Chimica organica

Chimica organica

 

 

 

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Chimica organica

Chimica delle Sostanze Organiche Naturali

 


Il materiale presente in queste dispense è tratto da:

 

 

P. M. Dewick

Chimica biosintesi e bioattività delle sostanze naturali

Edizione italiana

Piccin 2001

 

 

Clayden, Greeves, Warren, Wothers

Organic Chemistry

Oxford University Press 2001

 

 

K. B. G. Torssell

Natural Product Chemistry

John Wiley & Sons 1983

 

 

K. C. Nicolau, E. J. Sorensen

Classics in Total Synthesis

VCH 1996

 

 

J. R. Hanson

Natural products

Tutorial Chemistry Text

The Royal Society of Chemistry 2003

Tutti gli organismi hanno bisogno di sintetizzare e trasformare un gran numero di composti organici per poter vivere, crescere e riprodursi. Essi devono procurarsi energia sotto forma di ATP e rifornirsi delle materie prime per costruire i propri tessuti. A questo scopo utilizzano una serie di reazioni chimiche mediate da enzimi ed accuratamente regolate, che nel loro insieme sono chiamate metabolismo intermedio. Alcune delle molecole fondamentali per la vita sono i carboidrati, le proteine, i grassi e gli acidi nucleici e, a parte i grassi, tutti questi composti sono polimerici. La capacità degli organismi di sintetizzare e trasformare sostanze chimiche è molto varia. Per esempio le piante sono molto efficienti nel sintetizzare, mediante fotosintesi, composti organici da materiali inorganici presenti nell’ambiente, mentre altri organismi come gli animali od i microrganismi ottengono le loro materie prime dalla dieta. Per questo molte vie metaboliche riguardano la degradazione del materiale assunto come cibo producendo dei “mattoni molecolari” più semplici, mentre altri processi sono richiesti successivamente per sintetizzare molecole specializzate dai “mattoni” metabolici così ottenuti.

Nonostante le caratteristiche estremamente varie degli organismi viventi, le vie per modificare e sintetizzare carboidrati, acidi nucleici e proteine sono essenzialmente le stesse in tutti gli organismi, a parte piccole variazioni. Questi processi che dimostrano la sostanziale unità di tutta la materia vivente sono descritti nel loro insieme come metabolismo primario ed i composti che sono compresi in queste vie sono chiamati metaboliti primari.

In contrasto con le vie metaboliche primarie, che sintetizzano, degradano e più in generale trasformano composti presenti in tutti gli organismi, esiste anche una parte del metabolismo che riguarda composti con una distribuzione in natura molto più limitata. Questi composti, chiamati metaboliti secondari, si trovano solo in specifici organismi o gruppi di organismi e sono espressione dell’individualità della specie. I metaboliti secondari non sono necessariamente prodotti in tutte le condizioni e nella stragrande maggioranza dei casi non sono ancora noti né la funzione di questi composti né i vantaggi che essi apportano all’organismo che li produce. Alcuni sono prodotti per ragioni facilmente comprensibili, ad esempio composti tossici che forniscono protezione contro la predazione, composti volatili che servono come attrattori verso la stessa od altra specie, composti che fungono da coloranti. E’ comunque logico pensare che tutti i metaboliti secondari abbiano un ruolo importante per il benessere dell’organismo che li produce. È proprio l’area del metabolismo secondario che fornisce la maggior parte delle sostanze naturali farmacologicamente attive.

Una buona definizione di metabolita secondario è la seguente: “non-nutritional chemicals controlling the biology in other species in the environment or in other words secondary metabolites play a prominent role in the co-existence and co-evolution of other species”. Ogni organismo ha adattato la produzione di metaboliti alle sue condizioni di vita e questa produzione non può essere casuale.

I metaboliti secondari prodotti nelle piante e negli animali hanno un forte controllo sul comportamento di altri individui od altre specie. È stato possibile individuare diversi tipi di controllo chimico applicato alla lotta per la sopravvivenza:

1. attrazione sessuale (maschio-femmina)

È l’esempio più noto. Nel 1954 è stato isolato il primo feromone, il bombicolo, dalla femmina del baco da seta, bombyx mori.

 

Il potere di segnalazione di questi attrattori sessuali è elevatissimo. Il materiale prodotto da una singola femmina può essere percepito, in condizioni di vento favorevole, fino a diversi chilometri di distanza. Il maschio reagisce a livelli di concentrazione di circa 100 molecole per cm3. E’ ovvio che un sistema di richiamo così efficace debba essere anche estremamente selettivo.

Questa efficacia e selettività consente di utilizzare questi composti anche per il controllo della popolazione di un certo insetto. Lo scarafaggio Ips typographus causa notevoli danni nelle pinete della Scandinavia, ma è attratto da un semplice monoterpene, il verbenolo, che può essere usato per attirare l’insetto in trappole predisposte.

La “sostanza della regina” è anch’essa un feromone sessuale che controlla le api operaie e la costruzione della cella della regina

 

2. feedants, antifeedants, repellenti e tossine (animali-piante, animali)

La farfalla cavolaia (Pieris brassicae) ha  sviluppato il gusto per uno specifico composto, la sinigrina, presente nel cavolo, che funziona da attrattore e ne stimola la nutrizione (feedant).

 

Questo stesso composto funziona da repellente ed è tossico per molti altri insetti. Il vantaggio per la farfalla è che non deve competere per il cibo con altre specie ma non si vede il vantaggio per la pianta. Alcuni insetti si sono adattati ad alcune tossine e le usano a proprio vantaggio. Ad esempio la farfalla monarca si nutre, fin dal suo stato larvale, di alcuni milkweeds ricchi di cardenolidi (vedi capitolo steroidi). Queste tossine si accumulano nel bruco e successivamente nella farfalla. In questo modo un solo individuo adulto può indurre un violento vomito in un uccello predatore che eviterà di ripetere la cattura.

 

3. difesa ed allarme (animali)

Tipico è l’esempio della puzzola che produce mercaptani come sistema di difesa.

 

È noto che formiche sotto stress producono per difesa acido formico. Questo è anche un segnale di allarme per il resto della colonia.

4. sviluppo, metamorfosi, soppressione della crescita (animali-piante, animali, piante)

Un tipo di salvia californiana produce monoterpeni, 1,8-cineolo e canfora, come inibitori della crescita di altre piante e per questo è sempre circondata da una zona di terreno nudo.

 

Durante la stagione delle piogge queste sostanze sono maggiormente dilavate dalla pianta e questo porta ad una riduzione dell’area libera attorno ad essa.

5. comportamento sociale

Sempre messaggi chimici sono alla base del comportamento di termiti per quanto riguarda la costruzione del nido, di api per la delimitazione del proprio territorio, di formiche per il riconoscimento del cammino eseguito. L’ipsidienolo è il feromone di aggregazione di un tipo di coleottero.

 

La distinzione tra metaboliti primari e secondari lascia una zona grigia di confine per cui alcune sostanze potrebbero appartenere ad entrambe le categorie. Un esempio sono gli acidi grassi e gli zuccheri: la maggior parte di essi sono descritti come metaboliti primari, ma alcuni di loro sono molto rari e presenti solo in alcune specie. Analogamente, la biosintesi di steroidi produce una vasta gamma di strutture molto diffuse, ma alcuni steroidi, spesso dotati di attività farmacologica, sono presenti solo in alcuni tipi di organismi. La divisione è quindi per certi versi convenzionale e lascia spazio a sovrapposizioni.

I metaboliti secondari, con alcune eccezioni, sono presenti in quantità inferiori allo 0.01% del peso secco dell’organismo. L’estratto di 1 Kg di sostanza secca può contenere fino a 100 mg di un prodotto naturale che spesso può essere instabile o far parte di miscele particolarmente complesse. L’organismo deve essere identificato in modo preciso, perché all’interno della specie vi possono esser chemotipi con composizioni diverse. Per quanto riguarda le piante, alcuni composti possono essere presenti solo nella corteccia o nelle radici, foglie, fiori o frutti. Alcuni prodotti poi hanno un ciclo stagionale. Per tutti questi motivi dovrebbe essere registrata la parte della pianta utilizzata, il tipo di pianta, il luogo di origine e la data di raccolta.

Prodotti naturali possono essere ottenuti da materiale sminuzzato per estrazione con solventi quali etere di petrolio, cloroformio, acetato di etile, metanolo. L’estrazione può essere fatta più volte utilizzando solventi sempre più polari. In questo modo materiale lipidico (cere, acidi grassi, steroli, carotenoidi e terpeni) può essere estratto con etere di petrolio, mentre sostanze più polari come i glicosidi e gli alcaloidi devono essere estratti con metanolo, o addirittura con H2O. L’estrazione iniziale viene in genere eseguita da una separazione in frazione acida, basica e neutra come esemplificato nello schema seguente.

 

Nonostante alcuni prodotti più abbondanti possano essere ottenuti semplicemente per estrazione o cristallizzazione, la maggior parte deve essere isolata dopo un attento processo di purificazione, per lo più cromatografico. Il passo successivo è la determinazione strutturale che consiste in diversi passaggi.

Caratterizzazione:                                         determinazione delle caratteristiche chimico-fisiche, la formula molecolare ed i diversi gruppi funzionali

Determinazione scheletro carbonioso:          Utilizzo tecniche spettroscopiche e trasformazioni chimiche.

Determinazione della posizione dei

gruppi funzionali e della stereochimica

relativa:                                                          Utilizzo tecniche spettroscopiche

Determinazione della stereochimica

assoluta:                                                         Alcune tecniche spettroscopiche, raggi X, sintesi totale.

 

L’ultimo passaggio, la determinazione della stereochimica assoluta, è probabilmente il più complesso. Per quanto le tecniche di indagine spettroscopica siano strumenti indispensabili ed efficaci per l’analisi strutturale, a volte non è possibile risolvere il problema in modo definitivo se non ricorrendo alla sintesi totale del prodotto naturale. Ancora oggi si possono trovare in letteratura lavori in cui la sintesi totale di un metabolita secondario ha consentito di correggere una struttura assegnata erroneamente.

 

Individuazione della sequenza metabolica

Per milioni di anni la natura ha raffinato la sua capacità sintetica e vi è un forte desiderio, e necessità, da parte dei chimici di individuare le modalità con cui la natura costruisce e degrada le sue molecole. Inizialmente risultati accidentali contribuirono alla delucidazione di passaggi intermedi. Knoop postulò fin dal 1904 che la degradazione degli acidi grassi avvenisse attraverso una b-ossidazione che avrebbe portato alla produzione di acido acetico, cioè la catena sarebbe stata tagliata di due atomi per volta. Acidi grassi con un gruppo aromatico terminale ed a numeri pari di atomi carbonio vengono metabolizzati e recuperati dalle urine come acido fenilacetico mentre acidi con numero di carboni dispari danno l’acido benzoico. All’incirca negli stessi anni (1907) Collie postulò che la reazione inversa, condensazione dell’acetato tipo Claisen, fosse all’origine di molti derivati fenolici presenti in natura. Normalmente gli intermedi di una via biosintetica sono presenti ad una bassa concentrazione dello stato stazionario, ma durante una malattia si può avere un accumulo di un intermedio. Ad esempio un sintomo del diabete è la grande quantità di acetoacetato che appare nel sangue e nelle urine che lo indica come prodotto di degradazione dall’ossidazione di acidi grassi.

Studi nutrizionali su organismi sani possono indicare l’inizio e la fine di un processo metabolico ma non possono dare informazioni sugli stadi intermedi. Un vero progresso si è avuto con lo studio di organismi geneticamente alterati, i cosiddetti mutanti, e con l’introduzione di composti isotopicamente marcati.

Microrganismi mutanti possono sorgere spontaneamente o possono essere prodotti per azione di agenti chimici o di radiazioni (raggi x, UV). Se la lesione così causata non è letale spesso accade che un solo gene viene danneggiato, cioè la cellula è incapace di produrre uno specifico enzima. Un danno nel metabolismo primario posta alla inibizione della crescita. Più difficile è metter in risalto un danno nel metabolismo secondario, poiché questi prodotti non sono essenziali per lo sviluppo dell’organismo, ma il principio alla base è lo stesso.

Supponiamo di studiare la sequenza essenziale A→E. L’organismo sano può completare l’intera sequenza ed A è necessario per la crescita. Nel mutante 1 il passaggio D→E è bloccato, D si accumulerà e la crescita può essere sostenuta solo aggiungendo E al nutriente. Nel mutante 2 il composto C si accumulerà e l’aggiunta di D od E riporterà la normale attività dell’organismo. Nel mutante 3 B→C è bloccato, ma non necessariamente B si accumulerà poiché B può, magari, essere il substrato di un altro enzima che porterà ad altri metaboliti F o G. Inoltre il filtrato del terreno di coltura di 1 può sostenere la crescita di 2 ma non viceversa. La via dell’acido shikimico è stata analizzata per gran parte da Davis usando mutanti dell’escherichia coli.

Organismo sano                     A         →        B         →        C         →        D         →        E

Mutante 1                               A         →        B         →        C         →        D         no        E

Mutante 2                               A         →        B         →        C         no        D         →        E

Mutante 3                               A         →        B         no        C         →        D         →        E

                                                                                   ↓

                                                                                   F          →        G

Un metodo estremamente potente è l’uso di isotopi. Le ricerche fondamentali sono state fatte utilizzando isotopi radioattivi 3H, 14C, 32P, ma in anni più recenti è stata la spettroscopia 13C-NMR ad essere la più impiegata.

I mattoni biosintetici

I mattoni biosintetici per i metaboliti secondari derivano da metaboliti primari. I metaboliti provenienti da processi fondamentali quali la fotosintesi, la glicolisi ed il ciclo di Krebs possono essere allontanati dai processi di generazione dell’energia ed originare intermedi biosintetici.

 

Un altro grafico che può dare l’idea della relazione tra metabolismo primario e secondario può essere il seguente tratto da Clayden.

 

 Il numero di mattoni necessari è sorprendentemente piccolo e, come con i giochi delle costruzioni, una grande varietà di oggetti può essere costruita con un limitato numero di mattoni base. Metaboliti secondari possono essere sintetizzati combinando molti mattoni biosintetici dello stesso tipo, oppure usando una miscela di mattoni biosintetici diversi. Questo accresce la varietà strutturale. I più importanti mattoni biosintetici sono quelli riportati nello schema seguente.

 

Ovviamente l’elaborazione ed il collegamento dei diversi mattoni biosintetici avviene in reazioni per lo più catalizzate da enzimi ma che possono sempre essere descritte in termini di reattività chimica. Di volta in volta cercheremo di approfondire la descrizione della reattività dei diversi mattoni biosintetici e delle reazioni interessate.

VIA DELL’ACETATO: I POLICHETIDI

 

I polichetidi costituiscono una cospicua classe di prodotti naturali raggruppati sulla base della loro comune biosintesi. Tutti derivano da b-polichetoni formatisi per condensazione di molecole di acido acetico (C2).

n CH3CO2H  → CH3(COCH2)n-1CO2H

I metaboliti formatisi mediante questa via biogenetica  sono gli acidi grassi, composti poliacetilenici e le prostaglandine, ma anche gli antibiotici macrolidici ed i molti composti aromatici come gli antrachinoni e le tetracicline.

La formazione di una catena b-polichetonica può essere immaginata come una serie di reazioni di Claisen. Si può immaginare che due molecole di acetil-coA diano luogo ad una condensazione di Claisen formando l'acetoacetil-coA, e la ripetizione per n volte di questa reazione genera un b-polichetotioestere.

 

Un modello di questo tipo è però impreciso. E’ infatti noto che l’agente nucleofilo  nella reazione di Claisen è il malonil-SCoA secondo il meccanismo descritto nello schema seguente.

 

Appare evidente il vantaggio dell’uso di un derivato del’acido malonico in questa condensazione di Claisen. Questo reagente è infatti molto più reattivo e la concomitante decarbossilazione fa sì che il protone che viene perso sia quello dell’acido carbossilico e non uno legato all’atomo di C, processo decisamente più facile.

Il poli-b-chetotioestere così formato può andare incontro ad una diversa sequenza di reazioni a seconda che si debba formare un polichetide aromatico oppure un acido grasso. Nel primo caso il processo di allungamento della catena continua, generando una catena poli-b-chetidica altamente reattiva, stabilizzata dalle interazioni con la superficie dell'enzima. Per quanto riguarda gli acidi grassi, il gruppo carbonilico viene ridotto prima della successiva condensazione con un'altra molecola di malonil-coA. Nella sintesi di macrolidi sono invece possibili parziali riduzioni.

Acidi grassi

Nella biosintesi degli acidi grassi un ruolo importante è svolto dall'enzima acido grasso sintetasi che negli animali è un unica proteina multifunzionale contenente tutti i siti catalitici, mentre nei batteri e nelle piante diversi enzimi operano le stesse reazioni.

La biosintesi avviene attraverso il meccanismo riportato a fianco (tratto da Lehninger). L’enzima acido grasso sintetasi è schematizzato in grigio. Il gruppo acetilico è legato ad un residuo di cisteina mentre il residuo di acido malonico è legato ad una proteina (ACP acyl carrier protein) che forma un complesso con l’enzima. La successiva reazione di Claisen trasforma il malonil-ACP in acetoacetil-ACP che viene ridotto al corrispondente b-idrossi estere consumando NADPH. La reazione è stereospecifica così che si forma solo l'enantiomero R. La successiva eliminazione di H2O porta alla formazione dell'acil-ACP a-b insaturo con stereochimica E. Nuovamente NADPH riduce il doppio legame fornendo l'acil-ACP saturo che costituisce il materiale di partenza per un nuovo ciclo di reazioni dopo essere stato trasferito sul residuo di cisteina. Ad ogni ciclo si ha l'allungamento della catena dell'acil-ACP di 2 atomi di C. A questo punto l'acil-ACP può essere rilasciato dall'enzima sotto forma di acil-coA o come acido libero. Nello schema successivo viene mostrata la biosintesi dell’acido palmitico (ripresa da Lehninger).

Una volta raggiunta la lunghezza di 16 atomi di C (acido palmitico) l’accrescimento della catena si ferma e la catena viene espulsa dall’enzima.

Questa combinazione di unità acetato porta alla formazione di acidi lineari con un numero pari di atomi di carbonio.

Acidi grassi a catena con n° dispari di atomi di C si possono formare da acido propionico che sostituisce l'acetato.


