Diario di viaggio organizzato a Cuba

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Diario di viaggio organizzato a Cuba

CUBA (2010)

26.11.2010 - 07.12.2010 - 12:10 - Viaggio organizzato da ITINERA (dott. B.Mazzotta).

Il viaggio attraverso quest’isola, che è la più grande dei Caraibi, dove i turisti cercano il clima tropicale e le splendide spiagge, ha permesso di scoprire anche un mondo insospettato di arte, cultura e storia in un’atmosfera umana accogliente e in una società non primitiva o da terzo mondo, con un tenore di vita modesto ma dignitoso.
S’inizia con L’Avana (La Habana per i Cubani) entrando nell’atmosfera coloniale della Habana Vieja, Patrimonio UNESCO per la sua storia e il suo folclore, più a ovest si passa alla Habana Central con gli edifici ottocenteschi e i musei che narrano la storia moderna e infine l’area del Vedado con i grandi edifici governativi e i simboli della nazione. Nei giorni successivi si segue un itinerario che attraversa l’isola fino all’estremità orientale, toccando in successione le principali province e visitando luoghi d’interesse naturale, storico e artistico molti dei quali sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Si comincia dalla Riserva Naturale di Montemar, dove si trova una grande laguna salata. Si visitano Ciefuegos e Santa Clara, due capoluoghi di provincia, il secondo famoso per la battaglia decisiva della rivoluzione castrista. Si passa nella provincia di Trinidad, che è stata in passato il centro della produzione dello zucchero e oggi ha valore storico e di archeologia industriale, e la capitale Trinidad, gioiello coloniale, ambedue Patrimonio UNESCO. Seguono Sancti Spiritus e Camagüey, altre due capitali di provincia di architettura coloniale. Granma è la prima delle province orientali con capitale Bayamo, area storica, dove è iniziata la lotta per l’indipendenza dalla Spagna e teatro della guerriglia contro la dittatura Batista. Le ultime due città sono Baracoa, la più orientale e la più antica, nella provincia di Guantánamo, e Santiago de Cuba, per tutti gli aspetti, seconda città dell’isola, dopo L’Avana, e altro Patrimonio UNESCO. L’ultimo giorno, prima della partenza, si torna a L’Avana come per un commiato e per visitare i luoghi frequentati dallo scrittore Ernest Hemingway. Per ultimo si raggiunge all’estremo ovest il parco Nazionale dei Vulcani Spenti per osservarli da vicino, si torna infine indietro per raggiungere la Capitale passando per il distetto minerario di Orkhon e quello di Darkhan, ambedue enclavi economiche autonome nelle province dove si trovano. L’ultimo giorno nella capitale

