Piante erbacee ed orticole alimentari

Piante erbacee ed orticole alimentari

 

 

 

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Piante erbacee ed orticole alimentari

 

COLTURE ALIMENTARI ERBACEE
ED ORTICOLE INDUSTRIALI

 

2.1    La coltivazione delle piante erbacee ed orticole
La coltivazione di piante erbacee ed orticole alimentari contribuisce a formare circa 1/3 della produzione lorda vendibile dell'attività agricola mondiale. Esse risultano di notevole importanza in Italia (Tab. 2.1). Si tratta di un'attività ormai molto specializzata che ha raggiunto livelli tecnologici e standards qualitativi di tutto rilievo. In molti casi le colture vengono praticate sotto contratto con l'industria trasformatrice che può fornire anche indicazioni circa le scelte varietali, le tecniche colturali ed i periodi di raccolta. La presenza dell'industria sul territorio costituisce un forte fattore di stimolo allo sviluppo dei sistemi agroindustriali erbacei.
Le piante erbacee, a differenza di quelle arboree e arbustive, hanno organi epigei (fusti) non lignificati; possono essere annuali, biennali o poliennali e comprendono numerose specie di fondamentale importanza ai fini agricoli.

Tab. 2.1 – Superfici e produzioni delle principali coltivazioni erbacee ed orticole alimentari italiane nel 2010

Coltivazioni

Superficie totale
(ha)

Superficie in produzione
(ha)

Produzione raccolta
(.000 t)

Cereali

3.216.376

3.216.376

16.895

        Frumento tenero

548.867

548.867

2.928

        Frumento duro

1.282.418

1.282.418

3.890

        Orzo

274.897

274.897

994

        Riso

238.458

238.458

1.571

        Mais

925.017

925.017

8.436

Patata

62.289

62.289

1.595

Pomodoro da industria

95.129

95.129

5.641

Semi oleosi

286.839

286.839

841

        Girasole

100.475

100.475

213

        Soia

165.960

165.960

578

 

2.2    Classificazione delle piante
Storicamente si sono sviluppati diversi metodi di classificazione delle piante, basati su principi altrettanto diversi.
Dal punto di vista botanico uno dei sistemi di classificazione delle piante è quello gerarchico ed inclusivo di categorie via via più ampie.
Le colture vengono raggruppate in base alle loro affinità o alla loro comunanza di caratteri storici. Esse possono essere classificate in base:

  • al numero cromosomico: le specie vegetali possiedono un determinato numero cromosomico e che questi numeri tendono a variare se si considerano specie diverse. L’informazione viene indicata normalmente in forma di numero diploide (2n) quando il conteggio è basato su cellule in mitosi di tessuti e di numero aploide (n) quando il dato ottenuto su cellule gametofiti che in divisione mitotica o su cellule somatiche in meiosi. Nelle cellule somatiche delle piante vascolari i cromosomi sono per metà di derivazione paterna e per metà di derivazione materna e formano coppie di cromosomi omologhi morfologicamente identici. Indicativamente, i numeri diploidi delle angiosperme variano da 2n = 4 di alcune Pomaceaee 2n = 640 di alcune Crassulaceae. Generalmente il numero permette anche di capire se la specie è diploide o poliploide (es. tetraploide, esaploide, decaploide). Nel caso di un tetraploide il numero del gametofito (n), per esempio 10 si ha 4n = 40;
  • ai caratteri botanici: anatomici, genetici ed evolutivi a diverso livello: Divisione, Classe, Ordine, Famiglia, Genere, Specie, Varietà o Cultivar (varietà coltivata), Ibrido (Fig. 2.1).

L’unità tassonomica elementare è la specie. Ogni specie è individuata da un nome comune sempre presente nella specie coltivata a volte manca in quelle spontanee (es. frumento) e da un nome scientifico che consiste in un binomio (genere e specie) in latino e dal botanico che per primo ha descritto quella specie (es. Lycopersicon esculentum Mill.). Al di sotto della specie sono riconosciute le varietà (o cultivar) o ibridi.

  • all'organo della pianta utilizzato: frutto carnoso, frutto secco, seme, infiorescenze, fusto, foglia, fusto e foglia, radice e tubero;
  • alla loro destinazione: alimentazione diretta, trasformazione industriale.

Nell'ambito di quest'ultima le industrie alimentari maggiormente coinvolte sono quelle: molitoria, delle fermentazioni, olearia, saccarifera, dei succhi di frutta e delle conserve alimentari, degli aromi e dei condimenti.

Nel presente volume saranno prese in considerazione le specie alimentari più importanti raggruppate in base al tipo di prodotto fornito ed alla sua destinazione d'uso:

  • cereali: frumento tenero e duro, farro, orzo e riso;
  • industriali da pieno campo:

oleaginose: girasole e colza;
saccarifere: barbabietola da zucchero;

  • orticole da pieno campo (industriali e/o da consumo fresco) delle seguenti famiglie:

Solanacee: pomodoro e patata;
Asteracee: carciofo;
Brassicacee: broccoli e cavolfiore;
Liliacee: asparago;

  • leguminose da consumo fresco e da granella secca: fava, pisello, fagiolo, cece, lenticchia e soia.