BUTIRRICO                         C4

CAPRONICO                        C6

CAPRILICO                          C8

CAPRICO                             C10

LAURILICO                         C12

MIRISTICO                          C14

PALMITICO                         C16

STEARICO                           C18

ARACHIDICO                      C20

BEHENICO                          C22

LIGNOCERICO                    C24

CEROTICO                           C26

MONTANICO                      C28

MELISSICO                          C30


I principali grassi naturali sono i trigliceridi, ossia esteri del glicerolo con acidi grassi. Questi prendono il nome di grassi se solidi o di oli, se liquidi.

Si parla di trigliceridi semplici se i tre acidi sono uguali, misti se diversi. La maggior parte dei grassi e degli oli naturali sono composti principalmente da trigliceridi misti. I trigliceridi si formano a partire da glicerolo 3-fosfato mediante esterificazione con Acil-CoA

 

1,2-diacilglicerolo-3-fosfato prende anche il nome di acido fosfatidico e costituisce lo scheletro dei fosfolipidi. In questi composti il fosfato è esterificato con colina, etanolammina, serina.

 

A questo punto possiamo fare alcune valutazioni di carattere chimico legate alla natura dei composti coinvolti nella biosintesi di acidi grassi. Una prima domanda può essere: perché sono coinvolti tioesteri piuttosto che esteri?

La principale differenza con i normali esteri è che i doppietti di non legame dell’atomo di zolfo sono in orbitali 3p. Questi orbitali sono troppo estesi per sovrapporsi in modo efficace con l’orbitale 2p posto sull’atomo di carbonio del gruppo carbonilico. Per questo motivo vi è una minore coniugazione.

 

Questa differenza influenza tutti e tre gli stadi della condensazione di Claisen nello stesso modo. I  tioesteri sono più facilmente convertiti nei loro enolati, sono più facilmente attaccati da nucleofili e l’anione RS- è un miglior gruppo uscente di RO-

Queste proprietà possono essere sfruttate anche in processi chimici utilizzando tioesteri in condensazioni di Claisen

 

Il tioestere derivante dall’acido adipico subisce una condensazione di Claisen a temperatura ambiente, in condizioni più blande ed una resa superiore rispetto al corrispondente diestere.

E’ possibile spingere ancora più in là questo parallelo tra biosintesi e sintesi eseguendo la condensazione di Claisen in condizioni neutre utilizzando reagenti specifici: il sale di Mg del malonato mono-tioestere come nucleofilo ed una imidazolide come elettrofilo.

 

Semplicemente mescolando a temperatura ambiente i due reagenti si ottiene in modo efficace il prodotto finale. L’uso della imidazolide è legato al valore di pKa dell’imidazolo (7). Questo fa sì che l’anione dell’imidazolo sia un ottimo gruppo uscente e che l’imidazolide sia un forte elettrofilo. L’imidazolide può essere preparata da un acido carbossilico ed il carbonil diimidazolo

 

Acidi grassi insaturi

Gli acidi grassi insaturi possono essere sintetizzati attraverso più di una via biogenetica ma nella maggior parte degli organismi essi sono formati per deidrogenazione dei corrispondenti acidi grassi

La maggior parte degli eucarioti possiede una D9-desaturasi che catalizza la formazione di un doppio legame cis in un acido grasso saturo richiedendo NADPH ed ossigeno come cofattori. Il meccanismo non è del tutto chiarito.

Il tioestere dell'acido stearico (C18) è l'acido grasso di partenza che, dopo deidrogenazione, viene trasformato in acido oleico (individuato anche come 18:1 (9c), sotto forma di CoA è utilizzato da animali e funghi ed in forma di ACP dalle piante.

 

La posizione dei doppi legami successivi dipende dall'organismo interessato. Nei non mammiferi (in primo luogo batteri e piante), gli enzimi catalizzano l'introduzione di un ulteriore doppio legame tra quello già esistente ed il terminale metilico e quindi si ha la trasformazione in linoleico ed a-linolenico.

 

Si può notare come i nuovi doppi legami introdotti nei diversi passaggi non siano coniugati ma vi sia sempre un gruppo metilenico ad interrompere la coniugazione. Questa caratteristica è comune a tutti i principali acidi grassi insaturi.

Invece nei mammiferi il nuovo doppio legame viene formato verso la funzione carbossilica e quindi l'oleato viene trasformato in D6,9 octadienoato.

 

Gli animali però necessitano di linolenato per sintetizzare il di-omo-g-linolenato (20:3, D8,11,14, eicosatrienoato) e l'arachidonato (20:4, D5,8,11,14) precursori delle prostaglandine della serie uno e due.

L'acido linoleico deve quindi essere introdotto con la dieta e successivamente deidrogenato verso il terminale carbossilico per ottenere il gamma-linolenico che viene utilizzato per estendere la catena.

Anche l'a-linolenico deve essere introdotto con la dieta ed è il precursore dell'EPA che è precursore delle prostaglandine della serie tre. Linoleico, DHA e EPA sono gli acidi grassi omega-3.

Nella figura seguente è riportata una tabella riassuntiva dei diversi passaggi biosintetici:

 

 


Tra i derivati degli acidi grassi insaturi troviamo l'acido ricinoleico, ottenuto per ossidrilazione diretta, in posizione 12 dell'acido oleico (di solito esterificato sotto forma di fosfolipide da una ossidasi O2 e NADPH dipendente. E’ il componente principale dell’olio di ricino.

 

Per successive deidrogenazioni di prodotti insaturi si ha la formazione di composti contenenti uno o più tripli legami.

 

Questi composti sono largamente diffusi in natura. Alcuni sono molto instabili ed addirittura esplosivi. Mentre gli acidi grassi con molti doppi legami tendono a formare sistemi non coniugati, al contrario molecole con tripli legami tendono a formare sistemi coniugati

Acidi grassi ramificati

Vari esempi di acidi grassi ramificati sono stati individuati nei mammiferi.

Una catena laterale metilica può essere introdotta utilizzando metilmalonil-CoA che deriva dalla carbossilazione, biotina dipendente, dell'acido propionico.  Ad esempio l'acido 2,4,6,8 tetrametildecanoico viene biosintetizzato a partire da una unità di acetato e quattro di metilmalonil-SCoA.

 

In altri casi una unità metilica può essere introdotta mediante un meccanismo di C-alchilazione usando S-adenosilmetionina (SAM). L'acido turbeculostearico (isolato dal bacillo della tubercolosi) deriva dall'acido oleico per alchilazione al C10. E’ possibile ipotizzare che si formi un intermedio carbocationico, il quale può accettare un idruro dal NADPH  dando luogo all'acido tuberculostearico. In alternativa , la perdita di un protone con la formazione di un anello ciclopropanico può dar luogo alla formazione dell'acido diidrosterculico. Questo acido viene deidrogenato ad acido sterculico. Quest'ultimo si trova nell'olio di semi di alcune piante. E' un inibitore della D9-desaturasi, l'enzima che converte l'acido stearico in oleico ed è potenzialmente pericoloso per l'uomo.

 

Prostaglandine

Gruppo di acidi grassi a venti atomi di carbonio isolati per la prima volta dallo sperma umano. Inizialmente si riteneva che fossero secrete dalla prostata, adesso si sa che sono diffuse nei tessuti animali ma solo in piccole quantità ed è dimostrato che esse hanno molteplici attività. Sono attive a concentrazioni molto basse, simili a quelle ormonali e regolano la pressione sanguigna, la contrazione della muscolatura liscia, la secrezione gastrica e l'aggregazione piastrinica. A differenza degli ormoni non circolano con il flusso sanguigno, né vengono accumulate in alcuni tessuti, ma vengono prodotte localmente in caso di necessità, svolgono un ruolo dipendente dal tessuto in cui vengono prodotte e successivamente vengono disattivate attraverso un metabolismo molto rapido

Lo scheletro base è quello di un acido grasso a venti atomi di carbonio contenente un anello ciclopentanico, una catena laterale C7 con funzione carbossilica ed una C8 con il terminale metilico. Sono biosintetizzate da tre acidi grassi essenziali:

 

Lo scheletro base delle prostaglandine è l'acido prostanoico.

 

La nomenclatura semisistematica è basata sui sostituenti presenti sull'anello a 5 termini, a cui ci si riferisce con una lettera, mentre il numero dei doppi legami nelle catene laterali è indicato da un numero riportato in pedice. Una lettera a o b (sempre in pedice) indicano la configurazione al C9: a sotto il piano (naturale) b sopra il piano.

 

Lo scheletro prostaglandinico è particolarmente poco stabile a pH al di fuori dell’intevallo 5-8, per questo motivo sono stati spesso ritrovati anche composti insaturi come PGA, PCB e PGC che non sono naturali ma artefatti dovuti al processo di isolamento

La biosintesi delle prostaglandine avviene tramite il meccanismo sotto descritto.

 

Il primo passaggio è una estrazione di un atomo di idrogeno da una posizione allilica da parte dell’ossigeno. L’atomo rimosso è tra due doppi legami così che il radicale risultante è doppiamente allilico. Questo radicale allilico cattura una molecola di ossigeno al C11 per formare un nuovo ossiradicale. La reazione avviene ad un estremo del sistema allilico così che il prodotto è un diene coniugato ed il nuovo doppio legame è E.

 

A questo punto l’intermedio subisce una elaborata modifica dovuta all’addizione dell’ossiradicale al C9 (è su un doppio legame)e quindi una seconda addizione sul diene precedentemente formato.

 

Tre nuovi centri stereogenici vengono formati in questa ciclizzazione e tutti sono sotto il controllo sia del centro già presente sia dal modo in cui la molecola si ripiega sotto l’influenza dell’enzima.  A questo punto il radicale allilico reagisce con ossigeno per dare l’idroperossido PGG2, estremamente instabile (tempo di dimezzamento a pH=7 di circa 5 minuti)

 

Successivamente il gruppo perossidico viene ridotto per dare la prostaglandina PGH2 che successivamente subisce la rottura omolitica del legame perossidico. Questo intermedio è fondamentale per la biosintesi di diversi derivati.

 

La migliore evidenza per questo meccanismo è fornita da un esperimento con O2 marcato. Se viene fornita, al microrganismo che produce PGF2a, una miscela di 16O2 ed 18O2, la prostaglandina prodotta avrà, come evidenziato dallo spettro di massa, entrambi gli atomi di ossigeno dei gruppi ossidrilici sull’anello ciclopentanico come 16O o come 18O, ma mai misti, a dimostrazione che entrambi derivano dalla stessa molecola.

L’enzima che catalizza questa trasformazione, la cicloossigenasi, è un importante bersaglio. Inibire le prostaglandine vuol dire intervenire su processi infiammatori. Un inibitore della cicloossigenasi è l’aspirina (acido acetilsalicilico). Il problema è che le prostaglandine regolano anche la secrezione di succhi gastrici e quindi un eccesso di aspirina può portare all’ulcera. L’inibizione avviene in seguito alla acetilazione selettiva di un residuo di serina presente nell’enzima. I corticosteroidi (cortisone) invece funzionano da antinfiammatori perché bloccano il rilascio di acido arachidonico dai fosfolipidi di riserva.

Appare quindi evidente il ruolo fondamentale svolto dagli acidi grassi essenziali, acido linolenico ed a-linolenico assunti con la dieta.  Senza una fonte di acido arachidonico o di composti che possono essere trasformati in esso, la sintesi delle prostaglandine è bloccata e ciò può provocare notevoli danni metabolici. E’ necessario un costante rifornimento di precursori delle prostaglandine poiché esse vengono di continuo sintetizzate e poi disattivate. La degradazione delle prostaglandine avviene o per ossidazione dell’ossidrile in posizione 15 a gruppo carbonilico od in seguito a riduzione del doppio legame fra il carbonio in posizione 13.

Come già riportato precedentemente, l’intermedio diradicalico è importante per la sintesi di più composti naturali facenti parte, insieme alla prostaglandine, del gruppo degli eicosanoidi, in quanto tutti caratterizzati da una catena a 20 atomi di carbonio.

 

Mentre l’ossiradicale in posizione 11 viene spento a formare un gruppo ossidrilico, quello in posizione 9 ciclizza sul doppio legame tra i carboni C5 e C6 a formare un nuovo anello tetraidrofuranico fuso con l’iniziale anello ciclopentanico. Il radicale così ottenuto viene spento per perdita di un atomo di idrogeno dando origine alla prostaciclina PGI2. Questo composto riduce la concentrazione di ioni calcio ed è efficace nell’abbassare la pressione sanguigna ed inibire l’aggregazione piastrinica. E’ utilizzato per inibire la coagulazione sanguigna durante la dialisi renale, ma la sua breve emivita (circa 3 minuti) richiede una continua somministrazione per via endovenosa. L’elevata instabilità è legata alla presenza di un gruppo enoletere che viene facilmente idrolizzato a formare la 6 cheto prostaglandina F1a.

 

L’Iloprost, un analogo carbociclico, per la sua maggiore stabilità può essere adoperato nel trattamento delle malattie trombotiche.

Lo stesso intermedio diradicalico visto precedentemente, derivante dalla PGH2, può subire ancora una diversa trasformazione.

 

Attraverso il riarrangiamento radicalico sopra descritto si ha la formazione del trombossano A2 (TXA2) che presenta un anello ossetanico su una funzione acetalica, molto reattivo. Infatti viene velocemente idrolizzato a formare il TBX2. Questi due prodotti sono stati isolati dalle piastrine ed il TXA2 è molto più attivo biologicamente. Il loro ruolo è di aumentare la concentrazione di calcio nel citoplasma provocando una deformazione delle piastrine e la loro aggregazione. Il ruolo del TXA2 è quindi opposto a quello della PGI2. Entrambi comunque derivano dalla PGH2 che nelle piastrine è trasformata in TAX2 mentre nelle pareti dei vasi sanguigni in PGI2.

Sempre del gruppo degli eicosanoidi vi sono anche altri composti importanti come i leucotrieni, isolati per la prima volta dai leucociti. Anche in questo caso il precursore è l’acido arachidonico che viene trasformato nel radicale corrispondente dall’enzima lipoossigenasi. In questo caso la formazione del radicale avviene in una posizione diversa, al C7, rispetto a quanto succede per la cicloossigenasi per le prostaglandine (C13).

 

Il radicale formatosi reagisce per dare l’idroperossido. Successivamente questo subisce trasposizione del doppio legame con formazione del leucotriene LTA4.

 

Il leucotriene LTA4 è il precursore di tutte gli altri derivati leucotrienici. Sono composti coinvolti nella risposta allergica e nei processi infiammatori. Alcuni di questi leucotrieni sono potenti broncocostrittori e vasocostrittori. Alcuni di questi favoriscono la migrazione di leucociti nei processi infiammatori ed intervengono in patologie come la psoriasi e l’artrite.

La scoperta delle prostaglandine come potenti agenti farmacologica ha motivato lo sviluppo di numerose strategie sintetiche per il loro ottenimento. Senz’altro la strategia sintetica di maggior successo è stata quella sviluppata da E. J. Corey a partire dal 1969.

Analizziamo inizialmente la retrosintesi della prostaglandina PGF2a così come è stata proposta da Corey

 

Il doppio legame D5,6 della PGF2a rappresenta un ottimo punto di partenza per semplificare lo scheletro molecolare. La rottura retrosintetica del doppio legame fornisce un’aldeide ed una ilide di fosfonio, immaginando che il doppio legame possa formarsi attraverso una reazione di Wittig. C’è da attendersi che l’aldeide sia in equilibrio con il lattolo ciclico ma questo non dovrebbe impedire di eseguire la reazione di Wittig. Un punto importante è la stereochimica del doppio legame interessato che è Z. Questo non è un problema perché l’ilide di fosfonio utilizzata è una ilide non stabilizzata ed è noto che ilidi non stabilizzate forniscono in modo selettivo doppi legami con stereochimica Z. Il passaggio retrosintetico successivo prevede soltanto di variare il grado di ossidazione e non presenta particolari difficoltà. In questo modo però è possibile individuare sulla molecola una funzione carbonilica a-b insatura che può essere convenientemente ottenuta attraverso una reazione di Horner-Wadswords-Emmons (reazione tra un aldeide ed un fosfonato). In questo modo il precursore sarà l’aldeide. In  una forma leggermente diversa e protetta prende il nome di Lattone di Corey, intermedio essenziale in questa sintesi ma che ha trovato applicazione in molte altre sintesi, anche di prodotti naturali a causa della elevata quantità di informazione stereochimica e di gruppi funzionali che contiene.

L’analisi retrosintetica svolta fino a questo momento ha semplicemente mirato alla semplificazione delle catene laterali ma non ha affrontato il problema della funzionalizzazione dell’anello a cinque termini e della stereochimica relativa dei diversi sostituenti. L’anello ciclopentanico porta 4 centri stereogenici contigui. Come talvolta accade, una variazione strutturale che consente una retrosintesi semplice è in realtà, almeno inizialmente, una complicazione.

 

In effetti l’introduzione di un atomo di iodio sembra complicare la struttura. In realtà in questo modo è possibile individuare una reazione di iodolattonizzazione che consente di disconnettere il lattone al derivato ciclopentenico. Risulta semplice a questo punto riconoscere il lattone a 7 termini come il precursore dell’idrossiacido. Il lattone a sua volta può essere ottenuto per reazione di Baeyer-Villiger  a partire dal chetone ciclico.

 

Polichetidi aromatici

Nella biosintesi di acidi grassi il processo di riduzione dopo ogni condensazione di Claisen fornisce una catena carboniosa satura. In assenza del processo di riduzione, la catena carboniosa poli b-carbonilica che si ottiene risulta particolarmente reattiva e deve essere stabilizzata sulla superficie enzimatica fino a che non sia completato il processo di allungamento. Il poli-b-chetotioestere è molto reattivo e ci sono varie possibilità di reazioni di Claisen od aldoliche intramolecolari che avvengono a seconda del tipo di enzima e di come il substrato si ripiega ma comunque sempre a formare cicli a sei termini.

Fenoli semplici

La catena polichetoesterea formatasi a partire da 4 unità acetato (in realtà da 1 acetato e 3 da malonato) può piegarsi in almeno due modi, A o B.

 

Come nel caso della acido grasso sintetasi, l'intera sequenza è controllata da un complesso enzimatico che trasforma acetilSCoA e malonilSCoA nel prodotto intermedio. Questa strada è stata dimostrata somministrando al microrganismo malonilSCoA arricchito in 13C. L’acido orsellinico che si ottiene ha incorporato 3 atomi di 13C come evidenzia il suo spettro di massa che mostra un picco a M+3. Attraverso la spettroscopia NMR è stato possibile individuare la posizione dei tre atomi di 13C.

