Biochimica del tessuto adiposo

Biochimica del tessuto adiposo

 

 

 

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Biochimica del tessuto adiposo

L’eccessivo accumulo di grasso viscerale e l’obesità sono riconosciuti fattori di rischio per l’insorgenza di malattie metaboliche e cardiovascolari, inclusi l’intolleranza al glucosio, la dislipidemia, l’iperinsulinemia, la resistenza all’insulina e l’aterosclerosi.
La distribuzione del grasso corporeo sembra essere molto importante e, in particolare, l’accumulo di grasso viscerale svolge un ruolo preponderante nello sviluppo della sindrome metabolica e della patologia cardiovascolare. Pazienti che presentato depositi eccessivi di grasso addominale possono essere considerati a rischio, anche se non propriamente obesi.
La gravidanza  è l’unico stato parafisiologico caratterizzato da iperfagia e cambiamenti nella composizione lipidica dell’organismo materno L’eccessivo peso materno prima della gravidanza aumenta il rischio di outcome avversi, come ad esempio il peso del neonato alla nascita, l’intolleranza glucidica e l’ipertensione gestazionale. Un recente studio, evidenzia che lo spessore del grasso viscerale correla con il rischio metabolico della gestante, in maniera maggiormente significativa rispetto al BMI della donna stessa. Secondo alcuni recenti dati, durante il corso della gravidanza si verifica un accumulo di grasso viscerale, maggiore rispetto a quello sottocutaneo, ed è molto più evidente durante il terzo trimestre di gestazione, finalizzato ad accumulo di energia per il futuro allattamento.
L’elevata parità si associa ad adiposità centrale, ed un eccessivo aumento di peso in gravidanza è associato ad outcome gravidici avversi  ed un rischio di obesità a lungo termine per la madre.
Sono stati proposti diversi metodi per la valutazione della distribuzione corporea del tessuto lipidico, ma attualmente non esiste un metodo standard da applicare alle donne in gravidanza.
La Tomografia computerizzata, considerata come “gold standard” per la valutazione della distribuzione del grasso corporeo, risulta troppo costosa e si serve di radiazione ionizzanti, rendendo inutilizzabile per ricerche su larga scala ed in particolare risulta controindicata in gravidanza. MRI è un altro valido metodo ma in questo caso la definizione del tessuto adiposo dipende dal settino dell’ “MRI-scanner” e risulta essere un metodo più costoso che efficace.
Un’altra semplice procedura come il calcolo del rapporto vita-fianchi è stata usato come indicatore del volume del grasso viscerale, ma non è in grado di discriminare il grasso viscerale da quello sottocutaneo e non può essere utilizzato in gravidanza.
La valutazione ecografica del tessuto adiposo appare come una tecnica riproducibile, efficace e poco costosa. Il protocollo proposto e già validato per la misurazione del grasso viscerale addominale, che utilizza la distanza a livello di L4 fra il m. retto e l’aorta, non può essere usato in gravidanza, a causa dell’aumento volumetrico dell’utero durante il II ed il III trimestre.
Considerando che il II e d il II trimestre rappresentano i periodi nei quali è maggiore il deposito di grasso, è necessario un metodo alternativo da applicare alle donne in gravidanza.
La misura del tessuto adiposo preperitoneale è stata descritta come attuabile in un solo studio. Il grasso epicardio è risultato strettamente correlato al grasso viscerale, e la dualità di questa misura è stata scientificamente descritta, ma non in donne in gravidanza.
Lo scopo dello studio è quello di valutare quale sia il metodo migliore per misurare ecograficamente l’accumulo di tessuto adiposo viscerale durante la gravidanza.

 

Bibliografia.

