Diario di viaggio organizzato in Armenia

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Diario di viaggio organizzato in Armenia

 

ARMENIA (2007)

21-29.05.2007 - 17:30 - Viaggio organizzato da PALLADIO (Arch. G.Ametrano).

L’Armenia è una piccola repubblica caucasica con una superficie meno di un decimo di quella dell’Italia ed una popolazione di soli 3,2 milioni di abitanti. Gli abitanti sono di religione cristiana che fin dalle origini si è distinta da quella cattolica ed ortodossa, ed è quasi circondata da paesi musulmani. La nazione non ha sbocchi al mare, si allunga ad ovest sulla frontiera con la Turchia, a nord con la Georgia, ad est con l’Azerbaigian e la regione contesa del Nagorno Karabakh, a sud con l’Iran e l’ultimo tratto ad ovest di nuovo con una parte dell’Azerbaigian. Il territorio è ricco di catene montuose, profonde valli e pianure, la vetta più elevata è il monte Aragat di 4090 m sul lato nord-ovest e molte vette dell’altipiano anatolico sono superiori ai 3000 m.
Il programma del viaggio inizia con la visita alla capitale Yerevan e dei suoi monumenti più importanti che tracciano la sua storia dalle origini ai tragici avvenimenti più recenti. Si prosegue per un giro nel paese, partendo dalla zona di confine con la Turchia dominata dal monte Ararat in territorio turco e qui si incontra Khor Virap, uno dei più antichi monasteri che ricorda le origini del cristianesimo armeno. Scendendo verso sud si visitano altri monasteri fino a quello di Tatev nelle gole del Vorotan.

