Corso di economia aziendale

Corso di economia aziendale

 

 

 

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Corso di economia aziendale

LE PROPORZIONI
La proporzione è un’uguaglianza fra due rapporti
a : b = c : d
si legge a sta a b come c sta a d          a,  b,  c,  d sono i termini della proporzione;
a  e  c  sono antecedenti, bd  sono i conseguenti.
Inoltre   a  e  d  costituiscono gli estremi, mentre b  e  c  i medi.
Proprietà fondamentale:
nelle proporzioni il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi.
Questa proprietà è utile per poter calcolare il cosiddetto quarto proporzionale, cioè il termine incognito quando siano noti gli altri tre.
a : b = c : d
;       ;        ;      
Verifichiamo questa proporzione:
80 :  20 =  16 : 4 ( i due rapporti sono uguali )
supponendo incognito un termine.
x :  20 =  16 : 2                      
80 :  y =  16 : 2                      
80 :  20 =  z : 2                      
80 :  20 =  16 : w                   

80 :  20 =  16 : 3 (questa non è una proporzione, perché i due rapporti sono diversi)
non viene soddisfatta la
Per risolvere problemi con le proporzioni, è importante riconoscere se due grandezze sono tra di loro direttamente o inversamente proporzionali.
Due grandezze sono tra loro direttamente proporzionali se all’aumentare dell’una aumenta anche l’altra
( se l’una raddoppia, raddoppia anche l’altra; se l’una triplica, triplica anche l’altra)
Due grandezze sono tra loro direttamente proporzionali se al diminuire dell’una diminuisce anche l’altra
( se l’una si dimezza, si dimezza anche l’altra; se l’una diventa 3 volte più piccola,anche l’altra diventa 3 volte più piccola).
Due grandezze sono tra loro inversamente proporzionali se all’aumentare dell’una diminuisce l’altra
( se l’una  raddoppia, si dimezza l’altra; se l’una triplica, diventa 3 volte più piccola l’altra)
Due grandezze sono tra loro inversamente proporzionali se al diminuire dell’una aumenta l’altra
( se l’una  si dimezza, si raddoppia l’altra; se l’una diventa 3 volte più piccola, l’altra diventa 3 volte più grande).
Risolvere le3 seguenti proporzioni:
100 : 20 = 50 : x                                 80 : 10 = x : 1                         90 : x =  10 : 2
x : 45 =  6 : 2                          160 :  x =  16 : 4                                 328 : 16 = x : 8

  • Un’industria produce 400 pezzi al giorno impegnando 200 operaie. Se le operaie venissero ridotte a 160 quanti pezzi al giorno potrebbero essere prodotti?

               E quanti pezzi se le operaie fossero aumentate a 300?
               (risultati: 320 pezzi, 600 pezzi).

  • La costruzione di una strada ha impegnato per 45 giorni una squadra di 5 operai. In quanto tempo il lavoro potrebbe essere completato se gli operai fossero 15?

               Ed in quanto tempo se gli operai fossero 25? (risultati: 15 giorni; 9 giorni).

 

  • Per costruire uno sbarramento sono stati utilizzati 25 operai che hanno lavorato per 40 giorni. Quanto tempo sarebbe occorso per costruire la stessa opera con 10 soli operai? E quanto con 40 operai? (risultati: 100 giorni; 25 giorni).

  • La spedizione di 230 tonnellate di merce è costata  €  21.850,00. Quanto sarebbe costata la spedizione di 215 tonnellate?

         E quanto la spedizione di 255 tonnellate? (risultati: €  20.425,000; €  24.225,00).

  • Un artigiano prepara degli asciugamani variopinti utilizzando pezze di tessuto continuo. Da ogni pezza di tessuto ottiene 110 asciugamani, ciascuno dei quali è lungo cm 60.

Calcolare quanti asciugamani potrebbe ottenere da ogni pezza se riducesse a cm 55 la lunghezza di ogni asciugamano (risultato: 120).

  • Un carico di merce è stato trasportato con un camion che ha percorso in 4 ore e 30 minuti la distanza di km 270.

                        Calcolare:

  • la velocità media in km/ora con cui il camion ha percorso la distanza;
  • quale sarebbe stato il tempo necessario se il camion avesse tenuto una velocità media di 75 km l’ora (risultati: km/ora 60; ore 3 e minuti 36).

I calcoli percentuali

I calcoli percentuali sono una particolare applicazione della proporzione.

La percentuale si esprime con il segno %
La proporzione percentuale base è la seguente:        100 : r = S : P
100          base percentuale (non è mai incognito)
                       tasso percentuale
r            ragione percentuale
              saggio percentuale
aliquota percentuale
S            somma sulla quale si calcola la percentuale
P            la percentuale
Se nella proporzione percentuale l’incognita è la P il problema si dice diretto;
se invece l’incognita è la S o la r il problema si dice inverso.

 

            Calcolare le seguenti percentuali:
l’8%                su €   15 870,00;                     il 6%               su €   72 452,00;
il 4,50%          su €   2 945,00;                       il 9,75%          su €   51 880,00;
il 7,25%          su €   1 297,00;                       il 7,25%          su €   63 517,00;
il 2%               su kg 97;                                 il 3%               su hl 80.
Un estensione della proporzione percentuale è la proporzione con il sopra-sotto cento:
100 : (100 + r) = S : (S + P) “sopra-cento”               100 : (100 - r) = S : (S - P) “sotto-cento”
Queste proporzioni si usano quando non serve conoscere il valore della percentuale e si vuole determinare direttamente la (S+P) o la (S-P), oppure quando non si conosce ne la S ne la P e
sono noti la r e la (S+P) o la (S-P) in questi casi il procedimento è inverso.


                        Risolvere i seguenti problemi:

  • In una partita di merce del peso lordo di quintali 120 la tara corrisponde al 5% del lordo. Determinare la tara (peso dell’imballaggio) ed il peso netto (risultati: quintali 6 e quintali 114).

 

  • Una partita di merce di tonnellate 15 lorde viene acquistata al prezzo di €  0,55 per  chilogrammo netto, tara 5% del peso lordo.
  • Determinare il peso netto in chilogrammi della merce e il suo prezzo di acquisto (risultati kg 14250; €  78.37,50).
      • All’Hotel Bristol i clienti sono ospitati al prezzo giornaliero di €  95,00, con supplemento del 15% a carico di quelli che occupano stanze con balcone. Sull’importo complessivamente dovuto a fine soggiorno è riconosciuta una riduzione 6% a quelli che si sono trattenuti per più di cinque giorni. In base alle condizioni sopra elencate si calcoli:
  • la spesa sostenuta da un cliente che ha soggiornato per 15 giorni in una camera senza balcone;
  • la spesa sostenuta da un cliente che ha soggiornato 4 giorni in una camera con balcone;
  • la spesa sostenuta da un cliente che ha soggiornato per 9 giorni in una camera con balcone (risultati: €   1.339,50; €   437, 00; €   924, 26).

 

      • La quota associativa al Club Nautico è di €  400,00 per trimestre, con supplemento 30% a carico di coloro che iscrivono anche il coniuge. Sull’importo totale annuo è applicata la riduzione del 15% per coloro che risulti associati da più di 5 anni.

                         Calcolare:

  • l’importo annuo dovuto da un nuovo socio che ha iscritto anche il coniuge (risultato  € 2.080,00);
  • l’importo annuo dovuto da un socio iscritto da 8 anni che frequenta il club da solo (risultato: €  1. 360,00);
  • l’importo annuo dovuto da un socio iscritto da sette anni che frequenta il club col coniuge (risultato: €  1. 768, 00).
  • Un rappresentante di commercio percepisce mensilmente la provvigione del 6% sugli affari conclusi.
    • Determinare il volume degli affari effettuati nel mese di novembre sapendo che gli è stato liquidato il compenso di €  3.288,00.
    • Determinare inoltre il compenso che gli è stato liquidato nel mese di dicembre tenendo presente che il volume di affari è stato di €  60.200,00 (risultati: € 54.800,00 e                   €  3.612,00).

 

  • La nostra azienda ha ottenuto uno sconto mercantile di € 18,68 corrispondente a 4,5% di una fattura di acquisto.

          Calcolare l’ammontare netto pagato; calcolare inoltre la percentuale di sconto mercantile che la nostra azienda avrebbe ottenuto se avesse versato a saldo €  394,25 (risultati €  396,43; 5,03%).

  • In una città viene tenuto un referendum tra la popolazione sulla proposta di trasformare giardini pubblici in parco termale. Sui 38.420 cittadini aventi diritto a partecipare al referendum hanno votato 32.657. Lo spoglio delle schede ha dato questi risultati: favorevoli 18.940, contrari 12.410 schede bianche e nulle 1.307.

                       Calcolare:

  • la percentuale dei votanti sul totale degli aventi diritto al voto;
  • i risultati percentuali sul totale dei votanti, dei favorevoli, dei contrari e delle schede bianche o nulle (risultati: 85%; 58%; 38%; 4%).

  • Il peso lordo di una merce è tonnellate 98,70, la tara è pari al 5% del peso netto è il prezzo è di €  0,43 il chilogrammo netto.

         Calcolare l’importo pagato per acquistarla, sapendo che si è ottenuto lo sconto mercantile del 4% (risultato: €  38.803,20)

  • Un padre di famiglia ha acquistato un elettrodomestico pagando € 323,00 dopo aver ottenuto dal rivenditore lo sconto del 15% sul prezzo di listino.

Determinare il prezzo di listino. (risultato: €  380,00)


I RIPARTI
Spesso si pone il problema di suddividere una determinata grandezza in quote direttamente o inversamente proporzionali a determinati parametri di riferimento: si tratta, in altre parole di effettuare dei riparti. I problemi di riparto sono diretti o inversi a seconda del criterio di proporzionalità seguito. Sono inoltre semplici o composti a seconda del numero di grandezze prese a base della ripartizione.

Per esempio, i soci di una società, a fine anno, si dividono l’utile conseguito. Se la suddivisione è effettuata in base alle somme che ciascun socio ha conferito e che, insieme, formano il capitale della società, il riparto è diretto (è maggiore la parte dell’utile del socio che ha conferito di più) e semplice (la base del riparto è costituita da un’unica tipologia di grandezze:
le quote di ciascun socio).
Se la suddivisione è effettuata, invece, in base alle quote conferite e alle giornate di lavoro che ciascun socio ha prestato nella società, il riparto è diretto composto (la parte di utile aumenta all’aumentare della quota conferita e del numero di giornate di lavoro prestato).

In questa sede prendiamo in considerazione i riparti diretti, semplici e composti, in quanto
hanno attinenza con i problemi di economia aziendale da noi studiati.
Iniziamo con i riparti semplici e indichiamo con Nil valore della grandezza da ripartire in parti
direttamente proporzionali ai valori a, b, cassunti dalle grandezze in base alle quali si esegue il riparto con  x, y, zil risultato del riparto stesso.
Chiaramente a ripartizione avvenuta avremo:          x + y + z = N
Formule:
coefficiente di riparto semplice        
coefficiente di riparto composto       

 

                        Risolvere i seguenti problemi:

  • La società Maggi & C. ha conseguito in un anno un utile netto di €  34.650,00. Tale utile viene ripartito fra i tre soci in proporzione diretta alle quote di capitale conferite nella società, che ammontano a €  90.000,00 per il socio Maggi, a €  110.000,00 per il socio Leonardi ed a  €  75.000,00 per il socio Pagliazzi.

Presentare il riparto dell’utile (risultati: €  11.340,00; € 13.860,00; €  9.450,00).

 

  • I commercianti Gaviglio, Rolandi e Siddi si sono associati per compiere un affare il risultato finale è stato un guadagno netto di €  59.466,00.

Procedere ai calcoli riguardanti la distribuzione del guadagno netto fra i tre associati tenendo conto:
a) che il loro accordo è di dividere in parti uguali il 50% del guadagno e di ripartire restante 50% in proporzione sia al capitale da ciascuno investito nell’affare sia alla durata di tale investimento;
b) che l’affare è stato portato a termine il 20 novembre e che i capitali investiti dagli associati sono stati i seguenti:

    • Gaviglio:     €  190. 000,00 investite dal 5 marzo;
    • Rolandi:      €  270.000,00 investite dal 13giugno;
    • Siddi:          €  240.000,00 investite dal 12agosto.

             (risultati: € 22.508,00; € 20.927,00; € 16.031,00).


LA PRODUZIONE
Per produzione s’intende il processo di trasformazione fisica di beni, la prestazione di servizi e ogni altra attività che crea o aumenta l’utilit๠dei beni rendendoli idonei al soddisfacimento dei bisogni

È possibile distinguere tra:
a)         produzione diretta, che comprende i processi di trasformazione fisica di beni (come la lavorazione e combinazione di materie prime il relativo ottenimento di prodotti finiti, l’assemblaggio di parti componenti), l’allevamento del bestiame, la pesca e la fornitura di servizi (come i trasporti marittimi, ferroviari e aerei; l’erogazione di acqua, gas ed energia elettrica):

  • produzione indiretta, che accresce l’utilità dei beni già esistenti, rendendoli disponibili nel luogo e al momento più opportuno per il soddisfacimento dei bisogni.

 

La produzione indiretta consiste:

•   nel trasferimento dei beni nello spazio, dai luoghi di produzione (dove sono disponibili in quantità eccedente il fabbisogno umano) ai luoghi di consumo (dove sono inesistenti o comunque disponibili in quantità insufficienti alla soddisfazione dei bisogni). Questa attività prende il nome di distribuzione; rappresentano esempi di beni distribuiti in tutto il mondo dai loro luoghi di produzione originari il cacao della Costa d’Avorio, il petrolio iraniano, il rame cileno;
•   nel trasferimento dei beni nel tempo; i beni prodotti in quantità sovrabbondante rispetto alle esigenze immediate di consumo vengono conservati per essere utilizzati in momenti successivi; ad esempio, la conservazione dei prodotti agricoli e ittici (attraverso il surgelamento, l’essiccazione, la cottura) ne permette il consumo nei mesi successivi a quelli della raccolta o della pesca.

¹  L’utilità è la capacità di un bene o di un servizio di soddisfare un bisogno.      


GLI ELEMENTI DEL SISTEMA ECONOMICO

FAMIGLIE

  • IMPRESE
  • STATO E GLI ENTI LOCALI

LA FAMIGLIA

La famiglia è la più antica ed elementare forma di organizzazione economico-sociale.
Le persone che ne fanno parte contribuiscono, in base alle loro possibilità, a procurare tutto quanto serve per soddisfare i bisogni dei componenti del nucleo familiare.
Per raggiungere queste finalità i membri della famiglia compiono le seguenti operazioni:

  • prestano attività lavorative a favore delle imprese e ricevono in cambio retribuzioni in denaro: salari e stipendi, nel caso di Lavoro subordinato; proventi professionali, nel caso di Lavoro autonomo;
  • consumano, ossia spendono una parte del denaro guadagnato per comprare cibo, vestiario, arredi per la casa, libri scolastici, medicine, svaghi e altri beni e servizi di cui necessitano; i mezzi monetari ottenuti servono, inoltre, per pagare imposte e tasse allo Stato e agli enti locali;
  • risparmiano mezzi monetari, allo scopo di soddisfare esigenze future;
  • investono i loro risparmi in vario modo: ad esempio, nell’acquisto di azioni o quote, che attribuiscono la veste di comproprietari di imprese, o di titoli di Stato o di obbligazioni emesse dalle imprese, che conferiscono la qualifica di creditore; tali investimenti generano remunerazioni in denaro (dividendi e interessi).

La famiglia è anche vista come un’unità di consumo; essa, infatti, utilizza beni e servizi acquistati all’esterno cedendo mezzi monetari e, in misura assai limitata, prodotti internamente (come cibi preparati e abiti confezionati in casa).

La richiesta di beni e servizi espressa dalle famiglie concorre a determinare la domanda globale del sistema economico e orienta le scelte produttive delle imprese, che devono tenere conto dei gusti e dei desideri dei consumatori.


LE IMPRESE
Le imprese sono organizzazioni economiche che svolgono un’attività di produzione e di scambio di beni e servizi atti soddisfare i bisogni
L’attività delle imprese dà luogo a una serie ininterrotta di cicli produttivi ognuno dei quali si articola in tre momenti essenziali:

      • l’acquisizione dei fattori(terreni, impianti e macchinari, materie prime, energie lavorative, servizi di altre imprese, mezzi finanziari ecc.) necessari allo svolgimento dell’attività produttiva; questa fase comporta il sorgere di costi misurati dalle uscite monetarie sopportate per procurarsi l’utilizzo di tali fattori.
      • la combinazionedei fattori produttivi acquisiti, allo scopo di realizzare il processo di trasformazione fisico-tecnica (che consente di creare prodotti o di prestare servizi) o il trasferimento dei beni nel tempo e/o nello spazio (che permette di accrescerne l’utilità);
      • la venditadei beni e servizi ottenuti e il relativo conseguimento di ricavi misurati da entrate di mezzi monetari; in tal modo, all’impresa affluiscono le risorse finanziarie necessarie a iniziare un nuovo ciclo di produzione.

La differenza tra i ricavi conseguiti con la cessione (li beni e servizi e costi sostenuti per l’acquisizione dei fattori produttivi è detta risultato economico (o reddito)
Questa differenza può essere:

  • positiva, se l’entità dei ricavi è maggiore di quella dei costi; il risultato economico positivo è chiamato utile;
  • negativa, se l’ammontare dei costi supera quello dei ricavi in tal caso, si ha un risultato economico negativo, ossia una perdita.

I1 risultato economico è calcolato confrontando i ricavi e i costi relativi a un determinato periodo (generalmente un anno).
Per questa ragione bisogna tenere presente che, mentre il costo di alcuni fattori produttivi a utilizzo singolo (come le materie prime consumate) si può riferire direttamente a un anno, il costo d’acquisto dei fattori produttivi a utilizzo ripetuto (come i macchinari o le attrezzature) deve essere ripartito negli anni in cui detti beni vengono utilizzati.


LO STATO E GLI ENTI LOCALI

LO STATO
Lo Stato è un ente indipendente e sovrano che, nell’ambito del suo territorio, tutela il benessere dei soggetti che ne fanno parte (cittadini) e garantisce, attraverso un complesso di norme (Costituzione e leggi ordinarie), una pacifica convivenza sociale.
Lo Stato ricopre un ruolo fondamentale nel sistema economico in quanto, con l’erogazione di servizi pubblici, soddisfa bisogni essenziali della collettività, come la difesa del territorio nazionale, l’amministrazione della giustizia, il mantenimento dell’ordine pubblico.

Lo Stato fornisce, inoltre, una vasta gamma di opere, strutture e servizi, dette infrastrutture; esse costituiscono il presupposto indispensabile per un efficiente esercizio delle attività economiche (come le reti di comunicazioni stradali e ferroviarie, gli acquedotti, i porti, gli aeroporti, le fognature ecc.) o consistono nella prestazione di servizi di pubblica utilità (come le scuole e gli ospedali).
La presenza di infrastrutture valide e adeguate è un fattore che condiziona la scelta del luogo in cui esercitare un’attività produttiva (cosiddetta localizzazione delle imprese). Ad esempio, un’impresa preferisce localizzarsi in una zona in cui esistono reti autostradali o snodi ferroviari efficienti, perché in tal modo è collegata meglio con i mercati di sbocco ossia di destinazione dei suoi prodotti: ciò le permette di sostenere minori costi di trasporto e, quindi, a parità di altre condizioni di realizzare maggiori utili.
L’offerta di tutti questi servizi comporta notevoli spese pubbliche; lo Stato necessita, quindi, di mezzi monetari, che si procura attraverso:

        • entrate tributarie, costituite da imposte e tasse corrisposte dalle famiglie e dalle imprese;
        • entrate extra-tributarie, rappresentate da proventi patrimoniali (ad esempio, la riscossione di fitti attivi), risultati economici di imprese pubbliche e altri proventi;
        • accensione di prestiti, ossia tramite l’emissione di titoli di debito.

