Pablo Picasso

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Pablo Picasso

Picasso

 

Considerato come il pittore più celebre del XX secolo. Egli non smise mai, fino all'ultimo attimo della sua vita, di produrre un'arte sconcertante e sovrabbondante, né di alimentare controversie e discussioni, come nessun altro artista aveva fatto fino ad allora. Era ritenuto da molti l'incarnazione stessa dello spirito del male teso a distruggere la tradizione artistica, ma già a partire dagli ultimi quindici o vent'anni della sua vita, per le nuove generazioni, egli non faceva più parte dell'avanguardia. Il mito della costante originalità e vigoria della sua arte, ampiamente sostenuto dalla stampa internazionale e dai suoi numerosi ammiratori, non poteva più nascondere il reale e sensibile inaridimento della sua vena creativa, soprattutto in ambito pittorico. In effetti, in confronto ai profondi sconvolgimenti che le sue opere avevano provocato nel campo dell'arte nella prima metà del Novecento, la sua più recente produzione appariva normale, se non addirittura conservatrice. Tuttavia, ciò non diminuisce la straordinaria importanza dell'artista negli anni 1907-14 e 1926-34, né il suo contributo decisivo allo sviluppo del cubismo e in seguito del surrealismo. Nella seconda metà del secolo, Picasso aveva solamente cessato di essere un artista rivoluzionario per divenire un simbolo remoto, senza più legami reali con le problematiche dell'arte.
Il bambino prodigio
Nei primi anni della sua formazione artistica, il giovane Picasso ha un eccellente maestro nel padre, pittore e professore di disegno (a Malaga, a La Coruña, poi a Barcellona), che intuisce il genio precoce del figlio. Di fatto, quest'ultimo non tarda ad affermarsi e, benché le opere del periodo tradiscano ancora una certa goffaggine nella composizione, l'acquisizione accademica del «mestiere» si dimostra già straordinaria, soprattutto nei ritratti. L'opera Scienza e Carità del 1897 (Museo Picasso, Barcellona), che riceve una menzione onorifica all'Esposizione nazionale di belle arti di Madrid e una medaglia d'oro a Malaga, testimonia che questa acquisizione ha ormai raggiunto la perfezione. La trasformazione di Picasso da pittore accademico ad artista d'avanguardia si attuerà attraverso l'esempio di Thèophile-Alexandre Steinlen e di Toulouse-Lautrec, nonché grazie all'atmosfera culturale creata dal movimento dell'Art nouveau, diffusosi allora a livello internazionale e sensibile sia a Barcellona sia a Parigi.
«Un pittore dell'avanguardia artistica»
Picasso non ha mai negato di essere stato, secondo le sue stesse parole, «un pittoredell'avanguardia». I suoi esperimenti lo condurranno a una sintesi tra un certo verismo che pone l'accento sugli aspetti più miserabili e drammatici della vita, caratterizzato dalla scelta di soggetti popolari e patetici (bambini, mendicanti, infermi, madri sofferenti), e un trattamento decorativo dell'immagine derivato dal «sintetismo» di Gauguin e degli artisti di Pont-Aven, che una quasi totale monocromia (in blu e color carne) spinge verso l'idealismo. Dal 1901 al 1904 si sviluppa quello che più tardi verrà definito il «periodo blu» di Picasso. Esso corrisponde a un momento particolare della sua vita, nel quale il giovane pittore vive tra Barcellona e Parigi (dove si reca per ben tre volte dal 1900 al 1903). Nel 1904, Picasso si stabilisce definitivamente a Parigi e trova uno studio nel famoso «Bateau-Lavoir» di rue Ravignan, prendendo così una decisione di importanza capitale in quanto nella vita culturale parigina, la sua arte trovò innumerevoli stimoli fecondi. Risale a quest'epoca l'incontro, per lui decisivo, con la poesia, nella persona di Guillaume Apollinaire, Max Jacob e, un po' più tardi, di Pierre Reverdy. Il meraviglioso testo che Apollinaire gli dedica nel numero di La Lume del 15 maggio 1905, suggella il profondo legame (generalmente trascurato dai critici) tra Picasso e la poesia. È allora che la pittura dell'artista inizia a trasformarsi: siamo nel «periodo rosa».