46.1 STORIA DEL POPOLO ARMENO.

Il nome di Armenia compare nelle iscrizioni cuneiformi degli Achemenidi e si riferiva alla regione montagnosa e vulcanica fra i 37° e 47° di longitudine E ed i 34° e 41° di latitudine N con al centro il lago di Van (ora in Turchia) e le pianure ai piedi dell’Ararat. Gli Assiri-Babilonesi chiamavano la regione Urartu abitata dai Chaldi-Urartu. Per tre secoli dal IX al VI secolo a.C. qui si affermò la dinastia urartiana che raggiunse il suo apogeo con i tre re Manuas, Argistis I e Sardur III dall’810 al 733 a.C.. Respingendo Assiri ed Hittiti la dinastia urartiana estese i suoi domini, ma nel 735 subì una grande disfatta da parte degli Assiri ed il regno si ridimensionò e non si risollevò più. Nel VII secolo arrivarono le migrazioni degli armeni indo-europei che si fusero con i Chaldi. Dopo la caduta di Ninive e del regno assiro nel 612 e la caduta di Babilonia nel 536, tutti i popoli della regione finirono assoggettati sotto il regno achemenide di Dario. L’Armenia divenne una satrapia, ma godette di una certa indipendenza.
Del periodo urartiano sono rimasti molti siti archeologici intorno al lago di Van. La città di Erebuni alla periferia di Yeravan, capitale dell’attuale Armenia, fu fondata nel 782 sotto il re Menuas e sopravvisse al regno di Urartu. Dopo Alessandro Magno entrò nell’orbita dei Seleucidi e dei Parti e si divise nell’Armenia maior ad oriente dell’Eufrate fino al Caucaso e nell’Armenia minor ad occidente dell’Eufrate unificata nel I secolo a.C. sotto il re Tigrane il Grande che aveva mire espansionistiche ed estese il suo dominio fra i tre mari: Mar Nero, Mediterraneo e Caspio. I Romani iniziarono la loro penetrazione nello stesso periodo con le guerre contro Mitridate ed anche Tigrane, suo alleato fu coinvolto. Prima Lucullo e poi Pompeo condussero due campagne contro di lui finché riconobbe la sovranità di Roma, ma mantenne il trono. L’Armenia ebbe la scomoda posizione di cuscinetto fra Romani e Parti finché nel 114 d.C. l’imperatore Traiano mosse guerra ai Parti per stabilizzare i confini dell’impero, invase le due Armenie maior e minor e ne fece una provincia romana che fu unificata alla Cappadocia. Il re Tiridate, detronizzato, riebbe il trono sotto Caracalla, ma nel 226 i Sassanidi di Persia conquistano il regno dei Parti.
Durante tutto il periodo dell’influenza ellenistica e poi romana, la religione più diffusa fu lo zoroastrismo persiano e poi il paganesimo greco e romano. Il cristianesimo attecchì subito per opera di S. Gregorio l’Illuminatore che convertì il re Tiridate III nel 301 d.C. e così gli Armeni furono il primo popolo a proclamare il cristianesimo religione di stato facendone la base della loro unità nazionale e della loro identità mentre altrove continuavano le persecuzioni. Dopo Costantino e la divisione dell’impero romano il regno armeno ebbe due avversari: i sassanidi di Persia e l’impero bizantino. Nel IV e V secolo si formò l’identità politica e culturale degli Armeni specie dopo l’invenzione (405) da parte di Mesrop Mashtots dell’alfabeto armeno di 36 lettere che avevano anche funzione numerica e gli studiosi cominciarono a tradurre testi greci e latini in armeno. Intanto la costruzione di chiese, monasteri e mausolei creò uno stile architettonico armeno con strutture murarie e coperture a volta e cupole senza travature e capriate. Nel VI secolo, con i concili di Dvin, nel 525 e 552, la chiesa armena si separava dalla chiesa bizantina respingendo le conclusioni del concilio di Calcedonia sulla natura di Cristo (la chiesa armena gli riconosce la sola natura divina) affermando l’autonomia del katolikosato, dei poteri reali e delle famiglie feudali. Lo scisma accelerò lo sviluppo dell’architettura nazionale.
Nell’ultimo decennio del VII secolo il Caucaso passò dalla dominazione bizantina a quella araba sotto un emirato dipendente da Bagdad e l’Armenia divenne stato tributario, ma mantenne la sua libertà religiosa e continuò a costruire edifici di culto. Con la crisi della dinastia Abasside, dal IX all’XI secolo, le grandi famiglie principesche armene si liberarono dalla sudditanza al califfato e nel paese si formò una rete di monasteri fortificati ed una struttura amministrativa, ma alla fine dell’XI secolo, l’arrivo dei Turchi selgiuchidi portò un periodo di crisi in tutta l’area anatolica e subcaucasica fino alla seconda metà del XII secolo quando l’impero selgiuchide si disintegrò in tanti piccoli emirati indipendenti ed il regno armeno tornò indipendente intorno alle città di Kars, Ani e Dvin. In questo periodo i commerci carovanieri che finivano ai porti del Mar Nero frequentati dalle navi genovesi e veneziane