51.1 TERRITORIO E STORIA.


La Repubblica di Cuba è uno stato indipendente situato nel Mar delle Antille, appena sotto il tropico del Cancro costituito da un’isola maggiore, che è la più grande delle Antille, e da più di 4000 isole e isolette satelliti che la circondano, la più grande delle quali è la Isla de la Juventud a sud-ovest. Occupa una superficie di circa 111000 kmq (circa un terzo dell’Italia) ed ha una popolazione di circa 11 milioni di abitanti. L’isola principale si allunga per 1200 km da ovest a est ed ha una larghezza variabile fra 32 e 145 km, è posta fra il Golfo del Messico e l’Atlantico, a sud della Florida (USA), da cui dista solo 180 km, e delle Bahamas. Bagnata a sud dal Mar delle Antille, a ovest si trova la penisola dello Yucatan (Messico), a sud le isole Cayman e la Giamaica e a est Haiti con la Repubblica Dominicana. L’isola, per tre quarti pianeggiante, ha tre sistemi montuosi (sierre): la Sierra del Rosario, a ovest, che non supera i 700 m, la Sierra dell’Escambray, al centro, che supera i 1140 m e la Sierra Maestra, a sud-est, che è la più importante e raggiunge i 1974 m con il Pico Tarquinio, il punto più alto dell’isola.
Il clima tropicale ha solo due stagioni, secco d’inverno, da novembre ad aprile, e umido da maggio a ottobre. La vegetazione è esuberante, il suolo fertile, è ricca di piante endemiche ed ha una grande varietà di ecosistemi, dalle foreste tropicali sulle pendici delle sierre, ricche di legni pregiati come il mogano e il cedro cubano, alle zone paludose dove vivono specie protette di coccodrilli, alle foreste di mangrovie e alle barriere coralline lungo le coste. Le coltivazioni più diffuse sono quelle della canna da zucchero e del tabacco per i prodotti di esportazione, zucchero e rum (ron per i cubani) e quelle per il consumo interno, come riso, fagioli, frutti tropicali, caffè. Altre risorse alimentari provengono dall’allevamento del bestiame e dalla pesca. Le maggiori risorse minerarie sono il nichel e il cobalto, minerali di ferro, rame e manganese.
Dalle ricerche archeologiche, i più antichi manufatti umani in pietra levigata rimontano a 10000 anni fa e i primi insediamenti di tribù di cacciatori raccoglitori si stabilirono nell’isola intorno all’8000 a.C., poi vennero diverse ondate migratorie che vivevano di agricoltura e pesca. Al tempo dello sbarco dei primi europei nella zona orientale erano diffusi gruppi di arrivo più recente, fra il 700 e l’800 d.C., fra cui i Taino, che coltivavano mais e yucca e vivevano in capanne dai tetti di paglia.
Cuba fu toccata per la prima volta da Cristoforo Colombo durante il suo primo viaggio (1492) dopo aver toccato terra alle Bahamas, dove prese a bordo guide indigene che gli avevano parlato di una grande isola chiamata Cuba a sud-ovest. Colombo toccò Cuba il 24 ottobre 1492 e si discute ancora se il luogo dell’approdo sia stato Silla di Gilbara nella provincia di Holguin o vicino a Baracoa, la città più orientale. Comunque Colombo non si fermò molto a Cuba ma proseguì per Haiti che poi chiamò Hispaniola, prima di tornare in Spagna. Tornò nell’isola nel secondo viaggio (1494), passò nello stretto fra Haiti e Cuba, scoprì la Giamaica e costeggiò la costa meridionale di Cuba e, da allora, non tornò più nell’isola. Nel terzo viaggio (1498) scese più sud a 10° di latitudine e toccò le coste del continente sud-americano vicino alle foci dell’Orinoco e, dalle acque dolci vicino alla costa, comprese di trovarsi vicino a un grande fiume e quindi a un continente. Nel quarto viaggio (1502), che fu l’ultimo, Colombo toccò le coste dell’Honduras e scese fino al Panama senza trovare un passaggio. Il ritorno alla Giamaica fu disastroso con le navi non più in grado di proseguire e tornò in Spagna con una nave di soccorso il 7 novembre 1504. Morì a Valladolid il 26 maggio 1506 convinto di essere arrivato vicino alle Indie, ma senza aver trovato le fonti delle grandi ricchezze in spezie e oro che tutti cercavano. La delusione era grande perché nel 1499 Vasco de Gama era tornato a Lisbona dall’India con un carico di spezie. Intanto i viaggi di Amerigo Vespucci (1499-1500 e 1501-1502) confermavano l’esistenza di una massa continentale meridionale, un Mundus novus, che, per trovarsi in buona parte a est della linea di divisione stabilita dal trattato di Tordesillas (1494) sarebbe stato assegnato al Portogallo.
La circumnavigazione di Cuba fu compiuta per la prima volta da Sebastiano de Ocambo nel 1508 che così stabilì che si trattava di un’isola. La colonizzazione fu opera di Diego Velasquez che arrivò nell’isola nel 1511 con 300 uomini insieme a Hernan Cortés che poi avrebbe preparato la spedizione in Messico. All’estremo est fu fondata per prima la città di Baracoa (1511) e seguirono altre sette città: Bayamo (1513), Sancti Spiritus (1514), Trinidad (1514), San Cristobal de Santiago de Cuba (1514), Puerto Principe (Camagüey) (1515) e la Habana (L’Avana) (1519) sfruttando baie naturali per la costruzione dei porti.
L’isola era allora occupata da circa 100000 indigeni, in maggioranza Tainos e i conquistadores li misero al lavoro nelle encomiendas, lotti di terreno agricolo, dove dovevano lavorare in condizioni di schiavitù con il pretesto della conversione al cattolicesimo. Il lavoro forzato, cui non erano abituati, stremava gli indigeni che si ribellarono sotto la guida di Hatuey, un capo tribù fuggito dalla vicina Hispaniola, ma gli Spagnoli sedarono la rivolta e il capo fu bruciato vivo e, nel ricordo dei cubani, divenne il primo combattente contro il colonialismo. Benché le encomiendas fossero state poi abolite nel 1542, i massacri e le malattie importate dall’Europa, come vaiolo, morbillo e tubercolosi, contro cui gli indigeni non avevano resistenze immunitarie, in breve li decimarono e, dopo un secolo, erano praticamente scomparsi. Cuba era povera di oro e i pochi filoni si esaurirono presto, ma aveva una posizione strategica come base di collegamento fra la Spagna e le nuove colonie americane, inoltre il suo terreno fertile la rese preziosa per la produzione della canna da zucchero e del tabacco le cui piantagioni si diffusero nell’isola provocandone la deforestazione. L’allevamento del bestiame si sviluppò per fornire la carne secca alle esigenze dei marinai e ne derivò una fiorente industria di pellami da esportazione. Le necessità di manodopera provocò l’importazione di schiavi dall’Africa che sostituirono gli indigeni e divennero presto la maggioranza degli abitanti dell’isola.
Nella prima metà del 1500 si avverò il sogno di ricchezza e potenza della Spagna con la conquista delle colonie americane del Messico e del Perù. Dal 1519 al 1521 Hernan Cortés, partendo da Cuba, distrusse e saccheggiò l’impero azteco di Montezuma e Francisco Pizarro, partendo da Panama, dal 1532 al 1533 conquistò l’impero degli Incas sulle Ande peruviane. Da questo momento un fiume di oro e di ricchezze cominciò a transitare dai porti di Cuba: L’Avana e Santiago de Cuba che, secondo le regole monopolistiche della Corona di Spagna, erano le sole a essere abilitate al commercio con la madrepatria. Per le alte tasse di esportazione e il regime monopolistico delle importazioni, si sviluppò anche l’economia parallela del contrabbando e dei commerci illegali di schiavi, zucchero e pellami e altri prodotti, favorita dalla corruzione. Tutto favorì l’arricchimento dei coloni e le città portuali accumularono ricchezze. Iniziarono anche le scorrerie di pirati e corsari favorite dallo stato di guerra permanente fra le nazioni europee di Spagna, Francia, Inghilterra e Olanda durante tutti i secoli XVI e XVII. Nonostante il continuo sviluppo delle fortificazioni dei porti, pirati e corsari attaccarono e saccheggiarono di frequente molte città. Puerto Principe e L’Avana furono saccheggiate nel 1555 dal francese Jacques de Sores, nel 1662 il pirata Henry Morgan sbarcò a Puerto Principe e penetrò 70 km all’interno fino al nuovo abitato di Camagüey saccheggiando e bruciando. Alla fine del 1600 le potenze coloniali si accordarono contro la pirateria, ma continuarono i contrasti per la supremazia coloniale. Nel 1762, durante la guerra dei sette anni e i conflitti coloniali, un’armata inglese attaccò la fortezza del Morro a L’Avana e occupò l’isola per circa un anno. Gli inglesi liberalizzarono i commerci, ma poi restituirono l’isola alla Spagna in cambio della Florida. Questa parentesi segnò una svolta radicale. Cuba era ormai circondata da colonie inglesi, francesi e olandesi mentre quelle spagnole erano lontane sulla terraferma, Cuba divenne un centro di produzione agricolo, centrato sulle produzioni di zucchero, tabacco e pellami, crebbe la domanda di schiavi e nel 1700 ne arrivarono più di mezzo milione. Nel 1791, la rivolta degli schiavi a Santo Domingo, colonia francese, cancellò l’industria dello zucchero dell’isola e i suoi coloni si trasferirono a Cuba che divenne il maggiore produttore mondiale in un momento in cui i prezzi salivano. I creoli, bianchi nati in America, divennero la borghesia dominante a Cuba che, nella prima metà del 1800 rimase, con Puerto Rico, l’unico possedimento spagnolo nel Nuovo Mondo, dopo che tutte le altre colonie continentali americane avevano acquistato l’indipendenza dalla Spagna. A metà 1800, il 43% della popolazione di Cuba era costituito da schiavi neri, altri si erano riscattati e avevano raggiunto un buon livello economico, e la maggioranza degli abitanti era nata a Cuba. I funzionari governativi spagnoli detenevano rigidamente il potere con un regime fiscale oppressivo. L’insofferenza contro il governo spagnolo si espresse con numerose ribellioni durante tutto il 1800 fino a sfociare nella richiesta d’indipendenza, spinta dalla crisi economica prodotta dal crollo del prezzo dello zucchero nel 1857, per la concorrenza della barbabietola da zucchero europea.
Il 10 ottobre 1868, Carlos Manuel de Céspedes, proprietario di una piantagione di canna da zucchero (La Damajagua), con il Proclama di Yara (Grito de Yara), liberò i suoi schiavi e iniziò la rivolta contro la Spagna. La rivolta fu la Prima guerra d’Indipendenza e, per la sua durata, fu detta Guerra dei dieci anni. L’esercito rivoluzionario era formato da bianchi e neri, malamente armati, e furono detti “mambisi” in omaggio a Juan Mambi che aveva combattuto a Santo Domingo. Di fronte avevano 100000 soldati spagnoli che avevano rinforzato la guarnigione. I rivoltosi conquistarono la città di Bayamo, dove nacque il loro inno nazionale. Iniziarono gli scontri con l’esercito spagnolo e i contadini cubani caricavano con il machete, il loro attrezzo da lavoro che sostituiva la spada. La sollevazione si diffuse in tre province e fra i combattenti si distinsero Ignacio Agramonte, noto come el Mayor General, il dominicano Maximo Gomez, Antonio Maceo, un mulatto detto il “titano de bronzo” per la sua mole, e Guillermo Moncada, un negro che da semplice soldato divenne Maggiore Generale. Agramonte morì nel maggio 1873 e Gomez assunse il comando della cavalleria nella provincia di Camagüey e divenne Capitano Generale dell’Armata cubana, Antonio Maceo, unitosi ai rivoluzionari con il padre e i fratelli, divenne tenente colonnello in sei mesi. Quando, dopo dieci anni di lotta, l’azione dei rivoluzionari perse vigore e cominciarono le divisioni fra i capi, il Comandante spagnolo, Arseni Martinez de Campos, offrì la pace con amnistia e riforme politiche e, il 15 marzo 1978, iniziarono i colloqui per la pace. Maceo si oppose perché la pace offerta non avrebbe raggiunto nessuno degli obiettivi della rivoluzione, fra cui l’abolizione della schiavitù e l’indipendenza dalla Spagna, e, con la sua Protesta di Baraguà, si rifiutò di sottoscrivere il Patto di Zanjon, che poneva fine alla guerra, e andò in esilio.
La Guerra dei Dieci anni costò 250000 morti e grandi distruzioni, ma rafforzò lo spirito nazionale dei Cubani. Il controllo militare della Spagna sull’isola fu rafforzato, ma la schiavitù fu definitivamente abolita nel 1886 e nella società cubana entrò a far parte una massa di operai impoveriti, destinati ai lavori più umili, che impresse alle aspirazioni d’indipendenza un carattere più popolare. Nell’economia cubana si rafforzò l’influenza degli Stati Uniti che importavano lo zucchero cubano e avevano investito nell’industria saccarifera. L’industria americana partecipò alla costruzione delle linee ferroviarie cubane fornendo le rotaie e l’esperienza, inoltre la penetrazione economica degli Stati Uniti si basava sulla dottrina Monroe dell’America agli Americani e avversava il colonialismo spagnolo.
Alla fine della prima Guerra d’Indipendenza una nuova personalità era entrata fra i rivoluzionari cubani: José Marti, poeta, giornalista e letterato, nato a L’Avana nel 1853 da padre spagnolo e madre originaria delle Canarie. Coinvolto nelle manifestazioni antigovernative, già a 16 anni fu mandato in esilio in Spagna, dove si laureò in legge nel 1874. Nel 1878, con l’amnistia tornò a Cuba, ma l’anno dopo fu costretto di nuovo all’esilio, andò a New York e lavorò per gli esiliati cubani e come corrispondente di giornali dell’America Latina. Fondò il Partito Rivoluzionario Cubano e cominciò a preparare la Seconda Guerra d’Indipendenza. Nel 1895, José Marti s’incontrò clandestinamente a Cuba con Antonio Maceo e Maximo Gomez e diede iniziò all’insurrezione. Pochi giorni dopo, il 19 maggio, José Marti fu ucciso al suo primo scontro con le truppe spagnole e per la sua fine fu considerato l’eroe nazionale cubano. Gomez e Maceo, che fu nominato Luogotenente Generale (secondo solo a Gomez), a capo di due colonne di mambises, attraversarono l’isola per 1300 chilometri, per la prima volta dalla zona di Santiago de Cuba fino all’estremità occidentale, scontrandosi con le forze spagnole nelle province di L’Avana e Pinar del Rio. L’appoggio delle popolazioni agli insorti, nelle loro azioni di guerriglia, provocò una reazione eccessiva da parte del generale spagnolo Weyler che fece rastrellare 200000 abitanti delle campagne raccogliendoli in aree urbane fortificate, dove in buona parte morirono per denutrizione. Il 6 dicembre 1896, nei pressi di L’Avana, Maceo fu intercettato da una colonna spagnola e nel conflitto fu ucciso insieme al figlio di Maximo Gomez, Francisco. Gomez continuò la sua guerriglia rifiutando ogni soluzione diversa dalla totale indipendenza e la Spagna, di fronte alle reazioni dell’opinione pubblica, richiamò il generale Weyler.
Nel 1898, il Presidente McKinley degli Stati Uniti, a protezione dei cittadini americani, inviò a L’Avana il cacciatorpediniere Maine che esplose misteriosamente il 15 febbraio provocando la morte di 260 marinai. Si parlò di un sabotaggio degli spagnoli. Il Congresso USA approvò una risoluzione che intimava alla Spagna il ritiro dei militari da Cuba e, al rifiuto di Madrid, il 24 aprile si arrivò alla dichiarazione di guerra e al riconoscimento dell’indipendenza cubana.
Il fronte bellico si estese a tutte le colonie spagnole sia in America, dove oltre a Cuba rimaneva Puerto Rico, che nel Pacifico, dove erano spagnole le attuali Marianne e le Filippine. Il 1° di luglio le forze americane sbarcarono a Santiago de Cuba e gli Spagnoli ebbero la prima disfatta nella collina di San Juan con la famosa carica dei Rough Riders, un reggimento di volontari, comandato dal futuro presidente Theodore Roosevelt, il 3 luglio la flotta americana distruggeva quella spagnola nella rada di Santiago. Contemporaneamente era occupata Puerto Rico e, il 1° maggio, davanti a Manila la squadra americana sconfiggeva la flotta spagnola.
Con il Trattato di Parigi del 10 dicembre 1898, la Spagna dovette abbandonare Cuba, cedere agli Stati Uniti la sovranità su Puerto Rico e le attuali Marianne e concedere agli USA le Filippine per venti milioni di dollari.