La scelta delle colture nei diversi ambienti italiani è fatta in base alle caratteristiche climatiche, tipo e ampiezza dell'azienda agraria, condizioni economiche agrarie e presenza dell'industria agro-alimentare nel territorio. A tal riguardo si possono distinguere vari tipi di sistemi agricoli, dei quali in tabella 2.2 sono riportati quelli di particolare interesse per il nostro Paese.


 

Tab. 2.2 - Sistemi erbacei ed orticoli alimentari italiani


Sistemi

Colture

Principali aree di coltivazione
in Italia

Cerealicolo
(Cereali a paglia)

Frumento tenero
Frumento duro
Orzo: - distico per malterie
- polistico ad uso zootecnico

Nord e Centro
Sud e Centro
Limitate aree del Nord
Nord – Centro - Sud

Risicolo

Riso

Nord

Agro industriali misti

Cereali avvicendati a:
Barbabietola da zucchero
(e/o erba medica, mais e soia)
Girasole e/o Sorgo
Fava e maggese

 

Nord
Centro e Sud
Sud

Orticoli:
in piena aria
(industriale e/o per il
consumo diretto)

 

 

 

 

 

in ambiente protetto

pomodoro
peperone
melanzana
patata comune
patata primaticcia
legumi                           
cavolo
cetriolo da consumo fresco
cetriolo da industria
asparago
cipolla
carciofo
spinacio

pomodoro
peperone
melanzana

Nord, centro e soprattutto Sud
Sud e Centro
Sud e Isole
Nord, Centro, Sud (poco nelle Isole)
Sud e Isole
Sud e Isole
Centro e Sud
Sud
Nord
Nord e Centro
Nord e Sud
Sud
Centro e Nord

Nord, Centro, Sud e soprattutto Isole
Sud e Isole
Isole

 

2.3 Cenni sui caratteri morfologici delle colture erbacee alimentari
Le parti morfologiche delle piante riguardano: le radici, il fusto, le foglie, il fiore e il frutto.

Radice

Allorché un seme germina, la radice che ne deriva si accresce verso il basso in direzione verticale e ad essa si dà il nome di radice principale o primaria che ben presto si ramifica nelle cosiddette radici secondarie. Si forma in tal maniera un apparato radicale più o meno folto e complesso che esplora il terreno circostante alla pianta con funzioni meccaniche di sostegno e nutrizionali.
In molte Dicotiledoni (Classe cui appartengono la maggior parte delle colture erbacee ed orticole) la radice principale permane durante tutta la vita della pianta (fittone) e dà inserzione a tutte le radici laterali formando così una radice fittonante (Fig. 2.2). A volte le radici laterali si accrescono in modo da eguagliare o addirittura superare la radice principale, formando così le cosiddette radici fascicolate (Fig. 2.3).
Nelle Monocotiledoni (es. cereali) già allo stato di plantula la radice principale può cessare la sua funzionalità ed essere sostituita da una molteplicità di radici che spuntano alla base del fusto e sono pertanto, radici caulinari di tipo fascicolato.
In alcuni casi si possono avere anche radici avventizie che si formano sulla base del fusto, sopra la superficie del terreno.

Fusto

Contemporaneamente alle radichette, anche il fusticino dell'embrione (ipocotile) si accresce e, allungandosi, fuoriesce dal terreno. Esso sviluppandosi dà origine al germoglio costituito da una gemma principale e gemme laterali, da cui si formano rispettivamente il fusto principale e le appendici laterali che a loro volta origineranno rami e foglie.
Accrescendosi il fusto si ramifica in forme differenti. Tipi particolari di fusto sono il culmo (fusto cavo) delle Graminacee e lo scapo (fusto fiorifero) di altre Monocotiledoni (es. cipolla).
In alcuni casi il fusto subisce delle metamorfosi al di sotto della superficie del terreno con funzione di riserva: rizomi (es. carciofo), tuberi (es. patata), bulbi (es. aglio, cipolla).
In base al tipo di accrescimento dell’apparato epigeo, le piante erbacee si distinguono in piante ad accrescimento determinato e indeterminato. Le prime hanno un fusto che differenzia foglie fino ad un certo momento del ciclo vitale dopo di che l'apice caulinare si differenzia in infiorescenza terminale. Le seconde hanno l'apice del fusto che non si differenzia mai in infiorescenza, ma permane allo stato vegetativo continuando a produrre foglie; in queste piante le infiorescenze si formano lateralmente su ramificazioni del fusto.