portarono ricchezza e benessere. In Armenia si ebbe un’esplosione artistica nell’arte figurata religiose e laica con influenze greche, georgiane, turche e mongole. L’arrivo dei Mongoli, passati all’Islam, segnò nel XIII secolo l’inizio delle persecuzioni religiose ed economiche che impoverirono le comunità armene. Ani nel 1319 fu distrutta da un terremoto e fu abbandonata. All’inizio del XV secolo arriva anche Tamerlano ed i Mongoli prevalgono fino alla metà del XV secolo quando si afferma la dinastia Ottomana. Persa l’indipendenza, l’Armenia entrò in un fase di decadenza culturale ed artistica fino al XIX secolo e, specie nei 150 anni che vanno dalla metà del XIV secolo alla fine del XVI, solo alcune comunità civili e religiose continuano a custodire l’antica cultura. Nella Cilicia armena, dai monti del Tauro alla costa mediterranea c’erano importanti minoranze armene che si dedicavano soprattutto alle professioni liberali.
Nei secoli XVII e XVIII tutto il territorio dell’Armenia storica viene diviso in due sfere di influenza, ad ovest quella turca ed a est quella persiana, stabilite da due trattati nel 1620 e nel 1639. Nell’area occidentale soggetta all’impero ottomano si ebbero forme di autogoverno da parte di principi armeni detti melik, ma le comunità armene erano sfavorite dall’incertezza dei loro diritti dove le minoranze cristiane erano più numerose, come nell’Anatolia orientale. Più favorita fu l’Armenia orientale, ma qui si ebbe una deportazione in massa degli abitanti di una fiorente città, Julfa, all’inizio del 1600, un totale di 50000 persone di artigiani con le loro famiglie, trasferiti in Persia come mano d’opera qualificata per la costruzione della capitale Isfahan. Solo la metà arrivò a destinazione e da allora formarono una comunità armena in Iran, costruendo una nuova Julfa vicino a Isfahan. I principati del nord ebbero nel 1700 l’appoggio di Pietro il Grande ed ebbero un’effimera indipendenza.
Nei primi decenni del 1800 iniziarono le campagne della Russia contro Persiani e Turchi che finirono con un trattato nel 1828 insieme allo Scià di Persia e la Sublime Porta con cui si stabilirono i confini fra i tre paesi che sono rimasti poi praticamente invariati tra URSS, Turchia ed Iran. Al trattato seguì un esodo di 100000 Armeni dall’impero ottomano e di 35000 dall’Iran verso l’Armenia orientale (l’attuale) che conobbe una rinascita economica e la città di Yeravan e divenne il suo centro amministrativo e commerciale. Molti Armeni erano però rimasti entro i confini ottomani sempre malvisti dal governo centrale e la questione armena scoppiò nel 1896 quando il sultano ordinò una serie di massacri in cui morirono centinaia di migliaia di armeni. Allo scoppio della prima guerra mondiale e l’apertura delle ostilità con la Russia, nel 1915, iniziò il genocidio degli armeni turchi considerati possibili traditori e, fino al 1923, anche i repubblicani turchi continuarono i massacri in Cilicia ed a Smirne e si valuta ad un milione e mezzo il numero totale degli armeni uccisi, fatto sempre negato dalla Turchia. Intanto l’Armenia orientale, dopo la rivoluzione d’Ottobre, entrava nell’orbita sovietica ed il trattato di pace comportò ulteriori perdite di territorio a favore della nuova Turchia di Kemal Ataturk. Entrata a far parte dell’URSS, l’Armenia vide inoltre assegnare all’Azerbaigian, come regione autonoma, la regione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh.
In epoca sovietica, l’Armenia ebbe un buon sviluppo industriale ed economico, ma con la glasnost di Gorbaciov si riaccesero i contrasti con l’Azerbaigian e nel 1988 scoppiò la guerra etnica fra Armeni e Azeri nel Nagorno-Karabakh coinvolgendo Armenia ed Azerbaigian. Nel 1988 ci fu anche un violento terremoto nell’area nord occidentale del paese che provocò 25000 morti e lasciò 1,5 milioni di senza tetto distruggendo il 10% della capacità industriale della nazione. Alla fine il crollo dell’Unione Sovietica avvantaggiò gli Armeni, gli Azeri fuggirono dall’Armenia e dal Karabakh e, nel 1994, il cessate il fuoco congelò i confini stabiliti dalla guerra con gran parte del Nagorno-Karabakh sotto il controllo armeno, ma ridotto alla miseria. Anche l’Armenia, votata l’indipendenza nel 1991, si ritrovò con le industrie abbandonate ed in disarmo, disoccupazione e miseria. Da allora l’economia si è lentamente risollevata con l’iniziativa privata, gli aiuti internazionali e la solidarietà delle comunità armene che vivono all’estero specie quelle degli Stati Uniti e della Russia, del Canada e dell’Australia. La diaspora armena ha sparso nel mondo circa 10 milioni di armeni contro i soli 3,2 milioni che vivono nell’attuale Armenia.

