , immune da passioni eccessive ; il che comporta la necessità di non farsi coinvolgere troppo non solo nelle questioni private , ma neppure in quelle pubbliche . L'esercizio della virtù non è più legato in maniera determinante alla dimensione della politica : l'etica di Democrito sembra premiare lo studioso , colui che vive al di fuori della politica (un pò come era per Aristotele ) . Per Democrito non vi è un luogo privilegiato in cui si debba svolgere l'attività di studioso .

SOCRATE

Socrate nacque nel 470 / 469 a.c. da Sofronisco , scultore , e Fenarete , levatrice . Dapprima esercitò forse il mestiere del padre , ma successivamente l'abbandonò per dedicarsi esclusivamente all'indagine filosofica . Non di rado dovette quindi ricorrere all'aiuto economico di amici . Sposò Santippe , che una certa tradizione tende a presentare come donna bisbetica e insopportabile : si è arrivati a pensare che Socrate stesse sempre in piazza non tanto per filosofare quanto piuttosto per stare lontano da Santippe e dalle sue ramanzine continue : pare che Socrate sia riuscito a far ragionare tutti tranne Santippe . Da lei ebbe tre figli . Socrate non lasciò mai Atene se non per brevi spedizioni militari : partecipò infatti nel 432 alla spedizione contro Potidea , traendo in salvo Alcibiade ferito , e nel 424 combattè a Delio a fianco di Lachete durante la ritirata degli Ateniesi di fronte ai Beoti . Successivamente nel 421 combattè ad Anfipoli . Nel 406 in conformità al principio della rotazione delle cariche , fece parte dei pritani , ossia del gruppo del Consiglio al quale spettava decidere quali problemi sottoporre all'Assemblea e si oppose alla proposta illegale di processare tutti insieme i generali vincitori nello scontro navale avvenuto al largo Arginuse , perchè non avevano raccolto i naufraghi . Con questa presa di posizione egli si poneva in contrasto con i democratici , ma nel 404 , passato il potere in mano all'oligarchia capeggiata dai Trenta , rifiutò di obbedire all'ordine di arrestare un loro avversario , Leone di Salamina . Nel 403 la democrazia restaurata , pur concedendo un'amnistia , continuò a ravvisare in Socrate una figura ostile al nuovo ordine , anche per i rapporti da lui intrattenuti in passato con figure come Alcibiade e Crizia . Nel 399 fu presentato da Meleto un atto di accusa contro Socrate , ma tra i suoi accusatori erano anche Licone e soprattutto Anito , uno dei personaggi più influenti della democrazia restaurata . L'atto di accusa è il seguente : " Socrate è colpevole di essersi rifiutato di riconoscere gli dei riconosciuti dalla città e di avere introdotto altre nuove divinità . Inoltre è colpevole di avere corrotto i giovani . Si richiede la pena di morte " . Gli accusatori contavano probabilmente in un esilio volontario da parte di Socrate , com'era avvenuto in passato per Protagora o Anassagora , ma egli non abbandonò la città e si sottopose al processo . A maggioranza i giudici votarono per la condanna a morte la quale fu eseguita in carcere mediante la somministrazione di cicuta . Possiamo inserire Socrate nell'era sofistica (sebbene lui si schierò contro i sofisti) perchè come i sofisti si interessò di problemi etici ed antropologici , mettendo da parte la ricerca del principio e della cosmogonia . Socrate non scrisse mai nulla e così per ricostruire il suo pensiero dobbiamo ricorrere ad altri autori . Le fonti principali sulla vita di Socrate sono quattro 1) Platone 2)Senofonte 3)Aristotele 4)Aristofane . 1) Platone è senz'altro la fonte più attendibile : egli fu discepolo diretto di Socrate e con lui condivise sempre l'idea della filosofia come ricerca continua . Platone fa di Socrate il protagonista dei suoi dialoghi e quando il suo maestro verrà condannato a morte egli resterà molto turbato e si allontanerà dalla vita politica . 