Tecnologia e nuove dipendenze

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Tecnologia e nuove dipendenze

INTRODUZIONE
Dott.ssa Simona Dosi

L’argomento che affrontiamo oggi riguarda le così dette nuove dipendenze o dipendenze da tecnologia. Ancora non si è arrivati ad una definizione chiara se si tratti di una nuovo, specifico disturbo psichiatrico o semplicemente di nuove modalità in cui si esprime la sindrome da dipendenza, o ancora di un sintomo psicologico che può connettersi a differenti quadri diagnostici e clinici.
Possiamo inoltre  chiederci se la sintomatologia, che verrà descritta e analizzata negli interventi che seguiranno, riguardi soggetti già psicologicamente predisposti alla dipendenza o se invece queste nuove tecnologie siano in grado di produrre modificazioni profonde nel modo di percepire se stessi, la propria identità, le proprie potenzialità, i confini tra sé e il mondo esterno, innescando nuovi comportamenti, nuove reazioni, nuovi linguaggi e quindi siano in grado di agganciare sotto questo profilo nuove fasce di popolazione tra cui in particolare i bambini e gli adolescenti, ma non solo.
Mi sembra però di poter affermare che tutte le forme di interazione virtuale - sia quelle uomo-tecnologia-uomo come i social network , sia quelle uomo-tecnologia come i motori di ricerca, sono in grado di  modificare il nostro modo di vivere, le nostre abitudini, influenzano il nostro modo di pensare, di agire, di scegliere e di relazionarci e quindi la nostra personalità.
Per quanto ci piaccia pensare alla tecnologia come "neutrale", in realtà non la e'.
Ma se e' vero che la tecnologia non e' neutrale, nel senso che influenza chi la usa, e' anche vero che la tecnologia e' solo uno strumento, e i suoi effetti, positivi o negativi, non dipendono dallo strumento, ma dalla sua applicazione.
È un dato di fatto che dagli inizi degli anni ‘90 ad oggi l’incidenza delle condotte online psicopatologiche sono in costante aumento.
L'espressione “Internet Addiction Disorder”, è stata introdotta nel 1995 da Ivan Goldberg e si sta valutandone l’inclusione  nel prossimo DSMV.
Si tratta di un disturbo da discontrollo degli impulsi che copre un’ampia varietà di comportamenti e il principale fattore facilitante l’insorgere di queste forme di dipendenza è  da ricondursi alle stesse caratteristiche multimediali della Rete. La ricchezza, l’immediatezza, la sincronicità delle possibilità offerte dal web  rendono possibile la gratificazione immediata di ogni bisogno, consentono alle persone di sperimentare una sorta di condizione di onnipotenza, stimolano un nuovo tipo di comportamento avido e compulsivo rispetto alla comunicazione, la parola d’ordine è “partecipare” “sono connesso quindi esisto”, ma consentono anche l’appagamento del bisogno di fuga dalla realtà e dai problemi della vita reale, la fuga in un altro spazio, quello cibernetico.
Ora bisogna stare attenti perché, come sappiamo,  tutti i fenomeni di trasformazione rapida attivano delle resistenze, atteggiamenti di rimpianto del passato, la tendenza a vedere solo aspetti negativi e per noi psicologi, psicoterapeuti, psichiatri la tendenza ad evidenziare solo gli aspetti patologici. 
In realtà è in atto un cambiamento epocale di tipo culturale che dobbiamo considerare un processo irreversibile e di cui dobbiamo innanzitutto cogliere gli aspetti positivi, di cambiamento “normale” dei comportamenti, degli stili di vita prima degli aspetti regressivi o patologici.
