Storia d' Italia in breve

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Storia d' Italia in breve

Storia d´Italia

Dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale

  • Allo scoppiare della guerra (1914) le forze politiche e l´opinione pubblica italiana sono al loro interno profondamente divise. Nnostante l´iniziale neutralità del paese si formano rapidamente due schieramenti contrapposti, interamente composti di posizioni quanto mai eterogenee.

INTERVENTISTI

  • interventisti di destra, tra cui i nazionalisti, parte degli irredentisti, la Destra conservatrice antigiolittiana: vogliono la guerra contro l´Austria che permetta all´Italia di affermarsi come grande potenza e completi le guerre risorgimentali con la liberazione di Trento e Trieste; inoltre alcuni cattolici conservatori, che sostengono l´opportunità di rispettare il patto con la Triplice Alleanza, intervenendo al fianco della cattolica Austria e contro la laicista Francia.
  • interventisti di sinistra, tra cui i democratici irredentisti e frange socialiste: invocano l´intervento contro l´Austria in una prospettiva di grande guerra di liberazione delle nazionalità oppresse.

NEUTRALISTI
Hanno dalla loro la maggioranza della popolazione e la maggioranza dei parlamentari:

  • Giolitti e i liberali giolittiani, propendono per una neutralità condizionata tendente ad ottenere dall´Austria Trento e Trieste in cambio del non intervento
  • la maggioranza dei socialisti, coerenti ai principi della II internazionale considerano la guerra uno scontro tra opposti interessi capitalisti
  • la maggioranza dei cattolici: si tengono distinti dagli slanci interventisti in coerenza all´esplicita condanna della guerra espressa da Benedetto XV, ma sono gli ultimi arrivati sulla scena politica.

Mentre nel paese cresce la tensione, il governo si adopera in ambito internazionale per cogliere le opportunità che il conflitto può offrire:
dopo inutili contatti con l´Alleanza, viene facilmente raggiunto un accordo con le potenze dell´Intesa (26 aprile 1915, Patto di Londra)
il governo Salandra si appresta a volgere in senso interventista l´opinione pubblica e piega il parlamento alla propria volontà
il 24 maggio 1915 l`Italia dichiara guerra all`Austria-Ungheria, e nell´agosto del 1916 alla Germania.

  • La guerra risolve, sia pur temporaneamente, molti problemi affacciatisi nel periodo giolittiano in connessione con le crisi recessive del 1907 e del 1913. La congiuntura bellica è caratterizzata da un ingente prelievo delle spese di guerra sulla ricchezza nazionale e dal potenziamento degli impianti industriali dietro lo stimolo degli alti prezzi garantiti dalle anticipazioni e dalle ordinazioni statali.

Il volume degli investimenti, l´andamento dei profitti, l´indice di produzione delle industrie manifatturiere, la quota dell´industria sul prodotto lordo privato sono in ascesa.
Vi sono poi altri fenomeni importanti:

  • l´impetuosa crescita dei gruppi industriali comprendenti le attività più moderne (industria metallurgica, chimica, elettrica, estrattiva, ovvero l´Ilva, la Fiat, la Terni, la Breda, la Montecatini, l´Edison)
  • il masssiccio ingresso dello Stato sul mercato, quale principale cliente e fornitore a prezzi politici di materie prime e di servizi.

