Storia dell' America Latina

Storia dell' America Latina

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Storia dell' America Latina

BREVE STORIA DELL’AMERICA LATINA

Introduzione

Scrivere i n sintesi una Storia dell’America Latina è senza dubbio una impresa un po’ folle sia per la ricchezza della parte del Continente così chiamato anche se impropriamente, sia per la complessità degli elementi che compongono la storia: l’economia, la politica e la società, la cultura e la religione, sia per le relazioni con la grande storia degli altri popoli e continenti.
Oggi si preferisce scrivere storia per temi e per parti, ma per chi vuole un quadro di riferimento il più vasto possibile per poi approfondire una tematica o un settore della storia è necessario avere un affresco il più possibile completo anche se, per forza di cose, non totale né esaustivo, né imparziale.
Proprio sulla parzialità è necessario soffermarsi. Se si pensa alla storia come una relazioni di fatti colti da uno studioso che li analizza come potrebbe fare un chirurgo nell’autopsia di un cadavere, forse si potrebbe essere imparziali. Invece è impossibile perché lo storico, come qualsiasi altro ricercatore degli eventi umani, è sempre coinvolto dalla sua posizione sociale, dalla sua cultura e da una sua costruzione ideologica. Soprattutto sulla Storia dell’America Latina si scontrano letture diverse: la Leggenda nera e Leggenda rosa, la scoperta e la conquista, quella dei conquistatori non è quella degli indigeni, quella basata sulle fonti dei detentori del potere non è quella della popolazione più povera e ridotta spesso in schiavitù, quella dei vincitori non è quella dei vinti, quella delle culture native non è quella della cultura imposta.
Per evitare una storia sbilanciata dalla parte del potere o totalmente dalla parte degli ultimi (quali poi?) e necessario prendere posizione e verificare continuamente e criticamente la lettura delle fonti e degli avvenimenti per giungere non tanto alla “verità” quanto il più vicini possibile ad un affresco che nell’insieme metta in relazione tra loro tutti i particolari.
Gustavo Gutierrez in un articolo scritto in occasione dei ‘500 anni dell’arrivo degli spagnoli scriveva. “Solo l’onestà storica dovrà essere il criterio di verità da seguire. Dobbiamo quindi, innanzitutto avere il coraggio di liberarci da quei pregiudizi, da quelle interpretazioni ristrette, da quegli occultamenti interessati che hanno reso il nostro passato non una sorgente di creatività, ma una pesante ipoteca che ci paralizza. Nascondersi ciò che è veramente accaduto nei secoli passati – per timore della verità, per difendere privilegi da lungo acquisiti o per qualunque altro motivo – non solo ci condannerebbe alla sterilità storica, ma ci allontanerebbe dalla fedeltà al Vangelo.”  (Nigrizia, ottobre 1991).
La posizione di questo libretto è quella di chi vuol capire, nel senso più intenso del “capere” latino: afferrare, abbracciare, quindi situarsi nell’interno della realtà dalla parte di chi più soffre senza essere ideologicamente parziale ma nemmeno totalmente imparziale, per giungere il più possibile a condividere le “gioie e le speranze” (GS 1) e anche le tragedie, per scoprire le radici che dal passato giungono a noi e trarre una lezione per le relazioni umane dell’oggi, per la storia che stiamo costruendo insieme giorno per giorno.

Correggiamo innanzitutto alcune affermazioni e alcuni termini:

  • La storia dell’America Latina non inizia con l’America Latina, ma con la storia della terra che gli indigeni chiamavano Abya-Yala ( terra matura o terra di sangue)
  • Martino Waldeseemüller, geografo di Friburgo, sulla scoperta di Amerigo Vespucci che per primo ha avuto la certezza che quel nuovo continente non era l’Asia, ha avuto l’ardire, nel 1507, di affibbiare a quella terra il nome di America, al femminile come tutti gli altri continenti, senza preoccuparsi di ricercarne il nome originale. In questo appare già chiara quella che sarà per tanto tempo la supponenza “occidentale” verso il “nuovo Mondo”, termine coniato per primo dallo stesso Amerigo in una lettera ai Medici, pare nel 1505. I conquistatori imporranno nomi ai luoghi dove sbarcano a volte completamente sbagliati, che sono rimasti fino ad oggi: Rio de Janeiro, perché giunti a gennaio credevano che quella baia fosse l’estuario di un fiume che non esisteva; Perù: perché Pascual de Adangoya raggiunse una regione a sud dell’Ecuador dove c’era un fiume che gli indios chiamavano Birù, Monte Pascual dato da Alvares Cabral ad una montagna apparsa al loro sbarco nel giorno di Pasqua, Venezuela, piccola Venezia, anche se ben più grande, perché ricca di fiumi e canali.
  • L’America Latina non è latina, termine coniato nella Francia per distinguerlo dal semplice: America, del quale si erano impossessati gli americani degli Stati Uniti. Se vogliamo essere corretti è india (i legittimi abitanti chiamati così da Cristoforo Colombo che pensava di essere arrivato alle Indie Orientali), africana (dovuto al grande numero di schiavi africani trasportati in quelle terre), latina (perché conquistata da popoli latini che hanno imposto la loro lingua, spagnolo e portoghese e in parte francese) sassone (perché esistono paesi e regioni che parlano l’inglese e l’olandese e, perfino, anche se in numero ridotto, dovuto agli immigrati, slava, russa, araba, giapponese.

“ Fin dall’inizio è stata una storia di equivoci. Cristoforo Colombo morì convinto di essere stato in Giappone e sulle coste della Cina e di essersi incontrato con i sudditi del Gran Khan. Quando, in seguito, si venne a sapere che la Cina non si trovava là dove Colombo credeva e che, invece, il genovese era arrivato ad una terra che l’Europa non conosceva, si battezzò quel regalo del caso con il nome di “scoperta”. Per gli “indios” “scoperti” fu l’inizio di un genocidio.
Fin dall’inizio, è stata una storia di non incontro di codici culturali e di comunicazione. Durante la seconda spedizione, sei indios furono arsi vivi sulla pira. Cosa avevano fatto? Avevano sotterrato alcune immagini di Cristo e della Vergine, convinti che queste nuove divinità rendessero più feconda la semina del mais. Per gli europei “scopritore” era un chiaro sacrilegio. Fin dall’inizio, infine, equivoci e malintesi hanno portato alla nascita di due storie, di due versioni contrapposte chiamate leggenda nere e leggenda rosa. Ambedue furono scritte da e per i vincitori e non ci consentono di cogliere la verità dei fatti… La leggenda nera scarica sulle spalle della Spagna – e in misura minore su quelle del Portogallo – la responsabilità dell’immenso saccheggio coloniale. In realtà, il ladrocinio finì con il beneficiare in quantità molto maggiore altri paesi europei, rendendo possibile lo sviluppo del capitalismo moderno…. La tanto citata “crudeltà spagnola” non è mai esistita. Sono invece esistiti spagnoli crudeli che, per primi- ma subito uguagliati e superati da latri europei – misero in atto un abominevole sistema che aveva bisogno di metodi crudeli per imporsi e crescere. Dalla parte diametralmente opposta la leggenda rosa elogia come coraggio e grandezza di vedute ciò che altri descrivono come infame comportamento, chiude gli occhi sui maltrattamenti imposti alle popolazioni locali e sullo sterminio di milioni di indios e definisce “evangelizzazione” quella che è stata la più colossale rapina della storia del mondo, attribuendone l’ordine a Dio.” (Eduardo Galeano, Oltre le “leggende” in Nigrizia ottobre 1991)

Nemmeno il papa Benedetto XVI è sfuggito alla dialettica tra le due letture della storia latinoamericana. Il confronto tra i due testi, fa comprendere che il secondo è il tentativo di correggere l’affermazione troppo definita del primo.

.. l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nessun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’imposizione di una cultura straniera..”(  Discorso di apertura alla V Conferenza del CELAM a Aparecida il 13 maggio 2007)

“Ho voluto riprenderlo ( il tema del rapporto tra fede e cultura) confermando la Chiesa che è in America Latina e nei Carabi nel cammino di una fede che si è fatta storia vissuta, pietà popolare, arte, dialogo,con le ricche tradizioni precolombiane e poi con le molteplici influenze europee e di altri continenti. Certo il ricordo di un passato glorioso non può ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del continente latinoamericano; non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili- crimini peraltro già allora condannati da missionari come Bartolomé de Las Casas e da teologi come Francisco da Vitoria dell’Università di Salamanca – non deve impedire di prender atto di gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazie divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli”(–Udienza del Mercoledì 23 maggio 2007)

Cap 1 – Dalla preistoria agli Imperi

Chi sono e da dove vengono i primi abitanti?

Si presume che l’America sia stata abitata da popoli cacciatori di origine mongolica che iniziarono a stabilirsi sul suo territorio a partire da 30 mila anni a.C. Una seconda onda migratoria sarebbe avvenuta nel 15.000 a.C. Ne sono prova alcuni siti archeologici di Pikimachay (Perù 18.000/16.000) di Onion Portage (Alaska, 13.000) e i reperti antropologici: l’uomo (homo sapiens sapiens) di Tlapacoya in Messico (18.000 a.C.), l’uomo di Tedplexpan (10.000 a.C.), il cranio di donna (Luzia) della Lagoa Santa in Brasile (circa 10.000 a.C.), l’uomo di Sayhayco e di Nuapua in Bolivia a Monte Verde in Cile (10.500)  La scoperta di una caverna abitata già nel 48.000 a.C. a San Raimundo Nonato  nel Brasile, dove pure sono state trovate pitture rupestri di caccia risalenti a 10.000 anni a.C., pone ulteriori interrogativi sia sulla possibile provenienza di abitanti e sull’eventuale auto generazione.
Anche se si notano rapporti con le isole del Pacifico a partire dal 3.000 a.C., l’ipotesi più corretta è che l’occupazione del continente sia avvenuta per via terra attraverso lo Stretto di Bering, eventualmente coperto di ghiacci, realizzata  da cacciatori che seguivano la migrazione degli animali. Hayerdhal con la zattera Kon Tiki  nel 1947 ha riproposto la questione provando che era possibile la  navigazione dalla Polinesia alle coste americane, con zattere costruite secondo il metodo indigeno.
Il flusso migratorio si sarebbe sparso nelle praterie dell’America del Nord, mentre altri gruppi si sarebbero diretti verso il sud, stabilendosi nell’America Centrale, nelle Isole dei Caraibi e nell’America del Sud. Hayerdhal ha pure attraversato l’Atlantico sulla zattera Rah, costruita con giunchi, secondo lo stile degli antichi egizi per provare la derivazione egizia e africana degli abitanti delle Americhe. Anche se la prova gli è riuscita, non può essere accettata come ipotesi storica.  

Alcuni popoli sono cacciatori e semi-nomadi, in bande, formate generalmente da non più di 25 persone, con armi prima di pietra poi con archi, frecce e boleadoras ( tre pietre legate fra loro con corde di cuoio usate in Argentina e Cile) sono presenti in Nord America, in Cile, in alcune aree  dell’Amazzonia e in Argentina del Sud e rimangono stabili per un lungo periodo, fino, ridotti in piccoli gruppi, ai nostri giorni.  Dal 11.000 al 7.000 a.C. periodo è la cultura della pietra levigata, dal 8.000/7.000 al 3.000 si trasformano in cacciatori specializzati. Dal 9.000 al 4.000 si incontrano, soprattutto nell’area Brasile i sambaquis, montagne di resti di conchiglie e altro, difficili da classificare, che dimostrano però una chiara azione umana forse anche di carattere rituale. Nel Neolitico, a partire dal 3.000,  il clima diviene più ameno, le tribù si stabiliscono in vari territori e  si trasformano da cacciatori in piantatori. Si calcola che l’agricoltura si sia sviluppata partire dal 7.000 nella Meso America con mais, fagioli, cacao, zucca e addomesticamento del tacchino, e dal 5.500 sulle Ande con quinoa, fagioli, zucca e addomesticamento del lama. Esiste già una organizzazione sociale e si sviluppa l’uso di alcune tecniche agricole, soprattutto il metodo ‘taglia e brucia’, si trovano oggetti di caccia e pesca, di conservazione degli alimenti e vasi di ceramica (California, Texas, Arizona, Brasile, Venezuela, Colombia, Guyana). Altri popoli sviluppano culture e organizzazioni più avanzate con strutture di uno Stato vero e proprio, con una complessa organizzazione di caste: sacerdoti, guerrieri, artigiani, contadini e commercianti e con sviluppate tecniche agricole, architettoniche e artigianali ( Messico, Guatemala, Belize, Perù, Ecuador, Bolivia, nord del Cile). La ceramica più antica è quella di Valdivia (Ecuador) del 3.200 a.C. anche l’antropologa americana A. Roosvelt ha scoperto in sambaquis fluviali in Amazzonia, resti di ceramica che risalirebbe a 9.000 anni a.C.

Mettendo in relazione varie teorie di antropologi e ricercatori (Meggers, Wissler, Kroeber) potremmo dividere i popoli secondo le culture e le aree culturali:

  • Culture tribali semi-nomadi: in Patagonia e nel deserto (Guanaco, Chaco) gli Araucano, i Mapuche (Cile e Argentina) dall’850 a.C al 1480 d.C. e gruppi presenti fino ad oggi come i Guajà  in Brasile,  tutti ormai attualmente obbligati ad essere sedentari.
  • Culture di piantatori in Amazzonia e Foresta tropicale e sub tropicale: divisi in tre grandi ceppi linguistici: i Tupi-Guarani, i Macro-Gé e Arawak in una serie di popoli, di cui ne citiamo alcuni: Jìvaros, Tukano, Pano, Yanomami, Maxakali, Bororo, Nambikuara in  Brasile e Venezuela, Suhar in Ecuador e Perù, Presenti fino ad oggi in percentuale molto minore degli inizi in Brasile, Perù, Ecuador, Venezuela. Nell’America Centrale i Guaymì in Panama, i Miskitos in Nicaragua. Parlano varie lingue e sono ancora presenti oggi.

Nelle Antille: Aruaque (o Arawak), Karib. Oggi completamente spariti.

  • Culture marginali, intermedie: Circum-Caribe, Arizona–Messico: Tlatilco, Pueblo, Guayabo

America centrale e Colombia: Chibcha e S. Agustin (confederazione tribale a carattere politico sacerdotale). Dal 800/500 a.C. al 1.100/1.300 d.C. Producono tessuti, sale, mais, cotone, usano l’oro e gli smeraldi. Le divinità più importanti sono il Sole e la Luna. I discendenti sono presenti ancor oggi.

  • Culture nucleari Meso America Di lingua nauhatl. Presenti dal 2.600 a.C. alla conquista spagnola fino ad oggi. Iniziano con civiltà Olmeca, definita da A.Caso come la cultura madre mesoamericana, perché raggiunge il suo pieno sviluppo tra il 1200 (San Lorenzo) e il 900 a. C. (La Venta), per terminare nel 200 d.C,. dalle civiltà. Segue la Zapoteca nel 600 a.C (Monte Alban fino al 950 d.C.) e sparisce verso l’800 d.C., occupata e sostituita da Mitla  dei Mixtechi.   Nel 100 a.C. domina praticamente la città-stato, di Tehotihuacan, la prima vera urbanizzazione nel che raggiungerà 85.000 abitanti nel 450 d.C. occupando circa 24 kmq., terminando la sua esistenza nel 725 d.C. incendiata e rasa al suolo. Sulla costa del Golfo nasce la civiltà El Tajin nel 250 d.C forse dei Toltechi e assorbita poi dagli Huastechi nel 900. I Maya pur presenti dall’inizio (2.600 a.C ) sviluppano maggiormente la loro cultura elaborando i valori delle precedenti dal 250 d.C. fino al 900 d.C. conquistati dai Toltechi che si sviluppano sulle rovine di Tehotihuacan. Introducono il mito di Quetzalcoatl, re di Tula, cittàfondata nel 900 d.C. Segue una egemonia di una città sull’altra fino alla sconfitta dei Maya da parte degli Spagnoli a Utlatan. La civiltà Azteca, è l’ultima che riesce a dominare su tutte le altre dal 1200 d,C fino all’arrivo degli Spagnoli e all’annessione dell’impero azteco alla Corona di Castiglia nel 1521.
  • Zona Andina delle lingue quichua e aimara. Si susseguono una serie di civiltà. La preistoria inizia nel 4.000 a.C. Nel 2.500 inizia la coltivazione del cotone e nel 1.800 le prime ceramiche (Valdivia) seguite nel 1250 dalle prime lamine di rame.  Nel 2.000 fino al 1.800 si sviluppa la cultura Valdivia e Mochalilla in Ecuador. Dal 900 a.C. incontriamo i centri cerimoniali di Chavin de Huantar. La civiltà Chavin che ha posto le basi soprattutto architettoniche e ceramiche delle culture seguenti, decade attorno al 200 a.C.. Inizia la cultura Paracas al sud e,  pure nel 200 a.C., le culture regionalizzate di  Mochica sulla costa settentrionale, con le migliori ceramiche andine e con interessanti conoscenze mediche, Nazca lungo il litorale sud, già con società di tipo piramidale e con le prime fasi dei Templi del Sole e della Luna e con figure geometriche gigantesche che fanno pensare ad un culto astrale. Nel 600 d.C. La potenza militare di Huari crea un impero contrastato da Tiwanaco (1.600 a.C.)presso il Lago Titicaca con una profonda conoscenza astronomica, entrambi terminati nel nulla verso il 1.000. Sulla costa nord nasce il regno Chimù con l’urbanizzazione tra Peru e Ecuador, il culto lunare e stellare, deformazione rituale del cranio. Ha come centro la città di Chan Chan assediata e conquistata dagli Inca nel 1.450 che domina il territorio fino alla Conquista spagnola, pur rimanendo con presenze ancora attuali.
  • Le culture marginali e nucleari si organizzano in stati che si trasformano con la forte urbanizzazione in Imperi dei tipo federativo, mentre le altre culture rimangono legate alla tribù e solo in alcuni momenti di difesa si organizzano in federazioni.

Le fonti - Conosciamo la vita di queste culture soprattutto dagli scritti di Fra’ Bernardino di Sahagun raccolte nel Codice Fiorentino, Historia General de Cosas de España 1565-1577, di Fra’ Diego Duran, Historia Verdadera de la Conquista de la Nueva España, 1579-1581, di Garcilazo de la Vega: Comentarios reales, Huamàn Poma de Ayala: El primer nueva cronica y buen gobiern, . 

Ci soffermiamo sulle tre culture e organizzazioni statali più importanti: I Maya, gli Aztechi, gli Inca.

I Maya 

La cultura Maya inizia nel 2.600 a.C.( periodo pre - classico). Ha il suo punto più alto tra il 100/300 e il 900 d.C. (classico) Dopo il 928 (periodo post classico) non vi sono più annotazioni su pietra. I maya occupano il sud del Messico (Yucatan, Chiapas, Tabasco), Belize, Guatemala, parte di El Salvador, e Honduras. Il popolo Maya si organizza in Città Stato, spesso in lotta tra loro, per avere l’egemonia le une sulle altre. L’ultima è la lega di Mayapan che scalza la potenza di Chichen-Itzá nel 1200 d.C. La cultura maya di Mayapan risente dell’influsso cultuale tolteco, per finire anch’essa nel 1450, sotto l’egemonia degli Aztechi, il nuovo popolo dominante.

La società era diretta da una ristretta aristocrazia colta, il cui capo supremo è chiamato Halac Uinic (vero uomo) e dai sacerdoti. Ogni città dunque ha un re accompagnato da un consiglio di nobili e di sacerdoti che governano tramite i militari e i funzionari di corte e i capi dei villaggi o città sottomesse. Esisteva una piccola classe media formata da artigiani, artisti e funzionari. Alla base sociale erano i contadini e gli schiavi, criminali condannati e da prigionieri di guerra.
I contadini erano in assoluto la base economica della società, coltivavano il mais, il maggior prodotto considerato il dono supremo ricevuto dagli dei e al centro di una ricca mitologia, il cacao, usato come moneta di scambio, il cotone, l’agave. Viene addomesticata la papaia, si dedicano anche alla caccia e alla pesca e creano cani per cibarsi della loro carne, tacchini e api. Le tecniche agricole sono molto sviluppate: in un sistema rotativo, con irrigazione proveniente da cisterne e diffusa su piani a dislivello. Alla categoria dei lavoratori specializzati appartenevano gli artigiani, gli artisti, che lavorano la giada e l’ossidiana,  i guerrieri, i mercanti, i funzionari di basso rango. I nobili erano costituiti dalle famiglie imparentate con la divinità.
La religione. I Maya considerano il mais una realtà divina, da cui sarebbe nato l’uomo. Nonostante questo la religione maya ha una serie di divinità legate alla natura, tra cui primeggia il Sole,  la Terra-Madre, il Giaguaro. Ogni divinità presentava un aspetto buono e uno cattivo. Il Cielo è diviso in tredici cieli con una divinità per ogni cielo,  sorretto da 4 divinità, i bacab, ai 4 lati del mondo dove sorgevano i 4 alberi sacri. Al di sopra di tutti e di tutto credevano nell’esistenza di un Dio occulto e creatore cui era riservato un culto molto scarso. La struttura religiosa era fondata sulla conoscenza dell’ordine del creato. Offrivano sacrifici umani, di fanciulli dai quali estraevano il cuore  per propiziare le divinità, soprattutto il sole, che altrimenti avrebbe potuto spegnersi. Sembra anche che praticassero l’antropofagia rituale. Il sacerdote massimo era l’Ah Kin May (Quello del Sole), accanto a lui operavano i Chilam, profeti e aruspici. Le cerimonie erano preparate nella purità rituale con digiuni, l’offerta del proprio sangue e danze. Pur avendo 4 calendari, uno rituale di 260 giorni, uno solare di 365, uno lunare di 177 e uno regolato sul pianeta Venere di 584, il più importante che scandiva i tempi e gli eventi era quello solare. Il tempo era considerato ciclico, una continua riedizione del passato, con un ciclo che aveva per base il Katun.  Un tun era pari a un anno di 360 giorni, ai quali si assommavano 5 giorni dichiarati nefasti, nei quali si praticava il digiuno e l’astinenza; era diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno e il giorno in 9 ore di giorno e 9 ore della notte. Venti tun davano un katun, 7.200 giorni, ciclo che terminava sempre nello stesso giorno. Venti Katun formavano un Baktun 144.000 giorni. La storia ricominciava ad ogni 260 tun. Il futuro non è mai un nuovo, un imprevisto, ma semplicemente un ritorno. Secondo alcuni sacerdoti la data dell’inizio del mondo sarebbe, calcolandola secondo il calendario gregoriano, il 10 agosto del 3214 (o 3313) a.C..
Dallo studio del tempo e degli astri i maya divennero profondi astronomi e matematici, giungendo a calcolare l’anno solare in 365,2420 giorni, ben vicino ai calcoli dell’odierna scienza. Riuscirono a predisporre una tabella che prevedeva le eclissi di sole. Nella matematica conoscevano lo zero, raffigurato in genere da una conchiglia, simbolo dell’universo, il sistema numerale era vigesimale (0, 20, 40…) e veniva scritto verticalmente. Usavano una scrittura di geroglifici, il cui più importante documento è la Stele di Tikal, del periodo classico, dove è rappresentata la trinità maya: il dio della guerra, del fuoco e della pioggia.
Pur non avendo sviluppato strumenti tecnologicamente avanzati, iniziarono la manifattura della gomma ( importante il gioco di tipo rituale della pelota, nel periodo post classico, in cui un membro della squadra perdente veniva sacrificato), l’uso del bitume, la cera-resina di copale. Producevano ceramiche vivaci e un tipo di turchese che prese da loro il nome. Inizia con loro in America l’arte dell’affresco.
Ci sono pervenuti i libri sacri del Popol Vuh, che colloca l’acqua come principio di tutte le cose e i Chilam Balam testi dei sacerdoti aruspici del giaguaro.
Permane difficile decifrare i motivi dell’abbandono dei grandiosi e bellissimi centri culturali di Tikal, Copan, Palenque, Chichen-Itzá, Kaminaljuyù, Calakmul, Uxmal, Mayapan, Uaxactun, dalle possenti architetture e sculture, arricchite di affreschi. Forse l’abbandono si deve addebitare a  rivolte dei contadini, a motivi religiosi legati ai cicli del tempo o ad altri fattori nefasti che obbligarono ad abbandonare il luogo  e i monumenti al loro destino.

Gli Aztechi

 

Si può affermare che gli Aztechi sono la sintesi della cultura meso-americana, perché raccolgono l’eredità di tutte le culture e civiltà che li hanno preceduti sul territorio del centro America.
Dalla dispersione delle varie città stato delle culture precedenti: Tolteca: 900 d.C. fino al 1.045, Olmeca: 1.200- 1 a.C., Zapoteca, che scompare nel 950 d.C., Teotihuacan nata nel 100 a.C. con l’apogeo nel 450 d.C. finendo nel 750,  inizia la nascita di Tenochtitlan, la città posta sull’isola in mezzo al lago. La nascita è legata al mito dell’aquila con una serpe nel becco, che si è posata su un cactus in un isola dove nascevano fiori bianchi, animali bianche e nell’acqua nuotavano pesci bianchi, e che avrebbe indicato ai chichimecas o mexicas il luogo dove dovevano stabilirsi, accanto a Texcoco e vicino alla città commerciale di Tlatelolco, nel 1319/1325/1345 d.C. (varia è la datazione calcolata  dai diversi ricercatori). I chichimecas, chiamati anche mexicas e aztechi, dopo un periodo di mercenariato sotto i re precedenti, soprattutto sotto l’ultima città egemone di Azcapotzalco,  diventano praticamente i detentori del potere.  Fondano la confederazione tra le città di Tenochtitlan, Tetzcoco e Tlacopan. Con il regno di Moctezuma (Motechuzoma) I Ilhuicamina, nel 1440 inizia l’Impero, che si estende fino all’istmo di Tehantepec, tramite una serie di alleanze e l’organizzazione di una federazione di città, alcune conquistate, obbligate a pagare il tributo. La direzione della federazione spetta al Re-imperatore, di carattere divino, coadiuvato dal Gran Consiglio (Tlatocan) che partecipa alla elezione del sovrano. Il re imperatore si situa a metà tra capo tribale e capo di stato. Al regno di Moctezuma I si deve la costruzione di un acquedotto e dei primi Templi. A Moctezuma  succede il figli Axayátl (1469-1481), che però vede ridotto l’impero per la vittoria di Tarasco e il non pagamento dei tributi delle tribù di Micoacan. Sotto il suo regno viene costruita la “Piedra del sol”. Gli succede Tizoc (1481-1486) suo fratello che ricostruisce il Tempio di Hitzilopochtli e lascia la successione al fratello Autzotl (1486-1502) che inizia una campagna militare per fare molti prigionieri per inaugurare il Tempio ricostruito. A quest’ultimo succede il figlio di Moctezuma II Xocoyotzin, che aumenta i confini dell’impero, impossessandosi dei territori maya fino al Chiapas e viene ucciso dagli spagnoli nel 1520.
All’epoca della conquista, Tenochtitlan contava 300 mila abitanti. Era la più grande città del mondo (Siviglia ne aveva 120.000, Lisbona 100.000). Era divisa in 4 quartieri secondo i punti cardinali, legata alla terra ferma tramite terrapieni. Centro cultuale, amministrativo e governativo con un enorme mercato. Gli Aztechi dominavano 38 province e 371 città o popoli che pagavano loro il tributo.

La società è divisa in due classi: i pipiltin, cui spetta il governo e il controllo della produzione come degli affari  politico-religiosi e i macehualtin, la classe dei lavoratori. La classe alta era dominata dai nobili (tlatoqui: per via ereditaria o tecuhtli, per meriti militari) divisi in re o signori minori e maggiori a secondo delle città, signori capi delle case signorili, nobili di quartiere o capi delle comunità, i calpulli. Alla nobiltà appartenevano anche i sacerdoti che frequentavano la calmecac, la scuola propria per la nobiltà, mentre per l’educazione dei cittadini di ceto medio la scuola era il telpochcalli, e indirizzava verso i diversi mestieri artigianali e della terra e il servizio militare. Ai nobili seguivano nella scala sociale i funzionari, gli artigiani e commercianti riuniti in organizzazioni professionali. I mercanti, pur non essendo nobili, erano ben considerati e il mercato era ricco di ogni specie di merce. La base della società era costituita dai contadini organizzati in calpulli, comunità residenziali con un capo eletto, il calpullec. I mecehualtin sono il gruppo più elevato dei lavoratori; praticano varie attività sia come artigiani che come agricoltori. Vi erano poi i contadini senza terra (mayeques), i servitori e schiavi resi tali da un non pagamento di debiti, colpevoli di un furto o da un omicidio (tlathacotin). Il re, (tlatoani da tlatoa,parlare), era eletto tra i membri più insigni della nobiltà ed era considerato sacro, con un carattere divino, anche se il regime non era teocratico. Doveva prepararsi con lunghi rituali e il primo obbligo era dichiarare guerra per garantire i tributi e per ottenere vittime per i sacrifici. A lui spettavano alcune terre speciali, tlatocamilli. Tutto il popolo non nobile doveva pagare il tributo, i contadini dovevano dare come tributo parte del loro lavoro per opere pubbliche. Le città federate dovevano pagare il tributo al re della città egemonica dove risiedeva l’imperatore.
I militari ingaggiati tra i calpultin, potevano salire di grado se erano stati valorosi in battaglia e diventare tequihua, se facevano prigionieri 4 nemici. Solo, però, ai nobili era concesso far parte dei Guerrieri dell’Aquila e del Giaguaro. Le armi era solamente arco frecce, lance e fionde e mazze di legno e osso, soprattutto di ossidiana.

