Corso di archivistica

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Corso di archivistica

Archivio
(da "Glossario" in Paola Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma 1995, p. 200-201):
 Archivio:
"1/a - Complesso dei documenti prodotti o comunque acquisiti da un ente (magistrature, organi e uffici centrali e periferici dello Stato; enti pubblici; istituzioni private, famiglie o persone) durante lo svolgimento della propria  attività.
L'archivio prodotto da un ente (che potremmo definire archivio in senso proprio) si suole chiamare:
archivio corrente, per la parte di documentazione relativa agli affari in corso; in questa fase i documenti sono usati prevalentemente per finalità pratico-amministrative;
archivio di deposito, per la parte di documentazione relativa ad affari esauriti, non più occorrente quindi alla trattazione degli affari in corso, ma non ancora destinata istituzionalmente alla conservazione permanente e alla consultazione da parte del pubblico; in questa fase tende a diminuire l'utilizzazione dei documenti da parte dell'ente che li ha prodotti e ad aumentare la richiesta di utilizzazione da parte dei ricercatori (la consultabilità dei documenti dello Stato e degli enti pubblici in questa fase è regolata dall'art. 22 del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409);
archivio "storico", per la parte di documentazione relativa ad affari esauriti, destinata - previe operazioni di scarto - alla conservazione permanente per garantirne in forma adeguata la consultazione al pubblico per finalità di studio o non di studio.

L'esaurirsi delle pratiche e il decorrere del tempo determinano il passaggio dei documenti dell'archivio corrente a quello di deposito e da quello di deposito a quello cosiddetto "storico".
Per enti che producono poca documentazione può capitare che la parte relativa agli affari esauriti (archivio di deposito e archivio "storico") si trovi nello stesso locale.
La documentazione selezionata per la conservazione permanente ("archivio storico") può essere concentrata in istituti che conservano istituzionalmente archivi di diversa provenienza, oppure può essere conservata a cura dello stesso ente che l'ha prodotta in apposite Sezioni separate d'archivio.
La prima soluzione è prevista per legge per la documentazione di organi e uffici dello Stato, preunitari e postunitari: gli archivi degli organi centrali e periferici degli Stati preunitari e gli archivi degli organi centrali e periferici dello Stato italiano debbono essere versati nei competenti Archivi di Stato. La seconda soluzione è prevista dalla legge per gli archivi degli enti pubblici; gli enti pubblici possono anche riunirsi in consorzio, affidando ad un unico impiegato la direzione delle rispettive Sezioni separate d'archivio; possono anche depositare i loro archivi presso gli Archivi di Stato. I privati, proprietari, possessori o detentori di archivi dichiarati di notevole interesse storico possono conservare gli archivi presso di sé, ottemperando ad alcuni obblighi posti per garantire la conservazione e la consultabilità dei documenti; possono anche depositare, vendere o donare i propri archivi agli Archivi di Stato, oppure ad altre istituzioni o persone purché vengano osservati i previsti obblighi.
È frequente il caso che presso un ente non si trovi soltanto la documentazione da esso prodotta nel corso dello svolgimento della propria attività (archivio in senso proprio), ma che si sia accumulato nel tempo un complesso di documenti costituito oltre che dai documenti da esso prodotti anche da archivi e singoli documenti ereditati da enti che avevano svolto in epoca anteriore funzioni analoghe, o interferenti o subordinate, o da archivi e singoli documenti pervenuti ad esso a vario titolo giuridico o per più o meno complesse vicende storico-istituzionali. Si usa la parola archivio, non esistendo un termine più specifico, anche per il complesso di documenti così formato, che, pur essendo costituito di archivi e singoli documenti di diverse provenienze, costituisce tuttavia un complesso unitario di materiale archivistico.

1/b - Si usa il termine archivio, in un'accezione più generica di quelle fin qui indicate, e anche fondo, parola ormai molto usata anche se non ha un significato chiaramente definito in italiano (la parola è d'origine francese), per indicare, all'interno di un Archivio di Stato o di un qualsiasi istituto in cui siano concentrati archivi di diversa provenienza, ciascun complesso documentario che abbia un carattere di unitarietà, sia nel caso si tratti dell' archivio di un determinato ente (archivio in senso proprio), sia che si tratti di un complesso di documenti prodotti da enti diversi ma confluiti per ragioni varie nell'ente che ha effettuato il versamento o il deposito, sia che si tratti di un complesso di documenti che sia il risultato di smembramenti, fusioni e riordinamenti eseguiti in Archivi di concentrazione, sia che si tratti di miscellane o di raccolte.

- Si chiama archivio anche il locale in cui un ente conserva il proprio archivio corrente e di deposito.

- Si chiama archivio anche l'istituto nel quale vengono concentrati archivi di provenienza diversa, che ha per fine istituzionale la conservazione permanente dei documenti destinati alla consultazione."