Nell’allestimento dei servizi di pubblica utilità, lo Stato può scegliere di seguire criteri diversi da quelli che orientano l’attività delle imprese private. Lo Stato, infatti, può decidere di prestare un servizio anche se la sua erogazione comporta una perdita, quando risulta preminente l’interesse pubblico, ossia quando prevale l’esigenza collettiva indipendentemente dal risultato economico. Ad esempio si può stabilire di aumentare la frequenza e l’efficienza dei trasporti ferroviari, sostenendo maggiori costi per migliorare il servizio (e quindi il benessere dei cittadini), anche se questa decisione può comportare il sostenimento di una perdita.
Per svolgere la sua attività lo Stato si avvale di organi centrali e periferici, e delega compiti e funzioni ad altri enti pubblici. Questi organi ed enti costituiscono la pubblica amministrazione.

 

GLI ENTI LOCALI

Gli enti locali (Regioni, Province e Comuni) sono organismi pubblici che soddisfano bisogni collettivi delle persone che risiedono sul loro territorio.

Essi svolgono sia funzioni proprie attribuite dalla Costituzione, sia compiti loro assegnati o delegati dallo Stato. Alcuni esempi di servizi forniti dagli enti locali sono l’assistenza sanitaria, i corsi di formazione professionale, la costruzione e la manutenzione di strade, i trasporti urbani e così via.
Per svolgere la loro attività, gli enti locali ottengono mezzi finanziari dallo Stato o il reperimento direttamente attraverso le imposte o l’accensione di prestiti.


I SETTORI DELLA PRODUZIONE
Le attività di produzione sono tradizionalmente distinte in tre settori
1) i1 settore primario;            2) il settore secondario;        3) il settore terziario.
Il settore primario è costituito dalle attività di produzione diretta che utilizzano risorse naturali senza far subire loro significative trasformazioni. Esso raggruppa le più antiche forme di attività produttiva esercitate dall’uomo e destinate a soddisfare bisogni primari; ne sono esempi la coltivazione dei terreni, l’allevamento del bestiame, la caccia, la pesca, l’estrazione di prodotti del sottosuolo terrestre e così via.
Il settore secondario comprende le attività di produzione diretta che trasformano le risorse naturali in beni da destinare al consumo o ad altre produzioni (beni strumentali). Tali attività sono esercitate dalle medie e grandi imprese industriali o dalle piccole aziende artigiane, che possono operare in svariati campi: alimentare, tessile, meccanico, edile, chimico, farmaceutico e così via.
Il settore terziario include:

        • la produzione indiretta di beni, come la distribuzione di merci;
        • la prestazione di svariati servizi destinati sia alle famiglie sia ad altre imprese, come i trasporti, l’istruzione scolastica, le prestazioni alberghiere, l’assistenza sanitaria, le telecomunicazioni, il credito bancario, le assicurazioni

Da qualche decennio si è sviluppato (ed è in piena evoluzione) anche il settore del terziario avanzato (o innovativo); esso si riferisce alla prestazione di tutti quei servizi che sono offerti impiegando tecnologie d’avanguardia e personale altamente qualificato.
Il terziario avanzato ingloba i servizi informatici e telematici; le attività di marketing; di ricerca e selezione del personale; di progettazione, costruzione e collaudo di impianti industriali ecc.
Negli ultimi trent’anni, si è assistito a una progressiva riduzione del numero degli occupati nei settori primario e secondario, a vantaggio del terziario, che è diventato il settore prevalente dei sistemi economici avanzati.
Questo fenomeno, noto come terziarizzazione dell’economia, è stato stimolato dallo sviluppo e dall’applicazione di moderne tecnologie produttive (quali, ad esempio, l’automazione, le fibre ottiche, la bioingegneria, la telematica ecc.), che hanno consentito di moltiplicare l’efficienza delle produzioni industriali.


LE ENTRATE DELLO STATO
Le fonti da cui hanno origine le entrate degli enti pubblici territoriali, e dello Stato in particolare, si distinguono in:
•  entrate tributarie;
•  entrate extra-tributarie;
•  accensioni di prestiti.

Le entrate tributarie rappresentano la maggiore fonte d’introito di mezzi monetari dello
le imposte;
Stato; esse, dette anche genericamente tributi, sono:                        le tasse
i contributi.
Per comprendere la natura delle diverse entrate tributarie è necessario introdurre i concetti di servizi pubblici indivisibili e servizi pubblici a domanda individuale.
I servizi pubblici indivisibili sono quelli destinati all’intera collettività, goduti quindi indistintamente da tutti.
Si tratta di servizi pubblici generali per i quali non è possibile misurare il beneficio ottenibile dal singolo cittadino, né è possibile produrre in conformità alle specifiche esigenze di ciascuno poiché sono destinati a tutta la collettività nel suo complesso. Ne sono esempi il servizio dell’ordine pubblico e quello della difesa da nemici esterni.

LE IMPOSTE

Le imposte costituiscono la fonte delle entrate con cui far fronte alle spese che garantiscono ai cittadini i servizi pubblici indivisibili.
Le imposte sono prelievi coattivi (cioè obbligatori) operati dallo Stato o da un altro ente pubblico territoriale sulla ricchezza dei cittadini e delle imprese, al fine di raccogliere i mezzi necessari all’erogazione dei servizi pubblici generali e indivisibili.
Attraverso le imposte, i costi dei servizi pubblici indivisibili vengono fatti gravare indistintamente su tutti i cittadini (ossia senza prendere in considerazione se i singoli ne abbiano fatta richiesta o meno); questi hanno l’obbligo di concorrere al sostenimento delle spese in rapporto alla loro capacità contributiva, ossia in base al contributo economico che ciascuno può apportare allo Stato tenendo conto dell’ammontare dei redditi o del patrimonio che possiede.

LE TASSE

I servizi pubblici a domanda individuale, detti anche servizi pubblici speciali, sono quelli erogati su richiesta dei singolo utente (cittadino, impresa, ente pubblico); per essi è possibile individuare il beneficio diretto ottenuto dal richiedente.
Sono esempi di servizi pubblici a domanda individuale il servizio scolastico, i servizi di trasporto pubblico e il servizio sanitario. Le tasse procurano entrate che coprono solo parzialmente le spese sostenute per attuare detti servizi.

  • Le tasse sono corrispettivi parziali fatti pagare ai fruitori di servizi pubblici speciali prestati su specifica richiesta.

A differenza delle imposte che devono essere pagate da tutti, sia pure in funzione della singola capacità contributiva, le tasse devono essere versate solo da coloro che chiedono e usufruiscono di un determinato servizio pubblico. Il corrispettivo che si paga è detto “parziale” perché copre solo in parte la spesa del servizio erogato. È noto ed evidente che le tasse, pagate all’inizio di ogni anno scolastico all’atto dell’iscrizione, non compensano, se non in minima parte, i costi che lo Stato sostiene per fornire il servizio dell’istruzione pubblica.
La parte delle spese che non è controbilanciata dalle tasse viene coperta da tutti i contribuenti” tramite il pagamento delle imposte. Ciò si giustifica in quanto, pur trattandosi di prestazioni pubbliche a domanda individuale, lo Stato fornisce comunque servizi che sono di interesse generale.

I CONTRIBUTI

I contributi sono prelievi coattivi di ricchezza attuati nei confronti di determinati soggetti, in quanto gli stessi traggono un’utilità personale da un servizio pubblico rivolto a tutta la collettività.
Essi rappresentano un tipo di entrata con caratteristiche intermedie tra quelle delle imposte e delle tasse; sono, infatti, obbligatori come le imposte, ma sono dovuti solo da coloro che ricevono un vantaggio dal servizio erogato, come nel caso delle tasse.
Ne costituiscono esempi i contributi di urbanizzazione, che devono essere versati al Comune da coloro che vogliono costruire un fabbricato, in quanto usufruiranno di servizi essenziali come l’illuminazione stradale e le reti fognarie, e i contributi sociali che devono essere versati in relazione a prestazioni di lavoro dipendente o autonomo.
I contributi sociali devono essere obbligatoriamente versati agli enti pubblici previdenziali, ossia all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e all’Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro (INAIL). Tali enti gestiscono le assicurazioni obbligatorie che, tra l’altro, garantiscono ai lavoratori:
•  un’indennità, in caso di malattia o di incidenti che determinano temporaneamente l’assenza dal lavoro;
•  la pensione in caso di malattia o di incidenti che determinano permanentemente l’inabilità al lavoro
•  un’indennità giornaliera temporanea, in caso di disoccupazione involontaria o nel caso di lavoratrici in stato di gravidanza;
•  la pensione, quando il lavoratore lascia l’impresa per raggiunti limiti d’età;
•  la pensione di reversibilità, spettante ai superstiti (coniuge, figli minori o inabili ecc.) in caso di morte del lavoratore.
I contributi sociali dovuti all’INAIL gravano per intero solo sulle imprese. I contributi dovuti all’INPS sono, invece, per una parte (la maggiore) a carico del datore di lavoro, e per una parte (minore) a carico del lavoratore. La quota a carico del dipendente è trattenuta mensilmente dal datore di lavoro sulla retribuzione spettante al lavoratore e, per conto di questi, versata all’INPS.

LE ENTRATE EXTRA-TRIBUTARIE

Le entrate extra-tributarie non derivano da prelievi coattivi, cioè obbligatori, come le imposte e i contributi, ma da altre fonti; esse sono costituite da:

•  proventi patrimoniali, ossia introiti originati dalla vendita o dall’affitto di immobili pubblici a privati, oppure dalla riscossione di crediti;

•  proventi di attività di imprese gestite dallo Stato o da altri enti pubblici in situazione di monopolio o in concorrenza con imprese private; ne sono esempi la distribuzione dei tabacchi per lo Stato, l’attività di trasporto urbano o l’erogazione di acqua o gas per i Comuni; va, però, tenuto presente che talvolta tali imprese, invece di conseguire utili (e quindi entrate), subiscono perdite in quanto praticano prezzi politici (inferiori ai costi);

  • proventi delle lotterie, come il totocalcio, il lotto, l’enalotto, il gratta e vinci e il superenalotto.

 

LE ENTRATE DERIVANTI DALL’ACCENSIONE DI PRESTITI si riferiscono prevalentemente all’emissione di titoli pubblici o all’accensione di debiti a media/lunga scadenza.

LE IMPOSTE

                                    DIRETTE
Le imposte     
INDIRETTE

Le imposte dirette colpiscono direttamente la ricchezza dei cittadini (reddito prodotto o patrimonio posseduto), ossia la loro capacità contributiva.
Si classificano in:
•  imposte sul reddito, se gravano sulla ricchezza prodotta, vale a dire sul reddito conseguito dal contribuente (salari o stipendi, per interessi, fitti, utili di imprese ecc.) nell’arco di un anno
•  imposte sul patrimonio, se colpiscono il valore di determinati beni (terreni e fabbricati, depositi bancari, titoli ecc.) o il valore della totalità dei beni posseduti dal contribuente in un dato momento. Rappresentano una quota non rilevante delle entrate pubbliche.


Le imposte dirette del sistema tributario italiano sono:
•  l’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), che è un’imposta a carattere personale e progressivo, che colpisce tutti i redditi di qualsiasi natura conseguiti dal contribuente anche occasionalmente
•  l’IRES (imposta sul reddito delle società), che è un’imposta proporzionale che grava sui redditi conseguiti da enti e società (come le società per azioni) che hanno autonomia patrimoniale e alle quali è stata riconosciuta personalità giuridica;
•  l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), che è un’imposta proporzionale che si applica sul valore della produzione netta delle imprese o dei lavoratori autonomi derivante dall’attività svolta sul territorio della Regione ;
•  l’IMU (imposta municipale sugli immobili), che è un’imposta proporzionale con aliquote che variano da Comune a Comune; colpisce il valore dei fabbricati e dei terreni; è, quindi, un’imposta patrimoniale e viene riscossa dai Comuni in cui sono situati gli immobili
•  l’imposta sostitutiva: si applica ai redditi derivanti dall’impiego di capitali percepiti da persone fisiche, come ad esempio gli interessi che maturano sui titoli di Stato o sui conti correnti bancari e postali. Detti interessi sono colpiti da una ritenuta fiscale, detta ritenuta d’imposta, nella misura del 12,50% (nel caso di interessi percepiti su titoli di Stato) e del 20% (nel caso di interessi maturati sui depositi bancari e postali).


Le imposte indirette sono quelle che colpiscono le manifestazioni meno visibili della capacità contributiva, come gli come gli scambi e i consumi.

Pertanto, mentre le imposte dirette gravano sul reddito nel momento in cui viene prodotto, le imposte indirette colpiscono il reddito nel momento in cui viene consumato o investito.
Le più importanti imposte indirette vigenti nell’ordinamento tributario italiano sono:

  • l’lVA (imposta sul valore aggiunto), che grava sul consumatore e utente quando acquista beni e servizi
  • le imposte di fabbricazione (dette anche accise) , dovute dalle imprese che producono determinati beni come gli alcolici o la benzina; esse, tuttavia, incidono sul consumatore finale che paga un prezzo maggiorato da dette imposte;
  • le imposte sulle successioni e donazioni, che si applicano sul valore dei beni trasferiti agli eredi (in caso di decesso del proprietario) o ad altri soggetti (in caso di donazione);
  • l’imposta di bollo, che si applica al momento della compilazione di specifici documenti o della effettuazione di determinate operazioni; ne sono esempi il bollo sulle cambiali, o quello su alcune operazioni di compravendita di titoli;
  • l’imposta di registro, dovuta su alcuni atti che, per essere produttivi di effetti giuridici, devono essere iscritti in registri appositamente previsti dalla legge (ciò avviene nel caso di acquisto di un fabbricato o di costituzione di una società).

Le imposte indirette pertanto si pagano quando si verificano specifici eventi: l’acquisto di un bene, il consumo di un carburante, l’ottenimento di un’eredità o di una donazione, l’emissione di una cambiale, la costituzione di una società e così via.


L’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE

Soffermiamoci sull’imposta diretta che provoca il maggiore gettito tributario e che grava sul reddito di tutte le persone fisiche. Ovviamente prenderemo in considerazione solo alcuni elementi fondamentali, rinviando uno studio più approfondito di questa imposta al momento in cui disporremo di un maggior numero di conoscenze di base.
L’IRPEF colpisce, con aliquote progressive, la capacità contributiva delle persone fisiche, determinata dall’importo complessivo di tutti i redditi conseguiti in un anno.
Il reddito complessivo è costituito dalla somma dei proventi che rientrano nelle seguenti categorie: redditi da fabbricati e terreni, redditi da investimento di capitali, redditi da lavoro dipendente o autonomo, redditi derivanti dall’esercizio di imprese, altri redditi diversi.
Non concorrono a formare il reddito complessivo i proventi delle persone fisiche già assoggettati alla fonte a imposta sostitutiva, come gli interessi sui conti correnti bancari e postali e gli interessi sui titoli di Stato.
Per calcolare l’IRPEF occorre procedere come segue:

  • si sommano tutti i redditi conseguiti nell’armo dal contribuente, escludendo quelli già colpiti da imposta sostitutiva; si ottiene così il reddito lordo complessivo
  • si calcola il reddito imponibile, sottraendo dal reddito complessivo gli oneri deducibili, tassativamente indicati dalla legge (come i contributi previdenziali versati all’INPS e le somme erogate a favore di istituzioni religiose entro determinati limiti di importo);
  • si determina l’IRPEF lorda applicando le aliquote progressive al reddito imponibile (vedere la tabella che segue). In pratica il reddito imponibile è frazionato in più fasce, dette scaglioni, e a ogni scaglione si applica un’aliquota via via più alta mano a mano che cresce il reddito imponibile;

Tabella delle aliquote per Il calcolo dell’IRPEF con riferimento ai redditi dell’anno 2013

  • si individuano le detrazioni d’imposta previste dalla legge, spettanti al singolo contribuente; esse consistono in:
    • detrazioni per reddito di lavoro dipendente, decrescenti al crescere del reddito del contribuente; sono concesse per tenere conto forfetariamente delle spese sostenute per ottenere detto reddito;
    • detrazioni per carichi di famiglia (a condizione che i familiari a cui si riferiscono siano titolari di redditi non superiore a un determinato importo stabilito dalla legge); trattasi di detrazioni per il coniuge a carico (anch’esse decrescenti con l’aumentare del reddito del contribuente) e detrazioni per i figli a carico;
  • si calcola l’IRPEF netta, sottraendo dall’IRPEF lorda le detrazioni d’imposta previste dalla legge.

 

ESERCITAZIONI SVOLTE

              • Progressività dell’imposta e calcolo dell’IRPEF lorda

Il contribuente Franco Garzetti ha un reddito imponibile di €  27.010,00. Vogliamo determinare l‘IRPEF lorda corrispondente a detto importo.
Il reddito suddiviso in scaglioni va immaginato come se fosse costituito da più gradini (tra loro diseguali); a ogni gradino corrisponde un’aliquota diversa e crescente.