Al trattato di Parigi non parteciparono i capi della rivolta cubana e la sovranità passò dalla Spagna agli Stati Uniti. Il generale Maximo Gomez dichiarò che il governo di transizione era stato imposto con la forza ed era illegittimo e incompatibile con i principi per cui il popolo cubano si era battuto e aveva sacrificato vite e ricchezze. Il 1° gennaio 1899, il generale americano John R. Brooke assunse il controllo de L’Avana dal comandante spagnolo e fu alzata la bandiera degli Stati Uniti. Dopo 3 anni di guerra totale Cuba era in rovina; gli eserciti di Spagna e Cuba avevano distrutto ogni cosa con il ferro e con il fuoco. Nel dicembre 1999 il generale Brooke fu sostituito dal generale Wood, ma le cose non migliorarono, il governo militare provvisorio rifiutò di fornire prestiti agli agricoltori e ai proprietari terrieri per aiutarli a ricostruire le proprietà danneggiate e gli imprenditori americani ebbero mano libera di impadronirsi dell’economia dell’isola. Gli annessionisti americani spingevano per l’annessione dell’isola, sostenendo che la maggioranza del popolo cubano era favorevole e respingendo l’Emendamento Teller, previsto nella dichiarazione di guerra alla Spagna, che lo vietava. Le elezioni tenute il 16 giugno 1900 a Cuba furono una sconfitta per gli annessionisti e il Partito Nazionale di Cuba, sostenuto dai ceti rivoluzionari, ebbe la maggioranza in quasi tutte le città. L’occupazione militare di Cuba durò fino al maggio 1902 e, in questo frattempo, fu redatta la nuova costituzione cubana dove, il 2 marzo 1901, fu incorporato l’Emendamento Platt che introdusse una serie di condizioni trasformando l’indipendenza cubana in un “sogno incompiuto”. Si consentiva, infatti, l’intervento militare degli Stati Uniti per preservare l’indipendenza di Cuba o il “mantenimento di un governo adeguato per la tutela della vita, libertà e proprietà”. La nuova repubblica era obbligata ad accettare l’Emendamento Platt. Il 20 maggio 1902 Tomas Estrada Palma prestò giuramento come primo presidente della nuova Repubblica. Nel 1903 un Trattato concesse agli Stati Uniti anche l’uso della Baia di Guantánamo per 100 anni e questo è rimasto un punto dolente per i Cubani, fino ad oggi.
Nei primi decenni del 1900, su Cuba successero governi semidemocratici e populisti sempre sotto il controllo degli Stati Uniti. Nel 1925, assunse la carica di presidente il generale Gerardo Machado y Morales, la corruzione dilagò e le proteste popolari furono represse. La crisi del 1929 fece crollare l’economia cubana basata sull’industria della canna da zucchero, scoppiò uno sciopero generale, Machado perse l’appoggio degli Americani, lasciò il potere e andò all’estero nell’agosto del 1933. Nel settembre un golpe militare, detto la “rivoluzione dei sergenti” portò al potere il sergente Fulgencio Batista che dal 1934, si fece nominare prima colonnello e poi generale e, appoggiato degli Stati Uniti, divenne il dominatore della politica cubana conservando, di fatto, il potere fino al 1952, quando si presentò alle elezioni ma, sicuro di perdere, s’impadronì del potere con un colpo di stato facendosi riconoscere dagli Stati Uniti. Con lui, le industrie americane ebbero mano libera garantendo il suo arricchimento personale e Cuba fu invasa dalla malavita dell’antiproibizionismo americano. La lotta al regime di Batista si concretizzò con Fidel Castro Ruz, un giovane avvocato di 25 anni, iscritto al Partito del Popolo Cubano che organizzò un’azione armata con 150 uomini, attaccando la caserma Moncada di Santiago de Cuba, il 26 luglio del 1953. L’attacco fu però un fallimento, alcuni furono uccisi, tutti gli altri arrestati con Fidel Castro e il fratello Raul, interrogati e torturati. Il trattamento inumano cui furono sottoposti, che costò la vita a 59 dei partecipanti produsse una reazione nell’opinione pubblica e il processo che seguì, in cui Fidel Castro, essendo avvocato, si difese da solo con la sua famosa frase, “la historia me absolverà”, ebbe risonanza nella stampa. Fidel fu condannato a 15 anni di carcere ma, nel 1955, un’amnistia di Batista lo liberò con tutti i prigionieri politici, inclusi gli assalitori della Moncada. Castro andò in esilio in Messico, dove fondò il “Movimento del 26 luglio” per rovesciare il regime di Batista. In Messico conobbe Ernesto Guevara, un medico argentino che aderì al suo movimento e fu detto il Che (compagno o amico, in argentino). Insieme a 81 seguaci, partì il 25 novembre 1956 alla volta di Cuba sul battello Granma (Grande Madre) di 12 m quasi senza acqua e viveri. Lo sbarco avvenne sette giorni dopo alle ore 6:00 del mattino del 2 dicembre sulla spiaggia de Las Coloradas vicino a Cabo Cruz. Batista, che sapeva dell’impresa e faceva sorvegliare dal cielo e dal mare le coste, li intercettò rapidamente dopo lo sbarco. Otto furono uccisi nel primo scontro, i rimanenti si dispersero in piccoli gruppi e si rifugiarono nella Sierra Maestra ma solo in 12 sopravvissero. Si propagò la notizia che Castro era morto, ma un giornalista americano fece un’intervista a Fidel e la pubblicò dimostrando che era vivo. Dopo un mese i guerriglieri sulla sierra diventarono 800, per la solidarietà dei campesinos, e iniziarono una guerra di logoramento nelle città e nelle campagne che durò due anni. L’anno decisivo fu il 1958. I ribelli furono detti barbudos perché tutti si fecero crescere la barba. Nel luglio 1958 le forze di Batista, che avevano lanciato un’offensiva in grande stile, detta Verano (estate), si concentrarono a La Plata, un piccolo villaggio sul mare, a sud della Sierra Maestra, per muovere verso la montagna. Le forze di Castro le accerchiarono e le bloccarono, anche se numericamente inferiori, e le costrinsero a una resa senza condizioni. Poco dopo, lo scontro si spostò a nord nelle prossimità del lago Las Mercedes ma Ernesto Guevara bloccò il ricongiungimento del nemico con una divisione di 1500 uomini, che avrebbe provocato una disfatta, e Castro, approfittando di una tregua concessagli dal nemico, si sganciò facendo fallire l’operazione Verano e demoralizzando le forze di Batista. Da questo momento i rivoluzionari lanciarono la loro offensiva nelle regioni più popolate aprendo quattro fronti nelle province orientali e due verso occidente, queste ultime al comando di Camilo Cienfuegos e Che Guevara. Cienfuegos aveva come obiettivo la conquista della città di Yaguajay nella provincia di Sancti Spiritus, dove era in condizioni di superiorità rispetto ai difensori, grazie ai numerosi volontari. Dopo una serie di attacchi infruttuosi, Cienfuegos adottò una tattica di logoramento finché, esaurite le munizioni, la guarnigione si arrese. Dal 29 dicembre 1958 a 1° gennaio 1959 si svolse la battaglia decisiva di Santa Clara. Che Guevara, rafforzato da numerosi volontari, si diresse verso la città, dove le truppe governative erano in forza presso l’università e la stazione. Qui stava per arrivare un treno carico di armi e munizioni inviato da Batista. Il treno fu bloccato facendo staccare tratti di binari con i bulldozer e quindi catturato con tutte le armi e molti soldati passarono con i castristi. La città finì con il cadere nei giorni successivi. Il 1° gennaio 1959, Fulgencio Batista conosciuta la disfatta, appena festeggiato l’anno nuovo, lasciò L’Avana e Cuba per la repubblica Dominicana. Il giorno successivo Guevara e Cienfuegos entravano a L’Avana e l’8 gennaio Fidel Castro vi aveva il suo trionfo.
A L’Avana si creò subito un governo provvisorio espressione dei poteri economici controllati dagli Stati Uniti, ma fu subito chiaro che ormai Castro controllava l’esercito e aveva l’appoggio della popolazione. Il 17 maggio 1959, Castro promulgò la riforma agraria che limitava l’estensione della proprietà privata e distribuiva la terra ai contadini. Nel mese di luglio assunse il potere sostituendo il governo provvisorio. Fu creato un tribunale speciale retto da Che Guevara e si fecero migliaia di processi alle persone compromesse con la dittatura di Batista e a membri della polizia e dell’esercito accusati di crimini di guerra. Ci furono molte condanne a morte e a lunghe detenzioni. Si creò un clima di terrore e molti professionisti e proprietari lasciarono Cuba. Alle restrizioni economiche imposte dagli Stati Uniti, Cuba rispose allacciando rapporti commerciali e militari con l’Unione Sovietica, che aveva subito riconosciuto il governo castrista. Nell’agosto 1960, il governo cubano iniziò la nazionalizzazione delle proprietà straniere, che in maggioranza appartenevano agli Stati Uniti e, nel gennaio 1961, gli USA ruppero le relazioni diplomatiche con Cuba. L’amministrazione Eisenhower era preoccupata per il processo di sovietizzazione del regime cubano e, nel 1960, la CIA (Central Intelligence Agency) preparò un piano segreto per rovesciarlo. Il piano fu approvato dalla nuova Amministrazione Kennedy nel febbraio 1961 e divenne operativo in aprile. Il piano prevedeva una serie di azioni di sabotaggio preventivo di gruppi anticastristi, già attivi nella sierra di Escambray al centro dell’isola, e di bombardamenti con aerei camuffati cubani per distruggere gli aerei militari sulle piste, seguito da uno sbarco nella zona paludosa di Matanzas con una forza di 1500 fuorusciti, addestrati e finanziati dalla CIA in una base segreta del Guatemala. Lo sbarco doveva creare una base fortificata e tenerla, almeno per una settimana, per permettere l’atterraggio di un governo provvisorio che sarebbe stato riconosciuto dagli Stati Uniti. Il piano non rimase a lungo segreto; i servizi segreti cubani furono avvertiti dal KGB ed ebbero tempo per prepararsi; l’esercito aveva allertato 20000 uomini con artiglieria e carri armati e l’aeronauta aveva occultato gli aerei da combattimento rendendo inefficaci i bombardamenti del 15 aprile. Il 16 aprile Castro dichiarò il carattere socialista della sua rivoluzione. Il 17 aprile iniziò lo sbarco nella Baia dei Porci (Bahia de Cochinos), ma le coste erano sorvegliate e fu dato l’allarme. Si alzarono i bombardieri cubani che attaccarono con i razzi le navi di appoggio con munizioni e rifornimenti, affondandole o danneggiandole e lasciando gli attaccanti senza carburanti e senza cibo e acqua. Già il giorno dopo fu chiaro che lo sbarco era fallito, gli attaccanti circondati e la ritirata impossibile. Solo pochi fuggirono con un sommergibile, 1189 furono presi prigionieri. Il presidente Kennedy si assunse la responsabilità del fallimento e, il 7 febbraio 1962, impose un embargo totale a Cuba. Dopo lunghe trattative, il 23 dicembre 1962, i prigionieri furono rilasciati in cambio di 53 milioni di dollari in alimenti per bambini e farmaci.
Castro aveva rafforzato il suo prestigio, ma temeva sempre un’invasione da parte degli Stati Uniti e strinse sempre più i suoi legami con l’Unione Sovietica. Il 14 ottobre 1962, un aereo spia U-2 scoprì che a Cuba si stavano installando rampe di lancio per missili nucleari strategici e Kennedy proclamò che un attacco di missili provenienti da Cuba sarebbe stato considerato come proveniente dall’Unione Sovietica e, poiché navi da carico sovietiche erano in rotta per Cuba, ordinò una quarantena navale per l’isola. Si stava per arrivare alla guerra nucleare e iniziò un’intensa attività diplomatica. Il 27 ottobre si raggiunse il compromesso; Kennedy accettò la proposta di Krushev di ritirare i missili da Cuba dietro garanzia degli USA di non invadere né appoggiare l’invasione di Cuba. Le navi sovietiche tornarono indietro, i missili furono rimossi da Cuba e Kennedy accettò di rimuovere alcuni missili Jupiter in Turchia. Il 20 novembre fu tolta la quarantena su Cuba.
Nel frattempo Castro, il Lider maximo, si dedicava alla sua rivoluzione socialista. Il primo problema era di far ripartire l’economia e ricostruire una struttura sociale depauperata di tutte le figure professionali fuggite all’estero al trionfo della rivoluzione. All’inizio l’Unione Sovietica acquistò la produzione di zucchero e fornì aiuti finanziari e assistenza tecnica per sviluppare l’industria e questo legò l’economia dell’isola a quella dell’URSS e del blocco comunista. Si abbandonò la monocultura per ottenere l’autosufficienza alimentare e scambiare lo zucchero con altri beni di prima necessità. Bisognava creare la nuova struttura scolastica per combattere l’analfabetismo, specie nelle campagne dove, prima del 1959, non esistevano scuole. Nel 1961 fu stabilita la scuola primaria obbligatoria per tutti e furono mandati insegnanti in tutti i centri abitati. Dal 1968 partirono i corsi superiori e dal 1980 le scuole speciali orientate alle attitudini fino a quelle artistiche. I conservatori furono creati alla fine del 1900, l’inglese divenne obbligatorio fino all’università. L’analfabetismo si è ridotto al 3%. La sanità è stata subito un altro obiettivo prioritario, cominciando dalla prevenzione, e in tutti i centri abitati furono create strutture sanitarie e ospedaliere. La crisi economica, sempre incombente per la penuria di materie prime e di tecnologie, costringeva a un’economia di guerra, che deprimeva la domanda interna, e a controllare la valuta pregiata indispensabile alle importazioni. La circolazione monetaria fu regolata con la doppia moneta: un Peso cubano, destinato all’economia interna, e un Peso convertibile con le valute pregiate, agganciato al dollaro, per tutte le transazioni con l’estero. Si creò così una classe privilegiata che aveva contatti con l’estero e che aveva accesso, anche illegalmente, alle valute estere e alla moneta convertibile e la gente comune pagata con il peso cubano spendibile solo nei negozi statali con prodotti da sussistenza.
Castro mantenne la sua intransigenza ideologica fino al decennio 1970, quando il blocco sovietico aveva già adottato la politica di coesistenza con gli USA e cercò di esportare la sua rivoluzione in vari paesi dell’Africa e dell’America Latina, addestrando guerriglieri di questi paesi e appoggiando movimenti insurrezionali con volontari cubani. Nel 1965 Che Guevara si dimise da tutte le cariche pubbliche e partì per l’allora Congo Belga per sostenere i movimenti favorevoli a Patrice Lumumba. Le lotte intestine fra le varie fazioni congolesi resero inefficace ogni suo intervento. Dopo un soggiorno nella Repubblica Democratica tedesca, tornò a Cuba per preparare una sua spedizione in Bolivia, dove si trasferì con i suoi volontari in un campo di addestramento all’inizio del 1967. Ferito, fu catturato l’8 ottobre dalle forze boliviane che lo avevano circondato e il giorno dopo ucciso. Castro, saputo della sua morte, proclamò tre giorni di lutto nazionale. Nel 1997 i suoi resti furono portati a Cuba e tumulati nel suo Mausoleo a Santa Clara, dove era avvenuta la battaglia decisiva della rivoluzione cubana.
Nel 1996 fu promulgata una nuova costituzione e creati nuovi organismi elettivi. Nel 1977 il presidente americano Carter attenuò l’embargo e le restrizioni sui viaggi. Nel 1980 Castro permise a più di 120000 persone, fra scontenti, prigionieri e definiti antisociali, di lasciare Cuba e salpare per la Florida, accolti dagli Stati Uniti, e i rapporti peggiorarono ancora. Il crollo del regime comunista nell’URSS e nel blocco comunista, provocò un nuovo crollo dell’economia cubana e iniziò un nuovo corso con una limitata liberalizzazione dell’economia interna e l’apertura al turismo internazionale, fonte di valuta pregiata. Nel 1992 fu apportata una nuova modifica alla costituzione: regolamentato il lavoro autonomo, ridotta l’assistenza statale. L’economia si appoggiò ai paesi dell’America Latina, specie al Venezuela per il petrolio e alla Cina. Un indice dei migliorati rapporti con l’esterno, furono la visita a Cuba di papa Giovanni Paolo II nel 1998 e quella dell’ex presidente Carter nel 2002. Nel 2006 Fidel Castro fu operato d’urgenza e lasciò tutte le cariche di governo al fratello Raul Castro, conservando solo la carica di Segretario del Partito Comunista Cubano. La transizione è rimasta anche dopo la sua guarigione e il regime non ha subito apparenti traumi.
Lo sviluppo è rimasto compreso da vincoli rigidi, ma nel paese mancano le sacche di miseria che affliggono paesi molto più ricchi e sviluppati. Il sentimento nazionale si è radicato in tutti gli strati della popolazione con la loro lunga lotta di liberazione contro il dominio spagnolo e con il riscatto dalla dittatura batista e la figura di Fidel Castro è rimasta sempre popolare e fondamentale elemento di coesione interna.