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  • INTRODUZIONE

L’accumulo eccessivo di tessuto adiposo e il conseguente stato di obesità sono associati ad un aumento della morbilità e della mortalità come fattore indipendente, in i quanto responsabili dello sviluppo di malattie metaboliche e cardiovascolari, quali  l'intolleranza al glucosio, la dislipidemia, l'iperinsulinemia, l’insulino-resistenza e aterosclerosi (1).
La distribuzione del grasso corporeo ed in particolar modo l'aumento di grasso viscerale di  deposito gioca un ruolo importante nello sviluppo della sindrome metabolica e delle malattie cardiovascolari (2, 3). I soggetti che presentano un incremento dei depositi adiposi nella regione del addominale  sono considerati a rischio, anche se non sono obesi.
Dal momento che innumerevoli studi epidemiologici dimostrano che l’alta morbilità e mortalità legate all’obesità siano causate dall’aumento del tessuto adiposo viscerale, risulta importante valutare ogni situazione che influenzi la deposizione di massa grassa addominale
La gravidanza è uno stato fisiologico unico caratterizzato da iperfagia, aumento ponderale e importanti modificazioni della composizione corporea della madre, compresi profondi cambiamenti nella  deposizione materna di tessuto adiposo sottocutaneo e viscerale. Un elevato peso materno  prima della gravidanza aumenta il rischio di problematiche gestazionali sia per la madre che per il feto quali aumentata abortività,  intolleranza ai carboidrati e diabete gestazionale l'ipertensione e pre-eclampsia, macrosomie fetali e distocie. Inoltre, un recente studio ha suggerito una migliore correlazione tra l’aumento dello  spessore del grasso viscerale in gravidanza con fattori di rischio metabolici rispetto all’aumento di Body Mass Index (BMI). Alcuni dati mostrano che durante la gravidanza vi è un maggior  accumulo di tessuto adiposo  viscerale rispetto al tessuto adiposo  sottocutaneo, e questo fenomeno  è più evidente durante il terzo trimestre, verosimilmente perché l’organismo materno tende ad accumulare un deposito energetico in previsione dell'allattamento futuro. L’aumento del numero di gravidanze è associato con un aumento dell’adiposità centrale, e l’elevato  incremento  di peso gestazionale è associato sia ad esiti avversi in gravidanza così come ad un aumentato  rischio di obesità a lungo termine per la madre.
Studi longitudinali riguardanti le modificazioni corporee delle donne in allattamento sembrano confermare una riduzione della massa grassa totale (7) (8) (9). Tali studi non prendono in considerazione eventuali modificazioni topografiche della deposizione e mobilizzazione del tessuto adiposo (grasso sottocutaneo vs viscerale). Solo un recente studio dimostra che vi è un aumento dei depositi di tessuto adiposo viscerale nelle donne durante l’ultimo trimestre di gravidanza che permane immutato nelle prime settimane dopo il parto in donne che allattano. Tale valutazione è stata effettuata tramite ultrasonografia e contestualmente è stato calcolato l’AFI (Abdominal Fat Index) (10) quale indice delle variazioni di tessuto adiposo viscerale.

 

  • Calle EE, Thun MJ, Petrelli JM, Rodriguez C, Heath CWJ, Body-mass index and mortality in a prospective cohort of US adults. New Engl J Med 1999; 341:1097-1105, MEDLINE
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  • Rooney BL, Schauber CW, Mathiason MA. Impact of perinatal weight change on long-term obesity and obesity related illnesses. Obstet Gynecol 2005;106:1349-1356.
  • Postpartum body composition changes in lactating and non lactating primiparas Chou      TW et al. Nutrition 1999 Jun; 15(6):481-4.
  • Breastfeeding and postpartum weight retention in color of Brazilian women Kac G et al. Am J Clin Nutr 2004, 79(3)_487-493.
  • Effect of infant feeding on maternal body composition Hatsu, McDougald, Anderson International breastfeeding Journal 2008, 3:18.
  • Longitudinal variance of fat mass deposition during pregnancy evaluated by ultrasonography: the ratio of visceral fat to subcutaneous fat in the abdomen Kinoshita T, Itoh M  Gynecol Obstet Invest. 2006;61(2):115-8. Epub 2005 Nov

 