 

La definizione di archivio
(dalle "Dispense di Archivistica speciale", Anno accademico 2002-2003)

E' nel corso dell'età moderna che si sono poste le basi di quelle grandi istituzioni archivistiche destinate a raccogliere i documenti prodotti da uffici pubblici e da istituzioni private per conservarli al fine di consentire la loro consultazione sia per fini amministrativi che per studio.  Mi riferisco agli archivi che gli stati nazionali, le comunità locali, le istituzioni ecclesiastiche sono venute organizzando e che nel corso del nostro secolo hanno trovato una loro sistemazione definita.
In tutti i paesi la legislazione nazionale e locale e la regolamentazione degli altri istituti è venuta nel tempo a dare regole precise a proposito delle funzioni che debbono essere svolte dalle istituzioni destinate a conservare tali archivi e da quegli organismi che sono preposti alla sorveglianza degli archivi nella fase della loro costituzione.
Pur con le differenze relative alle denominazioni assunte nei diversi paesi, la vita dei documenti si è venuta così disciplinando sin dal momento della loro creazione in quanto atti amministrativi o di altra natura. Ed è regolata poi per tutte le fasi successive, in relazione all'uso che di tali documenti può essere fatto dal cittadino per le sue esigenze di informazione e dallo studioso per le sue attività di ricerca.
Un documento entra così a far parte dell'"archivio corrente" di un ente o di un privato, cioè di quel archivio che è utilizzato o può essere utilizzato quotidianamente per le attività proprie di quell'ente o per il lavoro  di quell'istituzione o di quel cittadino.
C'è una fase successiva nella storia del documento che comincia quando è finito l'uso per le necessità correnti di colui che l'ha prodotto ma il documento non può ancora essere consultato né studiato: in questo periodo il documento entra nell'"archivio di deposito". Talvolta tale archivio è individuato fisicamente in un luogo differente da quello proprio dell'archivio corrente, anche se ancora all'interno della sede dell'ente o della istituzione che lo ha prodotto e talvolta addirittura nella stessa stanza, nello stesso ufficio dove si trova l'archivio corrente. Non è l'ambiente fisico che determina la variazione di qualifica del documento: è invece il fatto che quel documento, quella pratica, quella 'posizione', quell'affare  sono considerati ormai conclusi e quegli incartamenti non sono più necessari o utili per il disbrigo delle pratiche correnti.
Terminato il periodo durante il quale il documento è rimasto nell'archivio di deposito, c'è un ultimo e definitivo passaggio: le carte divengono consultabili per il pubblico e per tale ragione vengono raccolte in una sezione dell'archivio che è chiamato "archivio storico", dove la 'storicità' è legata unicamente alla possibilità di consultazione dei documenti da parte del pubblico e non al valore del documento in sé. Prima di essere disponibile per il pubblico talvolta il documento ha subìto una verifica in relazione alla opportunità della sua ulteriore conservazione o della sua eliminazione perché  inutile: è l'operazione di "scarto", cioè di selezione dei documenti che possono essere distrutti perché giudicati di nessun interesse per i futuri eventuali utilizzatori.
In alcuni paesi le vicende dei documenti sono caratterizzate da due sole fasi: quella durante la quale il documento viene ancora considerato di attualità e quella della sua destinazione alla consultazione per fini di informazione o di studio. Viene eliminato in questi casi il passaggio attraverso l'archivio di deposito e il documento o appartiene all'archivio corrente oppure è divenuto consultabile per il pubblico e quindi è nell'archivio storico.