 

Una caratteristica distintiva di un sistema aromatico derivante dall'acetato è che alcuni degli ossigeni carbonilici del poli-b-chetotioestere si ritrovano nel prodotto finale legati in maniera alternata ad atomi di carbonio del ciclo. Uno o più gruppi carbonilici possono prendere parte alla reazione di ciclizzazione, come avviene per l'acido orsellinico. Tuttavia la presenza di funzioni ossigenate su carboni alterni, cioè in meta, è facilmente riconoscibile e mette in evidenza l'origine biosintetica della molecola. L'acido 6-metilsalicilico si differenzia dall'orsellinico per l'assenza di un gruppo OH. Deriva anch'esso dalla via dell'acetato ma una delle funzioni carboniliche è rimossa durante la biosintesi.

 

Dopo il processo di disidratazione si ottiene un alchene E che non potrà subire la ciclizzazione finale. Occorre quindi procedere ad uno shift del doppio legame con controllo della stereochimica per ottenere l’olefina Z.

Che la riduzione del gruppo carbonilico in posizione 3 sia un processo essenziale è stato dimostrato coltivando il microrganismo (penicillum patulum) in assenza di NADPH ed ottenendo al posto dell’acido acetilsalicilico il lattone dell’acido triacetico derivante dalla lattonizzazione della forma enolica della catena lineare. Questo tipo di riduzione può avvenire su uno qualsiasi dei gruppi carbonilici anche in catene più lunghe ed è uno dei modi per ottenere diversità strutturale nella classe dei polichetidi.

Altri studi di marcatura isotopica sono stati effettuati anche su altri substrati come nel caso dell’alternariolo.

 

È sufficiente fornire al microrganismo dell’acido acetico (sotto forma di acetato di sodio) marcato per ottenere l’alternariolo che presenta nelle posizioni attese la marcatura isotopica al 13C. Questo anche perché è l’acetato (sottoforma di acetil-SCoA) il precursore del malonil-SCoA secondo il meccanismo illustrato.

 

E’ possibile eseguire in laboratorio una reazione analoga per semplice reazione di una urea ciclica con due equivalenti del reagente di Grignard MeMgBr.

 

Questo derivato reagisce con due molecole di CO2 per dare un sale di Mg, stabile, come polvere bianca.

Il semplice riscaldamento in presenza di un chetone porta ad una efficace carbossilazione. Il chetoacido così ottenuto è instabile ma può essere subito trasformato in estere per reazione con diazometano.

Modificazioni strutturali

Gli antrachinoni sono un eccellente esempio di metaboliti derivati biosinteticamente dall'acetato. L'endocrocina si forma da un polichetide contenente otto unità C2 che formano lo scheletro carbonioso. Altre reazioni successive di ossidazione e decarbossilazione danno altri composti.

Le modificazioni strutturali possono essere raggruppate in due tipi fondamentali, a seconda del momento in cui avvengono nel corso della sequenza biosintetica. Ad esempio le funzioni ossidriliche sono ridotte prima che il polichetide ripiegato e ciclizzato venga rilasciato dall'enzima e queste reazioni sono mediate da una reduttasi, parte di un complesso enzimatico, prima della reazione di ciclizzazione. Invece reazioni come la decarbossilazione, la O-metilazione e la sequenza di ossidazioni che porta dal metile al carbossile sono esempi di trasformazioni che avvengono dopo la reazione di ciclizzazione. E' chiaro che l'assemblaggio dello scheletro antrachinonico (e delle strutture policicliche correlate) avviene con una sequenza a più stadi. Dopo che la catena polichetidica si è ripiegata, avviene prima la ciclizzazione in corrispondenza del centro della catena, seguita dalla formazione degli altri 2 anelli. Molti di questi composti sono prodotti da specie di penicillium. Vari derivati dell’emodina, del fiscione, del crisofanolo, dell’aloe emodina e della reina sono i principi attivi presenti nei lassativi derivati da senna, cascara, frangola, rabarbaro ed aloe. Gli stessi antrachinoni hanno una debole attività terapeutica, ma necessitano di essere trasformati in glucosidi, derivati solubili in acqua, per esercitare la loro azione.

 

E' necessario notare che molti altri antrachinoni naturali non sono formati a partire dall'acetato ma mediante vie biogenetiche più complesse che coinvolgono lo shikimato ed il mevalonato. Tali antrachinoni non presentano funzioni ossidriliche in meta ed in molti casi presentano funzioni ossigenate solo su uno dei due anelli aromatici.

La diversa lunghezza della catena poli-b-chetotioesterea e le numerose modificazioni strutturali consentono una elevata diversità strutturale dei diversi composti. Questa diversità strutturale è aumentata anche dalla possibilità di utilizzare unità iniziali alternative all'acetato. Flavonoidi e stilbeni (di cui parleremo più avanti) sono esempi di prodotti derivanti da un gruppo iniziale differente dall'acetato ed in particolare dal cinnamoil CoA (il quale a sua volta deriva dall'acido shikimico).

 

Anche acidi grassi sotto forma di esteri del CoA, possono funzionare da unità iniziali.

L’urusciolo è un prodotto ad attività allergenica isolato da alcune piante rampicanti delle anacardiacee, mentre le aflatossine sono delle micotossine prodotte da alcuni funghi del genere aspergillus. Ne esistono diverse ma la più comune e tossica è la aflatossina B1, quella riportata nella figura superiore, che possiede una elevata attività carcinogenica. Queste tossine sono spesso presenti nelle noccioline americane, nei pistacchi, nel mais, nel riso e sebbene presenti in tutto il mondo, sono particolarmente diffuse nelle piantagioni tropicali e subtropicali.

 

L’aflatossina M1 è la forma ossidrilata della B1, ritrovata nel latte di mucche alimentate con mangimi infetti da B1. Anche questa possiede attività carcinogenica ma può facilmente essere monitorata per la sua fluorescenza.

L’attività carcinogenica di questi composti si esplica a livello del fegato a causa della loro ossidazione ai corrispondenti epossidi che possono intercalarsi nel DNA ed alchilare un residuo di guanina. In questo modo si ha inibizione della replicazione del DNA.

Tetracicline

Sono un gruppo di antibiotici a largo spettro, somministrabili per via orale, prodotti da specie di streptomyces, largamente utilizzati in terapia. Sono costituite da uno scheletro tetraciclico di origine polichetidica, la cui unità iniziale è rappresentata da malonamil-CoA

 

 

 

 

 

Macrolidi e polieteri

Gli antibiotici macrolidici sono un esempio di composti naturali derivanti dalla via biogenetica dell'acetato, ma composti principalmente da unità propionato o miscele di unità derivanti da acetato e propionato. I macrolidi costituiscono una vasta famiglia di prodotti naturali, molti dei quali aventi attività antibiotica, costituiti da un anello lattonico macrociclico, tipicamente a 12, 14, o 16 termini, a seconda del numero di unità utilizzate. Lo zearalenone, prodotto da alcuni funghi ha una struttura semplice interamente formata da unità acetato e malonato. Le necessarie riduzioni e disidratazioni che coinvolgono la catena avvengono durante il suo allungamento, come nella biosintesi degli acidi grassi e prima che ulteriori unità malonato si aggiungano alla catena.

 

 

In questa classe un altro composto importante è l’Eritromicina, prezioso antibatterico, che presenta due unità saccaridiche.

 

 

La stereochimica della catena è controllata dalle reazioni di condensazione e riduzione, e comunque tutti i macrolidi noti presentano le stesse caratteristiche stereochimiche.

Macrolidi aventi cicli più grandi di quelli visti fino ad ora, costituiscono il gruppo dei macrolidi polienici, molti dei quali sono antifungini ma non antibatterici. L'anello macrociclico può avere da 26 a 38 termini con una funzione polienica che può contenere fino a 7 doppi legami in configurazione E. I gruppi metilici sono relativamente pochi, da cui si deduce che principalmente unità di malonil-coA sono utilizzate per allungare la catena.

 

 

I sistemi macrolidici sopra descritti sono prodotti dalla formazione di un legame estereo intramolecolare. Non sempre si ha la formazione di un ciclo e si possono avere composti lineari. Composti di questo tipo sono il lasalocide A e la monensina A isolati da Streptomyces, rappresentativi di una grande classe di composti chiamati antibiotici polieterei.

 

 

Questi farmaci sono utilizzati in medicina veterinaria, poiché sono attivi nel prevenire e curare la coccidiosi ed aumentano l'efficienza nella conversione del cibo nei ruminanti. Questi antibiotici macrolidici sono caratterizzati dalla presenza nella catena di numerosi cicli tetraidrofuranici e tetraidropiranici. Il meccanismo d'azione dei farmaci polieterei deriva dalla possibilità di agire nei parassiti come ionofori, aumentando il flusso di ioni sodio e causando così un fatale aumento della pressione osmotica.

La brevetossina A è associata alla marea rossa dovuta alla fioritura  dei dinoflagellati che ha provocato gravi danni economici alla pesca ed al turismo, specialmente in Florida e nel Golfo del Messico. Queste tossine sono prodotte dal Gymnodium breve e sono gli agenti responsabili dell'avvelenamento neurotossico da molluschi che provoca problemi neurologici e gastrointestinali. Si pensa che questi composti siano sintetizzati a partire da un acido grasso poliinsaturo in seguito ad epossidazione dei doppi legami, seguita da una sequenza concertata di aperture degli anelli epossidici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA VIA BIOGENETICA DEL MEVALONATO: TERPENI E STEROIDI

I terpenoidi costituiscono una vasta famiglia di sostanze naturali strutturalmente molto diverse tra loro, derivanti da unità isopreniche C5 unite in modo testa coda.

 

Tipiche strutture contengono scheletri carboniosi  costituiti da unità (C5)n e sono catalogati come emiterpeni (C5), monoterpeni (C10), Sesquiterpeni (C15), Diterpeni (C20), triterpeni (C30) e tetraterpeni (C40).

 

 

A questi composti che, ad eccezione degli steroidi, si riscontrano prevalentemente nelle piante superiori fu dato il nome di terpeni che deriva dal terebinto (Pistacia terebinthus, da cui la turpentine = trementina). La loro classificazione risale alla cosiddetta regola biogenetica dell’isoprene di Ruzicka (1953) che, sebbene fosse basata su conoscenze biogenetiche ancora frammentarie, stabiliva formalmente che tali sostanze erano multipli di unità C5 uniti testa coda.

 

L’isoprene viene prodotto naturalmente ma non è coinvolto nella biosintesi di questi prodotti. Sono state, invece, identificate come unità isopreniche biologicamente attive gli esteri difosfato dimetilallil difosfato (DMAPP) ed isopentenil difosfato (IPP). Queste unità derivano dal metabolismo dell’acetato attraverso la formazione di acido mevalonico (MVA).

Nella biosintesi dell’acido mevalonico vengono utilizzate tre molecole di acetil-CoA. Due si combinano inizialmente in una reazione di Claisen per dare acetoacetil-CoA, ed una terza molecola è incorporata attraverso una addizione aldolica stereospecifica che porta alla formazione dell’estere a catena ramificata beta-idrossi-beta-metilglutaril-CoA. Il composto che viene a formarsi è otticamente inattivo ma l’idrolisi enantioselettiva regolata dall’enzima porta all’ottenimento di uno solo dei due isomeri dell’acido corrispondente. La via biogenetica del mevalonato non utilizza malonil derivati a differenza della via dell’acetato. La trasformazione di HMG-CoA in MVA implica una reazione a due stadi che trasforma il tioestere in un gruppo alcolico primario, un processo lento ed irreversibile, favorito anche dalla maggiore elettrofilicità del tioestere rispetto al gruppo CO2H L’inibizione farmacologica dell’enzima coinvolto è un mezzo per regolare la biosintesi di mevalonato ed, in ultimo, del colesterolo (meccanismo azione delle Statine).

Il composto MVA a sei atomi di carbonio viene trasformato nelle unità isopreniche fosforilate C5 mediante una serie di reazioni che iniziano con la fosforilazione dell’alcool primario. La decarbossilazione e la disidratazione successiva è aiutata da una terza molecola di ATP. Il composto IIP viene isomerizzato a DMAPP da un enzima isomerasi che rimuove stereospecificamente il protone pro-R. Sebbene l’isomerizzazione sia reversibile, l’equilibrio è molto spostato a destra. Il processo di isomerizzazione avviene in modo concertato ed è il protone al di sotto del piano della molecola che viene eliminato, mentre l’attacco di un secondo protone avviene sopra al piano come è stato dimostrato attraverso una marcatura isotopica. Sempre attraverso la marcatura isotopica (13C) si può mettere in evidenza la diversa origine dei due gruppi metilici del DMAPP.

 

Perchè sono utili sia IIP che DMAPP? Possiamo provare a razionalizzare in questo modo: DMAPP funziona bene come elettrofilo e quindi come agente alchilante poiché possiede un ottimo gruppo uscente, il difosfato, e può generare attraverso un meccanismo SN1, un carbocatione allilico che è stabilizzato per delocalizzazione della carica.

 

Invece IPP, con il suo doppio legame terminale è più adatto a reagire come nucleofilo a formare un carbocatione terziario (vedi oltre). Queste differenti reattività costituiscono le basi nella biosintesi dei terpenoidi ed i carbocationi giocano un ruolo molto importante nella razionalizzazione dei meccanismi di reazione che sono alla base delle varie vie biogenetiche. Anche se quanto detto è una accettabile razionalizzazione del processo e verrà utilizzato anche negli esempi successivi, in realtà appare che la reazione tra IPP ed DMAPP avvenga in un processo concertato.

 

Emiterpeni

In natura sono relativamente rari e l’esempio più importante è proprio l’isoprene, un composto volatile presente in diversi tipi di alberi e che si forma per perdita di un protone dal catione allilico.

Monoterpeni

La giunzione tra DMAPP ed IPP ad opera dell’enzima preniltransferasi porta alla formazione del geranil difosfato (GPP).

 

Si ritiene che questa biosintesi coinvolga la ionizzazione di DMAPP a catione allilico che si addiziona ad IIP con perdita finale di un protone in modo stereoselettivo. Questo porta ad un monoterpene difosfato in cui il nuovo doppio legame è E. Il linalilPP ed il nerilPP sono isomeri del geranilPP ed è probabile che essi si formino per ionizzazione a catione allilico del geranilPP.

Questo composti in seguito a modificazioni relativamente semplici, possono dare luogo ad una serie di monoterpeni lineari che si ritrovano come componenti degli oli volatili e che vengono utilizzati nella produzione di aromi e profumi. I composti che ne derivano possono essere idrocarburi, alcoli, aldeidi od anche esteri, specialmente acetati.

La varietà di monoterpeni che si riscontrano in natura viene considerevolmente aumentata dalla possibilità che avvengano reazioni di ciclizzazione che possono portare alla formazione di sistemi monociclici e biciclici. Non è presumibile che tali ciclizzazioni avvengano con il precursore geranil PP poiché la stereochimica E del doppio legame terminale è sfavorevole alla formazione dell’anello. Neril PP o linalil PP invece hanno una stereochimica favorevole. E’ stato dimostrato che gli enzimi monoterpene ciclasi accettano tutti e tre i difosfati e sembra che essi abbiano sia la capacità di isomerizzarli che di ciclizzarli. E’ quindi conveniente considerare la specie coinvolta nella ciclizzazione come un catione allilico delocalizzato fortemente legato all’anione difosfato e la formazione del legame che ne consegue avviene grazie alla vicinanza degli elettroni p del doppio legame.

 

Il catione mentile può poi subire tutte le possibili trasformazioni già discusse precedentemente per i cationi. Può reagire con nucleofili (essenzialmente H2O), può perdere un protone per formare un nuovo doppio legame oppure subire ulteriori processi di ciclizzazione.

 

a-Terpineolo è presente in tutti gli oli essenziali degli agrumi. a-Pinene si ritrova negli oli di trementina (dal 55 all’80%. L’essenza di trementina è un liquido incolore con proprietà solvente. L’essenza greggia è detta acqua ragia. Il residuo di distillazione viene detto colofonia. Per la raccolta della oleoresina (trementina) si provocano incisioni nel tronco dell’albero e si raccoglie il liquido denso di colore biondo trasparente. Per irraggiamento in presenza di ossigeno a-pinene dà vari composti, tra cui il sobrerolo (sobrepin) mucolitico.

La canfora viene estratta dall’albero omonimo, spontaneo in Cina e giappone. E’ una pianta molto longeva (1000 anni e 50 metri di altezza). La canfora veniva estratta dal tronco sminuzzato per distillazione in corrente di vapore.

Anche se non è stato mai messo in evidenza negli schemi precedenti, la sterochimica relativa ed assoluta dei diversi stereocentri è di primaria importanza. La maggior parte dei monoterpeni sono otticamente attivi ed esistono molti esempi in cui i due diversi enantiomeri dello stesso composto vengono isolati da fonti diverse.


(+)-canfora                  salvia

(-)-canfora                   tanaceto

(+)-carvone                 cumino

(-)-carvone                  Menta verde


 

(+)-limonene               odore arance

(-)-limonene                odore limone ma menta piperita contiene entrambi gli enantiomeri.

 

Anche il pino contiene entrambi gli enantiomeri dell’a-pinene.

I monoterpeni così ottenuti possono quindi essere ulteriormente metabolizzati dando luogo and una vasta serie di composti analoghi

Sesquiterpeni

L’addizione di una ulteriore unità C5 IPP al geranil PP porta alla formazione del precursore fondamentale dei sesquiterpeni, il farnesildifosfato.

 

Il Farnesil PP (FPP) può dare origine ad una serie di sesquiterpeni sia lineari che ciclici.

Il numero dei possibili modi di ciclizzazione aumenta all’aumentare della lunghezza della catena e del numero di doppi legami. Il doppio legame più vicino al gruppo di fosfato può assumere configurazione E o Z attraverso una ionizzazione (analogo a quanto visto per il geraniolo). Come nel caso dei monoterpeni le reazioni standard dei carbocationi forniscono una spiegazione razionale della maggior parte dei comuni scheletri carbonioso che si incontrano in questa classe. Le strutture incontrate sono generalmente molto complesse e vale la pena solo di ricordare il catione bisabolile.