Il pellegrinaggio alle fonti
A dire il vero, si può a malapena parlare di un «periodo rosa», ma è innegabile che a partire dal 1905 Picasso si liberi dagli eccessi del sentimentalismo che aveva caratterizzato le sue opere precedenti e che da allora gli ocra, le terre, i rossi comincino a scaldare la sua fredda tavolozza. I saltimbanchi sognanti che egli dipinge a quel tempo non rivelano solamente l'amore del pittore per il circo, ma anche una visione meno esasperata della vita (legata forse alla diminuzione della miseria degli anni vissuti a Montmartre) e una modificazione della sua teoria estetica. In particolare, cambia la relazione tra il soggetto e la pittura. Fino al 1905, cioè, la pittura non aveva altra funzione che quella di descrivere il soggetto, senza escludere una deformazione espressionistica, ma tuttavia con gran rispetto per la realtà descritta. In seguito, tendono ad affermarsi le emozioni propriamente materiali della pittura: così, un particolare tocco di rosso viene ad avere la stessa importanza del sentimento della malinconia o della tenerezza materna. Inoltre il disegno tende a essere semplificato. Picasso non pensa certamente di eliminare dai suoi quadri la rappresentazione delle emozioni: al contrario, gli pare più giusto esprimere i sentimenti invece di descriverli. Impegnato a rafforzare l'intensità del suo linguaggio pittorico, egli incontrerà naturalmente sul suo cammino l'espressionismo proprio delle arti primitive, tese soprattutto a mettere in risalto le dimensioni sovrumane del sacro. Sia che si ispiri all'arte africana od oceaniana, all'arte iberica o all'arte romanica della Catalogna (richiamandosi addirittura al Greco), Picasso non fa che confermare la propria volontà di sostituire lo spirito del sentimento alla sua rappresentazione letterale. Ma, curiosamente, questo periodo di transizione primitivista lo conduce a una espressività pura, molto lontana dalla figurazione.
«Les demoiselles d'Avignon»
L'influenza del primitivismo inizia ad agire sulle concezioni estetiche di Picasso nel 1906 a Gósol, durante un'estate trascorsa in Catalogna. Essa raggiunge il culmine con la lunga elaborazione di Les Demoiselles d'Avignon (fine del 1906 - autunno del 1907, Museum of Modern Art, New York). Questo quadro è senza dubbio il primo esempio di un'opera che s'impone innanzitutto come rottura, come lacerazione, come dissonanza; prima di allora non era mai avvenuto niente di simile né nell'arte di Delacroix, né in quella di Courbet, di Manet, di Cézanne o di Van Gogh, nelle cui opere si manifestava ancora un certo desiderio di armonia, un tentativo di piacere e di convincere. Ancora oggi, le Demoiselles d'Avignon appaiono come un irreparabile affronto inferto alle tradizionali regole della pittura: lo scandaloso trattamento usato nella rappresentazione del viso delle due donne sulla destra della composizione ha permesso qualsiasi libertà stilistica alla pittura successiva di Bacon, di Kooning o di Dubuffet, ma non è più stato uguagliato, se non da Picasso stesso; quanto alla violenza imposta allo spazio pittorico, una volta ammessa, ha dato inizio a una serie ininterrotta di sconvolgimenti spaziali, nell'arte di Kandinskij, di Mondrian o di Polock. I detrattori di Picasso affermano che questo quadro ha definitivamente aperto la strada all'arbitrario, su cui, in ultima analisi, si fonda la maggior parte dell'arte moderna: ormai, l'artista si concede qualsiasi licenza sia nella concezione dell'opera sia nella sua esecuzione. Non si può far a meno di pensare che questa manifestazione dei diritti inderogabili dell'artista costituisca l'elemento ambiguo di tutta l'opera successiva di Picasso, stretta tra l'ansia di espressività dell'autore e le esigenze strutturali del quadro. Liberatosi presto da questi problemi, Picasso entra in contatto con l'opera del grande artefice della pittura moderna, Cézanne, mentre risente ancora l'influenza dell'arte primitiva del cosiddetto «periodo negro». A conclusione di questa fase, l'esempio di Cézanne lo porterà a inventare il cubismo; tuttavia al termine del periodo cubista, la sua tendenza all'espressionismo senza ostacoli gli farà svolgere un ruolo non trascurabile nell'ambito della pittura surrealista.