Vorrei tornare su alcune definizioni di archivio offerte dai teorici dell'archivistica italiana per richiamare alcuni problemi che appaiono più evidenti quando cominciamo ad interessarci più da vicino di quegli archivi che ho definito di uso corrente, cioè quegli archivi che un ente viene producendo e che continuamente usa o tiene a propria disposizione per un eventuale uso di tipo amministrativo o comunque funzionale all'attività dell'ente stesso.
Dice Elio Lodolini: "Non tutti gli scritti hanno carattere documentario, e non tutti i documenti costituiscono «archivio». Perché possa parlarsi di «documento» occorre - almeno secondo l'opinione corrente nel mondo occidentale - che lo scritto sia stato prodotto nel corso dello svolgimento di quella che, per intenderci, possiamo indicare come un'attività amministrativa, nell'accezione più ampia del termine: amministrazione di uno Stato o di una qualsiasi altra collettività organizzata, di un'azienda, di una famiglia, od amministrazione di singoli settori, politici, giudiziari, finanziari, militari, ecclesiastici, sanitari, tecnologici, scientifici. La narrazione di un cronista od il manoscritto di un'opera letteraria o scientifica, invece, essendo stati redatti sin dall'origine con lo scopo specifico di tramandare notizie o di esprimere il pensiero dell'autore, non hanno carattere documentario. L'«archivio», poi, nasce spontaneamente, quale sedimentazione documentaria di un'attività pratica, amministrativa, giuridica. Esso è costituito perciò da un complesso di documenti, legati fra loro reciprocamente da un vincolo originario, necessario e determinato, per cui ciascun documento condiziona gli altri ed è dagli altri condizionato."[1] [1]
E, nello stesso volume, Lodolini - quando esamina i vari significati che assume la parola archivio e le teorie a proposito del suo momento di nascita - manifesta la sua preferenza per considerare "«archivio» soltanto il complesso delle scritture che hanno perduto interesse amministrativo per gli uffici che le hanno prodotte,  [che] hanno acquistato maturità archivistica, sono state selezionate per la conservazione permanente": quindi, prima dell'archivio in tal senso, c'è solo la "registratura corrente" e la "registratura di deposito"[2] [2].
Per Paola Carucci "L'archivio è il complesso dei documenti prodotti o comunque acquisiti durante lo svolgimento della propria attività da magistrature, organi e uffici dello Stato, da enti pubblici e istituzioni private, da famiglie e da persone"[3] [3]. E, parlando dell'archivio corrente, di quello di deposito e di quello storico, dice che queste "rappresentano tre fasi, non sempre distinte, nella formazione di uno stesso archivio: nella prima è prevalente la finalità pratica dell'ente che produce i documenti e deve conservare i precedenti per poter svolgere un'azione efficace e responsabile, nella seconda questa finalità tende ad affievolirsi, nella terza infine è prevalente la finalità culturale e di ricerca"[4] [4].
A proposito della individuazione delle caratteristiche del documento che è raccolto negli archivi, la Carucci offre una serie di indicazioni che fanno riferimento sia alle scritture che tramandano la memoria di un fatto, sia alle testimonianze di qualunque genere che sono espressione di un periodo storico e ne consentono la conoscenza, sia infine gli oggetti materiali che possono anch'essi costituire i documenti di un archivio[5] [5].
Ho voluto citare questi due autori (due esperti e studiosi molto noti in Italia e all'estero, tutti due con una lunga esperienza di lavoro nell'amministrazione degli Archivi di Stato e poi docenti universitari, Presidi a breve distanza di tempo della medesima Scuola di specializzazione in biblioteconomia e archivistica presso l'Università di Roma) per sottolineare la complessità della materia e la varietà di posizioni per quanto riguarda la definizione di archivio e poi ancora circa la natura dei documenti che vi sono conservati. La definizione di Lodolini è perfetta quando presenta l'archivio come il frutto naturale, spontaneo di un'attività mentre lascia aperta la porta alla discussione quando definisce ciò che costituisce il «documento» e quando lo limita al documento scritto. Quello di cui parla Lodolini è il documento amministrativo. Il documento, per gli studiosi delle scienze umane,  ha un contenuto molto più ampio, anzi in alcune fasi della storia recente come quella dominata dal positivismo, il testo era diventato sinonimo di documento: quindi ogni testo era un documento. Ma non solo: il documento andava oltre il testo scritto per divenire ogni frammento, ogni impronta del passato capace di parlare allo studioso. Ed è in questo senso che parla delle testimonianze e degli oggetti materiali la Carucci, quando si riferisce a loro per dire che anche questi sono documenti che possono essere costituire la materia degli archivi e poi quando dice che lo stesso archivio nel suo complesso diviene un'opera che parla della sua stessa storia. Infatti "Nell'archivio ordinato si riflette la storia dell'istituzione che lo ha prodotto: l'archivio non è fonte storica solo per le informazioni che tramanda, ma anche perché -mediante rapporti significativi che si possono istituire tra le parti (serie) che lo compongono - consente di conoscere l'istituzione che operava nella società, i suoi condizionamenti, le sue finalità, i modi in cui di fatto operava. L'archivio è un'opera, un monumento (nel senso tecnico che lo differenzia da documento), del passato al pari di un edificio o di un reperto archeologico e costituisce in sé oggetto di studio per le sue caratteristiche strutturali e funzionali"[6] [6].
La discussione diviene ancora più aperta quando si passa ad esaminare le questioni specifiche che riguardano gli archivi contemporanei, cioè quegli archivi che si sono appena formati o che sono stati costituiti da qualche anno ma ancora svolgono saltuariamente una funzione di supporto all'attività quotidiana o che da poco hanno cessato di svolgere le funzioni tecniche e amministrative per le quali erano stati creati: nel linguaggio ufficiale sono gli "archivi correnti" e gli "archivi di deposito" o le "registrature correnti" e le "registrature di deposito" come si esprime Lodolini.  Appartengono a questo stesso gruppo le carte degli uffici dello Stato per le quali è venuto a cessare  o si è esaurito l'affare che aveva dato origine alla raccolta degli atti e che stanno quindi per essere versate agli Archivi di Stato.
Gli archivi che testimoniano dell'attività di uffici, enti, imprese, persone, associazioni in questo secondo dopoguerra, dal 1946 ad oggi, sono quasi per intero compresi in queste tipologie di archivi e cioè in alcuni casi sono - o sono ancora - archivi correnti, in altri casi sono archivi di deposito, in altri casi ancora hanno già esaurito la loro utilizzazione a fini amministrativi e quindi sono in procinto o sono già stati versati agli Archivi di Stato. Tutti questi sono quelli che io considero gli archivi contemporanei, molti dei quali sono di uso corrente o hanno perduto da poco tale qualifica.

Note
1.     1.    Elio Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Miilano 1995, p. 18
2.     2.    Ivi, p. 124
3.     3.    Paola Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma 1995, p. 19
4.     4.    Ivi, p. 221
5.     5.    Ivi, p. 25
6.     6.    Ivi, p. 43

 

Ordinamento dell'archivio
(da Elio Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Milano 1995, 7^ ed., p. 179-183)