Con l'affermarsi dell'informatica e delle nuove tecnologie telematiche, a partire  dagli anni 90, la nostra è diventata una società dell'informazione.
Oggi esiste una “collettività mediatica” costituita da individui in relazione tra loro via internet, una gigantesca rete che collega milioni di computer su tutto il pianeta che ha trasformato tutti noi in “cittadini digitali”. In questi anni è avvenuto un vero processo di “alfabetizzazione informatica” che ha coinvolto tutte le fasce di età proprio perché chi non sa utilizzare questo strumento è destinato ad essere tagliato fuori dal ciclo produttivo e relazionale del paese in cui vive.
Siamo entrati nella terza rivoluzione digitale. La prima, negli anni 90, con l’introduzione di internet e la rete dei cellulari, la seconda negli anni 2000 con l’affermarsi dell’interattività e l’ IMC (la comunicazione mediata da internet), con la nascita dell’Instant Messaging (Skype, Messenger), la Telefonia Digitale mediata da Internet,  e soprattutto i Social Network (Facebook, My Space… per arrivare oggi a FriendFeed e Twitter).
Tutta questa rivoluzione digitale  ha creato nuove forme di comunicazione e di aggregazione sociale  portando a mutamenti sostanziali nel nostro modo di muoverci nella quotidianità, nel nostro modo di entrare in relazione con gli altri, ma anche a dei macro-cambiamenti sociali, nel modo di porsi e di esprimersi della cittadinanza e dell’azione politica.
È sotto gli occhi di tutti come il dissenso civile oggi scorre sul web da una parte all’altra degli oceani. È  sufficiente che un cittadino denunci un aspetto di interesse collettivo e in poche ore intorno a lui possono aggregarsi centinaia, migliaia di persone, i siti si trasformano in laboratori interattivi di idee, progetti, sta nascendo una nuova forma di democrazia diretta della rete: basta pensare alle ultime elezioni amministrative a Milano, dominate da Facebook, Twitter, da YouTube e Foursquare. . Anche  Barack Obama ha dimostrato quanto più dirompenti possano essere i social network, i siti di microblogging e di videosharing,  rispetto a televisione, radio, ai vecchi media, per non parlare della carta stampata. E Facebook sarà il suo alleato principale nella campagna elettorale per la Casa Bianca.  Pensiamo alla “primavera araba” che forse non sarebbe stata neanche possibile senza questa forza aggregatrice consentita proprio dallo spazio virtuale della rete.
Tutto questo dimostra una cosa, che questo strumento è potente e quindi è in grado di influenzare la mente. E non si può  prescindere  dalle implicazioni e dagli effetti che esso provoca sull'individuo  e sulla collettività.
Dobbiamo poi considerare che stiamo andando ancora oltre, siamo entrati nella terza rivoluzione digitale con  lo sviluppo degli “Ambienti Virtuali 3D”, i Giochi di Ruolo, i Videogiochi On Line, che permettono di “vivere” la rete dall’interno, di immergersi, con l’uso di occhiali o caschi 3D, in modo realistico nello spazio virtuale.
Ora mi sembra che la parola chiave per capire quello che sta succedendo e dove ci sta portando tutta questa tecnologia sia “realtà virtuale”.
E a questo proposito vorrei fare una riflessione.
Tutti ricordiamo Orwell che nel suo libro “1984”, scritto nel 1948, immaginava, in un lontano futuro, una realtà completamente soggiogata e controllata da un “grande fratello” in grado di guidare, uniformare, costringere le conoscenze e le coscienze.
E per capire se ci stiamo avviando verso questo scenario inquietante o se abbiamo altre possibilità, dobbiamo innanzitutto intenderci sul significato di “realtà virtuale”:

  • “artificiale” creata dalla macchina, mediata dallo strumento/realtà naturale. Quindi virtuale come opposto di reale, dove per reale si intende ciò che può essere esperito dai nostri sensi a diretto contatto con la fonte della sensazione e senza la mediazione di qualsiasi artefatto. Se cerco “virtuale” sul Devoto Oli trovo come primo significato un’altra definizione “ciò che è in potenza e non in atto”. Anche sul vocabolario dei sinonimi oltre a fittizio, irreale, trovo potenziale/possibile.
  • Pierre Levy, filosofo francese che studia l’impatto di internet sulla società, utilizza il termine virtuale nell’accezione che si fa in ambito metafisico da “vis” (forza, potenza) e quindi virtuale è ciò che è in potenza. Allora virtuale e attuale sarebbero solo due diversi modi di essere, uno esprime ciò che è in atto, esperito dai sensi, l’altro ciò che potrebbe essere in futuro, in un secondo momento, potenzialmente.
  • Realtà virtuale anche come realtà altra, alternativa, in particolare per quanto riguarda l’ “identità” pensiamo all’uso dei nickname sui profili di facebook, la tendenza ad apparire diversi, a nascondersi, a presentarsi con una maschera, (teniamo presente che in greco e nel teatro greco la maschera si chiamava “persona” da cui il termine derivato di “personalità”. E infatti fanno parte della personalità anche i diversi modi in cui ci poniamo a seconda dei contesti).