46.2 LA CAPITALE YEREVAN.

22 maggio 2007
Yerevan si trova nella provincia di Kotayk, non lontana dal confine turco, in una vallata circondata da tre colline e verso sud-ovest si affaccia sulle pianure dell’Ararat digradando dolcemente. Il suo piano regolatore è del 1924 ed il suo centro si presenta bene con i palazzi in pietra vulcanica variamente colorata, ampi viali, parchi e numerosi musei ed un’architettura di impronta sovietica.
L’origine della città è molto antica e sulla collina di Erebuni, a sud del centro, nel 1959 sono stati trovati i resti della prima città fondata nel 782 dal re Argishti di Urartu e del suo palazzo-fortezza. Anche dopo la fine del regno di Urartu, la città sopravvisse prosperò per la fertilità dei luoghi e la posizione strategica e rimase sempre capoluogo di regione sotto le varie dominazioni, ma la sua rinascita economica e politica si ebbe con l’annessione all’impero Russo nel 1828 e poi con il suo status di repubblica nell’URSS.
Il centro della città è piazza della Repubblica che prima si chiamava Piazza Lenin ed aveva una sua statua al centro. Intorno alla piazza si trovano il Ministero degli Esteri, la Galleria d’Arte Nazionale, il Ministero dell’Economia con la torre dell’orologio, la sede delle Poste e l’Hotel Armenia, più grande albergo della città, ora della catena Marriott.
La prima visita è dedicata alla collina della Fortezza di Erebuni ed ai resti archeologici dell’antica capitale di Urartu. Gli scavi hanno portato ad una ricostruzione parziale di alcune parti del Palazzo reale con alcuni affreschi, copia degli originali, e delle mura. Vicino alle mura è stata ritrovata una lastra di pietra vulcanica con caratteri cuneiformi sumerici che fa risalire al 782 la costruzione della fortezza ed attribuisce l’opera al re Argishti I, figlio di Menuas. Dall’alto della collina si gode il completo panorama della città e, verso sud-ovest, è ben visibile la montagna dell’Ararat, il monte biblico in territorio turco che ora è stato ribattezzato Buyukagri Dagi.
Ai piedi della collina è stato costruito il Museo di Erebuni, aperto nel 1968, con una facciata decorata da bassorilievi nello stile sovietico. All’interno si trova un plastico con la ricostruzione della fortezza, un bassorilievo rappresentante il dio Arbi su un leone e molti reperti degli scavi sulla civiltà urartiana con stampi per la lavorazione dei metalli e ceramiche fabbricate a mano e con il tornio.
La seconda visita è dedicata al Matenadaran, la grande Biblioteca, costruita nel 1959 che sorge come una cattedrale all’estremità nord-est del centro dove finisce la principale arteria, Mashtots Paghota, che attraversa diametralmente il centro. L’edificio raccoglie tutti gli antichi manoscritti dell’Armenia e comprende un istituto di ricerca che si occupa della conservazione dei manoscritti; è dedicato all’inventore dell’alfabeto armeno, il monaco Mesrop Mashtots, con cui iniziò la traduzione dei classici greci e latini e la produzione letteraria armena. Alla base dell’edificio si trova la statua di Mashtots che insegna il suo alfabeto di 36 lettere ad un discepolo. Mashtots usò le lettere dell’alfabeto anche per i numeri formando 4 gruppi di 9 lettere, il primo per le unità, il secondo per le decine, il terzo ed il quarto per le centinaia e le migliaia. Successivamente furono aggiunte altre tre lettere. Al primo piano, in una grande sala si trova la collezione pubblica con una selezione dei 17000 manoscritti della biblioteca, mentre si valuta a 30000 il totale dei manoscritti armeni esistenti. Vi si trova la prima traduzione della Bibbia in armeno del V secolo. I manoscritti miniati usavano colori naturali la cui tecnica e composizione è però sconosciuta. Il libro più grande pesa 28 kg ed è un calendario religioso, il più piccolo solo 18 gr. Il primo documento stampato è del 1772. I manoscritti più antichi erano su pergamena di pelle di bue, la carta fu portata dagli arabi solo nel VII secolo. I manoscritti trattano tutti gli argomenti. Oltre a quelli religiosi, vi sono i libri di storia armena dal X al XVIII secolo, libri di medicina, teatro, poesia e libri di musica con 49 segni perle note musicali delle quali però non si conosce la corrispondenza.
La terza visita è dedicata al Museo del Genocidio sulla collina di Tsitsernakaberd (Fortezza delle Rondini) alla periferia ovest con il vicino Memorial che ricorda il genocidio degli armeni compiuto fra il 1915 ed il 1922 dall’impero ottomano e dai repubblicani turchi. Il museo si trova in una sala sotterranea e raccoglie un’impressionante documentazione fotografica cominciando dai primi massacri del 1896 e 1909 dopo il colpo di stato panislamico turco. Sul punto più alto della collina, si raggiunge poi il memorial costituito da una guglia alta 40 m ed un cerchio formato da 12 pilastri di basalto inclinati verso il centro che racchiudono un cratere con la fiamma perenne. I 12 pilastri rappresentano le 12 regioni dell’Armenia orientale mentre la guglia, divisa in due parti staccate che rappresentano l’Armenia attuale, la più bassa, e l’Armenia occidentale, quella turca, la più alta. Il memorial è stato costruito nel 1967.
La quarta visita è dedicata alla grande statua di Mayr Hayastan (La Madre Armenia) sul Parco Haghtanak (Parco della Vittoria) a nord-est del centro. Sul grande piedistallo di 50 m si alza la statua rappresentante la Nazione armena, alta 23 m, che tiene davanti a sé una massiccia spada e guarda verso la Turchia. In origine sul piedistallo si trovava la statua di Stalin sostituita nel 1967, ed il complesso comprende un museo militare per commemorare la fine della seconda guerra mondiale con intorno carri armati e jet del periodo bellico.