Dalle definizioni sopra riportate, pur nella loro diversità, risulta ormai chiaro che l'archivio è un «insieme», un «complesso», una «totalità» di documenti, prodotti nel corso di un'attività pratica, giuridica, amministrativa e quale conseguenza dello svolgimento di quell'attività; prodotti naturalmente, spontaneamente, disposti all'origine in un modo che rispecchia direttamente, immediatamente, quell'attività, legati da un vincolo originario, necessario, determinato, e costituenti, in quanto tali, una universitas originaria, necessaria, determinata.
È appunto quel vincolo fra i documenti che caratterizza l'archivio e lo individua in maniera determinante. Una raccolta, una collezione, una miscellanea, una somma di documenti non costituiscono un archivio; anzi, come abbiamo detto, ne sono l'assoluta antitesi.
Ne discende come conseguenza diretta ed immediata che l'unico metodo per l'ordinamento di un «archivio» che possa dirsi tale è quello di ricostituire l'ordine originario delle carte, quell'ordine, cioè, che le carte ebbero al momento della loro nascita e che rispecchia il modo di essere e di funzionare dell'ente che le ha prodotte.
Tutti gli altri metodi che abbiamo sopra descritto (cronologico, alfabetico, geografico, decimale, per materia), in quanto diano alle carte un ordine diverso da quello originario, spezzano il vincolo originario fra esse esistente e quindi fanno venir meno la condizione basilare per l'esistenza stessa dell'archivio.
Quei metodi, anzi pretesi metodi, di ordinamento sono metodi soggettivi, che dipendono dalla volontà dell'ordinatore, il quale non solo può scegliere l'uno piuttosto che l'altro, ma, una volta adottato un metodo, può ulteriormente determinare a proprio arbitrio le voci o classi o categorie di un ordine per materia o le circoscrizioni territoriali di un ordine geografico.
La ricostituzione dell'ordine originario, invece, ha carattere oggettivo; chiunque sia l'archivista che l'applica ad un determinato archivio o fondo, il risultato è lo stesso. Se si mettesse in disordine per dieci o cento volte un fondo e lo si affidasse per l'ordinamento a dieci o cento archivisti diversi, il risultato finale dovrebbe essere sempre identico. Possiamo paragonare questo metodo di ordinamento degli archivi al metodo galileiano per le scienze esatte, secondo il quale un esperimento, da chiunque ripetuto nelle stesse condizioni e con lo stesso metodo, deve dare sempre lo stesso risultato. E ci piace, per inciso, qui ricordare come Georges Bourgin, direttore generale onorario degli Archivi di Francia, al 1° Congresso internazionale degli Archivi (Parigi, 1950), nel rivolgere un pensiero ed un saluto al maestro dell'archivistica, Eugenio Casanova, lo definì, forse inconsapevolmente proprio in questa ottica, come il «grande matematico degli archivi» (1).
Questo principio di ordinamento è denominato in Italia «metodo storico», locuzione, però, non del tutto chiara per i non archivisti, per cui è forse preferibile parlare semplicemente di «ricostituzione dell'ordine originario» delle carte.
In Francia si usa l'espressione «rispetto dei fondi» (respect des fonds), la quale nel significato letterale - il più usato - significa semplicemente che non si debbono mescolare fra loro carte provenienti da fondi diversi. D'altra parte, in Francia sia l'Archivio nazionale che gli Archivi dipartimentali avevano i già ricordati quadri di classificazione (cadres de classement) secondo i quali venivano disposti, a posteriori, i documenti man mano versati agli Archivi.
In un' accezione più ampia, invece, respect des fonds significa non solo il rispetto dei fondi, ma anche, all'interno di ciascun fondo, la ricostituzione dell'ordine originario. In questa seconda accezione è usata la locuzione dall'Elsevier's Lexicon del 1964, che indica come sinonimi «principio di provenienza» e «principio di rispetto dei fondi» (2). Molti studiosi francesi di archivistica affermano l'opportunità di conservare o ripristinare l'ordine originario, e lo stesso Manuel d'archivistique rileva che sostituire un ordine ad un altro è un passo che deve far esitare ogni archivista degno di questo nome (3).
Dal 1979, poi, in Francia è stata istituita la «série W», la quale - come spiega Michel Duchein - non è una vera e propria série come le altre che figurano nel cadre de classement e delle quali abbiamo dato un parziale elenco nel capitolo dedicato all'ordinamento per materia, ma piuttosto il contrario di una série nel senso tradizionale della parola (4). Il nome série W è stato adottato perché la lettera W era l'unica mancante nel cadre de classement. Sotto questa denominazione vengono indicati nell' Archivio nazionale e negli Archivi dipartimentali tutti i versamenti degli uffici, effettuati negli ultimi tempi, che rimangono fra loro separati, assicurando in tal modo il completo respect des fonds.
«Principio di provenienza» è la locuzione usata in Germania (Provenienzprinzip, contrapposto aPertinenzprinzip od ordinamento per materia) ed in numerosi altri paesi. Tuttavia, poiché ilProvenienzprinzip può essere inteso anche in un'accezione più restrittiva - cioè quella di non mescolare le carte prodotte da registrature diverse - si parla anche di «principio della registratura» (Registraturprinzip) per affermare il mantenimento od il ripristino dell' ordine originario che era stato dato ai documenti nella registratura corrente dell'ufficio produttore.
Negli Stati Uniti, Schellenberg distingue fra «principio di provenienza» (principle of provenance) e «principio dell' ordine originario» (principle of original order) (5), mentre Frank B. Evans adotta rispettivamente i termini [principle of] provenance e principle of sanctity of the original order e di quest'ultimo indica i sinonimi in alcune lingue: respect pour l'ordre primitifRegistratur Prinzipregistry principle (6).
Pure negli Stati Uniti, ma scrivendo in lingua spagnola, George S. Ulibarri distingue il «principio di provenienza» (principio de procedencia) in «principio di provenienza» propriamente detto, secondo il quale i documenti debbono semplicemente essere conservati distinti a seconda delle loro «fonti di nascita», e «principio dell'ordine originale» (principio del orden original), secondo cui i documenti debbono essere riportati all'ordine che era stato dato loro al momento della produzione (7).
Alla dottrina archivistica statunitense è altresì ispirata la definizione adottata nella «1^  Riunione interamericana sugli Archivi» svoltasi a Washington nel 1961. La definizione distingue fra i due princìpi, indicando come «principio di provenienza» quello secondo cui «i documenti debbono essere conservati inviolabilmente nel fondo archivistico cui appartengono naturalmente» e come «principio dell'ordine originario» quello secondo cui «l'ordine interno di un fondo archivistico deve essere mantenuto nella struttura che ebbe durante la vita attiva dei documenti». Più che la distinzione fra i due princìpi, però, è da sottolineare come sia stata raccomandata l'adozione di entrambi, l'uno complementare all'altro, ogni qualvolta ciò sia possibile (8).
Le numerose risoluzioni della «Riunione interamericana sugli Archivi» costituiscono un punto fermo per l'archivistica americana. Per esempio, negli atti del «1° Seminario nazionale degli Archivi storici» del Perù (Lima, 1985) si leggono definizioni assai simili a quelle sopra riportate (9).
In Spagna, mentre è usuale la locuzione «principio di provenienza», più di recente è stata introdotta anche quella, che non lascia adito a dubbi, di «principio di rispetto dell' ordine originale dei, documenti» (10) ed è stata altresì affermata la differenza fra le due (11).
Antonia Heredia Herrera intitola un paragrafo del suo manuale di archivistica «El principio de procedencia ode respeto al origen y al 'orden natural'» (12).
Infine, il Dizionario di terminologia archivistica del Consiglio internazionale degli Archivi (1984) alla voce arrangement/classement ha sanzionato - in contrasto con il Lexicon del 1964 - la distinzione fra i due princìpi, indicati rispettivamente come principle of provenance e come registry principle in inglese e come principe du respect desfond e principe du respect de l'ordre primitif in francese (13).
Comunque, ciò che importa sottolineare, al di là della diversa terminologia, è l'esistenza, in ogni lingua, di un principio di ordinamento degli archivi che postula il mantenimento o, meglio, la ricostituzione, dell'ordine dato alle carte dall'ufficio produttore al momento stesso della loro nascita.
Giorgio Cencetti definisce questo principio come «metodo archivistico» tout court, in quanto - egli afferma - non ve ne può essere altro per ordinare gli archivi (14).