Ecco ma come avviene l’interazione in uno spazio virtuale, nel cyber spazio?
Non grazie all’informazione che ci attribuiscono i nostri sensi ma attraverso i significati che ciascuno, per cultura, situazione, contesto e con il filtro dei propri schemi interni, attribuisce ai simboli che mediano l’interazione.
Il virtuale in realtà si trova solo nella nostra mente, e all’interno della nostra mente tutto il nostro modo di vedere il mondo è una rappresentazione virtuale e come tale inconoscibile in modo oggettivo.
Tutto questo ci rimanda alla prospettiva costruttivista e all’interazionismo simbolico: alla fine esistono solo le nostre rappresentazioni interne.
Quindi “virtuale” come fenomeno cognitivo, prolungamento del nostro sistema nervoso.
Allora il cyber spazio diventa estensione dello  spazio mentale dell’individuo o di gruppi di individui., un fenomeno cognitivo reso possibile dall’infrastruttura hardware proprio come la cognizione umana emerge dall’hardware rappresentato dalle connessioni neuronali.
Siamo all’interno di una concezione relativistica del reale che è poi quella dell’estetica post-moderna: nell’era della connettività la realtà è fluida, decentrata, non lineare, opaca, viene continuamente costruita dagli individui nei diversi contesti.
Il computer può essere una metafora del post-moderno, l’accesso al cyber spazio ci consente di contemplare la mente oltre la fisicità.
Se ci pensiamo tutto questo ha un grande fascino, l’utilizzo di internet come luogo della costruzione libera e creativa di contesti, oggetti, identità.
Naturalmente rappresenta anche un grosso fattore di rischio.
Il pericolo è il relativismo assoluto, l’idea che tutto sia possibile, la confusione tra fantasia e realtà, le incertezze e l’instabilità per l’individuo e la società, la caduta dei valori. Pericolo che l’interazione avvenga nel vuoto sociale, in assenza della pressione sociale in grado di dare dei riferimenti e che porti a comportamenti anormativi, disinibiti. Il pericolo è l’abbuffata di stimoli e nelle infinite possibilità di scelta rimanere paralizzati, o sballottati senza una direzione, o incatenati nella ripetizione.
Paul Valery” diceva “il faut etre legere come l’oiseau et non come la plume” .
Gli uccelli volano ma hanno una direzione, sanno dove andare.
Dobbiamo tenere presente che siamo sempre nell’epoca del “pensiero debole”, sono da tempo caduti i dogmi, le certezze assolute, ma in tutto questo internet non è la causa, è solo una possibilità. Internet è solo uno strumento e rimane una grande invenzione.
Levy parla dei “collettivi intelligenti”come grande potenzialità di arrivare, attraverso la tecnologia, alla realizzazione di un’”intelligenza collettiva”, a coordinare i bagagli di conoscenza di ciascuno, proprio perché ciascuno di noi sa qualcosa ma nessuno sa tutto. Può sembrare utopica la costruzione di un grande spazio del sapere consentita proprio dai nuovi strumenti di comunicazione che consentono l’evoluzione del sapere ad alta velocità.
Sta a ciascuno di noi, ma forse anche alle scelte politiche, stabilire da che parte andare, se verso i collettivi intelligenti di Levy o il 1984 di Orwell.
Quello che ci rimane in questo momento è lo scenario desolante di migliaia di persone cadute nella trappola della rete, migliaia di adolescenti, pre-adolescenti, bambini sempre più piccoli imbambolati davanti allo schermo del computer, forse gli stessi che hanno salutato   Steve Jobs   come colui che ha cambiato loro la vita, probabilmente  senza aver capito il senso delle parole che Steve Jobs ha rivolto ai giovani e che risuonano in modo un po’ paradossale “stay hungry, stay foolish”, siate affamati, curiosi, folli creativi.