 

Diterpeni

Derivano dal geranilgeranil difosfato, ottenuto per addizione di IPP al farnesil PP sempre attraverso lo stesso meccanismo.

Il diterpene più semplice è il fitolo in cui tutti i doppi legami sono ridotti salvo l’ultimo.

 

Il fitolo è un residuo lipofilico unito alla clorofilla. Il geranilgeraniolo viene ridotto a fitolo solo dopo l’ancoraggio sulla clorofilla.

Un altro scheletro diterpenico importante è quello che fa capo al principio attivo “taxina” isolato dal tasso comune (taxus baccata) e che prende il nome di scheletro taxadienico.

Tratto da Dewick (Medicinal Natural Products.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altra grande classe di diterpenoidi è costituita dagli acidi delle resine, composti di formula bruta C19H29CO2H. Quando si incidono gli alberi di pino, si ottiene una oleoresina la cui frazione volatile è la trementina mentre il residuo vetroso è la colofonia: miscela complessa di acidi resinici labili che isomerizzano ad acido abietico.

 

 

 

 

 

 

 

Triterpeni

Due molecole di farnesil PP si uniscono coda-coda per dare l’idrocarburo squalene. Il nome squalene deriva dall’isolamento nel fegato di squalo. Successivamente è stato isolato anche da topo e poi ci si è resi conto che è estremamente diffuso in natura (è presente anche nell’olio di oliva). Il meccanismo biosintetico è relativamente complesso e non del tutto chiaro. L’ipotesi meccanicistica si basa sull’isolamento da topo del presqualene e dal dato sperimentale che il presqualene può essere trasformato in squalene.

Durante il processo di accoppiamento, che sulla carta richiede soltanto la rimozione dei due gruppi fosfato, viene perso un protone dalla posizione C-1 di una molecola di FPP e viene inserito un idruro ad opera di NADPH. Se in una preparazione cellulare non viene fornito NADPH non si ha la formazione di squalene, ma solo l’accumulo di presqualenedifosfato.

 

La formazione del ciclo a 3 termini del presqualene è una reazione particolare e non può essere riprodotta in laboratorio, ma solo in ambito biologico perché è l’enzima che posiziona la molecola nella giusta conformazione.  Lo squalene verrà poi ripreso nella parte dedicata alla biosintesi degli steroidi.

Tetraterpeni

Sono rappresentati da un solo gruppo di composti, i carotenoidi, comprendenti alcune centinaia di varianti strutturali naturali. Giocano un ruolo nella fotosintesi ma si ritrovano anche nei tessuti di piante non fotosintetiche oltre che in funghi e batteri. La formazione dello scheletro tetraterpenico del fitene coinvolge un accoppiamento coda-coda di due molecole di geranilgeranil PP in una sequenza analoga a quella vista per lo squalene.

Il composto ciclopropanico prefitene difosfato è un intermedio della biosintesi. Evolve in modo diverso dal presqualene perché invece di accettare H- da NADPH perde un H+ per dare un doppio legame in un sistema coniugato. Nelle piante e funghi questo nuovo doppio legame è Z, nei batteri è E. Questo sistema trienico previene ogni ciclizzazione.

 

La coniugazione viene poi estesa da una sequenza di reazioni che danno alla fine il licopene che, come la maggior parte dei carotenoidi, ha la configurazione tutto-trans. L’esteso sistema di elettroni p conferisce il colore ai carotenoidi. Il licopene è il pigmento caratteristico dei pomodori maturi.

Un tipo di ciclizzazione possibile è quella del doppio legame non coniugato presente alle due estremità della molecola. La ciclizzazione procede per catalisi acida e porta a diversi tipi di anelli, sempre a sei termini, in funzione del tipo di eliminazione che a cui va incontro l’intermedio carbocationico.

Si ottiene così un discreto numero di derivati, molti dei quali sono pigmenti, la cui struttura completa è riportata nello schema seguente.

Il più importante è senz’altro il b-carotene che dà origine alle vitamine A secondo lo schema seguente.

Steroidi

Triterpeni modificati contenenti il sistema tetraciclico del lanosterolo mancante di tre gruppi metilici di cui 2 al C4 ed uno al C11.

Come visto nei terpenoidi il precursore del lanosterolo è lo squalene. Questo viene trasformato in squalene ossido da un enzima, una flavoproteina che utilizza O2 e NADPH come cofattore.

 

Se lo squalene ossido è opportunamente posizionato e ripiegato sulla superficie dell’enzima la struttura triterpenica ciclica formata può essere razionalizzata come derivante da una iniziale ciclizzazione concertata mediata da carbocationi seguita da una serie di migrazioni concertate W.M. di gruppi metilici e di ioni idruro.

 

Il ripiegamento avviene attraverso una conformazione sedia-barca-sedia-barca.

 

Il catione protosterile subisce poi gli shift di idruri ed alchili.

 

La conformazione che porta al lanosterolo è solo una delle possibili, infatti esistono molte altre strutture triterpenoidee diffuse in microrganismi e piante.

        Numerazione del lanosterolo e dei suoi anelli

Il colesterolo costituisce una struttura fondamentale ma ulteriori modificazioni specialmente in catena laterale danno luogo ad un ampia varietà di prodotti naturali biologicamente importanti come gli steroli, saponine steroidee, glucosidi cardioattivi, acidi biliari, corticosteroidi ed ormoni sessuali dei mammiferi.

Per molti composti caratterizzati da una stessa struttura scheletrica è stata riscontrata una attività biologica marcatamente diversa: ciò è dovuto alla presenza di gruppi funzionali legati al nucleo steroideo ed, in parte al riarrangiamento molecolare complessivo derivante dalla stereochimica delle fusioni degli anelli. I sistemi ciclici contenenti anelli a 6 termini possono presentare una fusione trans come nella trans-decalina, oppure cis come nella cis declina.

 

Una fusione di tipo trans nei due anelli in conformazione a sedia produce un appiattimento della molecola. Entrambi gli idrogeni sulle giunzioni sono assiali rispetto a entrambi gli anelli. La decalina cis  invece è una molecola curva con maggior libertà conformazionale che comunque viene persa quando si introduce un terzo anello.

 

Negli steroidi ci sono esempi di giunzione tra anelli A e B sia di tipo trans che di tipo cis ed insaturazioni sia D4 che D5. Addirittura negli estrogeni l’anello A è aromatico ed in questo caso manca il metile sul C10. Tutti gli steroidi naturali hanno la giunzione tra B e C di tipo trans. La giunzione Ce D è generalmente trans anche se ci sono eccezioni. La nomenclatura sistematica è basata su una serie di idrocarburi capostipiti.

La stereochimica è riportata come a (alfa, sotto il piano) o b (beta, sopra il piano).

Colesterolo

Il lanosterolo negli animali viene convertito in colesterolo attraverso un processo che richiede non solo la perdita di tre gruppi metilici, ma anche la riduzione di un doppio legame in catena laterale e la generazione di doppio legame D5 al posto del D8. Generalmente si ha prima la perdita del metile sul C14 che viene rimosso come acido formico attraverso successive reazioni di ossidazione ed ossidazione finale tipo Bayer-Villiger.

 

La perdita dei due gruppi metilici in 4 avviene in sequenza attraverso un meccanismo decarbossilativo facilitato dalla contemporanea ossidazione del gruppo ossidrilico C3 a chetone.

 

Il doppio legame  D8 migra al D5 formando prima un D7 e poi un diene D5,7. Si ottiene così il colesterolo.

 

Il colesterolo è il principale sterolo animale: è stato ritrovato in tutti i tessuti animali dove svolge il ruolo di costituente delle membrane cellulari.

Nell’uomo i calcoli biliari sono costituiti interamente da un precipitato di colesterolo prodotto dalla bile. Il colesterolo è attualmente ottenibile in grossa quantità dal midollo spinale e dal cervello dei bovini, sottoprodotti della lavorazione della carne. Questi sono quindi una fonte di substrato utile nella sintesi parziale di farmaci steroidei. Grosse quantità di colesterolo sono attenute dalla lanolina: un materiale grasso che ricopre la lana delle pecore. E’ una miscela complessa di esteri di acidi grassi con steroli ed alcoli a lunga catena. La saponificazione della lanolina grezza fornisce una frazione alcolica che contiene circa il 34% di colesterolo ed il 38% di lanosterolo/diidrolanosterolo.

Nei mammiferi troviamo anche la forma ridotta del colesterolo, cioè senza il doppio legame in C5. Poiché per riduzione del doppio legame si forma un nuovo stereocentro si possono ottenere due diversi derivati:

 

Glicosidi Cardiaci

 

Questa classe di composti è costituita da una serie di steroidi C21-C24 che portano sul C3 un residuo glucidico che assicura la solubilità in acqua e che può essere facilmente eliminato. Tali composti di origine vegetale si ritrovano in piante che crescono in climi tropicali o temperati, sono tossici ed hanno un potente effetto sul muscolo cardiaco. Hanno trovato impiego come veleni   (punte di freccia), ma in bassa concentrazione anche come stimolanti cardiaci.  L’esempio più classico è rappresentato dagli estratti di foglie di una specie di digitale il cui principio attivo è il glucoside digitonina contenente l’aglicone digitossigenina.

                                     

Gli agliconi con anello eterociclico a 5 terminisul C17 sono detti cardenolidi, mentre i meno abbondanti composti con un ciclo a sei termini che si ritrovano principalmente nelle rane e nei rospi sono dette bufadienolidi o bufotossine. Un esempio è la bufotalina.

E’ noto che le farfalle regina e le loro larve accumulano nel loro corpo una certa varietà di cardenolidi che assumono attraverso la dieta a base di piante come la genziana. Questa caratteristica le rende inappetibili alla maggior parte dei predatori.

Saponine

Si ritrovano in molte famiglie di piante, spesso in associazione con i glucosidi cardiotonici. Con il termine sapogenine si intendono gli agli coni delle saponine e sono caratterizzati dal possedere una catena laterale spirochetalica . Un’importante sapogenina è la diosgenina usata come materiale di  partenza per la sintesi parziale di altri steroidi. Il nome saponine deriva dalla capacità di piante che contengono questi prodotti di formare schiume. In alcuni casi sono state utilizzate come saponi naturali. Non sono tossiche per uso esterno o nell’alimentazione umana, ma se entrano nel circolo sanguigno alterano la permeabilità cellulare e lo divengono.

 

Si può fare un parallelo con le saponine triterpenoidiche anche loro costituite da un aglicone triterpenoidico e da una catena, più o meno ramificata di residui zuccherini. Saponine di questo tipo sono contenute nella liquirizia e sono responsabili del sapore gradevole. L’acido glicirrizico (residui zuccherini+acido glicirretico) sotto forma di sali di potassio e di calcio (vedi pag 203 Dewick) è responsabile del gusto. Il colore giallo brillante della radice di liquirizia è dovuto alla presenza di flavonoidi liquiritina ed isoliquiritina.

 

 

Fitosteroli

I principali fitosteroli sono l’ergosterolo (provitamina D) e lo stigmasterolo.

 

L’ergosterolo si ritrova nell’amido, mentre il secondo principalmente nell’olio di semi di soia. Da notare la presenza di atomi aggiuntivi sulla catena laterale in posizione 24 (prendono il nome di 241 e 242), inoltre, l’ergosterolo possiede un ulteriore doppio legame in posizione 7, mentre entrambi hanno un doppio legame in posizione 22. Questa insaturazione in posizione 22 è caratteristica di molti fitosteroli, ma mai di steroli animali. Questi fitosteroli si ritrovano sia come alcoli liberi che come esteri di acidi grassi e come glucosidi. Sono i costituenti delle membrane cellulari nelle piante nelle alghe e nei funghi.

La fonte carboniosa per il metile o l’etile extra in catena laterale è, in entrambi i casi, la S-adenosilmetionina (SAM) che in un meccanismo visto già altre volte alchila il doppio legame ed il carbocatione risultante può eliminare H+ e dare una nuova olefina che può venire ridotta od essere nuovamente alchilata.

Acidi Biliari

Sono acidi steroidei a 24 atomi di carbonio che si trovano in forma di sali nella bile e nell’intestino per emulsionare i grassi e facilitare la digestione. Questi agiscono come detergenti in virtù del loro nucleo steroideo, relativamente poco polare, e della catena laterale polare che contiene una funzione carbossilica generalmente legata ad una glicina od a una taurina. Così l’acido colico viene trovato come glicolato di sodio e taurocolato di sodio. La via metabolica che porta agli acidi biliari è quella attraverso la quale principalmente i mammiferi degradano il colesterolo introdotto con la dieta. Questi composti si formano nel fegato a partire dal colesterolo attraverso una catena ossidativa che elimina dalla catena laterale tre atomi di carbonio. I sali biliari possono poi essere riassorbiti ed immagazzinati nella cistifellea, oppure essere escreti dal corpo. Questa è la principale via di eliminazione del colesterolo in eccesso. L’incapacità di rimuovere il colesterolo attraverso gli acidi biliari e la loro escrezione è uno dei fattori che contribuiscono all’insorgenza di patologie come l’aterosclerosi e la calcolosi biliare.

 

Caratteristiche strutturali tipiche degli acidi biliari:

  • Scheletro colanico (C24);
  • Fusione cis degli anelli A/B;
  • Catena laterale C5 con funzione carbossilica terminale;
  • Gruppo ossidrilico in 3-alfa e 7-alfa.

Vitamine del Gruppo D

E’ la cosiddetta vitamina antirachitica; è essenziale per la formazione dell’osso, dato che la sua funzione è quella di controllo dei metabolismi del calcio e del fosforo.

Nel 1924 fu notato come l’irraggiamento UV di alcuni cibi per animali da esperimento facesse acquistare loro proprietà antirachitiche; si osservò inoltre un miglioramento nei soggetti affetti da rachitismo quando fossero esposti alla luce solare o venissero somministrato loro olio di fegato di merluzzo od altri oli di fegato di pesci. Sono tre i composti che vanno sotto il nome di vitamina D:

  • La vitamina D2, detta calciferolo o ergocalciferolo che proviene dall’ergosterolo (estratto dal lievito) attraverso una sequenza di reazioni fotochimiche e termiche; si assume con il cibo.
  • La vitamina D1: in realtà è una miscela 1:1 dell’ergocalciferolo con il lumisterolo
  • La vitamina D3, detta colecalciferolo, considerata la vitamina D per eccellenza.

 

 

 

Ricerche successive avevano messo in luce che la vitamina D contenuta negli oli dei pesci o formata nella pelle per esposizione ai raggi ultravioletti  non fosse identica all’ergocalciferolo. Essa infatti deriva dal 7 deidrocolesterolo (provitamina D3) presente nella cute che subisce per azione della luce, l’apertura elettrociclica di un anello con formazione di un triene che a sua volta attraverso la reazione sigmatropica-1,7 dà luogo al colecalciferolo.

 

Sia la vitamina D2 che la D3 si trovano, generalmente, in un’altra rappresentazione grafica.

 

Esempio generico di reazione elettrociclica

Il cis-1,3,5 esatriene subisce una facile trasformazione per riscaldamento per dare 1,3-cicloesadiene. Questa tipo di isomerizzazione è noto come reazione elettrociclica. La reazione è periciclica, cioè procede attraverso uno stato di transizione ciclico e non prevede intermedi.

 

La presenza di sostituenti sui doppi legami terminali pone dei problemi di stereochimica. In un sistema a [4n+2] elettroni p,  la reazione per via termica avviene con moto disrotatorio, la reazione per via fotochimica con moto conrotatorio.  

 

Ormoni Sessuali

Gli ormoni sessuali dei mammiferi derivati dal colesterolo sono stati e sono ancora oggetto di numerosi studi. Essi sono suddivisi in tre classi: gli estrogeni e gli androgeni che regolano, rispettivamente, le caratteristiche sessuali primarie femminili e maschili ed i progestinici (gestageni) che regolano invece varie funzioni del ciclo riproduttivo femminile (ormoni del corpo luteo). Le loro strutture chimiche sono molto simili e vengono prodotti in quantità estremamente ridotte e bilanciate sotto il controllo degli ormoni gonadotropinici (ormoni peptidici secreti dal lobo anteriore della ghiandola pituitaria) nelle gonadi. Il primo estrogeno, l’estrone, fu isolato nel 1929 dall’urina di una donna incinta; successivamente (1930) fu isolato l’estriolo ed infine nel 1935 l’estradiolo da ovaie di scrofe. Quest’ultimo è l’ormone primario più attivo e gli altri due ne sono i metaboliti.

 

Caratteristiche: scheletro Estrano C18, aromatizzazione anello, assenza catena laterale

 

Il primo androgeno isolato (1931) è stato l’androsterone, che in realtà è un metabolita dell’ormone maschile primario cioè il testosterone, isolato nel 1935.

 

Il principale ormone progestinico è il progesterone (1934, da scrofa); questo ormone viene secreto dalle ovaie e prepara l’utero per la gravidanza e può sopprimere l’ovulazione. Questa possibilità lo rendeva interessante come contraccettivo, ma la sua scarsa assimilabilità per via orale ne ha limitato l’uso.

 

Caratteristiche strutturali: scheletro Pregnanico C21. Sistema 3-oxo-D4

Ormoni della Corteccia Surrenale

Una grande quantità di ormoni steroidei è stata isolata e caratterizzata dalle ghiandole surrenali. Poiché vengono prodotti dalla corteccia surrenale vengono detti anche ormoni adrenocorticali o corticosteroidi. Sono caratterizzati da uno scheletro pregnanico (C21).

 

Pregnano

 

Si suddividono in base alla loro attività in due gruppi: i glucocorticoidi, coinvolti nella sintesi proteica dei carboidrati e nel deposito di glicogeno nel fegato, e mineralcorticoidi, che presiedono il controllo del bilancio elettrolitico (rilascio di Na+ e Cl- ed escrezione di K+). I glucocorticoidi giocano un ruolo importante nei processi infiammatori. Tra i più importanti:

 

Biogeneticamente derivano dal colesterolo per successive ossidazioni.

VIA BIOGENETICA DELLO SHIKIMATO

 

La via dello shikimato fornisce una via alternativa verso i composti aromatici, in particolare gli amminoacidi aromatici l-fenilalanina, l-tirosina ed l-triptofano. Questa via è impiegata da piante e microrganismi ma non da animali e di conseguenza gli amminoacidi aromatici figurano per l'uomo tra quelli essenziali, cioè da assumere con la dieta. Un intermedio centrale di questa via biosintetica è l'acido shikimico.