46.3 LE PROVINCE DEL SUD.

23-24 maggio 2007
Lasciata Yerevan, si scende nelle regioni meridionali dell’Armenia: Ararat, Vayots Dzor e Siunik.
La regione di Ararat è una vasta pianura ai piedi del massiccio vulcanico dell’Ararat, in territorio turco, che fa da sfondo al panorama, formato da due picchi che gli Armeni chiamano sempre il Grande (Masis) Ararat di 5165 m ed il Piccolo (Sis) Ararat di 3925 m. Proprio al confine con la Turchia a 30 km da Yerevan, su un rilievo roccioso, si trova il monastero di Khor Virap luogo famoso di pellegrinaggio per essere stato il sito che tradizione e leggende collegano alla conversione al cristianesimo del popolo armeno nel 301. Khor Virap significa pozzo profondo è questo è il luogo dove San Gregorio l’Illuminatore (Surp Grigor Lusavorich) fu tenuto prigioniero per 12 anni dal re Tiridate III. Secondo la tradizione il re impazzì e gli crebbe una testa di maiale, ma poi fu guarito miracolosamente da San Gregorio e si converti con tutto il suo popolo al cristianesimo. Da questo momento san Gregorio divenne il primo katholikòs della chiesa armena e cominciò la costruzione delle chiese sopra i templi pagani. Il monastero si presenta come un complesso fortificato ed all’interno della cerchia di mura si trovano diversi edifici fra cui il luogo del pozzo profondo 6 m oggetto di venerazione che è la parte più antica del VI secolo e la chiesa Surf Astvatsatsin del XVII secolo con la sua alta cupola che termina con una piramide.
Vicino al monastero si trovano gli scavi dell’antica capitale di Tiridate III, Artashat che, secondo Tucidite fu fondata nel 189-187 a.C. Artashas su consiglio di Annibale che, dopo la sconfitta di Zama, si era rifugiato presso di lui proveniente da Creta.
Si prosegue verso sud-est passando alla provincia di Vayots Dzor per raggiungere, in un paesaggio di rocce, il secondo monastero, quello di Noravank che significa nuovo Monastero, opera dell’architetto Momik del XIII secolo ma in origine del 1105, restaurato ultimamente nel decennio 1990. Il monastero fu costruito dalla potente famiglia Burtel Orbelian i cui membri sono in gran parte sepolti qui. Vi sono due chiese: la più grande con cupola è la Surp Astvatsatsin (Santa Madre di Dio) del 1339, con una stretta gradinata esterna che permette di salire al piano superiore dove si può ammirare la cupola, e la più piccola dedicata a Surp Karapet (Santo Stefano) del 1227. Sulla facciata vi sono due bassorilievi: in alto viene rappresentato Padre Dio, immagine rara nell’iconografia armena, e sopra l’ingresso il Cristo fra Pietro e Paolo. Architettonicamente la chiesa è un esempio della tecnica sviluppata dai costruttori armeni di realizzare arcate e cupole con centine mobili capaci di risolvere problemi complessi, tecnica poi esportata in Europa. All’interno della chiesa si trova una bellissima khatchkar, o croce fiorita, su pietra usata come stele funeraria.
Si scende ancora a sud entrando, nella provincia di Siunik, nella profonda gola di Vorosan dove si trovano alcune sorgenti sotterranee in un punto detto Ponte del Diavolo e si risale sul lato opposto con una difficile strada a tornanti e qui, in una posizione naturalmente fortificata, si raggiunge il monastero di Tatev protetto da una cinta di mura aggiunte nel XVII secolo. All’interno c’è la chiesa principale dedicata a Surp Poghos-Petros (Santi Pietro e Paolo) costruita dai vescovi di Siunik per conservare importanti reliquie, in particolare quelle di San Gregorio di Tatev (1346-1409), uno dei più importanti dell’Armenia. In quegli anni il monastero fu un centro di cultura importante e vi lavorarono fino a 600 monaci. Nel cortile a fianco della chiesa si trova una colonna ottagonale alta 8 m con in alto una khatchkar del IX secolo e si dice che avvertisse, con le sue oscillazioni l’arrivo dei terremoti.
Dopo la visita a Tatev si risale a nord pernottando a Sisian punto di transito del traffico commerciale con l’Iran.
Il giorno 24 nelle vicinanze di Sisian si può visitare il complesso megalitico di Karahunge che prende il nome dal vicino villaggio di Karahunj. Si tratta di allineamenti e circoli di grandi pietre destinati a funzioni di culto ed osservazioni astronomiche la cui costruzione risale al V millennio prima di Cristo e quindi più antica di Stonehenge in Inghilterra. Vi sono anche pietre con un foro e dolmen.
Continuando verso il nord si ritorna nella provincia di Vayots Dzor e, nelle vicinanze di Gladzor si visita la chiesa di Santo Stefano del monastero di Tanahat, costruita dalla potente famiglia dei principi di Orbelian che nella zona, fra il XIII ed il XIV secolo, fondarono anche l’università medievale di Gladzor che includeva anche le scuole superiori. Era il periodo del dominio mongolo e gli Orbelian avevano trovato un accordo che consentiva loro una certa indipendenza.
Proseguendo verso nord, prima di attraversare il passo Selim a 2410 m, si incontra il Caravanserraglio di Selim., punto di sosta per le carovane che percorrevano la Via della Seta, venendo dall’Iran in direzione dell’Europa del nord. La struttura, costruita anche dalla famiglia Orbelian, comprende un ambiente di ingresso con grande portale di stile arabo, dove sostavano i membri della carovana, ed un corpo rettangolare più grande per riparare gli animali diviso in due corridoi laterali con le mangiatoie in pietra. La copertura all’interno è con volta a botte, mentre all’esterno l’edificio coperto a grandi spioventi.

