Italiano televisivo

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Italiano televisivo

 

L’ italiano televisivo

La lingua della televisione occupa un posto particolare nel panorama sociolinguistico dell' Italia contemporanea: se nel secondo dopoguerra ebbe un ruolo determinante come modello di quell' italiano orale che tanto contribuì a diffondere in un paese stremato dalla guerra, ma pronto a sollevarsi dall' analfabetismo e dall' imperante monolinguismo dialettofono, a partire dagli anni Settanta cominciò a diventare piuttosto specchio degli usi linguistici di una società in rapido mutamento, anticipandone e amplificandone le mode, o semplicemente testimoniando quanto vario e complesso fosse il repertorio linguistico degli italiani e quanto rapide fossero ormai le trasformazioni di una lingua e di una società in pieno movimento. Questo passaggio da modello a specchio degli usi comunicativi (per usare due fortunate metafore coniate la prima da Tullio De Mauro, la seconda da Raffaele Simone, famosi linguisti a cui molto deve lo studio sull'italiano trasmesso) riguarda il ruolo che la lingua televisiva ha avuto nell'evoluzione dell'italiano contemporaneo: il discorso cambia se, da strumento di aggregazione, svago, informazione, la televisione viene utilizzata piuttosto come strumento didattico in un percorso di educazione linguistica. Dagli anni Ottanta, infatti, con il boom delle tecniche di videoregistrazione prima e delle trasmissioni via satellite poi, la "scatola magica", con le sue immagini in movimento e con il suo composito sound fatto di suoni e parole è entrata anche in classe, in particolar modo in quella di lingua.

 Insegnare l'italiano con la televisione, dunque?
Certo, se questo vuol dire saper prima di tutto selezionare i modelli linguistici e culturali più adeguati ai destinatari, saper utilizzare le strategie didattiche specifiche dei materiali audiovisivi, saper costruire le proprie fasi di lavoro in classe (e fuori dalla classe) utilizzando materiali filmati integrati con le altre modalità di insegnamento. Forse sono proprio queste diverse competenze, oltre al tempo che richiede la ricerca dei materiali, che spesso scoraggiano gli insegnanti, molti dei quali preferiscono utilizzare i video già pronti in commercio.
Il lavoro dell'insegnante è sicuramente faticoso: si tratta di registrare e visionare intere trasmissioni, selezionare e trascrivere il brano prescelto, costruire le attività, prevedere lo svolgimento dell' unità didattica.
D'altra parte, questa è anche una sfida alla propria creatività e alla propria capacità di integrare con materiali autentici più aggiornati o più legati agli interessi della classe.

Se è vero che in questa veste la lingua televisiva resta comunque un "modello" comunicativo, quali campioni selezionare?
Bisogna distinguere se si utilizza nell'insegnamento dell'italiano L1 o L2. Nel primo caso si tratta di favorire la consapevolezza linguistica e l'ampliamento del repertorio degli apprendenti attraverso l'analisi dei diversi generi televisivi e dei rispettivi "linguaggi" (dalla telenovela, al talk-show, all'approfondimento culturale, alla radiocronaca sportiva e via dicendo), prendendo coscienza delle deviazioni dalla norma e delle loro cause (scarsa cultura, registro informale, licenza poetica, trasgressione o altro), confrontando le diverse modalità espressive dello scritto rispetto al parlato (più ancorato al contesto e affiancato anche dai codici non verbali) e puntando ad un "parlato serio semplice" , cioè quell'italiano "sciolto ed efficacemente comunicativo usato dai parlanti colti e consapevoli" (Sabatini: 1997) che non di rado si affaccia anche dallo schermo televisivo. Se invece si usano dei brani registrati da programmi televisivi per insegnare l'italiano a stranieri, la scelta dei "modelli" dovrà essere più cauta. Gli spot pubblicitari o i film doppiati offriranno degli esempi (così rari nella comunicazione reale) di pronuncia standard che lo studente straniero potrà cercare di imitare; i talk-show di argomento né troppo elevato né troppo trascurato proporranno interazioni informali su argomenti quotidiani da analizzare e simulare in classe; le varietà regionali di italiano, presenti in quasi tutti i programmi così come nella produzione cinematografica italiana, garantiranno un addestramento alla comprensione orale indispensabile per affrontare qualsiasi situazione comunicativa nell'Italia contemporanea.
E non bisogna dimenticare le componenti nonverbali della comunicazione che il video propone nella loro dimensione sonora e visiva: l'intonazione e il ritmo, ma anche i gesti, le distanze fra gli interlocutori, gli oggetti e tutte le convenzioni socioculturali così importanti in un contesto comunicativo reale (Diadori: 1994).