 

L’acido shikimico è stato isolato la prima volta da piante del genere Ilicium, in giapponese dette shikimi. La maggior parte degli intermedi di questa via sono stati identificati grazie allo studio di mutanti di Escherichia Coli ottenuti per irradiazione UV.  Un ceppo mutante capace di crescere in genere differisce dal suo progenitore solo in un singolo gene e l’effetto è di solito la sintesi di un enzima danneggiato. Di solito un mutante in cui è bloccata la trasformazione del composto A nel composto B, richiede il composto B per crescere, mentre il composto A si accumula nel suo mezzo di coltura. In questo modo è stata tracciata la via che porta agli amminoacidi aromatici.

La via dello shikimato comincia con l'accoppiamento del fosfoenolpiruvato (PEP) con il D-eritrosio 4-fosfato per dare l'intermedio a sette atomi di carbonio acido 3-deossi-D-arabino-eptulosonico 7-fosfato DAHP.

 

Successivamente si ha una nuova reazione aldolica dopo l’eliminazione di acido fosforico.

 

Il meccanismo sopra descritto però prevede l’uscita di un protone (quello verde) che in realtà non è affatto acido. Più coerente è il meccanismo che prevede una iniziale ossidazione del gruppo ossidrilico adiacente, l’eliminazione con meccanismo E1cb e la successiva riduzione che porta poi alla condensazione attesa.

Infine, sempre attraverso un meccanismo E1cb, favorito in ambito fisiologico, si ha la formazione dell’acido deidroshikimico.

 

L’acido deidrochinico può essere trasformato in acido chinico che non appartiene alla via metabolica dello shikimico, ma è un composto naturale molto comune in natura e si può trovare in combinazione con alcaloidi come la chinina.

 

Un derivato diretto dell’acido shikimico, l'acido gallico, figura come componente di molti materiali tanninici, presenti nelle piante, materiali che sono stati usati per migliaia di anni nella concia delle pelli animali per la loro capacità di legare tra di loro molecole proteiche. Inoltre i tannini contribuiscono al gusto amaro di cibi e bevande come il tè, il caffè ed il vino.

 

Un composto molto importante sulla via dello shikimato è l'acido corismico che incorpora una ulteriore molecola di PEP come catena laterale di tipo etere enolico. PEP si combina con acido shikimico 3-fosfato per dare l'acido 5-enolpiruvilshikimico 3-fosfato (EPSP).

 


L'acido 4-idrossi benzoico si può formare da acido corismico per eliminazione di acido enolpiruvico (nei batteri). I tre acidi fenolici incontrati, il 4-idrossibenzoico, il protocatechico ed il gallico

dimostrano alcuni dei pattern di ossidrilazione caratteristici dei metaboliti derivati dall'acido shikimico, cioè un singolo gruppo ossidrilico para rispetto alla catena laterale, 2 gruppi OH orto tra di loro, e di solito in posizione 3,4 rispetto alla catena laterale, e tre gruppi ossidrilici ancora orto tra di loro e di solito in posizione 3,4,5 rispetto alla catena laterale. La singola ossidrilazione para e le poliossidrilazioni orto contrastano con la disposizione meta degli ossidrili caratteristica dei fenoli derivati dalla via dell'acetato ed in molti casi permettono di dedurre l'origine biosintetica. L'acido 2,3 diidrossi benzoico ed il 2-idrossibenzoico (salicilico) derivano, nei microrganismi, dall'acido corismico attraverso il suo isomero acido isocorismico.

 

Semplici derivati amminici degli acidi fenolici si ottengono dall'acido corismico utilizzando l'ammoniaca (derivante dalla glutammina) come nucleofilo. L'acido corismico può essere amminato in posizione 4 dando l'acido 4-ammino-4-deossiscorismico, od in C2 dando l'acido 2-ammino-2-deossiisocorismico che può essere trasformato nell'acido antranilico

 

Proseguendo il corso principale della via dello shikimato troviamo la trasformazione dell'acido corismico in acido prefenico attraverso una trasposizione di Claisen che trasferisce la catena laterale derivata dal PEP in modo che esso diventi direttamente legato al carbociclo. In questo modo si genera lo scheletro carbonioso di base della fenilalanina e tirosina.

 

La Trasposizione di Claisen è una reazione periciclica: avviene attraverso uno stato di transizione ciclico senza la formazione di intermedi.

 

 

La trasposizione è catalizzata dalla Corismato mutasi, che rende 106 volte più veloce la reazione, la quale potrebbe avvenire anche per riscaldamento, però al di sopra dei 100 °C.

Non vi è catalisi acida o basica e l’aumento della velocità di reazione è legato alla favorevole conformazione che l’enzima impartisce al substrato. Interessante è la struttura dell’inibitore della corismato mutasi che mima lo stato di transizione, pur non potendo evolvere ad un prodotto finale.

 

Il percorso che porta alla formazione degli amminoacidi naturali fenilalanina e tirosina da acido prefenico può variare a seconda dell'organismo e può essere presente più di un processo all'interno di uno stesso organismo.

Sono fondamentali 3 passaggi: aromatizzazione decarbossilativa, transaminazione e, nel caso della tirosina, l'ossidazione. Ciò che differenzia le varie strade è l'ordine con cui avvengono le diverse reazioni.

 

E' noto che in alcuni microrganismi enzimi a largo spettro accettano sia l'acido prefenico che l'arogenico.

Quanto visto fino ad ora vale per microrganismi e piante. Negli animali la via dello shikimato manca, e si può avere ossidrilazione diretta della L-fenilalanina a L-tirosina od anche ad L-DOPA.

 

Acidi Cinnamici

La fenilalanina e la tirosina come mattoni sintetici C6C3, sono i precursori di una vasta gamma di sostanze naturali.

Nelle piante il primo stadio osservato è l'eliminazione di ammoniaca (enzima phenylalanine ammonia liasi, PAL) per generare l'acido cinnamico E (trans). Dalla fenilalanina si ottiene l’acido cinnamico, dalla tirosina l’acido 4-cumarico.

Tutte le piante sembrano avere la capacità di deaminare la fenilalanina attraverso PAL, ma la corrispondente trasformazione della tirosina è limitata alle graminacee (enzima TAL). Le specie che non trasformano la tirosina ottengono il 4-cumarico per ossidazione del cinnamico. Altri acidi cinnamici sono ottenuti per ulteriore ossidrilazione e metilazione, che in sequenza ricostruiscono la disposizione di sostituenti tipica dello shikimato.

 

acido sinapico

Questi acidi si possono ritrovare sia liberi che in forma esterificata. Ad esmpio l'acido caffeico è presente nel caffé come acido clorogenico, esterificato con l'acido chinico.

 

Lignani e Lignina

Gli acidi cinnamici figurano anche nelle vie verso altri metaboliti basati sui mattoni biosintetici C6C3 . Tra queste estrema importanza ha il polimero vegetale Lignina, un materiale che rinforza le pareti delle cellule vegetali, funzionando da matrice per la microfibra di cellulosa. La lignina rappresenta un vasto serbatoio di molecole aromatiche quasi mai utilizzato per le difficoltà che si incontrano nel liberare questi metaboliti. La lignina si forma per accoppiamento ossidativo fenolico di alcoli idrossicinnamilici derivati dagli acidi cinnamici.

 

I dimeri che si formano possono reagire ancora a formare il polimero lignina.

 

Si trovano in natura anche i semplici dimeri che vanno sotto il nome di lignani o neolignani in funzione della struttura.

 

Attraverso una complessa serie di trasformazioni l’alcool coniferilico viene trasformato, in piante del genere Podophyllum diffuse sia in Asia che in America, in podofillotossina.

 

La podofillotossina, insieme ad altri composti, viene estratta dalle radici di queste piante. Per estrazione con alcool delle radici sminuzzate si ottiene una soluzione omogenea dalla quale, per aggiunta di acqua, precipita la cosiddetta resina di podofillo. A lungo questa resina è stata utilizzata come purgante, ma più recentemente la scoperta delle proprietà citotossiche della podofillotossina ha reso questa pianta interessante dal punto di vista commerciale. La podofillotossina è un potente antimicotico ed agisce legandosi alla tubulina ed impedendo la formazione dei microtubuli durante la scissione cellulare. Questo composto non ha trovato applicazione come antitumorale per i suoi gravi effetti collaterali, ma suoi analoghi sintetici hanno trovato applicazione in tal senso.

Fenilpropani

La sequenza riduttiva da un acido cinnamico ad alcool cinnamilico non è limitata alla biosintesi di lignani e lignina, ma è anche utilizzata per la produzione di vari derivati del fenilpropano.

La cinnamaldeide è la componente principale dell'olio estratto dalla corteccia della cannella (cynnamomum zeilanicum). La corteccia fresca contiene acetato di cinnamile e la cinnamaldeide viene ottenuta per idrolisi enzimatica ed ossidazione durante la fermentazione.

 

Le foglie di cannella invece contengono eugenolo, che è anche il componente essenziale dei chiodi di garofano.

 

La catena alchilica presenta un doppio legame terminale. Questa posizione può essere giustificata per riduzione con NADPH del carbocatione allilico che si ottiene per uscita di H20 dall'alcool cinnamilico.

 

Biosintesi analoga all'eugenolo ha la miristicina. Presente nella noce moscata, ha un debole effetto allucinogeno.

 

L'anetolo invece si trova nei semi di anice (pimpinella anisum), anice stellato e finocchio.  L'utilizzo di questi composti come aromi è limitato per la loro natura di deboli cancerogeni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Acidi Benzoici da Fenilpropani

Oltre che da intermedi iniziali della catena dello shikimico, gli acidi benzoici possono essere ottenuti da derivati cinnamici.

 

Questo è anche il processo per la sintesi dell'acido salicilico nelle piante.

 

Cumarine

L'ossidrilazione degli acidi cinnamici in orto alla catena laterale è essenziale nella biosintesi delle cumarine. L'ossidrilazione diretta dell'anello aromatico dell'acido cinnamico è frequente, ma di solito avviene in posizione 4, in para alla catena laterale, e le successive ossidrilazioni avvengono in orto a questo sostituente. Nel caso delle cumarine invece l'ossidrilazione dell'acido cinnamico o del 4-cumarico avviene in orto alla catena laterale. L'acido 2,4-diidrossicinnamico sembra possedere la disposizione meta degli ossidrili caratteristica dei fenoli derivanti dalla via dell’acetato e può causare confusione. Il riconoscimento dello scheletro C6C3 aiuta ad effettuare la corretta assegnazione.

 

Successivamente i due acidi subiscono la variazione di configurazione al doppio legame che passa da trans a cis consentendo poi la lattonizzazione. In questo modo si ha biosintesi della cumarina e dell'umbelliferone.

 

Successivamente altre reazioni di ossidrilazione ed alchilazione danno origine a molti altri derivati, tutti sotto il nome generico di cumarine. Le cumarine sono molto diffuse nelle piante, sia in forma libera che come glicosidi. Nel meliloto (pianta diffusa nei prati) si ritrova come glicoside dell'acido 2-cumarico.

 

Quando la pianta viene tagliata si trasforma in cumarina che ha il caratteristico odore di fieno. Se il meliloto viene fatto fermentare si produce la 4-idrossi cumarina che per reazione con formaldeide produce il dicumarolo, forte anticoagulante, letale per gli animali, usato come topicida.

       

Questa sostanza interferisce con gli effetti della vitamina K nella coagulazione del sangue e così anche piccoli traumi portano a gravi emorragie interne. Il dicumarolo è stato utilizzato come anticoagulante orale nel trattamento delle trombosi. Adesso è stato sostituito dalla warfarina che ne è un analogo sintetico. La warfarina è stata inizialmente sviluppata come rodenticida ed è stata utilizzata largamente. Sempre più spesso i roditori stanno diventando resistenti alla warfarina, capacità attribuita ad una maggiore produzione di vitamina K da parte della loro flora intestinale.

Alcune cumarine naturali hanno uno scheletro più complesso ed incorporano altre catene. L'anello aromatico dell'umbelliferone è attivato ad alchilazioni con DMAPP (dimetilallildifosfato).

 

La sintesi della marmesina passa presumibilmente, ma non è dimostrato, attraverso un intermedio epossidico. Questo potrebbe giustificare la formazione del ciclo a cinque termini e di quello a sei che viene riscontrato in alcuni derivati.

 

Gli psoraleni sono furanocumarine lineari, molto diffusi in tutte le piante, ma in particolare nelle umbelliferae e nelle rutaceae. Gli esempi più comuni sono lo psoralene, il bergaptene, la xantotossina e l’isopimpinellina.

 

Le piante contenenti psoraleni sono state impiegate per uso esterno ed interno per promuovere la pigmentazione della pelle e l’abbronzatura. L’olio di bergamotto, il bergamotto è una rutacea, può contenere fino al 5% di bergaptene ed è usato nella preparazione di abbronzanti per uso esterno. Lo psoralene grazie al suo esteso cromoforo assorbe nel vicino UV e fa sì che questa radiazione stimoli la produzione di pigmenti melaninici. La xantotossina (o metossalene) viene utilizzato per via orale insieme a trattamenti UV nel caso di vitiligine (trattamento PUVA cioè psoralene +UV-A).

A causa della loro struttura planare gli psoraleni si intercalano facilmente nel DNA e questo permette una reazione di cicloaddizione promossa dalla radiazione UV tra le basi pirimidiniche dal DNA e l’anello furanico degli psoraleni. La reazione con gli psoraleni inibisce la duplicazione del DNA e riduce la velocità di divisione cellulare.

 

Questi effetti possono creare dei problemi nella manipolazione di piante che contengono livelli significativi di furanocumarine. Il sedano normalmente non contiene psoraleni ma l’infezione da parte di un fungo induce come reazione la sintesi di furanocumarine. Gli agricoltori che toccano queste piante infette diventano molto sensibili alla luce UV e soffrono di una forma di scottatura solare chiamata fotofitodermatite. Anche il prezzemolo può avere effetti simili.

 

Flavonoidi

Gli acidi cinnamici od i loro esteri possono essere utilizzati come unità iniziali per l'allungamento della catena con unità di malonil CoA, unendo così la via dello shikimato e dell'acetato. Nella maggior parte dei casi sono aggiunte tre unità C2 di malonato per dare polichetidi, che a seconda della natura dell'enzima utilizzato possono essere ripiegate in due maniere diverse. Possono così avvenire condensazione aldoliche o di Claisen che generano anelli aromatici.

 

I calconi fungono da precursori di un ampia gamma di flavonoidi ritrovati in tutto il regno vegetale. La maggior parte di questi composti contiene un anello eterociclico, formato per attacco nucleofilo di tipo Michael del gruppo fenolico sul chetone insaturo. Questa reazione dà origine ai flavanoni. Questa isomerizzazione può avvenire chimicamente, e condizioni acide favoriscono il flavanone, mentre condizioni basiche favoriscono il calcone. La reazione è comunque regolata da un enzima.

I flavanoni possono poi dare numerose varianti di questo scheletro di base, come i flavoni, i flavonoli, le antocianidine e catechine.

Consumiamo notevoli quantità di flavonoidi nella nostra dieta vegetale. C'è la crescente convinzione che alcuni flavonoidi siano particolarmente benefici, poiché agiscono come antiossidanti e proteggono contro malattie cardiovascolari e certe forme di cancro. I flavonoidi del vino rosso (quercetina, kaempferolo ed antocianidine) si sono dimostrati efficaci antiossidanti contro i radicali liberi. I flavonoidi contribuiscono al colore delle piante, giallo per calconi e flavonoli, rosso, blu e violetto per le antocianidine. Anche le sostanze incolori come i flavoni assorbono fortemente le radiazioni UV e sono percepibili dagli insetti. La neoesperidina, presente nell’arancia amara, e la naringina, presente nella buccia di pompelmo sono glucosidi flavanonici estremamente amari, ma la loro trasformazione in diidrocalconi per idrogenazione in soluzione alcalina porta a diidrocalconi con un potere dolcificante fino a mille volte superiore a quello dello zucchero.

 

Isoflavonoidi

Formano una sottoclasse ben separata dai flavonoidi, essendo una variante strutturale in cui l'anello aromatico derivato dallo shikimato si è spostato sul carbonio adiacente. Questa trasposizione è effettuata da un enzima che dipende dal citocromo P-450. E' stato proposto un meccanismo radicalico

 

Questa trasposizione è piuttosto rara in natura e gli isoflavonoidi sono limitati quasi esclusivamente alle leguminose anche se questo non ha impedito l’esistenza di molte centinaia di composti isoflavonoidi e la complessità strutturale è ottenuta attraverso reazioni di ossidrilazione ed alchilazione, variando lo stato di ossidazione dell’anello eterociclico o formando nuovi anelli.

Il cumestrolo che si ottiene da erba medica e trifoglio ha attività estrogenica sufficiente ad influenzare la riproduzione di animali da pascolo ed è un fitoestrogeno. Questa molecola planare imita la forma dell’estradiolo. Per questo motivo è necessario limitare il consumo di foraggio da leguminose. Si ritiene che gli isoflavonoidi nella dieta umana, per esempio da prodotti derivanti dalla soia, diano una certa protezione verso i tumori dipendenti da estrogeni come il cancro al seno.

Il rotenone, ed altri composti analoghi, hanno capacità insetticida e pesticida e storicamente sono stati usati per catturare facilmente i pesci. Il veloce metabolismo a cui vanno incontro una volta ingeriti da mammiferi li rende innocui per l’uomo.

ALCALOIDI

Gli alcaloidi sono basi organiche azotate ritrovate principalmente nelle piante superiori, ma in misura minore anche in microrganismi ed animali. Queste molecole sono caratterizzate dalla presenza di uno o più atomi di azoto, normalmente come ammine primarie, secondarie o terziarie e ciò conferisce loro una certa basicità che è spesso utilizzata per l’isolamento e la purificazione, poiché consente di formare sali idrosolubili in presenza di acidi. Il grado di basicità è molto variabile e dipende dalla struttura dello specifico alcaloide ed in particolare dalla presenza e dalla localizzazione di gruppi funzionali. Sono stai infatti ritrovati in natura alcuni alcaloidi essenzialmente neutri ed altri contenenti sali di  ammonio quaternario. L’attività biologica di molti alcaloidi ha spesso una netta correlazione con la trasformazione della funzione amminica in sale di ammonio a pH fisiologico. L’atomo di azoto degli alcaloidi deriva sempre da un amminoacido e, normalmente lo scheletro carbonioso della molecola di partenza è conservato intatto nella struttura finale con l’eccezione dell’atomo di carbonio della funzione carbossilica che viene quasi sempre perso per decarbossilazione. Per questa ragione l’approccio più razionale per la classificazione degli alcaloidi è quello basato sul precursore amminoacidico. I più importanti amminoacidi precursori di di alcaloidi sono: ornitina, lisina, acido nicotinico, tirosina, triptofano, acido antranilico ed istidina. Nelle strutture alcaloidiche sono inoltre incluse subunità derivanti dalla via dell’acetato, dello shikimato o del mevalonato. Inoltre è stato dimostrato che alcuni alcaloidi ricavano i propri atomi di azoto da reazioni di transaminazione e quindi solo l’atomo di azoto deriva da un amminoacido. Questi composti sono detti pseudoalcaloidi.

