Storia della radioastronomia

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Storia della radioastronomia

APPUNTI DI STORIA DELLA RADIOASTRONOMIA

La radio: un nuovo mezzo di comunicazione, ma non solo.

Sin dall’inizio del secolo scorso, le comunicazioni radiofoniche entravano lentamente ma prepotentemente nella vita di tutti. Prima come strumento di diffusione delle informazioni tra i militari (fu usato per il salvataggio dei naufraghi del Titanic nel 1912), poi come mezzo di comunicazione di massa, anche se ancora per motivi militari, per diffondere i bollettini di guerra. Con l'orecchio appiccicato a questo nuovo potentissimo strumento, popolazioni intere ascoltavano le sorti delle loro nazioni e delle loro stesse vite.

Oggi il ruolo della radio è stato quanto meno cambiato dai nuovi media, la televisione prima e la rete, Internet, poi. [“Video kills the radio star”, cantava una canzone dei The Buggles negli anni ottanta.]  Ma la radio, con le sue applicazioni e le nuove tecnologie che con essa sono nate, ha lasciato una traccia indelebile anche nella scienza, contribuendo allo sviluppo di una delle scienze naturali che più affascinano, l'astronomia.

Uno sfacciato colpo di fortuna.

Ci troviamo negli anni trenta del XX secolo, a Holmdel, nel New Jersey. Le comunicazioni radio hanno da poco lasciato il grembo della scienza pura, la fisica, per andare incontro a nuovi interessi puramente commerciali. I dirigenti dei Bell Laboratories si rendono conto delle potenzialità di questo nuovo strumento e investono moltissimo nello studio e la messa a punto di nuovi apparecchi radiofonici, mettendo a disposizione dei loro ricercatori tutta la strumentazione più all'avanguardia per sperimentare nuove tecnologie e portare la comunicazione radiofonica a livelli intercontinentali.  Per questo un giovane ingegnere, il signor Karl Jansky, in quei giorni era impegnato a costruire un'antenna orientabile sensibile alla frequenza di circa 20.5 MegaHertz, a cui si captava un'interferenza, che disturbava la comunicazione transoceanica.  Così Jansky costruì la sua “giostra”. Intendiamoci, lo strumento adoperato era assolutamente serio e notevole, soprattutto per il suo tempo. Un grosso sistema di antenne direzionali nella stazione radio di Holmden. Ma è così, con il nome “la giostra di Jansky”, che quel piccolo e rudimentale telescopio è passato alla storia, per via di quelle grosse ruote poste sotto le antenne, che permettevano all'intero complesso di orientarsi in ogni direzione.

La giostra di Jansky L’indagine assegnata a Jansky richiese la progettazione e la realizzazione “ad hoc” di un adatto impianto ricevente composto da un sistema di antenne, fisicamente orientabili in azimut in modo da determinare con certezza la direzione di arrivo delle interferenze. Il ricevitore, operante alla frequenza di 20.5 MHz con una larghezza di banda pari a 1 KHz, doveva assicurare, oltre che una buona sensibilità, anche una sufficiente stabilità, per abbassare il livello di rumore dello strumento e permettere la rivelazione di un segnale piuttosto debole. Sono proprio queste le caratteristiche del sistema di ricezione che hanno consentito a Jansky di evidenziare la radiazione cosmica proveniente dal centro della galassia rispetto al rumore di fondo degli strumenti.