II.a.   Obesità – considerazioni introduttive

L'obesità è una condizione clinica, ad eziopatologia poligenica e multifattoriale, caratterizzata da un eccesso della massa grassa corporea derivante da un aumento dell'introito calorico non proporzionato alle necessità energetiche corporee e senza una concomitante variazione del dispendio energetico, oppure da un rallentamento del metabolismo corporeo.
Obesità e sovrappeso sono condizioni associate a morte prematura e, ormai universalmente, riconosciuti come fattori di rischio per le principali malattie croniche come le malattie cardiovascolari, l’ictus, il diabete, alcuni tumori (endometriale, colorettale, renale, della colecisti e della mammella in post-menopausa), le malattie della colecisti, le osteoartriti.
Altri problemi di salute associati ad un eccesso di peso corporeo sono: ipertensione, ipercolesterolemia, apnea notturna e problemi respiratori, asma, aumento del rischio chirurgico, complicanze in gravidanza, irsutismo e irregolarità mestruali.
L’obesità si può definire come obesità “essenziale” o primitiva, quando non se ne conosce la causa, e obesità “secondaria”, quando sono note le cause.
In questo secondo gruppo annoveriamo le forme di obesità genetiche (sindrome di Down, Prader-Willi,…); neuroendocrine (piuttosto rare e legate ad una patologia della ghiandola ipofisi); endocrine (sono le più frequenti, per lo più correlate a stati di ipotiroidismo, ad aumento della funzionalità surrenalica, ad un deficit dell’ormone somatotropo); forme associate a condizioni psicogene (depressione, disturbi del comportamento alimentare) ed infine l’obesità secondaria all’assunzione di farmaci.
Nei paesi industrializzati circa la metà della popolazione è in sovrappeso e l’obesità risulta essere la seconda causa di morte prevenibile, dopo il fumo.
La prevalenza dell’ obesità è in aumento in tutti i paesi occidentali e, in Italia, negli ultimi dieci anni è aumentata del 50% soprattutto nei soggetti in età pediatrica e nelle classi socio-economiche più basse; rappresenta quindi, l’epidemia di più vaste proporzioni del terzo millennio e, al contempo, la più comune patologia cronica del mondo occidentale.
Clinicamente la classificazione più comunemente utilizzata per definire i diversi gradi di sovrappeso/obesità , elaborata dall'Organizzazione mondiale della sanità nel 1997 e pubblicata nel 2000, si basa sull' indice di massa corporea (BMI), dato dal rapporto tra peso espresso in Kg ed il quadrato dell'altezza in metri.
Il valore soglia del BMI per il sovrappeso è 25 e per l’obesità è 30, stabiliti in base al rischio di comorbidità, rispondendo quindi alla definizione data dall’Oms .

CLASSIFICAZIONE

BMI (Kg/m2)

 