2) Senofonte è la fonte più banale e meno interessante : il Socrate degli scritti di Senofonte è un cittadino ligio alla tradizione , il vero interprete dei valori correnti , il saggio che mira al bene dei suoi concittadini ed è ossequioso verso la città e le sue divinità . Va subito precisato che Senofonte era un grande generale , coraggioso e valoroso , ma non era certo un'aquila : i suoi scritti stessi non sono certo esempi eclatanti della letteratura greca : sono ridondanti e ripetitivi . Senofonte fece anche campagne militari con Socrate e nei suoi scritti ne esalta il valore dicendo che non stava mai fermo , era sempre in azione , non soffriva niente (camminava addirittura a piedi nud sul ghiaccio) . A Senofonte della filosofia non gliene importava nulla e con Socrate , di cui era grande amico , non trattava mai argomenti filosofici , ma solo militari : questo ci consente di capire che Socrate modulava il discorso a seconda del personaggio che aveva di fronte : con un filosofo parlava di filosofia , con un generale di guerra . 3) La testimonianza di Aristotele è stata a lungo ritenuta la più attendibile perchè Socrate non viene caricato di significati simbolici : Aristotele ce ne parla in modo oggettivo . Tuttavia la testimonianza aristotelica ha dei limiti : in primis , è la meno " artistica " delle 4 ed è l'unica di un non-contemporaneo . Va poi detto che in Aristotele Socrate ci viene presentato quasi come un " robot " : la filosofia socratica viene presentata come un susseguirsi di ragionamenti e non viene dato spazio al filosofare in pubblico , al dialogo aperto . 4) Aristofane è il personaggio più vicino a Socrate come età : ci presenta un Socrate relativamente giovane (circa 40 anni) . Va ricordato che Aristofane era un commediografo e ne risulta che l'immagine che lui ci dà di Socrate è fortemente impregnata di tratti sarcastici . Ne " Le nuvole " ce lo presenta come un sofista studioso della natura (il contrario di ciò che era in realtà) , con la testa fra le nuvole . Insomma Aristofane è l'unico a darci di Socrate un'immagine fortemente negativa (non a caso Aristofane era stato uno dei primi accusatori di Socrate) . In realtà non dobbiamo pensare che Aristofane volesse gettar discredito su Socrate o lo prendesse in giro per cattiveria : in fondo lui faceva solo il suo lavoro di commediografo , che consisteva nel far ridere . In realtà con la figura di Socrate vuole prendere in giro non Socrate , ma l'intera categoria dei filosofi . La testimonianza di Platone resta la migliore e le altre tre vanno sfruttate come appoggio . Platone lo conosceva davvero bene ed era lui stesso un gran filosofo : il grosso limite è che trattandosi di un filosofo , Platone avrebbe potuto rimaneggiare i discorsi di Socrate , ed è proprio quel che fa man mano che invecchia . " L'apologia " , per fortuna , resta un dialogo giovanile nel quale Platone descrive il processo che decretò la condanna a morte di Socrate . E' proprio in questo dialogo che emerge fortemente la differenza tra Socrate ed i sofisti : i sofisti pronunciavano discorsi raffinati ed eleganti , ma totalmente privi di verità : per loro l'importante era parlar bene , avere un buon effetto sulle orecchie degli ascoltatori . Per Socrate invece quel che più conta è la verità : lui si proclama incapace di controbattere a discorsi così eleganti e ben formulati (ma falsi) . Socrate , pur non tenendo un'orazione raffinata , dice il vero : la critica ai sofisti verrà poi ripresa da Platone stesso . I sofisti puntavano a stupire l'ascoltatore , dal momento che erano convinti che la verità non esistesse (soprattutto Gorgia . Socrate per difendersi in tribunale non pronuncia un discorso (come i sofisti) , ma imposta un dialogo botta e risposta : è proprio dal discorso che viene a galla la verità (Platone dirà che il discorso tra due o più individui è come lo scontro tra due pietre dal quale nasce la fiamma della conoscenza) . Lo stile oratorio di Socrate è scarno , secco e quasi familiare , modulato a seconda dell'interlocutore . Il punto di partenza