La religione. Il mito della creazione simile a quello biblico, parte da un principio duale da cui hanno origine gli dei creatori Padre e Madre degli dei. Dal principio creativo maschio e femmina, Omeotl o Tonacatecuhtli, nascono i 4 dei creatori, tra cui dominano i due antagonisti Tezcatlipoca o Huitzilopochtli  e Quetzalcoatl da loro viene il fuoco, poi il sole, poi la coppia umana, alla quale danno i semi di mais per iniziare l’agricoltura. Le divinità erano dominate da Hiutzilopochtli, nato dal serpente, signore della guerra che presiedeva l’età del sole in moto. Al sole (Tonatiuh)  per evitare la sua morte e quindi la distruzione della vita sulla terra, si offrivano sacrifici umani, generalmente di prigionieri di guerra, considerata santa. Nel 1486 il re Autzotl sacrifica circa 20.000 prigionieri per l’inaugurazione del Tempio. Il tempo era segnato do due calendari, uno rituale di 260 giorni e uno solare di 365 giorni, forse ereditati dai Maya. Il calendario solare,  , esigeva ogni venti giorni, 18 volte l’anno, grandi celebrazioni al sole per assicurare il suo ciclo nell’orbita giornaliera, con sacrifici umani. La grande Pietra del Sole (3,5 metri di diametro e 24,5 tonnelate di peso), classificata un tempo come il calendario azteca, secondo più accurate ricerche e pur riportando i segni dei 20 giorni, sarebbe secondo l’archeologo Eduardo Matos Moctezuma, l’immagine del sole che chiede sacrifici umani e segna le cinque fasi dell’umanità secondo i mexicas.  Al dio guerriero si contrapponeva l’immagine di Quetzalcoatl, il serpente piumato (coatl= serpente, saggezza), divinizzazione di un principe saggio di Chulula o Tula, che, secondo la leggenda, sarebbe tornato venendo dall’oriente, con uomini bianchi e barbuti come lui, per riconquistare la terra perduta e imporre la pace e la giustizia. Quetzalcolatl poteva venir considerato anche vento o il pianeta Venere; era il dio dell’istruzione, della cultura e della antica civiltà. Anche il mais ha il suo dio, Centeotl (o Chicomecoatl) e la pioggia Tlaloc. Ma c’erano anche divinità come gli antenati padre e madre della nostra carne: Tota e Totan e la madre di tutti gli dei Tonantzin e Coathicue ( colei che porta il serpente alla gonna). I sacerdoti, uomini e donne erano obbligati al celibato fino al 22° anno, dopo dovevano decidere se continuare o no. I più importanti i Tlenamacac maneggiavano il coltello di ossidiana per i sacrifici.
Il Tempio Mayor era considerato l’ombelico del mondo dal quale dipartivano le quattro direzioni dell’universo: Tezcatlipoca, nero o del coltello, al nord, Tezcatlipoca, rosso o della canna ad est, Tezcatlipoca azzurro o Huitzilopochtli o del coniglio, ad ovest e Quetzalcoatl,  bianco o della casa, al sud. Sopra vi sono i 13 cieli e nell’ultimo abitano gli dei creatori. Al di sotto i 9 mondi sotterranei e in quello inferiore abitano i signori dei morti. I morti venivano sepolti rannicchiati in situazione fetale, raccolti in olle e innaffiati, come a significare che l’inizio e la fine della vita si toccano. Dopo la morte, la persona andava in luoghi separati a secondo del tipo di morte che aveva subito, solo i guerrieri e le donne morte al primo parto avevano un posto privilegiato ed era loro concesso accompagnare il sole durante una parte del suo percorso.
La Morale. La famiglia e la società erano dirette da regole precise. Il matrimonio era di carattere religioso monogamico, si ammetteva la presenza di concubine per i nobili. La separazione poteva avvenire per il temperamento della moglie o per la sua cattiva condotta. Il destino del nascituro era già stabilito e i ragazzi destinati al lavoro frequentavano fino alla prima adolescenza, scuole di canto dove si insegnava canto, musica e danza, il cosmo, la creazione e la storia degli antenati e venivano poi istruiti nei calpulli per il lavoro nei campi e il servizio militare. L’educazione dei nobili era a carico del clero in collegi (calmécac) dove si insegnava la scrittura (tra geroglifico e disegno), l’astronomia, la storia e la religione.
Nonostante l’importanza dei figli e la buona educazione data a loro, era possibile vendere il figlio come schiavo per castigo. I crimini maggiori erano: l’adulterio, l’aborto, l’omicidio, il furto, la bestemmia e l’ubriachezza. La giornata iniziava e terminava con la lettura dell’oroscopo e alla nascita i vecchi consultavano l’oroscopo, Tonalamatl, per sapere quali i giorni fortunati e sfortunati della vita del neonato. Il sistema di numerazione è vigesimale, la scrittura è soprattutto pittura con segni e colori con un significato proprio, non lasciati alla libera iniziativa dello scrittore. Abbondante la letteratura che tratta argomenti religiosi di divinazione e migrazioni, origine e storia delle dinastie. La professione del pittore-scriba (tlacuiloani) era molto stimata. Importanti per le cerimonie rituali erano la danza e la musica. Usavano il flauto, tamburi, sonagli e conchiglie come strumenti a fiato.

La produzione fondamentale è il mais,  la patata, il maguey, i fagioli, le zucche, il peperoncino, il cacao, il cotone e i cereali. Usavano un metodo di coltivazione su isole artificiali, chinampas oin terrazze irrigate che permettevano un’alta produzione. Il cibo più comune erano le tortillas  e i tomales, una specie di polenta arricchita di fagioli.
Erano sviluppate la tessitura e l’arte plumaria, i lavori in cuoio e la ceramica dipinta, coltelli di ossidiana e specchi; di grande gli oggetti d’oro e d’argento di carattere rituale, come il sole d’oro e la luna d’argento portati in dono da Cortés all’imperatore Carlo V e altri gioielli per le feste, la maggior parte perduti nella distruzione della conquista. Imponenti le costruzioni architettoniche, la più significativa e importante era il Templo Mayor, sulle rovine del quale gli spagnoli costruiranno la Cattedrale. Ogni città aveva il suo mercato ( tianquis).

 

Gli Inca

Gli inca arrivano nella valle di Cuzco (considerata l’ombelico del mondo a più di 3.000 metri di altezza) e sulle rive del lago Titicaca, nel 1200 d.C. in parte come migranti in fuga da Tiwuanaco e poco a poco sottomettono i popoli e le culture precedenti. La conquista si fonda sul mito di Manco Capac e la moglie Mama Occlo, inviati dagli dei a civilizzare le Ande. L’impero Inca, il Tahuantinsuyu (quattro quartieri in lingua quechua) si sviluppa però a partire dal 1438 con l’inca Pachacuti Yupanqui, personaggio storicamente attestato (1438-1471) che sottomette i popoli del Titicaca e l’impero Chimu. Il successore Tupac Yupanqui (1471-1493) conquista i territori boliviani, organizza l’esercito e l’amministrazione e ricostruisce Cuzco. Huayna Capac (1493-1527) estende l’impero a tutto l’Ecuador. Dopo di lui con la lotta per la successione tra i due fratelli Huáscar, figlio legittimo, e Atahualpa, figlio di una concubina, e con la vittoria di quest’ultimo e l’uccisione del fratello (1533), inizia la fine dell’impero, all’arrivo delle truppe spagnole guidate da Pizzarro, che entra in Cuzco e condanna a morte Atahualpa. Nel 1572 viene ucciso l’ultimo discendente della dinastia, Tupac Amaru e il Regno viene annesso alla Corona di Castiglia.

L’impero è una Confederazione di federazioni, divise in quattro regioni o provincie: Cuntisuyu (cordigliera peruviana), Antisuyu (montagna orientale), Chichasuyu (le valli costiere), Collasuyu (altipiano boliviano e oltre) amministrate da apu-kuna (anziani), unite fra loro da una impressionante rete di strade. Il potere centrale ereditario è dell’Inca (Imperatore), Figlio del Sole, con governa affiancato dalla sposa-sorella Coya. L’Inca, infatti, per mantenere la purezza del sangue doveva sposare una sorella. La sede dell’impero è Cuzco. Con la sua famiglia e una serie di dignitari, governa le province e i villaggi tramite i kurakas e mantiene l’ordine con un forte esercito. Viene imposta la lingua quichua a tutto l’impero;  i dignitari e i figli dei governanti delle regioni devono recarsi a Cuzco per gli studi, proibiti per i figli degli altri gruppi sociali che devono essere incamminati al lavoro manuale della terra.. I mitma-kuna sono membri di colonia agricole-militari collocate dall’Inca nei territori conquistati per controllare il territorio. I Yana-kuna erano servitori privati della famiglia reale e dei nobili, esenti dal pagamento del tributo. I collana sono tutti i nobili appartenenti alla etnia inca, a loro è permessa la poligamia mentre al popolo viene imposta la monogamia. Pur essendo importante il matrimonio è permessa la convivenza e le ragazze madri sono considerate un valore perché ogni bambino che nasce significa mano d’opera in più. Per la conquista e la sottomissione dei vari popoli, sono importanti i militari divisi in professionisti e tutti gli altri chiamati alle armi al momento. Non usano molto frecce ed arco ma preferiscono il corpo a corpo con il nemico, armati di mazze.

La base sociale e produttiva fondamentale è l’ayllu, la comunità, che coltiva la terra ma che rimane tutta proprietà dell’Inca. La produzione è: quinoa, mais, da cui ricavavano una specie di birra la chicca, cacao, patate, coca (cuca), molto usata anche come moneta di scambio e tabacco. Allevano il bestiame (llama, vicuña, alpaca) e, anche, anatre e porcellini d’india. Sulla costa si dedicano alla pesca soprattutto delle sardine. Producono il charque, la carne secca. Una parte della produzione serve per l’alimentazione della famiglia il resto deve essere consegnato ai kurakas per il pagamento del tributo ai sacerdoti e all’inca. Interessante il metodo di coltivazione delle chinampas, specie isole artificiali o in un sistema di canalizzazioni e di coltivazioni a terrazze. Non conoscevano però l’aratro e la ruota (forse per motivo sacro rituale) e nemmeno il ferro. Era sviluppata la medicina e l’erboristeria, come pure l’artigianato in ceramica, in tessitura e l’arte mineraria in oro e argento. Hanno prodotto oggetti di grande valore artistico e commerciale  in tessuti, collane, preziosi, gioielli, maschere funerarie, oggetti rituali, come i tumi, coltelli cerimoniali,  e strumenti musicali come il flauto e il tamburo. Usavano un sistema di nodi di colori diversi (quipu), forse proveniente dalla civiltà Huari, per la contabilità della produzione, delle nascite e delle morti. Non avevano alcuna forma di moneta e il commercio avveniva per baratto. Il pagamento del tributo era in prodotti o in lavoro obbligatorio (mita) per l’apertura di strade, costruzioni di templi e palazzi, apertura di canalizzazioni. Molto interessante l’organizzazione della posta, tramite staffette ogni due chilometri e corrieri (chasqui) che percorrevano decine di chilometri al giorno
Le costruzioni religiose e civili rimaste sono imponenti, soprattutto la Fortezza Sacsahuaman,  il Machu Picchu, la strada di Cuzco che giungeva fino a Quito, e si dirigeva a sud per un percorso totale di circa 4.000 chilometri, con i tambos, punti di ristoro per i viaggiatori, le canalizzazioni, i ponti in pietra o in corda, sospesi come il ponte sul fiume Apurimac, il centro di Ollantaytambo con templi e terrazze..

La religione ha come divinità e culto centrale il Dio Sole, Inti, culto imposto dal re Pachacuti Inca Yupanchi (1438-1471). Nell’Inti Huatana, il grande tempio, costruito accanto al Grande Tempio dell’antica divinità creatrice, Viracocha, il sommo sacerdote (Huillac Umu) offriva sacrifici anche umani, soprattutto nella festa della luna nuova. L’Inca è venerato come l’incarnazione della divinità e, quindi, Figlio del Sole. Oltre ai sacerdoti esisteva un convento di donne dedicate al Sole, le ‘mamaconaso aella-kuna, che potevano diventare concubine dei nobili e dell’Inca.  Esistevano pure templi e luoghi di pellegrinaggio come Tiwuanacu e Copacabana, accanto all’isola del sole e della luna.
.Il tempio era anche un centro astronomico dove si radunava la popolazione per le grandi feste del 22 di giugno ( Inti Raymi, il solstizio) e il 22 settembre, festa della Luna che feconda la terra madre (Pacha Mama). Il mese lunare era di 29 giorni diviso in tre settimane.

I precetti morali: non mentire, non rubare, non rimanere in ozio. Le colpe maggiori: l’omicidio, l’aborto l’adulterio, la rivolta o il tradimento contro l’Inca, venivano punite con la morte, l’incenerimento e la non sepoltura. Colpa grave era  la non sepoltura dei morti. Infatti il culto dei morti e degli antenati era importante e si doveva il più possibile preservare il corpo del defunto, mummificato e raccolto in stato fetale in una ricca sepoltura e avvolto in strati di tessuti pregiati.

 

Elementi comuni

Economia – Dalla caccia e pesca all’allevamento del bestiame e agricoltura con al centro il mais o la manioca. Nell’ambito delle Grandi culture Meso americane e Andine, è significativo lo sviluppo dell’ artigianato e dell’arte, partendo dalla ceramica alla tessitura e all’arte plumaria, fino alla lavorazione e all’uso dei metalli soprattutto dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose. Nelle culture delle praterie, pampas e foreste lo sviluppo artistico si limita a qualche esempio di ceramica come la Marajoara dell’isola di Marajò in Brasile e all’arte plumaria, alla pittura corporea e agli strumenti usali di caccia e pesca. Limiti comuni: alle grandi culture, il non uso o non conoscenza della ruota e la non conoscenza del ferro e alle culture delle pampas e della foresta la ricchezza dei prodotti naturali, della caccia e della pesca, che non sollecitava una maggior ricerca in costruzioni e tecnologie. 
Politica e struttura sociale – Dal bando alla tribù, alla federazione di tribù fino agli Imperi federati. Urbanizzazione sugli altipiani e struttura di caste tra cui domina la sacerdotale. Forte legame con il fenomeno religioso, pur non arrivando al regime teocratico. Profonda e diffusa religiosità. L’imperatore è figlio del Sole che dirige i popoli occupati in forma di confederazioni con l’obbligo del tributo. Al centro della vita è la famiglia e il legame tra le famiglie del clan o tribù.
ReligioneEnoteismo con un Dio generalmente nascosto e ozioso, religione cosmica con la prevalenza del Sole e della Luna. Tendenza a organizzare la vita sociale secondo i cicli astronomici. Culto degli spiriti del bene e del male e dei defunti per mantenere l’armonia e la salute. Sacrifici umani di giovani e di schiavi prigionieri di guerra, per evitare che il Sole scompaia. Grandi e importanti centri religiosi nelle culture meso americane e andine.
Morale molto alta anche se la guerra tra tribù è fattore comune, spesso per avere vittime da offrire al dio sole, ma anche per il predominio di una città-civiltà sull’altra.
Arte Stupendi centri cultuali con la predominanza delle piramidi a scale. Sviluppo molto significativo della ceramica e dei lavori in osso e in oro. Statue, oggetti di culto e comuni, arte plumaria e di tessitura. Musica, gioco della palla, danza.

Documenti

“Figli miei, …preoccupatevi di apprendere un lavoro onorevole, come il confezionare opere di piume o altre arti manuali, per poter guadagnare il pane in tempo di necessità, soprattutto abbiate cura del lavoro agricolo perché la terra dona tutto e non chiede che voi gli diate da bere e da mangiare. I vostri antenati, anche se erano nobili, sempre si preoccuparono di lavorare e coltivare le terre che avevano ereditato e lasciarono scritto che pure i loro antenati fecero lo stesso, perché se vi preoccuperete solo con la vostra nobiltà, e non vi dedicherete al lavoro, con che manterrete la vostra famiglia? Con che tu stesso ti manterrai?

…. Abbiate sempre la massima preoccupazione di essere amici di Dio, che è presente in ogni parte ed è invisibile e impalpabile, e è necessario che gli diate tutto il vostro cuore e il vostro corpo, e cercate di non allontanarvi da questo cammino; non siate presuntuosi; non riempite il vostro cuore di superbia, né vi disperiate  e nemmeno lasciatevi vincere da codardia, ma site umili di cuore e abbiate speranza in Dio perché se gli mancherete, si arrabbierà con voi e vi castigherà come gli sembrerà opportuno”

“Ora vai in quel luogo a cui ti offrirono tuo padre e tua madre che si chiama calmecac, casa di dolore e di tristezza, dove coloro che si educano sono lavorati e intagliati come pietre preziose, e germogliano e fioriscono come rose;da lì ricevono le sue grazie; in quel luogo si educano quelli che governano, signori e senatori, gente nobile, che hanno il peso delle popolazioni;da lì escono quelli che ora possiedono le predelle e i seggi della repubblica, dove li pone e comanda il signore nostro che è in ogni luogo.

Anche coloro che ricoprono incarichi militari, che cioè hanno il potere di uccidere e versare sangue, furono educati. Per questo conviene, figlio mio, che tu vada lì con buona volontà, e che tu ti senta distaccato dalle cose della tua casa …,” (da Bernardino De Sahagun, Esortazione dei padri aztechi ai loro figli.., Mexico 1565-1577, Codex Florentino)   

 

“…celebravano la festa di questo idolo (Quetzalcoatl) il 3 di febbraio….Quaranta giorni prima i mercanti compravano un indio sano, senza alcun difetto…Lo compravano perché vestito come l’idolo, lo rappresentasse durante quei quaranta giorno. Lo purificavano prima di vestirlo, lavandolo due volte nell’acqua degli de….Quando fosse giunto il giorno della festa, a mezzanotte, dopo avergli prestato molti onori con incenso e musica, lo prendevano e lo sacrificavano come ho descritto, in quella stessa ora, offrendo il cuore alla luna e al sole e gettandolo poi  ai piedi dell’idolo, alla presenza del quale era stato sacrificato, lasciando rotolare il corpo giù dalla scalinata, da  dove veniva prelevato dai mercanti che lo avevano presentato e da dove veniva portato a casa del signore più importante; là  veniva cucinato in vari modi per poi, al sopraggiungere dell’alba, essere offerto come pasto in un banchetto, dopo aver salutato con il buon giorno il dio in questione….Per salire al Tempio c’erano sessanta gradini e alla cima uno spazio piano di media larghezza, con uno scompartimento rotondo, che pur essendo grande, aveva la forma di un forno e l’entrata come la bocca di un forno, larga e bassa, al punto che per entrarvi era necessario abbassarsi molto….’  ( da Diego Duran Circa l’idolo chiamato Quetzalcoatl, Dio molto venerato e temuto dai Cholutechi, 1570 Biblioteca Nacional de Madrid)
“ Il mondo è un’isola immensa, divisa orizzontalmente in 4 direzioni e avendo al centro un ombelico. L’oriente è la regione della luce, della fertilità e della vita ed è simboleggiata dal colore bianco. L’occidente è la casa del sole e il suo colore è il rosso. Il nord è il paese dei morti e il suo colore è il nero. Il sud è la regione delle terre seminate e il suo colore è l’azzurro. Al di sopra della terra si trova il cielo azzurro, formato da tutte le acque e nel quale il sole, la luna e le stelle percorrono cammini. Sotto terra sta il mictlán o regione dei morti…In lotte per l’evoluzione del mondo gli dei avevano creato vari periodi o età del mondo, ognuno dei quali era terminato in un cataclisma. Ci troviamo nella quarta età, quella del sole in movimento. Il Grande dio è Ometeotl, il dio della dualità…” (Enrique Dussel Caminhos da Historia I, 36. Presenta la dottrina di Quetzalcoalt da lui definito il primo grande pensatore tolteca)

 

 

CAPITOLO II - La Conquista

 

Il 12 ottobre del 1492 Cristoforo Colombo, partito da Palos il 3 agosto con tre caravelle, povere barche, e con 87 uomini, sbarca sull’isolotto di Guanahani, nelle attuali Bahamas, e lo ribattezza con il nome di San Salvador. Pensava di aver raggiunto le Indie Orientali. Altri viaggi completano la conoscenza di questa terra sconosciuta. Tre viaggi dello stesso Colombo: da Cadice nel 1493 con 17 navi e 1.500 uomini iniziando l’occupazione di Santo Domingo; nel 1498 raggiunge l’isola di Trinidad e la foce dell’Orinoco e nel quarto viaggio nel 1502 giunge al continente sbarcando  in Honduras. Dopo di lui Giovanni Caboto raggiunge la Nuova Scozia (1497) e nel 1508 esplora il Labrador, Pedro Alvares Cabral viene spinto dalle correnti verso il Brasile e sbarca a Porto Seguro (1500), AmerigoVespucci raggiunge la foce del Rio delle Amazzoni e completa le scoperte in altri viaggi verso il centro e il sud del continente che riconosce non essere l’Asia e che ormai ha preso il suo nome (1501-1507), Ferdinando de Magalhães (1519) scopre il canale che gli permette di entrare nell’oceano pacifico e raggiungere le Filippine nel 1521.  In poco più di venti anni suggellano la “scoperta” delle nuove terre, sconosciute all’occidente e la loro conquista.

Le cause dei viaggi e della conquista:

  • La nascita in Europa delle nuove nazionalità e l’espansionismo politico e economico.
  • Le nuove scoperte scientifiche e tecnologiche: la bussola, la polvere da sparo, la teoria di Kepler-Copernico invitano a superare i confini, a scoprire l’ignoto, a tentare vie nuove.
  • La cultura rinascimentale del superamento dei limiti e del genio-eroe-conquistatore.
  • L’immaginario, raccolto a partire dalle esperienze precedenti (Marco Polo, Odorico da Pordenone in Cina e Mongolia) e dai miti o racconti (il Gran Kahn, il Katai, il Prete Gianni) che circolavano nella cultura europea fin dal medioevo.
  • La crescita del commercio e la necessità di nuovi tragitti e porti verso l’Oriente, evitando il blocco dei paesi mussulmani (nel 1453 era caduta Costantinopoli e terminava l’Impero Bizantino d’Oriente). Lo sviluppo della borghesia nelle città e la trasformazione dei nobili in signori cittadini con case signorili e non più castelli di guerra, con investimenti in beni di lusso e arte.
  • La necessità di nuovi mercati e nuove merci (spezie, tessuti, articoli di lusso, avorio, legni pregiati, tappeti, gioielli) soprattutto la ricerca dei metalli preziosi come l’oro e l’argento per effettuare gli scambi.
  • La cristianità come espansione del Vangelo e della civiltà, unendo la conquista dei popoli alla fede, alla legge e sudditanza ai regni cristiani, accompagnata dal mito della crociata non più solamente verso gli arabi musulmani ma anche verso tutti i popoli considerati barbari e pagani. Il risorgere, nello stile della riforma cristiana, della missione nella Chiesa, soprattutto dopo il Concilio di Trento,  per portare la salvezza ai popoli ancora sconosciuti. Missione condivisa dai sovrani che l’appoggiavano, fortemente presente anche nella mentalità dei navigatori e conquistatori.

Per la Spagna e il Portogallo, affacciate sull’Oceano Atlantico, si aggiungeva una lunga esperienza marinara e la avvenuta conquista delle Azzorre, dell’isola di Madeira (1341), di Ceuta (1415), delle Isole del Capo Verde (1455), di alcuni porti dell’Angola (1484-5) e della Guinea (1446) da parte del Portogallo e  delle Canarie (1402-1418) da parte della Spagna. Per il Portogallo, soprattutto con la scuola di Avis, iniziata da Enrico il Navigatore, morto nel 1460, la vocazione all’Atlantico era stata fondamentale e suggellata soprattutto dalla spedizione di Bartolomeo Diaz che era riuscito a doppiare il capo di Buona Speranza o Delle Tormente nel 1488 e l’anno dopo la felice avventura di Vasco de Gama che giungeva in India passando per l’oceano Atlantico, spostando in esso il movimento commerciale che prima aveva come riferimento il Mediterraneo.
La Spagna, proprio nel 1492, completava l’unificazione e la formazione del territorio sotto Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, ponendo fine, con la conquista di Granata, alla presenza dei  ‘mori’ mussulmani sul territorio iberico.
La conquista aveva assunto il tono della crociata e si dirigeva contro qualsiasi popolo che non fosse cristiano. Il rinnovato entusiasmo evangelizzatore e missionario assunto dagli antichi (soprattutto  carmelitani, benedettini, francescani, domenicani) e dai nuovi ordini religiosi (gesuiti) andava unito alla spada dei vincitori, che non si fermavano alla penisola, ma rivendicavano il possesso di altre terre. Il re del Portogallo e i reali di Spagna diventavano i nuovi proprietari delle terre occupate e i responsabili, per il regime di Patronato, concesso loro dai Pontefici Romani, Nicola V ai portoghesi nel 1455, Alessandro VI agli spagnoli nel 1493, e rinnovato ad entrambi da Giulio II nel 1508, della cristianizzazione, più che dell’evangelizzazione, delle popolazioni conquistate. Il Patronato  concedeva ai Re Cattolici, da parte del Papa, in nome di Dio, il diritto giuridico di proprietà del territorio e l’obbligo di stabilirvi la Chiesa, nominare i vescovi, inviare Ordini religiosi. In regime di cristianità, gli interessi dello Stato e della Chiesa si sovrapponevano e si univano, pur entrando spesso in conflitto per questioni di diritto e di potere. La conquista era realizzata in funzione della fede e la fede veniva imposta con l’aiuto dei conquistatori. La finalità era fare dei popoli conquistati dei buoni sudditi del re e dei buoni cristiani, sottomessi alla Chiesa.
Per la tensione tra le due potenze cattoliche, sulla questione dei limiti dei loro nuovi possedimenti, il papa Alessandro VI Borgia, spagnolo, intervenne per dirimere la questione con la Bolla “Inter Coetera” del 1493, trasformata, l’anno dopo, nel Trattato di Tordesillas, che, tracciando una linea immaginaria a 370 leghe (la lega era di circa sei chilometri) da Capo Verde, divideva il mondo conquistato e da conquistare in due parti, a destra era del Portogallo, a sinistra della Spagna. L’intervento papale era conseguente all’ideologia della cristianità, basata su una lettura falsificata del testo biblico che ha portato nel periodo del XIV e XV secolo a sostenere una ierocrazia papale. Infatti, nell’ambito ecclesiastico si basa sulla teoria delle “due spade” presentate a Gesù, interpretate da Innocenzo III come la somme dei poteri nel papa e sostenuta nella Bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII (1302) come l’unità tra i poteri spirituale e temporale, assegnati da Cristo  Re dell’universo al papa, suo vicario per il governo del mondo. Spettava dunque al papa spartire le terre del mondo tra i re cattolici, perché potessero realizzare l’evangelizzazione e allargare il regno di Dio su questa terra.
Altre potenze europee erano, però, in fase di espansionismo commerciale e di conquista, sia cattoliche che protestanti e non avrebbero tenuto in alcun conto il decreto e  trattato papale, dato che l’idea di cristianità medioevale era ormai finita, come pure l’unità dell’Impero Cristiano Germanico,   e ogni re in ogni nazione si riteneva padrona della propria storia e responsabile anche sulle decisioni in ordine religioso da prendere e sull’annuncio della fede come della organizzazione della chiesa in patria e nelle regioni conquistate. L’Inghilterra e la Francia si dirigeranno soprattutto verso il nord, e verso i Caraibi e solo in parte verso il sud. Pirati francesi con l’appoggio del governo cominciano a stabilire i loro porti nelle isole delle Antille e nel 1530 la Francia inizia l’occupazione vera e propria delle stesse.  Seguirà il suo esempio l’Inghilterra e più tardi l’Olanda dividendosi le isole e qualche territorio. Rimarranno però, alla fine solo con le Guyane e alcune isole dei Carabi. L’Olanda, giunta per ultima, si accontenterà di alcune isole caraibiche e della Guyana, diventata Suriname dopo l’indipendenza.