Cut-off

Sottopeso

< 18,5

   Magrezza severa

<16

   Magrezza moderata

16 - 16,9

   Magrezza leggera

17 - 18,4

Normopeso

18,5 - 24.9

Sovrappeso

³ 25

   Pre-obesità

25 - 29,9

Obesità

³ 30

   I classe

30 - 34,9

   II classe

35 - 39,9

   III classe

³ 40

Tab.1Classificazione internazionale del sottopeso, sovrappeso e obesità nell’adulto, secondo il BMI (secondo OMS)
Alla determinazione del peso corporeo partecipano diverse componenti: la massa grassa, la massa magra e la massa ossea. Queste tre componenti sono distribuite in proporzioni diverse a seconda del tipo costituzionale, della razza, del sesso e dell'età.
Inoltre, anche la distribuzione del grasso corporeo è importante al fine del rischio di malattia: la distribuzione ginoide (a pera, con localizzazione prevalente a glutei e cosce) è a minor rischio di quella androide (a mela, distribuito prevalentemente sopra la vita).
Nello studio della massa grassa è importante andare a descrivere i vari compartimenti di deposizione del tessuto adiposo, in quanto ciascuno di essi assume un ruolo differente nell’ambito della comorbidità associata all’obesità.
Usualmente si fa riferimento ad un modello bi-compartimentale del tessuto adiposo corporeo: Tessuto sottocutaneo e Tessuto interno (viscerale: intraddomino-pelvico e intratoracico; non viscerale: intramuscolare ).
Il tessuto adiposo viscerale aumenta con l'età in entrambi i sessi, sia nei normopeso (BMI tra 18.5 e 24.9 Kg/m2) che negli obesi (BMI >30 Kg/m2), maggiormente negli uomini rispetto alle donne. La donna, durante l'età fertile, presenta una prevalenza del grasso addominale sottocutaneo rispetto al viscerale, mentre con la menopausa, si assiste ad una ridistribuzione del tessuto adiposo a favore del compartimento viscerale rispetto al sottocutaneo e ad un aumento del grasso addominale rispetto a quello gluteo-femorale. Tale ridistribuzione è dovuta ad un incremento sia assoluto che relativo dei depositi viscerali di grasso, in particolare nelle obese, correlato probabilmente con un'aumentata attività androgenica legata alla menopausa. L'uomo invece tende ad accumulare il grasso nei depositi viscerali nel corso dell'intera vita, in modo direttamente proporzionale all'età ed al BMI. Il dimorfismo sessuale nel modo di accumulare il grasso corporeo sembrerebbe spiegare il diverso rischio cardiovascolare tra uomo e donna; nella donna infatti la probabilità di sviluppare una patologia cardiovascolare o metabolica diviene, dopo la menopausa, paragonabile a quella dell'uomo. Tutto ciò è comprensibile, conoscendo il ruolo peculiare del tessuto adiposo viscerale nell'ambito del metabolismo lipidico. Gli adipociti viscerali presentano, rispetto a quelli addominali sottocutanei e del grasso gluteo-femorale, una elevata espressione ed attività dei recettori beta-adrenergici ad azione lipolitica, accanto ad una ridotta affinità dell'insulina per il suo recettore e ad un'alterata trasduzione del segnale. Questo quadro recettoriale facilita una maggiore attività lipolitica a carico del grasso viscerale rispetto a quello sottocutaneo, con conseguente aumentata immissione di acidi grassi liberi (FFA) nel sistema portale e nel fegato; gli FFA a loro volta stimolano la gluconeogenesi ed aumentano il rischio di insulino-resistenza.
Nelle donne gravide un BMI elevato, ed in particolar modo un indice pregravidico elevato, provoca un aumento del rischio di andare incontro all’insorgenza di una serie di patologie della gravidanza (diabete gestazionale, ipertensione gestazionale, preeclampsia), di complicanze ostetriche (poliamnios e rischio di parto pretermine, morte fetale, macrosomia fetale, diatocie d aparto, maggiore incidenza di tagli cesarei) e neonatali (traumi da parto, distress respiratorio, ipoglicemia neonatale), di conseguenze a lungo termine (insorgenza di sindrome metabolica, diabete mellito tipo 2, ipertensione cronica) tali da imporre all’ostetrico una maggiore sorveglianza della popolazione femminile obesa. L’obesità materna, non secondariamente, costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di obesità infantile e di patologie dismetaboliche ed ipertensive dell’età adulta.

 

 II.b Diagnostica dell’obesità.