Foglie
Si formano in serie acropeta sull'apice vegetativo. In una tipica foglia normale adulta si possono distinguere tre parti: una guaina alla base della foglia, la quale avvolge più o meno lungamente il fusto e costituisce un'espansione del picciolo, parte assile che regge la lamina fogliare (o lembo). Molto spesso una o due qualsiasi di queste parti non sono sviluppate. I casi più frequenti sono: la foglia è formata solo di lamina e picciolo (foglia picciolata); di lamina e guaina, come nelle Graminacee; della sola lamina (foglia sessile).
Alla base del picciolo possono essere presenti anche due stipole.
Le foglie, peraltro, sono organi quanto mai polimorfi in funzione di caratteri quali la forma complessiva, che le distingue in semplici e composte, il tipo di nervatura, la forma della lamina, l’inserzione sul fusto e il margine


Fiore
Il fiore può svilupparsi all'estremità di un fusto o di un ramo, costituendone la terminazione, o all'ascella di una foglia. Generalmente è portato da un peduncolo, che spesso termina in un ingrossamento che prende il nome di talamo o ricettacolo.
Qualora il picciolo risulti mancante il fiore si dice sessile. Le parti costituenti fondamentali del fiore sono (Fig. 2.5):

  • il calice, formato da foglioline modificate dette sepali;
  • la corolla, formata da foglie modificate dette petali;
  • l'androceo, formato da foglie profondamente modificate dette stami, in ciascuno dei quali si distingue il filamento e l'antera;
  • il gineceo, costituito da uno o più organi detti pistilli, composti di ovario, stilo e stimma.

L'androceo ed il gineceo rappresentano l'apparato riproduttore del fiore e, precisamente, gli stami costituiscono la parte maschile ed i pistilli quella femminile.
I fiori possono essere completi, o bisessuali, o ermafroditi se possiedono sia l'androceo sia il gineceo, incompleti o unisessuati se portano soltanto stami o pistilli.
Non sono molte le piante che emettono un fiore unico o singoli fiori isolati; di solito i fiori si trovano riuniti in gruppi o infiorescenze, nelle quali appaiono distribuiti secondo regole determinate (Fig. 2.5).
In alcune specie alimentari le infiorescenze sono organi eduli come per esempio i capolini nel carciofo e i corimbi nel cavolfiore e cavolo-broccolo.

 

Frutto
Il frutto è dato dall'ingrossamento dell'ovario a seguito della fecondazione e contiene i semi, questi ultimi derivanti dallo sviluppo degli ovuli presenti nell'ovario che rappresentano i cosiddetti frutti “veri” quando alla formazione del frutto partecipa solo l'ovario. In molte specie, però, insieme all'ovario crescono e si modificano anche altre parti del fiore, soprattutto il ricettacolo: in tal caso il frutto è definito “falso”. Tale è per esempio la fragola, un insieme di frutti simili agli acheni avvolti dai calici divenuti polposi. Altri esempi si hanno nella ciliegia, nella mela, nei quali, il frutto vero è dato solo dalla parte detta “torsolo”, mentre la polpa non è che il ricettacolo ingrossato e divenuto carnoso e dolce.
Si distinguono molti tipi di frutti in funzione di una serie di caratteristiche, come riportato nella tabella 2.3.

Tab. 2.3 – Principali tipi di frutti

 

 

 

 

FRUTTI SECCHI

 

 

 

 

Frutti che si aprono (deiscenti)

 

La capsula, di forma sferica, ovoidale o cilindrica; si apre per mezzo di fenditure o di fiori.
Il legume, per lo più allungato; si apre alla maturità per due “valve” mediante due fenditure longitudinali. (Leguminose)
Il follicolo, si apre per mezzo di una sola fenditura longitudinale.
La siliqua, somigliante a un legume, ma divisa da un tramezzo (setto) longitudinale. Si apre alla maturità con due valve che mettono allo scoperto il setto portante i semi.

Frutti che non si aprono (indeiscenti)

L'achenio, frutto a guscio coriaceo o legnoso con parete poco aderente al seme (Girasole, Cartamo, Carciofo).
La cariosside, frutto a guscio coriaceo e saldato al seme (Cereali).

 

FRUTTI CARNOSI

La bacca, frutto carnoso fino ai semi (Pomodoro) e rivestito da una membrana per lo più sottile, detta “buccia”.
La drupa, nell'aspetto simile a una bacca, dalla quale differisce però per il possesso di uno stato legnoso, detto "nocciolo", che involge il seme (Ciliegia, Pesca).

 


2.4 Ciclo biologico e colturale, accrescimento e sviluppo di una coltura erbacea

Per ciclo biologico di una pianta si intende il tempo che intercorre nel passaggio da una generazione all'altra (periodo da seme a seme). Questo può o non coincidere con il ciclo colturale (è il periodo che va dalla semina alla raccolta), in funzione del tipo di prodotto che viene utilizzato dall'uomo (pianta intera, frutto, seme ecc.) 