46.4 LA PROVINCIA DI GEGHARKUNIK (DEL LAGO SEVAN).

24 maggio 2007
Questa provincia è dominata dalla grande distesa del lago Sevan, la maggiore riserva d’acqua dolce dell’Armenia e centro di un grande Parco Nazionale. Il lago si trova ad un’altitudine di 1900 m ed ha una superficie di 940 kmq. Le acque sono popolate da molte specie di pesci fra cui l’ishkhan, o trota principe, detta così per una serie di macchie che circondano la sua testa come una corona. Negli ultimi 50 anni, con l’impiego delle sue acque per l’irrigazione e per le centrali idroelettriche, il livello si è abbassato di circa 20 m mettendo allo scoperto antichi manufatti che rimontano fino a 2000 anni fa, tutti inclusi nell’area del Parco Nazionale. L’area intorno al lago si popola durante le vacanze estive per il clima mite, ma negli altri mesi mostra ancora lo stato di crisi economica cominciato dopo l’indipendenza.
Sul lato occidentale del lago, vicino al villaggio di Noraduz si trova un antico cimitero ricco di khatchkar, le croci di pietra intagliate usate come steli funerarie. La tradizione di queste steli è iniziata dal VII secolo riallacciandosi all’uso pagano delle pietre funerarie con idoli rappresentanti dragoni o pesci che si riferivano al culto dell’acqua. Le croci più antiche hanno decorazioni più semplici che divengono con il tempo complesse e raffinate ed a volte hanno funzioni commemorative anche di eventi civili. La tradizione è continuata fino al XVI-XVII secolo, ma ci sono anche croci recenti. Molti esempi di queste croci si trovano sparse in tutte le chiese ed i monasteri armeni, sempre associati ai sepolcri.
La cittadina di Sevan si trova all’estremità nord-ovest del lago e dopo la crisi industriale si è convertita al turismo. Su una penisola che si allunga sul lago, ma che una volta era un’isola, si trova il Monastero di Sevan (Sevanavank) alla sommità di una lunga gradinata. Vi sono due chiese. La prima è dedicata agli Apostoli (Akelots) ed è chiusa, la seconda è la Surp Astvatsatsin (Santa Madre di Dio) ed ha un cortile, o nartece scoperto, pieno di antiche khatchkar ed una porta decorata il cui originale si trova in un museo.
Alla fine della giornata si pernotta a Sevan.