La conquista spagnola

 

Dai primi insediamenti spagnoli nelle isole di Santo Domingo (Hispaniola) e, subito dopo nel 1515, Cuba,  parte l’assalto al continente. Alcune spedizioni non hanno risultato (1516-1517) fino a che Hernan Cortés con soli 300 uomini inizia la conquista (1518) e incontra la reazione dei maya del Tabasco. Si rivolge verso l’impero Azteco, con 400 uomini e sbarca a Vera Cruz contro la proibizione del governatore Diego Velasquez. La conquista dunque inizia non dal centro ufficiale del potere ma dai margini e illegalmente. Fonda Vila Rica, primo insediamento spagnolo in Mesoamerica. Approfittando delle tensioni interne, ha, infatti, l’appoggio dei Totonachi contro gli aztechi, l’impatto delle armi da fuoco e dei cavalli, sconosciuti agli abitanti che pensavano che cavallo e cavalieri fossero una cosa sola. Moctezuma II, li accoglie con doni e li ospita nel palazzo. Mentre Cortés abbandona la città per fermare l’esercito guidato da Pànfilo de Narvàez, inviatogli contro dal governatore per fermare le sue mire, a Tenotchtitlan  avviene un massacro. Gli spagnoli assaltano gli indigeni durante la festa del Templo Mayor per impossessarsi delle loro gioie.  Cortés rientra e si deve difendere dalla rivolta degli aztechi. Asserragliato con i suoi, uccide Mictezuma che era già stato sostituito da Cuitlàhuac, scelto dai nobili locali. Nella noche triste gli spagnoli sono obbligati a fuggire per slavarsi dalla violenza degli insorti. Ritornano, forti dell’alleanza di Taxcala, ed  entrano in Tenochtitlan (1521) non senza una forte e continua resistenza degli atzechi. Con l’esecuzione di Cuauhtemoc (1525) che, succeduto a Cuitlàhuac morto di vaiolo, aveva strenuamente resistito all’invasione spagnola, finisce la dinastia e l’impero azteca.
Pedro de Alvarado e Cristovão de Oliveira si dirigono a sud e conquistano l’area maya degli attuali Nicaragua e Honduras (1523-1525), Pascual de Adangoya arriva a Panama e in Colombia (1525) e la occupa, approfittando della lotte tra le varie tribù. Nasce qui il mito dell’El Dorado, il paese dell’oro, mito raccolto dalla tradizione popolare che raccontava di un cacique, Guatavita, che faceva il bagno coperto di polvere d’oro.
Francisco Pizzarro, che aveva  compiuto alcune spedizioni giungendo in Colombia e Ecuador, è attratto dal mito di El Dorado presentatogli per la prima volta dagli indigeni di Darien e dopo aver ricevuto i finanziamenti necessari dal re di Spagna, inizia la spedizione verso il Perù nel 1532 con 60 cavalieri e 110 fanti e affronta a Cajamarca l’esercito di Atahualpa, in lotta contro il fratello. Adducendo come scusa il rifiuto dell’Inca di riconoscere la volontà di Dio scritta nei Libri Sacri presentatigli dal domenicano fra’ Vicente Valverde, attacca gli indigeni e fa prigioniero Atahualpa, che, per essere liberato gli offre tanto oro quanto poteva contenere una stanza del suo palazzo, praticamente 5.720 chili d’oro. Nel frattempo alcuni fedeli ad Atahualpa uccidono il fratello Huascar nel 1533. Pizzarro ne approfitta per accusare Atahulapa di alto tradimento, lo fa battezzare, per evitargli l’inferno, e decapitare. Conquista così l’Impero Inca, entra in Cuzco, collocando, però come Inca, per evitare una sollevazione popolare, il fratello minore di Athualpa, Manco Inca. Il nuovo Inca pur investito nel potere dagli spagnoli, inizia una forte resistenza fino alla morte. Almagro inizia nel 1535 la conquista del Cile continuata da  Pedro de Valdivia (1540), che non riesce però a vincere gli Araucani, guidati da Laudano, che lo sconfiggono nel 1553, l’unico popolo indigeno che non è riuscito ad essere sottomesso dalla conquista. Nel Rio de la Plata, prima la spedizione di Solis (1515) poi la conquista del territorio avviene per opera di Pedro Mendonza (1535).
Termina così la conquista spagnola. Conquista resa facile dalle divisioni interne dei vari Imperi federali, nell’area azteca, la rivalità delle varie città contro Moctezuma e, nell’area Inca, la fragilità a causa della lotta tra i due fratelli Huascar e Atahualpa. Non erano tranquille e pacifiche, però, nemmeno le relazione tra i capitani spagnoli: Pizzarro ordinerà l’uccisione di Almagro suo antagonista nei possessi dei territori nel 1538, per poi venire lui pure giustiziato dal nuovo Vice-Re del nuovo Impero ormai spagnolo dieci anni dopo nel 1548. Una conquista, dunque, veloce ma non pacifica. Dovettero sostenere la resistenza armata degli ultimi Inca, Titu Cusi Yupanqui figlio di Manco, convertitosi al cristianesimo ma fedele alla libertà del suo popolo e di Tupac Amaru  che continuerà la lotta fino alla cattura, quando verrà giustiziato nel 1572.
Dal Messico ormai conquistato parte l’esplorazione e conquista delle regioni dell’attuale sud degli Stati Uniti iniziata da De Soto nel 1539 terminata nel 1598 con l’occupazione del Nuovo Messico e in parte della Florida

La conquista portoghese

 

Più lenta e inizialmente meno traumatica, soprattutto per non presenza sul suole del futuro Brasile di imperi o confederazioni politiche significative, la conquista portoghese che, dopo il primo sbarco, casuale, il 21 di aprile, di Pedro Alvares Cabral, che pensa di esser giunto a un’isola che chiama di Santa Cruz, è completata da Gaspar de Lemos e da Amerigo Vespucci (1501-1503). Cabral era partito da Lisbona il 9 marzo con 13 navi nell’atmosfera entusiasta del viaggio di Vasco de Gama che aveva raggiunto l’India, per percorrere lo stesso tragitto. Le correnti lo portano invece sulla costa brasiliana accettando l’errore come un fatto positivo che gli permette di caricare acqua e viveri per la parte del viaggio che lo separa dall’India. Sia lui come i suoi successori si fermano nei porti (São Vicente, Porto Seguo, Santa Cruz Cabralia), secondo lo stile portoghese più interessato, inizialmente, di trovare punti di riferimento per la sicurezza delle sue navi in viaggi mercantili verso l’Oriente che dell’occupazione di nuove terre e possedimenti. Solo più tardi per far fronte alle invasioni francesi, che si installano a  São Luis do Maranhão e a Rio de Janeiro (1555), e olandesi che fondano Recife e iniziano l’occupazione del Pernambuco (1630- 1648), il Portogallo penserà a rendere stabili i territori occupati attorno ai porti. Ma soprattutto, la conquista sarà anche qui attuata da avventurieri già stabiliti localmente, attraverso le così dette ‘entradas’ e ‘ bandeiras’, che si dirigevano all’interno del paese, alla ricerca di indios fuggiaschi, ma ancor più di oro e di diamanti. A partire dalla fine del 1500, e soprattutto nel 1600, inizia la vera occupazione portoghese del territorio.

La conquista francese
Dopo le azioni piratesche soprattutto di François Lecler “gamba di legno” e Jacques de Sores, che attaccano i galeoni spagnoli, fanno razzie, conseguono incendiare Puerto Rico e l’Havana, la Francia comincia la vera conquista delle Antille. Il tentativo di installare a Rio de Janeiro nel 1555 la Francia Antartica da parte di un gruppo di coloni ugonotti, che fuggono dalla persecuzione religiosa, guidati da Durand de Villegaignon, cavaliere di Malta con il permesso esplicito dell’ammiraglio Gaspar de Coligny, termina nel sangue. Coinvolti nello scontro armato gli indios tamoio che si alleano ai francesi e i temiminò, guidati da Arariboia, alleati dei portoghesi, la colonia termina con la vittoria portoghese e l’esecuzione di tutti i francesi e dei tamoio loro alleati. Nonostante che il Trattato di Cateau-Cambresis (1559) proibisse alle navi francese la navigazione a sud del tropico del cancro, la Francia pur espandendosi a Nord nell’attuale Canada, ritenta nuove avventure. Nel 1610 con l’appoggio della regina Maria de Medici, una missione francese fonda la città di São Luís e occupa una parte del Maranhão. Riesce a mantenersi per 5 anni e di nuovo, la colonia viene smantellata dall’esercito portoghese. In seguito, nel 1635 i francesi occupano le isole di Santo Cristovan, Martinica, Guadalupe, Dominicana, Grenada, Santa Lucia, Saint Barthlemy, Saint Martin, Santa Cruz, più tardi Hispaniola che diventerà Santo Domingo e la Luisiana.

La conquista inglese
Anche la colonizzazione inglese, lasciata da parte quella verso il Nord dell’America, formata soprattutto dai Padri pellegrini in fuga dalla persecuzione religiosa, inizia attraverso la pirateria di Jhon Hawkins e Francis Drake che dal loro porto di La Tortuga, uscivano per assaltare e razziare navi spagnole, contro le leggi inglesi ma con la tacita accettazione della regina Elisabetta che, con i suoi guadagni, pagò i debiti della corona. Reso nobile dalla regina con il titolo di sir, stabilì il predominio inglese sui mari sbaragliando la flotta spagnola nel 1587 e permise all’Inghilterra di entrare in possesso delle isole di Giamaica, Bahama, Santa Lucia, Saint Vincent, Saint Christopher, Barbados e le isole Vergini.
Belize, spagnola verrà occupata da un gruppo di coloni inglesi nel 1660.

La conquista olandese
I Paesi Bassi sono l’ultima potenza marittima e commerciale che si slancia alla conquista di terre in America latina. La prima missione si rivolge al Brasile. Nel 1624 1.700 uomini guidati da Jakob Willekens sbarcano a Salvador da Bahia ma vengono ricacciati in mare. Ritentano sei anni dopo e sbarcano in Pernambuco, occupano la città di Olinda e allargano il dominio sul litorale fino al Maranhão. Un’ottima gestione politica del conte Maurizio di Nassau fa della colonia olandese un centro di cultura, la nascita del porto e della nuova città di Recife, con risultati importanti di inserimento degli indigeni e di una certa libertà religiosa. La crisi economica della colonia, l’abbandono del governo da parte di Maurizio di Nassau, richiamato in patria e la rivolta dei coloni e dei lavoratori indigeni e africani contro le misure severe della Compagnia delle Indie, permette la vittoria portoghese nella battaglia di Guararapes (1648) e la fine della colonia. Nello stesso tempo dell’avventura brasiliana l’Olanda occupa, nel 1634 l’isola di Curação, alcune isole delle Piccole Antille e parte della Guyana, oggi Suriname.

Luis De Torres traduce in ebraico le domande di Cristoforo Colombo: - Conoscete voi il Regno del Gran Kahn? Da dove viene l’oro che portate appeso al naso e alle orecchie? – Gli uomini nudi lo guardano a bocca aperta, e l’interprete tenta miglior sorte con l’idioma caldeo, di cui conosce qualcosa: - Oro? Templi? Palazzi? Re dei re? Oro? – E poi prova con l’arabo, quel poco che sa: - Giappone? Cina? Oro? – L’interprete si scusa con Colombo nella lingua di Castiglia. Colombo impreca in genovese e scaraventa al suolo le lettere credenziali, scritte in latino e dirette al Gran Kahn. Gli uomini nudi assistono alla collera del forestiero dai capelli rossi e dalla pelle cruda, che porta un mantello di velluto e vesti sfarzose.
Presto si spargerà la voce per le isole: - Venite a vedere gli uomini che sono arrivati dal cielo! Portate loro da mangiare e da bere!- ( Eduardo Galeano, Memoria del Fuoco, 55)

Diario di Cristoforo Colombo

venerdì 12 ottobre 1492

‘ Vanno tutti nudi come la madre li partorì, comprese le donne, e una di queste era assai giovane. É tutti quelli che io vidi erano giovanissimi, che non ne scorsi alcuno che fosse di età superiore ai 30 anni, e sono tutti assai ben fatti, bellissimi di corpo e di graziosa fisionomia… Non portano armi e nemmeno le conoscono: mostrai loro le spade ed essi prendendole dalla parte del taglio, per ignoranza si tagliavano. Non hanno alcuna specie di ferro. Le loro zagaglie sono certe verghe senza ferro, alcune delle quali recano all’estremità un dente di pesce ..Debbono essere buoni servitori e ingegnosi, perché osservo che ripetono presto quello che io dico loro, e ritengo anche che possano diventare agevolmente cristiani, perché mi parve che non appartengano a nessuna setta. Piacendo A Nostro Signore , quando partirò di qui prenderò con me sei di questi uomini per condurli alle Altezze Vostre, affinché imparino a parlare..
Sabato 13 ottobre 1492
….Io stavo attento a ogni cosa e mi adoperavo per conoscere se in quel sito vi fosse l’oro, e vidi che alcuni di essi ne portavano un pezzetto infilato in un foro che hanno nel naso; venni quindi per segni a sapere che navigando verso il Mezzogiorno si poteva andare dove era un re che possedeva grandi vasi e molti pezzi d’oro. Cercai di indurli a condurmi in quella terra, ma capii in seguito che si rifiutavano di accompagnarmi. Gli abitanti di queste isole sono dolcissimi, e hanno tanto desiderio delle nostre cose che, essendo poveri e non avendo nulla da darci in cambio, se possono aver da noi cosa alcuna sulle nostre navi, tosto si gettano a nuoto e se ne tornano a terra con essa. Ma tutto quello che possiedono lo cedono per qualsiasi inezia, e prendevano a baratto perfino i cocci delle scodelle e le tazze di vetro rotte…
14 e 15 ottobre 1942
“Credevano fermamente e ci domandavano se fossimo venuti dal cielo ed eravamo accolti con molta gioia e festa in ogni luogo dove giungevamo.. Correvano di casa in casa gridando: -venite a vedere la gente che è venuta dal cielo- E tutti, uomini e donne, perduta la paura, venivano, grandi piccini, portando tutti qualcosa da bere e da mangiare e ce lo offrivano con tanto amore…avendoli nostro Redentore concesso questa vittoria all’illustrissimo nostro re e regina e ai loro regni, famosi per molte cose, tutta la cristianità deve sentirsi piena di gioia e fare grande festa e dar ringraziamento solenne alla Santissima Trinità con molte preghiere e azioni di grazie. Per la gioia che molti popoli vengono alla nostra santa fede e perché tanti beni materiali non sono solo per la Spagna,ma tutti i cristiani ne riceveranno benessere e lucro..…Se le  Altezze Vostre ordinassero o di condurli tutti in Castiglia o di tenerli schiavi nella loro stessa isola, agevolmente potrebbero farlo, perché con una cinquantina di uomini li terranno tutti sottomessi e potranno far di essi quel che vorranno..’
( da C.Colombo, Diarios da Descoberta da America, Porto Alegre, 1984 e Lettera al Cancelliere del Re 15 febbraio 1943)

HERNAN CORTÉZ- Lettere all’Imperatore

10 luglio 1519

Il capitano disse che non venivano per fare del male ma solo perché conoscessero la nostra fede e perché sapessero che avevamo come signori, i principi più grandi del mondo e che questi obbedivano ad un Principe maggiore di loro…
Siccome avevamo la bandiera della croce e combattevamo per la nostra fede e a servizio della Sacra Maestà Vostra, per suo volere Dio ci concedette tanta vittoria al punto che uccidemmo tante persone senza che alcuno di noi venisse ferito..
La città è così grande e merita tanta ammirazione al punto che le tante cose che potrei dire di essa potrebbero sembrare incredibili, perché è molto maggiore e più forte di Granada…vi è ordine e vigilanza e la gente è molto migliore degli africani… L’ordine che questa gente ha conseguito si basa su un governo simile a quello di Venezia, Genova e Pisa, perché non esiste un signore che domina su tutti…Questa città ha molte moschee (mezquitas) o case per i suoi idoli… Gli idoli principali nei quali loro dimostravano maggior fede, li ho gettati giù dai piedestalli e li ho fatto rotolare giù dalle scalinate.. Al posto degli Idoli ho fatto collocare le immagini di Nostra Signora e di altri Santi…”.

( H. Cortéz, A conquista do Mexico, Porto Alegre,1986)

INFORMATORE DI Sahagun

Pensavano che era il nostro principe Quetzalcoatl che stava tornando… Moctezuma rifletteva molto su tutte quelle cose e stava preoccupato… gli arrivano notizie che gli ‘dei’ si informavano su di lui.. volevano vederlo e il suo cuore batteva.. Voleva nascondersi , fuggire e salvarsi dagli ‘ dei’… Moctezuma si adorna e si prepara per andare loro incontro e così pure fanno gli altri principi.. Offrono loro doni…Cortéz risponde a Moctezuma:’ Noi l’amiamo molto’..
(Alvarado nella festa di Toxcatl) cominciarono a passare tutti a fil di spada e ferendoli con lance e spade.. Il sangue dei guerrieri correva come fosse acqua, .. Subito i capi si unirono e iniziò la battaglia… Gli uomini di Castiglia spararono il cannone e gli archibugi … e subito Moctezuma fu preso e legato…”
( da Bernardino di SAHAGUN- História general de las cosas de Nueva España – Codice florentino

Bernal  Dias del Castillo sulla strage del 13 agosto 1521
“Dico che giuro, amen,che tutte le case e i contrafforti della laguna erano pieni di teste e di corpi umani, che io non so in che modo descriverlo, perché nelle vie e negli stessi cortili di Tlatelolco non c’era altra cosa, e non potevamo girare se non tra corpi e teste di indios morti. Io ho letto la distruzione di Gerusalemme, ma non so certo se quella carneficina fu più grande di questa, perché in questa città morirono moltissime persone, guerrieri di tutte le province e città dell’impero azteco, che si erano rifugiati lì; morirono tutti, e così, come ho già detto, la terra , la laguna e i contrafforti erano pieni di cadaveri e il fetore era tale , che non c’era uomo che potesse sopportarlo.” ( Historia Verdadera de la conquista de la Nueva España,1517-1521, Città del Messico, 1943, p.161-62)

Cronaca dello scontro di Cajamarca tra Pizzarro e Atahualpa.
‘Frei Vicente disse all’indio Atahualpa che adorasse la croce e credesse nel Vangelo di Dio e che non adorasse più nessun’altra cosa, perché tutto il resto era cosa di nessun valore. Atahualpa gli risponde che non deve adorare nulla se non il sole che non muore mai… E l’indio chiede a Frei Vicente chi gli ha detto che si deve adorare solo il suo dio…Gli risponde frei Vicente che questo glielo ha rivelato il Vangelo…- Datemi dunque il libro perché lo dica anche a me- risponde l’inca…Gli fu consegnato… - Come questo libro non mi dice niente – stracciò il libro. Allora Frei Vicente gridò: - Accorrano cavalieri perché questi indigeni pagani sono contro la nostra fede..’
( da FELIPE GUAMAN POMA DE AYALA in El Primer Nueva Cronica y Buen Gobierno)

Pedro Vaz de Caminha- Cronista -
. Erano tutti così ben disposti verso di noi e ben fatti ed eleganti nei loro colori che era un piacere guardarli. Trasportavano di quella legna quanto potevano e la portavano sui battelli. Ed erano già tranquilli e sicuri in mezzo a noi più di quanto non lo fossimo noi in mezzo a loro..
In quel giorno danzarono e ballarono sempre insieme ai nostri al suono di un nostro tamburello, come se fossero più amici nostri che dei lor4o compagni. Se si faceva qualche cenno per inviarli a venire sulle navi, si accingevano subito a farlo e sarebbero venuti tutti se li avessimo tutti invitati”.

“Mi sembrano gente talmente innocente che se potessimo intenderci tra noi diventerebbero subito cristiani, perché per quel che sembra non hanno alcun credo. Non seminano se creano animali, qui non vi sono buoi, vacche, capre, pecore né galline o altri volatili o animali domestici, non mangiano se non un tale infame che qui cresce molto e i frutti che la terra e gli alberi danno in abbondanza…. Oggi, venerdì primo di maggio, siamo sbarcati con la nostra bandiera oltre il fiume dove ci è parso meglio piantare la croce per essere meglio in vista. Piantata la Croce con le armi e lo stemma di Vostra Altezza che collocarono in essa, costruirono l’altare ai piedi della stessa. Il padre fra’Henrique celebrò la messa Una cinquantina di loro o una sessantina rimasero con noi assistendo alla Messa, tutti ponendosi in ginocchio come noi. Quando poi si giunse al Vangelo e noi ci siamo alzati in piedi e abbiamo alzate le mani, anche loro si sono alzati e hanno alzate le mani., rimanendo così fino alla fine, per poi sedersi come noi. Quando poi il celebrante alzò l’Ostia e noi ci siamo messi inginocchio, loro fecero lo stesso alzando anche loro con noi le mani, calmi e silenziosi tanto da suscitare  in noi- lo assicuro a Vostra Altezza- una grande devozione.” (Pedro Vaz de Caminha, Carta di Achamento” al re del Portogallo – 1500)

“Si parla di “scoperta” dell’America. È un modo vergognoso di parlare. Sa cos’hanno scoperto? Soltanto le nostre ricchezze, frutto delle nostre culture. La conquista spagnola ci ha portato via tesori culturali inestimabili . Non hanno rispettato le nostre culture: le hanno solamente confrontate con la propria e, vistale differenti, hanno deciso di sopprimerle. Ci hanno imposto cose estranee al nostro mondo. Ci hanno fatto credere in valori diversi dai nostri.” (Ana Maria Guacho, leader andina in  Il riscatto è d’obbligo a cura di Luiz Walter e Conrado Berning, Nigrizia ottobre 1991)

 

CAPITOLO III - La Colonia

L’amministrazione della colonia dipendeva dal potere centrale in Spagna e Portogallo. I re erano i legittimi proprietari delle terre conquistate concesse in appalto ai conquistatori o ai nobili, che gli pagavano le decime della produzione. In entrambi i casi la direzione della Colonia è condotta prima dalla Casa de Contratación di Siviglia (1503), poi dal Consiglio delle Indie nel 1511 per la Spagna, e dallo stesso Consiglio nel 1580 per il Portogallo, istituto che amministra, fiscalizza, propone candidati per il governo della colonia e vescovi per le diocesi nascenti e funziona come Alta Corte di Giustizia.

La Spagna, ormai parte integrante del Grande impero di Carlo di Gant, di successore per diritto dinastico di Isabella e Ferdinando con il titolo di Carlo I, divenuto imperatore con il nome di Carlo V, alla morte del nonno Massimiliano d’Austria della casa di Asburgo, è all’apice della sua potenza e inizia un’amministrazione coloniale che le permette un investimento in beni culturali, ma non in una crescita economica che sarà gestita altrove, dai banchieri europei, dal commercio inglese, olandese che investono nel mercato delle nuove spezie e nello sviluppo di nuove industrie. L’organizzazione diventerà sempre più forte sotto Filippo II, classica espressione dell’assolutismo  regio. Diversa la situazione del Portogallo proclamato Regno indipendente già nel 1143 e spinto dalla sua posizione geografica a familiarizzare con l’Oceano Atlantico, aprendo vive di commercio verso il Nord e il Sud. La sua scelta marinaia e commerciale sulla costa e il suo stile agricolo atavico all’interno, non lo rendeva molto adatto a governare le colonie così vaste e sparse in tutto il mondo. Il risultato però sarà lo stesso: altri trarranno profitto delle ricchezze scoperte.

L’amministrazione spagnola è più funzionale. La colonia è divisa, già attorno al 1540 e maggiormente organizzata nel 1600, in due Vicereami: Nuova Spagna, con capitale Mexico, e Perù con capitale Lima. Nel 1717 e nel 1776 nascono due nuovi Vicereami: Nuova Granada con capitale in Santa Fé de Bogotà e La Plata con capitale Buenos Aires. I vicereami sono divisi in Province Maggiori e Minori dove funziona l’audiencia, il tribunale locale di giustizia di seconda istanza, formato da un presidente (capitán mor) e da giudici (oidores). Le città, ayuntamento, sono rette da un capitolo (cabildo) di rettori che esercitano la giustizia in primo grado e che eleggono l’alcalde ordinario (sindaco). Più avanti alcaldes mayores sono nominati direttamente dal re. Una intera regione è governata dall’adelantado, un governatore con pieni poteri. Alcune province strategiche sono organizzate come Capitanie (Guatemala, Cile, Cuba) subordinate solo al Vice re. L’amministrazione spagnola ripete, in un certo senso, in America la struttura romane delle Province imperiali e senatoriali e, nello stesso tempo, cerca di inserirsi, senza sconvolgerle, nelle strutture di potere indigeno degli imperi-confederazioni azteche e inca vicine come metodo della distribuzione politica e sociale feudale europea. 
L’amministrazione locale approfitta la struttura degli imperi precedenti, decentralizzando maggiormente i poteri alle comunità con i loro capi, il pagamento delle decime, la divisione delle terre e introducendo la forma della encomienda: distribuzione di terre e comunità indigene a un caballero, che riceve il tributo degli indios, in prodotti e lavoro e deve istruirli nella fede (la doctrina) e nell’osservanza delle leggi. Ricupera attraverso la mita il lavoro obbligatorio, applicato soprattutto nell’estrazione di oro e argento, già in uso negli ayllus. Si organizza la società trasformando la struttura esistente nel puro stile feudale in una formula più articolata: la terra è del re, presente con i suoi rappresentanti i Viceré, che demandano l’obbligo della produttività e dell’ordine agli encomenderos e questi esigono il lavoro e la produzione alle comunità dirette da un capo locale, il kuraka.
Nel 1718 Filippo V di Borbone che succede agli Asburgo, introduce una nuova riforma amministrativa: la Nuova Spagna è suddivisa in 11 intendenze i cui responsabili erano nominati direttamente dal Re e i sub-delegati sostituivano i corregedores e gli alcandes, con maggiori poteri di decisione concessi alle autorità regionali, nella maggior parte assunti da cittadini spagnoli. La riforma dava maggiori guadagni al Re e alla Madre patria a costo pèrò di maggiori spese che, aggiunte al fatto del legame da parte delle autorità con gli interessi dei gruppi di potere locale, ne minavano i risultati.

Il re, tramite il Consiglio delle Indie, secondo la norma del patronato, si preoccupa pure della organizzazione religiosa. Reagisce all’iniziativa di papa Giulio II, che, nel 1504 aveva creato le diocesi di Bayuense, Maguense e Ayguense, e instaura e nomina i vescovi delle Diocesi di Santo Domingo e Bayuna, Concepción de la Vega e Puerto Rico. Di seguito dal 513 al 1549 sono istituite le diocesi di Santa Maria Antigua di Darién (Panama), di Santiago in Cuba, Carolense (Puebla) in Messico, di Mexico Ciudad, di Tierra Florida, Coro (Caracas) Cartagena (Guatemala) Nicaragua e Honduras, Cuzco, Lima, Quito, Asunción di Paraguay, Guadalajara in Messico. L’evangelizzazione è consegnata alla responsabilità soprattutto dei Domenicani, Francescani, Gesuiti e Carmelitani. L’organizzazione della cultura secondo lo stile dell’umanesimo spagnolo è basata sulla fondazione  delle università a Santo Domingo nel 1533 ( Bulla “In apostolatu culmine” di Paolo III), Lima, Mexico, Bogotà, Cuzco e Caracas. Già nel 1548 si celebra il Primo sinodo diocesano a Puerto Rico, e a Buenos Aires nel 1594. Ben più importanti sono Sinodi provinciali per applicare in America le decisioni del Concilio di Trento. Nel 1551-52 il vescovo Jeronimo Loaysa  realizza a Lima il primo Concilio provinciale, primo di una lunga serie di Sinodi a Lima (1557- 1558 -1591-1601) e poi a Mexico (1555, 1565, 1585) a Santo Domingo (1622) a Santa Fé di Bogota (1625) a La Plata (1629) e di seguito per tutto il 1700. I primi religiosi a giungere nelle colonie spagnole sono i francescani e i domenicani, più tardi giungono i gesuiti . L’azione pastorale di vari vescovi come Vasco de Queiroga a Michoacán, che, entusiasta della teoria di Tomas Moro, inizia un gli indios a diversificare il lavoro in modo collettivo preparando quello che sarà lo stile delle reduciones, Juan del Vale a Popayan e a Lima l’arcivescovo Turibio de Mongrovejo, si dedicarono al popolo in una vera opera di evangelizzazione con visite pastorali, radunando Concili locali e la difesa degli indigeni, anche se tra francescani e domenicani e gesuiti era pesante il dibattito sull’ammissione degli indigeni al sacerdozio. Le figure di santi come: Rosa da LimaMartino de Porres, indicano un buon livello di vita cristiana. Il clero, però, nominato dal Re e pagato tramite la decima, doveva aiutare a far sì che gli indigeni diventassero buoni cristiani e buoni sudditi e aiutava a mantenere il controllo della Colonia, attraverso l’azione educativa e i tribunali di Inquisizione, che però erano meno severi di quelli in patria e stabiliti a Mexico, Cartagena e Lima.  Nonostante questa sudditanza, reazioni soprattutto dei domenicani, giunti nel 1510 a Hispaniola e diretti da Pedro de Córdoba, assumono con vigore la critica evangelica di fronte alle palesi ingiustizie. Tra loro eccelle l’opera di Antonio de Montesinos e di Bartolomé de Las Casas, che riuscirono a correggere il potere duro degli encomenderos ottenendo dal re le Leggi di Burgos che proibivano la riduzione in schiavitù degli indigeni nel 1512 –13 e finalmente l’abolizione dell’encomienda nel 1542, leggi purtroppo mai rispettate dai coloni. Sotto l’assolutismo di Filippo II (1556-1598) viene rafforzato, in Spagna, il tribunale dell’Inquisizione a servizio del regno, che già operava, indipendente da Roma, al tempo della regina Isabella con il famoso Inquisitore generale Torquemada. In America vengono proibiti i libri che documentano la bontà e i buoni costumi degli indios e che criticano il modo come fu condotta la conquista. Giunge il tribunale dell’Inquisizione a Lima nel 1569 e a Mexico nel 1610 e a Cartagena diretta duramente da Juan de Mañozca.