L’IRPEF viene calcolata applicando:

--------------------------------------

              • Calcolo dell’IRPEF lorda annua a carico di un lavoratore dipendente

L’impiegato Ignazio Carlentini, in servizio presso il cementificio “Etna”, ha percepito nell’anno n:
• salari lordi per 24 500,80 euro;
• redditi di terreni per 3 700,85 euro.
Nel corso dello stesso anno, i contributi previdenziali obbligatori a carico dell’operaio, trattenuti dal datore di lavoro sulla sua busta paga, sono stati di 1 477 euro.
Calcoliamo L’IRPEF annua lorda.
In via preliminare, bisogna determinare il reddito lordo complessivo pari a:
(24 500,80 + 3 700,85) = 28 201,65 euro che si arrotonda per eccesso a 27 202 euro.
Quindi:
reddito lordo complessivo                                                                   euro  28 202
oneri deducibili (contributi previdenziali obbligatori)                     - euro  1 477
reddito imponibile                                                                               euro  26 725
Applichiamo ora le aliquote IRPEF previste dall’apposita tabella, scomponendo il reddito imponibile in due scaglioni di reddito: il primo di 26 000,00 euro soggetto al 23% e il secondo di (26 725,00 – 26 000,00) = 725,00 euro soggetto al 33%:

--------------------------------------

              • Calcolo delI’IRPEF annua dovuta da un lavoratore autonomo

Erminio Borghetti, consulente del lavoro, ha conseguito in un anno i proventi indicati di seguito:
•   compensi lordi per prestazioni professionali 44 690,52 euro;
•   redditi di immobili dati in locazione 6 819,04 euro;
•   redditi di capitale: interessi lordi maturati su depositi bancari per 167,85 euro e interessi lordi maturati su titoli di Stato per 852,15 euro.
Il signor Borghetti:
a) ha versato nello stesso anno contributi previdenziali obbligatori per 1 793 euro;
b) ha diritto a detrazioni d’imposta (per familiari a carico) pari a 721 euro.
Calcoliamo:
•   il reddito complessivo lordo;
•   il reddito imponibile IRPEF;
•   l’imposta lorda, in base alle aliquote corrispondenti ai diversi scaglioni di reddito;
•   l’imposta da versare, considerando le ritenute fiscali di acconto già subite.
Il reddito lordo complessivo è dato dalla somma dei redditi percepiti dal consulente, esclusi gli interessi derivanti dall’impiego dei risparmi già tassati alla fonte a titolo d’imposta. Quindi:
(44 690,52 + 6 819,04) = 51 509,56 euro,    reddito lordo complessivo, che arrotondiamo per eccesso a 51 510 euro
Per determinare l’imponibile, si sottraggono dal reddito complessivo gli oneri deducibili che, nel nostro caso, sono rappresentati dai contributi previdenziali obbligatori:
reddito lordo complessivo                                                     euro     51 510,00
oneri deducibili (contributi previdenziali obbligatori)          - euro     1 793,00
reddito imponibile                                                                 euro  49 717,00
Il calcolo dell’IRPEF lorda si effettua tenendo presente la tabella che indica gli scaglioni di reddito e le aliquote corrispondenti:

 

Si comprende agevolmente la progressività dell’imposta. Infatti, sono state applicate aliquote crescenti per calcolare l’IRPEF: il 23% sui primi 15 000,00 euro di reddito conseguito,  il 27% sui successivi 13 000,00 euro e, infine, il 38% sul reddito residuo pari a 21 717,00 euro.
L’imposta netta si ottiene deducendo le detrazioni d’imposta dall’IRPEF lorda:

Su un reddito imponibile di 49 717,00 euro il signor Borghetti subisce un’imposta netta di 14  491,00 euro; il carico fiscale medio, pertanto, è del 29.15%.
Per determinare l’imposta da versare, è necessario tenere presente che il consulente del lavoro Borghetti, quando ha riscosso i suoi compensi per prestazioni professionali, ha subito sugli stessi una ritenuta fiscale del 20%. Occorre, quindi, calcolare le ritenute d’acconto subìte. L’imposta da pagare allo Stato si ottiene sottraendo dall’IRPEF netta le ritenute che, di fatto, costituiscono una parte di imposta già versata, sia pure attraverso l’intervento di sostituti d’imposta.


L’ANAGRAFE TRIBUTARIA
L’anagrafe tributaria è un centro di raccolta dei dati tributari relativi ai contribuenti; riguarda le dichiarazioni, le denunce e tutte le informazioni rilevanti ai fini fiscali.

L’anagrafe tributaria assegna a ogni cittadino un codice fiscale, al fine di individuare immediatamente e con esattezza tutti i contribuenti.

Il codice fiscale delle persone fisiche è costituito da una espressione alfanumerica (ossia composta da numeri e lettere) di 16 caratteri, di cui i primi quindici identificano il soggetto e il sedicesimo ha funzione di controllo.

Il codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche è costituito da una espressione numerica di 11 cifre, di cui le prime 7 rappresentano il numero di matricola assegnato in ordine progressivo di iscrizione al Registro delle imprese della Provincia, le altre 3 rappresentano il numero identificativo dell’Ufficio delle entrate territorialmente competente e l’undicesima ha funzione di controllo. Esso coincide con il numero di partita IVA.

Attraverso i codici fiscali affluiscono al centro elettronico dell’anagrafe tributaria tutti i dati e le notizie contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti e anche tutti gli altri dati e le notizie che possono assumere rilevanza fiscale ed essere utilizzati per il controllo delle dichiarazioni e la lotta alle evasioni.

Esempio - Attribuzione del codice fiscale a una persona fisica
Componiamo il codice fiscale di Foresi Stefano, nato a Milano il 7 giugno 1952. Applichiamo le norme stabilite dall’apposito decreto, che vengono qui di seguito indica te.


L’Anagrafe tributaria compone il codice fiscale come segue:


3  caratteri alfabetici per il cognome

Si rilevano la prima, la seconda e la terza consonante del cognome

FRS

3  caratteri alfabetici per il nome

Si rilevano la prima, la terza e la quarta consonante del nome

SFN

2  caratteri numerici per l’anno di nascita

Si indicano le due ultime cifre (decine ed unità) dell’anno di nascita

 

52

 

1  carattere alfabetico per il mese di nascita

Gennaio = A; febbraio = B; marzo = C; aprile = D; maggio = E; giugno = H; luglio = L; agosto = M; settembre = P; ottobre = R; novembre = S; dicembre = T.

 

H

 

2  caratteri numerici per il giorno di nascita e per sesso

Per i maschi il giorno di nascita resta invariato, facendo precedere dalla cifra zero i giorni del mese dall’1 al 9. Per le femmine il giorno di nascita viene aumentato di 40 unità (quindi, se si fosse trattato di una Stefania invece che di uno Stefano, il giorno di nascita ed il sesso si sarebbero indicati con 47)

 

07

4  caratteri (1 alfabetico e 3 numerici) per il comune italiano di nascita o per lo stato estero di nascita

Si rilevano dai volumi Codice dei comuni d’Italia e Codice degli stati esteri, redatti dalla Direzione generale del catasto

 

F 205,

 

1  carattere alfabetico di controllo

È determinato con una regola complessa che riportiamo in un apposito approfondimento; nel caso in esame è C

 

C

Pertanto per il fisco il signor Foresi Stefano corrisponde a:
FRS SFN 52H07 F205C

Codice fiscale delle persone fisiche

Per comporre il codice fiscale delle persone fisiche esistono regole particolari da tener presenti.

Cognome e nome    Se il cognome contiene due sole consonanti si rilevano tali due consonanti e la prima vocale; se contiene una sola consonante si rileva tale consonante e le prime due vocali; se contiene una sola consonante ed una sola vocale si rilevano entrambe e si assume come terzo carattere la lettera X.
Se il nome contiene tre consonanti si rilevano tali tre consonanti; se ne contiene meno si applicano le stesse regole indicate per il cognome.
Per le donne coniugate si prende in considerazione soltanto il cognome da nubile.
I cognomi composti da più parti ed i nomi doppi si considerano scritti secondo un’unica ed ininterrotta successione di caratteri.
Pertanto, il codice fiscale della signora De Rossi Maria Luisa coniugata Bianchi viene formato tralasciando il cognome del marito, considerando Derossi Marialuisa e rilevando DRS MLS.
Comune di nascita  I quattro caratteri si rilevano dai volumi redatti dalla Direzione generale del catasto; ne riportiamo alcuni a titolo di esempio:

Arezzo

A 390

 

Lecce

E 506

Ascoli Piceno

A 462

 

Milano

F 205

Asti

A 479

 

Napoli

F 839

Bari

A 662

 

Palermo

G 273

Bergamo

A 794

 

Pavia

G 388

Bologna

A 944

 

Pisa

G 702

Brescia

B 157

 

Reggio Calabria

H 224

Busto Arsizio

B 300

 

Roma

H 501

Catania

C 351

 

Siracusa

I 754

Catanzaro

C 352

 

Torino

L 219

Como

C 933

 

Trento

L 378

Ferrara

D 548

 

Trieste

L 424

Gallarate

D 869

 

Udine

L 483

Imperia

E 290

 

Venezia

L 736

La Spezia

E 463

 

Verona

L 781

Lettera di controllo il carattere finale alfabetico di controllo (ultimo a destra) si ottiene come segue:

  • convertendo in questi numeri i sette caratteri con posizione di ordine pari:

A o zero

=

zero

I o 8

=  8

Q     =  16

B o l

=

 1

J o 9

=  9

R     =  17

C o 2

=

 2

K

=  10

S     =  18

D o 3

=

 3

L

=  11

T     =  19

E o 4

=

 4

M

=  12

U     =  20

F o 5

=

 5

N

=  13

V     =  21

G o 6

=

 6

0

=  14

W     =  22

H o 7

=

 7

P

=  15

X     =  23

 

 

 

 

 

Y     =  24

 

 

 

 

 

Z     =  25

  • convertendo in questi numeri gli otto caratteri con posizione di ordine dispari:

 

A o zero

=  1

J o 9

=  21

S    =  12

B o l

=  0

K

=  2

T     =  14

C o 2

=  5

L

=  4

U     =  16

D o 3

=  7

M

=  18

V     =  10

E o 4

=  9

N

=  20

W     =  22

F o 5

= 13

0

=  11

X     =  25

G o 6

= 15

P

=  3

Y     =  24

H o 7

= 17

Q

=  6

Z     =  23

I o 8

= 19

R

=  8

 

  • addizionando tutti i valori numerici determinati con la conversione dei quindici caratteri e dividendo il loro totale per il numero fisso 26; il resto di tale divisione si converte in base alla seguente tabella che permette di ottenere il sedicesimo carattere alfabetico:

 

zero = A

8 = I

17 = R

1 = B

9 = J

18 = S

2 = C

10 = K

19 = T

3 = D

11 = L

20 = U

4 = E

12 = M

21 = V

5 = F

13 = N

22 = W

6 = G

14 = 0

23 = X

7 = H

15 = P

24 = Y

 

16 = Q

25 = Z

Nell’esempio svolto (codice fiscale di Foresi Stefano) dalla conversione dei sette caratteri di Posizione pari si ottiene un totale di 55 e da quella degli otto caratteri di posizione dispari si ottiene un totale di 103.
Addizionando tali due numeri si ottiene 158 che, diviso per 26, dà un risultato di 6 ed un resto di 2. Pertanto il sedicesimo carattere del codice fiscale è C.


Attribuzione del numero di partita IVA
Il numero di partita IVA viene assegnato dall’Ufficio delle entrate presso il quale è stata presentata la dichiarazione di inizio attività.
Per i soggetti diversi dalle persone fisiche (enti, società ecc.) il numero di partita IVA coincide con il codice fiscale; tuttavia, se viene mutato il domicilio fiscale con il trasferimento ad un’altra provincia, il nuovo Ufficio delle entrate competente attribuisce un nuovo numero di partita IVA mentre il codice fiscale rimane immutato. Il numero di partita IVA è un codice numerico che occupa un “campo” di 11 caratteri. Partendo da sinistra, i primi 7 caratteri costituiscono il codice del contribuente, assegnato in ordine progressivo di iscrizione, i successivi 3 caratteri rappresentano il codice attribuito a ciascun Ufficio delle entrate provinciale territorialmente competente e l’ultimo carattere a destra è un codice di controllo.
Esempio


0

2

3

4

2

5

2

0

1

5

8

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

 

 

codice contribuente                                       codice Ufficio               codice                                                                                  delle entrate               controllo
Come si è detto l’ottava, la nona e la decima cifra identificano l’Ufficio delle entrate della provincia in cui il soggetto è domiciliato fiscalmente. Nel caso considerato il codice 015 corrisponde alla provincia di Milano.
Codice degli Uffici delle entrate
001 Torino                            026 Treviso                          051 Arezzo                           076 Potenza
002 Vercelli                          027 Venezia                         052 Siena                              077 Matera
003 Novara                          028 Padova                         053 Grosseto                        078 Cosenza
004 Cuneo                            029 Rovigo                          054 Perugia                          079 Catanzaro
005 Asti                                 030 Udine                             055 Terni                              080 R. Calabria
006 Alessandria                   031 Gorizia                          056 Viterbo                          081 Trapani
007 Aosta                             032 Trieste                           057 Rieti                               082 Palermo
008 Imperia                         033 Piacenza                       058 Roma(1° Ufficio)        083 Messina
009 Savona                          034 Parma                           059 Latina                            084 Agrigento
010 Genova (1° Uff.)           035 Reggio Emilia              060 Frosinone                      085 Caltanissetta
011 La Spezia                      036 Modena                        061         Caserta                 086 Enna
012 Varese                           037 Bologna                        062 Benevento                    087 Catania
013 Como                            038 Ferrara                          063 Napoli                            088 Ragusa
014 Sondrio                          039 Ravenna                       064 Avellino                         089 Siracusa
015 Milano (1° Uff.)            040 Forlì                               065 Salerno                          090 Sassari
016 Bergamo                       041 Pesaro                           066 L’Aquila                        091 Nuoro
017 Brescia (1° Uff.)            042 Ancona                         067 Teramo                         092 Cagliari
018 Pavia                             043 Macerata                      068 Pescara                          093 Pordenone
019 Cremona                       044 Ascoli Piceno              069 Chieti                             094 Isernia
020 Mantova                       045 Massa Carrara             070 Campobasso                095 Oristano
021 Bolzano                        046 Lucca                            071 Foggia                            096 Monza (2° Uff. MI)
022 Trento                            047 Pistoia                           072 Bari                                097 Prato (2° Uff. FI)
023 Verona                          048 Firenze (1° Uff.)         073 Taranto                         098 Brescia (2° Ufficio)
024 Vicenza                         049 Livorno                         074 Brindisi                          099 Chiavari (2° Uff. GE)
025 Belluno                          050 Pisa                                075 Lecce                             100 Roma (2” Ufficio)

Il codice di controllo (ultima cifra a destra) si ottiene come segue:

a)   si moltiplicano per due le cifre di posizione pari (cioè, partendo da sinistra le cifre che occupano le posizioni 2°, 4°, 6°, 8°, 10°; nel nostro esempio si ha:
2 x 2 = 4               4 x 2 = 8                 5 x 2 = 10            0 x 2 = 0                 5 x 2 = 10
b) si sommano tra loro tutte le singole cifre componenti i prodotti così ottenuti, sommandole successivamente con le cifre di posizione dispari (cioè con le cifre che occupano le posizioni 1°, 3°, 5°, 7°, e 9°); nel nostro esempio si ha:

  • somma delle cifre componenti i prodotti sopra ottenuti:

4 + 8 + 1 + 0 + 0 + 1 + 0 =14

  • somma delle cifre di posizione dispari:

0+3+2+2+1=8

  • somma dei due risultati:

14 + 8 = 22

  • nel caso in cui l’ultima cifra del risultato ottenuto sia zero, il codice di controllo del numero di partita IVA deve essere zero, altrimenti deve essere uguale al complemento a 10 della suddetta ultima cifra; nel nostro esempio si ha come ultima cifra del risultato ottenuto un 2 per cui il complemento a 10 è uguale a 8, che costituisce il codice di controllo.

Con la realizzazione del grande mercato senza frontiere fra i paesi della UE il numero di partita IVA deve internazionalizzarsi per permettere di capire a quale Stato comunitario appartiene il soggetto. A tal fine, per gli operatori italiani che effettuano scambi con l’estero, il numero deve essere preceduto dalla sigla IT.


Classificazione delle aziende
                                                                               di consumo                 non profit
secondo il fine                                                           di produzione             profit oriented
composte
secondo il soggetto giuridico                         private                        individuali
pubbliche                    collettive

secondo la divisione in sezioni                      indivise                       per luoghi
divise                          per rami
         piccole
secondo le dimensioni                                   medie
grandi
LA FORMA GIURIDICA DELLE AZIENDE
I soggetti che decidono di dare il via a un’attività economica devono scegliere la forma giuridica della propria azienda.
Tale scelta è molto importante in quanto condiziona l’attività in modo sostanziale dal punto di vista dimensionale, decisionale, organizzativo, economico, finanziario e fiscale.
Come sappiamo il soggetto giuridico può essere:

  • una persona fisica (l’azienda è individuale);
  • un gruppo di persone fisiche (l’azienda è collettiva e appartiene a una società di persone o a una società cooperativa);
  • una persona giuridica privata (l’azienda è collettiva e appartiene a una società di capitali o a una società cooperativa);
  • una persona giuridica pubblica (l’azienda appartiene a un ente pubblico).

SOGGETTO GIURIDICO               AZIENDA

persona fisica                                     individuale

gruppo di persone fisiche                   collettiva-società di persone o cooperative

persona giuridica privata                   collettiva-società di capitali o cooperative

persona giuridica pubblica                 ente pubblico


Analizziamo le principali forme giuridiche.
L’azienda individuale è un’azienda di piccole dimensioni e fa capo a un unico soggetto (titolare) che assume tutti gli obblighi e i diritti derivanti dalle operazioni svolte. Essendo di piccole dimensioni l’azienda ha una buona capacita di adattamento all’ambiente esterno e un’organizzazione snella, ma una scarsa capacità di influenzare l’ambiente stesso, un’attività poco estesa sul territorio e un accentramento delle decisioni in capo all’imprenditore.
Un tipo particolare di azienda individuale è l’impresa familiare. Viene così denominata l’azienda in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado (figli, genitori, fratelli, nonni, nipoti, zii) e gli affini entro il secondo grado (suoceri, nuore, generi, cognate). In tale azienda i diritti e gli obblighi derivanti dalle operazioni svolte permangono in capo al titolare, ma ai familiari e consentita la partecipazione agli utili (non alle perdite). Consente un minor carico tributario.
Il maggior limite dell’azienda individuale è rappresentato dalla limitata disponibilità di capitali e dalla difficoltà di reperire finanziamenti esterni.
Lo svolgimento di attività economiche più complesse è possibile in forma d azienda collettiva in quanto l’unione di più persone consente una maggior disponibilità di mezzi. L’azienda collettiva, comunemente chiamata società può essere di piccole, medie o grandi dimensioni.
Il nostro ordinamento giuridico prevede diversi tipi di società (società di persone, società di capitali, società cooperative) che si differenziano tra loro soprattutto in funzione del grado di responsabilità con cui i soci rispondono de debiti contratti dall’azienda (obbligazioni sociali). Tale responsabilità può essere:

  • illimitata, se i soci rispondono delle obbligazioni sociali anche con il patrimonio personale; in questo caso la responsabilità è anche solidale, perché soci rispondono per intero delle obbligazioni sociali, ossia anche per debiti degli altri soci (fatta salva la possibilità di chiedere la restituzione delle somme anticipate);
  • limitata, se i soci rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente a conferimento effettuato.

 

Le società di persone si suddividono in:

a) società in nome collettivo (snc): in questo tipo di società i soci rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali, sebbene vada precisato che la loro responsabilità è solo sussidiaria (ossia sorge solo quando i patrimonio della società non è sufficiente a fronteggiare tutti i debiti da essa contratti).
Le forti responsabilità che gravano sui soci fanno sì che le società in nome collettivo si realizzino tra poche persone legate da solidi rapporti d amicizia e di fiducia; pertanto queste società non assumono di solito grandi dimensioni;

b) società in accomandita semplice (sas); in questo tipo di società si distinguono due categorie di soci:

  • i soci accomandatari, che rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali, ai quali è riservata l’amministrazione e la rappresentanza della società;
  • soci accomandanti, che rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente al capitale conferito, ai quali è fatto divieto di amministrare l’azienda e di compiere affari in suo nome.

 

Le società di capitali si suddividono in:

a) società per azioni (spa): in questo tipo di società, in cui le quote di partecipazione al capitale dell’azienda sono rappresentate da azioni, i soci rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente ai conferimenti effettuati. Ciò favorisce la raccolta di capitali tra i piccoli risparmiatori e grandi investitori, in modo che di solito queste società arrivano ad assumere grandi dimensioni e a interessare un elevato numero di soci.
La società ha personalità giuridica, ossia viene riconosciuta dalla legge come “persona” che assume su di sé obblighi e diritti derivanti dall’esercizio dell’attività;

b) società in accomandita per azioni (sapa); in questo tipo di società, in cui le quote di partecipazione al capitale dell’azienda sono rappresentate da azioni, si distinguono due categorie di soci:

  • i soci accomandatari, che sono di diritto amministratori e rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali;
  • i soci accomandanti, che rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente al capitale conferito.