La giostra partì, e funzionò anche bene. Individuò due tipi di rumore di fondo: gli scoppi dovuti a temporali locali e i rumori dovuti a temporali lontani che vengono riflessi dalla ionosfera, e perciò si sentono anche a grande distanza. Questi disturbi delle comunicazioni radio era già noti ai tecnici. Ma c'era anche un terzo rumore, che a fatica si distingueva dal rumore di fondo dello strumento. Un sibilo continuo. Poteva essere lui il responsabile di quella strana interferenza. Si preoccupò di individuare per bene la provenienza di quel fischio. Il segnale registrato da Jansky “sorgeva” e “tramontava” una volta al giorno. Pensò si trattasse di emissione dovuta al Sole: già allora era ben noto agli astronomi che la radiazione di corpo nero, o radiazione termica, produce una coda a bassa frequenza, a frequenza radio appunto. Ma dopo qualche mese che seguiva il segnale, Jansky osservò che il punto da cui si registrava la massima emissione radio, non coincideva più con la posizione del Sole. In più presentava una periodicità di 23 ore e 56 minuti. Se l'origine dell'emissione fosse stata il Sole, il periodo avrebbe dovuto essere di 24 ore, un giorno. Quei quattro minuti di anticipo rispetto al periodo di rotazione della Terra intorno al Sole, gli fecero escludere l'ipotesi di radiazione solare e lo convinsero che si doveva trattare di una sorgente astronomica, al di fuori del sistema solare. Infatti il periodo calcolato dal giovane ingegnere corrispondeva al transito delle stelle fisse, cioè degli oggetti extrasolari, al di fuori del Sistema Solare. Alla fine Jansky giunse alla conclusione che la sorgente di quella strana emissione radio a bassissima frequenza doveva essere un oggetto in direzione della costellazione del Sagittario, nella regione centrale della nostra Galassia.  [Successive osservazioni condotte negli anni seguenti confermarono che la radiazione era concentrata lungo la fascia della Via Lattea, con un massimo di intensità verso il centro.] Oggi sappiamo che quella “captata” da Jansky era la voce della nostra Galassia, la sua emissione continua e diffusa nel radio. Ma purtroppo Jansky non poté mai lavorare per arrivare a queste conclusioni perché la sua richiesta di fondi per costruire un radiotelescopio più potente e investigare su questa nuova scoperta fu rifiutata dai Bell Laboratories, che preferirono impegnarlo in altro tipo di ricerche, a scopi più immediati e confacenti agli interessi della compagnia. Anche se molti scienziati rimasero affascinati dalla scoperta, nessuno proseguì gli studi per molti anni.

I Bell Laboratories hanno comunque avuto un ruolo rilevante anche nella scoperta della radiazione cosmica di fondo che fece avere a Wilson e Penzias il nobel, nel 1978, per la scoperta della radiazione cosmica di fondo, una delle prove più evidenti del Big Bang. Anche questi due ingegneri stavano facendo delle ricerche sulle interferenze, stavolta per i primi collegamenti radio via satellite.

 

Karl Guthe Jansky (1905-1950). Nato a Norman, Oklahoma, il 22 ottobre del 1905, frequentò l'Università del Wisconsin. Dopo la laurea in fisica, nel 1928, fu assunto dalla Bell Telephone Laboratories nel New Jersey. Alla Bell Telephone, al tempo, si stava studiando l'uso delle cosiddette “onde corte” (circa 10 metri di lunghezza d'onda) per le comunicazioni radio transoceaniche. Nell'ambito di questo progetto di ricerca, nel 1931 fu assegnato a Jansky il compito di individuare ed eliminare i rumori di fondo che avrebbero potuto disturbare il segnale. Costruì un'antenna che avrebbe ricevuto le onde radio a 20.5 Mhz di frequenza (vale a dire circa 15 metri di lunghezza d'onda).  Sulla serendipity discovery che lo portò alla storia, Jansky scrisse un articolo, in cui suggeriva che l'emissione radio proveniente dalla regione centrale della Via Lattea poteva essere dovuta a gas ionizzato, e non alle stelle (anche se il gas di cui parlava lui non era l'idrogeno ionizzato di cui sono costituite le nubi della nostra Galassia che emettono in radio, ci si era molto avvicinato). Jansky aveva fatto una scoperta rivoluzionaria per l'astronomia del tempo alla giovane età di 26 anni. La sua scoperta fu largamente pubblicizzata, e apparve sul numero del 5 maggio 1933 del New York Times. Però i suoi risultati non ricevettero la considerazione che meritavano. Il giovane ingegnere presentò alla Bell Telephone il progetto per la costruzione di un'antenna di 30 metri per poter studiare più in dettaglio la regione della Galassia da cui proveniva l'emissione radio registrata. Ma ciò che interessava alla società di telefoni era aver individuato tutte le cause possibili d'interferenza e aver scoperto che non avrebbero creato problemi al loro progetto di comunicazione oltreoceano. Così Jansky fu assegnato ad un altro progetto e non si occupò mai più di radioastronomia.  Il suo nome, oltre che alla fondamentale scoperta, è legato all'unità di misura, il Jansky appunto, pari a 10^-26 Watt/(m2 Hz), che gli astronomi “coniarono” in suo onore e che viene largamente utilizzato dagli scienziati che a Karl Jansky devono di più, i radioastronomi. Questa unità di misura è quella che più si adatta alle potenze che si misurano in astronomia radio.