Note
(l). "Archivum", I, 1951, p. 69: saluto di Georges Bourgin a "ce grand archiviste, à ce grand mathématicien, je puis dir, des Archives, qu'a été Eugenio Casanova", fra gli applausi dell' assemblea.
(2). Il "principe du respect des fonds" o "principe de provenance" è "le principe selon lequel chaque document doit etre placé dans le fonds d' archives dont il provient et, dans ce fonds, à sa place d'origine" (Elsevier's Lexicon on Archive terminology, Amsterdam-London-New York, 1964, alla voce).
(3). Ministère des Affaires culturelles, Manuel d'archivistique, Paris 1970, p. 197.
4). Michel Duchein, Gli Archivi in Francia nel 1989, in Studi sull'archivistica, Roma, 1992, pp. 21-22.
(5). T.R. Schellenberg, The management of archives, New York, Columbia University Press, 1965, p. 90.
(6). F.B. Evans, D.F. Harrison and E.A. Thompson, compilers; W.L. Rofes, editor, A basic glossary for archivists, manuscripts curators and records managers, in "The American Archivist", 37, 1974.
(7). George S. Ulibarri, Puntos comunes y diferencias entre archivos y bibliotecas, in "Boletin del Archivo general de la Nacion" del Venezuela, tomo LV, n. 208, enero-junio de 1965, pp. 5-19.
(8). Risoluzione n. 5, articoli 2, 3 e 5. La definizione, nel testo ufficiale in spagnolo (lingua della maggior parte delle nazioni d'America), dà le seguenti definizioni: "Principio de procedencia: los documentos deben conservarse inviolablemente dentro del fondo documental al que pertenecen naturalmente". "Principio del orden original: la ordenacion interna de un fondo documental debe mantenerse con la estructura que tuvo durante su servicio activo". Questi testi fondamentali sono stati pubblicati più volte; qui li citiamo dal "Boletin interamericano de Archivos", I, 1974, pp. 87-88.
(9). "Principio de procedencia: principio basico archivistico por el cual la documentacion debe conservarse invariablemente en el fondo al que naturalmente pertenece". "Principio del orden original: principio basico archivistico por el cual la documentacion debe mantenerse en el orden natural que tuvo al producirse" (Terminologia archivistica, in Primer seminario nacional de Archivos historicos. Acuerdos y recomendaciones (Lima, 16, 17, 18 de julio de 1985), Lima, Archivo general de la Nacion, s.d. [1986], p. 59).
(10). V. Cortés Alonso, Manual de archivos municipales, Madrid 1982, p. 66.
(11). L'affermazione è ripetuta in tre distinti volumetti pubblicati nel 1984 e nel 1985 a cura del "Grupo de Trabajo de Archiveros municipales de Madrid". Citiamo dal terzo: Cuadro de organizacion de fondos de archivos municipales. Ayuntamientos con Secretarias de 3a categoria, Madrid, Consejeria de Cultura y Deportes, Secretaria general técnica, 1985 ("Archivos. Cuadernos", n, 3), p. 11. In nota è citato il lavoro di T.R. Schellenberg, Principios archivisticos de ordenacion, Washington, 1961, al quale si rifà anche Ulibarri nel lavoro sopra citato alla nota 5.
(12). Antonia Heredia Herrera, Archivistica general. Teoria y practica, Sevilla, Diputacion provincial, 1986. Questo testo ha avuto poi successive edizioni.
(13). Ne riportiamo le definizioni:
"Principle of provenance. The basic principle that records/archives of same provenance must not be intermingled with those of any other provenance; frequently referred to as 'respect des fonds'. Also extended to include the registry principle".
"Principe du respect des fonds, principe de provenance. Principe fondamental selon lequel les archives d'une meme provenance ne doivent pas etre mélangées à celles d'une autre provenance; ce principe inclut parfois le principe de respect de l'ordre primitif".
"Registry principle. The principle that archives of a single provenance should retain the arrangement established by the creating agency, institution or organisation in order to preserve existing relationships and reference numbers; sometimes implied in the principle of provenance and also called the principle of respect for original order".
"Principe du respect de l'ordre primitif. Principe de théorie archivistique selon lequel les archives d'une meme provenance doivent conserver le classement établi par l'organisme d'origine; principe parfois implicite dans le principe du respect des fonds; dit aussi principe de 'Registratur'".
(Dictionary of Archival Terminology/Dictionnaire de terminologie archivistique, cit..alla voce).
(14). Giorgio Cencetti, Il fondamento teorico della dottrina archivistica, in «Archivi», s. II, a. VI, 1939, pp. 7-13; ristampato in G. Cencetti, Scritti archivistici, Roma 1970, pp. 38-46.