Picasso cubista e surrealista
In effetti, il cubismo di Picasso (ma anche quello di Braque) si disinteressa rapidamente dell'oggetto figurato. Il tocco costruito di Cézanne, la sua geometrizzazione dello spazio conducono non già a un'integrazione razionale del soggetto osservato (natura morta, ritratto o paesaggio) al supporto, come nel caso del maestro di Aix, ma a una pittura di tipo puramente irrazionale che, non contenta di liquidare rapidamente il soggetto, struttura lo spazio immaginario del quadro. Sembra che il cubismo di Picasso si opponga all'arte di Cézanne come l'idealismo al materialismo. Ma, nel 1912, Picasso ha un ripensamento che lo riconduce all'oggetto, grazie alla tecnica del collage, mediante la quale il mondo esterno entra nella pittura. L'uniformità dei colori del cubismo detto «sintetico» costituisce un ulteriore tradimento nei confronti di Cézanne, questa volta a favore di Gauguin. L'esperienza cubista ha messo fine alla dissociazione, introdotta durante il «periodo rosa», tra la rappresentazione letterale e lo spirito delle forme: quando l'artista desidererà di nuovo «trattare» un soggetto (per esempio, dipingere una donna), potrà ormai farlo senza più preoccuparsi di rispettare la logica delle strutture anatomiche. Lasciando da parte il «ritorno a Ingres» del 1915, la collaborazione ai Balletti russi a partire dal 1917 e il periodo detto «pompeiano», caratterizzato dalla raffigurazione di pesanti matrone, sembra esserci, dunque, una perfetta continuità tra la pittura cubista di Picasso e la sua pittura di carattere surrealista, che s'inaugura nel 1925 con La danza (Tate Gallery, Londra) e che prosegue praticamente per una ventina d'anni, con un'estrema libertà nei confronti dei principi anatomici. Non è un caso se, durante questi vent'anni, il corpo e il viso della donna costituiscono i temi favoriti di Picasso: incoraggiandolo a seguire i suoi istinti più profondi, il surrealismo facilita la rappresentazione plastica dei suoi desideri erotici, in cui si mescolano tenerezza e sadismo.
Eros e Thanatos
In questo periodo, e soprattutto a partire dal 1931 (al castello di Boisgeloup, nell'Eure), la scultura comincia ad assumere un ruolo molto importante nell'attività artistica di Picasso. In passato l'artista aveva già creato alcune opere plastiche, tra cui una Testa di donna del 1909 e numerose costruzioni realizzate in materiali diversi dal 1912 al 1914. Ma non sorprende che il ricorso sempre più erotizzato all'oggetto, e in particolare all'oggetto donna, si traduca ben presto nelle tre dimensioni con uno sviluppo di creatività tale per cui molti ritengono che Picasso scultore sia altrettanto grande, se non addirittura più grande, di Picasso pittore (lavorazione del ferro, assemblaggio degli oggetti e modellatura). Peraltro, benché nella sua produzione del periodo prevalga l'ispirazione voluttuosa, egli s'interessa anche ai problemi del tempo (si pensi innanzitutto allo scoppio della guerra in Spagna). Il celebre quadro Guernica (1937 Carsón del Buen Retiro, Madrid) riflette curiosamente non soltanto la profonda indignazione dell'artista per il bombardamento della città basca da parte dell'aviazione nazista, ma anche la propria situazione sentimentale, segnata dall'amore per tre donne contemporaneamente. Visi di donne dai tratti distorti dall'angoscia e non già rallegrati dalle gioie amorose si succedono nella sua opera fino al 1944, connessi in parte alla travagliata storia della compagna dell'artista, Dora Maar, che stava attraversando un momento particolarmente infelice. Mentre si svolgono molto vicino all'atelier dell'artista, in rue des Grands-Augustins, i combattimenti per la liberazione di Parigi, Picasso dipinge un Baccanale (collezione privata) che s'ispira a Poussin e poco tempo dopo aderisce ufficialmente al Partito comunista francese. Questa adesione lo porterà a eseguire alcuni quadri «impegnati», come il Massacro di Corea (1951, collezione dell'artista) o le allegorie di La Guerra e la Pace (1952, Vallauris) e anche a pubblicizzare, grazie alla sua celebre Colomba, il Movimento della Pace.