51.2 LA HABANA, CAPITALE DI CUBA.


Si arriva a Cuba in volo, via Madrid, partendo da Roma il 26 novembre del 2010, alle ore 12:10. Sosta a Madrid e volo diretto per l’Avana delle ore 17:00 con arrivo alle ore 21:10 dello stesso giorno a causa delle sei ore di fuso orario che si sottraggono. Le procedure doganali richiedono 90 minuti e altri 40 il trasferimento all’Hotel National a La Habana (L’Avana). Il giorno dopo, 27 novembre, inizia la visita della città.
La capitale di Cuba, che oggi ha circa 2,5 milioni di abitanti, è la più grande dell’isola, fondata nel 1519, ultima delle prime sette città coloniali, da Diego Velasquez de Cuellar, prese il nome di San Cristobal de la Habana, che una tradizione lo fa derivare da quello della figlia di un capo indio, Habana. Per la sua baia profonda e ben difesa, la migliore della costa settentrionale, ma inizialmente paludosa, divenne subito il principale porto spagnolo delle Americhe. Cominciò ad essere fortificata dopo le devastazioni del corsaro francese Jaques de Sores nel 1555. Ebbe il nome di città e le prerogative di Capitale nel 1592 sotto Filippo II e i commerci svilupparono la città e arricchirono la classe mercantile con gli schiavi e i prodotti dell’isola. Occupata dagli inglesi nel 1762, dopo aver preso le fortezze all’ingresso del porto, l’isola fu aperta al commercio con il Nord America. Meno di un anno dopo la città tornò agli Spagnoli, in cambio della Florida. Gli Spagnoli fortificarono ancora di più la città, L’Avana rimase porto franco e i commerci incrementarono. Nella seconda metà del 1800 la città si espanse oltre le mura, che furono abbattute, e nacquero i quartieri moderni nell’area occidentale. Con l’indipendenza dalla Spagna, l’espansione accelerò, crebbe l’influenza economica degli Stati Uniti, e, nel decennio 1930, avvennero l’invasione della malavita americana e l’inurbamento dei quartieri periferici. Con la rivoluzione del 1959, l’inurbamento rallentò, la città si espanse verso l’est e iniziò una lenta rivalutazione delle zone storiche iniziandone il restauro grazie anche ai contributi dell’UNESCO.
Lasciato l’Hotel National, si raggiunge in pullman il quartiere del centro storico coloniale, Habana Vieja, posta sulla sponda sinistra della baia, dove è concentrato il nucleo della città spagnola che l’UNESCO ha proclamato Patrimonio dell’Umanità nel 1982. Si percorre il Malecòn, il lungo viale sulla costa nord in vista delle fortificazioni ai due lati dell’imboccatura del porto: Il Castillo della Punta, a occidente, e quello del Morro, a oriente. Oltrepassata la Punta, si percorre l’Avenida del Puerto, lungo il Canal de Entrada della Baia, e si vedono i bastioni della Fortaleza de San Carlos, sulla riva opposta del Canal, ultima fortezza costruita dagli spagnoli dopo aver riavuto la città dagli inglesi. Il pullman si ferma in prossimità della Piazza della Cattedrale e la visita inizia da questa. La piazza è di dimensioni modeste e in gran parte occupata dai tavolini di un bar, è circondata da edifici del 1500 che ospitano musei. A est c’è la casa del Marqués Lombillo, a ovest quella dei marchesi de Aquas Claras, con il bar-ristorante, e a sud, opposto alla cattedrale, il palazzo dei conti di Casa Bayona. Sul lato nord, la Catedral de San Cristobal, finita nel 1777 in stile barocco, che è stata dedicata a Cristoforo Colombo le cui spoglie furono qui conservate dal 1796 fino all’indipendenza dalla Spagna (1899), quando sono state traslate a Siviglia. La bella facciata è completata da due campanili laterali. L’interno ha una pianta quadrata a tre navate, separate da pilastri, e cupola.
Si prosegue la passeggiata lungo Calle Mercaderes, dove si trova una facciata dipinta con le figure di noti personaggi del 1800, opera di una scuola di artisti del palazzo di fronte, si passa lungo la facciata posteriore del Palazzo dei Conservatori, sede del Museo della Città. Nelle strade laterali vi sono diversi esempi di architettura coloniale che hanno conservato i balconi di legno. Sul lato del porto si trova el Templete, un piccolo mausoleo di stile greco-romano sul punto, dove è stata fondata la città nel 1519 con una colonna e un albero sacro della mitologia precolombiana, la ceiba, tipico dell’America centro-meridionale, sempre rinnovato quando moriva. Nel parco vicino, c’è il Castillo della Real Fuerza, con i bastioni e, davanti al Templete, Plaza des Armas alberata con il monumento a Carlos Manuel de Céspedes, il Padre della Patria. Su Plaza des Armas si affaccia il Palazzo dei Capitani Generali. Al centro del cortile porticato è la statua di Cristoforo Colombo, dello scultore Nicolini e due palme reali, uno dei simboli di Cuba, con il caratteristico tronco bianco liscio. Il Palazzo ospita un interessante Museo della città. Scendendo a sud, nelle strade laterali s’incontra uno dei frequenti spettacoli all’aperto, con musiche e danze. Si arriva a Plaza Vieja, vasta piazza del 1500 con palazzi del 1600-1700. Più a est si trova il complesso del Monastero di San Francesco e, lungo il percorso, s’incontrano gli scavi dell’antico acquedotto della Zanja Real costruito fra il 1565 e il 1592 che prelevava l’acqua dal Rio Almendares, a ovest della città, ed è stato utilizzato fino al 1700. Vicino al Porto è la piazza di San Francesco, dove si affacciano la chiesa omonima e il Terminal Sierra Maestra che era l’ufficio della dogana e il luogo dove approdavano le navi da crociera.
Nel pomeriggio si visita l’area di Habana Centrale, l’area intorno all’asse formato dal Paseo José Marti, detto Prado, sviluppatasi nel 1800 con grandi monumenti e musei. A est del Prado, si trova il complesso costituito dal Museo National de Bellas Artes con le collezioni d’arte e il Palazzo Presidenziale da dove fuggì il Presidente Batista, il 1° gennaio 1959 al trionfo della rivoluzione. Oggi è sede del Museo della Rivoluzione e della storia dell’isola. Nei piani alti vi sono splendidi saloni usati dai capi di stato fino alla rivoluzione. Dalle finestre dei saloni si può vedere, verso nord, il monumento equestre al Generale Maximo Gomez, capo dell’esercito di liberazione durante le guerre d’indipendenza e, ai piedi del palazzo, il carro armato usato da Fidel Castro durante il tentativo d’invasione della Baia dei Porci. Nel parco a sud dell’edificio, si può vedere la fiamma perenne dedicata ai morti della rivoluzione, accesa da Fidel Castro il 19 aprile 1989 e una costruzione in vetro dove è conservato il battello Granma con cui gli antibatisti sbarcarono a Cuba. Nei piani bassi dell’edificio vi sono le sale dedicate alle guerre dell’indipendenza contro la Spagna e alla rivoluzione contro Batista.
A est del Prado, si trova il Gran Teatro Nazionale Garcia Lorca, dove ha sede il Balletto Nazionale cubano seguito dal grandioso Capitolio National, costruito fra il 1920 e il 1929, copia del Campidoglio di Washington, per essere sede della Camera e del Senato della Repubblica. Dopo l’ultima rivoluzione è stato adibito a convegni internazionali e congressi.
Habana Centrale prosegue a ovest con le grandi Avenidas, come quella di Simon Bolivar che parte a sud del Capitolio e cambia poi nome in Salvador Allende. La vasta area a ovest del centro prende il nome di Vedado (riserva) e qui si trova ora il centro politico del paese con i grandi edifici governativi, dove si guida la politica del paese. Il Ministero degli Interni, con un murale in ceramica che rappresenta il profilo di Che Guevara, alto cinque piani, il Ministero degli Esteri e Biblioteca Nazionale con il profilo di Fidel Castro e, su un’immensa spianata il Monumento a José Marti, un obelisco di 129 m, in granito e marmo, che è il punto più alto della città.