●         In seguito all’ordine di mobilitazione emanato il 31 luglio 1914 dall’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, circa 60.000 Trentini furono arruolati nell’esercito austriaco e spediti sul fronte orientale a combattere contro i Russi. Qui i soldati trentini conobbero il volto crudele della guerra moderna: moltissimi i morti, i feriti, i prigionieri. Allo scoppio della guerra con l’Italia, il 24 maggio 1915, il Trentino fu attraversato dal fronte e per tre anni sulle sue montagne si combatté la cosiddetta guerra bianca, una guerra che cambiò il volto a quel paesaggio alpino.Non tutti i trentini combatterono nelle file dell’esercito austriaco. Alcuni di loro (circa 700), che nel 1914, per le loro idee irredentiste avevano disertato la leva ed erano fuggiti dal Trentino, si arruolarono come volontari nell’esercito italiano.Fra questi Cesare Battisti, catturato dagli Austriaci sul Monte Corno in Vallarsa e impiccato come alto traditore nella fossa del Castello del Buonconsiglio a Trento il 12 luglio 1916. Con l’apertura del fronte italiano i paesi e le città che si trovavano a ridosso della linea del fuoco furono in pochi giorni evacuati: più di 30.000 civili furono mandati verso sud dall’esercito italiano, altri 70.000 a nord, verso le province centrali dell’Impero, dispersi presso famiglie o concentrati nelle città di legno.Altri 1700 Trentini, sospettati di essere filoitaliani, furono rinchiusi nel campo di Katzenau: per più di tre anni i profughi vissero in esilio, lontani dalla propria casa, spesso in drammatiche situazioni di povertà. Il 3 novembre 1918 le truppe italiane entrarono a Trento: la guerra era finita e il Trentino, in seguito alla sconfitta austriaca, venne annesso al Regno d’Italia.

        • L´Italia nell´immediato dopoguerra si presenta da un lato come un paese decisamente rinnovato nella struttura sociale ed economica, dall´altro come uno stato in preda ad una grandissima crisi sociale e politica di cui la classe sociale dirigente liberale non pare accorgersi.
        • La guerra, prima esperienza collettiva a carattere veramente unificatore e catalizzatore per la realtà italiana, determina importanti sconvolgimenti sociali, legati ai primi effetti del sorgere della società di massa.
        • Le trasformazioni socio-economiche del primo dopoguerra sono legate all´evoluzione dell´apparato industriale (l´industria pesante nell´Italia settentrionale), il quale provoca il rafforzamento del ceto imprenditoriale e del movimento operaio in un´Italia ancora ampiamente legata al tradizionale mondo contadino.
        • La società civile – in primo luogo il movimento operaio e contadino – non trovando in nessun modo risposta politica alle proprie richieste, può esprimersi nei due movimenti politici tradizionalmente ostili allo stato: il Partito Socialista e il Partito popolare, fondato da Don Sturzo nel 1919. Questa situazione si concretizza nelle elezioni del 1919, le prime politiche del dopoguerra, nelle quli i liberali mostrano il loro declino di fronte alla crescita del partito Popolare e all´enorme forza del Partito socialista.
        • La radicalizzazione dello scontro politico dà concretezza alla fobia del “pericolo rosso”, già sorto dopo la Rivoluzione russa: mentre da più parti si annuncia l´inizio del processo rivoluzionario, la paura degli imprenditori e dei latifondisti ha modo di manifestarsi nell´assunzione di vere e proprie squadre punitive progenitrici del movimento fascista.
        • Nel marzo del 1919 Benito Mussolini fonda il Movimento dei Fasci di Combattimento.
        • Di fronte alla situazione tesa e complessa del “Biennio rosso” il parito Socialista appare inadeguato a svolgere il prorpio ruolo nel paese: nel Congresso di Livorno (1921), gli ordinovisti guidati da Gramsci e Bordiga decidono l´uscita dal Partito Socisalista per fondarne uno nuovo, il Partito Comunista d´Italia. Nel `22 I riformisti guidati da Turati abbandonano il Partito Socialista e fondano il PSU.
        • I brevi e fragili governi di Bonomi e Facta, le fratture fra le diverse compagini politiche e l´acutizzarsi della crisi dello stato liberale, la massiccia controffensiva fascista e l´imperversare dello squadrismo, sfociano nella Marcia su Roma (28 ottobre 1922). Il 30 ottobre Mussolini riceve da Vittorio Emanuele III l´incarico di formare un nuovo governo.
        • Fra il ´22 e il ´25 il fascismo si consolida al potere attraverso i canali di carattere istituzionale tipici del vecchio stato liberale: solo con la fine del ´25 si potrà parlare di regime fascista con il venir meno dei diritti civili e la costruzione dello stato totalitario.
        • L`AFFERMAZIONE DEL FASCISMO.
  • la fase legalitaria della dittatura: iln Governo presieduto da Mussolini sembra essere il solo capace di ristabilire la pace sociale e anche i politici piú esperti sottovalutano il pericolo fascista. In realtà ciò che si è costituito nel ´22 è un blocco autoritario volto alla ristrutturazione dello stato ma non ancora rigidamente avviato verso la fascistizzazione.