Il ciclo colturale si divide in periodi (o fenofasi) che presentano una sensibilità differenziata ai vari fattori ambientali. In generale essi si distinguono in:

  • Inizio ciclo: germinazione dei semi ed emergenza delle piantine dal terreno. Si svolge generalmente sotto terra e comprende un'intensa attività enzimatica e di differenziazione cellulare. In questa fase la sintesi di biomassa è bassa poiché la plantula cresce prevalentemente a spese delle sostanze di riserva contenute nel seme. In questo periodo preponderante importanza hanno le condizioni del terreno quali la sua temperatura, umidità, aerazione ed attività microbica. In diverse colture orticole il ciclo colturale in campo invece che dalla semina inizia con il trapianto delle piantine (di circa 30-50 giorni di vita) ottenute in semenzai o ambienti protetti (serre, tunnel ecc.).
  • Accrescimento vegetativo: dall'emergenza alla differenziazione dei fiori. All'interno di tale fase è compreso un periodo di crescita molto rapida (esponenziale) della pianta, dovuta essenzialmente a moltiplicazione e distensione cellulare, con limitate differenziazioni di organi. In questa fase si hanno generalmente i maggiori fabbisogni di risorse ambientali (luce, acqua ed elementi nutritivi) per la crescita dei tessuti e vi è la massima sensibilità a stimoli esterni induttivi (meccanismi del fotoperiodismo e della vernalizzazione) per il passaggio alle successive fasi riproduttive.
  • Riproduzione e sviluppo: dalla differenziazione dei fiori all'allegagione dei frutticini. Essendo un'operazione dispendiosa in termini energetici, la differenziazione dei fiori comporta generalmente un netto rallentamento della crescita vegetativa. In questa fase si distinguono le sottofasi di: fioritura, impollinazione e allegagione dei frutticini, tutte caratterizzate da processi metabolici molto delicati, per i quali le condizioni ambientali, più delle risorse, hanno un'importanza fondamentale.
  • Maturazione del seme o formazione della produzione: dall'allegagione alla maturazione fisiologica. Si ha l'accrescimento del seme con traslocazione in esso delle sostanze elaborate dalle foglie. Contemporaneamente si può avere senescenza della pianta, con conseguente calo di sostanza secca complessiva. Da ultimo si verifica la perdita di acqua da parte del seme. In questa fase la pianta presenta esigenze ambientali meno critiche delle precedenti, specialmente per quanto riguarda acqua e sostanze nutritive. Assumono invece importanza alcuni processi interni, fra i quali le cosiddette relazioni sink-source, cioè gli scambi di acqua e composti organici tra gli organi elaboranti (source: sorgente) e quelli di accumulo (sink: scarico).
  • Senescenza: disseccamento delle foglie e morte della pianta.

Durante il ciclo colturale si possono distinguere fasi ad intenso metabolismo, periodi critici, in cui la pianta presenta il massimo fabbisogno di un fattore ambientale che, se non soddisfatto, riduce la resa in modo significativo, e periodi di attesa in cui l'accrescimento procede più lentamente e le esigenze ambientali divengono minori.
In genere i più importanti fattori limitanti della produzione sono dati dalla disponibilità idrica e dal regime termico. Il primo interessa le fasi di più rapida crescita (es. levata dei cereali, ingrossamento di frutti e radici), mentre la sensibilità alla temperatura si fa massima in corrispondenza di fasi delicate, come germinazione, fioritura e allegagione.

2.4.1 Analisi di crescita delle colture
Per aumentare e migliorare la produzione vegetale sono necessari studi sull'accrescimento delle piante, che possono essere sia di tipo fisiologico (su singoli individui), sia agronomico (su popolazione di piante). L'analisi della crescita vegetale si basa, fondamentalmente, su misure periodiche dei seguenti parametri: peso della sostanza secca degli individui e/o delle loro parti (foglie, frutti ecc.), estensione e funzionalità dell'apparato fogliare fotosintetizzante.
Per determinare la sostanza secca (s.s.) di una pianta o di alcune sue parti, il metodo più comune è quello di pesare un campione di materiale fresco (p.u.) farle perdere l'intero contenuto in acqua, mediante riscaldamento in stufa, a temperatura di 70 °C (portandola al cosiddetto “peso costante”) e pesarla (p.s). La sostanza secca si esprime in percentuale della sostanza fresca e si calcola così:


Per misurare la velocità di accumulo della materia organica nella pianta o in un suo organo occorre eseguire pesate periodiche degli stessi. I rilievi periodici del peso della sostanza secca forniscono dati per calcolare i cosiddetti indici di crescita. Di questi il più usato è il CGR (Crop Growth Rate) o velocità giornaliera di crescita colturale. Esso rappresenta la velocità di accumulo di materia vegetale sull'unità di superficie di terreno e viene generalmente espresso in grammi al giorno per m2 nell’unità di tempo;esso varia tra le specie e varietà (Tab. 2.4). In genere l’accrescimento è maggiore nelle piante C4 (es. mais, canna da zucchero) caratterizzate da una maggiore efficienza fotosintetica rispetto alle C3 (la maggior parte delle piante erbacee).
Il CGR è sotto controllo prevalentemente genetico (molto variabile tra le specie, tra le varietà ed anche tra i genotipi), ma viene fortemente influenzato da fattori ambientali, come la radiazione solare, dalle disponibilità idriche, dagli elementi nutritivi e dalla competizione, nonché dalle operazioni colturali (es. diserbo, difesa fitosanitaria, lavorazioni del terreno ecc.).
Il ritmo di crescita delle piante non è costante, ma presenta variazioni caratteristiche durante il ciclo biologico. L'andamento tipico per le colture erbacee prevede un progressivo aumento del CGR nella fase vegetativa, fino al raggiungimento di un massimo coincidente con l'inizio della fioritura. In seguito si ha un rallentamento della crescita (senescenza) e, al termine del ciclo biologico, l'indice può diventare negativo per la perdita di foglie od altri organi. Se moltiplichiamo il valore del CGR medio per la lunghezza del ciclo colturale possiamo avere un'indicazione sulla capacità produttiva della specie, valida soprattutto per i prodotti rappresentati dall'intera pianta, come gli ortaggi da foglia.
Ma ciò, spesso, non è ancora sufficiente per un modello completo della resa; per molte specie, infatti, il prodotto non è rappresentato dall'intero organismo, ma solo da una parte della pianta (es. semi, frutti, radici ecc.), che rappresenta, di norma il luogo di accumulo (sink) degli elaborati.

         Tab. 2.4 - tasso medio di crescita di alcune colture agrarie (CGR)


Coltura

Crescita media giornaliera
(g m-2 d-1)

Frumento (media mondiale)

2.7

Frumento (agricoltura intensiva)

8.3

Riso (media mondiale)

2.7

Riso (agricoltura intensiva)

8.0

Canna da zucchero (media mondiale)

4.7

Canna da zucchero (agricoltura intensiva)

18.4

Mais (agricoltura intensiva)

27.0

Sorgo (agricoltura intensiva)

22.0

Per la stima della resa commerciale occorre quindi fare ricorso ad un ulteriore indice, chiamato HI (Harvest Index) o indice di raccolta, che rappresenta la frazione della sostanza organica complessiva contenuta nel solo prodotto raccolto. Sebbene l'HI sia anch'esso sotto il controllo prevalentemente genetico, l'influenza ambientale può essere notevole, soprattutto negli ultimi stadi di crescita. Ne sono alcuni esempi la stretta dei cereali (l'HI del frumento può ridursi a causa di andamenti climatici secchi e caldi in fase di maturazione, frequenti nel meridione d'Italia) e la perdita di zuccheri della radice di barbabietola, dovuta agli attacchi fungini di Cercospora beticola che causano ricrescita delle foglie.
Una misura della fogliosità delle piante ossia dell'ampiezza dell'apparato fotosintetizzante è il LAI (Leaf Area Index), numero puro che rappresenta la superficie fogliare insistente sull'unità di superficie del terreno. Per determinare questo indice si possono adottare metodi diretti, distruttivi, come il prelievo di tutta la vegetazione presente in un'area di saggio e la misura, mediante apposita apparecchiatura, della superficie dei tessuti verdi compresi nel campione; oppure metodi indiretti, quali determinazioni in campo o su fotografie delle dimensioni (lunghezza e larghezza) delle singole foglie e stima dell'area fogliare mediante formule. Il valore massimo del LAI è una caratteristica delle diverse specie, influenzata da fattori interni biologici, ed esterni, tecniche colturali e/o ambientali.
Questo indice varia sensibilmente durante il ciclo biologico, mostrando un andamento simile a quello della crescita in peso, con un massimo al termine della fase vegetativa ed un brusco calo in corrispondenza della senescenza (Fig. 2.7).
Per la produzione agricola, interessanti sono l'entità del LAI massimo e l'ampiezza della curva. Ciò viene sintetizzato dal LAD (Leaf Area Duration), che rappresenta l'integrale del LAI nel tempo. In effetti, questo indice individua la capacità di intercettare la luce mediante un apparato fotosintetizzante ampio e durevole. I dati riportati nella tabella 2.5 dimostrano la buona correlazione esistente fra LAD e resa colturale, che è anche superiore a quella con il LAI.
Comunque anche il LAD, benché controllato essenzialmente per via genetica, può venire molto influenzato dai fattori ambientali e dalle tecniche colturali.

 

Orzo
Patata
Frumento tenero
Barbabietola

17
21
25
33

7.3
7.7
9.5
12.0


Una misura della capacità fotosintetica della superficie intercettante la luce solare la fornisce invece il NAR (Net Assimilation Rate) o tasso di assimilazione netta, che rappresenta, come il CGR, la velocità di accumulo di sostanza secca, ma, in questo caso, riferita all'unità di superficie fotosintetizzante. Il NAR si misura in grammi di fitomassa secca accumulata al giorno per m2 di superficie fogliare e può essere calcolato dividendo il CGR per il LAI, entrambi relativi all'unità di superficie di terreno. Sul NAR fattori condizionanti sono la velocità di fotosintesi, il tasso di respirazione, di traspirazione e la funzionalità delle foglie. Il suo controllo è quindi principalmente genetico, ma alcune condizioni ambientali avverse, come l'eccessiva temperatura o la siccità, possono notevolmente ridurlo, alterando il metabolismo vegetale. Il NAR, come gli altri indici di crescita, varia durante il ciclo biologico.