Questa forma giuridica si addice a imprese destinate ad ampliarsi; infatti, la responsabilità limitata dei soci favorisce il reperimento dei capitali tra i risparmiatori, mentre il promotore può continuare a esercitare la propria posizione di comando. La società possiede personalità giuridica;

  • società a responsabilità limitata (srl): in questo tipo di società, in cui le quote di partecipazione al capitale dell’azienda non possono essere rappresentate da azioni, i soci rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente ai conferimenti effettuati. La società, che possiede personalità giuridica, può essere costituita anche da un socio unico.

Le società cooperative hanno finalità mutualistiche e svolgono attività commerciale con lo scopo primario di soddisfare i bisogni degli stessi soci. Possono essere a responsabilità limitata o illimitata; hanno personalità giuridica.


Classificazione delle società commerciali

       s.n.c.

società di persone (senza personalità giuridica)

       s.a.s

                                                                                                     s.p.a

società di capitali (con personalità giuridica)                             s.a.p.a.

                                                                                                      s.r.l.

società cooperative (con personalità giuridica)


IL CONTRATTO DI COMRAVENDITA

Il contratto di vendita ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.

Da questa definizione emergono i tre caratteri fondamentali del contratto vendita: si tratta di un contratto bilaterale, consensuale e a titolo oneroso. E un contratto bilaterale perché richiede l’intervento di due parti contraenti (il venditore e il compratore)che hanno interessi contrapposti e assumono reciprocamente degli obblighi.
È un contratto consensuale in quanto si perfeziona nel momento in cui compratore e venditore raggiungono l’accordo sulla qualità e quantità della merce e sul prezzo.
È un contratto a titolo oneroso perché impone a ciascun contraente “sacrificio” patrimoniale che consiste nella consegna della merce da parte del venditore e nel pagamento del prezzo da parte del compratore.

Dalla stipulazione del contratto di vendita derivano degli obblighi a carico dei contraenti, di seguito schematicamente riassunti.

          • Consegnare la cosa venduta.
          • Far acquistare al compratore la proprietà della cosa.

Obblighi del venditore

            • Prestare garanzia per l’evizione, ossia garantire che non esistono soggetti aventi maggiori diritti sulla cosa venduta.
            • Prestare garanzia contro i difetti occulti che possono rendere la merce idonea all’uso a cui è destinata.
              • Ritirare le merci acquistate.

Obblighi del compratore

  • Pagare il prezzo nel tempo e nel luogo stabilito, secondo le modalità date.

La legge non prevede una forma unica e obbligatoria per la stipulazione dei contratti di vendita delle merci.
                                                                                   Verbale
La stipulazione può avvenire con contratto:             scritto              formale
                                                                                                          o non formale

GLI ELEMENTI DEL CONTRATTO
Il contratto di vendita ha per oggetto il trasferimento della proprietà della merce contro pagamento del suo prezzo. Ne discende che, alla stipulazione del contratto, devono essere indicati le caratteristiche della merce e il prezzo.
Qualità, quantità e prezzo della merce sono elementi essenziali del contratto di vendita.
La qualità della merce può essere definita con riferimento a campioni, a classi prestabilite dagli usi commerciali, a denominazioni contenute nei listini di vendita o mediante descrizione.
La quantità della merce può essere indicata con riferimento al peso, al volume, alla lunghezza, alla superficie o attraverso numerazione; è possibile anche la vendita a massa (ad esempio il raccolto ottenuto da un campo).
Il prezzo della merce contrattata deve essere determinato o determinabile; inoltre, le condizioni di contratto devono precisare le modalità e il tempo di pagamento. Sulla determinazione del prezzo incidono la qualità (a qualità migliori corrispondono prezzi maggiori), la quantità (a quantità maggiori possono corrispondere prezzi unitari minori in quanto il venditore è disposto a concedere uno sconto alla clientela per invogliare le vendite) e tutte le altre clausole previste dal contratto. Il prezzo di vendita delle merci dipende dunque dalla qualità e dalla quantità della merce, dalle clausole applicate e dai rapporti commerciali esistenti tra venditore e compratore (continuità e ammontare degli ordini, puntualità nei pagamenti, garanzie offerte ecc.).
Il prezzo indicato in contratto è detto prezzo contrattuale e può riferirsi all’intera partita negoziata (prezzo a forfait) oppure può fare riferimento a una unità di misura (prezzo unitario).
La media dei prezzi contrattuali riferiti a una data merce in un determinato periodo è detta prezzo corrente.
    Elementi accessori
Il contratto di vendita, oltre a qualità, quantità e prezzo deve stabilire altri elementi accessori, precisati dalle clausole contrattuali.
Tali elementi, non essenziali sotto il profilo legale, sono al contrario importantissimi dal punto di vista tecnico-pratico: essi regolano l’epoca e il luogo di consegna della merce, le caratteristiche e il costo dell’imballaggio, i costi e i rischi del trasporto, l’epoca e le forme di pagamento.

IL TEMPO DI CONSEGNA DELLA MERCE
La consegna della merce, oltre a rappresentare un preciso obbligo del venditore, individua il trasferimento dei rischi dall’uno all’altro contraente nelle vendite di genere.
La consegna è effettiva (o reale) quando si compie il materiale trasferimento della merce dal venditore al compratore; la consegna è simbolica (o virtuale) quando il venditore trasferisce al compratore dei documenti rappresentativi della merce che danno diritto a ritirare le merci che si trovano in viaggio o in deposito.
La consegna viene regolata in contratto sia rispetto al tempo che al luogo.

Le clausole contrattuali relative al tempo di consegna della merce possono prevedere:
a)  consegna immediata: la merce deve essere subito consegnata (se si tratta di negoziazioni di presenza) o spedita (se si tratta di negoziazioni a distanza). In quest’ultimo caso la merce deve essere spedita con il primo treno, aereo, nave in partenza;
b) consegna pronta: la merce deve essere consegnata o spedita entro un limitato numero di giorni dalla stipulazione del contratto (da 5 a 15 giorni), secondo quanto stabilito in contratto o dagli usi;
c)  consegna differita: la merce verrà consegnata o spedita entro un certo periodo di tempo. Tale clausola viene applicata quando il venditore ha ancora la disponibilità della merce (ad esempio per prodotti agricoli in fase di maturazione), oppure quando il compratore non ha ancora pronti i magazzini per riceverla o vuol rimandare il ricevimento in funzione delle sue esigenze di lavorazione o di vendita. In contratto si leggono espressioni come “consegna per fine mese”, “consegna entro la prima decade del mese”, “imbarco da eseguirsi nel mese di luglio”;
d) consegna alternativa: il venditore ha la possibilità di scegliere tra due u più date di consegna. Tale consegna viene indicata con espressioni come “consegna alla fine del mese di maggio o alla fine del mese di giugno”;
e)  consegna ripartita: la consegna non ha luogo mediante un’unica spedizione ma viene frazionata nel tempo in più partite di quantità prefissa. Quest’ultimo caso può verificarsi per contratti che prevedono grossi quantitativi di merce che il compratore vuole utilizzare distribuiti nel tempo. Ogni spedizione deve essere considerata un contratto a sé e quindi l’eventuale ritardo nell’eseguire una consegna non deve incidere sulla consegna successiva.

                        IL LUOGO DI CONSEGNA DELLA MERCE
La determinazione del luogo di consegna della merce assume particolare importanza in quanto delimita i rischi inerenti alla conservazione e al trasporto della merce e ripartisce tra i contraenti gli oneri del trasporto stesso. Al momento della consegna cessano i rischi per il venditore e iniziano i rischi per il compratore. Nel caso di trasporto su grandi distanze tali rischi sono spesso elevati e per prudenza si preferisce coprirli mediante la stipulazione di contratti di assicurazione. L’incidenza del luogo di consegna sulla ripartizione dei rischi e dei costi di trasporto è tale che queste clausole influiscono notevolmente sulla fissazione del prezzo.
Le condizioni contrattuali che stanno al limite di tutte le altre, facendo gravare tutti i rischi e tutti i costi del trasporto sul compratore o sul venditore, sono:

a)  consegna franco partenza (o franco magazzino venditore): il venditore deve consegnare la merce al compratore o ad un suo incaricato presso il proprio magazzino. Gravano sul compratore sia i rischi inerenti al trasferimento delle merci sia gli oneri del trasporto;

b)  consegna franco destino (o franco magazzino compratore): il venditore deve consegnare la merce al magazzino del compratore. Gravano sul venditore sia i rischi inerenti al trasferimento delle merci sia gli oneri del trasporto.

A parità di ogni altra condizione, una merce contrattata franco partenza ha un prezzo inferiore a quella contrattata franco destino.
Esistono altre clausole che fissano la consegna in un luogo intermedio tra il magazzino del venditore e quello del compratore: in tali casi vengono applicati prezzi, intermedi rispetto ai prezzi-limite, che tengono conto della diversa ripartizione dei rischi e degli oneri tra i due contraenti.

Prezzo
franco partenza

 

Prezzo
franco punto intermedio

 

Prezzo
franco destino

        TRASPORTO A MEZZO VETTORE
Quando il venditore, anziché provvedere con mezzi propri al trasporto della merce, incarica un vettore specializzato (ossia un soggetto che dispone dei mezzi e delle attrezzature idonee) possono comparire in contratto clausole che impongono condizioni relative alla ripartizione del costo del trasporto.
Si tratta delle clausole:

a)  porto franco (o porto affrancato): il pagamento del trasporto è effettuato dal venditore;
b)  porto assegnato: il pagamento del trasporto è effettuato dal compratore che deve sostenere tale spesa per poter ritirare la merce nel luogo di arrivo.

Tali clausole indicano il soggetto che deve effettuare il pagamento e non il soggetto a carico del quale sono le spese. Ad esempio con la clausola porto assegnato le spese di trasporto sono pagate materialmente dal compratore al vettore ma risultano a carico del compratore se e prevista la clausola franco partenza o del venditore se è prevista la clausola franco destino.

L’IMBALLAGGIO

L’imballaggio è costituito dai materiali e dagli strumenti che vengono utilizzati per contenere la merce, proteggerla e consentirne la manipolazione durante la conservazione e il trasporto
LE CLAUSOLE RIGUARDANTI GLI IMBALLAGGI
Il peso dell’imballaggio è detto tara. La relazione che intercorre fra tara, peso netto e peso lordo è la seguente: Peso lordo = Peso netto + Tara

 

La tara può essere reale, convenzionale o legale:

  • la tara reale corrisponde al peso effettivo dell’imballaggio;
  • la tara convenzionale è concordata tra le parti in percentuale rispetto al peso lordo (ad esempio il 5% del peso lordo) oppure in una data quantità per unità di merce (ad esempio i kg per ogni sacco di merce);
  • la tara legale è quella stabilita da disposizioni di legge in materia doganale per facilitare l’accertamento del peso netto della merce per il calcolo dei dazi doganali.

 

Nella vendita delle merci il costo dell’imballaggio viene sempre addossato al compratore; infatti, anche quando l’imballaggio viene ceduto gratuitamente, il venditore lo recupera inglobandolo nel costo della merce.

 

Nei contratti di vendita le clausole riguardanti gli imballaggi possono essere:

a) imballaggio gratuito: l’imballaggio non viene addebitato al cliente e viene fornito gratis. In realtà il venditore fissa il prezzo della merce in modo tale da poter recuperare anche il costo dell’imballaggio;
b)  imballaggio fatturato: l’imballaggio, addebitato al cliente separatamente, ha un costo distinto da quello della merce;
c)  imballaggio a rendere: l’imballaggio è fornito dal venditore che ne richiede la restituzione entro un periodo di tempo prefissato. Si usa questa clausola per gli imballaggi di uso durevole (fusti, gabbie, bombole, botti ecc.). Solitamente il venditore richiede il versamento di una cauzione che verrà rimborsata alla resa dell’imballaggio; in caso di mancata restituzione il venditore trattiene la cauzione e addebita l’imballaggio al cliente;

  • imballaggio fornito dal cliente: il cliente si impegna a fornire l’imballaggio affinché il venditore possa provvedere alla spedizione della merce opportunamente protetta.

            IL PAGAMENTO DEL PREZZO: IL TEMPO
Il  pagamento del prezzo rappresenta il principale obbligo contrattuale del compratore. Il contratto di vendita stabilisce con apposite clausole il tempo, il luogo, la moneta e le modalità con cui deve essere regolato il debito da parte del compratore. Naturalmente la scelta delle clausole di pagamento si riflette sul prezzo della merce.

Rispetto al tempo di consegna della merce, il pagamento può essere:
a)   anticipato: avviene prima della consegna della merce. Questa condizione è inserita quando la fornitura è di importo elevato oppure quando le merci sono state prodotte appositamente per il compratore oppure quando il venditore vuole cautelarsi nei confronti di un cliente in cui non ripone piena fiducia. E piuttosto raro che il pagamento avvenga in forma integralmente anticipata; di solito il pagamento è in parte anticipato e in parte immediato o differito.
In caso di pagamento anticipato il compratore finanzia il venditore;
b) immediato o per pronta cassa: ha luogo alla consegna della merce;
c)  per contanti: deve essere effettuato entro un breve periodo di tempo dal ricevimento delle merci, variabile a seconda degli usi e degli accordi; normalmente viene eseguito entro 5-15 giorni;
d)  differito (o dilazionato, a termine, posticipato): viene effettuato successiva­mente alla consegna della merce. Può essere stabilito in un’unica soluzione (ad esempio a 60 giorni), oppure frazionato tra due o più scadenze (ad esempio tre rate da versare a 30, 60, 90 giorni dalla consegna). La dilazione di pagamento nelle normali operazioni commerciali non supera
i 4-6 mesi. Il frazionamento dell’importo tra più scadenze (rateizzazione) è gradita al compratore che può, così, evitare un elevato esborso di danaro. In caso di pagamento differito il venditore finanzia il compratore.

Spesso il regolamento dell’importo è effettuato in forma mista: ad esempio. una parte anticipata, una parte alla consegna e una parte dilazionata in varie scadenze. Sulla parte dilazionata sono spesso previsti interessi a carico del compratore, detti appunto interessi per dilazione di pagamento.

            IL PAGAMENTO DEL PREZZO: IL LUOGO
Il pagamento può aver luogo sulla piazza del venditore, sulla piazza del comprai -re o su una terza piazza indicata in contratto.
La scelta del luogo di pagamento assume importanza quando venditore t compratore abitano in località lontane. Infatti, se il pagamento deve aver luogo sulla piazza del venditore alla consegna delle merci al vettore, di fatto il compratore anticipa i fondi prima di aver ricevuto la merce. Viceversa, se il pagamento è stabilito sulla piazza del compratore, il venditore riceve quanto spettante solo alcuni giorni dopo l’invio delle merci.

            IL PAGAMENTO DEL PREZZO: I MEZZI
Il  compratore può eseguire il pagamento secondo diverse modalità, talvolta specificate in contratto, talvolta affidate alla sua scelta. Le forme più diffuse sono rappresentate dal pagamento:

a)  in denaro contante: è usato quando compratore e venditore sono presenti sulla stessa piazza e l’importo dovuto non è particolarmente elevato. Per ragioni di comodità e sicurezza non è, infatti, ragionevole spedire somme di denaro in contanti o viaggiare con elevate somme liquide.
Le disposizioni volte a combattere il riciclaggio di denaro proveniente da operazioni illecite vietano il pagamento in banconote quando l’importo supera 10.329,14 euro, equivalenti a lire ventimilioni;
b)  con assegno bancario o circolare: gli assegni sono molto usati in quanto si prestano anche a essere spediti;
c)  con vaglia postale: il versamento presso gli uffici postali viene usato da chi non ha un c/c bancario o per le piazze prive di sportelli bancari;
d) con bonifico in c/c bancario del venditore: l’importo versato presso la banca (o presso una sua corrispondente) viene accreditato sul conto corrente che il venditore ha aperto presso la stessa;
e)  con versamento sul c/c postale del venditore: il versamento è effettuato presso gli sportelli postali affinché sia accreditato sul c/c del venditore;
f)  con giroconto bancario o postale (postagiro): consiste nell’ordine impartito dal compratore (correntista bancario o postale) di effettuare l’accredito dell’importo al venditore, trasferendo i fondi dal proprio conto al conto del fornitore;
g)  contrassegno: il pagamento è effettuato all’atto della consegna delle merci al vettore che ha eseguito il trasporto; il vettore trasferisce successivamente i fondi al venditore;
h)  con cambiali: possono essere pagherò o tratte le tratte possono essere state semplicemente autorizzate o essere accetta te,

i)  con procedura bancaria di incasso elettronico, quando il compratore viene invitato a effettuare il pagamento presso lo sportello della banca da lui stesso indicata (detta “banca d’appoggio”);
l)   in conto: l’importo della vendita viene registrato contabilmente a debito del cliente, che effettua il saldo (in contanti, con assegni, con giroconti bancari o postali ecc.) in un secondo momento, in base a quanto concordato con il venditore.


                   I DOCUMENTI DI VENDITA
La stipula del contratto impone la relativa esecuzione alle parti contraenti: consegna delle merci da parte del venditore e pagamento del prezzo da parte del compratore.
Per dimostrare di aver eseguito il contratto, il venditore deve emettere un documento obbligatorio per legge denominato fattura.
La fattura va, però, obbligatoriamente emessa solo se l’acquirente è un altro imprenditore o un esercente arti o professioni; se l’acquirente è un privato consumatore, il venditore di beni o il prestatore di servizi deve, invece, emettere uno scontrino fiscale (come accade per le vendite al minuto) o una ricevuta fiscale. Di questi ultimi due documenti, riguardanti i dettaglianti e gli esercenti arti e professioni, parleremo in seguito. Ci soffermiamo, ora, sulla fattura.

La fattura è il documento compilato dal venditore per confermare di aver eseguito il contratto di vendita e per mettere in evidenza l’importo del credito nei confronti del compratore, cioè il suo diritto a riscuotere il prezzo stabilito.

L’emissione della fattura è obbligatoria; essa ha la funzione di documentare l’operazione di vendita. Nella fattura l’importo dovuto dal compratore per l’acquisto delle merci risulta, infatti, aumentato per l’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che grava sulle merci negoziate.

Ai fini della lotta all’evasione fiscale, il rispetto delle norme riguardanti l’emissione della fattura da parte del venditore è soggetto a rigorosi controlli sia agli effetti degli obblighi connessi all’imposta sul valore aggiunto, sia di quelli relativi alle imposte sul reddito.
L’utile dell’impresa, infatti, è costituito dalla differenza tra ricavi e costi, e la quasi totalità dei ricavi è quella risultante dalle operazioni di vendita.

