Le emozioni tema

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Le emozioni tema


Le emozioni: si definisca il concetto descrivendo la struttura delle
emozioni, le loro funzioni nell’attività mentale e i principali metodi di
osservazione delle risposte emotive.

E’ difficile dare una definizione univoca di emozione in quanto non esiste un'unica teoria sistemica e completa delle emozioni ma le varie teorie si sono interessate di aspetti specifici del fenomeno. In linea generale, potremmo definirla come una reazione avente valore adattivo, determinata da esperienze piacevoli o spiacevoli, caratterizzata da peculiari reazioni somatiche e da determinate qualità affettive. Per chiarire meglio il concetto può essere utile riportare la definizione di Lazarus che, adottando una prospettiva cognitvo-fenomenologica, descrive le emozioni come stati organizzati e complessi in cui sono distinguibili tre componenti:
- impulso all'azione: che comprende la componente espressivo-motoria ereditata filogeneticamente, i movimenti del volto, del corpo, i cambiamenti del tono della voce (es: nell'emozione rabbia, il viso appare contratto e preparato all'attacco).
- attivazione del sistema nervoso centrale, autonomo ed endocrino con conseguenti reazioni fisiologiche quali aumento del battito cardiaco, sudorazione, salivazione, etc.
- valutazione cognitiva dello stimolo: per cui l'emozione è strettamente connessa ai processi cognitivi. Il tipo di emozione dipende dalla modalità con cui l'individuo anticipa e costruisce l'esito del suo contatto con l'ambiente (es: se vado a una festa e penso che gli altri saranno cordiali con me sperimenterò serenità, se invece penso che nessuno mi rivolgerà la parola o che tutti rideranno di me inizierò, probabilmente, ad essere ansioso). Studiosi di diverse prospettive hanno contrapposto tali componenti e hanno considerato il primato di una componente su un’altra. Più che di primato è meglio parlare di un’autonomia delle singole componenti anche perché, a seconda delle caratteristiche della situazione che determina l’emozione e a seconda della natura dell’emozione stessa, vi è un diverso rapporto tra aspetti cognitivi ed espressivo-motori. Emozioni più complesse quali la vergogna o il senso di colpa, richiedono un’attività cognitiva maggiore rispetto a risposte emotive più elementari come la rabbia o la paura.
Darwin, all’interno della prospettiva evoluzionistica, considerò le emozioni un importante oggetto di studio scientifico in quanto fondamentali per la sopravvivenza della specie nel processo di adattamento all'ambiente. Le emozioni, infatti, predispongono l'organismo a reagire efficacemente rispetto agli stimoli che le hanno suscitate e sono inoltre un importante strumento di comunicazione.
I primi studi sulle emozioni, seguendo lo spirito empirista dell’epoca positivistica, hanno concentrato la loro attenzione sulle modificazioni somatiche considerate l’aspetto più indagabile con metodo oggettivo e scientifico. Secondo la teoria somatica delle emozioni di James e di Lange, l’emozione sarebbe una reazione somatica dei visceri e della muscolatura che si attiverebbero automaticamente di fronte a certi stimoli esterni inducendo l’organismo ad allontanare gli stimoli spiacevoli e ad avvicinare quelli spiacevoli. Nell’esempio storico, presente in tutti i manuali di psicologia generale, della paura di fronte ad un orso, la sequenza ipotizzata da James prevede: il vedere un orso, la reazione viscerale e comportamentale di tremare e scappare, e infine lo stato emotivo cosciente, la paura. La teoria somatica può essere considerata una teoria periferica delle emozioni in quanto l’aspetto soggettivo, cosciente, legato alla attività del sistema nervoso centrale, è visto come una conseguenza, come una percezione delle modificazioni somatiche. Secondo lo storico esempio riportato su tutti i manuali: non si corre perché si ha paura ma si ha paura perché si corre. La teoria ipotalamica di Cannon e Bard , contrariamente sostiene che l’emozione è indipendente dalla modificazione somatica: la percezione di uno stimolo attiva l’ipotalamo suscitando l’emozione che provoca cambiamenti somatici e comportamentali.