Le scelte aziendali della Bell Telephone forse furono legate al fatto che la crisi economica già in atto (la Grande Depressione del '29 era tanto vicina), e quindi finanziare ricerche di scienza pura, senza un ritorno sicuro e veloce, sembrava proibitivo: gli stessi Osservatori astronomici non potevano affrontare i costi di un nuovo progetto. O forse il vero significato della scoperta di Jansky non fu pienamente compreso, anche a causa della scarsa competenza nelle tecnologie radio che si svilupperà appieno solo dopo la Seconda Guerra.

La prima mappa del cielo radio.

Le grosse aziende e le istituzioni stentavano ad investirci sopra dei soldi, ma gli appassionati, gli astrofili già cominciavano a osservare il cielo attraverso i nuovi “occhi” dell'astronomia. Il primo “radioastrofilo” della storia è stato Grote Reber. Dopo aver esaminato le scoperte di Jansky, decise di costruire un radiotelescopio nel giardino di casa sua. Si trattava di un'antenna parabolica di circa 10 metri di diametro, dotata di un amplificatore e di un ricevitore sensibile alle frequenze di 3300 Mhz, 900 Mhz e 160 Mhz. Reber lavorava solo di notte, per riuscire così ad arginare le interferenze dei motori a scoppio delle automobili che passavano numerose durante il giorno. Dei tre ricevitori costruiti da Reber, solo il terzo, quello che funzionava a 160 Mhz, gli permise di registrare emissione radio dalla Galassia, andando così a confermare la scoperta di Jansky. Reber fu il primo a vedere la Via Lattea a lunghezze d'onda radio. Le radiosorgenti Cigno e Cassiopea furono scoperte proprio in quella occasione.

Grote Reber (1911-2002).  Grote Reber naque a Chicago nel 1911. Fu radioamatore e studiò ingegneria radio. Quando, nel 1932 Reber venne a sapere della scoperta di Jansky e si propose di portare avanti il lavoro che il giovane ingegnere dei Bell Labs aveva lasciato incompiuto a causa dei diversi interessi dell'azienda. Negli anni trenta provò a farsi assumere dai Bell Laboratories e in vari osservatori astronomici per studiare l'emissione radio della Galassia. Nessuno di questi lo assunse a causa della carenza di fondi dovuta alla Grande Depressione del '29.  Decise di costruire un radiotelescopio nel giardino di casa sua.

Il radiotelescopio di Reber. La costruzione del radiotelescopio di Reber è stata una sorta di impresa storica perché ancora oggi, nonostante la tecnologia sia progredita molto e gli strumenti in grado di lavorare a frequenze radio siano molto più sofisticati, sarebbe quantomeno impegnativa per un semplice amatore come era lui.  Reber coprì di tasca sua tutte le spese per la realizzazione del suo radiotelescopio, e lo realizzò nel tempo libero, mentre lavorava a tempo pieno per una compagnia radio a Chicago. Dopo aver raccolto e rielaborato un numero sufficiente di dati, nel 1944 Reber fu in grado di compilare la prima radiomappa della Galassia graficando le linee isoterme della distribuzione della temperatura di brillanza del cielo a 160 MHz. Egli osservò come il massimo principale di intensità delle emissioni si verificasse in prossimità del centro galattico (costellazione del Sagittario), confermando il precedente lavoro di Jansky, mentre numerosi massimi secondari si localizzavano in Cygnus, Cassiopeia, Canis Maior e Puppis, con un massimo di minore intensità in Perseus. Reber fu un tecnico molto abile che riuscì a perfezionare i suoi apparati fino ad ottenere le migliori prestazioni che la tecnologia radiotecnica dell’epoca era in grado di garantire.  Stimolato da questi risultati Reber tentò la ricezione a frequenze notevolmente più elevate, prima a 3.3 GHz poi a 900 MHz, senza ottenere alcun risultato. Ciò era dovuto alla diminuita sensibilità del ricevitore alle alte frequenze e al fatto che, in quell’intervallo spettrale, l’intensità delle radiazioni cosmiche non risulta particolarmente elevata.

Lo sviluppo della tecnologia del radar nel corso della seconda guerra mondiale fornì le conoscenze necessarie agli astronomi per costruire strumenti più perfezionati ed adatti ad osservare il cielo radio.