Tra il ´22 e il ´24 Mussolini
Riorganizza la struttura prefettizia e lascia libertà d´azione alle “squadre” per far fronte ai sussulti del movimento operaio-
Smantella la legislazione che ha caratterizzato la vicenda politica del primo dopoguerra
Organizza il Partito nazionale Fascista in partito di governo e ne attua la fusione con il partito Nazionalista
Argina con autorità la crisi aperta dal caso Matteotti, il leader socialista rapito e assassinato dagli squadristi per aver denunciato le irregolarità e i soprusi perpetuati dai fascisti nello svolgimento delle lezioni
Con il discorso del 3 gennaio ´25 pone fine alla fase di transizione che ha visto il fascismo convivere con le istituzioni liberali e dà inizio alla fase decisamente dittatoriale del suo governo.

  • la costruzione dello stato totalitario (attraverso le cosiddette leggi fascistissime): Mussolini attua l´esautoramento del parlamento e assomma le cariche del governo e del partito nella figura del Duce.
  • controllo dell´opposizione
  • istituzione del tribunale Speciale per la difesa dello Stato
  • forte attività per l´organizzazione del consenso attraverso le istituzioni tradizionali (la scuola) e le organizzazioni paramilitari, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di una cultura fascista
  • introduzione di un nuovo sistema elettorale
  • firma dei Patti Lateranensi e la conclusione formale della questione romana.
  • l´opposizione: non tutta la società italiana approva ed appoggia la soluzione proposta al problema politico, economico ed ideologcico dal fascismo. Composito ed eterogeneo appare tuttavia il quadro dell´opposizione al regime: proprio tale disomogeneità  - oltre che nel clima di repressione e clandestinità in cui deve operare -  deve essere ricercata la causa dell´impossibilità di una convergenza di tutte le forze antifasciste capace di portare al rovescimento del regime prima della seconda guerra mondiale. Si ritrovano infatti diverse ispirazioni di antifascismo: di concezione liberale, democratica, cattolica , socialista e comunista.
  • la politica estera: soprattutto nella seconda fase il regime persegue una politica sempre piú aggressiva nei confronti delle altre nazioni europee e volta alla ricerca di nuovi sbocchi di carattere coloniale. Ciò si rifletterà in un crescente apprezzamento della politica attuata dalla Germania Hitleriana:
  • 1935-36: annessione dell´Etiopia e proclamazione dell´Impero
  • 1936: intervento italiano nella fguerra civile spagnola
  • 1936: asse Roma-Berlino e uscita dell´Italia dalla Società delle Nazioni
  • 1937: Asse Roma-Berlino-Tokyo
  • 1939: Patto d´Acciaio e invasione dell´Albania.

 

 

Allegato 1: Gabriele D´Annunzio

 