Attualmente esistono varie metodiche per la misurazione della massa corporea e dei suoi costituenti. Tra gli indici antropometrici di più frequente utilizzo, il body mass index (BMI),  rappresenta la misura di più immediato impiego per definire l'eccesso di peso. Dal momento che l'obesità è però caratterizzata da un'eccessiva quota di grasso corporeo e non dal solo eccesso di peso, il BMI risulta essere una metodica poco accurata in quanto non discrimina tra massa grassa e massa magra.
Il rapporto tra la circonferenza della vita e dei fianchi (waist-hip ratio, WHR) è comunemente usato come indice di adiposità regionale e si misura in posizione eretta. Come sopra detto, esiste un dimorfismo tra i due sessi nella distribuzione regionale del tessuto adiposo (nell'uomo la circonferenza della vita è significativamente maggiore con valori più alti del rapporto WHR, in accordo con i maggiori accumuli di tessuto adiposo all'interno della cavità addominale) pertanto i valori soglia di WHR sono differenti e rispettivamente di 0.85 per la donna e di 0.95 per l'uomo. Il WHR insieme al BMI rappresenta l'indice antropometrico di più facile e rapido utilizzo nella pratica clinica per controllare gli effetti del tessuto adiposo sul profilo metabolico. Tuttavia BMI e WHR sono metodiche di valutazione della composizione corporea di tipo indiretto, ed in alcuni casi erronee ma che tuttavia permettono, anche a livello ambulatoriale, una diagnostica di primo livello. Molto utili risultano le indagini biochimiche di primo livello, quali il test da carico di glucosio con valutazione della insulinemia ogni 30 minuti ed il profilo lipidico.
Accanto alle suddette metodiche indirette, vi sono tecniche di imaging dirette, più sofisticate ed accurate, quali la DEXA, la RMN e la TAC, l’impedenziometria e l’ecografia.
La DEXA (Dual Energy X-Ray Absorptiometry) è nata alla fine degli anni 80 per la valutazione del contenuto minerale osseo (BMC) ed è stata successivamente perfezionata al fine di misurare la composizione dei tessuti soffici (grasso e magro). Si basa sulla capacità dei tessuti di attenuare un raggio fotonico a doppio livello energetico (70 e 140 kV), in base alla massa ed alla densità del tessuto attraversato. Attualmente la DEXA viene considerato un esame affidabile per la valutazione della composizione corporea per l'elevata sensibilità e riproducibilità nel quantificare massa magra e massa grassa, sia globalmente in tutto il corpo che analiticamente regione per regione; in tal senso la DEXA è estremamente utile per la valutazione della distribuzione del grasso corporeo e permette una accurata distinzione tra grasso addominale (androide) e gluteo-femorale (ginoide). E' inoltre una metodica che non presenta rischio radiologico, in quanto il raggio fotonico emesso dall'apparecchio è collimato e la dose di esposizione è minima (<1 mRem). Di conseguenza è un'indagine che può essere ripetuta frequentemente anche al fine di controllare, in maniera ravvicinata, l'andamento della composizione corporea.
La RMN e la TAC, rispetto alla DEXA offrono il vantaggio di poter discriminare tra grasso sottocutaneo e grasso viscerale, e di quantificare la quota di tessuto adiposo che meglio correla con il rischio cardiovascolare e metabolico, ovvero il grasso viscerale. Quando è possibile effettuare misurazioni multiple di varie sezioni corporee sullo stesso soggetto si può calcolare il volume dei tessuti misurati, in particolare del tessuto adiposo, e risalire, assumendo valori standard di densità,  alla composizione corporea. In caso di misurazione unica il sito migliore per predire il grasso corporeo totale risulta essere il livello corrispondente alle vertebre L4-L5. Tutto questo a fronte però dell'alto costo, di lunghi tempi di scansione  (causa di possibili artefatti dovuti a movimenti involontari da parte del paziente) e dell’esposizione ad un rischio radiologico non trascurabile (per quanto riguarda la TAC). Ciò costituisce una forte limitazione e ne impedisce l'uso ripetuto ai fini della misurazione della composizione corporea.
Un’altra tecnica ampiamente utilizzata per lo studio dei tessuti corporei è l’impedenziometria. Una metodica non invasiva ed affidabile che, utilizzando degli elettrodi in precise sedi corporee ed un computer, determina la valutazione della composizione corporea (stima il contenuto di  acqua, sia intra- che extracellulare, di massa magra e di massa grassa dell’organismo), in base al principio della resistenza che un tessuto oppone al passaggio di frequenze elettriche a differenti intensità, misurate in KHz. Grasso, muscoli ed acqua hanno diversi indici di resistenza e la loro quantità è quindi misurabile con precisione. L’impedenziometria stima la composizione corporea basandosi sul principio fisico della diversa conduzione elettrica dei tessuti, in relazione al loro contenuto di acqua ed elettroliti. La conduzione di una corrente elettrica risulta infatti molto più elevata nella massa magra rispetto al tessuto adiposo. Applicando al corpo una debolissima corrente elettrica e rilevando l’impedenza presentata dal corpo stesso al passaggio di tale corrente, è possibile calcolare il contenuto di acqua corporea totale (TBW). Assumendo quindi un fattore di idratazione costante è possibile ricavare dal valore di TBW la quantità di massa corporea magra (FFM) e grassa (FM). I vantaggi di tale tecnica sono la facilità d’uso, l’assoluta non invasività e la velocità di misurazione.  Le limitazioni del metodo riguardano le situazioni con variazioni dell’idratazione corporea e/o della concentrazione elettrolitica.
Studi recenti hanno mostrato come l’ecografia possa essere una metodica utile ed estremamente efficace per studiare la distribuzione regionale del tessuto adiposo, potendo essere utilizzata in tutta tranquillità anche nelle donne fertili e gravide.
La valutazione ultrasonografica del tessuto adiposo viscerale può essere fatta attraverso due differenti approcci e diverse metodiche:

  •  Spessore intraddominale (diverse varianti)
  •  Grasso preperitoneale
  •  Grasso epicardico

 

Fonte: http://www.openarchive.univpm.it/jspui/bitstream/123456789/455/1/Tesi.Abs.Montik.doc

Sito web da visitare: http://www.openarchive.univpm.it

Autore del testo: Montik

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