Altra teoria sulle emozioni è quella comportamentista di Watson, che considera solo gli aspetti descrittivi, comportamentali delle emozioni, e non considera i fattori psicologici interni e soggettivi. Le emozioni sono determinate, dall'azione degli stimoli sensoriali sul sistema nervoso attraverso, gli organi di senso. L'autore ha studiato i comportamenti emozionali osservando le reazioni dei neonati in seguito alla somministrazione di stimoli. Le emozioni primarie sono tre: la paura suscitata da un rumore improvviso, la rabbia in seguito alla immobilizzazione del bambino e l’amore provocata dalle carezze. Queste sarebbero le emozioni di base dell'individuo, che in seguito vanno moltiplicandosi e diversificandosi attraverso l'apprendimento condizionato. Per Watson l’emozione è un comportamento: la rabbia è l'attacco, la paura è la fuga. Il comportamentismo ha fornito importanti contributi dal punto di vista applicativo con la loro tecniche del decondizionamento Nello studio della paura, i comportamentismi hanno evidenziato che essa può presentarsi in presenza di stimoli neutri solo per la loro associazione a stimoli spiacevoli; attraverso la tecnica della desensibilizzazione sistematica, è possibile associare allo stimolo con valenza negativa, un elemento a valenza positiva. Tra coloro che sostengono il primato degli elementi cognitivi nello studio delle emozioni si inserisce il cognitivista fenomenologo Lazarus che le definisce “stati organizzati e complessi che consistono in valutazioni cognitive, impulsi di azioni e reazioni somatiche. Il legame tra emozione e modificazioni somatiche, è campo di interesse della medicina psicosomatica, quell'area della medicina che si occupa di malattie organiche o funzionali che vedono le esperienze emotive come loro cause determinanti. Tra le esperienze emotive significative vi sono quelle legate a stress per eccesso di lavoro, per affaticamento, per esperienze traumatiche, disgrazie, oppure quelle legate a stati interni conflittuali, non associabili ad episodi recenti ma ad esperienze del passato non elaborate e che continuano ad influenzare il vissuto presente del soggetto.
Gli stati emotivi intensi e prolungati, legati a situazioni particolarmente problematiche, comportano una attivazione fisiologica che può produrre cambiamenti e alterazioni somatiche fino ha determinare delle vere e proprie lesioni organiche. Ad esempio un’intensa attività fisiologica di origine emozionale, può produrre un aumento delle secrezioni acide nello stomaco, irritando la mucosa gastrica fino ad arrivare ad un’ulcera. Ancora, esperienze psichiche possono alterare il sistema immunitario e le difese dell’organismo.
Le teorie sopra esposte, riconducendo le emozioni alle sole variabili biologiche, risultano essere riduttive e poco esaustive in quanto non spiegano gli aspetti soggettivi delle emozioni e il loro rapporto con l’attività cognitiva.
La prospettiva funzionalista non si è occupata di stabile se venga prima la reazione somatica o l’attività psichica, ha invece posto attenzione al significato globale della esperienza emotiva in cui conoscenza, sentimento e azione si coordinano affinché l’organismo interagisca efficacemente con l’ambiente e raggiunga l’adattamento.
Un altro capitolo importante riguarda la comunicazione delle emozioni e il confronto dei diversi modi di esprimere le emozioni in diverse culture. Lo studioso che più se ne è occupato è Ekman che ha elaborato la teoria neuro-culturale delle emozioni secondo la quale il comportamento espressivo, almeno per emozioni di base quali paura, gioia, rabbia, sorpresa, dolore è universale e non influenzato da differenze culturali; le regole di esibizione invece sono culturalmente determinate e sono il frutto di apprendimenti di specifici modelli comportamentali. Ad esempio in alcune culture quali quelle giapponesi l’espressione delle emozioni, soprattutto di quelle negative, deve riguardare la sfera privata dell’individuo e non quella pubblica.