L’economia si basava sulla estrazione dell’oro (che finisce però in soli dieci anni 1530-1540) seguito dell’argento (1540-1575) soprattutto a Potosi, che diventa, così, la città mineraria più importante del mondo con 120.000 abitanti alla fine del ‘500 e, nello stesso tempo, la “tomba” degli indios che vi lavoravano; erano 15.000 addetti alle miniere, sostituiti subito da nuovi lavoratori ogni volta che qualcuno (erano molti, purtroppo) moriva. Continuano le coltivazioni indigene di mais e patate, insufficienti però al fabbisogno di alimenti. La colonia è obbligata a importare frumento e buoi dalla Spagna. Si sviluppa a partire dalla fine del 1500 la coltivazione della canna da zucchero importata dall’Africa e poi del caffè, importato dall’Arabia, soprattutto nei paesi dell’America Centrale. Si scambiano i prodotti: dall’America giungono in Europa le patate,i pomodori, i fagioli, il mais, il cacao, la zucca e il tabacco, prima sconosciuti e l’Europa porta in America: il frumento, l’orzo e tra gli animali: gli ovini, i suini e i bovini e soprattutto il cavallo.   

L’amministrazione portoghese era più fragile e meno articolata, anch’essa a regime feudale (un certo progresso si è avuto durante il periodo della unificazione delle corone spagnola e portoghese per questioni dinastiche dal 1580 al 1640).
Dal 1532 al 1549 le terre sono consegnate dal Re a donatari o Capitani (praticamente feudatari). Le 12 capitanie (Maranhão, Cearà, Rio Grande, Itamaracà, Pernambuco, Bahia, São Tomé, São Vicente, Santo Amaro, Santana,  Santa Catarina e Espirito Santo) di enormi dimensioni: 550 leghe di costa senza sapere con esattezza fin dove giungevano all’interno i loro confini. Erano praticamente ingovernabili e non davano risultati economici per la corona. Di fronte alla disfatta delle capitanie, nel 1549 il governo della colonia è unificato sotto un Capitano Generale, Tomé de Sousa, con la sede a Salvador da Bahia, che porta con sé 1.500 persone tra cui 400 criminali liberati dal carcere. Con lui giungono anche i padri gesuiti guidati da padre Nobrega. I governi e le regioni si sdoppiano nel 1574 con i centri del governo a Salvador e Rio de Janeiro. Solo nel 1580 nasce in Portogallo, sullo stile dell’Istituto spagnolo, il Consiglio delle Indie con sede a Lisbona. Poco a poco dopo le vittorie contro gli Olandesi di Pernambuco e le tensioni dei coloni nella altre capitanie, vengono tutte incamerate nell’unico governo centrale. Solo Il Gran Parà (Nord) viene governato direttamente dalla corona.
Nasce una società patriarcale, il potere nelle mani dei signori della terra, senza un visione aperta al futuro, proibita dalla corona di investire in un commercio locale e nelle arti, preoccupati del proprio arricchimento tentando sempre sfuggire al controllo della corona, meticcia ma segnata maggiormente da un sottile razzismo nei confronti degli indios e dei neri, che si riverbera anche nella discussione tra i gesuiti, che pure si prodigarono strenuamente nella difesa degli indios contro i coloni  sull’opportunità o meno di accettare nella Compagnia giovani indigeni e africani.  

  • Solo nel 1551 il Re crea, per il diritto di patronato, la prima diocesi di Salvador da Bahia che rimarrà unica fino al 1614. Il primo vescovo Dom Pedro Fernandes Sardinha, che preso possesso della diocesi, dovrà tornare a Lisbona per difendersi dalle accuse presentate dal Governatore Duarte da Costa. In Portogallo nascerà la paura e il panico: chi riceveva la nomina di vescovo per il Brasile, procrastinava la partenza e lasciava, spesso, per molto tempo la diocesi vacante. Nessuna Università venne aperta dal Re del Portogallo. L’evangelizzazione era affidata soprattutto agli Ordini religiosi: Gesuiti, Francescani Minori e Cappuccini, Benedettini e Carmelitani che oltre a predicare al popolo e tentare un approccio con gli indigeni iniziarono i primi tentativi di Collegi scolastici sia per la formazione generale per la cura delle vocazioni locali. Una chiesa di religiosi dunque, senza i Sinodi e i Consigli dell’area spagnola. Solo nel 1700 il vescovo Sebastião Monteiro da Vide, vescovo della Bahia per ben 20 anni, pubblicherà le Costituzioni dell’Arcivescovado (1707) per una Chiesa brasiliana non dipendente dal Portogallo. Solo nel 1748 viene fondato nella Bahia il primo seminario arcidiocesano su proposta del gesuita itaoliano Gabriele Malagrida. La nascita (1622) su suggerimento dei gesuiti di Propaganda Fide per un’azione missionaria della Chiesa non legata ai conquistatori e esente, in parte, dal Patronato, permette un’azione più significativa ai francescani cappuccini sia italiani che francesi agli indigeni lungo il fiume San Francisco e in altre regioni.

L’economia si basava, all’inizio sulla esplorazione delle spezie e del legno, il pau brasil,di cui la corona aveva il monopolio, oggipraticamente irreperibile; più tardi sulla canna da zucchero, il cotone e il caffè, prodotti richiesti sul nuovo mercato europeo. La corona, durante le Capitanie, si riservava la decima delle rendite e il quinto dei metalli e pietre preziose. Per l’immensità del suolo e per non aver trovato metalli preziosi l’economia si basa su grandi appezzamenti di terra offerte in uso dal re (sesmarias) collocando così le basi del latifondo, e sul lavoro schiavo. Solo alla fine del 1600 e durante il 1700 si trovano miniere d’oro e diamanti in Brasile, soprattutto in Minas Gerais. A partire dal 1530 nascono gli engenhos, per la lavorazione della canna da zucchero, produzione che subirà una profonda crisi a partire dal 1600 per la forte concorrenza delle Antille e, nel 1800, per l’estrazione dello zucchero dalla barbabietola in Europa. L’economia della colonia portoghese ha stentato a decollare dovuto alla mancanza di mano d’opera, essendo gli indios cacciatori, coltivatori per il cibo essenziale e semi nomadi non disposti, quindi, al duro regime di lavoro e non organizzati in strutture socio politiche simili a quelle delle aree spagnole. Quasi subito, dunque,  gli indios saranno sostituiti dagli schiavi africani. Pur non potendo accettare la classificazione in cicli produttivi veicolati da molti storici, si deve però tener come valida una eccessiva attenzione alla monocultura che segue la richiesta del mercato europeo.

I risultati della conquista e della colonia

  • Il genocidio indigeno a causa delle guerre, delle epidemie (gli indigeni non avevano gli anticorpi contro le malattie dei bianchi, un semplice raffreddore poteva decimarli) per il duro lavoro nelle miniere e nelle piantagioni, per la schiavitù, proibita dalle leggi mai rispettate  di Burgos nel 1512, le ‘Leis Novas’ del 1542, di Lisboa dal 1570-1758. Nel 1800, solo trecento anni dopo l’arrivo dei bianchi, gli indios sono ridotti da 40 milioni (circa) a 18 milioni, in Brasile si passa da 5/6 milioni agli attuali 300 mila. Hispaniola è ridotta in poco più di 30 anni da 500 mila a 100 unità. Già nel 1492 una epidemia portata dai bianchi aveva ridotto la sua popolazione a poche migliaia di persone. Nei Caraibi gli indios sono praticamente scomparsi nei primi 100 anni di occupazione. Nel 1610, 2/3 della popolazione di Guatemala è sparita per fame, malattie (soprattutto tifo, parotite, vaiolo) e guerra. Nell’ambito delle epidemie c’è da rilevare una reciprocità, anche gli indios contagiano i bianchi di nuove malattie: la sifilide appare a Barcellona a Napoli dopo il 1493 portata dai marinai di ritorno.
  • Il regime predatorio dei beni della terra e la proibizione della nascita di uno sviluppo locale. Era proibito qualsiasi rapporto economico della Colonia con altre nazioni, gli scambi erano solo con la madre patria. La proibizione della nascita di industrie, sia pur rudimentali, ha mantenuto la colonia in totale dipendenza con la penisola iberica. Il risultato è l’arricchimento della Spagna e del Portogallo, ma soprattutto la base per la nascita del capitalismo europeo a partire dall’Inghilterra e dall’Olanda, le nazioni che hanno saputo approfittare dei beni delle colonie, soprattutto dell’oro e delle pietre preziose. La corsa alla ricchezza ha fatto crescere sempre più la distanza tra la borghesia nascente, ricca, e la massa dei poveri. Era diventato usuale e, a volte, legalizzato il contrabbando, attraverso il Galeone di Manila, che partiva da Acapulco e commerciava con l’Estremo Oriente senza passare dalla Spagna, e la pirateria, soprattutto inglese che scorrazzava illegalmente nei mari, ma con il permesso tacito della regina.
  • Il regime di imposizione culturale con la distruzione dei valori dei popoli indigeni,  l’imposizione della fede cattolica, tramite il requerimiento,: cioè la richiesta in castigliano o in portoghese agli indios di farsi cristiani e di sottomettersi al re), l’imposizione della lingua (obbligatorio il castigliano nel 1620 in tutte le colonie spagnole), il rimaneggiamento della lingua nhungatu nella lingua tupi da parte dei gesuiti, imponendola per motivi pratici alle altre tribù indigene nella Colonia portoghese. Nel 1755 il governo del Parà proibirà l’uso della lingua originale in tutto il litorale. In tutte le colonie come lingua liturgia il latino secondo i decreti del Concilio di Trento. L’elezione dei vescovi, il pagamento delle decime per il mantenimento del clero, l’obbligo della ‘purezza di sangue’ e di appartenere ad una famiglia non povera, per accedere al presbiterato, riducevano al massimo la possibilità della chiesa di organizzarsi localmente e di diventare indigena. Inizia con la colonia, l’europeizzazione del mondo e l’imposizione di una chiesa occidentale e romana. Uno spiraglio era l’organizzazione dei laici in Confraternite religiose con funzioni sociali e, a volte, con partecipazione di bianchi, neri e indigeni insieme.
  • Nonostante tutto questo, dopo il primo tentativo di una chiesa india subito soffocato dalla Corona, nasce un cristianesimo meticcio con sincretismi e soluzioni nuove. Sull’onda della chiesa indigena, nel 1536 il francescano Zumarraga vescovo di México fonda il Collegio di Tlatelolco per la formazione del clero indigeno. Il santuario della Vergine di Guadalupe in Mexico, è un classico esempio di meticciato culturale e religioso, è Juan Diego, indio, che vede la Signora, dal viso europeo ma dal colore indigeno, con la veste indigena e la fascia che indica che è incinta, sul Tepeyac, luogo del culto azteco della Signora del Cielo, Tonantzin o Coatlicue (colei che porta il serpente alla gonna), che gli dona la sua immagine ancor oggi studiata per l’eccezionalità della fattura e della pittura non classificabile secondo alcun tipo di pittura conosciuta.  Pure il santuario di Copacabana in Bolivia, e molti altri crescono sui luoghi degli antichi culti e sono ricercati soprattutto dalla popolazione indigena. Domina la figura del Cristo della Passione, della Madonna Addolorata, al devozione alle 5 piaghe, il culto alla Vergine Immacolata, ai martiri tra cui domina la figura di Sebastiano trafitto dalle frecce. Altri santi assumono qualifiche guerriere come Antonio di Padova o Lisbona che riceve il titolo di generale, per ogni malattia c’è un santo cui rivolgersi. I domenicano introducono il Rosario, i francescani la Via Crucis. Dal Concilio di Trento (1545-1563) come reazione alla posizione di Lutero, trova anche in America Latina il culto Eucaristico più come presenza reale che come celebrazione eucaristica, diventando il Corpus Christi la grande con processioni e infiorate, ovunque. Lo stile barocco ispanico trova una stupenda fioritura rivestendosi della fantasia tropicale e dello sfarzo degli ori della colonia, ma anche serve per attrarre gli indigeni con la musica, la danza e i colori. Giunge pure, soprattutto attraverso i domenicani  e poi i gesuiti, la nuova corrente intellettuale e umanista che porta con sé lo studio, la riscoperta della Bibbia, la conoscenza dei testi latini, l’architettura, il culto della musica e dell’arte. Si deve ai gesuiti in Brasile l’istituzione di Collegi fondati dal 1572 al 1576, tra i quali quello cha darà inizio alla città di São Paulo, per l’educazione della gioventù e per incamminare vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale. I religiosi si dedicano anche a ciò che il governo della Colonia non fa e cioè all’assistenza degli ammalati negli Ospedali, i più significati a Mexico (1535) e Lima. Nell’aerea spagnola a  partire dal XVII secolo e più tardi in quella portoghese, nascono conventi per le donne vedove, bianche che non avevano trovato marito e anche indigene e negre, ma come serve delle loro signore. Il livello religioso e intellettuale dei conventi non era basso, ne è prova la figura di Joana Inês de la Cruz (1651-1695) al secolo Joana de Asbaje, che si dedica fin da giovane alle lettura e entra in convento prima nelle carmelitane e poi nelle Giuseppine per dedicarsi allo studio e alla poesia. I primi ordini erano di  domenicane e carmelitane. In patria, soprattutto a Salamanca nasce una nuova Soteriologia, che sottolinea i due cammini di salvezza e di giustificazione: quello secondo la natura e quello secondo la fede, correggendo la mentalità comune che soli i battezzati che credono in Gesù Cristo potevano salvarsi. Afferma che per la salvarsi non esiste solo la via maestra della fede esplicita in Gesù Cristo ma anche quella, propria di questi nuovi popoli, di una fede implicita.
  • Il processo di sottomissione ai conquistatori non è del tutto pacifico. Nascono tensioni tra religiosi e coloni sulla questione della schiavitù degli indigeni e sul modo di predicare il Vangelo. Già all’inizio il cappellano di Cortês, Bartolomeu Olmedo, si rifiuta di usare la violenza per convertire gli indios ma si pone a pregare davanti alla croce per poi spiegare agli indios incuriositi il significato di tale gesto, mentre il padre Bobadilla in Nicaragua si vanta di aver “distrutto molti idoli, molte moschee (sic!), luoghi di preghiera e templi indigeni”. Forte è, soprattutto, la denuncia dei domenicani Pedro de Cordoba, Antonio de Montesinos, Juan del Valle vescovo di Popoyan e  soprattutto l’azione intensa di Bartolomé de Las Casas, che in difesa degli indios otterrà che il papa Paolo III scriva la bolla ‘Sublimis Deus’(1537) contro la schiavitù ma che non avrà molto esito per l’insorgere di questioni diplomatiche e sarà ritirata per le pressioni dei coloni e l’intervento dell’imperatore Carlo V. Las Casas ingaggerà negli anni 150-51, una lotta di idee con il suo avversario Juan Ginés de Sepúlveda, che sosteneva, per gli indios, il compelle entrare, cioè l’obbligo e l’imposizione di diventare cristiani contro l’unica via evangelica dell’adesione libera, sostenuta da Las Casas. Il vescovo Juan del Valle affronterà il cardinale Alonso de Loaysa, presidente del Consiglio delle Indie sul tema del diritto di guerra e conquista delle terre altrui, e classifica l’encomienda come una grave ingiustizia che distrugge gli indios. Occorre sottolineare che nell’ambito della colonia spagnola i religiosi ottennero dal Re la possibilità di avere territori per gli indigeni lontani dall’influsso dei coloni, le “reduciones” sottomesse direttamente al re e non bene accettate dai coloni e dalle gerarchie ecclesiatiche locali, in Perù, Ecuador e Bolivia, Paraguay, organizzate e dirette da domenicani, francescani, carmelitani e, soprattutto, gesuiti con un ottimo lavoro sia evangelico, culturale che economico. Mentre gli aggruppamenti di indios (aldeamentos) vicini alle città, organizzati dai gesuiti in area portoghese produssero un vero e proprio disastro, per la morte degli indios decimati dalle malattie e dal super lavoro. La tensione tra religiosi e coloni sarà bagnata dal sangue a partire dall’uccisione da parte dei sicari del Governatore di Antonio Valdivieso vescovo di Nicaragua nel 1550, primo martire della lotta per la giustizia in America latina, purtroppo fino ad ora poco riconosciuto, fino alla tragica distruzione delle Reduciones gesuitiche (1733-35 - 1767-1768) conseguenza del trattato di Madrid (1750) che stabiliva il passaggio di parte del territorio dalla Spagna al Portogallo, con la perdita da parte dei religiosi e degli indios quella autonomia e libertà tanto preziosa.  Soprattutto i gesuiti, meno sottomessi ai governi, proprio per il loro voto di obbedienza al Papa, pagheranno cara la loro posizione a favore degli indios;  molti di loro verranno espulsi dal governo portoghese: Antonio Vieira dal Maranhão nel 1661, tutti dal Parà (1684) poi dalla Paraiba, fino all’espulsione di tutti da tutte le colonie sia portoghesi che spagnole (1759-1767). La loro sofferenza sarà conclusa dal processo infame e dalla condanna assurda al rogo di Giuseppe Malagrida, stupendo gesuita italiano, missionario ambulante nelle aldeias del Maranhão, confessore del re dopo essere ritornato in Portogallo, condannato a morte per alto tradimento dal Marchese di Pombal, ministro del Regno, in Lisbona nel 1761. L’azione dei cappuccini lungo il fiume São Francisco in Brasile culminerà nel conflitto, nel 1677 -79, tra il francese Martino de Nantes in difesa degli indios e la Casa della Torre della famiglia Dias d’Avila che si considerava proprietaria di tutte le terre lungo il fiume. Ma queste tensioni saranno pure la molla che permetterà a Francisco De Vitoria, seguito da Soto e Francisco Suárez,  di stilare a Salamanca i primi principi del Diritto delle Genti (Jus Gentium)contro il diritto di occupazione e di sottomissione dei popoli conquistati e la revisione critica di un umanesimo che presentava la società europea come di alta civiltà.
  • Lo stretto legame tra Stato e Chiesa porterà a volte ad un coinvolgimento eccessivo della gerarchia nelle questioni politiche, assumendo i vescovi incarichi di vice-re come fra’ Gracia Guerra arcivescovo di Mexico nel 1611 e l’arcivescovo di Santa Fé de Bogotà, Casellario y Cangorra nel 782.   Il legame produrrà, anche, gravi crisi nella stessa Chiesa. Durante il dominio delle corti borboniche che regnano in Francia, Portogallo, Spagna, Napoli e che collocano al primo posto la ragione di stato secondo l’assolutismo illuminato, riducono la Chiesa a servizio dello Stato e della politica. Il risultato sarà il rafforzamento degli interessi politici e economici sugli interessi culturali e religiosi e la sempre maggiore fragilità della Chiesa come istituzione. Il caso più grave sarà l’intervento delle corti contro i gesuiti, ordine religioso legato per voto di obbedienza al papa e quindi più libero e internazionale, che verranno espulsi dalle Colonie portoghesi nel 1767 e spagnole nel 1769, decimati con gli indios delle Reduciones nel 1767 lasciando nel territorio di Missiones 89.000 indios e gesuiti uccisi e bellissime costruzioni di chiese distrutte e una alta civiltà indigeno-cristiana rasa al suolo. Infine la Compagnia di Gesù nel 1773 viene soppressa dallo stesso Papa Clemente XIV, che aveva servito fino alla fine, per paura di una azione vendicatrice delle Corti borboniche, scrivendo una delle pagine più tragiche della storia della chiesa missionaria, in cui la diplomazia e la ragion di stato hanno distrutto una delle esperienze più significative di evangelizzazione. Un tentativo di trovare una via parallela al legame tra Chiesa e stato nelle nuove terre è portato avanti da Propaganda Fide che invia cappuccini soprattutto italiani e francesi, liberi dalla sudditanza al potere coloniale soprattutto portoghese.
  • La dipendenza economica della Chiesa dai Governi centrali, creava delle enormi disuguaglianze, pregiudicando la missione. Nel XVII la corona portoghese spendeva 26 volte di più per la sede episcopale di Salvador e 20 volte di più per i vicari e coadiutori dell’arcivescovato che per i missionari e le missioni all’interno dalla Colonia. La lotta soprattutto dei gesuiti per una libertà finanziaria è fondamentalmente legata alla lotta per la libertà degli indigeni. Nella maggior parte dei casi i religiosi e la fragile chiesa locale si appoggiava al Governo e soprattutto ai nuovi signori rinunciando a posizioni più fedeli al vangelo e più profetiche. Questa situazione rende comprensibile l’accettazione generale della Chiesa nei confronti della schiavitù degli africani.
  • La schiavitù dei neri africani per sostituire la mano d’opera indigena, fuggitiva o ridotta allo stremo, soprattutto nelle aree a nord del Messico, nelle Antille, Caraibi e Brasile per il lavoro nelle piantagioni di canna, cotone e caffè. Si è trattato di circa 9 milioni e mezzo di africani, rubati alle loro terre e alla loro libertà, comprati dagli arabi e venduti anche dai loro capi o da altre tribù nemiche a negrieri spagnoli, portoghesi, olandesi, inglesi e francesi. Provenivano dal Senegambia, Sierra Leoa, Costa de Ouro, Benin, Dahomey, Calabar, Guinea, Angola, senza alcun diritto e difesa, obbligati a ricevere il Battesimo, comprovato dal marchio reale a ferro rovente o con un anello al collo, come proprietà del re e della croce,  ricevuto nei centri di raccolta alla partenza o sulle navi; legati gli uni agli altri, nudi, ammucchiati nelle stive, decimati dalle malattie. In Brasile nel 1818 giungono ad essere il 50% della popolazione e a Cuba e Haiti praticamente la superano. Pure i religiosi difensori degli indigeni, accettano come una necessità la schiavitù degli africani. Anche se la schiavitù nelle case gesuitiche portoghesi era proibita dal Padre Provinciale nel 1590, i padri non la consideravano un male perché ritenevano che non era scandaloso pagare i propri debiti attraverso gli schiavi essendo essi “la moneta corrente del paese come l’oro e l’argento lo sono in Europa e lo zucchero in Brasile” (Annales 1967). Pochi sono i religiosi che ne assumono la difesa, come i gesuiti Miguel Garcia, Gonçalo Leite nel Brasile, che si domandano se è possibile assolvere i padroni di schiavi e vengono rimpatriati perché eccessivamente scrupolosi, Alonso de Sandoval vescovo di Cartagena de Indias propone, nel 1627, una serie di riforme che dovrebbero condurre all’abolizione della schiavitù e il suo discepolo Pedro Claver (1580-1654) continuò la difesa dei negri dedicandosi alla loro evangelizzazione e assistenza. Purtroppo le Case religiose e i Conventi erano colmi di schiavi africani, senza che questo fatto creasse in loro alcuno scrupolo. Nonostante questo l’unione tra bianchi e donne indigene e schiave africane, in unioni legittime o meno, creò una popolazione mulatta e una società razzista ma addolcita dalla convivenza e mescolanza, diversa da quella dell’America del Nord. Da questa società meticcia verranno i maggiori intellettuali e gli artisti capaci di coniugare l’anima indigena e africana con le forme dell’arte europea.
  • Gli indigeni e gli africani dopo un primo breve periodo di sottomissione ai conquistatori vittoriosi, si sono ribellati alla durezza del regime coloniale. Una serie di importanti Rivolte indigene segnano la storia della Colonia: dei Tamoio a Rio de Janeiro,1546-1551, di Ajuricaba  in Amazzonia nel 1723, di Tupac Amaru in Perù nel 1737, dell’Inca Felipe nel 1740 sempre in Perù, di João Santos Atahualpa, 1752, in Perù,  di Oberà Guarani nell’area di Missiones (Argentina, Brasile, Paraguay) nel 1769, di José Gabriel Condorcanqui ‘Tupac Amaru’ e Gregoria Apaza in Perù negli anni 1780-81,  di Julian Apaza e Bertolina Sisa, 1781, in Bolivia, in queste ultime due è importante sottolineare la partecipazione attiva delle donne indigene. Ad essa si aggiungono le Rivolte degli schiavi africani di Curação nel 1750, Cartagena nel 1799, La Ramada, in Colombia già nel 1545, i quilombos, repubbliche libere si schiavi fuggiti dalle fazendas, in Brasile, il più famoso: Palmares che ha resistito con il suo capo Zumbi dal 1671-1695 all’esercito portoghese, i mocambos e palenques, nell’area spagnola,  le comunità de Los Zambos e Illescas-Esmeraldas in Ecuador, quest’ultima guidata da Alonso dal 1553 -1577, terra di relazioni pacifiche tra indigeni, neri e spagnoli, anche se non riescono a sconfiggere il regime coloniale, ne minano dall’interno la stabilità e la sicurezza.
  • Minano pure la colonia e la portano verso il fallimento, la pesantezza dell’amministrazione, i costi dei trasporti, le distanze e le vie impervie delle merci caricate sul dorso di muli o di lama che impiegavano a volte mesi per arrivare ai porti, l’approfittarsi illecito degli amministratori locali e lo stile predatorio del approfittare di ogni bene senza ricrearne di nuovi. Anche la Chiesa arricchisce con facilità in beni e terre offerte dai fedeli o occupate e assumendo un peso significativo nelle società ma nello stesso tempo allontanandosi nella maggior parte dei suoi rappresentanti dalle classi povere, soprattutto dagli indios. Si unisce agli errori interni della Colonia il rafforzarsi della presenza di altre potenze europee come l’Inghilterra e l’Olanda, che approfittano dei beni importati dalla Spagna e dal Portogallo per un maggiore investimento e riducono il valore delle merci delle colonie iberiche che non riescono a mantenere livelli di guadagno sui mercati europei. L’Inghilterra attraverso trattati come quello di Methuen con Portogallo, nel 1710 e le guerre e la pirateria ufficiale, si impadronisce dell’economia delle colonie iberiche, senza impossessarsi dei territori..