del discorso socratico è la cosiddetta " ironia socratica " , ossia la totale autodiminuzione , " io non so , tu sai " . Così inizia anche " L'apologia" : si pone la domanda "che cosa è x ?" e l'interlocutore cade nel tranello e risponde , sentendosi superiore a Socrate . Socrate , come abbiamo detto parlando di Senofonte , parla di argomenti noti all'interlocutore : se ad esempio parla con un generale gli chiederà " che cosa è il coraggio ? " . Quello risponderà , per esempio , dicendo che il coraggio è il non indietreggiare mai . Allora Socrate interverrà dicendo che quello non è coraggio , bensì pazzia . La critica diventa stimolo per l'interlocutore a fornire una seconda risposta meglio articolata : il gioco può andare avanti a lungo e spesso rimane aperto . Questo metodo viene detto " maieutico " : Socrate diceva di fare lo stesso lavoro della madre , la quale era ostetrica : lei faceva partorire le donne , lui le anime . Come le ostetriche valutano se il neonato è " buono " , così Socrate valuta se le idee , le definizioni sono buone . Non tutti gli interlocutori erano intelligenti e riconoscevano i propri errori : spesso preferivano evitare Socrate . Da un interlocutore Socrate fu anche denominato " torpedine " in quanto l'incontro con Socrate risulta scioccante perchè ribalta le concezioni di chi era convinto di sapere e dimostrava che in realtà non sapeva . Socrate stesso si paragonava ad un moscone che stimola il cavallo : lui stimolava gli uomini a ragionare . Socrate con il processo dell'autodiminuzione afferma di non sapere nulla , mentre sostiene che i sofisti sappiano tutto : dice che forse l'educazione che impartisce lui è inutile rispetto a quella sofistica , ma senz'altro è più importante . Le calunnie nei confronti di Socrate hanno avuto inizio quando lui si definiva sapiente in quanto l'oracolo di Delfi gli aveva detto che era il più sapiente tra gli uomini . Lui era rimasto sconvolto da tale affermazione e non riusciva a crederci : allora cominciò a girare per Atene per vedere se trovava persone effettivamente più sapienti di lui . Dunque si recò da coloro che si ritenevano sapienti : politici , poeti , artigiani . Socrate si accorse che tutte e tre le categorie erano convinte di sapere , ma in realtà non sapevano niente : i politici erano i peggiori di tutti non in quanto politici (Socrate stesso , se vogliamo , era un politico perchè svolgeva la sua attività in pubblico) ma in quanto non capaci di insegnare il loro sapere : un vero sapiente deve spiegare ciò che sa : anche i politici migliori (Pericle) non sanno trasmettere il loro sapere . Lo stesso era per i poeti , che a partire da Omero erano considerati sapienti ed educatori : Socrate li biasima sia perchè dicono assurdità , sia perchè il loro non è un sapere , ma una forma di " follia ispirata " : era la divinità che parlava per bocca loro . I meno peggio risultarono essere gli artigiani , che almeno sapevano fare diverse cose di utilità pubblica : la loro è una " tecnè " , ossia una sapienza pratica . Però anche gli artigiani avevano i loro difetti : erano sì competenti nel loro settore , ma peccavano di presunzione perchè erano convinti che la loro conoscenza fosse universale ed illimitata , anzichè limitata . Inoltre essi agivano senza pensare e ponderare . Socrate arrivò alla conclusione che l'oracolo di Delfi aveva ragione : lui stesso è il più sapiente , pur sapendo di non sapere . Il suo non va interpretato come atteggiamento di rinuncia alla ricerca della verità , ma come segno di modestia intellettuale : è proprio il fatto di essere consapevoli della propria conoscenza che spinge l'uomo a sforzarsi di raggiungere la conoscenza ; se si è convinti di sapere già tutto non ci si sforzerà di migliorare . Tra le varie accuse che vengono mosse a Socrate c'è anche quella di corrompere i giovani nella piazza rendendoli peggiori : lui ribatte a questa accusa dicendo che non avrebbe motivo di fare ciò . Infatti se corrompesse i giovani finirebbe per vivere in una città di giovani corrotti , il che si ritorcerebbe contro lui stesso . Va senz'altro ricordato il cosiddetto "intellettualismo etico" di Socrate : secondo lui nessuno può compiere il male sapendo effettivamente di compierlo: nessuno potrebbe mai fare del male volontariamente . Un rapinatore rapina non pensando di fare del male , ma di fare del bene : è un errore intellettuale ritenere bene ciò che è male . E' un atteggiamento tipicamente cristiano-cattolico che si possa scegliere tra bene e male indistintamente . Dunque Socrate introducendo l'intellettualismo etico dimostra di aver agito per il bene della sua città . E' Socrate che ha scoperto il concetto moderno di anima (yuch): in precedenza significava "soffio vitale", ciò che fa vivere le cose; il termine yuch assunse poi il significato di "immagine nell'Ade", un'esistenza depotenziata. Per gli Orfici significava "demone". A partire da Socrate fino al giorno d'oggi l'anima è diventata il nostro io : ci identifichiamo con l'anima . Secondo Socrate possiamo dividere i beni ed i mali in tre categorie a) dell'anima b) del corpo c) dell'esterno . Il corpo è lo strumento nonchè la prigione dell'anima . Il denaro , per esempio , è un bene esterno . In alcuni frangenti sembra che Socrate (e anche Platone ) rifiuti i beni materiali e del corpo , scegliendo quelli dell'anima ; in altre occasioni pare che possano essere accettati entrambe . Socrate , per esempio , pare che non disprezzasse il vino . Quest'ambiguità tra beni del corpo e beni dell'anima può essere spiegata affermando che i beni son tutti beni finchè non entrano in conflitto con altri : la ricerca del piacere fisico diventa un male quando la si antepone alla ricerca di quello intellettuale . Questo non vale solo per i beni , ma anche per il rapporto tra anima e corpo : il corpo per Socrate e Platone non va disprezzato , anzi va apprezzato perchè serve all'anima . Per il Cristianesimo la ricchezza è un male , per Socrate e Platone è un bene finchè non entra in conflitto con gli altri beni . Interessante è il concetto socratico di ingiustizia : essa non danneggia chi la subisce , ma chi la commette . La giustizia infatti dà un senso di piacere interiore e chi è ingiusto perde questo piacere , mentre chi subisce l'ingiustizia continua a provarlo . Questo vale anche per Platone . Tra le cose che Socrate dice di non sapere vi è la conoscenza dell'aldilà , di cosa c'è dopo la morte ( Platone dirà di essere in grado di dimostrare l'esistenza di un aldilà) . Per lui non è che se si vive una vita giusta si sarà premiati : si è già appagati dal vivere giustamente , la felicità che si prova perchè si è giusti è già una sorta di premio : Socrate dice che magari potrebbe esserci una vita ultraterrena , ma lui non lo sa . Tra le varie accuse rivolte c'era anche quella di ateismo e di empietà : Socrate infatti credeva nei demoni , che lui proclamava " figli delle divinità " . Lui dimostra che è un'accusa sbagliata dicendo che se crede nei demoni che sono figli delle divinità , è ovvio che creda anche nelle divinità : perchè ci sia il figlio (demone) , ci devono anche essere il padre e la madre (le altre divinità) . Ma che cosa era questo demone ? Abbiamo due testimonianze divergenti : per Platone era una sorta di angelo custode - coscienza personale che interveniva ogni qual volta Socrate stesse per sbagliare : si tratterebbe di una sorta di " aiuto privilegiato " che non tutti hanno : solo le persone per bene . E' un dono divino per i buoni . E' come se la divinità partecipasse alla vita umana . Per Senofonte invece il demone è un'entità che lo spinge ad agire in determinati modi : Senofonte intende ancorare fortemente Socrate alla credenza in un ordine divino e in un intervento divino nella vita umana . Per Socrate l'importante non è vivere , ma vivere bene : quando la nostra anima è sana , giusta , allora anche noi stiamo