46.5 LE PROVINCE DEL NORD.

25-26 maggio 2007
Il giorno 25 a nord di Sevan si attraversa il confine con la provincia di Tavush, una delle province settentrionali, percorrendo il tunnel Dilijan di 2400 m aperto di recente, ed inizia una regione montagnosa ricca di foreste. In un’area coperta da un bosco di noccioli si percorre a piedi una strada che conduce al monastero di Haghartzin dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Si incontra prima un piccolo Oratorio in blocchi di pietra squadrati con accanto tre cippi funerari sormontati da belle khatchkar, quindi si intravede dall’alto il complesso del monastero fondato nel XII secolo dai principi di Bagratuni e formato da quattro chiese ed un grande refettorio. Haghartzin significa il Volo delle Aquile (hartzin: aquila) perché si dice che durante la consacrazione sulla chiesa volassero le aquile. Questo monastero fu il centro culturale più importante del periodo medievale ed è un classico dell’architettura armena. La prima chiesa è dedicata a S. Gregorio l’Illuminatore e fu costruita nel X secolo, nel XIII vi fu aggiunto davanti un grande nartece (gavit). La chiesa principale è come sempre dedicata a Surp Astvatsatsin (Santa Madre di Dio) con accanto una bellissima khatchkar. Dietro la prima chiesa vi sono altre due chiese più piccole: la cappella del katholikòs e quella dedicata a Stefano con all’interno un’immagine della Madonna con Bambino di sembianze mongole, forse per ingraziarsi i dominatori del tempo. Sulla facciata si vedono degli archi rotti che una volta si appoggiavano sul retro della cappella formando un piccolo portico. All’ingresso del complesso, sulla sinistra, si trova l’antico Refettorio del 1248, distrutto da un terremoto e restaurato, con due ambienti coperti a volta ciascuno con quattro arcate incrociate, una soluzione veramente originale.
Non lontano, nei pressi del villaggio di Gosh, si incontra il monastero di Goshavank fondato nel 1188 dal monaco Mikhitar Gosh ed incendiato nel XIII secolo da Tamerlano. Il monastero aveva una biblioteca (matenadran) con 15000 volumi. Il monastero, abbandonato alla fine del XIV secolo ed abitato di nuovo nel XVII e IX, è stato restaurato nella seconda metà del 1900, ha una chiesa principale (Surp Astvatsatsin) e due chiese più piccole dedicate a San Gregorio ed a S. Gregorio l’Illuminatore. La chiesa principale ha una pianta a croce quadrata e cupola ed è preceduta da un grande nartece a colonne illuminato da un’apertura in alto. Tutte le chiese hanno accanto alle facciate khatchkar intagliate con maestria (intrecciate) con iscrizioni in armeno antico. L’edificio sul lato sinistro, più alto della chiesa principale, costituiva lo scriptorium e la biblioteca ed è in gran parte inaccessibile. Davanti c’è un basamento di pietre grossolane che sembra appartengano ad un forte di 3000 anni fa.
Da Dilijan, centro della riserva naturale della provincia di Tavush e nota per le fabbriche di mobili e tappeti, si passa alla provincia di Lori. La strada passa per Vanadzor, centro amministrativo della provincia lungo la valle del fiume Pambak ed il percorso dell’unica linea ferroviaria del paese, dove si trova un’importante chiesa russo-ortodossa. Seguendo la valle del Pambak si arriva ad Alaverdi nei cui dintorni sono le miniere di rame dell’Armenia e qui si pernotta.
Il giorno 26, poco a sud di Alaverdi, si arriva al villaggio di Odzun sull’altopiano che precipita nel canyon del fiume Debed per visitare la magnifica chiesa abbaziale del VI secolo dedicata alla Santa Madre di Dio. Nella chiesa si trovano scritte del IV secolo, ma si pensa che vengano dal riutilizzo di pietre provenienti da una chiesa più antica distrutta. Con la chiesa c’era anche una scuola ed uno scriptorium con annessa biblioteca e l’arcata a fianco della chiesa veniva utilizzata per le lezioni. Intorno vi sono sarcofagi di vescovi e nobili. Su un lato, fuori dalla chiesa, c’è una tomba familiare a tre colonne fra le quali sono disposte delle steli con frasi tratte dalle Scritture. L’interno è a impianto basilicale a tre navate, senza transetto con le caratteristiche tipiche della prima fase dell’architettura armena: altare senza scale, uso di pietre conglomerate e cupola con 4 cuffie. In una nicchia c’è la scultura di una Madonna con bambino che porta la barba.
Più a nord-ovest, nella gola del fiume Debed si visita il monastero di Haghpat del X secolo, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. La chiesa è un capolavoro dell’architettura medievale armena. Fu fondato dalla moglie di un re armeno nel 976 e dedicata ai suoi figli, nel XII secolo conobbe il suo periodo di massimo splendore e vi furono aggiunti una torre campanaria, una biblioteca ed un refettorio.
Non lontano si trova il monastero di Sanahin fatto costruire nel 928 dalla stessa regina che costruì poi quello di Haghpat.