Ecco io mi fermo qui e lascio la parola ai nostri ospiti che affronteranno questo tema complesso sotto diversi aspetti: la dott.ssa Roselina Salemi, giornalista freelance sul Sole 24 ore e sulla Stampa, con una lunga carriera giornalistica alle spalle, presso testate importanti come il Corriere della Sera, Repubblica, il settimanale Anna, anche scrittrice di saggi e romanzi, inquadrerà il fenomeno da un punto di vista sociologico, come nuovo fenomeno sociale, evidenziandone la diffusione e le modalità in cui si esprime.
Seguirà l’intervento della collega dott.ssa Fabiola Fabbri, picologa–psicoterapeuta, che approfondirà l’argomento sotto l’aspetto degli effetti psicopatologici, entrando nel merito del concetto di “dipendenza” e di “nuove dipendenze”.
Infine nel pomeriggio il dott. Guerreschi, psicologo-psicoterapeuta sistemico-relazionale, sociologo, fondatore della  SIIPAC (Società Italiana Interventi sulle Patologie Compulsive), con una lunghissima esperienza, a partire degli anni 70, in Italia e a livello internazionale  nel campo  delle dipendenze da alcol, gioco d’azzardo,. patologie compulsive, autore di numerosi testi e articoli su stampa nazionale ed estera sul tema delle dipendenze comportamentali.
Il dott. Guerreschi ci farà entrare nell’ambito diagnostico e clinico, spiegandoci in cosa consiste, secondo la sua esperienza, il trattamento multimodale delle New Addiction, e illustrandoci il programma terapeutico della SIIPAC.

Prima di concludere vorrei soltanto aggiungere una cosa: la Sipr rispetto a questo tema non si ferma qui. Voi sapete che abbiamo dato il via ad un progetto che prevede la costituzione di gruppi di studio e di ricerca, gruppi formati da soci, su tematiche di attualità che interessano la psicoterapia nell’ottica sistemico-relazionale. Un anno fa è partito un gruppo pilota sul tema della “clinica trans-culturale”, altro grande tema che non abbiamo esaurito con un convegno, e i cui risultati verranno portati in un prossimo convegno che si terrà nel 2012.
A breve partirà un altro gruppo sulle “nuove dipendenze” studiate secondo il paradigma sistemico,  al di là degli aspetti diagnostici, delle componenti ossessivo-compulsive, depressive, narcisistico-maniacali, ma interpretate come “sintomo” che compare nel sistema familiare. Sintomo che all’interno del sistema familiare svolge sempre una funzione e in una lettura circolare è sempre causa ed effetto contemporaneamente.
E se queste condotte,   proprio perché portano gradualmente all’isolamento, al distacco dalla realtà,  ad una sorta di anaffettività, di deresponsabilizzazione, hanno degli effetti a volte devastanti sui legami familiari, sulla vita di coppia, sulla relazione genitori-figli,  noi come terapeuti relazionali vogliamo capire che tipo di famiglia e di relazioni favoriscono lo sviluppo di queste dipendenze, che padri e che madri hanno alle spalle i bambini  e gli adolescenti che sviluppano questi sintomi, se l’”internet addiction disorder” è in qualche modo legato alle nuove tipologie familiari che si stanno delineando a struttura debole, con rapporti liquidi, ruoli intercambiabili, compiti diffusi
Questo gruppo sarà costituito da 15-20 soci Sipr, e partirà il prima possibile, tra dicembre e gennaio. Chi è interessato a farne parte ci può contattare via mail info@sipr-it.org.