51.3 IL PARCO MONTEMAR E CIENFUEGOS.


Il giorno dopo, 28 novembre, domenica, si lascia l’Hotel National e l’area metropolitana della capitale e ci si sposta nella provincia di Matanzas, la prima a est della capitale, che si estende da nord a sud fra le due coste, dal Golfo del Messico al Mar dei Caraibi. Matanzas è la regione più grande ma poco abitata, più urbanizzata a nord, dove si concentrano i centri abitati, agricola al centro, con grandi piantagioni, e una vasta zona paludosa a sud, la Cienaga de Zapata e la Baia dei Porci (Bahia de Cochinos), tutta zona naturistica protetta, inclusa nel Parque Natural de Montemar con fauna e flora endemiche.
Il pullman percorre un tratto della Carretera Central A1 per Santa Clara e si lascia poi deviando per la Baia dei Porci. Si sosta subito in località Australia in una fattoria statale, dove si trovano i resti di uno zuccherificio dismesso con un vecchio forno e ciminiera. La tenuta (finca) è un luogo di accoglienza per turisti (Finca Fiesta Campesina) e si assaggia il primo cocktail (pigna colada) a base di rum, prodotto dalla melassa della canna da zucchero. Si osservano le alte palme reali (Rystonea regia), che possono raggiungere i 40 m, e un vecchio toro gibboso. La guida informa che lo zuccherificio è stato il centro di comando di Fidel Castro nel 1961, durante il tentativo di sbarco, nella Baia dei Porci, dei fuorusciti cubani sostenuti dalla CIA. Mancò completamente la sorpresa e gli attaccanti furono subito intercettati e circondati dalle forze cubane già allertate nella zona.
Lasciata Australia, si raggiunge La Boca, dove si trova un allevamento di coccodrilli (criadero de cocodrilos) cubani (Crocodylus rhombifer) per il ripopolamento di questa specie autoctona protetta, diffusa nell’area paludosa di Montemar. A La Boca inizia anche una laguna che è il più grande lago naturale di acqua salata dell’isola senza collegamento diretto con il mare, ma c’è un sistema di caverne tettoniche che vi comunicano. La laguna ha una superficie di 90 kmq e una profondità di 10 m. Nel centro visitatori vi sono diverse specie protette come le tartarughe, ma i coccodrilli dell’allevamento si osservano dall’esterno della rete di recinzione. Vi sono esemplari di tutte le dimensioni fino a 4-5 m che servono per la riproduzione. Periodicamente i giovani sono liberati nell’area di Ciénaga de Zapata.
Dal porticciolo di La Boca si attraversa la laguna su piccole barche fuoribordo, percorrendo un lungo canale fino alla Laguna del Tesoro chiamata così dagli Spagnoli perché si diceva che gli indigeni vi avessero nascosto il loro oro. Si scende nella piccola isola Guamà con la ricostruzione ideale di Aldea Taino, un villaggio degli indios che abitavano in queste regioni prima dell’arrivo degli Spagnoli. Percorrendo i sentieri dell’isola, si scoprono grandi statue degli indios, così idealizzati, nelle loro abituali attività e la capanna del capo con i suoi totem. Guamà era, nella tradizione, un capo indio che si era ucciso con la sua famiglia per non essere fatto schiavo dagli Spagnoli.
Vicino a Guamà vi sono altre isolette, dove è stato costruito un villaggio-albergo su palafitte per i turisti, ma gli uragani, che colpiscono periodicamente la costa meridionale dell’isola, lo hanno spesso devastato.
Finita la visita, si torna al centro visitatori, dove si pranza e quindi si riparte per Cienfuegos, capitale della piccola provincia omonima, dove si pernotterà.
Cienfuegos, 250 km da L’Avana, ha circa 150000 abitanti e si trova all’interno di una profonda baia sulla costa sud, nel Mar dei Caraibi, ben protetta dagli uragani. La città in origine si chiamava Fernandina de Jagua, in onore del re di Spagna Ferdinando VII. Per proteggere la baia dai pirati, nel 1745, gli Spagnoli costruirono all’imboccatura la Fortezza di Jagua. Nel 1819, il governatore spagnolo Don José Cienfuegos (cento fuochi) fece venire coloni francesi da Bordeaux e dalla Louisiana e la città cambiò nome in suo onore. Per il valore storico e culturale dei suoi numerosi edifici neoclassici, costruiti dalla prima metà del 1800 a tutto il 1900, nel 2005, la città è stata inserita nell’elenco del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Il centro cittadino è la piazza Parque Central José Marti con al centro la statua dell’eroe nazionale e il palco della musica. Sul lato sud si trova il Palacio Ferrer con una magnifica cupola; sul lato est la Cattedrale della Purissima Conception con due torri campanare di diversa altezza. Una targa sulla piazza ricorda il fondatore della città Don Luis Declouet.
Scendendo in direzione sud, si raggiunge la baia del porto (Ferry Terminal) nel fondo del golfo di Jagua. Si assiste al tramonto del sole.
Il pullman ci porta all’estremità di Punta Gorda, la penisola più meridionale della città, dove si trova il nostro albergo (Hotel Jagua). Vicino si trova il Palacio del Valle, una villa in stile moresco fatta costruire, nel 1913-19, dal commerciante spagnolo Acisclo Valle y Blanco, facendo arrivare dall’Europa tutti i materiali pregiati, fra cui marmo di Carrara, alabastri, ceramiche e cristalli di Boemia. Prima della rivoluzione, la villa era diventata proprietà della famiglia Batista. Dopo la rivoluzione è diventato bar e ristorante di lusso per turisti.
Si passa la serata al bar con un cocktail al rum e visitando dall’interno la villa.

51.4 SANTA CLARA E LA VALLE DI SAN LUÍS.


Il giorno dopo, 29 novembre, si lascia Cienfuegos e si parte per Santa Clara, capoluogo della Provincia di Villa Clara, al centro dell’isola, 275 km a est di L’Avana. Fu fondata nel luglio del 1689 con l’arrivo di alcune famiglie di San Juan de los Remedios, sulla costa nord, fuggite perché si era sparsa la voce che la città fosse posseduta dai demoni e l’Inquisizione aveva bruciato diverse persone e distrutto le loro case. Il centro della città era prima Plaza des Armas, chiamata poi Parque Vidal dedicandola all’eroe delle guerre d’Indipendenza, Colonnello Leoncio Vidal, morto in combattimento nel 1896. Subito dopo l’indipendenza, la città fu abbellita dalle donazioni della ricca proprietaria Marta Abreu, moglie del primo vicepresidente Luis Estévez, che fece costruire sulla piazza il Teatro de la Caridad, dove cantò Enrico Caruso. A Marta Abreu fu dedicata anche l’Università di Santa Clara.
Santa Clara è diventata famosa per la battaglia decisiva della rivoluzione castrista condotta da Che Guevara e culminata con il deragliamento e la resa del treno blindato con armi e rinforzi inviato da L’Avana. La notizia della presa della città fu il colpo finale al regime di Batista, che lasciò il governo fuggendo a Haiti.
La visita della città inizia con il grandioso Mausoleo del Comandante Che Guevara nella grande Plaza de la Revolution, 15 km a ovest del centro cittadino. Su un basamento, il Memorial eretto nel 1988, opera dello scultore cubano José Delarra, è costituito da un bassorilievo a sinistra che rappresenta scene della guerriglia nella Sierra Maestra e dell’attacco al treno blindato, al centro un pilastro che regge la statua del Che di bronzo, in abiti da guerrigliero con il polso sinistro fasciato per una ferita di un precedente combattimento, a destra un altro basamento con alcuni suoi scritti. Sul pilastro della statua, è scritto il suo famoso detto: Hasta la victoria siempre. Dietro c’è l’ingresso al Museo e al Mausoleo, dove sono conservati i resti del Che e di altri 17 suoi compagni restituiti dalla Bolivia nel 1997, 30 anni dopo la sua morte. Museo e Mausoleo erano chiusi, essendo di lunedì.
Vicino alla stazione ferroviaria, si trova il monumento alla Presa del Treno Blindato del 28 dicembre 1958, costituito da quattro vagoni sul luogo del deragliamento, uno dei quali è stato trasformato in museo con equipaggiamenti e oggetti dei soldati.
Si arriva infine al centro della città, la piazza di Parque Vidal alberata e la fontana del Niño a la Bota che ha al centro un bambino con uno stivale (bota) che perde acqua, oggetto di tante leggende. Intorno alla piazza vi sono gli edifici del Comune e Biblioteca comunale, di stile neoclassico, e il Teatro La Caridad. Intorno vi sono diverse strade pedonali.
Dopo il pranzo si riprende il pullman e si scende verso sud-ovest nella provincia di Trinidad, in una vasta area agricola dove, fra la metà del 1700 e la metà del 1800 avvenne l’esplosione della produzione e lavorazione della canna da zucchero e vi si concentrarono i mulini (ingenios) e i forni, circa 70 aziende in un raggio di 70 km. Quest’area, racchiusa fra due sierre e con il mar dei Caraibi a sud, fu chiamata Valle di San Luis o Valle de los Ingenios. Con il crollo del prezzo dello zucchero nel 1857, l’industria basata su strutture ormai superate e in parte distrutte durante le guerre d’indipendenza non era più competitiva nel mercato estero e gli impianti furono progressivamente chiusi. Rimase il fascino delle bellezze panoramiche e il valore storico delle strutture da archeologia industriale. La Valle di San Luis è stata iscritta fra i Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO dal 1988.
Si fa sosta all’Hacienda Iznaga, 13 km a est dalla città di Trinidad, una delle meglio conservate, con la casa padronale della famiglia Iznaga di origine Basca, la più ricca della provincia di Sancti Spiritus, costruita nel 1845 su una collina, e la Torre Manaca a sette piani, punto panoramico alto 45 m, che è diventato il simbolo di tutta la Valle e Monumento Nazionale.
Si riparte alle 17:30 e si arriva a Trinidad, dove si rimarrà due notti all’Hotel Brisas Trinidad Mar.