 

Archivistica
(da Eugenio Casanova, Archivistica, Siena 1928 ora in http://archivi.beniculturali.it/Biblioteca/indicerarita.html)

"Quella esperienza [relativa alla conservazione e alla valorizzazione di un archivio]  si manifesta, nel campo che coltiviamo, coll'applicazione di massime, di norme, di accorgimenti che le passate età hanno trovato e sperimentato e che attraverso i secoli sono divenute verità assolute, universali, immutabili nel tempo e nello spazio: di quelle verità sulle quali s'innalzano questa e tutte le altre scienze. Sopra di esse, infatti, si forma quella scienza degli archivi, alla quale è stato dato il nome di archivistica, che non è soltanto la disciplina della tenuta degli archivi, come molti, per non dire tutti, hanno sinora rivenuto, ma quella che abbraccia l'ampissimo campo della costruzione e manutenzione dei locali e della suppellettile racchiusavi, dell'ordinamento di questa suppellettile e della comunicazione di essa nel presente e nel futuro. Estensione sorprendente è questa, data alla scienza coll'aiuto d'innumerevoli altre discipline, non mai forse tentata da alcuno, certo non ancora compresa, ma pure, naturale risultato della lunga elaborazione, del lungo lavorio sopraccennati, che costituiscono per noi la storia degli archivi e dell'archivistica."

 

Archivistica speciale
(da Elio Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Milano 1995, 7^ ed., p. 22)

Secondo il significato che questa locuzione ha in Italia è "la storia delle istituzioni considerate non in se stesse, ma nella traduzione della loro organizzazione e della loro attività in sedimentazione documentaria di serie e fondi di archivio".

 