Nelle piccole aziende, la fattura viene redatta a mano o con una macchina per scrivere dopo aver effettuato separatamente i calcoli. Nelle aziende più grandi le fatture si emettono con l’elaboratore (nel quale sono memorizzati i dati relativi ai prezzi di ciascun articolo di merce trattato, alle aliquote IVA, alle spese accessorie da addebitare al compratore ecc.), che provvede automaticamente a svolgere i calcoli.
La fattura è composta da due parti: una parte descrittiva una parte tabellare

 

Nella parte descrittiva sono indicati:
•  gli estremi del venditore, ossia i suoi dati identificativi: la ditta¹, la ragione sociale² o la denominazione sociale³ (nel caso di società), il cognome e il nome (se l’impr. è una persona fisica), la residenza o il domicilio, il codice fiscale o il numero di partita IVA;
•  la data di emissione della fattura;
•  il numero progressivo della fattura, attribuito per anno solare; ciò significa che la numerazione comincia assegnando il numero 1 alla prima fattura emessa nell’anno;
•  gli estremi del compratore: la ditta, la ragione o denominazione sociale, il cognome e il nome, l’indirizzo
•  le condizioni contrattuali applicate dal venditore (relative alla consegna, all’imballaggio, al pagamento ecc.).
La parte tabellare è costituita da uno schema, articolato in colonne e righe, che
accoglie la descrizione delle merci fornite e riepiloga i dati necessari per calcolare l’importo complessivo a carico del compratore; in essa sono specificati:
•  la natura, la quantità e la qualità della merce venduta;
•  il prezzo unitario, cioè il prezzo di un singolo prodotto, di una specifica confezione, o di una prefissata quantità di merce espressa in litri, chilogrammi ecc.;
•  le spese accessorie, vale a dire, a seconda dei casi, le spese di imballo, di confezionamento, di trasporto, di installazione, di assicurazione ecc.;
•  gli sconti eventualmente accordati al compratore;
•  la base imponibile su cui è calcolata l’imposta sul valore aggiunto IVA);
•  l’importo dell’imposta sul valore aggiunto;
•  il totale fattura, ossia l’ammontare complessivo che il compratore è tenuto a pagare.
La ditta¹ è il nome commerciale sotto cui l’imprenditore esercita la sua attività; insieme al marchio costituisce un segno distintivo dell’impresa. La ditta deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore.
La ragione sociale² è il nome sotto cui agiscono le società di persone; deve contenere almeno il nome di un socio (ad esempio, Bruno Rossi & Figli s.n.c., oppure B. Rossi & C. s.n.c., oppure Rossi & Bianchi s.n.c.).
La denominazione sociale³ è il nome commerciale per identificare le società di capitali; può essere formato dal nome di un socio o da un nome di fantasia (ad esempio, Termoidraulica s.p.a.).

            La numerazione
Al ricevimento della fattura, anche il compratore attribuisce al documento un suo numero progressivo. Ciò significa che, dopo l’invio all’acquirente, la fattura reca due numeri: uno assegnato dal venditore (che indica il numero delle fatture emesse a carico di clienti dall’inizio dell’anno) e uno assegnato dal compratore (che indica il numero delle fatture ricevute da fornitori dall’inizio dell’armo).
Il venditore può emettere la fattura nel medesimo giorno in cui esegue l’operazione o in un momento successivo; nel primo caso si ha la fattura immediata, nel secondo la fattura differita.
La fattura deve essere emessa in duplice copia, di cui una rimane al venditore e un’altra viene consegnata o spedita al compratore. Entrambi sono obbligati a conservare ordinatamente per almeno dieci anni le fatture ricevute dai fornitori e quelle spedite ai clienti.

 

                                                                                               IMMEDIATA
LA FATTURA PUÓ ESSERE          
DIFFERITA
LA FATTURAZIONE IMMEDIATA
La fattura immediata deve essere consegnata o spedita al compratore entro le ore 24 dello stesso giorno in cui l’operazione viene effettuata:

Secondo le norme vigenti, l’operazione si considera effettuata quando nasce l’obbligo tributario, ossia:
•  al momento della consegna o della spedizione al compratore, nel caso di vendita di merci
•  all’atto del regolamento del corrispettivo, nel caso di prestazione di servizi. Generalmente la fattura immediata è emessa all’atto stesso della consegna o spedizione delle merci; va, comunque, consegnata o spedita all’acquirente in giornata.


                        LA FATTURAZIONE DIFFERITA
Quando l’azienda venditrice, per motivi pratici o di opportunità, non rilascia immediatamente la fattura, la consegna o la spedizione delle merci deve risultare da un apposito documento di trasporto o documento di consegna.
Il documento di trasporto o di consegna (che taluni indicano con la sigla DDT) va compilato in duplice esemplare, di cui uno rimane al venditore e un altro è consegnato al vettore incaricato del trasporto o al compratore (nel caso in cui quest’ultimo provveda con mezzi propri a ritirare la merce).
Il documento di trasporto o di consegna, così come la fattura, può avere una forma libera, sia per quanto riguarda la dimensione, sia per quanto si riferisce al posizionamento dei dati che ne costituiscono il conten4uto. Deve però:

  • essere compilato prima della consegna o del trasporto delle merci;
  • b) contenere i seguenti dati:

•   il numero progressivo attribuito al documento;
•   la data della consegna o della spedizione della merce
•   gli estremi del venditore e del compratore, necessari per identificare i contraenti, così come previsto per la compilazione della fattura immediata;
•   l’indicazione della natura, quantità e qualità della merce venduta;
•   gli estremi del vettore (ditta, denominazione o ragione sociale, indirizzo, numero di partita IVA ecc.), se il trasporto viene affidato a un’apposita azienda.
            La fattura differita
Il venditore che al momento della consegna o spedizione della merce ha emesso un documento di trasporto deve, poi, entro il quindicesimo giorno del mese successivo, rilasciare la fattura differita.
Se, ad esempio, il 7novembre l’imprenditore Rossi vende merci alla ditta Bianchi e non emette la fattura immediata, deve redigere il documento che comprova la spedizione o la consegna delle merci. Successivamente il venditore deve rilasciare entro il successivo 15 dicembre, la fattura differita, che specifica la data e il numero del documento di trasporto o di consegna delle merci a cui si riferisce.


 

n. 100
n.  80
n. 120

 Come puoi notare il documento di consegna:
•  porta la data e il numero progressivo, che dovranno essere indicati al momento della compilazione della fattura differita;
•  non contiene l’indicazione del prezzo della merce.

 


 


         ESERCIZI

Casella di testo: 1Il dettagliante Giovanni Minori di Mantova acquista dal grossista Umberto Bianchessi di Cremona le seguenti merci:

  • n. 34 bambole parlanti, modello 232, a 45 euro l’una;
  • n. 28 orsacchiotti di peluche, modello 294, a 30 euro l’uno;
  • n. 16 burattini in legno decorato, modello 12, a 35 euro l’uno.

La merce, consegnata il 3 giugno con automezzo del venditore, è contenuta in n. 5 scatole di legno per le quali è addebitata in fattura una cauzione di 18 euro ciascuna. Le condizioni di vendita prevedono: sconto incondizionato del 5% + 3%, addebito di spese di trasporto di 50 euro, interessi al tasso del 7% per una dilazione di paga­mento a 90 giorni concessa su 1.500 euro; IVA ordinaria.
Presenta:

  • il documento di trasporto o consegna;
  • la fattura differita emessa il 25 giugno.

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Casella di testo: 2In data 12 agosto il commerciante Giovanni De Grazia di Bari ha consegnato al Vincenzo Giorgiani snc di Monopoli le seguenti merci, regolarmente accompagna dal documento di trasporto o consegna:

  • n. 7 lampadari a goccia in cristallo a 400 euro l’uno
  • n. 14 lampade da tavolo in legno a 75 euro l’una;
  • n. 8 lampade a stelo in legno e ceramica colorata a 145 euro l’una.

 

Le condizioni di vendita prevedono: consegna franco destino, sconto dell’8%, imballo gratuito, pagamento a 30 giorni data fattura con interessi al tasso del 6,50% IVA ordinaria.

Presenta la fattura differita emessa il 3 settembre.


La Ferrix srl di Firenze ha venduto alla Gianicolo spa di Roma le seguenti merci:
Casella di testo: 3

  • n. 70 tubi in ferro diametro cm 5 a 40,50 euro l’uno;
  • n. 30 lamime di acciaio spessore mm 3 a 18,80 euro l’una;
  • n. 56 tondini in ferro diametro cm 2 a 10,20 euro l’uno.

I pezzi sono contenuti in n. 10 imballi a rendere per i quali viene addebitata in fattura una cauzione di 20 euro ciascuno. Il trasporto, franco partenza, è stato eseguito 26 settembre dal venditore, che addebita 45 euro a titolo di rimborso spese. Le condizioni contrattuali prevedono uno sconto del 5% per pagamento a pronta cassa IVA ordinaria.

Presenta:

  • la fattura differita emessa il 5 ottobre;
  • la fattura differita emessa il 15 ottobre per la mancata restituzione degli imballaggi, che sono assoggettati a IVA ordinaria.

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Casella di testo: 4
Il 17 giugno la Boldini & C. spa di Ancona ha spedito al grossista Augusto Silvestri Fermo a mezzo vettore Grossi le seguenti merci, soggette a IVA ordinaria:

  • n. 50 pentole a pressione, modello PX1, a 95,80 euro ciascuna;
  • n. 70 scolapasta in alluminio, modello SP12, a 38 euro ciascuno;
  • n. 110 cuocivivande in cotto, modello CV89, a 30 euro ciascuno.

 

Le condizioni di vendita prevedono: sconto del 5% su tutte le merci e ulteriore sconto del 2% per ordinativi superiori a 100 unità; spese di imballo 24 euro; spese di trasporto 35 euro + IVA ordinaria anticipate dal venditore in nome e per conto di compratore.
Presenta la fattura differita emessa il 30 giugno.


La casa vinicola “Il tralcio” di Franco Gabetta di Stradella vende al commerciante Tito Poltronieri di Milano le seguenti merci:
Casella di testo: 5

  • n. 40 confezioni di vino rosso da tavola a 15 euro la confezione;
  • n. 35 confezioni di vino bianco secco a 18 euro la confezione;
  • n. 20 confezioni di vino bianco dolce a 13,50 euro la confezione.

I contraenti si accordano per uno sconto del 10% + 2% per redistribuzione e quantità; imballo gratuito; trasporto 70 euro; spese documentate di etichettatura di 130 euro + IVA ordinaria anticipate dal venditore in nome e per conto del compratore pagamento 1/4 a pronti, 3/4 a 60 giorni dalla consegna con interessi per dilazione di pagamento al tasso del 6%; IVA ordinaria.
Le merci, ordinate il 6 aprile e consegnate dal mittente quattro giorni dopo, vengono fatturate il 22 aprile.
Presenta la fattura differita.


CARATIERI GENERALI DELL’IVA
Abbiamo appreso che l’imposta sul valore aggiunto (IVA) è:
•  un’imposta indiretta sui consumi; è indiretta perché non colpisce direttamente la capacità contributiva dei cittadini, ossia il reddito, ma una manifestazione meno visibile di quella capacità, vale a dire i consumi;
•  un’imposta proporzionale, che a seconda dei beni e servizi a cui si applica si calcola in base a tre aliquote: 4% (aliquota super ridotta), 10% (aliquota ridotta) e 22% (aliquota normale/ordinaria).
L’IVA grava sui consumatori che, al momento dell’acquisto di un bene o di un servizio, pagano i1 relativo prezzo aumentato dell’imposta; l’IVA quindi viene riscossa per conto dello Stato e delle Regioni dal venditore, che svolge la funzione di “esattore”.
Dobbiamo, ora, comprendere come l’imposta affluisce alle casse pubbliche. In pratica tutti coloro che intervengono lungo il canale di distribuzione, facendo affluire le merci dalla produzione al consumo, sono coinvolti nel processo mediante il quale gli enti pubblici riscuotono l’IVA. Infatti, ogni imprenditore (e anche chi esercita arti o professioni):

  • quando vende beni e servizi, deve emettere una fattura di vendita a carico del cliente per un importo comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto. La fattura emessa contiene perciò i seguenti valori:

Ricavo

corrispettivo del bene o servizio venduto                                                   


IVA

                                                                                                                                                          +
imposta sul valore aggiunto                                                                         
=


Importo da riscuotere

totale fattura emessa

  • quando acquista beni e servizi, riceve una fattura d’acquisto dal fornitore per un importo che comprende l’imposta sul valore aggiunto. La fattura ricevuta contiene i seguenti valori:

 

Costo

corrispettivo del bene o servizio acquistato                                                


IVA

                                                                                                                                                          +
imposta sul valore aggiunto                                                                         
=


Importo da pagare

totale fattura ricevuta

L’IVA riscossa dall’imprenditore con le fatture di vendita non costituisce per lo stesso un ricavo; analogamente l’IVA pagata dall’imprenditore con le fatture d’acquisto non costituisce per lo stesso un costo.
L’IVA calcolata sulle vendite e quella calcolata sugli acquisti rappresentano, invece, rispettivamente, un debito e un credito verso lo Stato e le Regioni. Agli enti pubblici l’imprenditore deve versare periodicamente la differenza tra l’IVA a debito (quella sulle vendite) e l’]VA a credito (quella sugli acquisti) risultante dalle operazioni compiute in un arco di tempo (che in linea generale è il mese), secondo il seguente meccanismo denominato “deduzione di imposta da imposta”:

 

IVA a debito

imposta calcolata sulle vendite ai clienti


IVA a credito

                                                                                                                                                          -
imposta calcolata sugli acquisti dai fornitori

                                                                                                                                                          =


IVA da versare

importo da versare

Se, in un certo mese, l’IVA pagata ai fornitori è superiore a quella riscossa dai clienti, l’imprenditore ha un credito per IVA. Con riferimento a tale credito, egli può:

  • detrarlo dall’importo delle imposte e contributi da versare nel mese successivo;
  • chiederne il rimborso.

IL CALCOLO DELLA BASE IMPONIBILE E DELL’IMPOSTA
Per calcolare l’imposta sul valore aggiunto, così come accade per ogni altra imposta, è necessario conoscere:

  • la base imponibile
  • l’aliquota da applicare.

Le aliquote, che già conosciamo, sono facilmente individuabili; è sufficiente consultare le apposite tabelle predisposte dal Ministero delle finanze, in cui i beni e i servizi sono distinti a seconda che siano soggetti all’aliquota super ridotta del 4% (si tratta, in generale, di beni di prima necessità come il pane, il latte, il burro, l’olio, la frutta fresca), all’aliquota ridotta del 10% (come il tè, il miele, il pesce fresco, le uova) o all’aliquota normale/ordinaria del 22% (come le calzature, l’abbigliamento, i computer, i prodotti della pellicceria, gli elettrodomestici).
Pertanto le aliquote crescono man mano che si passa dai beni e servizi destinati a soddisfare esigenze primarie ai prodotti voluttuari che appagano bisogni secondari delle persone.
Individuata l’aliquota corrispondente ai prodotti o servizi oggetto di scambio, occorre determinare la base imponibile.

  • La base imponibile è l’importo sul quale si calcola l’IVA applicando la relativa aliquota percentuale: è costituita dal totale dei corrispettivi dovuti dal compratore per la cessione dei beni o la prestazione dei servizi

È necessario procedere con attenzione nel determinare la base imponibile, poiché vi sono elementi che vi rientrano e altri che ne rimangono esclusi.
Nella compravendita di merci, la base imponibile comprende:

  • il prezzo dei prodotti venduti, diminuito degli eventuali sconti stabiliti in contratto; si considera, perciò, il prezzo netto di sconto;
  • le spese accessorie non documentate, ossia i costi addebitati forfetariamente al compratore, in quanto per contratto a suo carico, per servizi resi dal venditore; ne sono esempi le spese di installazione in caso di vendita “franco fabbrica” e quelle relative al trasporto quando è eseguito dal venditore in caso di cessioni “franco partenza” o analoghe;
  • il prezzo dell’imballaggio, quando lo stesso è “fatturato a parte”; in tal caso, l’imballaggio, ceduto al compratore, deve essere indicato in fattura a un prezzo distinto da quello delle merci.

Non rientrano nella base imponibile (e quindi su di essi non si calcola l’IVA):

  • gli interessi dovuti dall’acquirente per pagamento differito o per pagamento ritardato rispetto alla scadenza pattuita;
  • le spese documentate, ossia quelle sostenute dal venditore in nome e per conto del compratore (come le spese di trasporto stabilite in contratto a carico del compratore, ma anticipate dal venditore al momento della partenza delle merci e documentate dalla fattura del vettore);

l’importo degli imballaggi a rendere, cioè degli imballaggi che il compratore è tenuto a restituire al venditore (in quanto essi rimangono di proprietà di quest’ultimo e, quindi, non sono ceduti).

 

GLI SCONTI INCONDIZIONATI E GLI SCONTI CONDIZIONATI
Ai fini della determinazione della base imponibile, gli sconti si sottraggono dal prezzo delle merci a condizione che:

  • siano previsti in contratto;
  • abbiano la natura di sconti mercantili incondizionati, cioè di sconti riconosciuti ai clienti senza porre alcuna particolare condizione.

Questi sconti hanno la funzione dì determinare i prezzi effettivamente praticati alla clientela, differenziandoli a seconda delle politiche di vendita perseguite. Abbiamo già visto come spesso le imprese pratichino prezzi diversi a seconda delle quantità ordinate; in tali casi, al prezzo base vengono applicati degli sconti per quantità, al fine di invogliare i clienti a effettuare maggiori acquisti.
In altri casi gli sconti sono praticati in determinati momenti dell’anno per favorire con riduzioni di prezzo il lancio di nuovi prodotti o la diffusione di prodotti già esistenti o lo smaltimento di scorte di magazzino eccessive. Si parla allora di sconti promozionali.
Per molti prodotti (automobili, elettrodomestici, videoregistratori, libri, dischi) le imprese industriali stabiliscono, con appositi listini resi noti al pubblico, i prezzi (detti prezzi imposti) per gli acquirenti finali.
I prezzi praticati agli intermediari commerciali, cioè ai commercianti all’ingrosso o al dettaglio, sono, invece, calcolati e indicati in contratto applicando degli sconti sui prezzi di listino imposti. Si parla, allora, di sconti di distribuzione.
Alcune volte le condizioni di contratto prevedono uno sconto a doppia aliquota, per esempio 20% + 5%. In questi casi si calcola dapprima il primo sconto (nel nostro caso il 20%) sul prezzo di listino, e successivamente il secondo sconto (nel nostro caso il 5%), applicandolo al prezzo di listino al netto dello sconto precedente (ossia sul prezzo diminuito del 20%). Ciò avviene quando il primo (20%) è uno sconto di distribuzione concesso a tutti i clienti, mentre il secondo (5%) e uno sconto per quantità o uno sconto promozionale.

Oltre che incondizionati, gli sconti possono essere condizionati, ossia accordati solo al verificarsi di determinate condizioni stabilite contrattualmente dalle parti. Se i1 contratto di vendita prevede la clausola “pagamento a 90 giorni oppure in contanti, sconto del 2%”, si ha il caso di uno sconto condizionato. Il compratore, infatti, otterrà lo sconto solo se si verificherà la condizione del regolamento della fattura entro un breve lasso di tempo (10 giorni) dalla consegna della merce. Tale sconto non può apparire in fattura, in quanto, al momento dell’emissione del documento, il venditore non può sapere quale scelta sarà effettuata dal compratore: vale a dire se questi salderà la fattura a 90 giorni oppure pagherà l’importo, diminuito dello sconto, entro 10 giorni.