Emozione e cognizione vengono integrate anche dai teorici della psicologia della forma, in quanto l’emozione viene studiata nel suo aspetto di tensione conoscitiva che si attiva nel complesso rapporto organismo-ambiente. L’individuo con le sue strategie cognitive e comportamentali, con i suoi atteggiamenti e attribuzioni di significati, cerca di raggiungere la condizione di equilibrio lottando contro le tensioni e le barriere presenti nel campo psicologico. Le emozioni sarebbero così legate al vissuto di eliminazione o aumento della tensione e dal gioco di forze presenti nel campo psicologico.
Secondo la prospettiva cognitivista l’emozione è successiva a un processo di valutazione cognitiva dell’informazione in ingresso; tale elaborazione permette di attribuire il significato soggettivo all’esperienza emotiva, di distinguere tra una emozione e un’altra e di pianificare strategie di comportamento. L’emozione è per i cognitivisti una funzione cognitiva e tale affermazione può essere supportata dallo storico esperimento di Schachter. La situazione sperimentale prevedeva tre gruppi di soggetti, ai quali viene somministrata un’iniezione di adrenalina (una sostanza che induce un’attivazione neuroendocrina); i soggetti non avvertiti degli effetti dell’iniezione e quelli avvertiti in modo sbagliato, si lasciavano coinvolgere in attività emotive in modo da attribuire a tali attività la causa delle modificazioni fisiologiche; i soggetti correttamente avvertiti degli effetti invece, non attribuivano alle loro modificazioni corporee dei significati emozionali. Da tale esperimento si deduce che l’emozione non è solo la conseguenza della modificazione fisiologica ma è il risultato di un processo di valutazione delle informazioni interne (fisiologiche) ed esterne (ambientali). Gran parte dell’elaborazione emotiva però, non avviene nei livelli di cognizione superiore facilmente accessibili consciamente. Le nostre emozioni ci lasciano spesso perplessi. Molte cose che facciamo, compresa la valutazione del significato emotivo degli accadimenti della nostra vita e l’espressione degli atteggiamenti emotivi in risposta a tale valutazione, non dipendono dalla coscienza e nemmeno da processi ai quali abbiamo per forza accesso.
Il modello psicoanalitico ha dato grandi apporti all’aspetto inconscio delle emozioni, in ambito sia teorico che applicativo. Nel setting analitico, il paziente ha la possibilità di divenire consapevole e rielaborare le sue relazioni d'oggetto in quanto rivive la situazione affettiva, emotiva che ha avuto nei confronti della figura di attaccamento, verso l'analista (transfert). Quindi, i disturbi emotivi vengono trasferiti dalla figura di attaccamento all'analista. Nei primi scritti Freud considera le emozioni in termini energetici come una mobilitazione di forze interne all’organismo, di fronte ad eventi traumatici e a situazioni che mettono in pericolo l’adattamento e l’equilibrio dell’individuo. Successivamente l’emozione non viene più vista come reazione ad un disequilibrio energetico, la reazione emotiva dell’angoscia previene ed evita che l’individuo venga travolto da un eccessiva eccitazione, attivandosi come un “segnale” di fronte ad una situazione di pericolo, già sperimentata un tempo e che minaccia di verificarsi nuovamente. Infine Freud distingue tra due tipi di risposta emozionale: una è più di tipo automatico, primitivo ed è caratteristica delle prime fasi di sviluppo; l’altra è più matura, legata a processi cognitivi per lo più di tipo inconscio e mediata dai meccanismi di difesa. In ambito psicoanalitico, sul tema dell’affettività la scuola kleiniana privilegia lo studio del contesto relazionale e considera le prime esperienze oggettuali vissute dal bambino come fondamentali per il suo futuro sviluppo mentale.