Ma quello era solo l’inizio... arriva la prima riga

Le frequenze scelte da Jansky e Reber non rappresentavano un valore privilegiato, né corrispondevano ad alcuna riga spettrale di particolare interesse astrofisico: l’emissione rivelata era di tipo continuo.  Durante la seconda guerra mondiale Oort e Van De Hulst (Università di Leida) vennero a conoscenza dei lavori di Jansky e di Reber e si chiesero se non sarebbe stato possibile osservare qualche riga in emissione: se tutta la radiazione fosse concentrata in una stretta banda di frequenza invece di essere distribuita su uno spettro ampio, il segnale risulterebbe molto più intenso e molto più facile da rivelare.  Van De Hulst (nella foto qui a sinistra) studiò allora i meccanismi che avrebbero potuto generare una riga e nel 1944 annunciò che l’idrogeno neutro interstellare poteva essere un valido candidato.  La scoperta dell’idrogeno neutro in emissione (alla frequenza di 1420 MHz circa, nota come riga a 21 centimetri) avvenne, effettivamente, il 25 marzo 1951 ad Harvard per opera di Ewen e Purcell (i primi due da sinistra nella foto qui a destra).

 

Qui sotto è riportata la mappa dell’emissione della nostra Galassia nella riga a 21 cm dell’idrogeno neutro.