Alcaloidi da Ornitina

 

E’ un amminoacido non proteinogenico che negli animali entra a far parte del ciclo dell’urea dove è prodotto a partire da L-arginina grazie ad una reazione catalizzata dall’enzima arginasi. Nelle piante  deriva invece da L-glutammato. L’ornitina contiene due gruppi amminici, nelle posizioni a e d, ed è proprio l’azoto in d che entra nello scheletro degli alcaloidi di questa classe. L’ornitina fornisce quindi una unità C4N sotto forma di ciclo pirrolidinico o come parte del tropano. Le reazioni dell’ornitina trovano il loro corrispettivo con quelle della L-lisina che invece dà l’unità C5N.

Alcaloidi pirrolidinici o tropanici

Il nucleo pirrolidinico si forma inizialmente come catione D1-pirrolidinio che deriva dall’ornitina: una decarbossilazione mediata da PLP dà la Putrescina che viene alchilata (SAM) a N-metilputrescina. Questa viene deamminata da una deamminoossidasi che fornisce l’aldeide corrispondente. Una condensazione intramolecolare fornisce poi il catione pirrolinio. Esiste anche una via alternativa per ottenere la putrescina a partire dall’arginina e che prevede anche una reazione di idrolisi per allontanare il gruppo guanidinio.

 

Ottenuto il catione pirrolinio, gli altri atomi di carbonio necessari derivano dall’acetato via acetil-CoA in una sequenza che vede l’aggiunta successiva di due unità di acetil-CoA. Nel primo stadio l’anione enolato agisce da nucleofilo verso lo ione pirrolinio portando a prodotti con la stereochimica R o S. La seconda addizione è una condensazione di Claisen che allunga la catena laterale  il cui prodotto è una pirrolidina 2-sostituita che contiene ancora il gruppo tioestereo della seconda unità di acetil-CoA. L’Igrina e molti degli alcaloidi tropanici non hanno questo carbonio tioestereo  che viene perso grazie ad una sequenza di idrolisi-decarbossilazione.

 

La struttura biciclica dello scheletro tropanico di iosciamina e cocaina si ottiene per una seconda reazione di tipo Mannich che richiede prima un passaggio ossidativo per generare il nuovo catione pirrolinio e la rimozione del protone in a al gruppo carbonilico. La reazione di Mannich intramolecolare sull’enantiomero R seguita da decarbossilazione genera il tropinone da cui la riduzione stereospecifica del carbonile genera la tropina che presenta un ossidrile a. La iosciamina è l’estere della tropina con l’acido (s)-tropico. La iosciamina racemica va sotto il nome di atropina, mentre la scopolamina racemica va sotto il nome di atroscina.

 

 

Atropa Belladonna

 

La Belladonna (atropa Belladonna, Solanacee) è una pianta nota da lungo tempo per la sua estrema velenosità. Il nome deriva da Atropos, che nella mitologia greca è la parca che taglia il filo della vita. In effetti le bacche di questa pianta sono particolarmente pericolose ma anche tutte le altre parti della pianta contengono alcaloidi tossici e quindi anche semplicemente toccando la pianta si possono avere le manifestazioni dovute a questa tossicità. A ciò va aggiunto il fatto che gli alcaloidi contenuti sono facilmente assorbiti attraverso la pelle. L’uomo è estremamente sensibile a queste tossine mentre animali come pecore, maiali capre e conigli lo sono meno. E’ una pianta erbacea perenne molto alta che produce fiori a campana color porpora scuro seguiti da abbondanti frutti nero brillante e delle dimensioni di una piccola ciliegia. E’ una pianta tipica del centro e sud europa anche se non troppo diffusa. Viene coltivata a scopo medicinale. Contiene lo 0.3-0.6% di alcaloidi, principalmente iosciamina. Dalle radici vengono estratti alcaloidi minori come la (-)ioscina (scopolamina) e cuscoigrina. La miscela di alcaloidi estratti dalla pianta è ancora usata per sedare dolori gastrointestinali. Il nome belladonna deriva dalla caratteristica della iosciamina e scopolamina di avere un effetto midiatrico, cioè un effetto dilatatore della pupilla. Le antiche cortigiane applicavano negli occhi il frutto di questa pianta ottenendo pupille dilatate ed un aspetto che sicuramente colpiva anche se la vista era annebbiata per l’impossibilità di mettere a fuoco.

Stramonio:

Lo stramonio (Datura stramonium, solanacee, in inglese thornapple “melaspinosa” per la forma dei frutti) veniva utilizzato come droga nel medioevo per drogare le vittime prima di derubarle: la vittima appariva normale, non reagiva anzi aiutava il ladro e dopo non ricordava niente di quanto accaduto. Attualmente la pianta è coltivata a scopo farmaceutico in europa e sudamerica. Le foglie di stramonio contengono lo 0.2-0.45% di alcaloidi, principalmente (-)-iosciamina e (-)-scopolamina. Il nome Datura deriva da dhat, il veleno indiano usato dai Thugs.

Iosciamina, Scopolamina:

Questi alcaloidi competono con l’acetilcolina per l’occupazione del recettore muscarinico del sistema parasimpatico, impedendo il passaggio degli impulsi nervosi e sono classificati come anticolinergici. L’acetilcolina può legarsi a due tipi di recettori, quello muscarinico e quello nicotinico, nomi che derivano dagli alcaloidi muscarina e nicotina (vedi più avanti). La somiglianza strutturale fra acetilcolina e muscarina è facilmente apprezzabile mentre la iosciamina  è capace di occupare lo stesso sito recettoriale grazie al fatto che la distanza tra l’atomo di azoto ed il legame estereo è simile a quella dell’acetilcolina.

muscarina

 

acetilcolina

  

 


Tutte le piante che producono alcaloidi tropanici sono molto tossiche, gli alcaloidi diffondono velocemente anche attraverso la pelle raggiungendo il flusso sanguigno.

La Scopolamina butilbromuro (sale ammonio quaternario) (Buscopan) è uno spasmolitico gastrointestinale

Più raramente si ha una variazione strutturale se  il carbonio carbossilico della catena laterale acetoacetilica non viene perso come nella formazione della tropina: in questo caso lo scheletro tropanico includerà la funzione carbossilica. E’ un processo raro, ma importante, perché l’unico esempio è la formazione dei derivati dell’ecgonina,  come la cocaina. La sua biosintesi è analoga  a quella vista per la iosciamina, ma deve partire dall’enantiomero S del l’N-metilpirrolidinacetoacetilCoA. La funzione tioesterea diventa un semplice metilestere e la metilecgonina si forma successivamente dal metossicarboniltropinone grazie ad una riduzione stereospecifica del gruppo carbonilico.  Va notato che in questo caso la riduzione del carbonile  avviene dalla parte opposta rispetto a quanto visto per la tropina, infatti nell’ecgonina si ottiene una configurazione 3b. La cocaina è il diestere dell’ecgonina.

 

 

La coca contiene anche quantità di cinnamoilcocaina, in cui l’acido cinnamico sostituisce il benzoico, ed anche tropacocaina in cui è assente il gruppo metilestere, ma si conserva il gruppo estereo di tipo b che conferma l’origine biosintetica analoga a quella della cocaina.

 

Pianta di coca

Le foglie di coca sono prodotte da piante del genere Erythroxylum, piccoli arbusti originari delle regioni andine del sud America (Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia) e viene coltivata anche in Indonesia. Le piante coltivate vengono mantenute piccole grazie a continue potature che consentono di raccogliere una grande quantità di foglie almeno tre volte l’anno. Le foglie di coca vengono masticate dagli indiani del Sud America da tantissimi anni. La foglia viene mescolata con calce allo scopo di liberare il principale alcaloide cocaina come base libera e la pasta ottenuta da questa miscelazione viene masticata.. La cocaina ha una potente azione nell’allontanare la sensazione di fatica è ciò consente ai lavoratori di ignorare fame, fatica e freddo. E’ stato stimato che circa il 25% del raccolto viene consumato dai lavoratori locali, ognuno dei quali consuma circa 50 g di foglie al giorno, che corrispondono a 350 mg di cocaina. Solo una piccolissima percentuale della coca prodotta (1-2%) viene utilizzata a scopo farmaceutico, il resto serve ad alimentare il traffico illegale. La foglia di coca contiene 0.7-2.5% di alcaloidi, di cui il principale componente è la (-)-cocaina, diestere della (-)ecgonina. Solo i derivati dell’ecgonina sono di importanza commerciale e per la produzione legale di cocaina può essere seguito un approccio semisintetico. Questo prevede l’idrolisi totale degli alcaloidi in modo da ottenere ecgonina che viene poi riesterificata.

Farmacologicamente la cocaina è un importante anestetico locale per applicazione topica. Viene rapidamente assorbita dalle mucose e paralizza le terminazioni periferiche dei nervi sensoriali. La parte farmacoforica della cocaina è costituita dall’estere di un acido carbossilico aromatico e da un gruppo amminico basico separati da una catena carboniosa lipofila. Questo ha consentito di sintetizzare una serie di molecole più sicure come anestetici.

 

 

Le calistegine sono un gruppo di derivati poliidrossinortropanici (manca il metile) idrosolubili recentemente scoperti nelle foglie e nelle radici di molte piante delle solanacee tra cui Atropa e Mandragora.

 

Sono composti interessanti perché inibitori delle glicosidasi ed hanno un elevato potenziale farmacologico per la cura di HIV.

 

Alcaloidi pirrolizidinici

 

 

Due molecole di ornitina possono dare luogo alla formazione dello scheletro biciclico degli alcaloidi pirrolizidinici, attraverso una serie  di reazioni che passa sempre attraverso la putrescina. Due molecole di putrescina vengono condensate insieme in una reazione NAD+ dipendente fornendo una immina che è poi convertita in omospermidina per riduzione con NADH. Lo scheletro pirrolizidinico si forma dall’omospermidina per deamminazione ossidativa, formazione dello ione imminio, nuova deamminazione ossidativa e reazione di Mannich intramolecolare. Un esempio classico di alcaloide a struttura pirrolizidinica è la retronecina che può essere derivata dall’aldeide pirrolizidinica grazie a semplici passaggi ossidoriduttivi.

Le pirrolizidine raramente si trovano come basi libere mentre più spesso sono presenti come esteri di rari acidi  mono o dicarbossilici, gli acidi necici: ad esempio la senecionina è un diestere della retronecina con l’acido senicico che deriva dall’isoleucina.

Molti alcaloidi pirrolizidinici mostrano una forte tossicità epatica e sono responsabili di numerosi casi di avvelenamento di bestiame. Le strutture delle molecole tossiche possiedono una insaturazione nelle posizioni 1,2 del nucleo pirrolizidinico ed una funzione esterea in catena laterale. Le ossidasi presenti nel fegato  dei mammiferi trasformano l’alcaloide nativo in strutture pirroliche estremamente reattive, potenti reagenti alchilanti che reagiscono con una serie di nucleofili presenti nella cellula come gli acidi nucleici o proteine. La presenza di alcaloidi pirrolizidinici  in alcune preparazioni medicinali erboristiche ne ha evidenziato i potenziali pericoli nell’uso come rimedio per problemi infiammatori reumatici e gastrointestinali. Il loro uso prolungato può dare seri danni epatici.

 

Alcaloidi da Lisina

La L-lisina è l’omologo superiore della L-ornitina ed anch’essa può funzionare da precursore degli alcaloidi, usando reazioni del tutto analoghe a quelle viste per l’ornitina. L’ulteriore gruppo metilenico presente nella struttura della lisina implica per questo amminoacido la formazione di anelli a sei termini di tipo piperidinico. Anche in questo caso il gruppo carbossilico viene perso, l’atomo di azoto che rimane è quello terminale (e) e si ottiene così una unità C5N.

 

Alcaloidi piperidinici

La N-metilpelletierina  è un alcaloide isolato dalla corteccia del melograno dove sono presenti anche la pelletierina e la pseudo pelletierina e la miscela di questi alcaloidi ha dimostrato attività tenifuga.  La N-metil pelletierina e la pseudopelletierina sono omologhi superiori dell’igrina e del tropinone e per la loro biosintesi può essere proposta una via analoga che prevede l’uso di cadaverina.

 

Se, nella reazione di Mannich iniziale, la controparte è il benzoilacetil-CoA, si ha l’accesso agli alcaloidi della Lobelia (lobelia inflata).

 

La lobelina stimola il recettore nicotinico in modo simile alla nicotina ed è stata impiegata come deterrente per fumatori. Ha anche effetto contro asma e bronchiti ma in dosi eccessive è molto tossica. Il sapore piccante dei frutti del pepe nero è legato all’alcaloide piperina che contiene il nucleo, appunto, piperidinico.

 

Alcaloidi Chinolizidinici

Gli alcaloidi del lupino responsabili delle proprietà tossiche associate a queste piante, sono caratterizzati da uno scheletro chinolizidinico.

 

Scheletro chinolizidinico:  octahydro-2H-chinolizine

 

Questo sistema biciclico è strettamente correlato al sistema pirrolizidinico, ma deriva da due molecole di lisina. La  lupinina presenta uno scheletro particolarmente semplice, ma altri alcaloidi del lupino come la sparteina, alcaloide principale anche della ginestra, presentano una struttura più complicata: uno scheletro tetraciclico  che incorpora una terza molecola di lisina. Gli alcaloidi chinolizidinici sono stati ritrovati principalmente nelle piante della famiglia delle leguminose. Scoraggiano o respingono gli animali erbivori per i quali  risultano tossici. Alcune piante, come il laburno (vedi foto) contengono quantità significative di alcaloidi e possono essere pericolose anche per l’uomo.

Il laburno è particolarmente rischioso perché tutte le sue parti, compresi i semi, contengono quantità elevate di alcaloide. I cosidetti lupini dolci sono varietà selezionate con un contenuto di alcaloidi basso (circa un quarto delle varietà amare) e sono coltivati per il loro alto contenuto proteico.

 

Alcaloidi indolizidinici

Gli alcaloidi indolizidinici sono caratterizzati da anelli fusi a cinque e sei membri con un atomo di azoto a testa di ponte. Sebbene derivino dalla lisina, si discostano molto dal punto di vista biosintetico dagli altri alcaloidi. Infatti l’acido pipecolico, intermedio biosintetico, mantiene come atomo di azoto quello in a gruppo carbossilico.

 

Molecole a struttura poliidrossiindolizidinica hanno dimostrato una attività contro HIV grazie alla loro capacità di inibire gli enzimi glicosidasici impiegati nella biosintesi delle glicoproteine. Poiché l’espressione delle glicoproteine è essenziale per la proliferazione del virus dell’AIDS, ne risulta un’attività antivirale che ha stimolato diverse ricerche mirate all’elaborazione di strutture correlate ed all’indagine del loro meccanismo di azione. L’estere 6-O-butanoilcastanospermina  è in fase clinica come agente anti-AIDS. Va notato che c’è una forte somiglianza strutturale tra la castanospermina e lo ione ossonio formato dalla rottura idrolitica di un glucoside. Questi alcaloidi sono tossici per gli animali provocando vari disturbi intestinali e malnutrizione dovuta alla loro interferenza con le idrolasi intestinali. Si trovano nelle leguminose.

 

Alcaloidi da Acido Nicotinico

Alcaloidi piridinici

I più importanti alcaloidi del tabacco sono la nicotina e l’anabasina. Queste molecole contengono un anello piridinico legato ad uno pirrolidinico o piperidinico derivanti rispettivamente da ornitina e lisina. L’unità piridinica ha invece origine da acido nicotinico (vitamina B3 detta anche niacina).

 

La vitamina B3 è una vitamina idrosolubile stabile, ampiamente distribuita negli alimenti, specialmente carne, fegato, farina e lievito. In alcuni cibi, come ad esempio nel mais, essa può essere presente in una forma non facilmente disponibile: diete basate principalmente sul mais possono dunque portare a deficienza di acido nicotinico. L’amminoacido triptofano può essere convertito nell’organismo in acido nicotinico  e  può provvedere ad una quantità richiesta della vitamina. Sotto il nome di vitamina B3 va anche la combinazione nicotinammide-acido nicotinico. Sotto forma di coenzima NAD+, la nicotinammide gioca un ruolo vitale nei processi ossidoriduttivi. La carenza di nicotinammide causa la pellagra che si manifesta con dermatiti, diarrea e demenza. Il sintomo più evidente della pellagra è la lingua rossa e le lesioni orali. L’acido nicotinico è sintetizzato negli animali a partire da triptofano passando attraverso l’acido 3-idrossiantranilico.


Invece piante come Nicotiana usano una via biosintetica differente che impiega gliceraldeide 3-fosfato ed acido L-aspartico come precursori. L’acido chinolinico compare in entrambe le vie.

 

Nella biosintesi della Nicotina, un anello pirrolidinico derivante dall’ornitina, probabilmente come catione N-metil-D1-pirrolinio è legato all’anello piridinico dell’acido nicotinico sostituendo il gruppo carbossilico.

 

Attraverso un processo analogo avviene la biosintesi della anabasina, ovviamente a partire dalla lisina.