Gli stati affettivi descritti dalla Klein quali l’amore, l’odio, l’invidia e la gratitudine possono considerarsi dei sentimenti e non delle emozioni; essi sono più delle disposizioni affettive durature verso un determinato oggetto e sono in relazione con lo strutturarsi delle attività simboliche. La rabbia che un bambino può provare per la sensazione di fame, anche se sembra automatica, implica un’attività di elaborazione simbolica capace di trasformare le afferenze sensoriali viscerali ed esterne in rappresentazioni simboliche che permangono nella mente al di là delle afferenze da cui si sono generate.
Le emozioni hanno un ruolo importantissimo nelle prime interazione madre-bambino: il neonato si accorge che quando piange, la madre si prende cura di lui, ed impara così a cogliere le correlazioni tra il suo comportamento e quello del genitore. Attraverso le emozioni, quindi, percepisce la differenziazione tra Sè e non Sè, si sperimenta artefice del suo comportamento, comunica con l'ambiente esprimendo i suoi bisogni, consentendo, alla madre di comprenderli e di soddisfarli.
Per quanto riguarda l’ontogenesi delle emozioni nel bambino, Spitz ha osservato la presenza del sorriso a tre mesi di fronte ad una figura, non necessariamente umana, che sia posta frontalmente e in cui sono distinguibili naso fronte e occhi. A sei sette mesi il sorriso viene espresso di fronte ad una faccia che è familiare e attraverso la gioia che suscita negli altri, il bambino si percepisce come agente causale di un comportamento. Verso l’ottavo mese il bambino sviluppa la paura di fronte all’estraneo. A due anni il bambino possiede tutta la gamma di emozioni presenti nell’adulto.
Studi recenti hanno riavvicinato le emozioni alla cognizione e al concetto di intelligenza. Accanto al concetto tradizionale di intelligenza Goleman (1995) ha ipotizzato l’esistenza di un’intelligenza emotiva in grado di influenzare il successo di un individuo nella vita e nelle relazioni interpersonali. Già Gardner, con il suo concetto di intelligenza multipla, aveva affermato i limiti delle vecchie concezioni sull’intelligenza. Le intelligenze intrapersonale ed interpersonale, sono quelle che più si avvicinano al concetto di intelligenza emotiva di Goleman in quanto si basano sulla capacità di accedere alle proprie ed altrui emozioni. Salovey e Mayer, (1990), hanno evidenziato 5 abilità che caratterizzano l’intelligenza emotiva, esse sono: la conoscenza delle proprie emozioni e la capacità di riconoscere e monitorare istante per istante i propri sentimenti; il controllo delle emozioni inteso come capacità di calmarsi, di liberarsi dall’ansia, dalla tristezza o dall’irritabilità permettendo alle persone di reagire meglio alle sconfitte e agli imprevisti della vita; la capacità di sapersi motivare, di dominare le emozioni per raggiungere un obbiettivo, di tollerare le frustrazioni e posporre le gratificazioni; il riconoscimento delle emozioni altrui, l’empatia che permette di essere più sensibili ai segnali sociali, alle necessità altrui, e quindi rende più efficaci le relazioni con gli altri; e infine la gestione delle relazioni che consiste, in larga misura, nella capacità di dominare le emozioni altrui. Si tratta di abilità che aumentano la popolarità e la leadership. L’essere consapevoli dei propri sentimenti può permettere anche di organizzare un’azione per modificarli e per controllarli. Le persone che riescono a fare ciò sono solitamente autonome, hanno un’indole positiva e sono consapevoli dei propri limiti. Costoro, quando è presente un sentimento negativo, riescono ad affrontarlo con distacco ed a liberarsene prima degli altri, senza rimanere sopraffatti dalle proprie emozioni. Esistono invece persone che, nonostante siano consapevoli dei propri stati d’animo, in presenza di sentimenti negativi che comportano sofferenza, assumono un atteggiamento di rassegnazione e tendono ad accettare tale situazione senza cercare di modificarla.