I nuovi occhi dell’astronomia

Fu una vera e propria epidemia: molti astronomi in tutto il mondo cominciarono a produrre mappe del cielo radio, più o meno dettagliate. Lo stesso Reber ne fece un altra, utilizzando il suo riflettore parabolico con un nuovo ricevitore alla frequenza di 480 MHz.  Anche in Australia, paese molto attivo nella ricerca radioastronomica, Bolton e Westfold (1950) compilarono una radiomappa del cielo alla frequenza di 100 MHz. Nello stesso periodo, sempre in Australia, Allen e Gum determinarono la distribuzione dell’intensità delle radiazioni cosmiche alla frequenza di 200 MHz. L’osservazione successiva condotta da Piddington e Minnet (1951), alla frequenza di 1210 MHz, richiese lo sviluppo di alcune soluzioni tecniche originali necessarie per garantire buoni requisiti in sensibilità, data l’alta frequenza.  Ulteriori osservazioni a frequenze superiori (3 GHz) mostravano che a quella frequenza era possibile rivelare solo la radiazione proveniente dal centro galattico. L’analisi dei dati ottenuti alle frequenze più basse evidenzia invece alcune interessanti caratteristiche: in primo luogo esiste una difficoltà tecnica dovuta al limitato potere risolutivo del sistema di antenna che diminuisce progressivamente all’aumentare della lunghezza d’onda operativa. Questo problema sarà risolto negli anni successivi con l’utilizzo delle tecniche interferometriche, applicando alla regione radio dello spettro i principi dell’interferometria ottica sviluppati da Michelson, portati ai massimi livelli utilizzando gli array interferometrici a croce di Mills, i sistemi di antenna a sintesi d'apertura e gli attuali sistemi interferometrici a grandissima base (VLBI).  A basse frequenze si riescono ad osservare molte sorgenti radio, che emettono radiazione non termica; inoltre la sensibilità dei ricevitori alle frequenze più basse è piuttosto buona. Però il potere risolutivo è limitato e aumenta la possibilità di interferenza dovuta ai disturbi terrestri naturali (essenzialmente di tipo atmosferico) ed artificiali, oltre che alle radiocomunicazioni commerciali. Il limite inferiore dello spettro radio è stato studiato da Shain nel 1951, che ha condotto una lunga serie di osservazioni alla frequenza di 18.3 MHz. Il suo studio venne perfezionato e completato negli anni successivi con altri lavori condotti a frequenze inferiori (2.13 MHz, 1.435 MHz, 0.9 MHz e 0.52 MHz) da Reber ed Ellis nel 1956 hanno consentito di studiare sia gli effetti schermanti della ionosfera terrestre, sia il comportamento della radiazione cosmica incidente a ridosso del limite inferiore della “finestra” radio. Ulteriore evoluzione nella compilazione di radiomappe celesti si è avuta nel 1955 in Australia, quando Mc Gee, Slee e Stanley studiarono la distribuzione dell'intensità della radiazione cosmica nella regione del centro galattico, alla frequenza di 400 MHz. L’antenna era orientata verso una specifica regione del cielo (con declinazione prefissata) e raccoglieva dati nel corso delle ventiquattro ore. A causa della rotazione apparente della sfera celeste erano intercettate dal fascio d’antenna regioni di cielo con differente ascensione retta.  Dato il maggior potere risolutivo dello strumento la radiomappa compilata ha mostrato una quantità notevolmente superiore di dettagli rispetto alle precedenti ricerche. La distribuzione di brillanza del cielo a diverse frequenze è stata oggetto di numerose osservazioni condotte utilizzando strumenti sempre più perfezionati per quanto riguarda il potere risolutivo (con l’impiego di sistemi di antenna sempre più grandi, complessi e costosi), la sensibilità e la stabilità dei ricevitori.  Solo un notevole incremento del potere risolutivo dei radiotelescopi consentirà, negli anni successivi, di individuare con sicurezza i centri di emissione cosmica, conducendo alla scoperta delle vere e proprie radiosorgenti, oggetti “quasi-puntiformi” caratterizzati da piccola estensione angolare. Il primo radiointerferometro (che ricalcava il principio dello strumento ottico di Michelson) fu costruito da Ryle e Vonberg nel 1946 utilizzando due antenne, ciascuna composta da un array di dipoli funzionanti a 175 MHz.  Vari cataloghi di radiosorgenti sono stati compilati da osservatori radio di numerosi paesi, per differenti lunghezze d’onda, determinando la loro posizione, il diametro angolare e spesso anche le caratteristiche spettrali. I cataloghi più famosi sono il 2C, 3C e 4C di Cambridge (Inghilterra), il B2 del radio-osservatorio italiano “La Croce Del Nord” di Medicina (BO), quelli di Parkes (Australia), di Green Bank (USA), ed altri. Dal 1950 in poi lo sviluppo della radioastronomia è stato molto rapido e ricco di scoperte, tutte di fondamentale interesse astrofisico e cosmologico. Come si è accennato, gli anni cinquanta hanno visto la scoperta della riga in emissione a 21 centimetri dovuta all’idrogeno “freddo” che popola gli spazi interstellari, prevista teoricamente da Van De Hulst nel 1944 ed individuata da H. I. Ewen e E. M. Purcell nel 1951. Essi registrarono, in direzione di una regione della Via Lattea, un’intensità di radiazione corrispondente ad una temperatura di antenna di 25°K su una larghezza di banda molto stretta e caratteristica dell’emissione dell’idrogeno neutro interstellare, mentre alcune settimane dopo Muller e Oort a Leida (Olanda), Christiansen in Australia verificarono il risultato. Questa scoperta diede subito l’avvio alla ricerca di altre sostanze nel mezzo interstellare, lavoro che, ad oggi, ha condotto alla catalogazione di un gran numero di molecole complesse molte delle quali organiche. Le osservazioni della riga a 21 centimetri rappresentano, a buon titolo, il primo, autonomo e grande successo della radioastronomia in quanto hanno evidenziato per la prima volta la struttura a spirale della Galassia, osservazione preclusa agli strumenti ottici a causa dell’assorbimento delle nubi interstellari. Notevole è stato il paziente lavoro che ha condotto all’accurata misura della posizione di molte radiosorgenti, la maggior parte delle quali sono state successivamente identificate con le controparti ottiche. Nel 1963 Allan Sandage e Thomas Matthews scoprono le quasar (Quasi Stellar Radio Sources): oggetti extragalattici lontanissimi (ai confini dell'Universo osservabile) con dimensioni molto minori delle normali galassie ma notevolmente più emittenti nel dominio ottico ed in quello radio.