51.5 TRINIDAD.


L’intera giornata del 30 novembre è stata dedicata alla visita di Trinidad, città della provincia di Sancti Spiritus. L’intera città è un gioiello coloniale restaurato e rimasto autentico senza essere stato rovinato dal turismo. Con L’Avana Vieja e la Cittadella di Santiago de Cuba, Trinidad è una delle tre città dichiarate Patrimonio dell’Umanità UNESCO. La città fu fondata nel 1514 da Diego Velasquez de Cuéllar con il nome di Villa de la Santisima Trinidad, dal suo porto partì Hernan Cortés, il 10 febbraio 1519 per andare a conquistare il Messico e lasciò Cuba il 18 da Capo San Antonio, all’estremità occidentale dell’isola, dopo essersi riunito al resto della flotta proveniente da L’Avana. Con l’arrivo dei primi tesori dal Messico, iniziò la prosperità della città poi, con l’abbondanza degli schiavi, l’economia si convertì alla coltivazione della canna da zucchero e alla sua industria e il 1700 fu il periodo del massimo splendore per la sua società e la sua architettura. La città iniziò la decadenza con la crisi dello zucchero e, solo dopo la Rivoluzione, la città fu dichiarata monumento nazionale, restaurata e pedonalizzata.
La visita inizia nel centro dalla Plaza Mayor, dove si trova la chiesa Parrocchiale Maggiore ricostruita nel 1892 con influenze barocche e altri palazzi padronali dai colori pastello. L’interno della chiesa è a tre navate, le cappelle hanno altari di legni pregiati di colori diversi scolpiti da artisti locali in 15 anni, ma le statue dei santi provengono tutte dalla Spagna. La piazza è occupata da aiuole con siepi di ibisco e palme reali, circondate da ringhiere di ferro battuto, sedili e lampioni sono di stile liberty. A sinistra della chiesa, si trova il palazzo Brunet, tipico esempio della ricca società coloniale, trasformato in Museo Romantico con una raffinata raccolta di mobili e oggetti d’epoca. All’esterno è circondato da un porticato, il primo piano ha una lunga balconata con balaustra di ferro battuto. All’interno un patio dava aria alla casa; al primo piano le sale hanno il soffitto di legno di cedro scolpito e lampadari importati dall’Europa. Fra i mobili, un secretaire di legno e porcellana smaltata. Dalle finestre si vede la piazza e, verso nord il campanile dell’antico Convento di San Francesco, il punto più alto della città.
Passeggiando lungo le strade intorno alla piazza si può apprezzare la varietà dell’arte coloniale nelle sue decorazioni di fregi neoclassici, grate di ferro alle finestre, dalle più semplici a quelle più elaborate, molti edifici hanno balconi di legno e grate di legno tornito e colorato. A est della piazza c’è il piccolo mercato artigianale dove, oltre agli oggetti di uso comune e di artigianato, si notano alcuni campioni di targhe automobilistiche usate a Cuba che si distinguono per il colore: il blu e il rosso dello Stato, il giallo dei privati, il nero dei diplomatici e c’è anche il marrone per le imprese private. A ovest della Plaza Mayor c’è il luogo della fondazione della città che per tradizione, in tutte le città cubane, è contrassegnato da un albero sacro, la ceiba, ma essendo morto il vecchio, ne hanno piantato uno ancora giovane.
Dietro il monastero di San Francesco ci si ferma alla Taberna della Canchànchara, luogo di ritrovo con musica e canti, dove si può gustare un cocktail tipico, chiamato appunto Canchànchara, con miele, limone, rum, acqua e ghiaccio.
Si visita infine il Museo Historico Municipal, nell’antico palazzo di Justo Cantero, un ricco proprietario di piantagioni, dove sono raccolti documenti della storia della città dall’epoca dello schiavismo e degli zuccherifici alle guerre d’indipendenza e alla Rivoluzione. Il palazzo ha una torretta e si può salire fino al terrazzo da dove ammirare il panorama della città e dei dintorni. Verso nord si vede la Plaza Mayor e le colline dietro la città, verso ovest si riconosce il campanile del monastero di San Francesco, verso sud si vede, in fondo, il mare.
Tra le iniziative artigianali di Trinidad, la più importante è quella di El Alfaredo (il vasaio) una piccola fabbrica di ceramiche d’arte creata da una cooperativa familiare che lavora l’argilla e usa un forno a legna fino a 1000 °C. Il proprietario offre una dimostrazione dell’uso del tornio da vasaio.
Nel pomeriggio si torna in albergo che è anche un villaggio turistico sul mare con una vasta spiaggia per gli ospiti. Si assiste al tramonto del sole sul mare e si pernotterà per la seconda notte.

51.6 SANCTI SPIRITUS E CAMAGÜEY.


Il giorno dopo, 1° dicembre, si lascia Trinidad per Sancti Spiritus, capitale della provincia omonima che fu anche questa fra le prime sette fondate da Diego Velasquez de Cuellar nel 1514. Il territorio che si attraversa, dopo la crisi dello zucchero, è stato convertito alla coltivazione del tabacco e all’allevamento del bestiame.
Si entra da sud a Sancti Spiritus attraversando un ponte sul fiume Yayabo. La città, ricostruita in gran parte dopo il saccheggio subito dal corsaro inglese Francis Drake nel 1586, ha oggi circa 160000 abitanti e il suo aspetto è ancora quello del periodo aureo dell’industria dello zucchero. Il recente restauro ha rispettato l’aspetto architettonico e ridipinto le facciate. Seguendo la strada principale si passa vicino la Parrocchiale Maggiore che non è quella originale del 1514, perché è stata spostata e ha subito poi rifacimenti barocchi nel 1680 e l’aggiunta del campanile, alto 30 m, nel 1700. L’interno ha una sola navata con un bel soffitto ligneo che vuole ricordare la chiesa originale tutta in legno.
Il palazzo più bello della città è Palazzo Iznaga della famiglia più ricca e famosa della regione. La famiglia abbandonò Cuba dopo la rivoluzione, i suoi beni furono nazionalizzati nel 1961 e questo palazzo è oggi Museo dell’Arte Coloniale. All’interno vi sono tutti oggetti originali, mobili, dipinti, specchi francesi, tavoli di marmo italiani e una ricca collezione di porcellane di Limoges.
Nella piazza principale, Parque de Céspedes, si trovano un’antica farmacia omeopatica e la casa del Dottor Garcia Rijo, dottore e umanista che introdusse l’omeopatia e la città gli ha dedicato una statua nella piazza come benefattore. Sulla piazza c’è la Casa della Trova che è un’istituzione in tutte le città cubane. Si tratta di un’associazione di artisti dediti alla musica (come i trovatori) che fanno esibizioni di musiche e danze tradizionali. Un altro palazzo importante è la Biblioteca Comunale.
I mezzi di trasporto più popolari ed economici per spostarsi in città sono dei tricicli a pedali, detti velotaxi. Intorno alla piazza vi sono strade pedonali affollate e piene di negozi. Ci sono i negozi statali dove si usano solo i pesos cubani e i centri commerciali dove si acquista con pesos convertibili. Il mercato alimentare è detto Agropecunario ed ha un preziario in pesos cubani. Girando per le strade, è interessante osservare i dettagli architettonici delle case anche delle più modeste.
Per il pranzo si è scelto un ristorante lungo la riva del fiume Yayabo, il Sant’Helene, da dove si può osservare il ponte, costruito all’inizio del 1800, nello stile di quelli romani con cinque arcate, che è diventato uno dei simboli della città ed è monumento nazionale.
Nel fiume, un pescatore, su uno scoglio, lancia e ritira una rete.
Si lascia Sancti Spiritus per Camagüey, capoluogo della più vasta provincia omonima di Cuba e terza città dell’isola. La prima città fu fondata in origine a nord sul mare nella baia di Nuevitas con il nome di Santa Maria del Puerto del Principe, o più semplicemente Puerto Principe, nel 1515, ma gli abitanti, per sfuggire ai continui attacchi dei pirati si spostarono nell’interno, dove è ora Camagüey (nome assunto nel 1903), ma non si salvarono dai pirati che penetrarono anche nell’interno dell’isola alla ricerca di bottino e, nel 1668, fu saccheggiata dal famoso Henry Morgan. Al centro di una fertile area agricola, la città prosperò con la canna da zucchero e l’allevamento del bestiame. Nel XX secolo fu collegata dalla prima ferrovia Santa Clara-Santiago de Cuba (1903) e poi dalla Carretera Central (1931). Con la crisi dello zucchero e poi il crollo dell’URSS che ne assorbiva la produzione, queste coltivazioni furono abbandonate e sostituite da agrumeti e pascoli di bovini.
La città è la più grande d’impronta coloniale dell’isola con un intricato tracciato di strade tortuose, ricca di chiese barocche e palazzi con vari stili architettonici, neoclassico, eclettico e neocoloniale. Il suo centro storico è stato inserito nel 2008 fra i Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.
La visita della città, per la sua vastità e il tempo limitato a disposizione, si fa a bordo dei caratteristici velotaxi azionati a pedali che portano ciascuno due persone.
Si inizia da Piazza dei Lavoratori, dove si trova la Chiesa della Mercede del 1747, architettura coloniale modificata nel 1800. Nella piazza c’è anche la casa Natale di Ignacio Agramonte (1841- 1873), eroe della prima guerra d’indipendenza (dei dieci anni), noto come el Mayor, che morì in combattimento. La casa è del XVII secolo ed è diventata museo. Il palazzo azzurro all’angolo della piazza è la Casa della Cultura.
La seconda sosta si fa alla Piazza del Teatro Principale, dove ha sede il Balletto della città. Davanti alla facciata si trova una fontana con al centro la statua di una ballerina, opera della scultrice Marta Jimenez.
La terza sosta è alla Piazza del Carmine con la chiesa finita a metà del 1800 in stile barocco e neoclassico. La vasta piazza è occupata da panchine, vasi e molte sculture di artisti locali che rappresentano scene familiari con personaggi ancora viventi. Su una panchina siede un uomo che legge il giornale ed ha accanto un uomo che è l’originale dell’opera, nello stesso atteggiamento; ora ha 77 anni e l’opera fu eseguita nove anni fa. In un altro angolo della piazza vi sono le sculture di tre donne che fanno conversazione sedute in circolo, spettegolando.
La quarta sosta è alla Piazza San Juan de Dios con la chiesa e il convento, dove fu esposto il corpo di Ignacio Agramonte. Su un altro lato della piazza, in una casa del XVII secolo di colore rosa con murales in ceramica, si trova il ristorante la Campaña de Toledo, uno dei più caratteristici della città.
La quinta sosta è nella Piazza delle Leggende, dove sono raccolte, su murales, le leggende e le tradizioni della storia di Cuba.
Al tramonto si fa l’ultima sosta al Parque I. Agramonte, dove è stata eretta la statua equestre del Mayor con la bandiera nazionale e si assiste alla cerimonia dell’Ammaina Bandiera di militari in divisa coloniale.
Si cena al ristorante Campaña de Toledo e si pernotta all’Hotel Plaza di Camagüey.

51.7 BAYAMO.


Il mattino del 2 dicembre, si lascia Camagüey prendendo la Carretera Central verso est. Si attraversa un’area di praterie, dove pascolano libere mandrie di bestiame fino alla piccola città di Las Tunas di 120000 abitanti, capitale della provincia omonima al confine con l’est dell’isola e centro dell’industria del bestiame. Vi si trova una delle più importanti facoltà di medicina.
Si fa una breve sosta in città per la visita del mercato di frutta e verdure e, poco dopo le 11:00, si riparte per Bayamo, 70 km a sud-est. San Salvador de Bayamo (nome originale) fu la seconda città fondata da Diego Velasquez a Cuba nel 1513. Città ricca per la sua florida agricoltura e l’allevamento del bestiame, entrò nella storia con la prima guerra d’indipendenza, quando, dopo il Proclama di Yara, Carlos Manuel de Céspedes, il 20 ottobre 1868 entrò a Bayamo e la proclamò capitale della Repubblica indipendente. Qui, per la prima volta, fu cantata la Bayamesa che divenne l’inno nazionale cubano, come la Marsigliese francese. Il 12 gennaio 1869, circondati dall’esercito spagnolo, i rivoltosi preferirono bruciare la città che perse interamente il suo patrimonio architettonico coloniale. La nuova città fu ricostruita dagli Spagnoli e il centro, ricostruito dopo l’indipendenza, è diventato Monumento Nazionale. Dopo la vittoria della rivoluzione castrista del 1959, la provincia di cui è capitale ha preso il nome di Granma, dal nome del battello con cui i ribelli del Movimento 26 Luglio sbarcarono a Cuba il 2 dicembre 1956 per iniziare la guerriglia dalla Sierra Maestra.
La visita inizia dal centro cittadino, Plaza de la Revolution o Parque Céspedes, vasta piazza alberata, dove si fronteggiano i due monumenti a Carlos Manuel de Céspedes, il Padre della Patria, e Perucho (Pedro) Figueredo, autore dell’inno nazionale. Il primo mostra Céspedes in piedi su un piedistallo con due bassorilievi: davanti sono rappresentati i morti della rivoluzione, sul lato destro la fucilazione di uno dei figli di Céspedes da parte degli Spagnoli perché il padre si era rifiutato di cessare la lotta, e disse che egli non era il suo unico figlio perché lo erano tutti i morti per la rivoluzione e per questo fu chiamato Padre della Patria. Anche Céspedes morì nel 1874, in un’imboscata degli Spagnoli. Il secondo monumento è un busto di Figueredo con il suo nome davanti e, ai lati, due pannelli: quello di sinistra riporta le note dell’inno del musicista Manuel Muñoz Cedeño, quello di destra le parole dello stesso Figueredo.
Sul lato sud della piazza si affacciano i due principali musei La Casa Natale di Manuel de Céspedes, a due piani di colore giallo, risparmiata dall’incendio e restaurata, che raccoglie i suoi ricordi, e la Casa Natale del musicista Manuel Muñoz Cedeño (1813-1895) con una targa, divenuto ora Museo Provinciale. A ovest della piazza c’è il palazzo dei Figueredo con la targa che ricorda la nascita dell’autore dell’inno nazionale che fu fatto Maggior Generale e si distinse nella guerra. Fatto prigioniero dagli Spagnoli nel 1870 fu fucilato a Santiago de Cuba.
L’ultimo importante edificio è la Cattedrale detta di San Salvador De Bayamo, il Patrono della città, con la facciata sul lato ovest. Questa è stata la seconda chiesa costruita a Cuba nel 1613, ma l’originale è stato distrutto nell’incendio della città e fu ricostruita solo nel 1919 con un campanile a cupola. In questa chiesa, nel giugno del 1868, nel giorno del Corpus Domini, fu suonato ufficialmente per la prima volta l’Inno Nazionale.
A sera si pernotta all’Hotel Sierra Nevada di Bayamo.