Approfondimento: Il tabacco è costituito da foglie conciate ed essiccate di nicotiana tabacum (solanacee), una pianta annuale indigena dell’america tropicale ma ormai diffusa in tutto il mondo. Nella foglia gli alcaloidi sono presenti come Sali di acido malico e citrico ma la nicotina pura è una sostanza oleosa e volatile. In piccole dosi può agire come stimolante respiratorio, ma in grosse dosi causa depressione respiratoria. Le foglie di tabacco in polvere sono state per lungo tempo usate come insetticidi ed utilizzate sia per scopi agricoli che in orticoltura. La base libera è molto più tossica dei suoi sali e nelle formulazioni vengono inclusi anche dei saponi proprio per assicurare il pH basico. Comunque oggi si preferiscono usare sostanze meno tossiche. La nicotina è tossica nell’uomo a causa del suo effetto sul sistema nervoso, cioè l’interazione con i recettori nicotinici dell’acetilcolina. Studi recenti suggeriscono che la nicotina può migliorare la trasmissione degli impulsi nervosi e questo potrebbe spiegare la bassa incidenza del morbo di Alzheimer tra i fumatori. Comunque qualsiasi beneficio è abbondantemente sopravanzato da un aumentato rischio di patologie cardiache, polmonari e respiratorie.

 

Alcaloidi Derivanti dalla Tirosina

La decarbossilazione PLP-dipendente della L-Tirosina fornisce il semplice derivato feniletilamminico Tiramina che per doppia N-metilazione dà l’ordenina (alcaloide isolato dall’orzo che possiede attività inibitrice della germinazione). Più comunemente le molecole a struttura feniletilamminica sono derivati 3,4-diossidrilati o 3,4,5-triossidrilati e si formano a partire dalla dopamina, prodotto di decarbossilazione della L-DOPA.

Le più importanti tra queste molecole sono sicuramente le catecolammine: noradrenalina, neurotrasmettitore nei mammiferi, e adrenalina, ormone rilasciato nell’uomo dalle ghiandole surrenali in risposta a situazioni di stress. Questi composti vengono sintetizzati per successive reazioni di b-ossidrilazioni ed N-metilazioni sulla dopamina. Reazioni di ossidrilazione aromatica ed O-metilazione in un cactus (peyote) portano alla conversione della dopamina in mescalina, alcaloide con proprietà psicotrope ed allucinogene.

 

Approfondimento: Le catecolammine dopamina, noradrenalina ed adrenalina sono prodotte dalle ghiandole surrenali e dal tessuto nervoso e sono importanti neurotrasmettitori nei mammiferi. Sono stati identificati diversi recettori grazie ai quali queste molecole esplicano la loro azione fisiologica. I recettori a sono normalmente eccitatori e producono la contrazione del muscolo liscio vasale, uterino ed intestinale. I recettori b sono normalmente inibitori sul muscolo liscio ma stimolatori su quello cardiaco. La dopamina può agire sui recettori vascolari a che sui cardiaci b, ma ha anche recettori propri in diversi organi. Nel morbo di Parkinson si verifica una deficienza di dopamina dovuta ad una disfunzione nervosa. Il trattamento con L-DOPA aiuta ad aumentare i livelli di dopamina nel cervello. La noradrenalina è un potente vasocostrittore periferico che agisce soprattutto sui recettori a ed è utile nell’aumentare la pressione sanguigna in casi di ipotensione acuta. L’adrenalina agisce sia con i recettori a che b e tra le risposte dei primi c’è la costrizione del muscolo liscio della pelle. Le risposte dei recettori b comprendono un aumento delle contrazioni del muscolo cardiaco. Un’ampia serie di agenti bloccanti i recettori b dell’adrenalina (b-bloccanti) sono stati sviluppati per controllare la velocità e la forza delle contrazioni cardiache nell’ipertensione od in altre patologie.

Altri alcaloidi isolati dal cactus peyote e correlate con la mescalina sono la analamina, analodina ed analodinina che possono essere classificati come alcaloidi tetraidroisochinolinici semplici.

 

La ciclizzazione avviene con un meccanismo tipo Mannich: l’effetto mesomerico di un sostituente ossigenato esalta la nucleofilicità dell’anello. Questa reazione è l’equivalente sintetico della reazione di Pictet-Spengler che utilizza semplici aldeidi e che quindi non necessita del passaggio di decarbossilazione. Nella reazione biosintetici possono essere usati sia chetoacidi che aldeidi (specialmente se più complessi).

La reazione tra una unità feniletilica ed una feniletilamminica dà luogo ad uno scheletro benziltetraidroisochinolinico. Questo scheletro può subire ulteriori modificazioni dando luogo ad un’ampia serie di alcaloidi vegetali, alcuni di grande interesse farmacologico. Molti degli esempi di alcaloidi benziltetraidroisochinolinici contengono una orto diossigenazione in ciascuno degli anelli aromatici la cui origine è dunque potenzialmente ascrivibile all’utilizzo di due unità di DOPA. Sebbene nella biosintesi vengano usate due molecole di tirosina, è solo il frammento feniletilamminico a formarsi da DOPA mentre gli altri atomi di carbonio derivano da tirosina via acido 4-idrossifenilpiruvico e 4-idrossifenilacetaldeide. Il risultato della reazione di Mannich è perciò il triidrossialcaloide norcoclaurina, formato come enantiomero S.

 

Il concetto di accoppiamento fenolico ossidativo è fondamentale per comprendere le modificazioni cui vanno incontro gli scheletri base benziltetraidroisochinolinici per formare una serie di alcaloidi ascrivibili a differenti classi. I principali alcaloidi dell’oppio, morfina, codeina e tebaina, derivano da questo tipo di accoppiamento, sebbene la successiva riduzione di uno degli anelli aromatici mascheri la loro origine. La R-reticulina è stata identificata come il precursore di questi alcaloidi morfinanici.

 

 

Approfondimento: L’oppio è il lattice essiccato ottenuto per incisione delle capsule non ancora mature del papavero da oppio. La pianta è un arbusto autunnale con grossi fiori solitari di colore bianco, rosa o rosso porpora. Per la produzione di oppio, le capsule in maturazione, che stanno appena cambiando colore dal blu-verde al giallo, vengono accuratamente incise con un coltello per recidere i condotti lattiferi senza penetrare all’interno della capsula. Poiché tali condotti sono tutti interconnessi non è necessario tagliarli tutti. Il latte che trasuda velocemente ha inizialmente una consistenza lattiginosa ed un colore bianco, ma rapidamente diventa marrone e coagula.  Questo materiale, detto oppio grezzo, viene rimosso la mattina successiva, e dopo essere stato raschiato viene deposto in recipienti che gli conferiscono la forma sferica o a blocchi. L’oppio grezzo è usato sin dall’antichità come analgesico, per indurre il sonno (narcotico) e per il trattamento della tosse.

Sebbene le capsule di papavero possano contenere poco più dello 0.5 % di alcaloidi, l’oppio ne è una  forma molto più concentrata, arrivando a contenere fino al 25 % in massa di alcaloidi. Molti sono gli alcaloidi identificati nell’oppio (più di quaranta) ma solo sei sono i principali: morfina, codeina, tebaina, papaverina, noscapina (o narcotina) e narceina.

 

Gli alcaloidi sono spesso salificati con acido meconico e l’oppio stesso contiene fino al 3-5% di questa sostanza. L’acido meconico si ritrova sempre nell’oppio ma, a parte altre specie di papavero, non viene riscontrato in nessuna altra fonte  naturale. L’acido meconico dà un complesso rosso fuoco con FeCl3 e questa reazione è stata usata come saggio rapido ed abbastanza specifico per identificare l’oppio.

La morfina è un potente analgesico-narcotico e rimane uno dei migliori analgesici per alleviare il dolore forte. La morfina induce anche uno stato di euforia e di indifferenza mentale insieme a nausea, vomito, stipsi, tolleranza e dipendenza. La codeina è uno dei più usati alcaloidi dell’oppio e data la sua scarsa quantità, viene preparata per semisintesi da morfina. L’azione della codeina dipende dalla parziale demetilazione che subisce nel fegato (producendo morfina) e che le conferisce effetti analgesici di tipo morfinico. Come analgesico la codeina possiede circa un decimo delle proprietà della morfina. Possiede inoltre un notevole capacità antitussiva, sia per sedarla che per prevenirla, agendo direttamente sul centro della tosse. La tebaina è praticamente priva di attività analgesica ma può essere utilizzata come antagonista della morfina. E’ il punto di partenza per la semisintesi di altri farmaci. La papaverina ha proprietà ipnotiche ed analgesiche quasi nulle. Ha capacità vasodilatatorie e spasmolitiche. Usata come espettorante e nel trattamento degli spasmi intestinali. La noscapina è stata usata a lungo come antitussivo ma la scoperta della sua teratogenicità né ha fermato l’uso. Più del 90% della morfina estratta viene sottoposta a trasformazione in altri derivati. La maggior parte della codeina usata è ottenuta per monoalchilazioine della morfina che avviene soprattutto sull’ossidrile fenolico acido. Analogamente la folcodina, un efficace e sicuro antitussivo, può essere ottenuta per alchilazione. La diidrocodeina è una forma ridotta della codeina con simili proprietà analgesiche. L’eroina, detta anche diamorfina, è un potente analgesico ed ipnotico. L’aumentato carattere lipofilo conferisce un miglior trasporto ed assorbimento anche se la molecola effettivamente attiva è la 6-acetilmorfina, poiché il gruppo acetifico in posizione 3 viene idrolizzato dalle esterasi presenti nel cervello. L’eroina fu inizialmente sintetizzata allo scopo di ottimizzare le proprietà antitussive della morfina. Viene usata nei malati terminali per le proprietà analgesiche ed antitussive. La nalorfina è un analgesico ma anche un’antagonista dei diversi oppiacei. La apomorfina, ottenuta per trattamento acido a caldo della morfina, non ha nessuna caratteristica analgesica od ipnotica ma è un forte emetico e viene utilizzato in casi di emergenza per avvelenamenti.

 

Esistono svariati farmaci modellati sullo scheletro della morfina, ma di origine artificiale. L’anello piperidinico tipico della morfina non è presente nel metadone, che comunque può mimarla.

Il metadone è attivo per via orale, ha attività simile alla morfina ma dà meno euforia ed ha una durata di azione maggiore. Viene usato per il trattamento e la riabilitazione di eroinomani. Può dare dipendenza in modo simile alla morfina ma i sintomi da astinenza sono molto meno gravi. Esistono anche altri derivati semisintetici della morfina, in cui il potere analgesico viene esaltato. Ad esempio l’Etorfina risulta fino a 10000 volte più potente della morfina, troppo per uso umano, e trova applicazione in veterinaria con animali di grossa taglia.


Alcaloidi Derivanti dal Triptofano

L-triptofano è un amminoacido aromatico contenente un sistema indolico che deriva dalla via biosintetici dell’acido shikimico attraverso l’acido antranilico. Ci limiteremo a vederne alcuni della vasta serie di questi prodotti.

Alcaloidi indolici semplici

Sono la triptamina ed il suo idrossiderivato serotonina formati da una serie di reazioni di decarbossilazione, mutilazione ed idrossilazione.

 

Questi composti sono ampiamente distribuiti nel regno vegetale. La serotonina si riscontra anche nei tessuti animali dove funziona da neurotrasmettitore. La serotonina è un potente vasocostrittore.

La psilocibina è responsabile delle proprietà allucinogene di alcuni funghi ampiamente distribuiti in tutto il mondo. Particolarmente noti sono quelli presenti in Messico. Sono stati infatti utilizzati dalle popolazioni locali in antichissime cerimonie.

Alcaloidi dell’ergot

La segale cornuta (ergot) è una affezione che si verifica principalmente su piante delle graminacee, sia coltivate che selvatiche, ed è causata da un fungo appartenente alla specie Claviceps. Le sue manifestazioni sono caratterizzate dalla comparsa al posto dei normali semi della pianta, di ergot, cioè strutture molto resistenti detti anche sclerozi, che costituiscono uno stato di riposo del fungo. Le proprietà tossiche degli ergot dei cereali della specie segale, per uomo ed animali, sono note da tempo e sono dovute ad alcaloidi.

Gli alcaloidi farmacologicamente più interessanti sono derivati dall’acido lisergico che si lega con un amminoalcol a formare l’ergometrina  o con un peptide per formare ergotamina. Le unità base per la formazione dell’acido lisergico sono il triptofano ed una unità isoprenica.

 

Approfondimento: L’ergot è lo sclerozio essiccato del fungo Claviceps purpurea che si sviluppa sull’ovario della segale. E’ una patologia fungina di diverse specie di graminacee selvatiche e coltivate e inizialmente colpisce i fiori. Successivamente uno sclerozio scuro si forma al posto del normale seme. Questa nuova formazione fuoriesce dalla testa del seme ed infatti il nome ergot deriva dal francese argot (sperone). Gli sclerozi cadono poi nel terreno, germinando a primavera ed infettando tutto il raccolto di cereali. Gli ergot possono poi essere raccolti insieme al cereale ed infettare la farina ed il cibo di uomini ed animali.  Il consumo di segale infetta risulta nella malattia nota come ergotismo. Tre sono le manifestazioni cliniche importanti: problemi gastrointestinali come diarrea, vomito e dolori addominali; problemi circolatori con raffreddamento di mani e piedi a causa di un effetto vasocostrittore, una diminuzione del diametro dei vasi sanguigni, specialmente periferici; sintomi neurologici come mal di testa, vertigini, convulsioni, disturbi psicotici ed allucinazioni.

Questi effetti normalmente scompaiono eliminando la fonte dell’avvelenamento, ma l’ingestione continua o l’assunzione di dosi massicce di cibi contaminati dall’ergot possono provocare problemi seri. L’effetto vasocostrittore porta ad una diminuzione del flusso sanguigno nelle arterie terminali con necrosi del tessuto, sviluppo di gangrena che può provocare la perdita dell’arto. L’ergotismo gangrenoso era noto come fuoco di Sant’Antonio, poiché tradizionalmente nel medioevo era l’ordine di Sant’Antonio ad occuparsi delle persone che ne soffrivano. Gli effetti neurologici si manifestavano spesso con gravi e dolorose convulsioni. Scoppi di epidemie erano frequenti nell’Europa medioevale, ma una volta stabilita la causa diventava relativamente semplice evitare la contaminazione. La separazione dell’ergot dal frumento sano e l’uso di pesticidi hanno eliminato molti dei rischi anche se le infestazioni dei raccolti sono ancora frequenti. Gli sclerozi contengono dallo 0.15% allo 0.5% di alcaloidi (circa 50 tipi diversi), quelli utili farmacologicamente sono solo i derivati dell’acido lisergico. Sono stati anche messi a punto metodi fermentativi che portano alla produzione di quest alcaloidi in alte rese. Nonostante gli effetti sgradevoli dell’ergot , preparazioni che lo contengono sono state usate fin dal XVI secolo per indurre contrazioni uterine durante il parto e per ridurre le emorragie dopo il parto.  L’effetto ossitocico (ossitocina è un peptide ciclico che stimola il muscolo uterino) è ancora utile. L’ergometrina (nota anche come ergonovina od ergobasina) è infatti usata come ossitocico e viene iniettata nella fase finale del parto specialmente in presenza di emorragie. Spesso si somministra insieme alla ossitocina. L’ergotamina non è invece adatta perché induce anche una forte vasocostrizione periferica. Questa sua capacità viene usata nel trattamento acuto dell’emicrania in cui riesce a combattere la vasodilatazione dei vasi del cranio.  Il trattamento prolungato con tutti gli alcaloidi dell’ergot è comunque da evitare per i problemi di necrosi che può portare alle estremità.

Il piu famoso derivato dell’acido lisergico è la lisergide (cioè la dietilammide o LSD): è un allucinogeno molto abusato ed è il più attivo tra gli psicotomimetici noti. E’ stato sintetizzato a partire dall’acido lisergico ed anche le piccole quantità assorbite accidentalmente durante la preparazione dal ricercatore (Hoffman nel 1943) causarono fortissime allucinazioni.

 

 

Alcaloidi Purinici

 

I derivati purinici caffeina, teobromina e teofillina vengono normalmente considerati alcaloidi purinici. Come tutti gli alcaloidi essi hanno una distribuzione piuttosto limitata ma la loro origine biogenetica è strettamente correlata a quella delle basi puriniche adenina e guanina componenti fondamentali di nucleosidi, nucleotidi ed acidi nucleici. La caffeina assunta sotto forma di bevande come te, caffe e cola è uno degli stimolanti naturali più ampiamente consumati e socialmente accettati.

 

 

Approfondimento: Questi alcaloidi sono derivati xantinici e normalmente sono presenti contemporaneamente nelle piante. Le principali fonti di questi composti sono quelle piante da cui si ricavano bevande come tè, caffè, cacao e cola e che devono le loro proprietà stimolanti proprio a questi alcaloidi idrosolubili. Questi composti inibiscono l’enzima fosfodiesterasi con conseguente aumento dell’AMP ciclico e successivo rilascio di adrenalina. Questo produce come effetti principali una stimolazione del sistema nervoso centrale, un rilassamento del muscolo liscio bronchiale ed una induzione della diuresi. La caffeina, tra questi, è il miglior stimolante. Un caffè espresso può fornire in media 40-60 mg di caffeina (2-4 mg per decaffeinato), una tazza di tè circa 40 mg, tazza di cioccolata 5 mg, bevande a base di cola 25-100 mg. La quantità giornaliera non dovrebbe superare 1g per evitare effetti collaterali. Gli effetti biologici prodotti dalla caffeina ingerita tramite le differenti bevande possono variare molto, poiché la biodisponibilità del principio attivo varia a seconda degli altri costituenti della bevanda da cui viene assunto.

ANTIBIOTICI b-LATTAMICI

Penicilline

Sono gli antibiotici più vecchi tra quelli utilizzati clinicamente, ma il loro uso è ancora ampiamente diffuso. La prima ad essere utilizzata in modo significativo è stata la penicillina G (benzilpenicillina).

 

E’ ottenuta dal fungo Penicillum chrisogenum per fermentazione in un brodo di cultura contenente liquido di macerazione di granturco. Questi composti hanno una struttura b-lattamica-tiazolidinica ed hanno origine da un tripeptide i cui componenti amminoacidici sono: l’acido l-amminoadipico (ottenuto da 2-oxoglutarico ed acetil-CoA), la l –cisteina, e la l -valina.

 

Gli studi più recenti indicano che la l-cisteina condensa con la l-valina in modo tale che l’enzima che catalizza questa reazione provochi anche l’inversione di configurazione del residuo di valina  durante la formazione di questo dipeptide. L’acido l-amminoadipico condenserà poi con questo dipetide per dare il tripeptide noto come ACV.

ACV ciclizza per dare la isopenicillina N ed un unico enzima catalizza la formazione dei due anelli del sistema biciclico delle penicilline. La reazione è ossidativa e richiede ossigeno molecolare. E’ stato accertato che il primo a formarsi è l’anello beta-lattamico.