D'Annunzio nacque a Pescara nel 1863. Suo padre era un ricco possidente, di pessimo carattere, collerico e spendaccione. Egli s'accorse che Gabriele (terzogenito di cinque figli) aveva doti d'intelligenza non comuni: ecco perché quando il ragazzino compose un'opera in poesia, a soli 16 anni, la fece pubblicare a sue spese, col titolo Primo Vere. Gabriele era tanto orgoglioso del suo lavoro da spedirne una copia a Giosuè Carducci, allora il più acclamato poeta italiano. Dopo la maturità classica il giovane D'Annunzio si trasferì a Roma, per iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza, ma in realtà il suo scopo era darsi alla bella vita. Divenuto cronista mondano di un giornale della capitale, entrò nell'alta società; balli, cene, ricevimenti, appuntamenti d'amore, avventure galanti, duelli (in cui regolarmente veniva sconfitto) riempivano le sue giornate. Si manifestò in lui quella che successivamente avrebbe assunto la forma di una vera ossessione: la smania di spendere cifre enormi in oggetti di lusso, superflui, che facevano di lui un uomo ammirato, ricercato e imitato.
A vent'anni D'Annunzio sposò una duchessa. Subito dopo ottenne un posto fisso nel giornale La Tribuna di Roma. Ma dall' 84 all' '88 il Poeta accumulò una quantità tale di debiti da essere costretto, alla fine, a ritirarsi in Abruzzo, dove scrisse Il piacere, il primo di una serie di tre romanzi che gli fruttarono una grande popolarità. Molti si atteggiavano e si vestivano come lui, lo imitavano nelle avventure d'amore, nel lusso sfrenato, nelle abitudini eccentriche, e le donne spasimavano per lui. Questa fama soddisfaceva pienamente D'Annunzio. Abbandonata la moglie e i tre figli, si lanciò in una serie di avventure amorose. La più celebre di queste passioni fu quella che legò il poeta alla grande attrice Eleonora Duse. Ella lo manteneva in un lusso incredibile, versandogli interamente gli incassi delle rappresentazioni delle tragedie che egli veniva componendo per l'innamorata, tra cui notissime sono Francesca da Rimini, La figlia di Jorio, La fiaccola sotto il moggio. La fama di D'Annunzio crebbe considerevolmente quando pubblicò il volume di poesie intitolato Laudi. Egli possedeva infatti una straordinaria abilità poetica e molta fantasia.
Nel 1910 fu costretto, per sfuggire ai creditori, a rifugiarsi in Francia, dove visse per cinque anni, finché il direttore del Corriere della Sera gli propose di sanare tutti i suoi debiti in cambio di una collaborazione costante al giornale. In verità, dietro questo patto c'era un disegno ben preciso: il Corriere era il giornale della borghesia lombarda, che sicuramente aveva intravisto in D'Annunzio e nella sua straordinaria capacità di persuasione un ottimo strumento per i propri obiettivi nazionalistici. Con le Canzoni delle gesta d'oltremare egli aveva già inneggiato all'impresa libica sostenendola entusiasticamente: egli ovviamente si sarebbe ora pronunciato a favore dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale. D'Annunzio rientrò trionfalmente in Italia: alla stazione di Roma lo aspettavano 80.000 persone. Parlò in Campidoglio infiammando gli uditori col sostenere la necessità dell'intervento immediato nella prima guerra mondiale, col definire il neutralista Giolitti capo dei malfattori e col baciare teatralmente la spada appartenuta al garibaldino Nino Bixio. L'interesse di D'Annunzio per la politica risaliva al 1897, quando era stato eletto deputato della destra. Ma anche in questo campo aveva subito rivelato la sua originalità proclamando di non essere né di destra né di sinistra, bensì al di là del bene e del male. Egli si ispirava al mito del superuomo, cui tutto è concesso, cui tutto è dovuto; mito diffuso in quegli anni in Europa da pensatori e filosofi, e inteso da D'Annunzio, che lo applicava a se stesso nella vita quotidiana, in senso profondamente reazionario. Eppure l'equivoco che lui stesso alimentava, atteggiandosi a simbolo del progresso, fece sì che nel 1900 fossero proprio i socialisti a offrirgli la candidatura per le elezioni. Egli accettò, ma fu sconfitto. Nel 15 egli insistette per essere mandato in prima linea, po5sibilmente nella