 

2.5 Tecniche agronomiche (o tecniche di coltivazione) (cenni)
Le principali tecniche agronomiche delle colture erbacee, così come per le altre piante sono stati approfonditi nel modulo di Agronomia, esse riguardano (Fig. 2.8):

  • avvicendamento colturale
  • lavorazioni del terreno
  • semina o trapianto
  • scelta colturale
  • concimazione
  • irrigazione
  • controllo delle malerbe
  • raccolta

2.6 Le produzioni agro-alimentari: quantità e qualità
Le produzioni interessano sia in termini di quantità (produzioni areiche) che di qualità dei prodotti.

2.6.1 Quantità delle produzioni
L’unità di misura delle produzioni delle colture è la produzione areica (o resa) ossia la produzione in peso ottenuta sull’unità di superficie (espressa in t ha-1 o kg ha-1) ed in alcuni casi in n° ha-1 (es. carciofo, fiori ecc.).
I livelli quantitativi delle produzioni dipendono da diversi fattori determinanti, limitanti e riducenti (Fig. 2.9).
Nelle colture erbacee quest'ultima componente della produzione dipende dai diversi fattori tra i quali, specialmente per le colture seminate, notevole importanza assume una buona preparazione del letto di semina mediante la lavorazione del terreno

2.6.2 Qualità della produzione primaria
Secondo le norme UNI-ISO 8402: “la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”.Tale concetto, molto ampio (globale), comprende una moltitudine di accezioni e riguarda l’intera filiera dalla produzione alla trasformazione ed alla commercializzazione del prodotto agro-alimentare e si identifica in un sistema articolato di norme, procedure e caratteristiche controllabili e garantibili. Infatti, l'elemento più innovativo nella moderna tecnologia alimentare della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti è senza dubbio il concetto di "qualità totale" e la presa di coscienza che la qualità è il risultato di una strategia che sta essenzialmente nei sistemi di prevenzione (HACCP - Hazard Analysis and Critical Control Points, GMP -, Good Manufacturing Practices e TQM - Total Quality Management).
Tra i problemi legati alla produzione agricola, quello della qualità delle produzioni primarie è probabilmente l'aspetto che in tempi recenti è stato portato con maggiore vigore al centro dell'attenzione generale, sotto l'impulso delle crescenti esigenze espresse dal mondo del consumo e della trasformazione, nonché dal diffondersi di una cultura ambientalista e salutista.
La qualità è un carattere dinamico, che si aggiorna continuamente in relazione all’evoluzione culturale, colturale e tecnologica. Si pensi al ruolo esercitato dal cambiamento dei gusti alimentari: ciò che era qualità negli anni passati non corrisponde più alle nuove esigenze della popolazione che nel frattempo si è evoluta ed ha modificato i propri stili di vita e l’approccio con l’alimento.
A partire dagli anni ’30 del secolo scorso, il consumatore di prodotti agroalimentari ha mostrato sempre più attenzione verso aspetti di sostenibilità e di eticità (Tab. 2.6 e Fig. 2.11).
Il valore di un prodotto agroalimentare, infatti, oltre che dalle sue caratteristiche qualitative intrinseche (aspetto organolettico, sanitario, nutraceutico ecc.) è costituito anche da caratteristiche non materiali ad esso associate (eticità), quali: la condizione di produzione (forme di rispetto degli animali e dell’ambiente); la qualità del lavoro che ha generato il prodotto; la storia del prodotto o la “tracciabilità storica”; la certificazione del prodotto nell’origine e provenienza, resa trasparente al consumatore con un adeguato sistema di etichettatura.
La propensione dei consumatori verso l’etica ha generato una necessità di adeguamento da parte delle imprese, facendo conoscere la loro attenzione nei confronti dell’ambiente, delle norme di comportamento morali e della comunicazione sociale. Ciò ha portato, infatti, all’introduzione di nuovi marchi per il rispetto dell’ambiente o dei criteri etici. In Italia, per esempio, le imprese agricole che soddisfano i requisiti dello standard di Agricoltura Etica possono fregiarsi del Marchio e accedere all’iscrizione all’Albo.
Da tutto questo deriva la necessità di integrare l’attività di ricerca finalizzata per tener conto di tutte le interdipendenze che esistono tra la fase di campo (scelta varietale, tecnica colturale, raccolta, pre-normalizzazione) e quelle di condizionamento e di trasferimento.

                 Tab. 2.6 - Sostenibilità dei sistemi agrari produttivi

Efficienza d’impiego delle risorse
Impiego efficiente delle risorse non rinnovabili e/o sostituzione con risorse interne al sistema, rinnovabili.

Mantenimento della fertilità del suolo
Miglioramento e conservazione della produttività del suolo, anziché degradazione

Qualità di processo e di prodotto
Garanzia della sanità del prodotto (assenza di residui tossici, o composti antinutrizionali) e del limitato impatto del processo produttivo sull’ambiente (salvaguardia della risorsa idrica, del suolo e dell’aria).