 

Il passaggio da isopenicillina N a penicillina G avviene in quel particolare brodo di coltura, perché la feniletilammina presente viene trasformata dal fungo in acido fenilacetico che poi reagisce sottoforma di estere del Coenzima A per dare la penicillina G. In vie biosintetiche alternative si può avere prima la idrolisi a formare l’acido 6-amminopenicillanico (6-APA) che poi viene trasformato nel prodotto finale.

 

Altri tipi di penicillina possono essere ottenuti semplicemente fornendo al brodo di coltura acidi diversi.

La benzilpenicillina è ancora un farmaco utile per il trattamento di alcune infezioni da gram-positivi. E’ sensibile all’acidità gastrica e per questo non viene somministrata per via orale; si somministra invece il suo sale sodico, idrosolubile, per iniezioni intramuscolari od endovenose. Il problema della sua stabilità è comune a molte altre penicilline. A pH basici(>8) l’anello beta-lattamico si apre a dare l’acido penicilloico mentre a pH acidi si trasforma in acido penicillenico o penillico.

 

Quale è il motivo di tale instabilita? In fin dei conti una semplice ammide non viene mai idrolizzata in condizioni così blande. La risposta è nella particolare natura del ciclo b-lattamico dovuta all’elevato strain a cui è sottoposto. Motivi strettamente geometrici non consentono una efficace coniugazione tra l’atomo di azoto ed il gruppo carbonilico, che è alla base della inerzia del gruppo ammidico, e quindi l’anello b-lattamico subisce facilmente attacco da parte di molti nucleofili. Questa spiegazione della particolare instabilità degli antibiotici b-lattamici fu proposta all’inizio degli anni 40 da R. B. Woodward. In particolare Woodward metteva in evidenza come i 4 sostituenti marcati rosso non potessero trovarsi sullo stesso piano a causa della fusione dei due anelli. Infatti le penicilline risultano ancora più instabili dei semplici b-lattami monociclici. Il potere acilante dell’anello b-lattamico delle penicilline è paragonabile a quello di un cloruro acilico.

 

Quindi non appare strano che anche un ambiente debolmente basico (pH>8) possa avere una sufficiente concentrazione di ioni HO- da idrolizzare un anello b-lattamico. Più complesso è il meccanismo che porta alla disattivazione in ambiente acido. In questo caso è la protonazione dell’azoto lattamico (essendo scarsamente coniugato con il C=O, manterrà una residua basicità) che innesca l’attacco nucleofilo da parte del C=O ammidico presente in catena laterale. L’intermedio che ne deriva subirà poi diversi destini in base al pH della soluzione. Tale reattività impedisce una somministrazione orale della Penicillina G in quanto verrebbe immediatamente disattivata dai succhi gastrici. La più importante nuova penicillina prodotta è stata la fenossimetilpenicillina (penicillina V), risultato dell’addizione di acido fenossiacetico alla coltura batterica.

Questa penicillina ha il grande vantaggio di essere acido resistente a causa dell’introduzione di un eteroatomo elettron attrattore nella catena laterale che impedisce la degradazione rendendo meno nucleofilo il gruppo carbonilico presente in catena laterale. Per questo motivo la penicillina V può essere somministrata per via orale ed è utile per il trattamento di infezioni delle vie respiratorie e delle tonsille.

Molte altre penicilline sono state prodotte per semisintesi dall’acido 6-amminopenicillanico. L’acido può essere ottenuto per idrolisi della benzilpenicillina che può essere chimica (più conveniente industrialmente) o enzimatica.

Le penicilline contenenti un gruppo amminico basico come l’ampicillina e l’amoxicillina sono acido resistenti dal momento che a pH acido quel residuo viene protonato e quindi diviene un ottimo gruppo elettron attrattore. Inoltre questi farmaci hanno uno spettro d’azione ampio: sono attivi anche verso alcuni gram-negativi non sensibili alla penicillina G e V.

Le penicilline, come gli altri antibiotici b-lattamici, esplicano il loro effetto antibatterico legandosi ad alcune proteine (le cosiddette proteine penicillino-liganti) che intervengono nelle ultime tappe della biosintesi della parete cellulare batterica. Un costituente importante della membrana batterica è la rete costituita dal polimero peptidoglicano. Questo conferisce rigidità e resistenza alla parete cellulare. Il peptidoglicano è composto da lunghe catene polisaccaridiche (composte da N-acetilglucosammina ed acido N-acetil murammico uniti da legami b1→4) tenute insieme da catene peptidiche. La formazione del polimero finale avviene per cross-linking di singole catene polisaccaridiche del peptidoglicano e coinvolge un intermedio acil-D-ala-D-ala che mostra una stretta analogia strutturale con la molecola della penicillina.

Il residuo dipeptidico d-ala-d-ala viene attaccato dal gruppo ossidrilico di un residuo di serina presente nel sito attivo dell’enzima coinvolto (una delle proteine penicillino liganti) e si forma un nuovo estere con la serina. L’intervento del residuo di glicina derivante da una seconda catena di peptidoglicano idrolizza l’estere e forma il ponte tra due catene di peptidoglicano.

La conformazione in cui è stato scritto il residuo d-ala-d-ala mette in evidenza la analogia strutturale con i derivati b-lattamici. A causa di tale analogia la penicillina è in grado di occupare il sito attivo dell’enzima e di legarsi ad esso in modo irreversibile causando il blocco della biosintesi della parete cellulare.

 

Il microrganismo quindi muore per fuoriuscita del materiale cellulare dalla membrana incompleta.

Le penicilline, a causa del loro meccanismo di azione, sono antibiotici sicuri per la maggior parte delle persone, infatti non esiste nelle cellule dei mammiferi una struttura analoga a quella delle cellule batteriche e quindi l’azione è specifica.

E’ noto che i batteri sviluppano abbastanza facilmente resistenza alle penicilline; questo è dovuto, tra le altre cause, alla produzione di b-lattamasi, cioè di enzimi atti a idrolizzare il ciclo b-lattamico. Il meccanismo di azione è del tutto analogo a quanto visto nello schema precedente ( attacco di un residuo di serina ed apertura dell’anello, ma in questo caso il complesso che si forma è reversibile e l’acido penicilloico viene espulso dal sito che diventa di nuovo pronto all’idrolisi di una nuova molecola di penicillina.

Importanti, quindi tutti i tentativi atti ad eludere l’attività delle b-lattamasi che risultano molto specifiche per il tipo di penicillina. Per questo motivo variazioni strutturali della catena laterale della catena laterale delle penicilline possono ovviare a problemi di resistenza. Quest’azione ha dato vita a numerosi tipi di penicilline ed i più importanti sono elencati nelle due tabelle allegate.

Una via alternativa è quella di utilizzare antibiotici b-lattamici insieme ad acido clavulanico o suoi analoghi sintetici. L’acido clavulanico è prodotto da colture di streptomyces clavuligerus ed è un mediocre antibiotico, ma la sua caratteristica è di reagire molto velocemente con una larga serie di lattamasi.

 

La presenza del doppio legame esociclico sull’anello ossazolidinico, rende l’atomo di ossigeno parte di un enoletere e facilita l’apertura dell’anello a cinque termini con formazione di uno ione imminio, forte elettrofilo, che può facilmente attaccare un residuo nucleofilo del sito attivo della lattamasi. In questo modo si ha la formazione di un legame irreversibile ed inibizione completa della lattamasi. La funzione dell’acido clavulanico quindi è quella di bloccare le lattamasi e di aumentare il tempo di vita dell’antibiotico con cui viene somministrato. Una tipica associazione è amoxicillina-acido clavulanico (co-amoxiclav, uno dei nomi commerciali è augmentin). La particolarità dell’acido clavulanico, quindi è quella di avere una funzione enoletere che rende un ottimo gruppo uscente l’atomo di ossigeno coinvolto, a causa delle trasformazione dell’enolo in chetone. Una volta capito il principio questo può essere applicato alla sintesi di nuovi farmaci con la stessa attività biologica. Un esempio è il sulbactam.

 

In questo caso è stato sufficiente cambiare il grado di ossidazione dell’atomo di zolfo presente sull’anello tiazolidinico. Infatti il gruppo solfone è già un gruppo uscente sufficientemente efficace.

Sintesi totale della Penicillina V (J. C. Sheehan 1957) (tratto da Classics in Total Synthesis di K.C. Nicolau e E.J. Sorensen)

Lo studio della sintesi della penicillina V fu iniziato dal prof. Sheehan nel 1948 al MIT è fu coronato da successo solo dieci anni dopo, ed il tentativo di sintetizzare questo composto utilizzando i metodi della chimica organica classica fu paragonato dallo stesso Sheehan come tentare di aggiustare la molla di un orologio prezioso utilizzando un incudine, un martello e delle tenaglie.

Analisi retrosintetica

La sensibilità dell’anello b-lattamico impone che la sua costruzione avvenga in uno stadio avanzato della sintesi, possibilmente proprio nell’ultimo stadio. Per questo motivo la rottura retrosintetica dell’anello b-lattamico è proprio il primo passo e porta all’acido penicilloico come primo precursore. Il problema della lattamizzazione era cruciale. All’inizio del lavoro di ricerca furono tentate altre vie sintetiche che non prevedevano la lattamizzazione e si basavano su tutti gli studi precedenti eseguiti nel periodo bellico che ne dimostravano la difficoltà. Era quindi necessario sviluppare metodi più blandi di lattamizzazione rispetto a quelli noti all’inizio del lavoro di Sheehan. Gli altri passaggi erano più semplici ed il passaggio cruciale era la sintesi dell’anello tiazolico che poteva essere ottenuto per condensazione della penicillamina su un aldeide opportunamente sostituita.

Sintesi totale

Il primo sforzo sintetico è quindi diretto verso la sintesi della d-penicillamina, un composto ottenibile anche per degradazione delle penicilline. La sua sintesi inizia dalla valina racemica e procede attraverso due reazioni che riassumono una serie di passaggi sintetici che possono apparire abbastanza complicati

La reazione della valina con cloroacetilcloruro dà la corrispondente ammide che in anidride acetica si trasforma nell’ossazolone corrispondente. Questa serie di passaggi, per quanto complessa, viene attivata dalla formazione di una anidride mista che risulta abbastanza elettrofila da portare alla formazione dell’anello ossazolico. L’ossazolone così ottenuto è un buon accettore di Michael e viene sostituto con un atomo di zolfo per trattamento con NaHS. L’ammide che viene così ottenuta viene trasformata nel derivato ciclico solo perché questo, una volta trasformato in derivato formammidico, risulta facilmente risolvibile nei nsuoi due enantiomeri per trattamento con brucina, una base enantiomericamente pura che forma sali diastereomerici con il derivato racemo della penicillamina. Infine la deprotezione finale fornisce la d-penicillamina cloridrato in forma enantiopura. Il passaggio successivo riguarda la sintesi del derivato aldeidico che può essere ottenuto facilmente per reazione del t-butilftalimidoacetato con t-butilformiato in presenza di t-butossido di sodio.

 

Il prodotto così ottenuto può essere fatto reagire con la penicillamina cloridrato in etanolo acquoso tamponato con acetato di sodio e porta alla formazione di due derivati, epimeri al C-6, in un rapporto equimolecolare.

 

La reazione potrebbe portare alla formazione di 4 diastereisomeri, formandosi 2 centri stereogenici interessati alla reazione, ma la selettività è tale che solo due ne vengono formati. Il distereoisomero con la corretta configurazione è il D-a-6. Particolarmente interessante appare la possibilità di riequilibrare il D-g-6 per semplice riscaldamento di una sua soluzione in presenza di piridina. Il D-a-6 formatosi in soluzione precipita per raffreddamento mentre il  D-g-6 può essere ulteriormente riciclato.

A questo punto è necessario rimuovere il gruppo ftalimmido che può essere allontanato utilizzando idrazina (quale è la reazione e perché è così favorita?). Adesso è possibile introdurre il gruppo fenossiacetico per semplice reazione con il corrispondente cloruro acilico e rimuovere il gruppo estereo t-butilico per ottenere il precursore chiave per la reazione di lattamizzazione.

 

Siamo quindi arrivati al punto probabilmente più difficile per la sintesi, almeno per quanto riguarda le conoscenze acquisite alla fine degli anni 40. E’ solo nel 1955 che proprio il gruppo di Sheehan pubblicherà una metodologia per la formazione di legami ammidici che prevede l’uso della dicicloesilcarbodiimmide (DCC). Questa procedura viene effettuata a temperatura ambiente a pH neutro in ottime rese sfruttando l’attivazione del gruppo carbossilico da parte della DCC. Dopo due anni viene quindi infine completatat la sintesi della penicillina V aggiungendo 4 equivalenti di DCC ad  una soluzione diossano acqua del sale monopotassico del precursore ottenendo con una resa del 12% l’attesa penicillina V.

 

Appare particolarmente istruttivo chiedersi il perché di una resa così bassa. La motivazione risiede nel carattere nucleofilo del gruppo carbonilico dell’ammide in catena laterale. L’intermedio attivato può infatti subire attacco nucleofilo non solo dall’atomo di azoto dell’anello tiazolidinico ma anche dal gruppo carbonilico andando così incontro al processo detto di azlattonizzazione.

 

Questo tipo di reattività può trovare un confronto nel processo di degradazione delle penicilline in ambiente acido.

Nonostante la scarsa resa del passaggio finale, la sintesi della penicillina V era quindi riuscita.

Negli anni successivi lo stesso Sheehan ottimizzerà la sintesi di altri derivati delle penicilline pubblicando la sintesi dell’acido 6-amminopenicillanico in cui utilizzava la diisopropilcarbodiimmide come reagente attivante ed il gruppo tritile come protettore della funzione amminica in posizione 6.

 

L’acido 6-amminopenicillanico così ottenuto (67% di resa) è un utile precursore per la sintesi di altre penicilline con altri gruppi in catena laterale.

L’interesse per questa sintesi è tra l’altro legato anche alla capacità del gruppo di Sheehan di sviluppare nuove reazioni per superare problemi sintetici importanti. E’ infatti questo gruppo che per primo introduce l’uso di carbodiiimidi alifatiche e quello che sviluppa l’uso di esteri t-butilici come utili gruppi protettori rimuovibili in ambiente anidro attraverso l’uso di acidi di Lewis.

Altri antibiotici b-lattamici

Per quanto le penicilline rivestano, anche dal punto di vista storico, una grande importanza, la classe dei b-lattami presenta anche altri composti naturali che presentano le stesse caratteristiche di attività biologica o comunque possono risultare complementari all’azione delle penicilline. Questi composti possono essere classificati sulla base del loro scheletro con i nomi riportati nello schema seguente.

 

Abbiamo già visto l’acido clavulanico come esempio dello scheletro clavam, adesso vedremo le cefalosporine come esempio dello scheletro cephem.

Molto diffuse come antibiotici sono caratterizzate dalla presenza di un anello tiazinico, un anello a sei termini contenente un atomo di azoto ed uno di zolfo. Il loro nome è legato al fatto di essere prodotte da specie del genere Cephalosporium. Il composto capostipite di questa classe è la cefalosporina C la cui biosintesi parte proprio dalla isopenicillina N, che era un intermedio nella biosintesi delle penicilline.

 

Il meccanismo biosintetico non è ancora definitivo e questa è una possibile proposta. Le cefalosporine risultano in genere più stabili agli acidi delle penicilline e quindi possono essere somministrate per via orale, anche se, specialmente i primi esempi noti, risultano poco assimilabili a livello intestinale. Questo ha dato vita ad un numero molto elevato di nuove cefalosporine che si differenziano per entrambe le catene laterali presenti su i due anelli eterociclici.

Come è possibile vedere nelle tabelle precedenti le cefalosporine vengono divise per “generazioni”.

Questo è legato allo spettro antibatterico che ciascuna di loro possiede ed in parte al periodo di produzione. E’ quindi possibile che una cefalosporina di seconda generazione possa essere stata introdotta dopo alcune cefalosporine di terza. Attualmente vengono utilizzate cefalosporine di tutte e tre le generazioni. Un problema abbastanza diffuso riguarda la difficoltà di assimilazione di questi composti a livello intestinale. Una possibile soluzione è stata fornita dall’uso di pro-farmaci (pro-drugs) come cefuroxime-axetil e cefpodoxime-proxetil (vedi tabella seguente) in cui i gruppi esterei sul carbossile C4 vengono idrolizzati dopo l’assimilazione dalle esterasi.

 

Le cefalosporine rappresentano una risorsa molto importante come antibiotici in quanto meno sensibili alle lattamasi ed utile alternativa in pazienti allergici alle penicilline. Infatti solo il 10% dei pazienti allergici alle penicilline risulta anche allergico alle cefalosporine.

Sono stati sviluppati anche analoghi non naturali delle cefalosporine, i cosiddetti carbacefem, in cui l’atomo di zolfo è stato sostituito con un atomo di carbonio. Il primo esempio è stato il loracarbef che ha una attività antibatterica analoga al cefaclor ma presenta una maggiore stabilità, una emivita più lunga ed un migliore assorbimento per via orale.

Una variazione analoga può avvenire anche sullo scheletro delle penicilline (penam) dando origine ai carbapenem che sono però prodotti naturali in cui al posto di un atomo di zolfo è presente un atomo di carbonio. L’esempio più notevole è la tienamicina che contiene un atomo di zolfo nella catena laterale.

 

Questa caratteristica strutturale si ritrova anche negli acidi olivanici di cui è riportata sotto una struttura a titolo di esempio

Gli acidi olivanici non sono buoni antibiotici ma svolgono lo stesso ruolo dell’acido clavulanico nei confronti delle cefalosporinasi verso cui il clavulanico è molto poco efficace.

Infine un accenno può essere fatto per i monobattami. Il composto più semplice noto è quello che va sotto il nome di SQ 26-180 la cui struttura è riporatata nello schema seguente. Molti di questi composti naturali non hanno particolari proprietà antibatteriche ma la modifica delle loro catene laterali ha portao alla sintesi di composti molto importanti come l’aztreonam attivo verso Pseudomonas aeruginosa, Haemophilus influenzae, e Neisseria meningitidis.

 

 

La biosintesi dei monobattami è stata proposta iniziare dalla serina attraverso una trasformazione del gruppo ossidrilico in un buon gruppo uscente. Il gruppo N-sulfonato deriva da solfato.

Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=97969

Sito web da visitare: https://www.docenti.unina.it/

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