nuova arma, l'aviazione, che eccitava la sua fantasia. Durante un ammaraggio col suo idrovolante venne ferito a un occhio e costretto all'immobilità nel buio più assoluto. In quell'occasione dettò una delle sue opere più belle, il Notturno. Nel febbraio del 18, D'Annunzio escogitò un gesto molto spettacolare, che sarebbe passato alla storia col nome di Beffa di Buccari. Con tre Mas (motosiluri) egli compì le 300 miglia di mare che separano Venezia da Buccari (vicino a Fiume) dove, secondo le notizie ricevute, erano ancorate alcune navi da guerra austriache. Benché le acque intorno a Fiume fossero strettamente sorvegliate, gli Italiani guidati da D'Annunzio riuscirono a penetrarvi; ma trovarono solo quattro mercantili che non poterono neppure colpire perché i siluri si impigliarono nelle reti di protezione. Allora lasciarono, legati a boe e imbottigliati, alcuni messaggi beffardi. Lo stesso anno, in agosto, con alcuni compagni volò su Vienna lanciando migliaia di manifestini in cui si rallegrava di aver potuto violare i cieli della città nemica. Ma la grande avventura di D'Annunzio doveva ancora arrivare. Al termine della guerra la città di Fiume (oggi Rìjeka, in Iugoslavia), era stata assegnata alla Croazia. Ma le migliaia di reduci scontenti, gli irredentisti, gli interventisti, esigevano che Fiume fosse italiana. D'Annunzio raccolse intorno a sé alcune centinaia di volontari, finanziati dagli industriali della guerra. Li chiamò, come nell'antica Roma, legionari. Con essi, il 19 settembre 1919, partì da Ronchi, tra Gorizia e Monfalcone, su una Fiat seguita da 26 autocarri stipati di fanatici ribelli, e di soldati dell'esercito regolare. Occupata Fiume, D'Annunzio sosteneva lo slogan Fiume nostra e Dalmazia nostra, ma non aveva le idee chiare. Egli si era auto-nominato Comandante e conduceva, al solito, una vita sfarzosa e disordinata. Al tempo stesso emanava proclami e lanciava messaggi, raccogliendo non pochi consensi. L'iniziativa del tutto individuale di D'Annunzio creava al governo italiano gravi problemi, anche perché il Comandante, per rifornire la città che era praticamente isolata, dava ordine ai suoi uscocchi (avventurieri che imitavano gli antichi corsari dalmati di questo nome) di depredare le navi che transitavano nell'Adriatico.
Fiume divenne un affare internazionale e D'Annunzio si rifiutò di abbandonare la città, come gli chiedeva il governo italiano. Finalmente, nel novembre del 1920, fu firmato il Trattato di Rapallo, che fissava in via definitiva i confini Ira Italia e Iugoslavia, e stabiliva che Fiume diventasse città autonoma. Fiume fu attaccata dalle truppe governative. Ci furono degli scontri e 36 morti. Il 28 dicembre la città si arrese: l'avventura fiumana era conclusa ingloriosamente. Ebbe inizio da quel momento la decadenza del poeta. Aveva 57 anni e, benché ancora circondato dalla celebrità, non era più in grado di condurre, né fisicamente né economicamente, la folle vita dissipata degli anni precedenti; e ciò lo faceva soffrire.
Si ritirò in una villa sul Lago di Garda che ribattezzò Il Vittoriale degli Italiani. Era un luogo bellissimo, che il poeta trasformò in modo eccentrico e originale, accostando a cianfrusaglie di pessimo gusto numerosi oggetti d'arte. Qui ogni giorno decine di ammiratori venivano a visitarlo. Egli si mostrava solo per un attimo, attraverso una finestrella, dopo aver fatto subire lunghe, e talora vane, attese. Al Vittoriale trascorse il resto della vita, oppresso nei primi tempi dal solito problema dei debiti, che finalmente nel 1926 trovò una soluzione con l' Istituto nazionale per la pubblicazione di tutte le opere di Gabriele D'Annunzio, fondato anche allo scopo di sovvenzionare il poeta con uno stipendio mensile.
Quest'iniziativa era stata presa da Mussolini per tacitare D'Annunzio che, dopo l'impresa di Fiume, alla grandissima fama di letterato aveva aggiunto la popolarità dell'uomo d'arme. Durante il regime il poeta diede al fascismo la sua adesione incondizionata, al punto di manifestare pubblicamente la sua solidarietà col Duce dopo l'assassinio di Matteotti. Egli non lasciò più il Lago di Garda: il 1° marzo 1938 mori all'improvviso.