 

LE SPESE DOCUMENTATE E LE SPESE NON DOCUMENTATE

Le spese si dicono documentate quando sono a carico del compratore e sono comprovate, cioè dimostrate, attraverso documenti giustificativi, costituiti da fatture emesse da terzi intestate all’acquirente, il cui importo è stato pagato (cioè anticipato) dal venditore.

Le spese documentate sono indicate in fattura dopo il calcolo dell’IVA, perché non concorrono a formare la base imponibile. Di fatto l’IVA figura già nel documento che le comprova e, quindi, se esse venissero comprese nella base imponibile l’imposta risulterebbe calcolata due volte.
Le spese si dicono non documentate quando, pur essendo a carico del compratore, sono sostenute dal venditore che esegue le prestazioni relative senza fornire una documentazione dei costi sostenuti.
Le spese non documentate sono esposte in fattura prima di determinare l’IVA poiché vanno a comporre la base imponibile. Esse si indicano generalmente a forfait o, come anche si dice, forfetariamente, vale a dire in misura prestabilita indipendentemente dall’effettivo costo sostenuto dal venditore (costo che in molti casi è di difficile dimostrazione).
Sulle spese non documentate si calcola l’IVA poiché, dal punto di vista fiscale, per il venditore costituiscono ricavi accessori che si aggiungono al ricavo ottenuto con la vendita delle merci.
Chiariamo la differenza tra spese documentate e non documentate, esaminando un ipotesi di vendita di merci alla clausola “franco partenza”:

  • il trasporto dà luogo a spese documentate se il venditore, su istruzioni del compratore, affida le merci a un vettore per il loro trasferimento al destinatario anticipando, per conto dello stesso compratore, il pagamento del trasporto. In tal caso, le spese sono documentate perché sono dimostrate dalla fattura, intestata al compratore, rilasciata dal vettore; il venditore si fa rimborsare dal compratore l’importo pagato inserendolo nel totale della fattura (ma non nella base imponibile dell’IVA);
  • il trasporto delle merci origina, invece, spese non documentate se il venditore gestisce in proprio il servizio di consegna delle merci, utilizzando automezzi di sua proprietà e per tale servizio stabilisce globalmente (a forfait) un compenso. Va osservato che le spese non documentate di trasporto sono soggette alla stessa aliquota IVA che grava sulla merce, per cui se la merce è soggetta a IVA super ridotta, anche le spese accessorie sono gravate da IVA 4%, se la merce è soggetta a IVA normale /ordinaria anche le spese accessorie sono gravate da IVA ordinaria.

FATTURAZIONE DI MERCI SOGGETTE A PIÙ ALIQUOTE IVA
Nei paragrafi precedenti abbiamo considerato casi di fatturazione di beni soggetti a una sola aliquota IVA. In pratica può, però, accadere che le diverse merci vendute siano assoggettate a differenti aliquote IVA. In tal caso occorre:

  • indicare separatamente in fattura le varie categorie di merci, a seconda delle aliquote IVA a cui sono soggette;
  • determinare, per ciascuna categoria, la base imponibile su cui applicare la corrispondente aliquota. In fattura, pertanto, sono evidenziate tante basi imponibili quante sono le aliquote da applicare.

            Le spese non documentate in presenza di più aliquote IVA
Sappiamo che le spese non documentate sono addebitate al compratore in modo forfetario, ossia per un importo prestabilito. Si tratta di somme che il compratore deve pagare in aggiunta al prezzo dei beni acquistati, per servizi prestati dal venditore con mezzi propri, come l’imballo, l’etichettatura, il trasporto o, in caso di beni strumentali, il collaudo e l’installazione. Su tali spese deve essere calcolata l’IVA con la medesima aliquota che colpisce le merci vendute.
Quando la vendita riguarda più tipi di merci soggette a differenti aliquote IVA, si deve procedere nel modo seguente:

  • determinare il valore di ogni merce o gruppo di merci soggetto a diversa aliquota IVA;
  • ripartire le spese non documentate in proporzione al valore di ogni merce o gruppo di merci;
  • calcolare le varie basi imponibili da indicare in fattura, su cui applicare le differenti aliquote IVA, sommando al valore di ciascuna merce o gruppo di merci la quota di spese non documentate a esso riferibile.

I DOCUMENTI DI VENDITA DEI DETTAGLIANTI
Allo scopo di combattere l’evasione fiscale, i soggetti che non sono tenuti a rilasciare la fattura per le operazioni svolte devono emettere una ricevuta fiscale o uno scontrino fiscale. Sono obbligati a emettere questi documenti i commercianti al minuto, i titolari di esercizi pubblici (cioè i gestori di bar, pizzerie, gelaterie, ristoranti e alberghi), gli artigiani (come i meccanici, gli elettricisti, i parrucchieri da donna, gli idraulici, i gommisti, i fotografi, i falegnami).
Questi soggetti possono, comunque, liberamente scegliere se rilasciare la ricevuta o lo scontrino fiscale. Entrambi documentano i ricavi e quindi, dedotti i costi, consentono al fisco di controllare i redditi dichiarati da queste categorie di operatori economici.

Sono esonerati dall’obbligo dell’emissione del documento fiscale (ricevuta o scontrino) i dettaglianti che vendono carburanti per autotrazione, tabacchi, giornali, o altre merci (merendine, caramelle, bevande ecc.) tramite distributori automatici.

  • Lo scontrino fiscale è un documento, emesso da dettaglianti e titolari di esercizi pubblici non obbligati a rilasciare fattura; è stampato da un apposito apparecchio misuratore fiscale (registratore di cassa o bilancia elettronica munita di stampante) e deve essere consegnato ai clienti a dimostrazione dell’avvenuta effettuazione dell’operazione soggetta a IVA.

 

Lo scontrino fiscale deve contenere:

  • i dati identificativi dell’emittente: ditta, ragione o denominazione sociale, indirizzo, numero di partita IVA;
  • il numero progressivo dello scontrino
  • la data e l’ora di emissione;
  • i corrispettivi dei singoli articoli venduti
  • il totale pagato dal cliente;
  • il logotipo fiscale, ossia una composizione alfanumerica composta dalla sigla MF (misuratore fiscale), da due lettere e da un numero che indicano la matricola dell’apparecchio e il decreto ministeriale di approvazione del modello.

Gli apparecchi misuratori fiscali memorizzano i dati relativi alle vendite, consentendo al fisco il controllo dei ricavi dell’azienda emittente.

Il registratore di cassa incorpora due piccoli rulli di carta sui quali sono stampati contemporaneamente i corrispettivi di vendita. Dal primo rullo è staccato, di volta in volta, lo scontrino da consegnare al cliente; sull’altro rullino, che rimane nel registratore, l’importo di ogni scontrino è automaticamente sommato con gli importi di quelli precedentemente rilasciati in modo da ottenere via via il totale progressivo. Questo totale indica, a fine di giornata, l’incasso complessivo del giorno. Oltre allo scontrino da rilasciare al cliente, pertanto, il registratore di cassa provvede a stampare:

  • lo scontrino di chiusura giornaliera, che indica il totale dei corrispettivi incassati nella giornata;
  • il giornale di fondo, vale a dire la copia di tutti gli scontrini emessi con i totali progressivi calcolati al termine di ogni giorno.

La ricevuta fiscale è un documento rilasciato da dettaglianti, da titolari di pubblici esercizi e da artigiani; essa attesta la cessione di beni o la prestazione di servizi che non richiedono l’emissione della fattura in quanto effettuate a privati consumatori e costituisce la quietanza del prezzo (corrispettivo) riscosso.
La ricevuta fiscale viene compilata in duplice copia mediante un bollettario a ricalco: un esemplare deve essere rilasciato al cliente; un altro deve essere conservato dal dettagliante o dall’artigiano che lo ha emesso.
Le ricevute fiscali sono stampate da tipografie autorizzate dal Ministero delle finanze (i cui estremi risultano sul bordo della ricevuta stessa) e devono contenere:

  • i dati identificativi dell’emittente: ditta, ragione o denominazione sociale, indirizzo dell’esercizio, numero di partita IVA;
  • la data di emissione;
  • il numero progressivo prestampato;
  • l’indicazione della natura, della quantità e della qualità dei beni ceduti o dei servizi forniti
  • il corrispettivo pagato, che comprende l’IVA.

Il modello di ricevuta fiscale è predisposto in modo che possa essere utilizzato anche nel caso in cui il cliente richieda il rilascio della fattura. In questa ipotesi, in un apposito spazio, la ricevuta deve indicare anche i dati identificativi del cliente.
In futuro, gli scontrini e le ricevute fiscali verranno gradualmente aboliti in quanto strumenti di controllo tributario e sostituiti dai cosiddetti stadi di settore; in particolare, questi documenti serviranno solo per dimostrare l’acquisto di beni e servizi o per tutelare il consumatore in caso di reclami sulla merce comprata. Tramite gli studi di settore viene attribuita a ciascuna categoria di contribuenti (commercianti di generi alimentari, orologiai, pelletterie, esercenti di bar ecc.) un reddito minimo presunto annuo, sulla base di appositi parametri (come la dimensione dei locali, il numero dei dipendenti, il consumo di materie prime ecc.) individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze.


IL CONCETTO DI INTERESSE
L’interesse è il compenso che spetta a colui che si priva temporaneamente di una somma di denaro
L’interesse deve compensare il creditore che, oltre a cedere temporaneamente la disponibilità di una somma di denaro, si sottopone al rischio di insolvenza del debitore, ossia al rischio della mancata restituzione del capitale alla scadenza pattuita.

Il compenso spettante al creditore per ogni 100 euro dati in prestito è detto tasso di interesse. Il tasso di interesse (detto anche ragione o saggio di interesse), pertanto, è il compenso, espresso in termini percentuali, dovuto dal debitore al creditore; esso è riferito a un dato periodo di tempo che, se non diversamente indicato, è pari a un anno.
Se Marco ottiene in prestito da Tiziana 100 euro al tasso del 3% per un anno, alla scadenza dovrà rimborsarle 100 + 3 = 103 euro.
 



L’interesse, dunque, è il prezzo che il debitore paga per l’uso del denaro ricevuto in prestito, così come il canone di locazione è il prezzo che 11 locatario paga per ottenere il godimento (ossia l’utilizzo) di un bene mobile o immobile preso in affitto.
Il creditore che applica un tasso di interesse superiore di oltre la metà rispetto a quelli mediamente adottati dalle banche incorre nel reato di usura; tale reato e punito dalle leggi penali. Inoltre, secondo l’art. 1815 del codice civile, se le parti (creditore e debitore) concordano interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale (attualmente pari al 1% decorrenza 01/01/2014).
Nel modulo precedente, abbiamo appreso che la misura dei prezzi delle merci è determinata dall’incontro della domanda e dell’offerta, nel senso che, se prevale la domanda, i prezzi tendono a crescere; viceversa, se prevale l’offerta, i prezzi tendono a diminuire. I prezzi delle merci risentono, inoltre, delle condizioni di vendita (luogo di consegna, tempo stabilito per il pagamento ecc.).
Allo stesso modo, la domanda e l’offerta di denaro sul mercato dei capitali concorrono alla formazione e alle variazioni dei tassi di interesse; essi rappresentano, infatti, il prezzo del denaro, e risentono sia delle condizioni alle quali è concesso un prestito (come la durata), sia del grado di rischio al quale si espone colui che lo accorda.
Oltre che nelle operazioni di prestito, l’interesse può presentarsi anche nelle compravendite di merci. In questi casi, di solito, al compratore vengono offerte due possibilità: pagare in contanti, oppure regolare il prezzo dopo un certo tempo (pagamento dilazionato) a un prezzo maggiorato. Se il compratore sceglie la seconda soluzione, il venditore rinuncia a disporre del corrispettivo delle merci (ossia del denaro) fino alla scadenza della fatt.. La maggiorazione di prezzo, rispetto a quello stabilito per il pagam. per pronta cassa o in contanti. costituisce l’Int..
Anche in questa circostanza, quindi, l’interesse è il compenso che spetta al creditore (venditore delle merci) per due ragioni:
  • perché si priva temporaneamente della disponibilità del denaro;
  • perché si accolla il rischio di insolvenza del debitore.

Mentre nelle operazioni di prestito l’interesse è esplicito, cioè viene distintamente indicato il suo prezzo (tasso) ed evidenziato il suo importo, nelle operazioni di compravendita di natura commerciale con pagamento dilazionato l’interesse è molto spesso implicito, cioè è compreso nel prezzo. ma non viene indicato un tasso e il suo importo non è autonomamente evidenziato.

L’interesse è in funzione del tempo, nel senso che matura gradualmente con il trascorrere dei giorni, dei mesi o degli anni. A parità di altre condizioni, più lontana è la scadenza fissata per il rimborso del credito, maggiore è il sacrificio del creditore (ossia la rinuncia alla disponibilità del denaro), più alto è l’interesse dovuto dal debitore.
Se un investitore dà in prestito un capitale di 100 euro per un anno al tasso del 4%, alla scadenza il debitore deve rimborsare 104 euro di cui 4 per interessi; se dà in prestito lo stesso capitale per due anni, sempre al 4%, alla scadenza il debitore ha l’obbligo di restituire 108 euro di cui 8 per interessi.
L’interesse, pertanto, esprime la differenza tra il capitale da rimborsare alla scadenza e il capitale iniziale, ossia quello prestato.
IL CALCOLO DEGLI INTERESSI
Le formule per calcolare gli interessi sono le seguenti:       Procedimento anni

 

Procedimento mesi
  Procedimento anno commerciale
i giorni al numeratore si contano considerando i mesi tutti di 30 giorni

 

Con    I          si indica l’interesse (sempre I maiuscola e a stampatello)
Con     C        si indica il capitale
il tasso
Con     r          si indica:                                 il saggio
la ragione
Con     t          si indica il tempo espresso in anni
Con     m       si indicano i mesi
Con     g         si indicano i giorni


LE FORMULE INVERSE

Tempo espresso in:

Ricerca del capitale

Ricerca del tasso

Ricerca del tempo

anni

mesi

giorni (anno civile)

giorni (anno civile bisestile)

giorni (anno commerciale)

IL MONTANTE
La somma del capitale inizialmente investito e degli interessi maturati alla fine di un dato periodo prende il nome di montante
M = C + I


M

MONTANTE

C

CAPITALE

I

INTERESSE

   Dimostrazione
                                   
       Problemi inversi del Montante
                   LA RICERCA DEL CAPITALE             


LO SCONTO COMMERCIALE
Lo sconto commerciale, collegato a operazioni di carattere finanziario, è il minore importo necessario al pagamento di un debito non ancora scaduto e si determina in proporzione al valore nominale a scadenza del debito, al tempo di anticipata estinzione e al tasso concordato tra debitore e creditore.

  • Lo sconto commerciale, quindi, è direttamente proporzionale a tre elementi:
  • I1 capitale da rimb. a scadenza o valore nominale del debito, che indichiamo con C;
  • la durata residua del debito, ossia il tempo che manca alla scadenza ordinaria, che indichiamo con t;
  • il tasso percentuale annuo pattuito fra le parti. che indichiamo con r.

IL CALCOLO DELLO SCONTO COMMERCIALE
Le formule per calcolare lo sconto sono le seguenti:           Procedimento anni

 

Con    s          si indica lo sconto commerciale
Con     C        si indica il capitale
il tasso
Con     r          si indica:                                 il saggio
la ragione
Con     t          si indica il tempo espresso in anni
Con     m       si indicano i mesi
Con     g         si indicano i giorni


LE FORMULE INVERSE

Tempo espresso in:

Ricerca del capitale

Ricerca del tasso

Ricerca del tempo

anni

mesi

giorni (anno civile)

giorni (anno civile bisestile)

giorni (anno commerciale)

IL VALORE ATTUALE
La differenza tra il capitale inizialmente investito e lo sconto prende il nome di valore attuale
V = C - s


V

        VALORE ATTUALE

C

CAPITALE

s

     SCONTO COMM.

 

 

   Dimostrazione
                                     
       Problemi inversi del Valore attuale
                   LA RICERCA DEL CAPITALE             

 

 

 

 

 

Antiriciclaggio: nuova disciplina su assegni e trasferimento di denaro

Dal 30 aprile 2008 entra in vigore la nuova disciplina su assegni e trasferimento di denaro contante relativa per la lotta al riciclaggio proveniente da attività illecite.

In particolare il decreto legislativo 231 del 21/11/07 modificato dal  D.L. 25/06/2008 n 112 in vigore del 25/06/2008 introduce nuove regole al fine di regolamentare l’emissione degli assegni ed il trasferimento del denaro contante.

  • Gli assegni rilasciati dalla banca o dalla posta devono essere muniti della clausola “non trasferibile”.
  • Per averne in forma libera il cliente dovrà presentare richiesta scritta e pagare un imposta di bollo pari ad 1,5 euro ad assegno. Un nuovo carnet da 10 assegni pertanto costerà 15 euro.
  • L’imposta di bollo di € 1,50 sarà dovuta anche per ogni assegno circolare, vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera.
  • Per ogni girata, pena la nullità del titolo, il primo girante, ed i successivi, dovranno integrare la girata sul dorso dell’assegno con il proprio codice fiscale. Attenzione quando ricevete un assegno: la mancanza o l’indicazione errata del codice fiscale ne impedisce il pagamento da parte della banca o di Poste Italiane poiché la girata viene considerata nulla. In caso di firma di girata illeggibile, ma di codice fiscale corretto, dovrebbe prevalere, interpretando il chiarimento ministeriale, quest'ultimo.
  • Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine dello stesso traente (come quelli a favore “mio proprio”, “me medesimo” o altra dicitura analoga) potranno essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A. e non potranno pertanto essere girati a terzi. Per questi titoli niente obbligo di importo massimo né di codice fiscale (dato che la girata è una, quella per l'incasso). Il caso insomma del classico assegno che si fa allo sportello per fare un prelievo dal proprio conto corrente.
  • Il limite massimo per emettere assegni bancari o postali senza l’indicazione del beneficiario è di € 12.499,99. Oltre tale importo l’assegno dovrà essere emesso con l’indicazione del beneficiario e con la clausola di “non trasferibile”. Gli assegni di importo uguale o superiore a 12.500,00 euro quindi potranno essere girati unicamente per l’incasso.
  • Sarà vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, risulterà complessivamente pari o superiore a 12.500,00 euro

FUORI CORSO I FOGLIETTI BOLLATI PER CAMBIALI
Con decreto del 26 maggio 2009, pubblicato in G.U. il 9 giugno 2009, il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ha dichiarato fuori corso i foglietti bollati per cambiali recanti
l’importo dell’imposta assolta in lire-euro e in euro e le marche da bollo per cambiali, il cui
valore è espresso in lire, in lire-euro e in euro.
A partire da gennaio 2010 saranno pertanto valide solo le cambiali formate da un foglietto
bollato per cambiali privo dell’importo dell’imposta assolta e con le caratteristiche previste
dal provvedimento 29/11/2006 dell’Agenzia delle Entrate – “Istituzione di un nuovo
foglietto bollato per cambiali” (pubblicato in G.U. n. 288 del 12/12/2006). L’imposta dovuta
dovrà essere attestata mediante l’apposizione di contrassegno telematico.
Si ricorda che la cambiale è un titolo di credito all’ordine ed attribuisce al legittimo possessore il diritto incondizionato a farsi pagare la somma determinata alla scad. indicata.
Il titolo nel quale manchi uno dei seguenti requisiti non vale come cambiale (artt. 2 e 101
della “legge cambiaria” - R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669 e successive modificazioni):
a) la denominazione di cambiale;
b) la promessa incondizionata o l’ordine incondizionato di pagare una somma determinata;
c) il nome del beneficiario (pagherò) o del trattario (tratta);
d) il nome del debitore, con l’indicazione del luogo e data di nascita e/o codice fiscale;
e) la sottoscrizione dell’emittente o del traente.