46.6 NEI DINTORNI DI YERAVAN.

27-28 maggio 2007
1l 27 maggio, partendo da Yeravan, si passa nella provincia di Aragatsotn, a nord-ovest. A 22 km da Yerevan si giunge nella cittadina di Ashtarak, centro amministrativo della provincia, che si trova sul ciglio della profonda gola scavata dal fiume Kasagh. A nord-ovest della città c’è la fortezza di Amberd del X-XIII secolo dei signori di Pahlavuni posta su un punto dominante a 2300 m alla confluenza dei fiumi Amberd e Arkashen, che controllava le vie del commercio provenienti dalla pianura dell’Ararat. La fortezza ha torri rotonde e mura di pietra e fu costruita da architetti europei.
Nel pomeriggio, seguendo la valle del Kasagh verso nord si raggiungono la chiesa di Ovanavank del IV secolo, dei primi anni del cristianesimo e, 5 km più a nord, il monastero di Saghmosavank che è il più bello della zona con tamburi e cupole di forma conica risalenti al XIII secolo.
Sulla via del ritorno si fa una deviazione fino al monastero di Tegher, vicino al villaggio di questo nome ad ovest del fiume Amberd.
Il 28 maggio, sempre da Yerevan, si passa nella provincia di Armavir, in direzione ovest, dove si trova la città di Echmiadzin che fu capitale dell’Armenia fra il 184 ed il 440 e qui, durante il regno di Tiradate III, si ebbe la conversione al cristianesimo del re e del popolo armeno. Qui S. Gregorio l’Illuminatore divenne il primo katholikòs (il patriarca di tutti gli armeni) della Chiesa Apostolica Armena e costruì la prima Mayr Tachar (Chiesa Madre dell’Armenia). La sede del patriarca fu spostata più volte nell’Armenia occidentale e solo nel 1441 tornò definitivamente qui. La Mayr Tachar è ora la cattedrale principale dell’Armenia ed intorno ad essa si trova il complesso di quello che è chiamato il Vaticano della Chiesa armena.
Venendo da Yeravan ed entrando nella città di Echmiadzin si incontra, due km prima della Santa Sede del katholiòs, la chiesa di Surp Hripsime una delle martiri di Tiradate III fatta da lui lapidare insieme alle sue compagne per essersi rifiutata di sposarlo e di abbandonare la sua religione. Un’altra chiesa che ricorda il martirio è quella dedicata a Surp Gayane, la guida delle 32 compagne di Hripsime che seguirono la sua stessa sorte. La chiesa si trova poco a sud dell’ingresso alla Santa Sede.
La Santa Sede è una vasta area recintata che contiene il Palazzo del katholikòs, la chiesa Mayr Tachar, un museo e molte belle khatchkar. Fuori si trova il Seminario Gregoriano e la vecchia libreria. La chiesa di Mayr Tachar è di dimensioni modeste, ma ha il soffitto decorato da splendidi affreschi. Dietro la chiesa è custodito il tesoro che comprende molte reliquie fra cui la lancia che ha trafitto il corpo di Cristo, frammenti della croce e dell’Arca di Noè.
Tornando verso Yerevan vicino al villaggio di Zvartnots, 4 km circa da Echmiadzin, si visitano le rovine della grande cattedrale degli Angeli del VII secolo, distrutta da un terremoto nel 930 che conservava le reliquie di S. Gregorio l’Illuminatore. Della chiesa esiste un modellino della sua ricostruzione nel Museo Statale di Storia Armena a Yeravan che mostra un edificio circolare con cupola alta 45 m. Della struttura sono rimaste un arco di colonne di stile greco-romano, una grande piscina al centro, usata per il battesimo degli adulti, e molte rovine.
Nel pomeriggio, riattraversato il territorio di Yeravan e passati nella provincia di Kotayk, su un costone che domina la gola di Avan scavata dal fiume Azat, si visita l’antico Tempio di Garni eretto dal re armeno Tiradate I nel I secolo d.C. dopo essere stato incoronato re di Armenia nel 66 a Roma da Nerone. Il tempio è dedicato al dio Mitra ed al dio romano del Sole, Elio. Il complesso, per la sua posizione, rappresentava una vera opera difensiva e, dopo la conversione al cristianesimo, divenne residenza estiva dei re armeni. Vicino vi sono i resti delle terme romane. Le pietre del tempio erano collegate fra di loro con staffe di ferro e piombo, ma quando i selgiuchidi portarono via tutto il piombo, il tempio crollò al primo terremoto. Il tempio è stato poi restaurato nel 1970 ed è l’unico esempio di architettura ellenistica in territorio armeno.
A circa 9 km da Garni si visita per ultimo il Monastero di Geghard il cui nome è quello della lancia con cui fu trafitto il corpo di Cristo e che era conservata qui, ma poi trasferita nel tesoro della chiesa di Mayr Tachar nella Santa Sede di Echmiadzin. Il monastero si trova nella profonda gola dell’Azat e la tradizione vuole che sia stato fondato nel IV secolo. Intorno i monaci hanno scavato grotte e chiese rupestri nelle rocce della gola. Il monastero è cinto da mura ed all’interno ha due chiese del XIII secolo, la principale è la Surp Astvatsatsin e vi è stato aggiunto un grande vestibolo con un elaborato soffitto. In una cappella c’è il sepolcro del principe Papaq Proshian con il blasone di famiglia che rappresenta due leoni incatenati ed un’aquila.
Il 28 maggio è stato l’ultimo giorno in Armenia ed il 29 si è ripartiti, via Monaco, per Roma.

Fonte:
http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Extrtour.doc
Sito web: da visitare: http://www.travelphotoblog.org

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