Discorso interventista

<<Io mi vanterò di questo crimine>> Queste furono le parole pronunciate da D'Annunzio, il 13 maggio 1915.
<<Se considerato è come crimine l'incitare alla violenza i cittadini, io mi vanterò di questo crimine, io lo prendere sopra me solo... Ogni eccesso della forza è lecito se vale a impedire che la Patria si perda.. Basta! Rovesciate i banchi! Spezzate le false bilance! Stanotte su noi pesa la legge romana. Accettiamo il fato, accettiamo la legge. Imponiamo il fato, imponiamo la legge. Le nostre sorti non si misurano con la spanna del merciaio, ma con la spada lunga.. Formatevi in drappelli, formatevi in pattuglie civiche; e fate la ronda, ponetevi alla posta, per pigliarli, per catturarli ( i neutralisti)>>.

 

 

Allegato 2: Benito Mussolini
Nasce nel 1883 vicino Forlì, figlio di Alessandro, fabbro, socialista più volte processato, e Rosa Maltoni maestra elementare.M. studio prima al collegio salesiano, poi nel collegio Carducci di Forlimpopoli. Nel 1900 si iscrisse al partito socialista, si diploma maestro l'anno dopo. Nel 1902 andò in Svizzera per sottrarsi al servizio militare, rientrò in Italia nel 1904 grazie all'amnistia , fece il bersagliere a Verona. La sua attività giornalistica anticlericale lo portò a Trento a dirigere "L'avvenire del lavoratore", ma venne espulso, quindi torno a Forlì nel 1909 dove conobbe Rachele Guidi che poi sposo nel 1915, venne condannato per la propaganda contro la guerra Libica a 5 mesi di carcere.Divenne direttore dell'Avanti ! quindi si trasferì a Milano. Con lo scoppio della Grande Guerra M. cambiò radicalmente idea sulla doveri dell'Italia, pensava dovesse entrare nel conflitto, ovviamente il cambiamento non fu gradito al Psi che lo espulse dal partito e ovviamente dal giornale, allora fondò il Popolo d'Italia nel novembre del 1914. Venne richiamato alle armi nel 1915 due anni più tardi venne ferito in un esercitazione, una volta guarito tornò alla direzione del giornale. Nel dopoguerra fondò il movimento fascista (23 marzo 1919), nel 1922 dopo la marcia di Roma il Re lo incaricò di formare il nuovo governo, nel 1924 consolidò il suo potere grazie anche al risultato delle elezioni. M. dopo l'assassinio di Matteotti che aveva denunciato irregolarità nelle elezioni, entro in crisi ma i partiti antifascisti non ne approfittarono, M. ne uscì con un atto di forza. Col discorso alla camera (3 gennaio 1925) e le misure adottate di seguito (le leggi fascistissime) sconvolsero la struttura liberale dello stato italiano. Nacque il culto del Duce. Concluse con la Chiesa un accordo, con i Patti Lateranensi (la Chiesa riconobbe lo stato italiano e la sua capitale che a sua volta riconosceva lo stato della Città del Vaticano, inoltre l'Italia si impegnava a pagare una forte indennità per ripagare il Papa della perdita dello Stato Pontificio, inoltre fu ideato un concordato che intaccava il carattere laico stato), la politica interna fu conservatrice. La politica estera faceva perno sulle rivendicazioni nazionalistiche, tentò di essere al centro delle vicende internazionali, a volte con successo, come durante il tentativo di annessione tedesco dell'Austria, e quando promosse il convegno di Stresa con l'Inghilterra e la Francia dove sembrava essere nato un fronte antitedesco, ma le cose cominciarono a cambiare quando conquistò l'Etiopia, cosa che gli mise contro gli inglesi e gli fece sprecare grandi quantità di entrate dello stato, inoltre fece combattere alcuni reparti dell'esercito a fianco di truppe dell'esercito tedesco nella rivoluzione spagnola, permise senza opporsi l'Anschluss e la persecuzione ebraica, il suo destino si legava sempre più a quello di Hitler. Nel 1939 scoppiò la guerra, M. nonostante i venti anni avuti a disposizione e a dispetto dei suoi stessi discorsi non aveva preparato militarmente l'Italia ad una guerra, infatti cercò di non entrare subito nel conflitto, dichiarò la "non belligeranza", si decise solo quando la vittoria tedesca sembrava a portata di mano, ovviamente non fu così e il fallimento prima della guerra parallela (intendeva combattere contro l'Inghilterra impegnadola in fronti diversi da quelle tedeschi), poi anche di quella a fianco della Germania, oltre allo sbarco alleato effetuato in Sicilia il 10 luglio, diedero il pretesto al Gran Consiglio del Fascismo di approvare un ordine del giorno contro di lui era il 24 luglio del 1943 . Poche ore dopo il Re ne approfitto per riprendere il potere, lo fece arrestare, fu portato prima a Ponza poi alla Maddalena infine al Gran Sasso, dove venne liberato e portato in Germania dai paracadutisti tedeschi, pochi giorni dopo l'armistizio del governo italiano (8 settembre 1943).M. ritorno in nord Italia per fondare la Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò) che cercava di far rivivere il mito fascista ma ormai era tardi e anche la Germania dava segni di cedimento. Negli ultimi mesi di guerra lo si vide raramente in pubblico, una volta crollata la linea gotica penso' a rifugiarsi a Milano tentando di venire patti col Comitato di Liberazione Nazionale, temendo la cattura fuggì verso Como per poi andare in Svizzera, nonostante fosse vestito da soldato in una colonna di tedeschi in ritirata venne riconosciuto ad posto di blocco partigiano che dopo un sommario processo venne fucilato (28 aprile 1945), il suo corpo venne esposto in piazza a Milano assieme alla compagna e alcuni gerarchi fascisti, poi dopo numerose traversie venne sepolto a Predappio.