 

IL PAGHERÒ

 

DEFINIZIONE
Nella cambiale pagherò il debitore (emittente) promette al creditore (beneficiario) incondizionatamente di pagare una determinata somma nel luogo e alla scadenza indicati. La cambiale può essere redatta oltre che sul presente modulo bollato, venduto ad un prezzo pari all'imposta di bollo, anche su un normale pezzo di carta: in quest'ultimo caso tuttavia non potrà valere come titolo esecutivo, non essendo in regola fin dalla sua emissione con l'imposta di bollo (art.104 R.D.1669/33).

 

LEGENDA
1. BENEFICIARIO = Il beneficiario di una cambiale (creditore) può essere una persona fisica o una persona giuridica, cioè una società commerciale S.p.A o S.r.l.
Il proprietario della cambiale (beneficiario) può:
aspettare la scadenza per riscuoterla.
trasferirne ad altri la proprietà mediante una girata
cedere la cambiale ad una banca prima della scadenza mediante una girata. La banca in questo caso gliene anticipa il pagamento, trattenendo un compenso per l'operazione.
Questa operazione è detta sconto cambiario e presuppone che chi presenta allo sconto la cambiale (scontista):
sia titolare di un conto corrente presso la banca
abbia ottenuto dalla banca un fido (cioè l'apertura di credito) da utilizzare nell'operazione di sconto.
2. SCADENZA = L'indicazione della scadenza può essere:
a giorno fisso (es:pagherò il 10 Ottobre);
a certo tempo data: il tempo indicato decorre dalla data di emissione (es: pagherò fra 2 mesi);
a vista: la somma verrà pagata alla presentazione della cambiale (si ricorda che la presentazione della cambiale deve avvenire non oltre un anno dalla data di emissione (es: pagherò a vista);
a certo tempo vista: la soma dovrà essere pagata quando è decorso il periodo di tempo indicato dalla data dell'accettazione o dal protesto.
Se sulla cambiale non viene indicata alcuna scadenza, la stessa si considera pagabile a vista.
Naturalmente la data di scadenza non deve:
essere anteriore alla data di emissione;
essere anteriore all'integrazione dei bolli sugli effetti;
essere anteriore alla data di trascrizione del contratto in Tribunale;
essere posteriore di oltre 5 anni dalla data di emissione.
Alla scadenza la cambiale deve essere presentata per il pagamento nel luogo e all'indirizzo indicato sul titolo (in genere ad una banca) . La banca esegue l'operazione con modalità diversa a seconda della clausola in uso: "salvo buon fine" e "dopo l'incasso" e provvede ad avvertire colui che è designato a pagare a presentarsi presso i propri sportelli.
3. DOMICILIAZIONE = Il luogo dove si deve effettuare il pagamento può essere:
il domicilio del debitore
una banca (in questo caso la cambiale si dice domiciliata)
4. FIRMA = Apponendo la firma l'emittente diventa obbligato cambiario
5. AVALLO = In alcune circostanze lo spazio vuoto in basso della cambiale può essere utilizzato per apporre avalli, ossia garanzie di firma richieste dalla banca o dal creditore e concesse da un soggetto terzo nell'operazione (socio di società o persona estranea, coniuge ecc.).
Le formula utilizzata è la seguente : "Per Avallo", seguita dalla firma del garante, nel caso della cambiale-pagherò
6. IL BOLLO = Il bollo è necessario per l'esecutività della cambiale. L'importo del bollo è proporzionale all'ammontare della somma; più precisamente è pari al 12 per mille dell'importo facciale.
Attenzione: se il bollo viene calcolato in difetto la cambiale perde le sue caratteristiche di titolo esecutivo e non viene accettata allo sconto dalle Banche.
7. IMPORTO = L'ammontare della somma da pagare espresso in cifre
In caso di discordanza vale l'importo scritto in lettere.
8. GIRATA = La cambiale è un titolo di credito all'ordine e come tale può essere trasferito, ossia ceduto in pagamento. Il trasferimento si attua mediante la girata.
La girata si fa sul retro della cambiale:
non può essere parziale (cioè limitata ad una parte dell'importo)
non può essere sottoposta a condizioni
può essere in pieno o in bianco.
Questa la formula che si usa per fare la girata "in pieno":
E per me pagate al signor .................................. (nominativo di chi riceve la cambiale - giratario) data ...................... firma di chi fa la girata (girante) ............................
Per fare la girata in bianco è sufficiente la firma del girante. Con la girata in bianco la cambiale è un titolo al portatore.
9. ORDINE DI PAGAMENTO = La voce cambia a seconda se il titolo è un vaglia cambiario o una cambiale tratta.
Nel primo caso il debitore si impegna a pagare (pagherò) alla scadenza l'importo pattuito al creditore.
Nel secondo caso il creditore invita il debitore al pagamento (pagherete) alla scadenza del debito a se stesso o a terzi.
10. DATI DEL DEBITORE = Vengono apposti i dati riguardanti al debitore
11. DATA E LUOGO DI EMISSIONE DEL TITOLO

LA TRATTA

DEFINIZIONE
Nella cambiale tratta il creditore (traente) ordina al debitore (trattario) di pagare incondizionatamente una determinata somma nel luogo e alla scadenza indicati al beneficiario (o prenditore). Il beneficiario può essere lo stesso traente o un terzo soggetto. La cambiale deve poi essere presentata al trattario:
se il trattario accetta l'ordine impartitogli dal traente, firma per accettazione e così diventa obbligato cambiario
se il trattario non accetta, la cambiale è valida, ma obbligato cambiario è il traente che ha firmato.
La cambiale può essere redatta oltre che sul presente modulo bollato, venduto ad un prezzo pari all'imposta di bollo, anche su un normale pezzo di carta: in quest'ultimo caso tuttavia non potrà valere come titolo esecutivo, non essendo in regola fin dalla sua emissione con l'imposta di bollo (art.104 R.D.1669/33).
LEGENDA
1. BENEFICIARIO = Il beneficiario di una cambiale (creditore) può essere una persona fisica o una persona giuridica, cioè una società commerciale S.p.A o S.r.l. .
Il proprietario della cambiale (beneficiario) può:
aspettare la scadenza per riscuoterla.
trasferirne ad altri la proprietà mediante una girata
cedere la cambiale ad una banca prima della scadenza mediante una girata. La banca in questo caso gliene anticipa il pagamento, trattenendo un compenso per l'operazione.
Questa operazione è detta sconto cambiario e presuppone che chi presenta allo sconto la cambiale (scontista):
sia titolare di un conto corrente presso la banca
abbia ottenuto dalla banca un fido (cioè l'apertura di credito) da utilizzare nell'operazione di sconto.
2. SCADENZA = L'indicazione della scadenza può essere:
a giorno fisso (es: pagherò il 10 Ottobre);
a certo tempo data: il tempo indicato decorre dalla data di emissione (es: pagherò fra 2 mesi);
a vista: la somma verrà pagata alla presentazione della cambiale (si ricorda che la presentazione della cambiale deve avvenire non oltre un anno dalla data di emissione (es: pagherò a vista);
a certo tempo vista: la soma dovrà essere pagata quando è decorso il periodo di tempo indicato dalla data dell'accettazione o dal protesto.
Se sulla cambiale non viene indicata alcuna scadenza, la stessa si considera pagabile a vista.
Naturalmente la data di scadenza non deve:
essere anteriore alla data di emissione;
essere anteriore all'integrazione dei bolli sugli effetti;
essere anteriore alla data di trascrizione del contratto in Tribunale;
essere posteriore di oltre 5 anni dalla data di emissione.
Alla scadenza la cambiale deve essere presentata per il pagamento nel luogo e all'indirizzo indicato sul titolo (in genere ad una banca). La banca esegue l'operazione con modalità diversa a seconda della clausola in uso: "salvo buon fine" e "dopo l'incasso" e provvede ad avvertire colui che è designato a pagare a presentarsi presso i propri sportelli.
3. DOMICILIAZIONE = Il luogo dove si deve effettuare il pagamento può essere:
il domicilio del debitore una banca (in questo caso la cambiale si dice domiciliata)
4. FIRMA = Apponendo la firma per accettazione il trattario diventa obbligato cambiario.
5. AVALLO = In alcune circostanze lo spazio vuoto in basso della cambiale può essere utilizzato per apporre avalli, ossia garanzie di firma richieste dalla banca o dal creditore e concesse da un soggetto terzo nell'operazione (socio di società o persona estranea, coniuge ecc.).
La formula utilizzata è la seguente:
"Per Avallo dell'accettante", seguita dalla firma del garante.
6. IL BOLLO = Il bollo è necessario per l'esecutività della cambiale. L'importo del bollo è proporzionale all'ammontare della somma; più precisamente è pari al 12 per mille dell'importo facciale.
Attenzione: se il bollo viene calcolato in difetto la cambiale perde le sue caratteristiche di titolo esecutivo e non viene accettata allo sconto dalle Banche.
7. IMPORTO = L'ammontare della somma da pagare espresso in cifre.
In caso di discordanza vale l'importo scritto in lettere.
8. GIRATA = La cambiale è un titolo di credito all'ordine e come tale può essere trasferito, ossia ceduto in pagamento. Il trasferimento si attua mediante la girata. La girata si fa sul retro della cambiale:
non può essere parziale (cioè limitata ad una parte dell'importo)
non può essere sottoposta a condizioni
può essere in pieno o in bianco.
Questa la formula che si usa per fare la girata "in pieno":
E per me pagate al signor .................................. (nominativo di chi riceve la cambiale - giratario) data ...................... firma di chi fa la girata (girante) ............................
Per fare la girata in bianco è sufficiente la firma del girante. Con la girata in bianco la cambiale è un titolo al portatore.
9. ORDINE DI PAGAMENTO = La voce cambia a seconda se il titolo è un vaglia cambiario o una cambiale tratta.
Nel secondo caso il creditore invita il debitore al pagamento (pagherete) alla scadenza del debito a se stesso o a terzi.
10. DATI DEL DEBITORE = Vengono apposti i dati riguardanti al debitore
11. DATA E LUOGO DI EMISSIONE DEL TITOLO

LA GIRATA IMPROPRIA
La girata impropria ha la funzione di trasferire al giratario il semplice possesso del titolo; il girante, infatti, ne conserva la proprietà.
La girata impropria più diffusa è la girata per l’incasso, con cui il girante conferisce a una banca, dove è titolare di un conto corrente, l’incarico di riscuotere la cambiale e di renderne disponibile l’importo. La banca, dopo aver riscosso l’effetto, accredita il relativo importo (al netto di una commissione d’incasso) sul c/c intestato al cliente (girante dell’effetto). La commissione costituisce il compenso spettante alla banca per il servizio di riscossione reso al cliente.


LA GESTIONE AZIENDALE
L’azienda è un’organizzazione economica stabile di persone e risorse che svolge in modo continuativo una serie di operazioni volte a soddisfare, in maniera diretta o indiretta, i bisogni umani.

 

Le aziende possono essere:

di consumo

famiglie

 

 

 

 

 

di produzione

diretta

processo di fabbricazione

 

 

indiretta

prestazione di servizi

 

 

 

composte

lo Stato

 

Alla famiglia corrisponde un’azienda di consumo, perché la sua attività è Caratterizzata dal reperimento di mezzi monetari e dal consumo ditali risorse per l’acquisizione di beni e servizi da destinare al soddisfacimento dei bisogni dei suoi componenti.
Il denaro occorrente per procurare vitto, vestiario, arredi per la casa, istruzione scolastica, viaggi ecc. proviene da attività lavorative (salari, stipendi, pensioni, proventi professionali) e dall’investimento del risparmio familiare (compravendita di titoli pubblici e privati, sottoscrizione di polizze d’assicurazione, affitto di immobili ecc.).
I beni e i servizi consumati sono, in piccola parte, prodotti all’interno della famiglia (cottura di cibi, confezione di abiti, pulizia della casa) e, per la maggior parte, acquistati da altre aziende.

All’impresa corrisponde un’azienda di produzione che, al suo interno, attua un processo di fabbricazione di beni e di prestazione di servizi (lavorazione di materie, trasporto di prodotti, elaborazione di dati, confezionamento di merci ecc.). In tali aziende il consumo delle risorse acquisite (utilizzo di materie, di combustibili, di energia elettrica, di macchinari e automezzi, di prestazioni lavorative ecc.) è strumentale, nel senso che serve per la produzione di beni e servizi, i quali sono destinati allo scambio sul mercato, ossia alla vendita.

Allo Stato e agli enti locali corrispondono aziende composte poiché, nel loro ambito, si attuano contemporaneamente un’attività strettamente di produzione e un’altra tipicamente di consumo.
Ad esempio, lo Stato, mentre produce una serie di servizi pubblici che soddisfano esigenze di carattere collettivo (difesa, giustizia, ordine pubblico, previdenza ecc.), contemporaneamente svolge un’attività di consumo redistribuendo ricchezza sotto forma di stipendi e pensioni ai dipendenti pubblici, sussidi sociali e assistenza sanitaria ai meno abbienti e così via.

Le aziende sono tra loro diversissime; esse si distinguono:
a) secondo il settore di appartenenza in:
•  aziende del settore primario, dedite alla coltivazione del terreno, all’allevamento del bestiame, alla pesca, alla caccia e alle attività, estrattive;
•  aziende del settore secondario, costituite dalle aziende edili e dalle aziende industriali, che trasformano materie prime e semilavorati in prodotti finiti o assemblano parti componenti; aziende del settore terziario, comprendenti oltre alle aziende di servizi in senso stretto, che offrono prestazioni in svariati campi (trasporti, telecomunicazioni, turismo, spettacoli, raccolta e smaltimento di rifiuti ecc.) le aziende mercantili, bancarie, di assicurazione, finanziarie. Nell’ambito del settore terziario si possono ulteriormente distinguere le aziende del terziario avanzato, costituite dalle aziende informatiche, di revisione contabile, di marketing e pubblicità ecc.:
b)         secondo le dimensioni in:
•  aziende grandi, come la Fiat, la Coca-Cola, la Levis, che occupano centinaia di migliaia di dipendenti e sviluppano giri d’affari di miliardi di euro vendendo in tutto il mondo i propri prodotti e servizi;
•  aziende medie, come le banche o le industrie a carattere locale, che hanno centinaia o migliaia di dipendenti e conseguono ricavi per milioni di euro;
•  aziende piccole, come le falegnamerie artigianali o le panetterie a gestione familiare, che realizzano volumi d’affari modesti;
c) secondo l’articolazione territoriale in:
•  aziende indivise, che svolgono la loro attività in un’unica sede, come i piccoli negozi di quartiere;
•  aziende divise, che operano in più sedi o in più settori d’attività tramite apposite divisioni; pensa alle banche, che hanno svariate agenzie, o alle aziende mercantili (come Auchan o Oviesse), che sono articolate in numerose filiali di vendita dislocate in varie città;
d)         secondo la forma giuridica in:
•  aziende individuali, che hanno un unico proprietario (titolare);
•  aziende collettive, o società, la cui proprietà è frazionata tra due o più soggetti, detti soci;
e) secondo le finalità perseguite in:
•  aziende profit oriented. ossia orientate al lucro, che svolgono un processo di produzione finalizzato alla creazione di ricchezza per il titolare o per i soci; tali aziende, che corrispondono alle imprese, destinano gli utili conseguiti alla remunerazione dei capitali in esse investiti dai proprietari;
•  aziende non profit. ossia non orientate al lucro, che si pongono come obiettivo primario il raggiungimento di finalità sociali, di ricerca scientifica, culturali, sportive, religiose ecc.

Oggetto del nostro studio è l’attività svolta dalle imprese.
Alla famiglia corrisponde un’azienda di consumo, perché la sua attività è Caratterizzata dal reperimento di mezzi monetari e dal consumo ditali risorse per l’acquisizione di beni e servizi da destinare al soddisfacimento dei bisogni dei suoi componenti.
Il denaro occorrente per procurare vitto, vestiario, arredi per la casa, istruzione scolastica, viaggi ecc. proviene da attività lavorative (salari, stipendi, pensioni, proventi professionali) e dall’investimento del risparmio familiare (compravendita di titoli pubblici e privati, sottoscrizione di polizze d’assicurazione, affitto di immobili ecc.).
I beni e i servizi consumati sono, in piccola parte, prodotti all’interno della famiglia (cottura di cibi, confezione di abiti, pulizia della casa) e, per la maggior parte, acquistati da altre aziende.

All’impresa corrisponde un’azienda di produzione che, al suo interno, attua un processo di fabbricazione di beni e di prestazione di servizi (lavorazione di materie, trasporto di prodotti, elaborazione di dati, confezionamento di merci ecc.). In tali aziende il consumo delle risorse acquisite (utilizzo di materie, di combusti­bili, di energia elettrica, di macchinari e automezzi, di prestazioni lavorative ecc.) è strumentale, nel senso che serve per la produzione di beni e servizi, i quali sono destinati allo scambio sul mercato, ossia alla vendita.

Allo Stato e agli enti locali corrispondono aziende composte poiché, nel loro ambito, si attuano contemporaneamente un’attività strettamente di produzione e un’altra tipicamente di consumo.
Ad esempio, lo Stato, mentre produce una serie di servizi pubblici che soddisfa-no esigenze di carattere collettivo (difesa, giustizia, ordine pubblico, previdenza ecc.), contemporaneamente svolge un’attività di consumo redistribuendo ricchezza sotto forma di stipendi e pensioni ai dipendenti pubblici, sussidi sociali e assistenza sanitaria ai meno abbienti e così via.