La donna e la pittura di Picasso
Il breve periodo felice, dovuto all'incontro con Françoise Gilot e alla fine della guerra, è caratterizzato dal quadro Joie de vivre (o Pastorale) dipinto ad Antibes (1946, Museo Grimaldi, Antibes). Straordinarie sculture si succedono, da l'Uomo con l'agnello (1944, eretto a Vallauris nel 1950) a la Capra (1950) anticipazione delle figure di lamiera piegata e dipinta del 1960-63. Nel 1947, l'artista inaugura a Vallauris una nuova e feconda attività, quella di ceramista. Nel 1950, Le signorine in riva alla Senna (Kunstmuseum, Basilea), che si rifà a Courbet, è forse l'ultima opera ricca d'inventiva di Picasso e segna l'inizio di un periodo di riflessione sui capolavori della pittura, durante il quale l'artista dipingerà una serie di varianti delle Donne d'Algeri (1954-55) di Delacroix, di Las Meniñas (1957) di Velázquez del Déjenuer sur l'herbe (1960-61) di Manet e delle Sabine (1962-63) di David. Oltre a meditare sui grandi pittori del passato per tentare forse di scoprire i loro segreti o di compararli ai suoi, la donna e il mistero della carne diventano i suoi maggiori interessi. Nel corso degli ultimi anni della sua vita, sia nella pittura sia nell'incisione (anch'essa ugualmente abbondante), il tema che l'artista predilige è il rapporto tra il pittore e la donna, generalmente nuda, della quale fa il ritratto. Si deve riconoscere a Picasso il merito di aver consacrato i suoi ultimi sforzi a mettere instancabilmente in luce il significato essenzialmente amoroso del gesto pittorico.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/storia%20sociale%20arte/GRANDI%20MAESTRI%20ARTE%20(appunti%20Stefania).doc

Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org

Autore del testo: Tribenet

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Picasso  (Pablo Ruiz Blasco y Picasso, detto Pablo), pittore spagnolo (Málaga 1881 - Mougins, Francia, 1973). Figlio di María Picasso López e di José Ruiz Blasco, professore di disegno alla Scuola d'arti e mestieri di Málaga, fu allievo del padre, dal 1895, alla Scuola di belle arti a Barcellona. Frequentò il cabaret “El Quatre Gats”, dove conobbe Nonell Monturiol, Casas, attraverso i quali venne a conoscenza del postimpressionismo francese nell'interpretazione dei peintres de la vie moderne, che caricavano l'indagine sociale di una accentuazione espressionistica (Toulouse-Lautrec, ma soprattutto Forain, Steinlen). Tale influsso è evidente, dopo le primissime prove accademiche di gusto realistico, nelle opere dipinte a Parigi, Madrid, Barcellona nel 1900-1901 (Donna in blu, Madrid, Museo d'arte moderna; Vecchia, Filadelfia, Museum of Art; La nana, Barcellona, Museo Picasso), improntate a un violento cromatismo e a una tecnica parzialmente divisionista. Tornato nel 1901 a Parigi, dove conobbe Max Jacob, dopo essere stato attratto dal simbolismo (Funerali di Casagemas, Museo d'arte moderna della città di Parigi), iniziò quello che fu chiamato il “periodo blu”, dipingendo prevalentemente esseri miserabili, immersi in un'atmosfera di desolazione e sintetizzati da un linearismo alla Gauguin, mentre la struttura plastico-cromatica rivela una prima attenta meditazione dell'opera di Cézanne (Donna con lo scialletto blu, Collezione privata, 1902), ma anche richiami alla grande tradizione spagnola, dal Greco a Velázquez (Celestina, Collezione privata, 1903). Stabilitosi