“TECNOLOGIA E NUOVE DIPENDENZE”
Dott.ssa Fabiola Fabbri

Vorrei fare una serie di riflessioni per comprendere come l’avvento di grandi cambiamenti tecnologici abbia influito non solo nel nostro modo di vivere e lavorare e sulla nostra cultura, ma anche sulla nostra psiche fino a arrivare a configurarsi in vere e proprie nuove malattie. E allora parliamo di una tombola speciale: avete presente quelle che si fanno durante le feste natalizie con parenti e amici? Ecco, niente di tutto questo, ma una tombola speciale, il giorno di Natale a casa mia, sul divano, soli a casa perché tutti ammalati… veniamo a sapere da amici che c’è una nuova radio network che ha organizzato una tombola online, lo diciamo ai nostri parenti, ad altri amici, e il gioco è fatto! Passiamo il pomeriggio di festa, collegati con parenti e amici, ognuno in casa propria, ma in diverse città d’Italia, chattiamo tra noi, ci salutiamo, scherziamo, diciamo tutte quelle frasi d’ordinanza che si dice in ogni casa in cui si gioca a tombola: “mischia”, “gira”, “è uscito il 15?”. E qualcuno fa tombola (ovviamente in premio c’era un ipad), e tutti a dirgli quanto è stato fortunato. Ecco, questa è la tecnologia che accorcia le distanze e il web, il world wide web, si figura esattamente per ciò che è, una grande rete di relazioni, la più grande ragnatela del mondo. Ma le ragnatele possono anche essere insidiose: una serata con amici a cena, si parla del più e del meno, si scherza, poi qualcuno dice qualcosa e parte la ricerca: la ricerca del video su youtube, il titolo della canzone su Shazam (applicazione Apple per trovare il titolo di una canzone dopo alcuni secondi in cui la si registra o la si canta), il significato della parola su wikipedia; naturalmente tutto ciò comporta la comparsa di telefonini di nuova generazione, smart-phone, tablets e anche pc se si è a casa. E’ necessario tutto ciò? Forse no, ma di fatto è quasi impossibile non vedere queste scene e la domanda diviene indispensabile: quando, un modo di comportarsi, un’attività che per la maggior parte delle persone rappresenta parte integrante del normale svolgimento della vita quotidiana, può assumere per altre delle caratteristiche patologiche, fino a provocare gravissime conseguenze? E’ su questo, in particolare, che si sono concentrate le attuali ricerche, anche al fine di valutare l’opportunità o meno di inserire queste nuove forme di dipendenza all’interno del DSM: infatti, nonostante l’evidente sviluppo delle new addictions, in ambito scientifico vi è ancora incertezza riguardo alla legittimità di considerare tali disturbi alla stregua di vere e proprie dipendenze, ma ne parleremo poi di quali siano gli aspetti che, invece, le fanno ritenere tali.
Per poter proseguire dobbiamo introdurre un’importante distinzione di termini, quella tra addiction e dependence. Mi preme però una puntualizzazione, poiché è ricorrente che si faccia confusione quando si usano queste parole; c’è sempre qualcuno che mi dice: “quindi, per riassumere, chi è sano ha un’addiction e chi è malato ha una dependence?” No, Non è così, questi due concetti non hanno a che fare con il concetto di uso o abuso, di questo si parlerà in seguito, quanto piuttosto a una modalità di reazione fisica, chimica e psicologica.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, dobbiamo partire dal significato delle parole addiction e dependence, che spesso in italiano vengono tradotte nello stesso modo: dipendenza. Addiction significa inclinazione, dedizione, propensione, passione, mania… e anche dipendenza. Dependence significa affidamento, nesso, legame tale per cui una cosa non può sussistere o avere significato senza un’altra, in altre parole: dipendenza. L’origine di dipendenza deriva dal latino Dependere, Dé-pènsus, composto da Dé e pèndere, essere appeso, attaccato. Possiamo già da questi significati comprendere come sia erroneo utilizzare questi due termini, addiction e dependence, come sinonimi entrambi di dipendenza, di fatto anche a livello psicologico evidenziano due concetti ben distinti. Da un lato c’è la dependence con la quale si indica la dipendenza fisica e chimica, la condizione in cui l’organismo necessita di una determinata sostanza per funzionare e pertanto la richiede. Invece, con addiction si intende definire una condizione più generale in cui la dipendenza psicologica spinge alla ricerca dell’oggetto, senza il quale l’esistenza diviene priva di significato. Addiction e dependence non compaiono necessariamente insieme; il riconoscimento di nuove forme di dipendenza nei confronti di attività, e non più solamente di sostanze chimiche, conferma l’ipotesi che si possa sviluppare un’addiction senza dependence, ovvero un bisogno imprescindibile di mettere in atto determinati comportamenti significativi per il soggetto, in assenza di una dipendenza fisica vera e propria. D’altra parte, si può avere anche dipendenza fisica senza addiction, vale a dire senza sviluppare una fenomenologia patologica che può condurre, man mano che si manifesta, alla completa auto-distruzione e all’isolamento dell’individuo: si pensi ad esempio alla dipendenza da nicotina, sicuramente l’organismo richiede la sostanza e si sviluppa anche una dipendenza psicologica, ma di norma non si arriva a comportamenti anti-sociali o ad azioni illegali a causa del fumo (Shaffer, 1996).
Negli ultimi anni si è assistito a un’enorme diffusione delle new addictions, e se partiamo dalla classificazione di Alonso-Fernandez del 1999 che differenziava le dipendenze in
a) sociali o legali: droghe legali (tabacco, alcol, farmaci, ecc.), attività socialmente accettate come mangiare, lavorare, fare acquisti, giocare, guardare la televisione, ecc.;
b) antisociali o illegali dove sono contemplate le dipendenze da droghe e attività illegali;
possiamo vedere come, nella prima categoria, le nuove forme di dipendenza sono agevolate dall’innovazione tecnologica e dalla nuova civiltà che, da una parte, genera stress, vuoto e noia, dall’altra stimola la tendenza all’immediata gratificazione, fornendo gli strumenti più appropriati allo scopo. È possibile, infatti, che l’avanzare del progresso tecnologico abbia modificato non solo le abitudini delle persone, ma anche il loro modo di esprimersi in situazioni patologiche. Si pensi, ad esempio, a internet: esso non è solamente un utile strumento di comunicazione, al contrario può essere definito in un’infinità di modi secondo il particolare significato che assume per l’individuo. Può semplicemente essere uno strumento di lavoro, di svago, di socializzazione, ma può anche assumere il valore di un mondo parallelo o alternativo a quello reale, nel quale il soggetto può sperimentare nuove forme di comunicazione o relazione, che spesso amplificano disagi personali. È facile comprendere come una realtà così complessa possa diventare l’oggetto di una dipendenza, attraverso la quale celare le problematiche più profonde e silenziose. Ma quando possiamo parlare veramente di dipendenza?
Alcuni autori (Griffith, 1997) sostengono che le dipendenze da prodotti tecnologici, tra cui Internet, cellulari e tablets, ecc., condividono con le dipendenze da sostanze alcune caratteristiche essenziali:

  • Dominanza (salience) - l’attività o la droga dominano i pensieri e il comportamento del soggetto, assumendo un valore primario tra tutti i suoi interessi.
  • Alterazioni del tono dell’umore - l’inizio dell’attività o l’assunzione della sostanza provoca cambiamenti nel tono dell’umore, il soggetto può esperire un aumento dell’eccitazione o maggiore rilassatezza come diretta conseguenza dell’incontro con l’oggetto della dipendenza.
  • Tolleranza - Bisogno di aumentare progressivamente la quantità di droga o l’attività per ottenere l’effetto desiderato.
  • Sintomi di astinenza - Malessere psichico e/o fisico che si manifesta quando si interrompe o si riduce il comportamento o l’uso della sostanza.
  • Conflitto - Conflitti interpersonali tra il soggetto e coloro che gli sono vicini, e conflitti intrapersonali interni a sé stesso, a causa del suo comportamento dipendente.
  • Ricaduta - Tendenza a ricominciare l’attività o l’uso della droga dopo averla interrotta.

Schaffer a questo proposito sostiene che, “come leggere e collezionare francobolli, i computer sono psicostimolanti e una certa parte della popolazione può sviluppare una dipendenza in risposta ad essi”. Quindi a questo punto occorre valutare quali siano gli elementi che possono favorire l’insorgere di psicopatologie legate all’uso di Internet e ne sono state individuate 4 categorie:
1. le psicopatologie preesistenti, dove i fattori di rischio includono una storia di dipendenza multipla, condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo bipolare, compulsione sessuale, gioco d’azzardo patologico, o fattori situazionali, come sindrome da burn-out, contrasto coniugale o abuso infantile;
2. le condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di relazione “reali”,ecc);
3. eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari, ecc: “Internet come valvola di sfogo”);
4. le potenzialità psicopatologiche proprie della Rete (anonimato e sentimenti di onnipotenza che possono degenerare in pedofilia, sesso virtuale, creazione di false identità, gioco d’azzardo, ecc).

Inoltre, possiamo vedere come queste forme di dipendenza sono caratterizzate da tre categorie di disagio psicologico-comportamentale presenti spesso contemporaneamente:

  • un disturbo del controllo dell’impulso;
  • comportamenti ossessivi;
  • dipendenza da un’attività.

La dipendenza investe l’individuo a vari livelli:
a) nell’ambito relazionale e familiare, poiché aumentando progressivamente le ore di collegamento, diminuisce il tempo disponibile da dedicare alle persone significative e alla famiglia. Il virtuale acquista un’importanza maggiore della vita reale, dalla quale il soggetto tende a estraniarsi sempre di più, arrivando anche a trascurare gli oneri domestici. Il matrimonio viene spesso compromesso a causa dei frequenti rapporti amorosi che nascono in Rete e che a volte si concretizzano in vere e proprie relazioni extraconiugali.
b) Nell’ambito lavorativo e scolastico, l’eccessivo coinvolgimento nelle attività di Rete distoglie l’attenzione dal lavoro e dalla scuola; inoltre i collegamenti esageratamente prolungati, anche durante le ore notturne, portano allo sconvolgimento del regolare ciclo sonno-veglia e a una stanchezza eccessiva, che invalida il rendimento scolastico e professionale.
c) Nell’ambito della salute poiché la dipendenza da Internet provoca numerosi problemi fisici che possono insorgere stando a lungo seduti davanti al computer (disturbi del sonno, irregolarità dei pasti, scarsa cura del corpo, mal di schiena, stanchezza agli occhi, mal di testa, sindrome del Tunnel Carpale, ecc.).
d) Dal punto di vista finanziario, soprattutto nei casi in cui il soggetto partecipi ad aste, commercio on-line e gioco d’azzardo virtuale. Inoltre i problemi economici possono anche scaturire dai costi dei collegamenti, che in alcuni casi raggiungono la durata di 50 ore settimanali e dalla fruizione di materiale pornografico, che richiede il numero della carta di credito dell’utente.

Le conseguenze negative che derivano da questa situazione si ripercuotono nell’intero funzionamento della vita dell’individuo, provocando una sofferenza generale, estesa anche al suo contesto di appartenenza. Pensiamo ad esempio a come un genitore, che già trascorre molte ore fuori al lavoro, rientrando a casa inizia a collegarsi a internet per fare spese, chattare, distrarsi in qualche gioco virtuale o ancora a “smistare” la posta elettronica: ben poco spazio rimane per la relazione con il partner e i figli. E ancora, quando queste attività tendono a superare una certa soglia di tempo, passando da quella che viene definita fase tossicofilica a quella tossicomanica: il gioco è fatto, il destino di quella famiglia è spesso di ritrovarsi in uno dei nostri studi per una separazione o il sintomo di un componente familiare. Le fasi sopra indicate, che conducono a una vera e propria patologia, sono (Cantelmi, 2000):
1) Fase Tossicofilica: caratterizzata dall’incremento delle ore di collegamento, con conseguente perdita di ore di sonno, da controlli ripetuti di e-mail, siti preferiti, elevata frequenza di chat e di gruppi di discussione, idee e fantasie ricorrenti su Internet, quando si è off-line, accompagnati da malessere generale;
2) Fase Tossicomanica: caratterizzata da collegamenti estremamente prolungati, al punto da compromettere la propria vita socio-affettiva, relazionale, di studio o professionale. I soggetti maggiormente a rischio hanno un’età compresa tra 15 e 40 anni, con un elevato
livello di conoscenza degli strumenti informatici, isolati per ragioni lavorative (turni notturni) o geografiche, con problemi psicologici, psichiatrici o familiari preesistenti. Il tipo di personalità predisposto a sviluppare tale disturbo è caratterizzato da tratti ossessivo-compulsivi, inibito socialmente, tendente al ritiro, per il quale la Rete rappresenta un modo per fuggire dalla realtà, con relazioni virtuali che differiscono da quelle reali per l’anonimato, la rimozione delle barriere geografiche e il miscuglio culturale.