bene . Sempre Senofonte nei " Detti memorabili " riassume la prova dell'esistenza di Dio formulata da Socrate in questi termini : ciò che non è opera del caso postula una causa intelligente , con particolare riguardo al corpo umano che ha una struttura organizzata non casuale . Per questa sua origine l'uomo è ritenuto superiore a tutti gli altri animali ed è oggetto dell'interesse di Dio , come si deduce anche dalla possibilità di conoscere i suoi progetti sull'uomo ricorrendo all'arte della divinazione . Va notato che il Dio socratico ( inteso come intelligenza finalizzatrice ) è una sorta di elevazione a entità assoluta della psychè umana . Molti hanno notato che gli accusatori non volevano in realtà condannarlo a morte , ma semplicemente zittirlo . Ma Socrate non può accettare di essere zittito : il suo destino è andare in giro a colloquiare con la gente . Vivere bene per Socrate significa svolgere quest'attività e non rifiutare di essere colpevole significava non far perdere significato alla sua vita . Dal momento che era già vecchio e gli restavano pochi anni di vita , tanto valeva farla finita lì , ma non rinunciare ai suoi ideali . Mentre la ricerca di Platone si spingerà in un'altra dimensione , quella di Socrate rimane saldamente ancorata al mondo terreno : la sua mIssione è far capire ai cittadini ciò che fanno . In Socrate vi è poi un rifiuto della politica (che peraltro troveremo anche in Platone ) : fa infatti notare che lui stesso aveva avuto parecchi problemi con la politica : prima contro di lui si erano scagliati gli oligarchici , ed ora i democratici (nell'accusa ai danni di Socrate si possono scorgere istanze politiche : lui era un aristocratico e i democratici volevano punirlo ) . Pur avendo problemi con la politica , Socrate non dice che vada abolita . Prima dell'esecuzione della pena capitale , a Socrate era stata presentata la possibilità di evadere dal carcere , ma lui si era rifiutato : in lui infatti vi era il massimo rispetto per la legge , che non si deve infrangere in nessun caso . La legge può essee criticata , ma non infranta : di fronte ad una legge ingiusta non bisogna infrangerla , ma bisogna battersi per farla cambiare . Socrate afferma che sarebbe stato suo dovere far cambiare la legge e che non essendoci riuscito è giusto che lui muoia . Gli Ateniesi son convinti di essersi liberati di Socrate avendolo eliminato fisicamente , ma in realtà per liberarsene completamente avrebbero dovuto " ucciderlo filosoficamente " , batterlo a parole . In realtà volevano farlo tacere , ma han sortito l'effetto opposto : Platone infatti , che era intenzionato a dedicarsi alla vita politica , resterà sconvolto per condanna del maestro e si dedicherà alla filosofia . In Socrate vi è una vaga idea di provvidenza divina , ma non collettiva , bensì individuale : la divinità aiuta solo i migliori . Celeberrima è la conclusione dell' Apologia , in cui Socrate si rivolge ai suoi discepoli prima di essere giustiziato : " Ma ormai è ora di partire : io verso la morte , voi verso la vita . Chi di noi cammini a una meta superiore è oscuro a chiunque : non al mio dio ." Nel " Simposio " di PlatonePlatone Alcibiade afferma che Socrate non assomiglia a nessuno degli uomini del passato e del presente : è una figura nuova . Non si interessa di politica , ma non la disprezza , non rifiuta i festini , ma non vi si identifica ( nel " Simposio " tutti i convitati si addormentano , Socrate no ) . Soffermiamoci ora maggiormente sulla tecnica discorsiva di Socrate : la confutazione è la tecnica che dimostra l'inconsistenza del sapere dei propri interlocutori . Ma per arrivare a questo risultato bisogna partire dal metodo delle domande e delle risposte . " Che cosa è la giustizia ? " può essere il punto di partenza per il dibattito : porre questa o qualsiasi altra domanda del genere significa richiedere la definizione delle cose in questione , che però deve essere valida per tutti i casi