Gli archivi nella legislazione archivistica italiana

Gli archivi  hanno una tutela diversa da parte della legislazione italiana a seconda che si tratti di archivi di uffici dello Stato o di amministrazione pubblica, di archivi di enti, associazioni, imprese, persone, cioè a seconda che si tratti di archivi statali, di archivi pubblici o di archivi privati.
La formazione e la conservazione degli archivi dell'amministrazione dello Stato non ha una normativa unica né sempre coerente: il legislatore infatti è stato generoso nel definire le regole che dovevano presiedere all'organizzazione e al funzionamento degli Archivi di Stato (prevedendo quindi le carte che dovevano essere versate e i tempi e i modi del versamento) e delle Soprintendenze archivistiche (qui disciplinando le forme della vigilanza e della tutela sugli archivi delle amministrazioni pubbliche e sugli archivi privati di interesse storico), più parsimonioso nel disciplinare la formazione e la tenuta degli altri archivi.
Faccio riferimento al capitolo che Lodolini ha dedicato alla legislazione archivistica italiana[7] [7], per una prima ricognizione sommaria delle disposizioni che hanno più diretto riferimento con l'organizzazione degli archivi delle amministrazioni statali e degli enti pubblici. Lodolini afferma che i punti fermi della legislazione archivistica italiana sono il Regio decreto 27 maggio 1875, n. 2552 che stabilisce le regole per l'ordinamento generale degli Archivi di Stato e la Legge 22 dicembre 1939, n. 2006 sul "Nuovo ordinamento degli Archivi del Regno"[8] [8]. Altre disposizioni però egli riporta nell'elenco già citato che io segnalo qui per la loro attinenza alla questione che intendo sviluppare. Esse sono:
-         -       il Regio Decreto 25 gennaio 1900 sul regolamento per gli uffici di registratura e di archivio delle amministrazioni centrali;
-         -       il Decreto Luogotenenziale 30 gennaio 1916, n. 219 sull'alienazione delle carte fuori uso delle amministrazioni dello Stato e la semplificazione degli scarti;
-         -       il R.D. Legge 10 agosto 1928, n. 2034 che contiene provvedimenti relativi alla cessione alla Croce Rossa di materiali di scarto e il R.D.Legge 12 febbraio 1930, n. 84 e la Legge 17 aprile 1930, n. 578, che  modificano quello del 1928;
-         -       il R.D. Legge 22 dicembre 1939, n. 2006 sul "Nuovo ordinamento degli Archivi del Regno";
-         -       la Legge 14 aprile 1957, n. 251 sulla redazione a macchina di atti pubblici, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1959 di esecuzione della legge precedente, i Decreti della stessa Autorità del 3 agosto 1962 e del 10 aprile 1966 che contengono modifiche alle disposizioni precedenti;
-         -       il D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 che riguardo la nuova disciplina del settore degli archivi e del personale addetto;
-         -       la Legge 4 gennaio 1968, n. 15,  che riguarda norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione delle firme e la Legge 11 maggio 1971, n. 390 che si riferisce a modifiche ed integrazioni alla legge precedente;
-         -       il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'11 settembre 1974 che contiene norme per la fotoriproduzione sostitutiva dei documenti di archivio e di altri atti delle pubbliche amministrazioni;
-         -       il Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1975, n. 854 che riguarda attribuzioni del Ministero dell'Interno in materia di documenti archivistici.

Oltre alle norme che più direttamente si riferiscono all'amministrazione dello Stato (ma alcune di quelle estendono la loro efficacia anche agli enti pubblici ed ai privati), quelle che si riferiscono agli enti locali e che contengono disposizioni intorno agli archivi sono:
-         -       la Legge comunale e provinciale: R.D. 3 marzo 1934, n. 384, "Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale";
-         -       il DPR 30 settembre 1963, n. 1409, al Capo I del Titolo IV che pone obblighi in ordine alla conservazione, ordinamento, scarto, consultazione degli archivi degli enti pubblici

 

Note
7.     7.    Elio Lodolini, Organizzazione e legislazione archivistica italiana dall'Unità d'Italia alla costituzione del Ministero per i Beni culturali e ambientali, Bologna 1989, p. 27-62
8.     8.    Ivi, p. 55

 

La legislazione recente

Dopo il volume di Lodolini, è stato pubblicato il "Testo unico" sui beni culturali che contiene anche nuovi provvedimenti che riguardano gli archivi statali, pubblici e privati. Richiamo qui le principali disposizioni in materia di archivi.

(dal Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 440. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali:
...
Articolo 9 
Accertamento dell'esistenza  di  beni archivistici 
(Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, art. 37, commi 1 e 2) 
1. I privati proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di archivi dei quali facciano parte documenti anteriori all'ultimo settantennio sono tenuti, entro novanta giorni dall'acquisizione, a farne denuncia al soprintendente archivistico. 
2. Il soprintendente archivistico accerta d'ufficio l'esistenza di archivi o di singoli documenti, anche di data più recente, dei quali siano proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, i privati e di cui sia presumibile il notevole interesse storico.
.....
Articolo 21 
Obblighi di conservazione 
(Legge 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 5, comma 2; 11, commi 1 e 2; 12, comma 1; decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, artt. 38, lett. g e 42, comma 1; decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 3. art. 9, comma 1, lett. a) 
1. I beni culturali non possono essere demoliti o modificati senza l'autorizzazione del Ministero. 
2. Essi non possono essere adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla loro conservazione o integrità. 
3. Le collezioni non possono, per qualsiasi titolo, essere smembrate senza l'autorizzazione prescritta al comma 1. 
4. Gli archivi non possono essere smembrati, a qualsiasi titolo, e devono essere conservati nella loro organicità. Il trasferimento di complessi organici di documentazione di archivi di persone giuridiche a soggetti diversi dal proprietario, possessore o detentore è subordinato ad autorizzazione del soprintendente. 
5. Lo scarto di documenti degli archivi di enti pubblici e degli archivi privati di notevole interesse storico è subordinato ad autorizzazione del soprintendente archivistico.
....