L’assenza di consapevolezza sui sentimenti può rivelarsi pericolosa, soprattutto nel caso in cui si devono prendere delle decisioni importanti per la vita: quale carriera intraprendere, chi sposare, dove vivere. Queste ed altre situazioni però, non possono essere affrontate servendosi della sola razionalità, è necessario essere in sintonia con i propri sentimenti, con quei segnali intuitivi che scaturiscono dalle esperienze del passato. In ambito clinico, di terap. Familiare, scolastico e nella gestione delle risorse umane in aziende è possibile progettare interventi di prevenzione e di sviluppo di abilità emozionali, cognitive e comportamentali. E’ possibile sviluppare e ampliare le abilità emozionali attraverso un lavoro sull’identificazione dei sentimenti e la capacità di valutarli, nominarli, esprimerli nella loro diversa intensità e poi imparando a controllare gli impulsi, ridurre lo stress, rimandare la gratificazione, comprendere la differenza tra sentimenti e azioni. Lo sviluppo delle abilità cognitive può avvenire attraverso un dialogo interiore che serva a pianificare qualcosa che si sta per affrontare identificando le azioni da intraprendere e prevedendo in anticipo le conseguenze oppure a mettere in discussione i propri comportamenti. Si sviluppa anche attraverso la capacità di utilizzare metodi graduali per la risoluzione dei problemi, per l’assunzione di decisioni, e anche attraverso la capacità di interpretare gli stimoli sociali, di comprendere il punto di vista dell’altro e di sviluppare un’auto consapevolezza dei propri limiti e delle proprie possibilità. Le abilità comportamentali possono sviluppando attività non verbali, imparando a comunicare attraverso gli occhi, le espressioni del viso, il tono della voce e attraverso l’essere chiari con gli altri, il reagire con efficacia e con controllo degli impulsi nelle situazioni complesse e attraverso il sapere ascoltare gli altri e aiutarli.
Metodi di indagine: Il colloquio è un importante strumento di indagine delle emozioni. Al di là di ciò che viene comunicato verbalmente dal paziente, è importante osservare tutto ciò che entra a far parte della comunicazione non verbale: la postura, i gesti, l'intonazione della voce, lo sguardo, il contatto oculare e la mimica facciale. Nel colloquio, anche per esplorare il livello emozionale è molto importante l'empatia, un sentimento caratterizzato dall’equilibrio tra partecipazione e distacco verso l’altro. L’ identificazione con l'altro porta a sentire "come se" si fosse l'altro. Ambiti applicativi: Area clinica. Nei disturbi psicologici le emozioni hanno, quasi sempre, un ruolo chiave. In campo clinico è importante osservare la congruenza tra il vissuto emotivo che l'individuo mostra e quello che comunica verbalmente, per analizzare la gravità della patologia ed il livello di realtà. L'indice di congruenza tra stato emotivo e codice verbale viene utilizzato come indice diagnostico della gravità della patologia, del contatto con la realtà e del modo in cui la persona si relaziona a se stessa. Talvolta, infatti, il paziente non mostra la giusta rilevanza e qualità emotiva rispetto agli eventi, oppure non esprime le sue emozioni, bloccando il processo di elaborazione e la possibilità di rivivere e rievocare anche i momenti più traumatici per costruire un proprio mondo interno, un universo simbolico e di significati. In qualsiasi ambito lo psicologo lavori (clinico, scolastico-evolutivo ecc) interagisce sempre con delle categorie emozionali. Si può trattare di eventi emotivi positivi, negativi, semplici o complessi ma comunque le categorie emozionali fanno sempre parte della materia prima del lavoro dello psicologo, dello psicoterapeuta e dello psichiatra.
Altri importanti ambiti applicativi sulle emozioni, a livello di psicoterapia, riguardano la terapia centrata sul cliente di Rogers (C.C.T.), l'uso del transfert, le varie tecniche comportamentali di decondizionamento.

Fonte: http://www.psinfantile.com/wp-content/uploads/2012/09/Tema-Le-emozioni.doc

Sito web da visitare: http://www.psinfantile.com

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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