 

BARTOLOMÉ DE LAS CASAS domenicano

“Da un conto molto esatto e veritiero risulta che negli scorsi quaranta anni per queste tirannie e opere infernali dei cristiani sono morti ingiustamente  più di dodici milioni di anime, uomini, donne e bambini; in verità credo di non ingannarmi supponendo che siano più di quindici milioni. In generale quelli che sono andati colà e che si dicono cristiani, hanno fatto uso di due metodi principali per estirpare e cancellare dalla faccia della terra quelle popolazioni. In un primo tempo hanno condotto guerre ingiuste,crudeli, sanguinose, e tiranniche. In un secondo tempo – morti tutti quelli che avrebbero potuto pensare alla libertà e ribellarsi ai tormenti che pativano come i capi naturali e gli uomini adulti (giacché comunemente nelle guerre soltanto i fanciulli e le donne si salvano la vita) – li hanno oppressi con la più dura, orribile e aspra servitù nella quale uomini né bestie poterono essere posti.” ( Brevissima relazione della distruzione delle Indie, 1539)

“ .. gli spagnoli non sono venuti né vengono a queste indie per altro scopo, né hanno avuto o hanno altra istruzione ….se non quella di procurarsi oro e ricchezza che pretendono ottenere a costo delle vite e fatiche altrui e tornarsene in Castiglia a farne pompa e godersele…L’unico modo per insegnare agli uomini la vera religione istituito dalla Divina Provvidenza e applicabile al mondo intero e in tutti i tempi è quello della persuasione dell’intelligenza usando la ragione ( intellectus rationibus persuasivus) e l’attrazione soave della volontà (voluntatis suaviter allectivus vel exhortativus). Questo è il mezzo che deve essere applicato a tutti gli uomini della terra, senza considerare la religione o gli errori o la depravazione morale!”
( da Apologetica História 1550-1552,  in Obras Completas, Madrid 1990)

JOSÉ DE ACOSTA  gesuita
“ .. questi popoli abituati a vivere come animali, senza un contratto e senza compassione, danno segni di così poca umanità, agendo ognuno con la maggior temerarietà e lasciandosi condurre dal suo capriccio.. aver fiducia della ragione e del loro arbitrio sarebbe come legarsi in amicizia con i cinghiali e i coccodrilli… Sbagliano gravemente quelli che, a pretesto di una certa pietà, mettono in dubbio il diritto e l’amministrazione dei nostri re, chiedendo a quale titolo e diritto gli spagnoli dominano gli indigeni?.. Non intendo difendere le guerre e i motivi delle guerre del passato e il loro risultato, né giustificare le distruzioni, le rappresaglie, le uccisioni e tutti gli altri fatti negativi avvenuti nel passato (in Perù). Ma avverto, per ragioni di coscienza e di interesse, non conviene continuare a discutere  tale assunto ma lo si deve ritenere un problema già caduto in prescrizione, il servo di Dio deve procedere nella più perfetta buona fede.”
( da ‘ De Procuranda Indorum Salute’ 1576 )

 

PAOLO III –Bolla  ‘Sublimis Deus’ 1537
“Noi per autorità apostolica … determiniamo e dichiariamo che i detti indios e tutte le altre genti che d’ora in poi saranno conosciuti dai cristiani, anche se non fossero ancora segnati dalla fede in Cristo, non sono privi e non devono essere privati della loro libertà né del dominio sui loro beni e devono poter usare e godere liberamente di questa libertà e di questo dominio, né devono essere ridotti in schiavitù; dichiaro annullato e e senza alcun valore tutto ciò che in qualsiasi epoca sia stato fatto diversamente,”

ANTONIO VIEIRA gesuita 1639
Verso gli indios: “Avvolta da secoli nell’orrore della schiavitù idolatria,c’era nelle terre del sud una nazione che si piegava al giogo del tiranno infernale, e conduceva una vita priva della luce divina. Immersa nella miseria più triste, nella più sfrenata superbia, crudele, atroce, sanguinaria, maestra nel trapassare le vittime con le frecce leggere, più feroce della tigre, più vorace del lupo, più pronta alla rivolta che l’ ebreo, ma audace come il leone, saziava l’avido ventre di carne umana… ma un giorno il Padre onnipotente rivolse gli occhi dei regni della luce verso la notte delle regioni brasiliane, alle tenebre bagnate a fiotti dal sangue umano. Alloro inviò un eroe dalle terre del Nord. ( De Gentis Memdi de Saa, Archivio Nazionale, Rio de Janeiro 1958, p.55-57)

Contro i coloni: “Partono dal Portogallo queste nuvole, passano la calma della linea  (dell’equatore) .. e arrivando a questa baia non fanno altro che succhiare, prendere, accumulare, arricchirsi con mezzi occulti e sordidi e dopo tre o quattro anni, invece di rendere fertile questa nostra terra ( Brasile) con l’acqua che era nostra, aprono le loro ali al vento e vanno a piovere su Lisbona e a disperdersi su Madrid..’ ( dal Sermone XIV)

Montaigne 1580
“ Non vedo nulla di barbaro o di selvaggio in quel che si dice di quei popoli. Veramente ognuno considera barbaro ciò che non si pratica nella propria terra” (Saggi)

IL PATRONATO
‘ Desideriamo e stabiliamo che non si eriga né si istituisca o si fondi chiesa cattedrale , principale, monastero, ospedale, chiesa votiva, né altro luogo pio o religioso, senza il consenso espresso nostro o di persona da noi autorizzata. Inoltre che non si possa istituire  arcivescovado, vescovado, dignità, canonicato, razione, mezza razione, né beneficio di semplice curato, Né qualsiasi altro beneficio o ufficio ecclesiastico o religioso senza il consenso nostro o di chi faccia le nostre veci, e tale richiesta e consenso vengano stilati per scritto, nello stile che è di costume.’
( FILIPPO II , Dichiarazione 1.6.1574)

Le Reduciones del Paraguay
“I gesuiti imposero un modello di vita estraneo alla cultura indigena, “ridussero” i Guaranti – come di ce la parola stessa – ad altro da ciò che erano. Ma dopo uno studio severo del loro universo simbolico e culturale. Non fecero tabula rasa, operarono una sintesi. C’è un grande sincretismo nelle Riduzioni, che i padri isolarono dal contesto coloniale proprio perché questo non le corrompesse…Le Riduzioni erano un sistema integrato di villaggi dove si lavorava e si realizzava molto con la coltivazione del cotone, la commercializzazione dell’erba mate, il lavoro artigianale e l’allevamento del bestiame. Si produceva e si vendeva….Las musica arriva attraverso Anton Sepp, un gesuita sudtirolese provetto musicista che aveva fatto parte del coro della corte imperiale di Vienna. Si deve probabilmente a lui l’importanza tra i Guaranti, che avevano una straordinaria predisposizione per la musica, delle composizioni barocche, l’avvio di scuole musicali, bande, cori….Poi arrivò Zipoli (Domenico Zipoli musicista di Prato)che diede a questa musica il tocco della migliore arte europea. (Intervista di Gianpaolo Romanato a Luis Szaran, paraguayo, maestro di musica, Avvenire 10/6/2005)

 

Aiban Wagua indio Kuna, prete cattolico
“Per me il processo di morte cominciò con l’entrata in seminario. Fui costretto ad abbandonare tutto quello che costituiva il mio essere indio e negare le tradizioni dei miei padri. L’istituzione in cui ero entrato mi diceva che quanto più velocemente fossi riuscito a sembrare un bianco, tanto più in fretta sarei giunto alla meta …Furono tremendi i disagi che avvertii. Avevo lasciato una comunità indigena, guidata da chiari valori – quali solidarietà,comunione,attenzione all’altro, intimo rapporto con la natura, importanza del lavoro – ed ero finito in una istituzione che rendeva la vita facile, borghese, basata per lo più sull’individualismo, ma soprattutto tale da sradicarmi dalla mia famiglia d’origine. Mi offrirono valori che mai avrei desiderato tali, ma facevano parte della loro cultura e io dovetti assumerli come miei. Il risultato fu la tragica spaccatura del mio intimo. La sensazione di squilibrio che provai fu indescrivibile.
A rendere le cose ancor più difficili c’erano i pregiudizi di coloro che ancora guardano all’indio come ad una persona anomala. Come pure i costanti dubbi sulla mia capacità di osservare il celibato e sull’esistenza in me di una reale facoltà di distinguere il bene ed il male.”(Due morti per una risurrezione, in Nigrizia ottobre 1991)

GLI SCHIAVI
‘ É scomparso il giorno 7 dicembre, un negro che vendeva ‘quitanda’(caffè e latte) com’è suo costume. Il suo nome è Francesco, della nazione Cabinda. Ha portato con sé il vestito: un paio di pantaloni neri usati, una camicia di cotone di Minas. La sua statura è regolare, mani e piedi piccoli, e non cammina speditamente. Porta al collo un cerchio di ferro, con la chiave; la sua bocca è appuntita, la testa è piccola, è molto nero. Chi ne sapesse qualche cosa o lo prendesse, si diriga alla Via dell’Ospizio, n° 84, in fondo alla via degli Orives, e riceverà mancia competente.’
( da Jornal do Comércio, 1841, Rio de Janeiro, Biblioteca Nazionale)

CAPITOLO IV - L’indipendenza

 

Fattori che preparano l’indipendenza politica

  • La crisi interna del regime coloniale. I proprietari terrieri e i signori dell’elite criolla nelle colonie spagnole e della élite nata in Brasile non sopportano più la dipendenza dalla madre patria né le autorità inviate da essa e nemmeno le tasse che le sono imposte. La lontananza e la poca attenzione da parte dei poteri centrali, in crisi, aumentano la voglia di libertà.
  • La crisi delle due potenze coloniali, Spagna e Portogallo, che devono affrontare le guerre contro le altre potenze per l’egemonia in Europa e nel mondo. Soprattutto la guerra della Spagna prima contro la Francia nel 1793 e poi contro l’Inghilterra e la disgregazione del potere spagnolo nel 1796.
  • Le guerre obbligano le potenze iberiche a aprire i porti al libero commercio delle potenze neutrali e ad accumulare forti debiti con i banchieri europei.
  • Le nuove idee dell’Illuminismo che circolano nelle università europee (la maggior parte dei figli dei signori della colonia studiano in Europa, soprattutto i brasiliani, non essendo stata creata nella colonia portoghese alcuna Università) e giungono nelle università delle colonie spagnole e nei circoli intellettuali del Brasile.
  • La Rivoluzione francese contro l’ancienne regime e la proclamazione della repubblica, segna una svolta importante nella struttura coloniale; rivoluzione preceduta, in area americana, dalla rivolta delle 13 colonie Inglesi del 1776 che si dichiarano indipendenti dall’Inghilterra. Nel 1794 Antonio Nariño traduce e pubblica la Dichiarazione di diritti dell’uomo di Filadelfia
  • Le conquiste napoleoniche nel 1807-8 con l’entrata delle truppe francesi in Madrid e in Lisbona, hanno come effetto l’abdicazione del re di Spagna e la fuga delle corte portoghese in Brasile, capovolgendo la struttura coloniale che perde le radici con la madre patria.

Alla fine del 1700, iniziano le prime rivolte di carattere indipendentista in tutta l’America alcune con esplicita partecipazione francese o inglese a seconda degli interessi delle due nazioni nemiche:

Nel Chile, nel 1780, la borghesia coloniale esige una monarchia costituzionale. L’Inconfidenza Mineira in Brasile (1788) che ha come finalità la riduzione del pagamento delle tasse, nasconde già un desiderio di autonomia. La città di Caracas, nel 1780, si ribella al regime coloniale guidata da Francisco de Miranda, che aveva contatti con i girondini in Parigi; è la prima miccia di un movimento più vasto.

Da queste prime avvisaglie, dalla insoddisfazione popolare, dalla atmosfera di libertà che soffia dalla vecchia Europa, nasce una serie di rivolte, organizzate da leader intellettuali, da religiosi e militari con la partecipazione di gruppi di popolo sia indigeno che africano come di poveri europei che tra tentativi e ritorni varano le prime dichiarazioni di indipendenza

  • Haiti (Hispaniola). È la prima isola che si dichiara indipendente nel 1804, dopo la rivolta  organizzata prima da Toussaint Louverture, repressa dia francesi e poi realizzata da Jean Jacques Dessalines, ex schiavo. Nel 1821 però l’isola si divide e la repubblica Dominicana si separa da Haiti, che rimane con la maggior parte degli ex schiavi neri.
  • Mexico. La rivolta indigena e popolare, guidata dai preti Miguel Hidalgo, bianco, e Morelos, meticcio, (1810-1815), che affrontano l’esercito coloniale con lo stendardo della Vergine di Guadalupe e aboliscono la schiavitù, viene soffocata dalle forze dei creoli e bianchi uniti. La dichiarazione di indipendenza giunge, dopo la violenta reazione della Spagna di Ferdinando VII del 1815, solo nel 1821, con il governo presieduto da Agustin Iturbide, che nel 1822 si proclama imperatore con il nome di Agostino I, dimostrando come l’esempio francese della soppressione dell’ancienne regime, fa risuscitare i fasti dell’impero. Incoronato nella Cattedrale  sarà obbligato l’anno dopo a lasciare il potere. Solo nel 1824 dopo la fucilazione di Iturbide da parte della Giunta, il Messico diviene Repubblica Fedrale.
  • Nel 1823 è siglata la dichiarazione di indipendenza delle Province Unite di Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Honduras, Costa Rica.
  • Venezuela. Nel 1810 Desmolard è l’ideologo della rivolta a Caracas ma si tratta più di una guerra civile tra i creoli e i peninsulari. F. De Miranda, appoggiato dagli inglesi tenta la rivolta ma si trova contro i realisti e il clero e perfino i contadini meticci sobillati da loro. Il ritorno in patria di Simon Bolivar che interviene riesce nel 1812 ma per breve tempo a fondare la Seconda repubblica. La violenta restaurazione spagnola del 1815 lascia 1.000 morti a Caracas. Solo nel 1817 Bolivar ritorna con un piccolo esercito e conquista Nuova Granata dichiara indipendente la Colombia nel 1819 fonda la Repubblica di Colombia diventandone presidente e nel !820-21 entra a Caracas e libera Venezuela, così Venezuela, e Colombia e in seguito Ecuardor unite sono la realizzazione del sogno bolivariano della Grande Colombia, primo passo verso la Patria Grande.
  • La repressione del 1815 di Ferdinando VII di Spagna che impone l’Assolutismo anche nelle colonie dopo la caduta definitiva di Napoleone Buonaparte, riprende nel 1815 quasi tutte le colonie e dà il colpo di grazia alle dichiarazioni di Indipendenza. La repressione organizzata dai realisti che si vendicano dei creoli, , sarà sopratutto a Caracas, come abbiamo visto sopra, e a Santa Fé dove lascerà più di 7.000 morti. Ed è dal Vicereame della Plata che parte la nuova offensiva dopo il 1815. In Argentina dove il generale Manoel Belgrano aveva diretto la rivolta nel 1810 contro il Vice re costringendolo alla fuga e, dopo la restaurazione, l’intervento di José San Martin y Matorras, soldato educato in Spagna, ma pronto a investire la sua vita in un progetto ampio di liberazione, rinsalda l’indipendenza nel 1817, mette pace tra i monarchici e i repubblicani, si pone in viaggio per aiutare gli altri paesi del Sud a rendersi indipendenti e per incontrarsi con Bolivar nel Nord.
  • Chile –Nel 1811 la prima dichiarazione di indipendenza repubblicana è frutto della presa di potere del colonnello Garcia Carrasco. Solo nel 1817-1818 la liberazione e l’indipendenza definitiva avverrà per opera di José de San Martin che attraversa le Ande per aiutare O’ Higgins, che instaurerà un governo personalista.
  • Perù – Dopo le prime azioni di Liniers fermato dal Vice re del Peru, San Martin dichiara l’indipendenza del paese nel 1821. Ma gli spagnoli nel 1824 riprendono  il potere.  Il generale Antonio José de Sucre nel 1824 vince la restaurazione spagnola e libera l’Alto Perù che prende il nome di Bolivia.
  • Brasile – Totalmente diversa è l’indipendenza brasiliana. Giovanni VI stabilisce la corte a Rio de Janeiro nel 1808, fuggendo dall’invasione napoleonica, con l’appoggio della flotta inglese. La ristrutturazione portoghese dopo la fine di Napoleone Buonaparte e le conseguenti rivolte lo obbligano a rientrare in Portogallo e ad abdicare in favore del figlio Pedro I. Quando le Corti portoghesi invitano il nuovo re a rientrare in Portogallo, lui si rifiuta e dichiara l’indipendenza nel 1822 con l’appoggio dei proprietari agrari e della nuova borghesia. Il Brasile libero dalla madre patria diventa Impero con una Costituzione imperiale nel 1824, quasi senza forti tensioni e violenze se non tra monarchici ed repubblicani e tentativi di indipendenza delle regioni del Pernambuco nel 1821, della provincia Cisplatina (Montevideu) nel 1822 e della  Confederazione dell’Equador (1824) di nuovo nel Pernambuco.
  • Nel 1825 praticamente tutti i paesi del continente, tranne Puerto Rico e Cuba, sono indipendenti

 

Conseguenze dell’Indipendenza:

  • Fallito il progetto di Simón Bolivar della Patria Grande, una America del Sud di stati federati nel Congresso di Panama del 1826, inizia la costruzione delle varie nazioni per la lotta per il potere tra i proprietari terrieri, conservatori, appoggiati dalla gerarchia, e la borghesia liberale coinvolta con il capitale straniero. Guerra civile in Cile nel 1833 tra conservatori e liberali, guerra civile in Argentina tra Rosas, appoggiato dai proprietari di terra e commercianti e Urquiza, appoggiato dal Brasile e Inghilterra, in Messico tra liberali e clericali con intervento di inglesi e francesi nel 1858-61. Ancora una volta le lotte indigene e dei poveri vengono cooptate dagli intellettuali e dai borghesi, gli indios e i neri verranno usati nelle rivolte, anche quando ne saranno gli artefici, per impiantare un nuovo regime, libero dalla madre patria e dai suoi interessi ma non veramente democratico e ugualitario
  • Tensioni e guerre per possedimenti e confini tra Argentina, Paraguay, Bolivia e Cile , dalla guerra tra le province de La Plata e Brasile nasce l’Uruguay (1825-1848), tra Perù, Cile e Bolivia per i nitrati, 1879- 1883, tra Brasile e Argentina con l’appoggio inglese contro il Paraguay di Solano Lopez, lasciando il paese distrutto e massacrato dal 1865 al 1870. Guerra tra Messico e Stati Uniti, vinta da questi ultimi, che annettono o comprano Texas, Arizona e Nuovo Messico dal 1836 al 1853 e iniziano la scalata per diventare la Nazione dominante delle Americhe.
  • Si rinforza il potere dell’esercito che ha la missione di mantenere lo status quo e combattere qualsiasi rivolta popolare, e diventa supporto a dittature instaurate da caudillos dell’aristocrazia fondiaria o di demagoghi populisti, attore in varie guerre civili. Anche tra i capi della rivolta purtroppo non è stata facile l’intesa. Bolivar farà imprigionare Miranda sospettandolo di mire di potere, e San Martin, dopo aver percorso tutta le Ande per ricongiungersi a lui, si vedrà costretto ad abbandonare il campo per i sospetti contro di lui e a tornare in Europa.
  • L’economia continua dipendente prima dall’Inghilterra che approfitta delle guerre di indipendenza e della caduta dell’impero coloniale spagnolo e della dipendenza brasiliana per allargare i cuoi interessi commerciali, poi dagli Stati Uniti con la Dottrina Monroe “l’America agli americani”(1823). Nel 1875 la dottrina Grant sostiene il diritto di intervento degli USA anche con le armi in ogni paese in cui sia in bilico la libertà, iniziando la legittimazione di interventi e non solo in America Latina dove, unilateralmente, il governo degli Stati Uniti  difende i propri interessi economici con le armi, proponendosi come difensore di libertà e civiltà. 
  • Rottura tra Chiesa e Stato, fine del Patronato, anche se in alcuni casi richiesto dai nuovi capi di stato. Tensioni tra il basso clero favorevole all’indipendenza e l’alto clero contrario, perché  legato alla Corte, con qualche eccezione come Fernandez de Sotomayor vescovo di Cartagena in Colombia. Il basso clero paga di persona come i padri dell’Inconfidencia Mineira in Brasile deportati in Angola nel 1790,  il frate carmelitano Joaquim do Amor Divino conosciuto come ‘frei Caneca’, giustiziato in Brasile nel 1825 e padre Tomaz Ruiz in Nicaragua condannato a morte e poi esiliato nel 1818. Molti preti e frati nativi abbandonano il ministero per partecipare alle lotte di indipendenza. È bene tener presente che Pio VII e Gregorio XVI condannarono l’indipendenza  e la rivolta contro il legittimo potere dei re, nelle Encicliche Etsi longissimo, 1816, Etsi iam diu, nel 1824 e Mirari Vos,1832. La rottura creerà problemi nelle strutture della chiesa. Molte diocesi sono rimaste senza vescovo per molto tempo, vengono meno i mezzi per il sostentamento del clero e per il mantenimento dei seminari, che prima venivano dal governo centrale.
  • Soppressione ufficiale della schiavitù. Gruppi di schiavi che già avevano reagito negli anni precedenti si organizzano in reti di aiuto reciproco per permettere la fuga e per assistere i fuggiaschi. Intellettuali a partire dal documento di diritti dell’uomo di Filadelfia organizzano campagne per l’abolizione. Interessante nel Brasile che il primo sciopero sia stato organizzato nel 1862 dagli schiavi della Fazenda di Sao Gaetano dei Benedettini che si sono rifiutati di continuare a lavorare nella fabbrica di ceramica del Convento e pretendevano terra per lavorare in proprio. L’azione spinse i benedettini a liberare i loro schiavi ed erano 4.000, operazione terminata nel 1871. Non sempre gli ordini religiosi hanno seguito l’esempio precedendo per umanità le leggi dei nuovi Stati. L’ultimo paese che ha soppresso la schiavitù  è stato, infatti, il Brasile nel 1888, senza però offrire possibilità ai neri di inserirsi nella società, cosa avvenuta anche negli altri paesi di lingua spagnola. L’unica possibilità sarebbe stata una Riforma Agraria, che rendesse la terra più divisa democraticamente,  impossibile ad essere realizzata per la forza politica dei proprietari terrieri.
  • Forte importazione di capitali e di macchine per la modernizzazione e le spese per le nuove strutture, per l’amministrazione. Il sogno del progresso, secondo l’ideologia positivista ( Ordine e Progresso è scritto sulla bandiera brasiliana) fanno crescere in maniera galoppante il debito pubblico e estero e la dipendenza delle potenze dominanti.
  • Privatizzazione delle terre: legalizzazione del latifondo, impoverimento ulteriore del mondo indigeno e afro. La legge della Terra nel 1850 capitalizza la terra in Brasile e non la democratizza né permette una vera liberazione degli schiavi.
  • La tensione sociale tra nativi e vecchi amministratori spagnoli e portoghesi e la tensione culturale tra le nuove idee libertarie venute dall’Europa e il modo di vivere che continua coloniale, basato sulle diseguaglianze sociali e etniche e la crescita di conseguenza della povertà delle masse sfocia in rivolte e massacri dei poveri.  

 

“ Che cada l’impero della tirannia nello stesso modo come su di noi si è impiantato…senza alcun fondamento… Il papa non può concedere ciò che non è suo, molto meno come papa o successore di san Pietro, perché non ha autorità né dominio temporale e il potere che fu consegnato a San Pietro e ai suoi successori fu solamente spirituale… non è giusto che la religione sia stata usata per mantenerci sottomessi…”  Pe. FERNANDEZ DE SOTOMAYOR, poi vescovo di Cartagena 1834( da Cehila – Calendario Storico)

“ L’America non deve imitare servilmente, deve essere originale. La saggezza dell’Europa e la prosperità degli Stati Uniti sono in America due nemici della libertà di pensiero. Invece di pensare nei medi, nei persiani e negli egiziani dobbiamo pensare negli indigeni. È più importante capire un indio che il poeta Ovidio. Insegnate ai ragazzi a fare domande perché chiedendo il senso di ciò che ordinano loro di fare si abituino a obbedire alla ragione non all’autorità come coloro che sono limitati o alle abitudini, come gli stupidi!” ( SIMÓN RODRIGUES Primo provinciale dei gesuiti in Portogallo, con un forte ascendente su Simon Bolivar - Cehila, Almanacco Storico)

 

Neocolonialismo economico e Modernizzazione nazionale - dalla fine 1800 al 1930  

Il quadro internazionale alla fine del XIX secolo è segnato dalla guerra Franco – Prussiana e la vittoria tedesca che nel 1870 occupa l’Alsazia e la Lorena.  Finiscono poco a poco le Case regnanti e vengono sostituite da repubbliche sostenute da movimenti nazionalisti. Nello stesso anno in Europa, soprattutto in Francia, in Germania con la Kuturkampf de gran cancelliere Bismark, e Italia per la questione romana si accende la questione delle relazioni tra Chiesa e Stato. la Chiesa istituzione, uscita dalla tragedia della Rivoluzione Francese, perde lo status di fronte ai movimenti politici, alle correnti ideologiche e ai nuovi poteri. Privo dell’appoggio della Francia, sconfitta dalla Prussica, lo stato del Vaticano subisce l’entrata in Roma dell’esercito piemontese. È la fine dello Stato Pontificio. Il papa Pio IX si dichiara prigioniero in Vaticano.

In America Latina il consolidamento degli Stati nazionali permette una serie di investimenti e la corsa all’inserimento nella economia internazionale. L’ex Colonia è presa da una frenetica corsa verso la modernità. Si aprono strade, appaiono le prime ferrovie (Lima-Callao, Petrópolis-Rio, Copiapò in Cile). Arrivano dall’Europa le nuove tecnologie (navigazione a vapore, mezzi meccanici).
L’entusiasmo dello sviluppo favorisce la produzione per l’esportazione, ma anche la richiesta di alti prestiti che rendono le nascenti economie sempre più dipendenti dall’Europa. Dal 1800 al 1900, gli investimenti inglesi in AL sono pari a 756 milioni di sterline, quelli francesi a 6 miliardi di Franchi, 1/3 degli investimenti extra-europei. I nuovi stati americani esportano solo materie prime e prodotti agricoli e importano manifatture e macchine.
Spinta dall’esigenza di esportare si sviluppa la monocoltura estrattiva e agricola: il guano in Cile, e Perù, il salnitro in Cile e Bolivia, il rame in Cile,  lo zucchero nelle Antille e Brasile, il cacao, il caffè in Brasile e Costa Rica, il bestiame e la carne in Argentina.
Tale situazione rinforza le oligarchie sia liberali che conservatrici, che lottano per il mantenimento del potere. Una serie di vittorie dei liberali, più aperti al capitale internazionale, permette la nascita di Repubbliche riformatrici e di una borghesia urbana.  
Aumenta però anche il debito estero dei nuovi paesi. Le potenze straniere, soprattutto Inghilterra e Francia chiedono il pagamento dei danni di guerra subiti dai loro possedimenti e proprietà. Napoleone III esige dal Messico 3 milioni di franchi oro nel 1838-39.

L’Europa dopo un primo momento di forte commercio e di investimenti, perde colpi in America Latina ed è poco a poco sostituita dagli Stati Uniti d’America, soprattutto nel periodo violento della 1° Guerra Mondiale 1914-1918 che non permetteva scambi tra il continente latino americano e i paesi europei. La prima guerra mondiale permette, infatti, ai paesi latino americani un maggior flusso di prodotti verso gli Stati Uniti (stagno della Bolivia, gomma vegetale dal Brasile, tungsteno e altri minerali) Nello stesso tempo dovuto all’impossibilità di importare manifatture dall’Europa a causa della guerra, si sviluppa l’industria locale (São Paulo, Buenos Aires) ma anche una maggior dipendenza dal colosso del Nord,  secondo il programma del new deal del presidente Roosvelt. Gli USA sostituiscono il capitale europeo. Nel 1929 il 38,7% delle importazioni in AL è degli USA contro il 14,9% dell’Inghilterra. Dopo la crisi economica mondiale del 1929, si chiudono i mercati tradizionali e il capitale statunitense si orienta all’occupazione diretta delle fonti produttive e al sostegno di governi forti che mantengano lo status quo.

Nel 1917 cade l’impero russo sotto la rivoluzione dei bolscevichi che trasformano l’Impero degli Zar, con Lenin, nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tra gli anni 1920 e 1930 si organizzano e stabiliscono le tre grandi dittature in Europa: il socialnazionalismo di Adolf Hitler, il fascismo di Benito Mussolini e il comunismo di Stalin, che prepareranno, con una forte ideologia nazionalista, con toni xenofobi e una cultura di violenza, e la sete di conquista, la seconda Guerra Mondiale.
L’imperialismo delle potenze europee nelle nuove forme dittatoriali, ma anche delle antiche nazioni coloniali come la Francia e la Spagna, tentano passare dal neocolonialismo economico alla continuazione del colonialismo politico precedente, ma senza efficacia. L’intervento francese in Messico con l’insediamento, come imperatore, dell’infelice Massimiliano d’Austria nel 1864 non ha seguito. La Francia che lo aveva inviato, lo abbandona alla sua sorte dopo aver valutato l’impossibilità del progetto. La guerra della Spagna contro gli stati del Sud nel 1865 e la rivolta di Cuba (1870) e quella guidata da  José Marti 1892-95) non ridonano alla vecchia potenza le fortune coloniali di un tempo

Verso la fine del secolo gli Stati Uniti non solo sono i maggiori partner economici con i nuovi Stati, ma si sostituiscono sempre più alle potenze europee negli interventi, soprattutto nell’America Centrale e nei Caraibi. Nel 1898 dichiarano guerra alla Spagna, dopo l’esplosione della Corazzata Maine, e occupano Cuba che diventa repubblica nel 1902 sotto il protettorato degli USA, così pure Puerto Rico. Nel 1903 il presidente Roosvelt inventa la Repubblica di Panama per appropriarsi del Canale che verrà aperto nel 1914. Con le Conferenze Pan-Americane viene instaurata dagli USA la politica di “buon vicinato” ma che in pratica diventa politica di sorveglianza e intervento. Dal 1892 fino all’inizio del 1930 si contano, infatti, più di 20 interventi dell’esercito degli USA negli Stati dell’America Centrale. Nel 1925 sostengono l’instaurazione della dittatura di Trujillo nella Repubblica Domenicana, una delle peggiori della lunga storia di dittature latino americane, occupano Nicaragua dal 1926 al 1933. Dopo il collasso della Borsa di Wall Street del 1929 e la crisi economica, inizia da parte degli USA la corsa per il petrolio. Sostenendo la guerra del Chaco tra Bolivia e Paraguay nel 1932.
L’esigenza della crescita della popolazione  e di una nuova mano d’opera fa nascere un po’ ovunque una politica di incentivi all’immigrazione europea e asiatica. A partire dal 1810/20 in poi, arrivano i migranti con l’impegno di sostenere con il loro lavoro lo sviluppo economico e di rendere più bianca e europea la società. In Brasile giungono 4 milioni dei quali 2,5 si fermano, il 34% sono italiani. In Argentina giungono 3 milioni, più della metà si fermano, 47% sono italiani, l’Uruguay in 40 anni aumenta la sua popolazione di 1 milioni di abitanti. Il Paraguay ridotto quasi a zero della sua popolazione maschile per la guerra del Brasile e Argentina terminata nel 1870, è ripopolato dai tedeschi. Arrivano italiani, svizzeri, tedeschi, spagnoli e portoghesi, poi i turchi, i libanesi, gli armeni, i polacchi, lituani e russi, i cinesi, giapponesi e filippini. Alcuni personaggi costruiranno dal nulla nuove fortune e si imporranno nella economia e nella politica. In Brasile il caso più famoso è quello di un lavoratore che si trasforma in imprenditore nell’area della metallurgia, Ezzelino Matarazzo, che riceve da Mussolini il titolo di conte.
Cresce la popolazione che arriva nel 1850 a 29.800.000, quasi 4 milioni in più dell’America del Nord e a 62.400.000 nel 1910.

Con i migranti entrano in AL le nuove congregazioni religiose cattoliche, soprattutto i Redentoristi i Salesiani, i Francescani Cappucini e i Carlisti fondati da Mons. Scalabrini, vescovo di Piacenza. Aiutano ad europeizzare la cultura, portano con sé nuove forme religiose, nuove devozioni. Entrano in America Latina anche le chiese ortodosse, le protestanti storiche e i nuovi movimenti pentecostali nati soprattutto negli Stati Uniti. Le repubbliche stabiliscono la libertà di culto. Anche le religioni africane e indigene che erano assolutamente proibite e si riunivano di nascosto, ottengono la libertà.
Il rapporto tra Chiesa gerarchica e Governi oscilla tra rotture e alleanze, con posizioni più vicine ai governi conservatori che a quelli liberali. Gioca un ruolo importante il fatto che la maggior parte delle élite latino americane sono aderenti o simpatizzanti della massoneria e del positivismo filosofico Le tensioni maggiori avvengono nel Messico dove, nel 1926, i cristiani, “cristeros”, si organizzano in rivolta armata, contro la persecuzione del governo Obregon, con la benedizione del papa Pio XI. Molti vengono uccisi tra cui il gesuita Miguel Agustin Pro.. Nel 1870-72 in Brasile i vescovi Dom Vital e Dom Macedo sono giudicati e imprigionati in nome della libertà di pensiero , anche se per breve tempo e liberati per la pressione popolare, per aver imposto alle Confraternite di non accettare aderenti alla massoneria.
La chiesa sposta, dopo la fine del Patronato, il suo asse verso la Santa Sede. Pio IX con la creazione del Collegio Pio Latino e con il primo Concilio della Chiesa Latinoamericana in Roma nel 1899 dà un forte impulso al rinnovamento ecclesiale. Dopo l’enciclica “Rerum Novarum” (1891) di Leone XIII inizia l’interesse per la Dottrina Sociale della Chiesa e arriva nel 1929 a Cuba e nel 1930 in Argentina la prima organizzazione dell’Azione Cattolica che avrà molta importanza per la preparazione del laicato nel periodo successivo. Contro i governi, soprattutto messicano, cileno e peruviano, come lo era anche per porsi contro le dittature e la secolarizzazione europea, Pio XI  istituisce la festa di Cristo Re nel 1925 e dà inizio ai Congressi Eucaristici Nazionali che saranno celebrati con grande enfasi a Mexico Ciudad (1924) a La Paz (1926) a Managua (1928) e Guayaquil (1929) per proseguire negli anni successivi.