definitivamente a Parigi nel 1904, nel Bateau-Lavoir, conobbe Apollinaire e si unì a Fernande Olivier. Iniziò qui il “periodo rosa ”, con scene di saltimbanchi (Famiglia d'acrobati, 1905, Göteborg, Konstmuseum), in cui una forte accentuazione simbolica viene tradotta in termini o arcaizzanti o classicistici (Donna col ventaglio, 1905, New York, Collezione Whitney; Due fratelli, 1906, Basilea, Museo di belle arti). Conobbe allora Matisse; dopo le prime esperienze come scultore, risalenti al 1901, creò il bronzo del Buffone (1905, Museo d'arte moderna della città di Parigi), collegandosi direttamente a Daumier e Degas. Fondamentale fu il ritorno in Spagna, a Gósol, nell'estate del 1906: colpito dalle deformazioni espressive dell'arte romanica e gotica catalana (di cui è evidente il ricordo nel Nudo su fondo rosso [Parigi, Museo dell'Orangerie] e nel famoso ritratto di Gertrude Stein [New York, Metropolitan Museum of Art]), fu tratto, forse su indicazione di Matisse, a meditare sulla sintesi espressiva, per rottura e incastro di piani, propria della scultura africana; e, dopo una lunga serie di prove, di rielaborazioni, di studi parziali, giunse alla creazione delle Demoiselles d'Avignon (dal nome del quartiere delle prostitute di Barcellona; 1906-1907, New York, Museum of Modern Art), opera fondamentale nella storia del cubismo, che unisce soluzioni cromatiche e formali di tipo arcaizzante dell'estremo “periodo rosa” alla definitiva rottura della rappresentazione tradizionale dello spazio tridimensionale, che non era stata incrinata nemmeno dalla violenza cromatica dei fauves. Dal 1907 (anno in cui conobbe Braque e Kahnweiler) al 1909 Picasso, partendo dalla lezione di Cézanne, svolse il suo lavoro di ristrutturazione e spiegamento bidimensionale delle superfici plastiche fondamentali in nudi maschili e femminili, nature morte, paesaggi (culminanti nel 1909 con quelli di Horta de Ebro), e attrasse nella propria orbita, oltre a Braque, anche Dufy e Derain. La seconda fase cubista, iniziata fra la primavera e l'autunno 1909 e destinata a protrarsi, in stretto sodalizio con Braque, fino al 1914, fu preannunciata dall'accentuata scomposizione dei piani e dall'incupirsi del colore (Donna con ventaglio, Mosca, Museo Puškin; Ritratto di Fernande, Düsseldorf, Museo; Donna in verde, Eindhoven, Museo) ed esplose nell'inverno-primavera 1909-1910 con la grande serie dei ritratti di Vollard (Mosca, Museo Puškin), Uhde(Londra, Collezione Penrose), Kahnweiler (Chicago, Art Institute) e dei Nudi seduti (Parigi, Collezione Salles; Londra, Tate Gallery). La frantumazione prismatica, quasi a minuti cristalli verdastri-grigi-bruni, dell'immagine plastica (polemicamente applicata alla tradizione del ritratto storicamente identificabile) giunge quasi all'astrazione, portando alle conseguenze estreme il rifiuto della convenzione di “natura”. Il discorso artistico di Picasso proseguì, in comune con Braque e dal 1911 con Gris, con la lunga serie di nature morte di oggetti d'uso (con trasparente riferimento a un “superamento di Cézanne”) e di figure con strumenti musicali. L'immissione nel contesto di lettere tipografiche e l'impiego di tecniche nuove (sabbiature) prepararono l'assunzione, dal 1912, del papier collé come obiettivazione materica delle sovrapposizioni ritmiche di piani-colore e, parallelamente, come ulteriore proposizione polemica contro il concetto