Articolo 30 
Vigilanza sugli archivi delle amministrazioni statali e versamenti agli Archivi di Stato 
(Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, artt. 23, 24, 25, 27, 32; decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1478, art. 47; decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1975, n. 854, artt. 1 e 3) 
1. Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre quarant'anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate settant'anni dopo l'anno i nascita della classe cui si riferiscono. Gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l'esercizio professionale anteriormente all'ultimo centennio. 
2. Il soprintendente all'archivio centrale dello Stato e i direttori degli archivi di Stato possono accettare versamenti di documenti più recenti, quando vi sia pericolo di dispersione o di danneggiamento. 
3. Nessun versamento può essere ricevuto se non sono state effettuate le operazioni di scarto. Le spese per il versamento sono a carico delle amministrazioni versanti. 
4. Gli archivi degli uffici statali soppressi e degli enti pubblici estinti sono versati all'archivio centrale dello Stato e gli archivi di Stato, a meno che non se ne renda necessario il trasferimento, in tutto o in parte, ad altri enti. 
5. Presso gli organi indicati nel comma 1 sono istituite commissioni, delle quali fanno parte rappresentanti del Ministero e del Ministero dell'interno, con il compito di vigilare sulla corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, di collaborare alla definizione dei criteri di organizzazione, gestione e conservazione dei documenti, di proporre gli scarti di cui al comma 3, di curare i versamenti previsti al comma 1, di identificare gli atti di natura riservata. La composizione e il funzionamento delle commissioni sono disciplinati con regolamento. Gli scarti sono autorizzati dal Ministero. 
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al Ministero per gli affari esteri; non si applicano altresì agli stati maggiori dell'esercito, della marina e dell'aeronautica per quanto attiene la documentazione di carattere militare e operativo.
Articolo 31 
Archivi storici di organi costituzionali 
(Legge febbraio 1971, n. 147; legge 13 novembre 1997, n.395) 
1. La Presidenza della Repubblica conserva i suoi atti presso il proprio archivio storico, secondo le determinazioni assunte dal Presidente della Repubblica, con proprio decreto, su proposta del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di consultazione e di accesso agli atti conservati presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica. 
2. La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica conservano i loro atti presso il proprio archivio storico, secondo le determinazioni dei rispettivi uffici di presidenza. 
3. La Corte Costituzionale conserva i suoi atti presso il proprio archivio storico, secondo le disposizioni stabilite con regolamento adottato a norma dell'articolo 14 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come sostituito dall'articolo 4 della legge 18 marzo 1958, n. 265.
......
Articolo 40 
Obblighi di conservazione degli archivi 
(Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, artt. 30, comma 1, lett. c; 38, comma 1, lett. a) 
1. Gli enti pubblici hanno l'obbligo di ordinare i propri archivi e inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni. 
2. Allo stesso obbligo sono soggetti i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo degli archivi privati di notevole interesse storico. 
3. I soprintendenti archivistici vigilano sull'osservanza degli obblighi previsti dai commi 1 e 2.
....
Articolo 108 
Accesso agli archivi storici degli Enti pubblici 
(Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, art. 22; decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1975, n. 854; artt. 1 e 6) 
1. Le disposizioni dell'articolo 107 si applicano agli archivi storici degli enti pubblici. 
2. Salvo quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di accesso agli atti della pubblica amministrazione, è disciplinata con regolamento la consultazione a scopi storici degli archivi correnti e di deposito delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici.
Articolo 109 
Accesso agli archivi privati 
(Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, art. 38, comma 1, lett. b) 
1. I privati proprietari, possessori o detentori degli archivi o dei singoli documenti dichiarati a norma dell'articolo 6, comma 2, hanno l'obbligo di permettere agli studiosi, che ne facciano motivata richiesta tramite il soprintendente archivistico, la consultazione dei documenti che, d'intesa con lo stesso soprintendente, non siano riconosciuti di carattere riservato. 
2. Le modalità di consultazione sono concordate tra il privato e il soprintendente. Le spese sono a carico dello studioso.

Le disposizioni in materia di conservazione degli atti dei privati, in articolare delle imprese.

Le disposizioni che riguardano la produzione e la conservazione di documenti finalizzati a certificare la costituzione e il regolare funzionamento di imprese, di enti e associazioni e i documenti che regolano alcuni atti di particolare rilevanza giuridica nei rapporti tra privati, prima dell'avvento della nuova normativa che tegola i beni che sono squalificati come beni di interesse per lo Stato, sono contenute nei quattro codici vigenti nel nostro Paese e in particolare nel codice civile.
Fin da una prima indagine si rilevano le caratteristiche dei documenti in questione e si individuano i soggetti che sono tenuti ad averli ed a conservarli.
Le associazioni e le fondazioni riconosciute debbono essere costituite con atto pubblico (art. 14), debbono avere uno statuto (art. 16), debbono avere i registri delle deliberazioni degli amministratori e delle assemblee previste dallo statuto.
I privati che vogliano lasciare disposizioni a valere dopo la loro morte debbono fare testamento olografo (art. 602) o testamento per atto di notaio (art. 603) mentre quelli che vogliono compiere donazioni, lo devono fare attraverso atto pubblico (art. 782). Una parte considerevole degli atti che si legano alla nascita e all'esercizio del diritto di proprietà su un bene immobile devono essere attestati da documenti scritti.
Gli atti che testimoniano le decisioni  prese dalle assemblee condominiali e dai suoi amministratori sono registrati da documenti scritti (art. 1136). Sono redatti in forma scritta, per atto pubblico o per scrittura privata, i contratti che trasferiscono la proprietà sui beni immobili, che modificano il diritto di usufrutto, che costituiscono comunione, che modificano le servitù prediali e altri definiti in questa forma dalla legge (art. 1350).

Infine le imprese. Dice l'art. 2214:
"L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.  Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori."
Gli articoli successivi indicano le modalità della tenuta dei documenti sopra citati e infine l'art. 2220 riguarda la conservazione delle scritture contabili:
"Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione. Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti".

 

Fonte: http://lauramariasantoro.xoom.it/Pdf/SCUOLA%20DI%20ARCHIVISTICA/Dispensa%20di%20archivistica%20dal%20sito%20scritube.com.doc

Sito web da visitare: http://lauramariasantoro.xoom.it/

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