Redditività e validità sociale
Economicamente remunerativi nel breve e lungo periodo, mantenimento di una valida economia rurale.

  

 

 

 

 

 

 

 


Fattori che influenzano la qualità della produzione primaria
Per le produzioni agro-alimentari si pone, pertanto, il problema di migliorare il dominio della qualità, attraverso una messa a punto delle tecniche da orientare non più alla massimizzazione delle rese ma all'ottenimento di standard di qualità sempre più rispondenti alle mutevoli esigenze del mercato, obiettivo questo che, in base al progresso della ricerca agronomica, oggi non è difficile realizzare.
È opportuno riferire brevemente che i principali fattori che influenzano la qualità della produzione primaria sono di tipo biologico, ambientale (pedo-climatico) e agronomici.
Tra i fattori biologici si pone in primo piano quello legato alle caratteristiche genetiche (o cultivar) delle piante coltivate: è infatti presente sul mercato una vasta gamma di varietà di ciascuna specie, varietà la cui costituzione è oggi programmabile in rapporto ad obiettivi specifici delle qualità colturali (resistenze alle malattie, elevate produttività, adattabilità ambientale), di quelle alimentari (nutrizionali, organolettiche, igienico-sanitarie) dovuti a fattori endogeni (es. presenza antinutrizionali trattatati precedentemente), commerciali (colore, lucentezza, forme, pezzatura, consistenza, turgore, conservabilità ecc.) e tecnologiche (attitudine a subire trasformazione industriale, quali tipo di glutine, forma regolare, buona consistenza dei frutti ecc.). Questi ultimi aspetti impongono al produttore agricolo un adeguamento della produzione a degli standards che garantiscano una adeguata lavorabilità dei prodotti.
I fattori ambientali (riguardano il clima e il terreno) influenzano direttamente l'accrescimento degli organi vegetativi e riproduttivi delle colture. Tra i fattori climatici, la radiazione solare, la temperatura, il fotoperiodo, le precipitazioni e i venti sono grandi regolatori di qualità.

Temperatura
La temperatura è uno dei fattori climatici più importanti. La temperatura ottimale varia con la specie e la fase in cui la pianta si trova.

  • Influenza la velocità di accrescimento e di maturazione, la composizione e la qualità dell’ortaggio, gli aspetti morfologici.
  • E’ influenzata notevolmente dall’intensità e dalla durata della radiazione solare.
  • Influenza la turgidità e la natura dell’epidermide degli organi eduli.
  • Per il girasole, la temperatura influenza il rapporto ac. oleico/ ac. linoleico nell’olio.
  • Per il frumento, la temperatura influisce sul rapporto gliadine/ glutenine.
  • Per molte specie orticole la temperatura influenza il contenuto di alcuni componenti; ad es. nel pomodoro le bacche provenienti da piante coltivate a 26°C contengono più acido ascorbico di quelle coltivate a 17 °C; inoltre, con temperatura diurna di 35 °C l’acidità titolabile e i solidi solubili sono più elevati di quelle coltivate a temperature più basse (Tab. 2.7).

           Tab. 2.7 - Temperatura e contenuto di acido ascorbico (mg 100/g) in alcuni
            ortaggi allevati in fitotrone


Ortaggi

Temperatura (°C)

12

15

18

21

24

Bietola da costa

38

25

18

16

10

Crescione

71

48

38

37

34

Fava

107

88

59

59

60

Rapa

25

24

21

23

23

Rapa da foglie

66

68

70

74

84

Romice

70

57

53

39

33

Scalogno

74

64

56

33

54

Tra i fattori pedologici un ruolo di primo piano esercitano la capacità di ritenuta idrica del terreno, che regola la disponibilità dell'acqua per le piante, il pH, il contenuto di sostanza organica e di elementi nutritivi. Il terreno interagisce con la pianta e condiziona la qualità e la quantità di elementi nutritivi assorbita, l’accrescimento, lo sviluppo e la qualità dei prodotti.
Tra i fattori agronomici, un ruolo importante è svolto dalle tecniche di concimazione, irrigazione, lavorazione del terreno, epoca di semina e di raccolta e trattamento post-raccolta e, per l'influenza diretta sulle caratteristiche igieniche dei prodotti, i trattamenti diserbanti e fitoiatrici (evitare contaminazioni chimiche e microbiche).

Lavorazioni
Differenti modalità di lavorazione del terreno influiscono sulla qualità dei prodotti (confronto tra la non lavorazione, lavorazione minima e aratura tradizionale). Ad esempio, il frumento duro con la lavorazione tradizionale fornisce cariossidi con peso medio più elevato.
Nel confronto tra le differenti profondità di aratura, si è osservato che arature profonde determinano vantaggi nello sviluppo delle radici di barbabietola da zucchero.
Le rincalzature determinano effetti marcati sulla qualità di alcuni prodotti, quali la patata, il finocchio, il cardo, il sedano, l’asparago e il radicchio.