di PIERANGELA DIADORI

Quali tecniche didattiche sono più consigliabili usando i filmati televisivi per insegnare l'italiano L2?
La preoccupazione di chi vuole scegliere le tecniche didattiche più adeguate al mezzo audiovisivo sono più che giustificate, anche se è sotto gli occhi di tutti il caso dell'acquisizione spontanea dell'italiano attraverso l'esposizione "senza maestro" ai nostri programmi televisivi da parte della popolazione albanese o di quella maltese. Se però bastasse mettere qualsiasi studente davanti a uno schermo acceso che trasmette programmi in una lingua straniera per sviluppare nella sua mente una buona comprensione e produzione orale in quella lingua, è chiaro che tutti esalterebbero le doti miracolistiche di questa tecnologia. Sappiamo bene che le cose non stanno così: laddove non esista una forte motivazione intrinseca come quella degli albanesi (che vedono nell'Italia il paradiso economico, il paese di prestigio, la società da emulare e in cui possibilmente integrarsi), o una motivazione al piacere temporaneo come quella dei maltesi (che preferiscono i programmi italiani a quelli locali molto meno gradevoli e vari), sarà il docente a mediare con le sue competenze, trasformando l'input televisivo in uno strumento ottimale di lavoro con la classe, di esercitazione in laboratorio audio-video, di studio individuale in autoapprendimento. Il punto di partenza è, come abbiamo detto, la selezione di filmati brevi (dai 2 ai 5 minuti) isolabili e adatti ad uno sfruttamento intensivo, come potrebbe essere un qualsiasi testo di altro genere. Seguiranno la trascrizione del sonoro e la descrizione delle azioni e del contesto, su cui l'insegnante costruirà la propria "scaletta" da cui sviluppare l'unità didattica:

  •  l'argomento e le parole-chiave orienteranno la fase di motivazione,
  •  le domande per la comprensione forniranno una guida al primo incontro con il testo, che potrà avvenire nella dimensione solo sonora, solo visiva o nella versione originale completa di video e di sonoro,
  •  i "punti caldi" del sonoro (aspetti grammaticali, testuali, socioculturali) così come i codici nonverabli utilizzati nel filmato forniranno altrettanti elementi di analisi su cui focalizzare l'attenzione degli studenti mediante tecniche euristiche (che cosa giustifica l'uso del tu fra gli interlocutori? che cosa vuol dire quel gesto in quel contesto comunicativo? che significati si associano a quegli oggetti nella cultura italiana contemporanea? e in altre culture?)
  •  tecniche di fissaggio tradizionali (il passaggio del solo sonoro in laboratorio linguistico per ripetere frase per frase ogni battuta del dialogo del filmato, o l'ascolto di brevi parti di un monologo come quello dello speaker del telegiornale) risulteranno molto diverse da un lavoro analogo su frasi fuori da un contesto: automaticamente, infatti, le voci saranno associate agli interlocutori e al contesto in cui sono state incontrate durante la prima visione del filmato,
  •  il lavoro sul testo scritto (per esempio la trascrizione del sonoro quando si tratta di uno scritto parlato come il servizio telegiornalistico, o di uno scritto-recitato come le battute di un film) permetterà di costruire esercizi di cloze, incastro o abbinamento per sviluppare le abilità ricettive non più solo orali,
  •  la riflessione e la generalizzazione dei fenomeni linguistici e socioculturali incontrati e delle strategie discorsive osservate (nel caso di interazioni fra parlanti nativi) costituirà il punto cruciale verso quella consapevolezza non solo linguistica che, sotto la guida del docente, permette all'apprendente di orientare (o ri-orientare) la propria interlingua,
  •  l'appropriazione dei contenuti forniti da uno sfruttamento intensivo di un filmato potrà però avvenire solo quando scatterà la molla per un reimpiego meno guidato, orientato verso scopi realmente significativi per lo studente: vedere l'intero film a casa propria, dopo aver lavorato intensamente su una sua sequenza, navigare in Internet alla ricerca di altri dettagli su una notizia del telegiornale presentata in classe, sono solo due dei numerosi esempi di tecniche orientate verso obiettivi concreti, capaci di mettere in moto una reale acquisizione dei comportamenti comunicativi osservati nella lingua e cultura obiettivo.

BIBLIOGRAFIA


De Mauro T, Storia linguistica dell'Italia unita, Laterza, Bari 1963 Diadori P., L'italiano televisivo, Bonacci, Roma 1994 Sabatini F., Prove per l'italiano trasmesso (e auspici di un parlato serio semplice), in Gli italiani trasmessi. La radio, La Crusca, Firenze 1997 Simone

 

Fonte: http://www.oocities.org/studi_italiani/articoli_italtelevisivo.doc

Sito web da visitare: http://www.oocities.org

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