51.8 MANZANILLO E LO SBARCO DEL GRANMA.


Il mattino del 3 dicembre, si lascia Bayamo rimanendo sempre nella provincia di Granma, verso la costa sud-occidentale di Cuba, teatro di diversi avvenimenti storici fra cui il luogo dove Manuel de Céspedes liberò i suoi schiavi e diede inizio alla rivolta contro gli Spagnoli e il luogo dello sbarco del Granma con gli 82 membri del Movimento del 26 luglio, guidati da Fidel Castro che diedero inizio alla guerriglia della Sierra Maestra, ultima fase della Rivoluzione cubana contro Batista.
A ovest di Bayamo, dopo 65 km circa, si raggiunge la cittadina di Manzanillo, una volta importante città portuale per il commercio dello zucchero sul golfo di Guacanayabo, oggi città di pescatori, nota per aragoste e gamberi, ma poco frequentata dai turisti. La costa fino a Cabo Cruz è dominata dalle mangrovie e dalla barriera corallina nei fondali. Il centro cittadino ha mantenuto il suo aspetto coloniale con la piazza principale, Parque Maximo Gomez, ben alberata con palme reali e al centro il Palco per l’orchestra di stile moresco-andaluso (Glorieta Moresca). Intorno si trovano eleganti palazzi come la Casa de la Cultura, un edificio costruito dopo l’indipendenza, nel 1935, decorato con azulejos di Valencia. Le strade pedonali, che si dipartono dalla piazza, completano la visione del centro. Fra i dintorni della città, 13 km a sud, c’è la Demajagua, la tenuta di Manuel de Céspedes e i resti della Campana della Libertà suonata quando furono liberati gli schiavi. La tenuta fu bombardata dal mare dagli Spagnoli, subito dopo l’inizio della guerra.
Lasciata Manzanillo, si scende seguendo la costa, verso sud-ovest e si passa vicino alla cittadina di Media Luna, dove nel 1920 è nata Celia Sanchez Mandulay che incontrò Castro nel 1957 ed entrò nel Movimento 26 Luglio. La Sanchez divenne il braccio destro di Castro, gestì la rete dei rifornimenti per i ribelli della Sierra Nevada durante la rivoluzione e fu considerata un’eroina della rivoluzione. Morì di cancro nel 1980 e Castro, che le era molto affezionato, ne rimase molto scosso.
Dopo Niquero, la cittadina più vicina allo sbarco, si entra nel Parque Nacional del Desembarco del Granma, a circa 100 km da Manzanillo, che è anche una Riserva Naturale ben preservata e paradiso degli uccelli, importante per le colline carsiche, la costa paludosa, ricca di lagune coperte da mangrovie, e i fondali corallini. Poco dopo si vede sotto una tettoia una copia del battello Granma, a ricordo dello sbarco. All’estremità di un grande spiazzo, c’è poi un basso edificio in cemento con un piccolo museo che mostra fotografie e documenti sull’impresa, una mappa della Sierra Maestra e le frasi pronunziate da Fidel in occasione dello sbarco: “Si salimos, llegamos, si llegamos, entramos, y si entramos, triunfamos” e “La Rivoluzione è figlia della cultura e delle idee”. Vicino al museo è stata conservata una capanna, dove abitava un contadino che fu il primo ad accogliere Fidel e i suoi compagni appena sbarcati e fu considerato il primo collaboratore. Da qui inizia una pista in cemento fra le mangrovie, lunga 1,5 km che porta alla Playa las Coloradas, punto dello sbarco. L’acqua delle lagune è resa rossastra dalle Mangrovie e da questo deriva il nome della Playa. Naturalmente la pista non esisteva al momento dello sbarco e si possono comprendere le difficoltà per attraversare la zona acquitrinosa nella fitta vegetazione. All’estremità della pista si trovava un monumento che è stato spazzato recentemente da una mareggiata, durante uno dei tifoni che colpiscono il sud dell’isola.
Si torna indietro e si riprende il pullman tornando verso Niquero, dove si pranza. Nel percorso si osservano le case dei contadini e le fattorie con le piantagioni di mango.
Alle 16:30 inizia il trasferimento a Santiago de Cuba, dove si arriva alle 21:00 circa all’Hotel Casagranda, e qui si rimarrà due notti.

51.9 BARACOA.


Il giorno dopo, 4 dicembre, si parte per Baracoa, l’insediamento più antico e orientale di Cuba, sulla costa settentrionale sull’Oceano Atlantico. La città è rimasta isolata per secoli, essendo circondata dal lato di terra da una catena di montagne coperte da foreste pluviali: il massiccio di Segua-Baracoa. Solo nel 1965 è stata aperta una strada panoramica che attraversa le montagne e che l’ha reso più accessibile. Il percorso è abbastanza lungo; dalla provincia di Santiago de Cuba si passa alla provincia di Guantánamo, cui appartiene Baracoa. Un tratto di autostrada collega con la città di Guantánamo a nord della Base americana omonima. Alle 8:30 si fa una breve sosta nella città, nella piazza principale di Parque Marti e si riparte subito. Un’altra strada scende verso la costa meridionale, sul Mar dei Caraibi e la segue verso est per circa 40 km. Questo tratto di costa, protetto a nord dalle montagne, ha un clima arido e rovente nella stagione estiva per la bassa piovosità, perché le piogge e le foreste pluviali sono concentrate sul versante nord. Vi sono ancora fattorie con allevamenti, palme e banani, poi le rocce diventano brulle, la vegetazione rada e cominciano a comparire piante grasse e cactus. La costa è ripida e selvaggia fra distese di cactus giganti. Verso le 11:00 la strada piega a nord, verso l’interno e sale per le montagne. Comincia il tratto di strada detto della Farola. La strada si arrampica fino al punto più alto, detto appunto Alto de Cotilla, a 550 m di quota. Qui c’è un punto panoramico da cui si osserva il percorso della strada attraverso la montagna coperta dai boschi (11:30 circa). Da qui la strada scende verso il mare e si raggiunge Baracoa alle 12:45 circa.
Baracoa fu la prima città fondata da Diego Velasquez nel 1511 e dal 1512 al 1515 fu capitale dell’isola prima di trasferirla a Santiago de Cuba. Il nome deriva dalla lingua indigena che significa “luogo delle acque” perché vicino sboccano diversi fiumi, il più importante dei quali è il Toa. Gli abitanti rivendicano che questo sia stato il luogo del primo sbarco di Cristoforo Colombo, ma nella contesa c’è anche Gilbara nella provincia di Holguin. Subì attacchi e saccheggi dai pirati provenienti dalla vicina Haiti e nel 1652 fu incendiata da un pirata francese che distrusse anche la cattedrale che era la più antica di Cuba. Dopo la rivoluzione di Haiti del 1791, vi affluirono i suoi profughi di origine francesi che hanno lasciato la loro impronta nello stile della città.
Il centro della città è la Plaza de la Catedral con la chiesa dedicata a Nuestra Señora de la Assuncion, ricostruita nel 1805, dopo il primo incendio, e adesso chiusa per restauro. Le funzioni si svolgono in una chiesa provvisoria, ospitata all’interno di una casa, e qui si trova la reliquia più importante della città: la Cruz de la Parra (vite) che la tradizione voleva fosse stata portata da Cristoforo Colombo. L’analisi al carbonio 14 ha confermato la sua antichità, ma il legno è quello di un albero locale. Una fontana sulla piazza con una colonna ricorda il capo Taino, Hatuey, arso vivo nel 1512 per essersi ribellato agli Spagnoli, primo ribelle cubano. La città non offre altri edifici di rilievo.
In periferia, lungo la riva del fiume Toa si visita il Rancho Toa, dove si vede un albero di cacao, originario del Messico e dell’America centro-meridionale. La pianta è un sempreverde alto 5-10 m con foglie ovali. Il frutto, che si sviluppa dai fiori, ha la forma di un cedro allungato di colore giallo-verde lungo 10-15 cm e pesante da 300 a 500 gr, contiene all’interno 25-40 semi immersi in una sostanza zuccherina gelatinosa. Il cacao da cioccolato è ottenuto sottoponendo i semi a essicazione e torrefazione.
Si pranza al Rancho Toa sotto una grande tettoia e quindi si scende al fiume per una breve navigazione a bordo di barche a remi. Il fiume è ricco di acqua e scende dalle montagne vicine coperte dalla foresta pluviale. La fitta vegetazione sulle rive lambisce le acque. A distanza si vede il ponte della strada che attraversa il fiume.
Alle 15:20 si riparte, si riattraversano le montagne e si percorre la stessa strada a ritroso. Passando vicino alla Base americana di Guantánamo si vedono le luci nell’oscurità della sera. Si arriva a Santiago de Cuba alle 21:20, dove si pernotta per la seconda volta.

51.10 SANTIAGO DE CUBA.


La giornata del 5 dicembre è dedicata interamente alla visita di Santiago de Cuba. Seconda città dell’isola con 500 mila abitanti, detti santiagueri, è la capitale della provincia omonima. Si trova all’interno di una magnifica baia ed è vicina alle montagne della Sierra Maestra. Fu fondata nel 1514 da Diego Velasquez, e nel 1522 divenne seconda capitale di Cuba, dopo Baracoa, e fu definitivamente sostituita da L’Avana nel 1592. Anche storicamente Santiago è stata la seconda città e baricentro dell’est dell’isola, trovandosi 870 km a sud-est di L’Avana. Dal suo porto è partita la spedizione di Hernando de Soto per la Florida, nel 1538. Ha subito un forte influsso francese con le migrazioni, dopo la rivolta degli schiavi di Haiti del 1791 ed ha fuso cultura e stili spagnoli, francesi e africani. Contro le incursioni dei pirati del XVI e XVII secolo, la sua baia fu munita di imponenti fortificazioni, fra cui la fortezza di San Pedro de la Roca, inserita, nel 1967, nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO. La città fu conquistata dagli inglesi nel 1662. Nel 1898, durante la guerra Ispano-Americana, la flotta Spagnola subì la definitiva disfatta al largo della Baia di Santiago. Il 26 luglio 1956, Fidel Castro diede inizio alla prima azione della rivoluzione cubana con l’attacco alla Caserma Moncada di Santiago e da questo fatto nacque il Movimento del 26 Luglio che riprese la lotta contro Batista sulla Sierra Maestra. Da Santiago, Fidel Castro proclamò la vittoria della Rivoluzione cubana il 2 gennaio 1959, dopo la fuga di Batista.