Con i migranti entrano anche le nuove idee del socialismo e si rafforzano le organizzazioni per la formazione della classe operaia, soprattutto durante la prima guerra mondiale. Nascono i primi partiti socialisti e comunisti,  nel 1919 in Messico, nel 1920 in Argentina, nel 1921 in Cile, nel 1922 in Brasile, nel 1924 a Cuba e l’atmosfera sociale si surriscalda con l’inizio di scioperi in vari paesi: Argentina, Bolivia, Messico e di rivolte contadine e indigene in Messico, Brasile, El Salvador, Honduras. Movimenti e rivolte represse dai governi sia conservatori che liberali, in alcuni casi con l’aiuto delle truppe statunitensi. Sono le prime avvisaglie verso l’organizzazione di movimenti socialisti più organizzati e di scelte populiste da parte dei governi, diventando sempre più significativo il ruolo dei militari nei cambiamenti politici e sociali.
La rivoluzione più significativa è quella Messicana iniziata nel 1910, dopo la dittatura di Porfirio Diaz (1877-1912), da Francisco Madero, continuata da Emiliano Zapata, Francisco ‘Pancho’Villa, Obregón e Venustiano Carranza, che occupano la capitale nel 1914. Nonostante siano stati posti nel cassetto gli ideali socialisti che l’avevano fatta nascere e i suoi leader siano stati assassinati, la rivolta messicana segna una svolta di profonde riforme nel paese.

Inizia il Populismo di Presidenti carismatici e riformisti con l’appoggio della borghesia e dei proprietari terrieri, come nel caso dell’Argentina, divenuta la prima potenza economica latino americana con Hipolito Irigoyen (1916) che per mantenere l’ordine investe contro i lavoratori lasciando 3.000 morti nel 1920 nella famigerata “settimana tragica”. Meno tragica la situazione del Cile guidato dal caudillo Arturo Alessandri e dal suo successore Carlos Ibanez che impostano, sia pure dittatorialmente, una politica sociale di modernizzazione del paese con l’intervento dello stato nell’economia, frenata senza aver avuto un vero successo dalla crisi economica del 1930. Un caso particolare è la rivolta dei Tenenti a Rio de Janeiro che prelude la Rivoluzione Paulista del 1930 in Brasile, rivolte entrambe nate dal mondo della borghesia urbana e dal gruppo dei giovani militari riformisti, avanguardie populiste che sottolineano la crisi del sistema tradizionale e la necessità di una nuova trasformazione delle relazioni sociali.

DICHIARAZIONE DEGLI IMMIGRATI

“La casa Vergueiro, pretende per una casa pessima dove l’inquilino è obbligato costantemente a porre migliorie e interventi per evitare che gli cada addosso e che, quando giunge un temporale forte gronda acqua da tutte le parti, un affitto annuale di 12.000 reali. Affitto che viene imposto anche a quelli che avevano ricevuto la promessa di un alloggio gratuito. I coloni appena arrivati, a volte, sono obbligati ad attendere vari mesi prima di ottenere una casa e nel frattempo sono alloggiati nelle abitazioni più vecchie o di preferenza nell’edificio della scuola, in cui sono ammassate tre, sei e perfino 10 famiglie, esposte così a qualsiasi tipo di malattie e epidemie. Negli alloggiamenti definitivi, per i quali si deve pagare l’affitto sopra menzionato, è obbligo del colono provvedere a tutto,  perché gli vengono consegnate solo le quattro pareti, il tetto, deu porte e due finestre….
 Joseph Meier, cittadino svizzero, è arrivato qui il 26 novembre con un contratto in cui erano annotate delle clausole molto più vantaggiose di quelle degli altri contratti. Appena arrivato volevano costringerlo a desistere di tale contratto, firmato da Steiman & Devret di Anversa, e accettare una delle alternative seguenti: o sottoscrive il contratto comune e generale, uguale al nostro o partire per una località dove non vi sono coloni, distante da qualsiasi villaggio o villa, dove in caso di malattia non avrebbe vicini che potessero consigliarlo o aiutarlo e nessuno cui chiedere come e quando fosse stato conveniente seminare e piantare e nemmeno dove potesse dare qualsiasi educazione ai suoi figli. Non avendo accettato nessuna delle due proposte, gli impresari si sono rifiutati di riconoscerlo come colono a Ibicaba (São Paulo, ndt.) e il risultato è che si trova qui da due mesi e mezzo senza una casa dove abitare, senza un appezzamento di terra dove piantare per avere di che mangiare, senza una piantagione di caffè dove lavorare e, ciò che è peggio, senza sapere fino a quando durerà questa triste situazione… ( Thomas Davatz, Memórias de um colono no Brasil em 1850, Itatiaia, Belo Horizonte, 1980)

NICARAGUA e USA

‘ Il suo grande popolo fece sentire al nostro piccolo popolo il peso dei suoi milioni di dollari e dei suoi uomini, la sua forte patria ha dominato la nostra debole con la pressione delle sue navi da guerra, dei suoi potenti cannoni. Il capitale dei banchieri del nord si arricchisce succhiando fino all’esaustione ogni giorno i nostri forzieri ridotti allo zero; tutto questo come risultato di prestiti oppressivi, di trattati ingiusti, di contratti unilaterali. Si presenterà forse come pretesto per mantenere nel paese le forze armate degli Stati Uniti, l’impegno per il mantenimento della pace… Che cominci subito, non solo per Nicaragua, ma per tutte le nazioni che soffrono l’intervento, un tempo di riparazione e di giustizia, che cessi subito il predominio della forza…’ ( lettera di MONS. PEREIRA Y CASTELLON, vescovo di Managua al Card. Simpson, 9/12/1912)

Le difficoltà politiche interne sono determinate da una mentalità apolitica propria del temperamento latino, aggravata dalle strutture sociali ereditate dal periodo coloniale e dal passivo di 20 anni di lotte per l’indipendenza . .. Gli uomini contano in America Latina più che le istituzioni…il potere oscilla tra il caudillo mandatario dell’aristocrazia fondiaria e dell’alto clero e il caudillo demagogo … si alterna anarchia e dittatura  a periodi, più o meno lunghi di regime costituzionale.”

CAPITOLO V - Tra governi populisti e dittature militari – 1930- 1950

 

Gli anni ’30. La crisi economica del 1929/30 creerà anche in America Latina un grave sconvolgimento che produrrà la crisi definitiva del sistema tradizionale. Inizierà un’epoca di sommovimenti e rivolte, ma anche la crescita della maggior coscienza latino americana.
Da un lato continuano gli interventi militari contro i movimenti di liberazione, soprattutto in Nicaragua dove termina nel sangue la insurrezione di Cezar Sandino e viene imposto il dittatore  Somoza nel 1933, dall’altro i governi radicalizzano con forti tendenze alla dittatura di stile nazionalista e  fascista, come  a Cuba dove il dittatore Batista impone nel 1935 la legge marziale.

Dagli anni ’30 e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale l’AL si trova in grave situazione economica, con un crescente impoverimento. La borghesia nazionale sostenuta dai militari progressisti appoggia nuovi leader che tentano una via allo sviluppo di carattere nazionalista e populista. Il processo storico di questo periodo potrebbe benissimo essere sintetizzato dalle parole scritte sulla bandiera brasiliana: ‘Ordine e Progresso’. La popolazione povera, gli operai e la classe media (i descamisados di Perón) considereranno spesso questi leader populisti come i padri della patria e li mitizzeranno come Evita Perón e Getulio Vargas, anche se si rivelano un misto di fascismo e socialismo populista.
In Cile il Fronte Popolare guidato da Pedro Aguirre Lacerda fromato da socialisti, comunisti e radicali, vince le elezioni nel 1938 e inizia un processo di pianificazione industriale. Il frontismo vince di nuovo le elezioni del 1948 con la partecipazione al governo dei comunisti.
In Brasile Getúlio Vargas assume il governo nel 1934. Inizia l’avventura Vargas che con un colpo di stato nel 1937 instaura lo Stato Nuovo assumendo una politica sul tipo del fascismo italiano. Caduto il governo fonda il Partito Laburista e viene rieletto nel 1950 con l’appoggio del Partito Comunista ritornato alla luce dopo che nel 1948 era stato messo fuori legge. Dopo una serie di nazionalizzazioni, soprattutto quella del petrolio (Petrobras) e della siderurgia, ridotto in minoranza per le pressioni soprattutto degli interessi statunitensi, muore suicida nel 1954.
In Messico Lázaro Cárdenas (1936) con un progetto di governo socialista sostenuto dal partito Rivoluzionario nazionale (PRN), accelera la Riforma Agraria e anch’egli nazionalizza il petrolio.
In Perù il movimento Aprista organizzato da Haya de la Torre, tenta una rivolta contro il dittatore Sanchez Cerro nel 1932. Nello stesso anno il generale Maximiliano Hernandez Martinez  giunto al potere in El Salvador con un golpe militare, soffoca nel sangue la rivolta dei campesinos e dei lavoratori dopo il crollo dell’esportazione del caffè, è la matanza.

Durante e dopo la II Guerra Mondiale diventa sempre più forte la tensione tra tendenze nazionaliste, scelte democratiche e governi dittatoriali, cui partecipano i partiti di sinistra nel tentativo di realizzare la tesi ufficiale del marxismo che solo quando il capitalismo sarà impiantato in America Latina si potrà attivare la rivoluzione del proletariato.

 

Gli anni ’40.
A Cuba, Fulgenzio Batista torna al governo tramite elezioni, per così dire libere, nel 1940 con l’appoggio di una coalizione di centro-sinistra e la partecipazione del partito comunista.
In Argentina Juan Domingo Perón assume il potere con un colpo di stato, sostenuto dai militari nel 1943. Inizia la dittatura peronista con stile populista di riforma sociale, repressione alle libertà politiche e progresso economico.
In Bolivia, contro il rafforzarsi dei partiti popolari, Pir (comunista) e Por (trotzkista), nati all’interno delle miniere e del Movimento nazionalista rivoluzionario di Paz Estenssoro, gli Stati Uniti impongono, con l’aiuto dei militari, la dittatura del generale Villaroel nel 1944. La Bolivia, infatti, è l’unico paese ricco di stagno a disposizione degli alleati in piena guerra mondiale. Nel 1951 Paz Estenssoro assume il potere, nazionalizza le miniere d’argento e stagno e  proclama la rivoluzione socialista, subito corretta, però, dalla reazione moderata del Movimento.
Nel 1946 l’alleanza frontista vince le elezioni in Cile con l’inclusione dei comunisti che però l’anno dopo sono messi in prigione o in campi di concentramento.

Le tensioni sociali, la guerra fredda e gli interessi statunitensi nell’AL, considerata dai politici americani ‘l’orto di casa’, il timore delle oligarchie di perdere il loro status e potere interno, portano al passaggio dalle dittature populiste alle durissime dittature militari. Gli USA nelle varie Conferenze panamericane propongono passi a proprio favore: a Montevideo 1933 un Trattato di non aggressione tra tutti i paesi americani; a Lima nel 1937 presentano la proposta di una Organizzazione panamericana permanente, cui si oppongono Argentina e Brasile; all’Avana, 1940, gli USA ottengono l’impegno formale degli altri paesi di intervento nella Guerra Mondiale ‘se necessario’. Sarà imposto sul finale solo ad un gruppo di soldati Brasiliani  entrati in guerra al fianco degli USA, forse obbligati dagli stessi americani che avevano subito gravi perdite umane. A Rio de Janeiro (1942) gli Usa raccomandano la rottura delle relazioni diplomatiche con il Giappone, l’Italia e la Germania, solo i paesi Centroamericani, il Messico e il Brasile mettono in atto l’accordo.
Gli USA nello stesso tempo in cui affrontano la Guerra Mondiale il regime nazifascista in nome della democrazia e della libertà, nell’area latino americana sostengono governi dittatoriali di sapore chiaramente fascista, soprattutto per i forti interessi economici e investimenti (materie prime e industrie). Il giustizialismo di Peron, il varguismo  di Getulio Vargas e il frontismo cileno non sono molto diversi tra loro perché esprimono la collocazione alternativa delle nuove borghesie industriali di fronte alla crisi economica e alla necessità di una accumulazione accelerata, con un forte tono nazionalista e con il coinvolgimento del mondo operaio. I temi più discussi sono: la nazionalizzazione delle fonti di energia e delle materie prime, la Riforma Agraria, che accompagnerà per lungo tempo, senza soluzioni reali o con enormi sbagli, la storia dell’America latina.

Nel 1945 nella Conferenza panamericana di Città del Messico, nasce l’OSA, organizzazione provvisoria di difesa degli stati americani, che alla fine della Guerra, prima a Rio, 1947, poi a Bogotà, 1948, diventa stabile e ufficiale, come organismo permanente per il controllo politico e militare del continente. La dottrina Harry Truman,  che nel 1945 succede a Roosvelt,  presidente per 4 mandati, propone l’aiuto militare e economico a tutti i paesi per salvaguardarli dal regime comunista nel 1947. Nel 1950-1951 passano le leggi sostenute dalla propaganda Mc Carthy  nella diffusa psicosi anti-comunista, contro le organizzazioni comuniste e simpatizzanti. Un primo passo sullo scacchiere internazionale contro la politica dei due grandi che si contendono il potere nel mondo, l’USA e l’URSS, è collocato da 29 paesi uniti contro l’imperialismo a Bandung nel 1955 e assumeranno il nome di “Non allineati”.

  • La Chiesa vive un periodo di tensione tra impegno sociale, appoggio agli ideali democratici e nello stesso tempo sostegno dei regimi dittatoriali per combattere l’ideologia comunista. Contro il comunismo si pone chiaramente la Pastorale Collettiva dei Vescovi del Brasile nel 1937 e la lettera dell’Episcopato della Colombia nel 1948. L’episcopato appoggia i regimi dittatoriali in Brasile  di Vargas e  in Nicaragua di Somosa, in El Salvador, in Argentina, in Santo Domingo di Truijllo. Mentre membri dell’episcopato e associazioni di laici appoggiano e sostengono partiti democratici in Cile (Frei) in Costa Rica (Mons,.Senabria) in Perù (Arenas Loayza). Nello stesso tempo, la Chiesa si rinnova nella struttura e nella pastorale. Continuano le grandi manifestazioni dei Congressi Eucaristici, nel 1933 a Salvador da Bahia, nel 1935 a Lima, nel 1941 a Santiago del Cile. La chiesa investe nella nascita delle Università Cattoliche, la prima a Santiago nel 1869, seguita in questo periodo storico da quelle di Lima (1942), di Medellin (1945) di Rio de Janeiro e Sao Paulo (1947), poi Porto Alegre, Campinas, Quito, Goiânia negli anni ’50. Ma il ruolo più importante è la crescita dell’Azione cattolica che segue la linea francese, trovando le sue idee guida in Blondel, Maritain, Mounier, Lebret preparando le maggiori personalità nel campo civico, universitario e ecclesiastico e un laicato attivo e attento ai problemi del continente. Una Chiesa che si struttura anche istituzionalmente, nel 1952 nascono le Conferenze episcopali del Brasile e del Cile e nel 1955 La Conferenza Episcopale Latino Americana (CELAM) volute dalla mente lucida di Mons. Larrain e di Dom Helder Camara.

 

BRASILE e il problema comunista
“ tra la bandiera rossa che da ogni parte sta organizzando l’esercito dei senza Dio contro Dio, la famiglia, la patria e contro i valori morali dell’umanità, tra la bandiera rossa che ha insanguinato la terra e sta macchiando il suolo con la follia dei sui crimini innominabili, tra il nuovo Barabba che distrugge e uccide e il nuovo Cristo che perdona e salva, il Brasile è chiamato a scegliere.”
( card. Sebastião Leme, Discorso nel Congresso Eucaristico 1936)

EVITA PERÓN (Discursos de 1946 a 1952)

“ Bando a qualsiasi lirismo o ciarlataneria, a qualsiasi commedia o pose da romanzo… il nuovo leader parlava loro dello spirito e dei suoi valori, non predicava la lotta  tra il capitale e il lavoro, ma la cooperazione e, inoltre, diceva loro che era necessario porre in pratica gli antichi valori del cristianesimo… All’opposto del capitalismo e del comunismo, il giustizialismo… vuole giungere ad una sola classe di uomini, quella di coloro che lavorano… che vivono e lavorano degnamente… Perché l’amore non si comprende né lo si realizza se non si serve. Per me amare è servire.. e io servo perché amo.” ( La razón de mi vida, Planeta, Buenos Aires, 1996, 92,98,118).

 

CAPITOLO VI - L’AL nella guerra fredda fino al 1989

 

A Yalta (1945) i grandi (Truman, Stalin, Churchill) si dividono il mondo: nascono i due blocchi, comunista diretto dall’URSS e capitalista diretto dagli USA. Nascono le alleanze la  Nato in Occidente e il Patto di Varsavia nell’Est. Per l’America latina e Caraibi sarà la Guerra Calda.

Gli anni ’50 e ’60.
Nel 1956 nel XX Congresso del PCUS, il nuove leader russo, Nikita Krushev, critica il culto della personalità e il dogmatismo Stalinista. Inizia una strategia di coesistenza pacifica con i paesi del capitalismo e, nello stesso tempo di appoggio alle guerre di liberazione nazionale. Si scontra, però, con la politica di Jhon Foster Dulles, segretario di Stato degli USA, che sostiene una azione di liberazioni dei paesi sottomessi al blocco comunista tramite aiuti economici e militari. Dopo il 1959 si cambia rotta e avviene l’incontro tra i due capi di stato. Mentre però  il governo repubblicano di Eisenhower e Nixon (1953-1960), sceglie la linea del dialogo con Mosca, per quanto riguarda l’area del medio Oriente, per quanto riguarda l’AL la linea si mantiene dura. Nel 1960 la visita di Eisenhower ai paesi latino americani raccoglie manifestazioni ostili in tutti i paesi.

 Nel 1961 John Fitzgerald Kennedy, democratico. è il nuovo presidente degli USA e tenta cambiare la linea della politica internazionale, impostando l’azione statunitense sull’ideologia e l’azione per lo sviluppo, soprattutto dando vita al movimento ‘ Alleanza per il progresso’ e il Corpo dei volontari della pace. L’idea di Kennedy era realizzare una rivoluzione pacifica nell’AL mantenendo così nell’area gli interessi americani. Una risposta globale a questa nuova politica americana viene dai  paesi del Sud del mondo che a Bandung nel 1961 realizzano la I Assemblea dei Paesi non allineati, per una politica autonoma distante dai progetti mondiali sia degli Usa che dell’URSS.  

Nello stesso tempo in cui si parla di rivoluzione pacifica, le grandi potenze soffiano sulle tensioni interne dell’America Latina. Il primo golpe militare appoggiato dagli Stati Uniti porta al potere in Venezuela il generale Perez Jimenéz nel 1952 e nel 1954 l’intervento americano fa cadere il presidente di Guatemala, Arbenz, per aver tentato una politica più nazionale e sociale espropriando la potente multinazionale americana, Unites States Fruit Company.
Ma il fattaccio che darà il via alla tensione politica degli anni ’60 fino quasi ai nostri giorni, partirà da  Cuba. La vittoria di Fidel Castro e Ernesto Che Guevara contro il dittatore Batista, sostenuto dagli americani, nel 1959 e la nascita di un governo democratico appoggiato dalla maggioranza della popolazione, dopo l’insurrezione di Moncada, il Movimento 26 luglio 1953 e la guerriglia sulla Serra Maestra, prende fuoco la tensione in tutta l’America latina, tra rivoluzionari e riformisti contro la politica delle oligarchie sostenute dagli Stati Uniti. Il governo rivoluzionario inizia in Cuba una radicale riforma agraria, incamerando le proprietà dei fedeli di Batista fuggiti negli Stati Uniti e inizia una riforma delle strutture pubbliche della sanità e dell’educazione. La dichiarazione da parte dei capi del movimento, nel 1960, della scelta rivoluzionaria marxista e, sopratutto la nazionalizzazione del petrolio, l’incameramento di tutti i beni dei cubani fuggiti e delle proprietà statunitense sull’isola, seguita dall’espulsione anche di religiosi stranieri classificati come nemici del nuovo regime, apre una durissima contrapposizione tra Cuba e gli USA. Il tentativo fallito dell’invasione della Baia dei Porci organizzato da Kennedy, nel 1961, seguito dalla crisi dei missili inviati da Krusciov per essere collocati sull’isola contro una eventuale invasione americana nel 1962 e fermati sopratutto dall’intervento, in extremis. del papa Giovanni XXIII, scongiurando una terza guerra mondiale indicano quanto duro e delicato il rapporto tra il Nord e il Sud delle Americhe. Gli Stati Uniti non hanno altra soluzione che porre l’embargo a Cuba nel 1963, per tentare di mettere in ginocchio il regime di Castro attraverso la fame.
La Conferenza di Ponta del Este del 1961 condannata qualsiasi ingerenza comunista in America. Cuba è estromessa dal OSA (Organizzazione del Stati Americani). Cuba, però risponde con la Conferenza tricontinentale dell’Avana dove partecipano i movimenti guerriglieri di Africa, Asia e America Latina e la maggior parte dei partiti comunisti. Nasce così l’OLAS, Coordinazione dei movimenti armati contro la violenza imperialista.
Ormai l’America Latina è un campo di guerra sostenuta da una parte e dall’altra dalle due grandi potenze. Nascono ovunque gruppi di guerriglia. In Perù, nel 1961,  si stacca dall’Apra, movimento riformista socialista, l’ala radicale, il Mir, rivoluzionario. In Colombia le forze guerrigliere, FARC (braccio armato del Partito Comunista) fondano la Repubblica socialista indipendente nella zona di Marquetalia, contro di esse interviene l’esercito e inczia la guerra civile che continua fino ad oggi senza soluzioni. In Venezuela il Fln ( Fronte di Liberazione Nazionale) inizia la guerriglia.
Nell’ottobre del 1967 svanisce, in Bolivia, il sogno di Ernesto Che Guevara, che nel 1965 aveva abbandonato l’incarico di Ministro dell’Industria a Cuba, per iniziare la rivoluzione generale attraverso la ‘guerriglia fochista’ il cui ideologo era il francese Regis Debray. Il Che è ferito e fatto prigioniero l’8 ottobre, poi viene ucciso. Debray è condannato a 30 anni di carcere, oggi libero, ha fatto una chiara e sincera revisione della ideologia e delle proposte di quell’epoca. Lo stesso Fidel Castro preferisce non appoggiare l’idea Guevarista della rivoluzione latino americana, perché la ritiene politicamente irrealizzabile e sceglie la via moderata.

La distensione diplomatica tra Usa e URSS non serve all’America latina come non serve all’estremo Oriente, soprattutto al Vietnam. Non servirà nemmeno ai due artefici di un tentativo di avvicinamento perché Kennedy sarà assassinato nel 1963, e fino ad oggi non si è riusciti a fare chiarezza sui mandanti anche si sa che sono le potenti lobby statunitensi contrarie alla sua politica. Gli succede il vice L. Johnson, che porterà avanti il governo ma senza grandi novità. L’anno dopo l’avversario – amico russo Nikita Kruschev è estromesso dalla segreteria del partito e gli succede al governo Leonid Breznev.

La proposta degli USA alla conferenza dell’OSA a Rio de Janeiro nel 1965 di creare una Forza interamericana di difesa è bocciata da Venezuela, Cile e Argentina.
Si susseguono golpes in quasi tutti i paesi con la partecipazione ostentata o velata degli Stati Uniti contro qualsiasi tentativo di esperienze politiche sociali e nazionali. Il mondo operaio, i contadini, gli studenti simpatizzano per la rivoluzione e esigono un cambiamento radicale della situazione sociale. Subiranno una durissima repressione con parecchi morti e desaparecidos. La geopolitica statunitense, la Grande Area, il Terzo Mondo a servizio dello sviluppo industriale del nord, mantenere governi che assicurino tali interessi, la lotta contro il nemico comune comunista e la legge di Sicurezza nazionale sono i pilastri della politica, accettata dai dittatori latino americani. Cresce per gli USA sui due fronti: orientale nella guerra del Vietnam, e Americano nel sostegno ai golpe militari. Eventuali aperture in america trovano come reazione le uccisioni di Martin Luther King e di Bob Kennedy. Il nuovo presidente Nixon (1968- 1973) liquida l’Alleanza Per il progresso. Il generale Golberi de Couto e Silva in Brasile diventa  l’intellettuale della geopolitica e della Sicurezza Nazionale, vista dal sud, dove il Brasile è il perno della bilancia tra capitalismo della libertà e comunismo della schiavitù. Ormai tutto è lecito secondo questa politica della ragione di stato, sono soppresse le libertà politiche e di pensiero, sono soppressi i diritti umani, qualsiasi organizzazione o azione sociale per il miglioramento della vita delle popolazioni emarginate è classificata come “terrorista e comunista”.

Si susseguono colpi di stato, guerre civili, interventi dell’esercito americano, vittorie e sconfitte dei movimenti di guerriglia e popolari.
1962 Perù – Colpo di stato contro Haya de la Torre e l’Apra, che ha vinto le elezioni
1964 Panama – Scontri tra gli studenti e le forze militari statunitensi
1964 Brasile – Colpo di Stato contro il governo di Jànio Qadros. Assume il potere il generale Castelo Branco e dopo di lui il generale Costa e Silva che sopprime il Parlamento, i Partiti e le libertà politiche. Inizia un periodo di persecuzioni, torture e morti soprattutto a partire dal 1968 con la rivolta degli studenti e delle organizzazioni di sinistra.
1964 Colombia – L’esercito contro organizzazione guerrigliere che hanno proclamato la Repubblica socialista nella zona di Marquetalia. Nel 1967 è ucciso il prete guerrigliero Camilo Torres che interpreta la lotta armata come una esigenza evangelica a servizio dei poveri e della libertà.
1965 Repubblica Dominicana – I marines sbarcano per sopprimere il governo popolare legittimamente eletto. Il Governo USA approva la risoluzione 56 che permette ai marines di intervenire in qualsiasi paese latino-americano dove esista ‘sovversione’.
1966 Argentina – Colpo di stato del generale Ongania. Peron, esiliato, ritorna nel 1972, per un breve governo che termina con la sua morte nel 1974.
1968 – Nuovo colpo di stato in Perù contro il governo civile di Belaúnde. I Militari guidati da Velasco Alvarado, però si proclamano nazionalisti e riformisti, iniziano una serie di riforme sociali significative- Alla fine degli anni ’60 e agli inizi del 1970 alcuni governi militari di sinistra governano in Bolivia  con J,J.Torres nel 1970, Ecuador  con Rodrigues Lara nel 1972 e a Panama con Torrijos nel 1970.
Dal 1967 e per tutto il 68 inizia una vera e propria reazione di massa contro i governi militari in tutta l’America latina. In Brasile, Cile, Argentina (cordobazo)  sono all’ordine del giorno  scioperi e manifestazioni. Inizia la guerriglia urbana in Brasile diretta da Marighella nel 1969, e in Uruguay che si protrarrà per alcuni paesi fino agli anni ’80 e per altri fino agli anni ’90. Per alcuni, come la Colombia, è ancora in corso.

La Chiesa Cattolica e le Chiese protestanti storiche che si erano alleate ai governi dittatoriali, partendo dal timore di una vittoria del comunismo in AL, prendono le distanze dai militari, dopo la presa di coscienza di fronte alle torture, all’uccisione di preti e religiose e di catechisti e di famiglie intere e alla soppressione delle libertà. La spinta viene anche dal cambiamento di posizioni del Concilio Vaticano II, dalle aperture dei papi Giovanni XXIII e Paolo VI con le encicliche: Mater et Magistra, Pacem in terris, Evangelium Vitae, Populorum Progressio, e dalle organizzazioni cristiane popolari. Prima ancora, nel 1957, l’enciclica di Pio XII “Fidei donum” aveva dai il via ad nuova ondata di soggetti missionari, i preti diocesani a servizio delle Chiese prive di personale apostolico. La maggior parte di loro si dirige verso l’America Latina, dando forza alle Chiese locali e aprendo il cammino verso i laici missionari e dello organizzazioni non governative. Nel Concilio i vescovi latino americani per la prima volta si incontrano tutti insieme e iniziano a stendere le prime linee di una pastorale più incarnata nella situazione latina americana. Mons. Helder Câmara fa parte del gruppo insieme al cardinale Lercaro che si riunisce per proporre nel Concilio la Chiesa dei poveri. La Chiesa in alcuni paesi diventa voce profetica contro le palesi ingiustizie. L’Arcivescovo di San Salvador, Mons. Luis Chavez Gonzales nel 1965 reagisce contro la proibizione del governo di creare sindacati contadini, creando una rete capillare di centri di educazione religiosa, sociale e politica per una partecipazione attiva ai problemi del paese, seguita l’anno dopo da una lettera pastorale dove descrive la situazione del paese come una “ingiustizia strutturale” e sollecita l’intervento dei laici cattolici per una azione che spinga al cambiamento. Soprattutto in preparazione e dopo la Assemblea dei vescovi a Medellin nel 1968, punto focale di questa nuova posizione delle chiese latino americane, i vescovi e le comunità in Cile, Perù, Brasile, Guatemala, El Salvador, diventano la voce dei poveri e di chi non ha voce per una denuncia contro i regimi e per chiedere giustizia e libertà.