 

Bibliografia:

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RB = Romanistik -Bibliothek, Turm C, ERL.                      UB = Universitätsbibliothek, Schuhstr.1A, ERL.
EUWrB = Europäisches Wirtschaftsrecht-Bibliothek, Schillerstr.1-4, ERL.
JuB = Juristische Bibliothek, Schillerstr. 1, ERL.               Doz = di proprietà della docente

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  • STORIA

Manuali

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Carocci Giampiero, Storia d’Italia dall’Unità ad oggi. Milano: Feltrinelli 1990 [WiSoB]

Chabod Federico, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino: Einaudi 1961
[RB I 404 A]

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Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Torino, Einaudi, 1945
Mario Rigoni Stern, Le stagioni di Giacomo, Torino, Einaudi, 1995

 

Fascismo
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Giorgio Boatti, Preferirei di no, Torino, Einaudi, 2001
Carlo Cassola, La casa di via Valadier, Milano, Rizzoli, 2001
Alba de Céspedes, Nessuno torna indietro, Milano, 1966
Vittorio Foa, Lettere della giovinezza. Dal carcere 1935-1943, Torino, Einaudi, 1998
Francesco Jovine, Le terre del Sacramento, Torino, Einaudi, 1970
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Milano, Mondadori, 1968
Alberto Moravia, Il conformista, Milano, Bompiani, 1998
Giampaolo Pansa, Le notti dei fuochi, Milano, Sperling & Kupfer, 2001
Vasco Pratolini, Cronache di poveri amanti, Milano, Mondadori, 1960
Vasco Pratolini, Il quartiere, Milano, Mondadori, 1965
Vasco Pratolini, Lo scialo, Milano, Mondadori, 1976
Luigi Preti, Giovinezza, Giovinezza…, Milano, Mondadori, 1967
Ignazio Silone, Vino e pane, Milano, Mondadori, 1994
Ignazio Silone, Fontamara, Milano, Mondadori, 1975
Elio Vittorini, Il garofano rosso, Milano, Mondadori, 1997

Seconda guerra mondiale e Resistenza
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Emilio Sarzi Amadé, Polenta e sassi, Torino, Einaudi, 1977
Girogio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, Milano, Mondadori, 1999
Giuseppe Berto, Il cielo rosso, Milano, Rizzoli, 1980
Edith Bruck, Lettera alla madre, Milano, Garzanti, 1988
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Fonte: http://www.sz.uni-erlangen.de/intern/templates/course1/gadondol/download/course3/Dalla%20Prima%20alla%20Seconda%20Guerra%20Mondiale.doc

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