La visita della città inizia dal centro storico il cui cuore sta nel Parque Céspedes intorno cui si trovano la Cattedrale, il Municipio (Ayuntamiento) e la Casa di Diego Velasquez, primo amministratore di Cuba, che ora è parte del Museo de Ambiente Historico Cubano. S’inizia da quest’ultima sul lato ovest della piazza: una casa che ha mantenuto le fattezze di quella originale ed è considerata la più antica di Cuba. Edificio a un piano con balconi di legno sulla facciata, all’interno ha il tradizionale patio con il pozzo e la cisterna che raccoglie l’acqua piovana, le sale hanno soffitti di legno, mobili e decorazioni originali. La casa ha anche un piccolo forno per la fusione dell’oro. Accanto alla casa di Velasquez c’è una casa del 1800 che ospita il Museo delle Arti decorative e una rassegna del mobile cubano opera dell’artigianato locale. Sul lato sud della piazza, si trova la cattedrale dedicata alla Nuestra Señora de la Assuncion, che è stata rifatta e rimaneggiata più volte a seguito dei molti terremoti. L’attuale è in forme eclettiche con due torri laterali e un angelo sul frontone. L’Ayuntamiento, sul lato nord, è stato rifatto nel 1950 nello stile coloniale.
Seguendo verso est Calle Heredia, a sud della piazza, si trova la Casa Natale di José Maria Heredia (1803-1839) poeta romantico cubano che, accusato di cospirazione dagli Spagnoli, morì in esilio in Messico. Nella casa-museo, sono raccolti i suoi ricordi e una poesia della raccolta Niágara, per ricordarlo nel 114° anno della nascita (31 dicembre 1917). Il Museo Emilio Bacardi Moreau (1844-1922), primo sindaco di Santiago repubblicana, si trova in Calle Aguilera, parallela a Heredia, a nord della piazza, ed è il museo storico della città in un grande edificio di stile eclettico.
Seguendo verso est calle Aguilera, si raggiunge Plaza de Marte, vasta piazza alberata, che nel periodo coloniale era un luogo destinato alle esecuzioni e al centro, c’è il monumento a Castillo Djany (1856-1922), combattente e politico, che combatté con Maceo, fu fatto Brigatiere Generale e cooperò allo sbarco delle truppe americane, dopo l’intervento. Sulla piazza c’è anche una colonna sormontata da un berretto frigio, simbolo della rivoluzione francese e un busto a José Marti, dedicatogli dalla massoneria cubana nel 1947, con i simboli massonici. La piazza è frequentata ora dai tifosi di baseball, sport nazionale cubano, per discutere sugli eventi sportivi.
Girando per le strade di Santiago non bisogna mancare di osservare gli aspetti architettonici più vari che caratterizzano la fisionomia della città. Gli edifici raramente superano i tre piani, gli stili vanno dal coloniale con forti influssi francesi, al neoclassico ed eclettico. Osservare le decorazioni, le grate di ferro alle finestre e i colori delle case.
A nord-est di Plaza de Marte, si visita la famosa Caserma Moncada, teatro della prima azione della rivolta di Fidel Castro nel 1953 e oggi Museo Historico 26 de Julio. Gli edifici della caserma si trovano su una vasta piazza recintata e la facciata gialla e bianca conserva vicino all’ingresso, i fori dei proiettili sparati dai ribelli. All’interno c’è una vasta documentazione sulla storia della caserma e sugli avvenimenti della rivolta fino alla vittoria finale. La caserma fu costruita nel 1859 e le fu dato il nome attuale nel 1909 in onore del generale José Guillermo Moncada della guerra d’indipendenza che era stato tenuto prigioniero in questa caserma nel 1893. Fu distrutta da un incendio nel 1937 e ricostruita nel 1944. Il Museo storico fu inaugurato nel 1967. Dopo l’attacco del 26 luglio e l’amnistia che liberò i prigionieri, Castro fondò il Movimento del 26 luglio nel giugno 1955 e dal Messico organizzò lo sbarco a Cuba dello yacht Granma con 81 compagni alla spiaggia Las Coloradas, nel dicembre 1956. Dal gennaio 1957 al febbraio 1958, i ribelli si rafforzarono nella Sierra Nevada con una serie di azioni di guerriglia. Dopo i falliti tentativi dell’esercito di Batista di accerchiare i ribelli, Castro decise una controffensiva, attaccando le regioni occidentali, risolutiva con la battaglia di Santa Clara.
Nei quartieri settentrionali all’uscita della città, si trova Piazza della Rivoluzione con il monumento dell’artista cubano Alberto Lescay al Generale Antonio Maceo, el Titan de Bronzo, raffigurato a cavallo che chiama alla guerra i cittadini. La statua è affiancata da 23 giganteschi travi d’acciaio oblique che rappresentano i machete usati come spade dai campesinos e simbolo dei mambisa e della Protesta di Baraguà del 1878. Alla base del monumento sono riportate frasi di Maceo e Marti e c’è una sala di esposizione con documenti sulle battaglie.
Nel pomeriggio, 10 km a sud di Santiago, all’ingresso della Baia, si va a visitare il Castillo de San Pedro de la Roca del Morro, la fortezza costruita e rimaneggiata tra il 1638 e la fine del 1700. Il progetto è stato dell’ingegnere militare Juan Bautista Antonelli. La fortezza è distribuita su un promontorio roccioso (morro) ed è divisa in cinque livelli collegati da scalinate e torri con numerose terrazze per i cannoni.
Arrivati nell’area della fortezza, si trovano un piccolo villaggio turistico con botteghe di artigianato e un ristorante e c’è un faro aggiunto nel 1840. L’ingresso alla fortezza è alla sommità del promontorio seguendo un camminamento tortuoso e passando un ponte sul fossato. All’interno vi sono molte sale con piante e descrizioni sulla storia della fortezza, della pirateria e delle battaglie sostenute, fra cui quella navale del 1898 fra le flotte spagnola e degli Stati Uniti, avvenuta al largo di Santiago.
Al tramonto si assiste alla cerimonia del tradizionale colpo di cannone (cañonazo) da una delle terrazze del castello. Un plotone di militari comandato da una donna ufficiale arriva alle 17:00, arma un cannone ad avancarica e, al tramonto del sole (7:25) spara un colpo a salve.
Finita la visita, è in programma il trasferimento all’aeroporto di Santiago per tornare a L’Avana per un’ultima giornata dedicata alla capitale dell’isola. Si torna in città alle 18:30 per una passeggiata e un cocktail a un ristorante. Il volo è per le 21:50 con arrivo a L’Avana alle 23:30 e si pernotta all’Hotel Barcelo Habana Ciutad.

51.11 ULTIMO GIORNO A L’AVANA.


L’ultimo giorno del viaggio, il 6 dicembre (lunedì), è dedicato ancora alla Capitale L’Avana. Al mattino si visita la principale fabbrica di Tabacchi della città e, in periferia, 12 km a sud-est del centro, la Finca Vigia (Tenuta Sentinella) di Ernest Hemingway, la residenza più usata dallo scrittore a Cuba per oltre venti anni. Nel pomeriggio si ritorna all’Habana Vieja a godere ancora l’atmosfera dei quartieri coloniali.
La Fabrica de Tabaco Partagas, in Calle Industria dietro il Campidoglio, vicina al Parque de la Fraternidad, è stata attiva dal 1845 ed è diventata industria di Stato dopo la rivoluzione. L’edificio ha una facciata neoclassica con cornicione barocco. Il personale accompagna nella visita dello stabilimento; le linee di fabbricazione dei sigari per l’esportazione sono manuali. Nella fabbrica vi sono 650 persone che producono 28000 sigari al giorno di 7 marche diverse e 32 tipi, una persona esperta ne fa in media 100 al giorno e guadagna da 200 a 300 pesos mensili. Le foglie di tabacco sono essiccate e stagionate, quindi selezionate per qualità e dimensioni. I sigari sono realizzati partendo da una foglia base più grande e altre cinque di riempimento più piccole che sono arrotolate, messe in uno stampo tubolare e tagliate.
Alle 10:40 si riprende il pullman e si attraversa il Canal de Entrada della Baia con il tunnel sottomarino fra il Castillo de la Punta e quello del Morro, passando alla Habana del Este che si spinge per molti chilometri fra le spiagge e il sud. Questa parte si è sviluppata nella seconda metà del XX secolo con quartieri popolari e residenziali. La tenuta di Hemingway si trova nella collina di San Francisco de Paula, occupa 8 ettari ed era stata affittata dallo scrittore, nel 1942, da una famiglia francese e poi acquistata. Lo scrittore usò la villa come suo rifugio fra un viaggio e l’altro e riempì la casa di libri e di trofei di caccia. La terza moglie Martha Gellhorn gli fece costruire accanto alla casa una torretta di quattro piani, come studio, ma egli preferì le stanze della villa, dove riceveva sempre i suoi ospiti. Nel 1954 ebbe il premio Nobel per la Letteratura per il suo romanzo “Il vecchio e il Mare” e dedicò il premio al governo cubano. Lasciò Cuba nel 1960 e nel 1961 si uccise. Nel 1962 la vedova regalò la villa allo stato cubano che ne fece un museo.
La visita della casa si fa solo dall’esterno, osservando e fotografando gli interni dalle finestre. La casa è rimasta come lasciata da Hemingway con la sua vasta raccolta di libri e riviste, mobili, quadri e trofei di caccia. Fuori dalla villa, in un hangar, è conservato lo yacht el Pilar per la pesca d’altura dei marlin di cui era appassionato.
Dopo la visita, si torna alla Habana Vieja e, alle 13:00, si pranza al ristorante La Mina. Nel pomeriggio si va alla ricerca di altri luoghi frequentati da Hemingway. Su Calle Obispo, c’è l’Hotel Ambos Mundos dove, al quinto piano, c’è ancora la stanza, occupata dallo scrittore nel periodo in cui scriveva il romanzo “ Per chi suona la campana”, che ha ancora una targa ricordo sulla porta. Dal terrazzo dell’Hotel si ha una vista panoramica della città e della Fortaleza de San Carlos de la Cabaña. Si passeggia lungo Calle Obispo e Calle Obrapia, due lunghe strade che arrivano fino al Parque Central. Vicino a questo c’è il bar-ristorante Floridita, anche questo frequentato da Hemingway.
Si fa l’ultimo percorso dal Parque Central al Capitolio National. Il traffico sul Paseo Marti è abbastanza sostenuto. I collegamenti sono assicurati da autobus pubblici e vi sono molti taxi, statali e privati con vecchie auto americane; oltre ai velotaxi, un’esclusiva cubana sono i Coco-Taxi che assomigliano a noci di cocco aperte.
Al Capitolio ci attende il pullman e finisce la visita di Cuba.

Segue il trasferimento in aeroporto per il volo L’Avana-Madrid delle 23:10 con arrivo il giorno dopo alle ore 14:00 (questa volta si aggiungono le 6 ore di fuso); si riparte infine con un altro volo per Roma, dalle 16:10 alle 18:30.

Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Extrtour.doc

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