 

Gli anni ‘70 – TRAGEDIE E SPERANZE

Nonostante il Watergate faccia cadere il secondo governo Nixon, vittima anche della disfatta americana nel Vietnam, nel gennaio 1973 infatti, viene firmato il trattato tra H. Kissinger e le Duc Tho,  continua la linea dura degli USA verso l’America Latina. A Nixon succede il vice Gerald Ford. Alcuni avvenimenti sono emblematici per la lettura politica degli anni ’70.

In Cile, i 5 partiti dell’Unidad Popular tra cui anche il partito comunista vincono le elezioni e il tentativo di golpe contro il governo di sinistra di SalvadorAllende, è superato dall’accordo parlamentare con la Democrazia Cristiana di Frei. Le nazionalizzazioni, la crisi sociale, la reazione della borghesia e l’appoggio degli Usa, permettono però tre anni dopo, nel 1973, il colpo militare. La giunta militare, capeggiata dal generale Pinochet, assume il potere, Allende viene ucciso. Inizia la caccia  a tutti i partecipanti o simpatizzanti del precedente governo. La repressione è violenta, morti e torture sono all’ordine del giorno, gli stadi sono colmi di condannati a morte. L’eliminazione totale delle strutture democratiche, porta ad un regime tra i più violenti della storia latino americana con un numero infinito di “desaparecidos”.

La rottura del mondo comunista tra la Russia sovietica e la Cina di Mao che nel 1966 si rifiuta di partecipare al XXIII congresso del PCUS, e nel 1967 scatena la rivoluzione culturale, e due anni dopo scoppia la guerra cino-russa, spinge i movimenti rivoluzionari e di guerriglia ad aderire al maoismo e a pensare che sia  l’unica ideologia per un possibile cambiamento latinoamericano..
Nel 1973 in Uruguay i militari iniziano una controffensiva nei confronti del movimento dei Tupamaros e stabiliscono la dittatura.
Dal 1971 al 73 In Brasile la dittatura militare l’apice l’apice più duro e violento, con il generale Garrastazu Medici (1969-73). I vari movimenti nati dallo sgretolarsi dei gruppi aderenti alle varie correnti di sinistra vengono sconfitti. Nel 1971 muore Carlo La marca organizzatore di una guerriglia nell’interno della Bahia. Dal 1972 al ‘73 si svolge la guerriglia del PcdoB (Partito Comunista del Brasile di matrice maoista) nell’ area dell’Araguaia, nord del Brasile. L’idea che muove i rivoluzionari è di tentare riprendere il progetto di Che Guevara e, ancor meglio, l’epopea della grande marcia maoista, della rivoluzione che parte dall’area contadina, resa consapevole attraverso un’azione capillare di coscientizzazione, per  allargarla a macchia d’olio in tutto il paese. Un fallimento, anche se una sessantina di uomini tra studenti e lavoratori aderenti al partito metteranno in scacco matto per ben due anni tutto l’esercito brasiliano.
In Argentina -. I militari riprendono il potere nel 1976 con una giunta militare diretta dal  generale Jorge Rafael Videla, Viola e Galtieri. Durissima è la repressione, presentata come ‘ un atto di amore’ ‘ in difesa della civiltà occidentale cristiana’  come afferma il generale Videla (1983). Uomini politici, studenti, militanti di partito e di associazioni vengono portati in campi di concentramento, torturati, uccisi o gettati dagli aerei nell’oceano. Famiglie vengono distrutte, figli di militanti uccisi vengono dati in adozione a famiglie di militari. Alla ricerca dei nipoti nascerà la lotta delle Madri ( poi Nonne) della Plaza de Maio.

Durante il governo del nuovo presidente degli Stati Uniti, Jmmy Carter, un democratico che assume nel 1976 inizia un nuovo stile nella politica americana verso l’America Latina. Nel tentativo di superare la guerra fredda, il presidente firma trattati di pace e di limitazione del commercio delle armi, nello stesso tempo si impegna per la difesa dei diritti umani. In questo pur breve spazio di non interventismo americano si realizza il secondo evento stroico di liberazione, dopo quello della rivolta cubana.
Nel 1979 il Movimento Sandinista di liberazione nazionale libera Nicaragua dalla dittatura di Somoza. Riforme sociali, riforma agraria, massiccia campagna di alfabetizzazione e nuovo impulso allo sviluppo del paese sono i punti della nuova politica. Partecipazione al governo preti religiosi cattolici  preparati: Humberto Cardenal è ministro dell’Educazione, Ernesto  Cardenal della cultura, Miguel D’Escoto, ministro degli esteri. Dura poco il non interventismo americano, troppo duro il colpo. La svolta politica del nuove presidente R.Reagan, repubblicano, eletto nel 1980 investe rapidamente contro questo vulnus alla “sicurezza” degli Stati Uniti. L’asse della tensione si sposta nell’America centrale, contro i sandinisti e tutti i tentativi negli altri paesi limitrofi.
La prima azione è l’aiuto ai Contras che stabiliscono le loro basi nel vicino Honduras, e l’embargo posto alla piccole e povera Nicaragua. Le vittorie sociali ottenute vengono presto annullate da una lunga stagione di guerra con un numero enorme di giovani uccisi. L’arcivescovo Obando y Bravo, che all’inizio aveva sostenuto il cambiamento, e la politica del Vaticano preoccupata della possibile svolta socialista, aiutano il precipitare della crisi del governo sandinista, approfittando di qualche errore del capo del Governo Daniel Ortega. Viene imposto ai tre religiosi di abbandonare l’incarico di ministri. Il sogno finisce anche per una rottura interna del sandinismo che perderà le elezioni a favore di Violeta Chamorro nel 1990.
La guerra civile coinvolge gran parte dell’America Centrale, soprattutto El Salvador, dove opera il Fronte di Liberazione Farabundo Marti che nel 1980 riunisce le varie organizzazioni di opposizione armata al regime. Il 1980 è l’anno dell’assassinio di Mons. Oscar Arnulfo Romero, voce libera e profetica contro le morti e la violenza, non capita e accettata dal nunzio e dalla maggior parte dei vescovi, e della Strage del rio Sumpal da parte della Guardia Nazionale che lascia sul terreno 600 morti. Una serie numerosa di preti e laici e di popolo segnerà la storia di El Salvador che ancor oggi non riesce ad alzare la testa. In Guatemala con gli aiuti americani l’esercito non solo reagisce alle azioni dei vari gruppi armati (ORPA, Frente Popular 31 de Enero) ma, nel 1980, 40 indios quiché sono massacrati nell’Ambasciata spagnola, dove si erano rifugiati, e poi la incendiano. Gruppi di indigeni e catechisti cristiani vengono perseguitati e uccisi, fino all’attentato e poi all’espulsione del vescovo del Quiché, Juan Gerardi. Nel 1982 il colpo di stato del generale Rios Montt peggiorerà la situazione, con esecuzioni in massa. 8.000 gli  assassinati, 100.000 i rifugiati all’estero.
Continua la guerriglia anche in Perù con il movimento maoista/polpotista di Sendero Luminoso e in Colombia con il MR8. Alla tensione si abbina il pianeta droga in Messico, Colombia, Bolivia dove nel 1980 con un golpe assume il potere il generale Garcia Meza e in Perù con la doppia politica statunitense di intervento dell’esercito, in Bolivia dal 1986, sono presenti 160 militari americani, per distruggere le piantagioni di coca senza una proposta alternativa e di accettazione passiva dell’uso della droga sul suo territorio.
La sollevazione dell’America Centrale coincide con il periodo del presidente Reagan, rieletto nel 1984. Mentre nel 1985 assume il governo dell’URSS Michail Gorbaciov.

Gli anni ’70 mettono a fuoco le proposte del Vaticano II e di Medellin. La Chiesa si immerge a pieno nella realtà storica del continente. Nel 1972 nascono in Cile i il cristiani per socialismo che tentato una sintesi tra i valori evangelici e l’azione sociale per un mondo più giusto e uguale. Una serie di documenti e proclami di gruppi di vescovi, in Brasile “Y juca pirama”, “ O grito do Nordeste” “Ouvi os clamores do meu povo”, la prima lettera denuncia della Chiesa di Sao Felix do Araguaia firmata da dom Pedro Casaldaliga “ Uma Igreja da Amazonia em conflito com o latifundio e a amrginalizaçoa social”, l’impegno per la non violenza di dom Helder Câmara e il cambiamento di posizione nei confronti del regime dopo l’uccisione si padre Henrique Pereira, le Omelie di Mons. Romero in El Salvador e la presa di posizione dopo la morte di padre Rutilio Grande, il Vicariato della solidarietà organizzato in Cile dal Cardinale Silva Henriquez, “L’impegno cristiano per una nuova Nicaragua” dei vescovi dopo la vittoria sandinista, gli scritti di Leonidas Proaño vescovo di Riobamba difensore degli indios, rivelano la posizione profetica delle chiese contro le dittature e a favore della libertà e della giustizia. L’arresto di Proano e di altri 17 vescovi religiosi e laici riuniti per un incontro di riflessione nel 1976, l’assassinio dell’arcivescovo di El Salvador, Oscar Ranulfo Romero, mentre celebrava la Eucaristia ne 1980, di Mons Angelelli in un incidente pilotato nel 1976, in Argentina, l’espulsione da El Salvador di Mons Gerardi, la morte di molti operatori di pastorale, preti, religiosi, religiose  catechisti e laici suggellano la profonda svolta nelle relazioni tra chiese e governi latino americani. Dall’azione pastorale e dal rinnovamento della pastorale basata soprattutto sulla Parola di Dio che illumina la realtà nelle Comunità ecclesiali di Base (CEB) si sviluppa un nuova teologia e spiritualità della liberazione in vari paesi dell’America latina. Gustavo Gutierrez, peruviano, pubblica nel 1971 il primo testo di riflessioni con questo nome. La chiesa esce però divisa e ferita, tra vescovi e gruppi legati al potere militare e dittatoriale e vescovi, preti, religiosi e gruppi uccisi, torturati e incarcerati e investiti da un desiderio di collocarsi dalla parte dei poveri e dei perseguitati. Dom Sigaud vescovo di Diamantina e dom Castro Mayer vescovo di Campos in Brasile aderiscono al movimento fondamentalista e di stile fascista TFP (tradizione, famiglia e proprietà) fondato da Plinio Salgado, e accusano di adesione al comunismo i confratelli vescovi Dom Pedro Casaldaliga e dom Tomas Balduino.
Nella dichiarazione di Santa Fé (1979), gli Usa prendono posizione contro la Chiesa progressista e condannano le Comunità di base e la Teologia della Liberazione e classificano le pastorali sociali, il Consiglio Indigenista Missionario (CIMI), la Commissione pastorale della Terra (CPT), la Pastorale operaia (CPO), la commissione evangelica per i diritti alla terra (CEDITER) le Associazioni indigene (CONAIE) come gruppi e movimenti comunisti. Nello stesso anno la Conferenza latinoamericana di Puebla riprende i temi di Medellin e ufficializza la scelta preferenziale dei poveri. Il teologo americano Michel Novack dell’Istituto Religione e Democrazia sviluppa la tesi a favore del capitalismo. Nell’ambito della Chiesa cattolica latino americana, dalla metà degli anni ’80, inizia l’operazione della revisione e del ritorno allo spiritualismo e alle devozioni.

BRASILE GOLPE 1964

‘ La CNBB ( Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile) ringrazia i militari che con il pericolo delle loro vite si sono alzati in difesa degli interessi superiori della Nazione e ci hanno salvato dall’abisso imminente ….protesta però contro certi individui che organizzano persecuzioni meschine contro la chiesa nella persona di vescovi, preti, laici militanti e fedeli.’ ( COMMISSIONE CENTRALE DELLA CNBB 29/5/1964)
‘ Come cristiani e seguendo l’esempio di Cristo… chiediamo a Dio perdono per gli assassini, ripetendo le parole del maestro:‘ Non sanno quello che fanno’. Ma ci riteniamo nel diritto e nel dovere di alzare il clamore perché, per lo meno, non abbia seguito il lavoro sinistro di questo nuovo squadrone della morte.’ (DOM HELDER CÂMARA, dopo l’uccisione di pe. Henrique Pereira, 1969)

CILE Vittoria dell’Unidad Popular di Allende
‘ Il programma dell’Unidad Popular, che tutti conoscete, fissa alcuni obbiettivi che possiamo considerare autenticamente cristiani e implica una seria revisione delle nostre attività e dei nostri atteggiamenti…Deve essere per noi motivo di profonda gioia il fatto che la coalizione che ha ottenuto la maggioranza nelle elezioni prometta di lavorare per il popolo e per i poveri. Le nuove strutture economiche ci obbligheranno certamente a maggiore austerità e povertà il che deve pure costituire per noi un motivo cristiano di gioia,’ (Lettera del PADRE SEGURA, provinciale dei gesuiti cileni, 12/9/1970

ECUADOR Mons. Proano
“L’evangelizzazione inoffensiva è diventata complice del mantenimento e del rafforzamento dei sistemi di oppressione e di peccato…Quando la Chiesa si sposa con una ideologia politica e con un partito politico, quando la Chiesa ha difeso in qualche modo un ordine sociale ingiusto… ha rinunciato ad essere la messaggera del vangelo a tutti gli uomini e si è resa schiava. .. Se la Chiesa si alleasse ad un partito politico , per questa stessa attitudine si renderebbe incapace a predicare il vangelo a tutte le creature.” ( Coscientizacion, evangelizacion y politica, Salamanca, 1987)

EL Salvador

‘ Fin dall’inizio del mio ministero ho creduto, in coscienza, che Dio mi chiedesse e mi desse una forza pastorale in contrasto con le mie inclinazioni ‘conservatrici’ e con il mio temperamento. Ho creduto che fosse mio dovere prendere una posizione concreta in difesa della mia chiesa e dalla chiesa, al fianco della mia gente oppressa e sottoposta a soprusi.’ ( Lettera di MONS.OSCAR ROMERO al Papa Giovanni paolo II, 7/11/1978)

CAPITOLO VII – Il ritorno alla democrazia e il liberismo economico- Gli anni ’80 e ‘90

La perestoika di M Gorbachov 1985, la caduta del muro di Berlino 1989, il governo Bush padre del 1988 portano anche in AL la fine delle dittature e una certa apertura democratica, anche se per alcuni stati non termina la tragedia, a El Salvador, con l’uccisione dei padri gesuiti dell’Università Centro Americana (UCA) nel 1989, in Guatemala dove continua la repressione e la fuga fino a 100.000 rifugiati in Messico, in Panama con l’ennesima invasione dei marines nel 1989, per terminare con la continua tragedia di Haiti che dopo la caduta della dittatura di Bapà Doc Duvalier e del figlio Baby Doc vede la breve vittoria del presidente Aristide legittimamente eletto e subito scalzato dal golpe del 1990-91. Ma è ancora Cuba nell’occhio del ciclone, bloccata continuamente  dall’embargo, reso più duro dalle leggi, votate dal Congresso americano, la Toricelli che vieta alle navi che fanno scalo a Cuba di scaricare merci nei porti degli USA e la Helms-Burton, del 1996, che punisce economicamente le imprese non americane che avviano rapporti  di affari con Cuba.
Il periodo della guerra fredda-calda, in America latina, termina con un lungo linea di sangue,  un vero massacro, la distruzione delle forze politiche popolari, la divisione delle sinistre, l’incapacità di analisi da parte dei partiti comunisti e la loro continua divisione, la fine del sogno socialista. Partito da Cuba il sogno delle rivolte popolari, ritorna a Cuba e chiude il cerchio. Ormai le varie organizzazioni armate non sono più organizzazioni popolari ma gruppi, spesso coinvolti con il narcotraffico, con i sequestri civili, e con il terrorismo.

La crisi dei governi militari segna la difficile e lenta ripresa verso forme di democrazia e la ricerca di una propria via nell’economia mondiale neoliberista, accompagnata dallo sfaldarsi delle ideologie rivoluzionarie.
La linea delle dittature militari in campo economico mirava a congelare i salari e gli stipendi, all’apertura totale al capitale internazionale, come via allo sviluppo. Per permettere questo non avevano risparmiato durissime repressioni. Il risultato si è rivelato fallimentare. Dopo il boom economico degli anni’70, ci si incammina verso il fallimento dei progetti dittatoriali ed economici, per la crisi del petrolio, la crescita del debito estero, l’inflazione galoppante,  e la corruzione propria di tutti i sistemi centralizzati La crisi delle dittature, la fine della guerra fredda, la nuova situazione mondiale e nello stesso tempo la crescita della coscienza popolare, nella quale l’azione della Chiesa, i martiri, la riflessione pastorale e teologica hanno dato un forte impulso, permettono un’apertura verso le democrazie.  Soprattutto dalla metà degli anni ’80, anche per gli avvenimenti mondiale citati alla fine del capitolo precedente,  inizia la democratizzazione. I militari cedono il potere ai civili in Perù nel 1980, in Bolivia nel 1982, in Argentina, dopo l’ultimo tentativo dei militari di salvare il potere e di ricuperare la fiducia della popolazione con la follia e tragedia della Guerra delle Malvine- Flakland, in Uruguay e in Brasile (1983-85) e in Guatemala. In Colombia  l’unione delle tre organizzazioni militari, le  FARC (marxista) l’ELN ( Guevarista) e l’ELP (maoista), nel 1982, dichiara nel 1984 la fine delle ostilità. Però continuano gli scontri e gli attacchi, anche se i tre gruppi non smettono di dialogare con il governo. La guerriglia è violenta con sequestri, rapimenti, (eccidio di Orozco nel 1999) da ambo le parti soprattutto dalla parte avversaria organizzata dai Gruppi paramilitari di estrema destra le AUC (Autodefensas Unidas de Colombia). Nel 1987 cade l’ultimo dittatore latinoamericano, Alfredo Strössner del Paraguay. Nello stesso anno e precisamente il 7 agosto, i cinque capi di governo dei Paesi del Centroamerica stipulano l’accordo per un pace duratura nell’America centrale (Esquipulas II). In conseguenza il Governo salvadoregno di Alfredo Cristiani e il FMLN (Fronte Marti di Liberazione Nazionale) stipulano nel gennaio del 1992 l’accordo di cessare il fuoco, cui seguirà, nel dicembre del 1997, un accordo simile  tra il governo del Guatemala di Alvaro Arzù e l’URNG. Rimane sempre l’isola, Cuba, unica eccezione di dittatura o governo personale socialista di Fidel Castro, che pur con i suoi punti negativi di mancanza di libertà politica continua sola a far fronte a tutti i tentativi degli Stati Uniti di dominarla e che presenta un quadro di vittorie sociali, alfabetizzazione, salute pubblica, diritto alla casa, che nessun altro paese latino americano è riuscito a realizzare.
In elezioni libere, o quasi, sono ricostituiti i partiti, viene soppressa la censura, torna la libertà di stampa e di critica. In Perù con Alan Garcia e poi con Fujimori, in Cile con Aylvin, in Argentina con Raul Alfonsin e poi con Menem e nel 1999 con Fernando De La Rua, in Brasile con José Sarney 1989, Collor de Mello e con Fernando Henrique Cardoso, in Uruguay con Sanguinetti e  Carlos Pastrana in Colombia.

Se si riprendono i primi passi di libertà politica, non cambia, anzi aumenta la dipendenza economica ora non più solo dagli Stati Uniti ma dal capitalismo internazionale che ormai è sulla linea neoliberista del mercato libero globale. Le Istituzioni finanziarie internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale dirigono le economie dei paesi latino americani e impongono privatizzazioni e tagli nelle spese sociali per ridurre l’inflazione e permettere il pagamento dei debiti e la stabilizzazione dell’economia. Fernando Henrique Cardoso sociologo e nuovo presidente del Brasile teorizza la tesi della Dipendenza dal potere economico internazionale, che diventa sempre più opprimente, anche se alcuni paesi hanno realizzato un aggiustamento economico imposto dal FMI soprattutto in ordine al pagamento del debito estero, come per l’Ecuador di 15 milioni di dollari, aumentato dalla guerra con il Perù, e di 160 milioni di dollari in Brasile. L’aggiustamento però è a costo di enormi sacrifici nella popolazione. L’esigenza di privatizzare soffoca o annulla il pur fragile stato sociale e impone una politica di tagli negli investimenti pubblici: scuole, ospedali, strade. Un fattore relativamente positivo di fronte alla crescente globalizzazione dei mercati è l’integrazione sopra nazionale del Mercosur, tra Brasile, Argentina, Uruguay e la richiesta di entrare del Cile, anche se non si vede, per ora, da questo mercato comune un beneficio per le popolazioni povere.
La crisi del Messico salvato in extremis, del Brasile, risolta con la svalutazione della moneta e la crisi dell’Argentina lasciata invece al suo destino di vero e proprio disastro economico e sociale, indicano la presenza di interessi massicci che vanno di pari passo con fenomeni interni di corruzione. Crisi del governo Fujimori che deve fuggire dal Perù, crisi del governo De La Rua e bancarotta del progetto del ministro Cavallo in Argentina.
L’interventismo economico degli Stati Uniti si fa sempre più pesante. Dopo aver integrato il Messico alla sua economia e a quella del Canada nel NAFTA, con la proposta dell’ALCA, Area di libero scambio commerciale tra i paesi latino americani, impone la proposta egemonica della sua economia forte a economie deboli e ridotte spesso allo stremo delle forze. Purtroppo la politica economica europea nei confronti dell’America Latina non decolla, mentre sarebbe l’unica possibilità per smuovere la sudditanza nei confronti del Nord america e nuove proposte di sviluppo per i paesi latino americani.

Ana Maria Guacho, lieder andina
Che democrazia è mai questa che consente l’esistenza di decine di milioni di poveri, mendicanti, orfani e donne abbandonati? Che democrazia ci può essere, quando intere popolazioni non hanno da mangiare, sono prive di lavoro e vittime di discriminazione? Come si può parlare di democrazia, quando i latifondisti continuano ad essere i padroni delle nostre terre, quando si uccide gente, quando i governi spendono ingenti somme di denaro per acquistare armi e, nel frattempo, fanno morire di fame i propri popoli?” ( “Il riscatto è d’obbligo” a cura di Luiz Walter e Conrado Berning, Nigrizia ottobre 1991)

La democrazia implica un programma radicale di riorganizzazione della vita integrale delle nostre società e i principi su cui si appoggia sono in contraddizione con quelli del mercato, che reggono la vita pubblica dell’America Latina, che ha sofferto un processo di mercantilizzazione; tutto si misura sul suo costo, sul prezzo, in funzione della rendita che se ne ricava. Si afferma che lo Stato è un’impresa e questo è un assurdo: la pratica della democrazia si è adeguata a tale cambiamento fondamentale, in forza del quale i paesi latino americani hanno rinunciato alla loro vocazione nazionale e si sono trasformati per il tradimento delle loro classi dirigenti in mercati… Dobbiamo questo degrado al neoliberismo e ai suoi cultori locali, alla classe dirigente  che sostiene che la bussola che orienta la loro attività di governo deve essere la risposta al mercato e non al benessere della popolazione.” (ATILIO BORON, Segretario Esecutivo del Consiglio Latino Americano di Scienze Sociali, Professore di Teoria Politica nell’Università di Buenos Aires, Teoria e Debate, dicembre 2001)

Soltanto un’Europa unita disposta a far questo ( favorire il decollo delle nazioni latino-americane, attraverso la soppressione del protezionismo, la cancellazione dei debiti in base ad un meccanismo che li trasformi in fondi di sviluppo sociale, l’instaurazione di scambi commerciali sulla bese di prezzi preferenziali, l’elaborazione di politiche di disarmo.. di protezione dell’ambiente ecc.) potrebbe costituire un vero freno all’imperialismo nordamericano in America latina, sia esercitando il ruolo di concorrente economico, sia appoggiando nel continente le forze davvero democratiche, quelle cioè che mirano al bene delle maggioranze impoverite ..” ( François HoutartUn club di nuovi ‘conquistadores’” in Nigrizia ottobre 1991)

 Alca
“ L’ Alca implica una estensione del Nafta… Vi sono dieci ragioni per dire no all’Alca:
La negoziazione iniziata nel 1994 è stata realizzata in segreto. Né le popolazioni, né i sindacati e le organizzazioni sociali, né i parlamentari hanno potuto partecipare al dibattito né tanto meno conoscerne i particolari.  
Diminuisce i diritti al lavoro e le stesse condizioni di lavoro come conseguenza della libertà di importazione di merci nel settore dell’industria locale fino alla sua completa chiusura, facendo alzare gli indici di disoccupazione che già castigano i nostri paesi.
Aumenta la distruzione dell’ambiente e peggiora la salute perché l’Alca esige che qualsiasi proposta di legge in questi settori non ostacoli la commercializzazione e gli investimenti, dando  alle imprese il diritto di intervenire legalmente contro lo Stato.
L’Alca trasforma i servizi sociali in merce valida solo per coloro che hanno la condizione di pagarla
Il PIL (prodotto interno lordo) degli Stati Uniti, ossia il totale della produzione è 16 volte superiore di  quello del Brasile, 25 volte di quello del Messico e 30 volte di quello dell’Argentina.” (Boletin Nueva Tierra, Buenos Aires, 2001)

La situazione politica accompagna la crisi economica.
La crescita alla partecipazione politica in molti paesi, rende forti e significativi alcuni movimenti popolari e la nascita di nuovi partiti politici che rompono la tradizione delle vecchie oligarchie di potere e rappresentano la volontà popolare, come il Partito dei Lavoratori in Brasile. I nuovi movimenti sociali: lo Zapatismo nel Chiapas, Messico, Il Mov.dei Senza Terra in Brasile, il  Movimento indigeno in Ecuador e Guatemala, ma anche gli scioperi e i movimenti degli studenti, la denuncia e la resistenza delle Madri de Plaza de Mayo in Argentina, sono il volto della nuova voglia di partecipazione. Nello stesso tempo in politica ritornano gli uomini forti: Rios Montt, ex dittatore visionario, in Guatemala, Hugo Chaves colonnello golpista in Venezuela, Herold Bedoya guadagna voti in Colombia, anche se poi la vittoria va al moderato Pastrana, Hugo Banzer, ex dittatore, in Bolivia, Lino Oviedo, generale golpista in Paraguay che riesce a ottenere la vittoria del suo candidato Raul Cubas, ma che è costretto a fuggire con lo stesso presidente dopo una sommossa popolare nel marzo 1999. Tutto ciò rivela la stanchezza e la paura della classe media e povera e la difesa con tutti i mezzi possibili delle classi abbienti. Il caso Pinochet preso in Inghilterra e processato, ha messo in difficile crisi la debole democrazia cilena tra sostenitori del generale e popolo desideroso di vedere fatta giustizia. Il colpo di stato ‘democratico’ di Fujimori in Perù, che ha cambiato la costituzione per rimanere al potere, il massacro del gruppo armato che occupava l’Ambasciata giapponese e lo scandalo dei voti comprati, finisce fortunatamente con la sua fuga; Fuijmori è costretto a fuggire e viene eletta a maggioranza Alejandro Toledo.
Possiamo classificare “colpo di stato democratico” quello di Hugo Chavez in Venezuela che unisce un regime fortemente centralizzato con proposte sociali e una politica anti Stati Uniti, guadagnando una forte critica interna anche da parte dell’episcopato. Nello stesso tempo ha risollevato il potere dell’impresa venezuelana del petrolio la PDVSA, riducendo il potere della grandi imprese straniere soprattutto statunitensi , nello stesso tempo ha messo in atto una reazione a catena per un maggior rapporto tra i vari paesi latino americani con la proposto si un socialismo indigeno. Eventi che  ci fanno comprendere come il cammino della libertà democratica e della giustizia sociale sia ancora difficile in America Latina. Anche i cambi di governo o le crisi istituzionali per corruzione, come la caduta di Bucaran in Ecuador sostituito da Jamil Mahuad e la rivolta degli indigeni che riescono a far cadere il governo Mauad, che deve lasciare in fretta il paese ed è sostituito dal vicepresidente Gustavo Noboa con l’appoggio dei militari (1999) sono nello stesso tempo segni di una fragilità strutturale ma anche di una crescita del potere popolare.