tradizionale della tecnica pittorica. Picasso sottolineò questo secondo aspetto nella scultura, con le composizioni polimateriche (legno, tela, cartone) di “nature morte” e strumenti musicali, che preludono alle sperimentazioni dadaiste. L'assoluta libertà raggiunta nei confronti della “materia” nel senso più ampio (stimoli visivi e mentali, strutturazione formale, materiali d'impiego) e forse qualche interscambio con Matisse e Severini lo portarono dal 1913 (Donna in camicia in poltrona, Firenze, Collezione Pudelko) a una rinnovata ricchezza decorativa di piani cromatici. Biograficamente ciò corrispose alla nuova, felice stagione mediterranea (Céret, Avignone, Vaucluse) vissuta con la nuova compagna Marcelle Humbert (Eva). La morte di quest'ultima, nel 1916, gettò Picasso in una profonda crisi. L'anno dopo compì un viaggio a Roma, Napoli, Pompei con Cocteau, Diaghilev e Stravinskij per l'allestimento scenografico del balletto Parade di Satie (cui seguirono negli anni successivi altri allestimenti per i Balletti russi). In seguito conobbe e sposò Olga Khoklova, da cui nel 1921 ebbe il figlio Paulo. Fu una parentesi “reazionaria”: la ripresa di forme del “periodo rosa” (Arlecchino, 1917, Barcellona, Museo Picasso) preannunciò la fase del “ritorno all'ordine” neoclassico, in cui però la pesante espansione delle forme plastiche (Tre donne alla fontana, 1921, New York, Museum of Modern Art) e il dinamismo delle membra (Due donne in corsa sulla spiaggia, 1922, Collezione privata) conservano una carica di espressività polemica di cui sono assolutamente prive le innumeri imitazioni. D'altronde il gusto del “gioco” (che sempre più appare come la sostanziale alternativa dell'impegno tragico, “spagnolo”, del pittore) è chiaramente dimostrato dai paralleli stupendi ritorni, sia pure con una vaga patina spaziale-naturalistica, agli incastri cromatici dell'ultima fase cubista, 1913-1916, culminanti nei Tre musicisti (1921, Filadelfia, Museo d'arte) e nelle Nature morte con strumenti, posteriori al 1921. ln questo periodo Picasso visse d'estate sulla Costa Azzurra, soprattutto a Juan-les- Pins; conobbe e aiutò Miró. La Danse del 1925 (Londra, Tate Gallery) segnò l'abbandono di ogni illusione classicistica, il ritorno a una violenta deformazione espressiva, del tutto libera però dallo strutturalismo programmatico del cubismo “storico”. Formalmente, divenne sempre più complesso e ricco il rapporto fra piani spaziali e grafia continua in superficie. I sempre più frequenti contatti con il gruppo surrealista parigino si tradussero, dal 1928 in poi (“periodo di Dinard”), nella violenta sublimazione erotica delle immagini e intrecci di membra femminili, visti in chiave di simbolo fallico (con risultati che influenzarono profondamente l'arte inglese, da Moore a Sutherland), cui corrisposero in scultura — dopo una significativa fase (1929-1931) di ritorno dadaista-surrealista agli esperimenti del 1912-1913 — i grandi bronzi protostorico-erotici fusi dal 1931 nel castello-atelier di Boisgeloup. Indice di tale orientamento furono anche le prime grandi serie grafiche. In un crescendo mitico, alle donne- fallo si aggiunsero dopo il 1930 i simboli del toro e del minotauro, mentre aumentava la programmatica violenza strutturale e cromatica esercitata sulla figura umana. Nel 1934 Picasso ruppe con la moglie, in seguito a un precedente rapporto con Marie-Thérèse Walter.