Irrigazione
L’irrigazione è una delle tecniche agronomiche molto influenti sulle caratteristiche quanti-qualitative delle produzioni nelle zone sub-aride. L’acqua che condiziona tutta l’attività fisiologica delle piante (assorbimento, trasporto degli elementi nutritivi, il momento del turgore cellulare, la traspirazione ecc.) può determinare l’aumento, ma anche la diminuzione di alcune sostanze utili (proteine, zuccheri, grassi).
Esiste una correlazione positiva tra acqua e concimazione azotata che comporta un aumento delle percentuali proteiche nei prodotti.

Concimazione
La concimazione influenza inoltre, sia i processi metabolici, sia la quantità di elementi minerali in forma disponibile presenti nelle piante (es. contenuto dei nitrati nei prodotti orticoli).

Epoca e densità colturale
Sono fattori che influiscono in maniera determinante sulla produzione. Dal confronto tra tre epoche di semina con frumento duro, è emerso che con semine distanziate di 60 giorni a partire dall’ inizio di novembre il peso medio delle cariossidi diminuisce dalla prima alla terza semina.
L’aumento della densità colturale nel pomodoro determina alte produzioni, ma si ottiene una riduzione del peso medio delle bacche.
Nel frumento, le alte densità di semina diminuiscono il peso di 1.000 semi, mentre aumenta il contenuto in proteine nella granella.

Agrofarmaci
L’azione degli agrofarmaci si esplica anche a livello della composizione minerale del terreno e, quindi, sul metabolismo delle piante stesse.
Nello spinacio, l’erbicida sodio clorato ha provoca una riduzione dell’enzima nitrato-riduttasi, inibendo la produzione di nitriti.
Gli agrofarmaci, distribuiti nell’agroecosistema, possono giungere all’uomo (consumatore).

Momento e modalità di raccolta
Anche il momento della raccolta influenza sia la quantità che la qualità del prodotto. Ad esempio, nella fava, con il procedere della maturazione diminuisce il contenuto di carboidrati e solidi solubili, mentre aumenta la sostanza secca, la fibra e alcuni minerali. Nei semi immaturi risulta elevato il contenuto in vicina e convicina, sostanze responsabili del favismo.
Nel pomodoro, con il procedere della maturazione aumenta il tenore in glucosio, fruttosio, tiamina, acido citrico, aspartico, ascorbico e glutamminico, mentre diminuisce l’acidità totale, l’N totale, K, P, Fe e Zn.

Misurazione della qualità (cenni)
La qualità deve essere valutata ponendo attenzione anche alle fasi di trasformazione /conservazione e commercializzazione/distribuzione, utilizzando un approccio multidisciplinare che coinvolga: 1) i protocolli analitici convenzionali di caratterizzazione biochimica e chimico-fisica; 2) le analisi sensoriali mirate e specifiche per ogni prodotto modello; 3) le metodiche analitiche innovative e non distruttive (analisi spettroscopiche – Image Analysis, tecniche sensoristiche artificiali olfattive).

Questo semplice cenno è sufficiente a sottolineare la complessità del problema della qualità di prodotti di origine vegetale, la cui gestione, occorre riconoscerlo, richiede anche un costo.
Per ciascuna specie trattata, in questo volume, vengono riportate indicazioni circa gli effetti dei singoli fattori sulla qualità dei prodotti.

Nella trattazione delle colture in questo testo, molti dei suddetti aspetti saranno trascurati o appena accennati, alcuni come quelli biologici ed agronomici saranno trattati in modo più esteso, mentre particolare approfondimento sarà dato agli aspetti della produzione utilizzazione e qualità dei prodotti.

2.8 Come si studia una specie coltivata
Una specie coltivata può essere studiata sotto diversi aspetti:
storici: origine e diffusione;
economici: importanza e valorizzazione;
ambientali: esigenze climatiche, pedologiche e nutrizionali;
botanici e biologici. caratteri morfologici della pianta e dei singoli organi, ciclo e sue fasi, classificazione ed evoluzione;
agronomici: avvicendamenti, lavorazioni del terreno, tipo di propagazione, scelta della cultivar, impianto della coltura, concimazione, irrigazione, lotta alle erbe infestanti, riscaldamento delle serre, raccolta e conservazione;
di gestione degli ambienti protetti;
meccanici: uso delle macchine per le operazioni colturali e per la raccolta del prodotto;
di miglioramento genetico: costituzione di nuove varietà e ibridi;
patologici: difesa da agenti biotici (funghi, virus, batteri, insetti, acari, nematodi, animali superiori ecc.) e abiotici (basse temperature, alte temperature, ventosità, stress idrico e salino ecc.);
di utilizzazione dei prodotti: consumo fresco, destinazione industriale, produzione di seme;
qualitativi: composizione, caratteristiche qualitative, classificazione merceologica.

 

 

Fonte: http://www2.unibas.it/lovelli/index.php?option=com_phocadownload&view=category&download=22:capitolo2&id=1:didattica

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