particolari . In questo senso la ricerca di Socrate è stata interpretata da Aristotele come ricerca dell'universale , nell'ambito dei concetti e dei problemi morali . Gli interlocutori di Socrate si dimostrano incapaci di rispondere correttamente alla domanda sia perchè sottovalutano Socrate (che dice di essere inferiore) sia perchè rispondono citando casi particolari , anzichè la definizione universale . Abbiamo già citato il caso della domanda " Che cosa è il coraggio ? " : rispondere " non inditreggiare mai " è sbagliato , così come dire " assalire il nemico " : si può essere coraggiosi anche nell'affrontare una malattia o un'interrogazione : una definizione corretta deve coprire tutti i casi possibili . Nella sua funzione negativa il metodo delle domande e risposte si caratterizza come confutazione , ossia dimostrazione della falsità o contradditorietà delle risposte date dall'interlocutore . Gli effetti prodotti dall'esercizio di questo metodo sono paragonati a quelli della torpedine marina , che intorpidisce coloro che tocca . Di fronte alla confutazione si può reagire rifiutandola , come fanno vari interlocutori di Socrate . Ma , se la si accetta , essa può liberare dalle false opinioni che si hanno sui vari argomenti e agire dunque come una forma di purificazione . La situazione , che risulta dalla confutazione , è detta aporia , ossia letteralmente situazione senza vie di uscita . Essa consiste nel rendersi conto che i tentativi sin qui percorsi di rispondere a un determinato problema , hanno condotto a un vicolo cieco . Ma in questa nuova situazione , liberi dal falso sapere e soprattutto dalla presunzione di sapere , ci si può accingere alla ricerca del vero sapere , tentando nuove stade che possano condurre ad esso . In questo nuovo orientamento il metodo delle domande e risposte può assolvere una funzione positiva . Essa è paragonata alla funzione svolta dalla maieutica , capace di far partorire ad ognuno , mediante domande opportunamente indirizzate , la verità , di cui ciascuno è gravido . Socrate si ostina incessantemente a far convergere i propri interlocutori nell'ammissione di un punto fondamentale : per saper agire bene , cioè virtuosamente , in un determinato ambito , occorre possedere il sapere che renda capaci di ciò . A questo risultato egli perviene mediante l'analogia con le tecniche : il buon artigiano che sa svolgere bene la propria attività possiede un sapere capace di guidarlo a questo risultato . La stessa cosa deve valere in ambito etico-politico : questo è il nocciolo della famosa tesi secondo cui la virtù è scienza . Questa tesi conduce ad alcune conseguenze . In primo luogo , chi conosce che cosa è bene e quindi anche che cosa è buono per lui non può non farlo . Il bene è dotato di un potere incontrastabile di attrazione . Ciò non significa che Socrate disconosca l'importanza delle passioni e delle emozioni nella vita umana , ma soltanto che in ogni ambito della vita umana l'unico strumento capace di orientare verso il comportamento corretto è ravvisato nel sapere . La posizione etica di Socrate non va confusa con forme di rigorismo ascetico . Essa è invece definibile come una forma di eudemonismo , perchè pone come obiettivo fondamentale il perseguimento della felicità (in Greco eudaimonia ) . E' il sapere che è in grado di effettuare un corretto calcolo degli stessi piaceri , misurando le conseguenze piacevoli o dolorose che essi possono arrecare . Questo è il sapere , di cui Socrate dichiara di non essere in possesso , ma proprio per questo è il sapere che egli persegue . Non ha senso allora distinguere le varie virtù nettamente le une dalle altre : la virtù è una , come uno solo è il sapere in cui esse si compendiano : sapere che cosa è bene e che cosa è male .

 

 

Fonte: http://www.elca3.altervista.org/Ebook/Storia%20della%20Filosofia%20Greca%20-%20Da%20Talete%20ad%20Aristotele.doc

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