Altre ricerche effettuate in Italia (Lavenia e Marcucci, 2004) hanno evidenziato due fasi di sviluppo comuni a tutti gli utenti telematici e ogni fase dello sviluppo telematico (il percorso evolutivo che il neofita di internet segue per inserirsi in questa nuova realtà) comporta specifici rischi:
1. Fase di osservazione e ricerca. Nella prima fase il soggetto scopre e utilizza giornali, riviste e informazioni on-line, casinò virtuali, trading online, negozi virtuali, siti pornografici. I rischi di questa prima fase sono: sovraccarico cognitivo, gioco d’azzardo patologico on-line, trading patologico on-line, shopping compulsivo on-line, porno dipendenza.
I rischi maggiormente correlati a questa fase sono di tipo compulsivo. Il soggetto che inizia a navigare nella Rete scopre le sue infinite offerte e inizia ad attivarsi nelle modalità che gli sono più congeniali. Alcune sono a maggior rischio di divenire vere e proprie compulsioni: lo shopping, il giocare in borsa, il gioco d’azzardo, la visione di materiale pornografico. Non sono attività che si trovano solo su Internet, con i rischi connessi, ma in Rete sono facilitate dall’anonimato e dalla semplicità con cui è possibile praticarle in qualunque momento senza dover uscire di casa ed esporsi al giudizio altrui. In questo caso Internet non pone alcun limite all’impulso, che può facilmente tramutarsi in compulsione quando sfugge al controllo del soggetto e diviene il centro della sua esistenza.
2. Fase relazionale-comunicativa. Nella seconda fase il soggetto scopre e utilizza chat, Mud e altri giochi online. I rischi di questa seconda fase sono: incontri al buio pericolosi, isolamento sociale e dipendenza, dipendenza da sesso virtuale, perdita dei contatti reali, sentimenti di onnipotenza. In questa seconda fase si manifestano le cosiddette net-dipendenze, per le quali le persone maggiormente a rischio sono quelle con difficoltà comunicative-relazionali. In questi casi la dipendenza costituisce un comportamento di evitamento, attraverso cui il soggetto si rifugia nella rete, per sfuggire alle sue problematiche esistenziali.

Per concludere, vorrei riprendere quelle che sono le somiglianze tra gli effetti della dipendenza da sostanze e quelli delle new addictions,  al fine che queste ultime possano essere, in futuro, riconosciute alla stregua di ogni altra dipendenza e quindi essere “trattate” con sistematicità:

  • La compulsività, cioè la sensazione di impossibilità di resistere all’impulso di mettere in atto il comportamento;
  • Il craving, cioè quella sensazione crescente di tensione che precede immediatamente l’inizio del comportamento;
  • Il piacere e sollievo durante la messa in atto del comportamento;
  • La percezione di perdita di controllo;
  • La persistenza del comportamento nonostante la sua associazione con conseguenze negative.

 

Fonte: http://www.sipr-pisa.it/quadernionline/quaderno_5.doc

Sito web da visitare: http://www.sipr-pisa.it/

Autori del testo: sopra indicati nel documento di origine

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