I condizionamenti della fragile democrazia

  • Il primo condizionamento viena ancora una volta dalla politica degli Stati Uniti soprattutto verso l’America Centrale e i Caraibi, riducendo all’estremo paesi come Nicaragua, dove finisce anche per le sue divisioni interne e per corruzione il governo Sandinista, El Salvador e Honduras ridotti a estreme povertà e ad una violenza civile insopportabile, l’intervento in Panama e in Haiti, l’imposizione della presenza del proprio esercito con la scusa di una azione anti narcotraffico in Bolivia. Continua la politica omicida nei confronti di Cuba, che nonostante tutto continua a sopravvivere  e nonostante l’embargo apre agli investimenti europei e allaccia rapporti con paesi latino americani, anche se in clima di tensione politica interna, vedi il processo lampo contro 4 dissidenti in marzo 1999).  Il Plan Colombia nasce  nel settembre del 1999 per un accordo tra il presidente americano Bill Clinton e il presidente Pastrana, facendo perdere al governo colombiano parte della sua sovranità e permettendo all’esercito americano di agire liberamente contro i cocaleiros. Lo stesso avviene in Bolivia dove il Plan Dignidad è portato avanti dal presidente Jorge Quiroga, successore di Banzer. Due piani di intervento americano, l’insistenza di imporre l’ALCA (Mercato Comune delle Americhe) a tutti i paesi sono i segni di una ripresa geopolitica americana, che tenta di impadronirsi sempre più di quello che ha sempre considerato il suo ‘orto’, libera ormai dai problemi con il mondo comunista dell’Est e per far fronte alla crescita economica dell’Unione Europea.
  • I condizionamenti del passato. É difficile superare le tragedie e trovare la via della giustizia. Alcuni dittatori del passato sono stati imprigionati e giudicati: Jorge Rafael Videla e Emilio Massera agli arresti domiciliari, in Cile 4 militari in pensione sono stati arrestati perché colpevoli dell’uccisione di un dirigente sindacale durante la dittatura, ma rimangono ferite non sanate: Pinochet è senatore a vita, e il problema della estradizione richiesta dal super giudice spagnolo Baltasar Garzon che ha emesso ordine di cattura contro di lui e contro 98 militari argentini accusati di genocidio, non ha effetto. Pinochet rientrato in Cile e processato, vive tranquillamente il suo finale di vita senza rimorsi. La farsa in Guatemala del processo sul caso  Mons Gerardi, assassinato nel 1998, dopo aver pubblicato il libro degli orrori perpetrati dall’esercito guatemalteco. In Paraguay dopo l’assassinato del vice presidente, Luiz Maria Argana, una sommossa popolare è sedata a colpi di fucile con 13 morti e la fuga del presidente Raul Cubas e del gen. Lino Oviedo. In Brasile i vari processi contro fazendeiros e contro la polizia per i massacri di contadini come il caso dell’Eldorado dove sono stati uccisi 19 contadini nel 1996 non giungono a soluzione. In El Salvador sono stati congelati i processi agli autori dell’uccisione di Mons. Oscar Romero e dei Padri gesuiti della UCA.
  • Sembra impossibile, da arte dei nuovi governi, attuare vere riforme sociali come la riforma agraria (Brasile), la riforma scolastica, la riforma sanitaria o mantenere le vittorie sociali ottenute (Nicaragua). Le privatizzazioni e il conseguente affossamento del già fragile stato sociale, portano alla disperazione un grande numero di persone, coinvolgendo anche la classe media che ha perso il suo potere di acquisto. Il risultato è la  crescita della povertà, della disoccupazione, la fuga dai campi verso le città che sempre più si trasformano in megalopoli con enormi favelas o Vilas miseria, segnate dal degrado e dalla criminalità. Il CEPAL (Centro di statistica pastorale latinoamericano) calcola nel 2002, 220 milioni di poveri pari al 44% della popolazione in utto il continente sud americano. In Ecuador il 56% è in povertà assoluta e 80% sono poveri, nel Brasile 40% sono in povertà assoluta, la crisi Argentina ha riportato la morte per fame nel paese, Haiti rimane l’isola più tragica. La crescita della disoccupazione che è al 21,5% in Argentina, al 15,5% in Venezuela nel 2002, ha prodotto gravi sommosse popolari.
  • I condizionamenti dalla violenza. Anche se la maggior parte dei guerriglieri  ha deposto ufficialmente le armi, anche se l’AL ha due premi Nobel per la Pace, l’argentino Perez Esquivel e la guatemalteca Rogoberta Menchu, permane una violenza diffusa. Tragico il caso di più di 100 minori uccisi da un folle in Colombia e della scoperta di uccisioni e castrazioni di minori in Brasile. C’è poi la violenza legata al narcotraffico. In Colombia i Cartelli fatturano 40 miliardi di dollari e le FARC esigono imposte dai coltivatori; in Brasile a Rio de Janeiro nel settembre 2002, il Comando Vermelho  ha paralizzato completamente la città che, in 6 anni, dal 1985 al1991 ha avuto 70.000 mila morti per violenza.  Si va dal commercio clandestino delle armi, al degrado sociale, agli interessi di parte. Le AUC in Colombia sono finanziate dai proprietari terrieri. Nelle carceri, in Venezuela, Brasile, Perù gira la droga, entrano le armi, le tensioni per i sovraffollamento si trasformano spesso in rivolte tragiche. Il lavoro schiavo di donne, minori e contadini nelle foreste brasiliane, nelle miniere del Perù, nelle piantagioni di canna da zucchero, di caffè, banane e arance è molto più diffuso del lavoro regolare. On possiamo dimenticare la schiavitù della prostituzione, il turismo sessuale, che coinvolge soprattutto i minori e la sterilizzazione massiccia delle donne, con campagne sostenute da alcuni stati o offerte da politici in cambio di voti.
  • Riprende il terrorismo in Colombia dove le FARC continuano una guerriglia che ormai ha perso gli ideali di libertà e giustizia del passato. Sequestri di stranieri, uccisione di oppositori, sequestri di vescovi, l’ultima quella dell’arcivescovo di Cali, Isaias Duarte e nel 2002 l’uccisione di 10 religiosi. In Perù la bomba scoppiata davanti all’Ambasciata americana ha fatto temere la rinascita di Sendero Luminoso (2002).  Vittima (per sbaglio?) di bande del narcotraffico il cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo di Guadalajara nel 1993 senza soluzioni chiare fono ad oggi.
  • Da non tralasciare le gravi calamità naturali che mettono in ginocchio i paesi più poveri: Il tornado de el niño in Nicaragua, El Salvador e Honduras, in Ecuador (2,6 miliardi di danni), i terremoti in Messico e Perù, El Salvador, l’uragano micht in America centrale, Le alluvioni e inondazioni in Messico, a Rio de Janeiro, a Petrópolis, a Lima. Il rigurgito e il diffondersi delle epidemie: il colera, la tubercolosi, l’aids, la dengue, la malaria, e infine la febbre gialla e l’hanseniasi che sembravano ormai vinte.

 

La società Civile: Di massimo interesse è la crescita della società civile organizzata in movimenti sociali e politici: in Messico Il movimento Zapatista nel Chiapas, in Brasile il Movimento dei Lavoratori senza terra, in Ecuador il Movimento indigeno contro il Governo.
C’è una crescita di identità culturale nel mondo indigeno e nel mondo afro, anche se le masse sono condizionate da una cultura internazionale di sapore nordamericano. Nascono varie forme di carattere religioso, soprattutto pentecostale e/o di sincretismo che se in parte ricuperano lo spirito delle antiche culture e della religiosità popolare, svuotano gli aderenti di responsabilità sociale e politica.

La Chiesa cattolica ha perso i suoi rappresentanti più significativi: per morte: in Brasile, Dom Helder Câmara, dom Antonio Fragoso, dom Lucinao Mendes; in Chile, Mons.Silva Henriquez; in Messico Mons. Mendes Arceo; in Ecuador Mons. Leonidas Proaño, o per raggiunti limiti di età: in Brasile il Card. Paulo Arns, dom Tomás Balduino che però continua battagliero come presidente della CPT, Dom Perdo Casaldàliga, Dom Valdir Calheiros; in Messico, Samuel Ruiz di San Cristobal de Las Casas. Le nomine recenti sono soprattutto di vescovi conservatori che annullano il lavoro fatto dai predecessori:  Fernando Saens Lacalle a San Salvador, successore di Rivera y Damas e Oscar Romero, Dom José Cardoso, successore di Dom Helder Câmara a Recife, in Brasile, e Dom Claudio Hummes, successore del card. Paulo Evaristo Arns a São Paulo, attualmente alla Congregazione Vaticana per il clero, di Mons. Cipriani a Lima, coinvolto in modo non chiaro con il massacro del gruppo che aveva occupato l’Ambasciata del Giappone. In Messico ha fatto scalpore la complessa sostituzione di Mons. Samuel Ruiz e il richiamo della Congregazione Romana al successore sulla ordinazione dei diaconi indigeni. La riforma dello Statuto della CNBB (Conferenza dei vescovi del Brasile che pur rimane ancora attiva e profetica), ha segnato un passo significativo verso la normalizzazione, riducendo la forza delle Commissioni Pastorale e svuotando la partecipazione dei laici.
La celebrazione dei 500 anni legata alla Conferenza di Santo Domingo nel 1992 e quella civile in Brasile nel 2000 hanno visto ancora una volta la Chiesa divisa tra sostenitori dello stretto legame con il potere statale e sostenitrice della simbiosi tra civilizzazione europea e evangelizzazione e chi ha voluto distinguere, chiedendo perdono per la violenza culturale legata a quella armata dei conquistatori, ponendosi dalla parte degli indios. La divisione siè fatto visibile anche nelle Celebrazioni ufficiali come in Brasile, dove il presidente del CIMI, Mons. Franco Masserdotti è stato malmenato dalla polizia insieme agli indios mentre altri prelati celebravano accanto al presidente della Repubblica Fernando Henrique Cardoso.
La chiesa continua ad essere attiva e sofferta in alcuni paesi, come in Colombia dove Mons. Giraldo vescovo di Medellin e presidente della Conferenza Episcopale, è stato minacciato di sequestro e di morte, Mons. Quintero  Diaz vescovo di Tibù è stato sequestrato prima dal ELN (1997) e per 35 giorni dal Epl (1999) e. infine, l’uccisone di Mons Isaias Duarte Cancino, il sequestro di Mons. Jorge Jimenez presidente del CELAM e il massacro di molti religiosi (2002). Continua attiva nelle pastorali sociali, della terra, degli indios, nelle Campagne della Fraternità, nel Grido degli Esclusi , per i diritti umani, contro la carestia e la disoccupazione e, contro l’ALCA, per la salvezza dell’Amazzonia, con i Centri di Justiça e Paz, e nella riflessione teologica con nuovi sviluppi della Teologia della Liberazione, che si dedica all’ecologia, riflette sulle culture, sulla donna, sulla critica al mercato, nasce la Teologia indigena. Rimane vivace l’esperienza delle Comunità Ecclesiali di Base o anche delle Comunità in genere, che continuano la lettura popolare della Bibbia ed esercitano una spiritualità e una pedagogia che educa alla democrazia, alla solidarietà. Continua vivo l’ecumenismo pratico e teorico. Di fronte alla situazione anche episcopati che sembravano assenti o conniventi come quello Argentino dichiarano il mea culpa e tentano proposte e presenze per evitare il peggio in una situazione sociale disperata.

Il 2000 - Inizio di una patria grande?

Oggi poi ancor più che negli altri periodi non si può più pensare in sviluppo di paesi e continenti senza considerare l’esigenza di un profondo cambiamento nella politica e nell’economica internazionali e ad una inter cultura che rispetti le culture e i cammini dei singoli popoli. Fondamentale per questo cambiamento dovrà essere la politica dell’Europa circa la cooperazione internazionale, le norme sul mercato internazionale, le scelte politiche internazionali, il ruolo dell’Onu e la difesa dei diritti delle persone e dei popoli.
In America Latina la crescita della società civile ha mostrato la sua capacità organizzativa nel  penultimo Social Forum di Porto Alegre del 2005, al quale hanno partecipato i rappresentanti della Conferenza Episcopale, segno di una speranza non solo per i paesi latino americani ma per tutto il mondo.
Il nuovo appare anche nelle ultime scelte politiche. La seconda vittoria di Luis Inacio da Silva e del PT (Partito dei lavoratori) in Brasile, nonostante le varie crisi interne per corruzione,  con una politica che continua la proposta “Fame zero”, anche se di matrice populista, rivolta alle classe meno abbienti. La vittoria di Luis Gutierrez in Ecuador con il voto massiccio della Conaie, Confederazione degli indios, e nel 2005 di nuovo destituito dalla rivolta indigena. Gli indigeni hanno votato massicciamente per Rafael Correa e sostengono la sua proposta di una Assemblea Costituente, o la vittoria in Argentina di Nestor Kirchner che vuole portare tranquillità e impiego alla massacrata nazione e ha avuto il coraggio politico di congelare il pagamento del debito estero. L’Argentina segna il quarto anno consecutivo di crescita economica con un Pil dell’8,5%. L’indio Evo Morales Ayma in Bolivia, indio aymara, presidente del Mas (Movimento per il socialismo) sostenuto dai cocaleros del Chapare e dagli indios in generale, che ha iniziato una serie di riforme e nazionalizzazioni come quella del gas, difende il diritto di coltivazione della coca contro il mercato illegale del narco traffico e ha ridotto il deficit fiscale. Sono la prova della rivincita indigena e popolare rappresentata da capi di stato che vogliono porsi in una linea di difesa dei beni nazionali, di valorizzazione del sociale, di unione nel Mercosur contro l’Alca imposta dagli Stati Uniti e trovare la strada giusta per l’America Latina, contro la dipendenza dai centri di potere economico internazionale e soprattutto dall’ingerenza statunitense, anche se altri progetti come l’ALBA (Alternativa Bolivariana alle Americhe) sembrano creare già delle nuove spaccature. Il sociologo brasiliano Michael Löwy, infatti, in una intervista del “Jornal sem terra” del 12 giugno 2006  ha tratteggiato il volto del socialismo per il XXI secolo in America Latina, socialismo che parte dal basso dalle forze popolari organizzate e divide i capi di stati in due gruppi, coloro che tentano rompere con il neoliberismo in quella che è stata classificata la rivoluzione bolivariana e cioè Chavez in Venzuela, Castro a Cuba e Morales in Bolivia e coloro che pur tentando riforme sociali non rinnegano il neoliberismo e sono Inàcio Lula da Silva in Brasile, Tabaré Vasquez in Uruguay, Michelle Bachelet in Cile e Néstor Kirchner in Argentina. A questi Marina dos Santos del Movimento dei senza terra aggiunge i governi conservatori formati dal Cile, Paraguay e Colombia. La tesi ha una sua fragilità, se si pensa al messianismo populista di carattere dirigista alla Hugo Chávez con scelte e prese di posizioni discutibili che rasentano forme dittatoriali proprie del caudillismo storico, e fanno temere all’opposizione la rinascita di una forma riveduta del marxismo-leninismo; dalla fragilità del regime cubano legato alla salute di Fidel Castro e alla sua difficile successione. Se si pensa alla poca relazione dei movimenti popolari che non trovano un legame che esca dal locale e diventi forza di cambiamento del continente, come è avvenuto per il Movimento Zapatista, che da riovoluzione che parte dal basso si è ridotto ad una struttura di partito, o la situazione del Movimento dei Senza Terra amico-nemico del presidente Lula, per il quale ha fatto una forte campagna e ora si trova in fase assolutamente critica nei confronti del governo, anch’esso tra un’utopica posizione di un cambiamento che viene dalla rivolta contadina e la partecipazione al potere politico per inidrizzare le scelte governative. Se si aggiunge poi la vittoria del conservatore Mauricio Macrì nelle Provincia di Buenos Aires che ferisce la forza del presidente Kirchner, la possibile vittoria del vescovo emerito di San Pedro, Fernando Lugo, alle prossime elezioni presidenziali del 2008 in Paraguay, che potrebbe con l’appoggio popolare sconfiggere il potere del partito Colorado, la presa di posizione, in Cile, della presidente Michele Bachelet di rendere pubblica la lista degli orrori durante la dittatura Pinochet e infine la possibilità richiesta dal governo colombiano a Chavez di farsi mediatore con i gruppi delle Farc, comprendiamo che nulla è così chiaro e definito. Tutto questo rivela che l’America Latina sta attraversando un guado tra autonomia e dipendenza dagli Stati Uniti e dalle altre potenze economiche, tra la partecipazione  critica e la rottura con le strutture economiche internazionali, come è avvenuto al WTO di Cancun, tra la necessità di aiuto e l’autonomia politica nei confronti dei Centri Finanziari, tra la costruzione di una democrazia sociale partecipata e nuovi tentativi di populismo o fondamentalismi e democrazie socialiste, tra modernità, tecnologia e progresso e la difesa dei propri valori, culture e dell’ ambiente. Le nuove esperienze potrebbero essere la linea direttrice per nuovi rapporti tra Sud e sud e tra i paesi del Sud e del Nord del Mondo. Rinascono in questi ultimi anni le idee di una Patria Grande,  di paesi federati tra loro per una politica diversa più aperta al sociale, meno legata al carro degli USA e del FMI anche se i problemi rimangono e il cammino si presenta assolutamente non facile.
Rimane aperto il problema della violenza, la facilità di avere armi, la mancanza di lavoro per 10 milioni di giovani, il sovraffollamento delle carceri, il mercato della droga e delle persone, la prostituzione e il lavoro schiavo, la corruzione politica, la distruzione della natura, la caotica urbanizzazione e i conti con la storia del recente passato. Si aggiunge, ultimamente, la corsa internazionale al biodisel per sopperire al problema della mancanza di petrolio che spinge i governi locali a incentivare la monocultura della canna e del mais per ricavarne carburante, svuotando sempre più la già fragile produzione alimentare, aumentando i prezzi delle merci e impoverendo maggiormente le classi meno abbienti.

In questa realtà  vive la Chiesa che, pur avendo perso il suo forte stile profetico degli anni ’70 e ’80, percorsa da forme carismatiche e spiritualiste, spesso impoverite di una fede più profonda e più incarnata nel vissuto, nella scelta dei vescovi tra gli aderenti ad alcuni Movimenti di stampo più conservatore e europeo, come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, rimane ancora un punto di riferimento per le popolazioni.
Basti a questo punti ricordare la V Assemblea dell’episcopato latinoamericano avvenuta ad Aparecida in Brasile nel maggio 2007 che, pur con alcuni ridimensionamenti nei confronti delle Conferenze precedenti, ha mantenuto il metodo vedere, giudicare e agire, la centralità di Cristo e una Chiesa inviata da Lui nel mondo, discepola e formatrice di discepoli, per rispondere alle sfide del tempo come fermento nella massa, a servizio dei popoli nelle loro culture e per la loro libertà, per la pace, mantenendo l’opzione preferenziale per i poveri, la vita comunitaria, la valorizzazione della donna, la pastorale della famiglia, il rispetto della natura e tendere alla integrazione dei popoli latino americani.
Ma anche la Chiesa attraversa un guado tra l’inculturazione del messaggio evangelico e la fedeltà alle linee romane-vaticane. Ne sono prova le correzioni e aggiunte fatte al documento dell’Assemblea di Aparecida soprattutto per quel che riguarda le Cebs (comunità ecclesiali di base) e la scelta preferenziale dei poveri, correzioni fatte, secondo le notizie giunte, in modo surrettizio da alcuni cardinali latino americani di Curia. Nel guado tra una spiritualità e una teologia propria, ancora valida come la corrente della Teologia della Liberazione e la nuova teologia india analizzata in modo molto critico e severo da Roma, o la ripetizione delle forme che le sono state sempre imposte, tra una Chiesa popolo di Dio che si immerge nella realtà degli indios, dei poveri, degli ultimi o una chiesa Istituzione preoccupata di sé e più diplomatica che profetica.
Senza perdere i valori raccolti dalla storia occorre saper vedere anche i nodi e affrontare l’oggi, ogni oggi, con la forza della grazia e, nello stesso tempo, con la creatività e il coraggio del rispondere alle sfide e alle contraddizioni e valori che ogni oggi porta con sé. E l’oggi è già presente in questo nuovo quadro dell’America latina che, nonostante tanti nodi ancora da sciogliere, vede tentativi di vera autonomia, di attenzione ai meno abbienti, di coraggiose prese di posizione a livello interno e internazionale, di crescita economica e culturale che le permette di uscire da periodi di  disperazione. 

PEDRO TIERRA da Porto Alegre, 5/2/2002

Rinasciamo nelle strade in ribellione di Buenos Aires, e di Santo André. Per rinascere nasciamo…Siamo faville che accendono altre possibilità.
Abbiamo lasciato da parte le cifre, i tassi di interesse, il movimento delle borse di valori, questo mondo sterile e omicida. Abbiamo fissato lo sguardo e il cuore indignato sui drammi che ci affliggono: la fame, le guerre, l’esclusione sociale, a purezza etnica, la disoccupazione, l’AIDS, la morte dei fiumi, le ceneri delle foreste, il controllo sull’informazione, l’unica logica del pensiero unico. Svestiti di ogni umanità, da due generazioni, testimoniamo la spaventosa morte di un continente: l’Africa: Siamo venuti per dire addio all’indifferenza.
Portiamo con noi la vocazione alla diversità. Del liberatore. La vocazione di chi è umano. Rifiutiamo il bianco ordine di Davos, il potere e la paura di New York e le sue sigle: WTO, FMI, ALCA, NATO. Siamo la polifonia discorde delle voci del Sud e del Nord che rifiuta la marcia funebre del mercato. La solidarietà è l’aria che sostiene le speranze. Lo steso coraggio che prolunga il volo degli uccelli migratori. Siamo eredi della vertigine creativa di ognuno dei nostri popoli: neri, bianchi, gialli, rossi, verdi, azzurri…La fragile possibilità che un altro mondo è possibile.”

V ASSEMBLEA DELL’EPISCOPATO LATINO AMERICANO A APARECIDA- maggio 2007

“ A Medellin e a Puebla abbiamo terminato dicendo”Crediamo”. Ad Aparecida e a Santo Domingo proclamiamo con tutte le nostre forze: “Crediamo e speriamo”.
Speriamo…
Di essere una Chiesa viva, fede e credibile, che si alimenta nella Parola di Dio e nll’Eucaristia.
Vivere il nostro essere cristiani con gioia e convinzione come discepoli di Gesù Cristo.
Formare comunità vive che facciano crescere la fede e diano impulso all’azione missionaria..
Valorizzare le diverse organizzazioni ecclesiali in spirito di comunione.
Promuovere un laicato maturo, corresponsabile nella missione di annunciare il Regno di Dio e di renderlo visibile.
Dare impulso alla partecipazione attiva della donna nella società e nella chiesa.
Mantenere con rinnovato impegno la nostra opzione preferenziale e evangelica per i poveri.
Accompagnare i giovani nella loro formazione e nella ricerca dell’identità, vocazione e missione, rinnovando la nostra opzione per loro.
Lavorare con tutte le persone di buona volontà nella costruzione del Regno.
Rinforzare con audacia la pastorale della famiglia e della vita.
Valorizzare e rispettare i nostri popoli indigeni e discendenti di africani.
Crescere nel dialogo ecumenico “affinché tutti siano uno” e così pure nel dialogo inter-religioso.
Far di questo continente un modello di riconciliazione, di giustizia e di pace.
Avere cura del creato, casa di tutti, fedeli al progetto di Dio.
Collaborare all’integrazione dei popoli dell’America Latina e dei Carabi.
Questo Continente di speranza sia anche il Continente dell’amore, della vita e della pace.
(Messaggio della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano ai Popoli dell’America Latina e dei Caraibi, maggio 2007, mia traduzione)

 

AGENOR BRIGHENTI Decalogo di Aparecida

  • La vocazione al discepolato missionario è con-vocazione alla comunione nella Chiesa (DA 171)
  • La Chiesa non cresce attraverso il proselitismo, ma tramite l’attrazione dell’amore (DA 174)
  • La comunione è missionaria e la missione è per la comunione (DA 177)
  • I laici e le laiche sono persone della Chiesa nel cuore del mondo e persone del mondo nel cuore della Chiesa (DA 225)
  • Molte persone che aderiscono ad altri gruppi religiosi non cercano di uscire dalla Chiesa cattolica ma cercano sinceramente Dio (DA 241)
  • Dove si radica il dialogo ecumenico, diminuisce il proselitismo (DA 249)
  • L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologia ( Benedetto XVI, Da 406)
  • La mentalità maschilista ignora la novità del cristianesimo che riconosce e proclama uguale dignità della donna nei confronti dell’uomo. (Benedetto XVI, DA 472)
  • La Chiesa è chiamata ad essere avocata della giustizia e difensora dei poveri (DA 409)
  • Oltre che essere il Continente della Speranza, l’America Latina deve essere il Continente dell’Amore. (DA 556)

A.B. Critérios para a leitura do Documento de Aparecida, in  Convergência settembre 2007 –Rivista della Conferenza dei Religiosi del Brasile  (mia traduzione)

Bibliografia

 

In lingua italiana

Autori vari, Antico Perù, storia e cultura degli Inca e di altre civiltà andine, Whire Star, Vercelli, 1999
Chaunu Pierre, Storia dell’America Latina, Grazanti, Milano, 1977
Chomsky Noam, Anno 501, la conquista continua,  Roma, Gamberetti ed. 1996
Autori vari, Comitato Novarese per i 500 anni, l’invenzione delle Indie, Immagini e immaginari d’oltre mare, Novara, 1992.
Concilium La voce delle vittime 1492-1992  Brescia, Queriniana n° 6/1990
Ferrò Giovanni, Taita Proaño, l’avventura di un vescovo tra gli indios dell’Equador, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1998
Galeano Eduardo, Memoria del fuoco, Milano, Rizzoli, 1997
Hagen Victor W. Von, Gli Aztechi, civiltà e splendore, Roma, Newton, 1993
“         “            “      , L’impero degli Inca, Roma, Newton, 1993
“          “            “      , Gli Imperi del deserto, Roma, Newton, 1993
Halperin Donghi, Tulio, Storia dell’America latina, 2° ed. Torino, Einaudi, 1972
Longhena Maria, Antico Messico, storia e cultura dei Maya, degli Aztechi e di altri popoli precolombiani, Ed. White Star,Vercelli, 1998
Miller Mary Ellen, L’arte della Mesoamerica, Olmechi, Maya, Aztechi, Rusconi, Milano, 1988Moctezuma Eduardo Matos, Aztechi, Jaca Book, Milano, 2001
Monzani Egidio e Marelli Marco, Monsignor Romero nobel dei poveri, Edizioni Messaggero, Padova, 1980
Polia Mario, Gli indios dell’Amazzonia, Milano, Xenia, 1997
Romero Oscar Arnulfo, Diario, la Meridiana, Molfetta, 1990
Todorov Tzvetan, La conquista dell’America, Torino, Einaudi, 1992

In castigliano

Konetzke Richard, Historia Universal– America Latina -II - La epoca colonial- 24° ed. Madrid, Siglo XXI
Beyhaut Gustavo y Hélène, História Universal -América Latina- De la indipendência a la segunda guerra mundial, 2° ed., Madrid, Siglo XXI, 1986
Proaño Leonidas, Creo en el hombre y en la comunidad, Corporacion Editora Nacional, Quito, 1989
Perón Eva, La razon de mi vida y otros escritos, Planeta, Argentina, 1996

In portoghese

Amado Janaina, Figueiredo Luiz Carlos, No tempo das caravelas, Goiânia, Contexto, 1992
Autores varios, História da Evangelização na América Latina, São Paulo, Ed Paulinas, 1988
Azzi Riolando, A crisi da cristandade e o projeto liberal, São Paulo, Paulinas, 1991
“          “        , O Altar unido ao Trono, um projeto conservador, São Paulo, Paulinas, 1992
“         “         , A neocristandade, um projeto restaurador, São Paulo, Paulinas, 1994
“         “         , Os bispos reformadores, a segunda evangelizaòao no Brasil, SER, Brasilia, 1992
Bidegain Ana Maria, História dos cristãos na América Latina, Petrópolis, Vozes, 1993
Caldeira Jorge, Viagem pela Historia do Brasil, São Paulo, Companhia das Letras, 1997
Cardoso Ciro Flamarion S. A Afro America: A escravidão no novo mundo, Brasiliense, São Paulo, 1984
Curtis Giordani Mario, História da América pré-Colombiana, Petrópolis, Vozes, 1991
Dreher Martin N. (org.) Imigrações e História da Igreja no Brasil, CEHILA, Editora Santuario, Aparecida, 1993
Dussel Enrique ( coord), 500 Anos de História da Igreja na América Latina, São Paulo, Paulinas - Cheila, 1992
Dussel Enrique, História da Igreja latino Americana (1930-1935), São Paulo, Paulinas, 1989
Hoornaert Eduardo (coord) Das Reduções latino americanas às lutas indígenas atuais, Cehila, Paulinas, São Paulo, 1982
Hoornaert Eduardo, O cristianismo moreno do Brasil, Petrópolis, Vozes, 1991
Palacin Luis, Sociedade Colonial 1549-1599,  UFG editora, Goiânia, 1981
Silva Janice Theodoro da, Descobrimentos e colonizaçao, São Paulo, Atica, 1987
Suess Paulo (coord.) A Conquista espiritual da América Espanhola,Petrópolis, Vozes, 1992
Tonucci Paulo M., Hoornaert Eduardo, Protagonistas e testemunhas da Conquista, São Paulo, Paulinas, 1992

 

Fonte: https://rossanacataldo.files.wordpress.com/2008/01/storiadelamericalatina-marioaldighie.doc

Sito web da visitare: https://rossanacataldo.files.wordpress.com/

Autore del testo: M. Aldighieri

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Storia dell' America Latina

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Storia dell' America Latina

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Storia dell' America Latina