Nel 1935 nacque la figlia Maïa. Dello stesso anno è l'incontro con Dora Maar. Alla crescente violenza drammatica del pittore sembrò dare giustificazione a posteriori lo scoppio della guerra di Spagna nel 1936. Già aderente alle istanze di sinistra dei surrealisti, Picasso si mise appassionatamente al servizio del governo repubblicano, curò la protezione e lo sfollamento da Madrid dei capolavori del Prado, incise la ferocissima satira, fra goyesca ed erotico-surreale, dei Sogni e menzogne di Franco, dipinse infine nel 1937 per il padiglione spagnolo dell'Esposizione universale di Parigi una delle sue opere più famose, Guernica (1937, fino al 1982 a New York, Museum of Modern Art, poi al Prado di Madrid, Casón del Buen Retiro), punto d'arrivo di tutte le sperimentazioni formali dopo il 1930. La violenza ormai crudele esercitata sulle figure femminili (le “donne-mostro”), anche della Maar e della figlia Maïa, e sulle cupe nature morte, con i frequenti simboli funerei del cranio e del bucranio, e che dà toni tragici anche al capolavoro della Pesca notturna ad Antibes (1939, New York, Museum of Modern Art), collega le opere fino al 1945 alla realtà europea, con singolari tangenze con le ultime opere di Klee, che Picasso visitò in Svizzera nel 1937. Il massimo impegno civile fu però raggiunto in scultura, già liberata Parigi, nell'Uomo con l'agnello del 1944 (piazza di Vallauris, Grasse), mentre un sospetto di formalismo è già nel Carnaio (1944-1945, New York, Collezione Chrysler), come, e ancor più, nei due tardi pannelli della Guerra e della Pace (1952, Vallauris). L'attività fino al 1945 e poco oltre fu l'ultima a incidere realmente sulla cultura pittorica europea (specie francese e italiana), dando origine al neocubismo (in realtà neopicassismo) dell'immediato dopoguerra. Da allora, al prevalere di nuove istanze culturali di origine diversa dall'avanguardia cubista, corrispose da parte di Picasso un definitivo ritorno al “gioco”, quasi simbolo di una conclamata perdurante vitalità fisica (donde un gusto gioioso per una vita- teatro clamorosamente pubblicizzata, con le nuove compagne, Françoise Gilot, da cui ebbe i figli Claude e Paloma, infine Jacqueline Roque, che sposò nel 1958). Con una produttività eccezionale (anche nella ceramica, dal 1947 nella residenza di Vallauris), Picasso riprese vorticosamente tutte le sue “maniere”, aggiungendovi un nuovo senso sontuoso, quasi barocco, della pasta cromatica e dell'intreccio formale, che ha forse i suoi risultati migliori negli interni delle sue successive residenze, la villa Californie a Cannes e il castello di Vauvenargues. Tipico di questo gioco, fra orgoglioso e autoironizzante, è il gusto di sfida insito (negli anni Cinquanta e Sessanta) nelle grandi serie di “variazioni” su celebri capolavori di Courbet (Damigelle sulle rive della Senna), Delacroix (Donne d'Algeri; 15 versioni, 1954-1955), Velázquez (Las Meniñas; 44 versioni, 1957), Manet (Le déjeuner sur l'herbe, 1960), in cui ancor vive robustamente la fondamentale vocazione dissacrante dell'artista.
La figura di Picasso è senza dubbio la più celebre, e anche la più discussa, dell'arte contemporanea. Se la straordinaria ricchezza delle sue esperienze stilistiche e l'innegabile abilità tecnica hanno fatto dubitare della sua sincerità di artista, tuttavia l'intera sua opera ha i caratteri della genialità e della vera arte, innovatrice e feconda al di là delle polemiche e delle mode. Alla sua morte la sua collezione personale di dipinti (con opere di Le Nain, Chardin, Courbet, Corot, Degas, Gauguin, Renoir, Rousseau, Matisse, Cézanne, Derain, Braque, Miró, Modigliani) è stata donata allo Stato francese. Il comune di Parigi ha deciso di ospitarla in un apposito Museo Picasso, allestito all'“Hôtel Salé”, appositamente ristrutturato e inaugurato nel 1985.

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/storiadellarte/files/picasso.doc

Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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