Un’altra scoperta (quasi) del tutto casuale

Lavorando allo sviluppo della tecnologia radar negli anni '40, R. Dicke del MIT inventò il radiometro a microonde (il cosiddetto Dicke switch), un ricevitore in grado di rivelare radiazioni a microonde di bassa intensità. Negli anni '60 R. Wilson e A. Penzias (nella foto a fianco), due ingegneri, di nuovo della Bell Telephone, impegnati nello studio delle cause di rumore che disturbavano le prime trasmissioni radiotelevisive via satellite, utilizzarono il ricevitore di Dicke per realizzare uno strumento che doveva inseguire i satelliti per telecomunicazioni Echo 1 e Telstar. Lavorando alla frequenza di 4.08 GHz, essi scoprirono che lo strumento misurava radiazione imprevista: effettuando una scansione in tutte le direzioni dello spazio si registrava un rumore di fondo abbastanza costante (equivalente ad una temperatura pari a circa 2.7 K) indipendente dalla direzione di puntamento dell’antenna e dall’ora di osservazione. A poche miglia di distanza dall’antenna di Penzias e Wilson (Università di Princeton), Dicke stava cercando di captare esattamente questo tipo di segnale.  Quando Dicke seppe che Penzias e Wilson lo avevano preceduto, fu abbastanza sportivo da spiegare ai due ignari radioastronomi quale fosse la causa del rumore che avevano rivelato. L’emissione a 2.7 Kelvin era già stata predetta dal gruppo di G. Gamov nel 1948. La scoperta è di fondamentale importanza cosmologica: l’isotropia della radiazione di fondo (che riempie uniformemente tutto lo spazio) sembra essere il residuo fossile causato dalla successiva espansione della radiazione che permeava l’Universo nei suoi primissimi istanti di vita, come prevede la teoria cosmologica del “Big Bang”. Successivamente, tramite il satellite Cosmic Background Explorer e diversi esperimenti condotti da razzi, da palloni-sonda e da terra sono state eseguite numerose verifiche per effettuare misure di notevole precisione della radiazione di fondo confermando la proprietà caratteristica dell’isotropia ed il fatto che il suo spettro è molto simile a quello di un corpo nero in equilibro termico alla temperatura di 2.726 K. Le variazioni nell'intensità della radiazione di fondo proveniente da diverse direzioni è dell’ordine di una parte su 100000: è lecito attendersi qualche differenza dato che nell’universo sono presenti irregolarità locali come stelle, galassie ed ammassi di galassie. La temperatura di 2.7 K è il fondo, il rumore prodotto dal cielo privo di radiosorgenti, che stabilisce quindi un limite alla sensibilità per tutti i radiotelescopi.

Le pulsar

Nel 1968 si verificò uno straordinario avvenimento per la radioastronomia: la scoperta delle pulsar (Pulsating Radiosource: PSR) da parte di A. Hewish e Jocelyn Bell Burnell (nelle immagini) all’osservatorio di Cambridge. Nel 1965 Hewish iniziò la costruzione di un impianto, progettato per studiare le radiosorgenti compatte quasar analizzando il fenomeno della loro scintillazione prodotta dalla struttura irregolare del mezzo interplanetario. Mentre i ricercatori erano impegnati in questo lavoro notarono nelle loro registrazioni notevoli ed regolari fluttuazioni del segnale. Riuscirono ad evidenziare una serie di impulsi caratterizzati da regolare periodo di ripetizione e teoricamente generati da oggetti nella fase finale dell’evoluzione caratterizzati da un raggio compreso tra 10 e 50 Km e massa compresa fra circa 0.5 e 2 masse solari: si trattava delle pulsar (o stelle di neutroni). La larghezza degli impulsi della prima pulsar scoperta era dell’ordine di alcuni centesimi di secondo.  La durata Dt di un segnale e le dimensioni d dell’oggetto emittente sono legati dalla relazione: d µ c Dt dove c è la velocità della luce, la dimensione dell’oggetto risultava essere planetaria, dell’ordine di qualche migliaio di chilometri (paragonabile al diametro della Luna).  Questo fatto straordinario indusse a formulare l’azzardata ipotesi che i segnali fossero di natura artificiale, provenienti da qualche pianeta abitato da esseri intelligenti animati da desiderio di contatti interstellari. Con un misto di ironia e di convinzione le sigle assegnate alle prime quattro pulsar scoperte furono quindi LGM 1, 2, 3 e 4, dove LGM era l’abbreviazione di Little Green Man (piccolo uomo verde). Un esame più accurato dei segnali rivelò che essi trasportavano un’enorme quantità di energia, quasi inimmaginabile, il che rendeva poco plausibile l’idea di segnali artificiali inviati da civiltà extraterrestri. Le pulsar mostrano un’emissione di radiazione sotto forma di brevi impulsi che si ripetono ad intervalli regolari, specifici per ogni oggetto, compresi nell’intervallo di valori da 33 millisecondi a 3.75 secondi (il più breve è relativo alla pulsar della Crab Nebula, resto dell’esplosione di una supernova). Le pulsar ad oggi conosciute sono circa un migliaio.

 

Fonte: ftp://www.ira.inaf.it/pub/outgoing/varano/corso_aggiornamento_insegnanti/storia_radioastronomia_PC.doc

Sito web da visitare: ftp://www.ira.inaf.it/pub/outgoing/varano/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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