Le aziende sono tra loro diversissime; esse si distinguono:
a) secondo il settore di appartenenza in:
•  aziende del settore primario, dedite alla coltivazione del terreno, all’allevamento del bestiame, alla pesca, alla caccia e alle attività, estrattive;
•  aziende del settore secondario, costituite dalle aziende edili e dalle aziende industriali, che trasformano materie prime e semilavorati in prodotti finiti o assemblano parti componenti; aziende del settore terziario, comprendenti oltre alle aziende di servizi in senso stretto, che offrono prestazioni in svariati campi (trasporti, telecomunicazioni, turismo, spettacoli, raccolta e smaltimento di rifiuti ecc.) le aziende mercantili, bancarie, di assicurazione, finanziarie. Nell’ambito del settore terziario si possono ulteriormente distinguere le aziende del terziario avanzato, costituite dalle aziende informatiche, di revisione contabile, di marketing e pubblicità ecc.:
b)         secondo le dimensioni in:
•  aziende grandi, come la Fiat, la Coca-Cola, la Levis, che occupano centinaia di migliaia di dipendenti e sviluppano giri d’affari di miliardi di euro vendendo in tutto il mondo i propri prodotti e servizi;
•  aziende medie, come le banche o le industrie a carattere locale, che hanno centinaia o migliaia di dipendenti e conseguono ricavi per milioni di euro;
•  aziende piccole, come le falegnamerie artigianali o le panetterie a gestione familiare, che realizzano volumi d’affari modesti;
c) secondo l’articolazione territoriale in:
•  aziende indivise, che svolgono la loro attività in un’unica sede, come i piccoli negozi di quartiere;
•  aziende divise, che operano in più sedi o in più settori d’attività tramite apposite divisioni; pensa alle banche, che hanno svariate agenzie, o alle aziende mercantili (come Upim o Oviesse), che sono articolate in numerose filiali di vendita dislocate in varie città;
d)         secondo la forma giuridica in:
•  aziende individuali, che hanno un unico proprietario (titolare);
•  aziende collettive, o società, la cui proprietà è frazionata tra due o più soggetti, detti soci;
e) secondo le finalità perseguite in:
•  aziende profit oriented. ossia orientate al lucro, che svolgono un processo di produzione finalizzato alla creazione di ricchezza per il titolare o per i soci; tali aziende, che corrispondono alle imprese, destinano gli utili conseguiti alla remunerazione dei capitali in esse investiti dai proprietari;
•  aziende non profit. ossia non orientate al lucro, che si pongono come obiettivo primario il raggiungimento di finalità sociali, di ricerca scientifica, culturali, sportive, religiose ecc.

Oggetto del nostro studio è l’attività svolta dalle imprese.

LA NASCITA DELL’AZIENDA
L’azienda nasce con un primo conferimento (o apporto iniziale di denaro, che l’imprenditore o i soci prelevano dai propri conti correnti bancari personali e versano in un nuovo conto corrente aperto a nome dell’impresa nascente; su tale conto affluiranno i pagamenti e le riscossioni derivanti dall’attività aziendale.

Oltre ad apportare mezzi monetari (con assegni o con ordini di bonifico o di giroconto), il proprietario o i soci possono anche conferire beni di loro proprietà da utilizzare nello svolgimento dell’attività produttiva, come fabbricati, impianti, automezzi. In tal caso, si hanno apporti in natura.
Un’azienda di nuova costituzione necessita di un certo periodo di tempo prima di dotarsi di un’organizzazione adeguata, di stabilire una rete di rapporti commerciali con fornitori selezionati, di farsi conoscere e apprezzare dalla clientela. Pertanto, anziché dar vita a una nuova azienda, i soggetti interessati a svolgere un’attività imprenditoriale possono decidere di acquistare da altri un’impresa già operante e nota sul mercato.

L’insieme delle risorse di cui l’azienda dispone alla sua nascita costituisce il patrimonio iniziale; esso viene rappresentato in un prospetto, detto situazione patrimoniale, che è articolato in due sezioni:
•   la parte destra indica la fonte delle risorse raccolte, costituita dai capitali conferiti dal proprietario o dai soci;
•   la parte sinistra evidenzia i mezzi apportati (denaro, beni oppure un’impresa già funzionante), che consentono all’azienda di iniziare a operare e a produrre ricchezza.

Nella fase iniziale, l’imprenditore deve assolvere alcuni obblighi di natura giuridica e fiscale, che consistono:

  • nel presentare alla Camera di commercio, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività:

•  la domanda per l’iscrizione nel Registro delle imprese (RI).
Il Registro delle imprese è uno schedario nazionale che ha la funzione di rendere pubbliche informazioni sulla vita delle aziende (dati anagrafici dell’imprenditore, oggetto dell’attività, sede principale ed eventuali sedi secondarie dell’impresa, data d’inizio e di cessazione dell’attività ecc); tale registro, tenuto con procedure informatiche, è consultabile dagli interessati mediante collegamento telematico o presso le sedi delle Camere di commercio;
•   la dichiarazione d’inizio attività per ottenere l’attribuzione del
numero di partita IVA (che va riportato sulla corrispondenza commerciale su fatture, ricevute e scontrini fiscali, sulla dichiarazione dei redditi ecc);

  • nell’ottenere le autorizzazioni amministrative, nel caso di esercizi commerciali di medie-grandi dimensioni, e/o igienico-sanitarie per lo svolgimento di determinate attività. Per l’apertura di piccoli negozi al dettaglio (cosiddetti esercizi di vicinato), invece, è sufficiente darne comunicazione scritta al Comune in cui verrà svolta l’attività, in quanto non occorre l’autorizzazione.

La costituzione dell’azienda e l’avvio dell’attività produttiva comportano il sostenimento di una serie di spese riguardanti le incombenze iniziali (dichiarazioni, richieste di iscrizioni e di autorizzazioni, la stipula di contratti relativi all’erogazione di utenze essenziali (energia elettrica, acqua, gas, telecomunicazioni, gli onorari da corrispondere a liberi professionisti (notai, dottori commercialisti, ragionieri ed economisti d’impresa) che hanno assistito l’azienda nell’espletamento delle formalità connesse alla sua costituzione.
L’utilità ditali spese si protrae per diversi anni; pensa al costo per l’allacciamento alla rete idrica, sostenuto una sola volta al momento dell’attivazione del servizio, che consente all’impresa di usufruire dell’acqua potabile anche negli anni futuri. Le spese affrontate in sede di costituzione, che danno all’azienda benefici e vantaggi per più anni, sono dette costi d’impianto.


LA GESTIONE AZIENDALE
La gestione è la serie ininterrotta di operazioni, collegate e coordinate tra l’oro, che l’azienda compie per raggiungere i suoi obiettivi.

 

Tali operazioni riguardano:

  • il reperimento dei mezzi finanziari
  • l’investimento dei mezzi finanziari
  • la trasformazione tecnico-economica
  • il disinvestimento

 

Con le operazioni di finanziamento, l’azienda si procura i mezzi monetari necessari per avviare l’attività produttiva e consentirne il regolare funzionamento. I capitali occorrenti sono forniti: dall’imprenditore o dai soci, che mettono a disposizione dell’azienda finanziamenti di capitale proprio; sappiamo che il titolare o i soci possono sia conferire somme di denaro, sia apportare beni in natura direttamente utilizzabili nel processo produttivo, come fabbricati o macchinari; da soggetti esterni, che concedono all’azienda prestiti in cambio di remunerazioni in denaro (interessi tali finanziamenti costituiscono il capitale di terzi.
Con i finanziamenti ottenuti, l’azienda può effettuare gli investimenti, ossia acquisire i fattori produttivi che le occorrono per lo svolgimento della propria attività; tali fattori, in considerazione della loro natura, si distinguono in:
•  fattori a lungo ciclo di utilizzo, come i fabbricati, i macchinari, gli arredi, che sono utilizzati per più anni nel processo produttivo aziendale;
•  fattori a breve ciclo di utilizzo come le materie da trasformare, le merci da vendere, le prestazioni lavorative, i servizi di trasporto, che possono essere impiegati una sola volta.
A tal fine, l’azienda stipula appositi contratti di acquisto di beni e servizi o di locazione (affitto) con altre imprese fornitrici, e contratti di lavoro con il personale di­pendente, affrontando uscite finanziarie connesse al pagamento di prezzi, canoni, salari e stipendi.
Con le operazioni di trasformazione tecnico-economica, l’azienda combina al suo interno i fattori produttivi acquisiti per esercitare attività di:
•  produzione diretta, che comporta la lavorazione di materie, l’assemblaggio di semilavorati. Il montaggio di componenti, il collaudo dei prodotti ottenuti (aziende industriali), oppure la fornitura di servizi di trasporto, di riparazione e manutenzione, di consulenza legale e finanziaria ecc. (aziende di servizi);
•  produzione indiretta, che consiste nel trasferire le merci nello spazio (dalle località di produzione a quelle di utilizzo) e nel tempo (tramite processi di conservazione); ciò rende i beni disponibili ai consumatori nei luoghi e nel momento in cui sono richiesti (aziende mercantili).
Infine, con le operazioni di disinvestimento, l’azienda vende ai propri clienti prodotti, servizi e merci, ritornando in possesso dei capitali che aveva in precedenza impiegato nello svolgimento del processo produttivo.

                     ESERCIZI

  • Costituzione di un’azienda mediante con ferimenti in contanti e in natura.

Sandro e Paolo Vianello concordano la costituzione di un’azienda, sotto forma di società in nome collettivo, per la produzione di carta, cartone e imballaggi.
Il 28 settembre Sandro conferisce 10 assegni circolari, ciascuno di 9.000 euro, che sono subito versati su un c/c acceso presso la banca Unicredito Italiano. Lo stesso giorno Paolo apporta un impianto, valutato 80.000 euro, e un macchinario, a cui viene attribuito un valore di 130.000 euro.
Presenta la situazione patrimoniale iniziale della Paolo & Sandro Vianello s.n.c. e i calcoli per determinare le quote di partecipazione alla società dei due soci (Risultati: Sandro 30%; Paolo 70%).

  • Costituzione di una società con apporti in denaro e in natura.

Il 5 dicembre dell’anno “n” si costituisce la Metal s.r.l. fra tre soci, per la produzione di scatolette metalliche per alimenti con apertura a strappo.
Il         socio Emanuele Cremonini apporta due assegni bancari per un importo complessivo di 90.000 euro; il socio Vittorio Offidani apporta un immobile, il cui valore viene stimato in 360.000 euro; il socio Sergio Malfatti conferisce un assegno circolare di 80.000 euro e un automezzo valutato 70.000 euro. Gli assegni sono immediatamente versati su un c/c acceso a nome della società presso la banca S. Paolo-IMI. Nei giorni successivi sono stipulati i contratti di utenza per l’erogazione dell’acqua, del gas, dell’energia elettrica ecc., regolando le spese a mezzo banca per un totale di 290 euro. Si paga, inoltre, sempre tramite banca, la parcella di 1.500 euro del commercialista che ha curato gli adempimenti connessi alla costituzione della società.
Presenta la situazione patrimoniale della s.r.l. al 18 dicembre dell’anno “n”, dopo lo svolgimento delle predette operazioni, e determina le quote di partecipazione alla società di ogni socio (Risultati: Cremonini 15%; Offidani 60%; Malfatti 25%).

  • Costituzione di una società: compilazione della situazione patrimoniale iniziale e determinazione della durata dei cicli economico e monetario.

Manuela Vergari e Simone Pandolfi stabiliscono di intraprendere un’attività di compravendita all’ingrosso di detersivi e prodotti per l’igiene personale. A tal fine, in data 24 gennaio, costituiscono la Vergari & Pandolfi s.n.c. avvalendosi della consulenza del commercialista dottor Massimo Vini. La signora Vergari conferisce in società un assegno bancario di 30.000 euro e un fabbricato a cui viene attribuito un valore di 180.000 euro. Il signor Pandolfi apporta arredi e attrezzature d’ufficio per 25.000 euro e un assegno circolare di 65.000 euro. Lo stesso giorno gli assegni sono versati su un conto corrente acceso a nome della società presso la Banca Popolare di Brescia.
Il 29 gennaio i due soci danno inizio all’attività commerciale con l’acquisto di una partita di detersivi per un importo complessivo di 36.000 euro; la fattura del fornitore è regolata per pronta cassa.
Il 12 febbraio la merce acquistata è interamente venduta emettendo fattura immediata a carico del cliente Guido Menti, che versa 6.000 euro alla consegna, 10.000 euro dopo 30 giorni e 20.000 euro dopo 60 giorni.
In base a tali dati, presenta la situazione patrimoniale della società al 24 gennaio mettendo in evidenza le quote di partecipazione dei due soci.
(Risultati: quota di Vergari 70%; quota di Pandolfi 30%).

 

  • Costituzione di una società: costi d’impianto, redazione della situazione patrimoniale, calcolo della durata dei cicli produttivi.

Luca Bordi, Alessia Vicini e Daniela Costa di Parma decidono di impiantare un’azienda per la produzione di giocattoli in legno e in plastica. Il 2 aprile, con l’assistenza di un commercialista, danno vita alla Baby World s.r.l., nella quale:
• il socio Bordi apporta un macchinario valutato 50.000 euro e un assegno circolare di 170.000 euro;
• la socia Vicini apporta un automezzo stimato 35.000 euro e un assegno bancario di 141.000 euro;
•  la socia Costa ordina alla sua banca di trasferire 44.000 euro dal suo c/c personale a quello intestato alla società presso il Monte dei Paschi di Siena.
Il 5 aprile, dopo aver depositato in banca il denaro e gli assegni, si pagano con assegni bancari le spese inerenti alla nascita dell’azienda (compenso al commercialista, stipula dei contratti di utenza ecc.) per un importo complessivo di 4.750 euro.
Il 20 aprile ha inizio la gestione con l’acquisto di una partita di legno dal fornitore Ibner di Bolzano, la cui fattura è regolata il 10 maggio con un assegno bancario.
La lavorazione del legno comincia il 23 aprile e termina il 14 maggio con la produzione dei primi giocattoli, che assorbono l’intera quantità di materia prima acquistata. I giocattoli sono venduti il 19 maggio a un grossista di Vicenza, emettendo fattura immediata per un totale di 63 000 euro.
Conformemente agli accordi contrattuali, il grossista regola l’importo della fattura come segue: 1/3 a pronti, 1/3 a 45 giorni dalla consegna e 1/3 a 60 giorni dalla consegna.
Sulla base di questi dati, presenta la situazione patrimoniale della società riferita al 5 aprile, calcolando le quote di partecipazione di ciascun socio
            (Risultati: quota di Bordi 50%; quota di Vicini 40%; quota di Costa 10%).


L’ASPETTO QUALITATIVO DEL PATRIMONIO
Nell’aspetto qualitativo, il patrimonio è:

  • il complesso dei beni a disposizione dell’azienda in un dato istante;
  • l’insieme dei finanziamenti, di varia origine e durata, che hanno concorso all’acquisizione di tali beni.

Può essere suddiviso in:


 
  • ATTIVO IMMOBILIZZATO

Comprende l’insieme degli investimenti destinati a permanere durevolmente nel patrimonio aziendale, che ritornano in forma liquida in tempi medio/lunghi

  • ATTIVO CIRCOLANTE

È rappresentato dall’insieme degli impieghi di breve durata e dei mezzi già liquidi

 

L’ASPETTO QUANTITATIVO DEL PATRIMONIO
Esaminare il patrimonio di un’azienda nell’aspetto quantitativo vuol dire determinarne la consistenza, ossia il valore in termini monetari

 

LE PARTI I DEALI DEL PATRIMONIO NETTO

Le parti ideali del patrimonio netto sono:

  • riserve, costituite dagli utili conseguiti con la gestione e non distribuiti ai soci (riserve di utili);
  • utile d’esercizio, ossia il risultato economico positivo ottenuto in un periodo amministrativo. L’utile può essere prelevato e ripartito tra i soci, ossia sottratto alla gestione aziendale, oppure risparmiato, vale a dire lasciato a disposizione dell’azienda per autofinanziarla;
  • perdita d’esercizio, ossia il risultato economico negativo della gestione, che riduce la misura del patrimonio netto.

RELAZIONI TRA ATTIVITÁ, PASSIVITÁ E PATRIMONIO NETTO

A = N

L’azienda non ha debiti

A > P

Attività sono maggiori delle passività (maggioranza dei casi)

A = P

Il capitale aziendale è finanziato soltanto con i debiti

P > A

I debiti superano il valore dell’azienda (situazione gravissima)

A (attivitá)                 P (passivitá)               N (patrimonio netto)


L’INVENTARIO
Per inventario s’intende:

  • l’insieme delle operazioni con le quali si determina la composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio esistente in un certo istante;
  • il prospetto nel quale si elencano gli elementi che compongono il patrimonio, o una parte di essi, in quello stesso istante.

 

COSTI E RICAVI

            CONCETIO DI COSTO E DI RICAVO
Dopo essere stata creata dall’imprenditore o dai soci, l’azienda opera in vista del raggiungimento delle proprie finalità svolgendo ininterrottamente operazioni di:

  • investimento di mezzi finanziari nell’acquisizione dei fattori produttivi occorrenti all’esercizio della propria attività (industriale, mercantile, di servizi ecc.). Un mobilificio si approvvigiona di macchinari, attrezzature, legno, viti, collanti, lavoro di operai specializzati; un negozio di cosmetici ha bisogno di scaffali, vetrine, registratori di cassa, rossetti, profumi, deodoranti, nastrini; un fast food necessita di tavoli, sedie, stoviglie, attrezzature da cucina, prestazioni lavorative di camerieri, cuochi, addetti alle pulizie;
  • trasformazione con cui l’azienda combina economicamente al suo interno i fattori acquisiti allo scopo di ottenere beni e servizi secondo le caratteristiche richieste dal mercato. In un’industria tessile il personale taglia e cuce le stoffe, attacca i bottoni, le passamanerie, le cerniere in maniera da realizzare abiti rispondenti ai gusti della clientela; un supermercato compra da produttori agricoli grossi quantitativi di carne e, poi, li confeziona in vaschette di piccolo peso adatte ai consumi delle famiglie;

 

  • disinvestimento, tramite la vendita di beni o la prestazione di servizi alla clientela; in tal modo, nell’azienda riaffluisce il denaro da destinare a nuovi investimenti.

Gli oneri che l’azienda sopporta per approvvigionarsi dei fattori produttivi di cui necessita, per trasformare e combinare tra loro i fattori acquisiti e per ottenere beni e servizi da scambiare sul mercato, prendono il nome di costi.

i costisono la misura monetaria delle risorse che l’azienda acquisisce e consuma per lo svolgimento della propria attività.
Ad esempio, per produrre vegetali sott’olio, un’azienda conserviera deve comprare caldaie industriali, affettatrici, macchine inscatolatrici, che serviranno per attuare più lavorazioni nel tempo; deve poi utilizzare, ossia consumare un dato quantitativo di ortaggi, condimenti, etichette, confezioni a strappo; un certo numero di ore di manodopera, una data quantità di energia elettrica e così via. I costi esprimono il valore in termini monetari (ossia in euro) di tutte le risorse comprate e impiegate nello svolgimento del processo produttivo.

Dalla vendita dei prodotti fabbricati, delle merci e dei servizi alla clientela l’azienda consegue i ricavi

I ricavi sono i corrispettivi che l’azienda riceve dalla vendita di beni e dalla prestazione di servizi.
I ricavi devono reintegrare (ossia coprire) tutti i costi sostenuti e remunerare adeguatamente i vari fattori che hanno partecipato allo svolgimento dell’attività produttiva. Ciò vuoi dire che i ricavi realizzati dalla vendita di beni e servizi (sommati a eventuali altri proventi) devono consentire oltre all’acquisto di materie merci e servizi con cui affrontare un nuovo ciclo produttivo e al rinnovo, al momento opportuno, dei beni strumentali di pagare salari e stipendi ai dipendenti, di corrispondere regolarmente gli interessi sulle somme prese a prestito, di versare allo Stato e agli enti locali le imposte dovute, di compensare l’imprenditore per l’attività svolta nell’azienda e per i capitali in essa investiti.

I costi e i ricavi costituiscono l’aspetto economico della gestione;
essi sono misurati, ossia determinati, dai seguenti movimenti finanziari:

  • l’importo dei costi è misurato dagli esborsi sopportati (uscite monetane, ossia movimenti m diminuzione dei fondi liquidi in cassa o disponibili nei c/c bancari e postali) o dall’ammontare dei debiti di regolamentoaccesi in caso di pagamento dilazionato delle forniture;
  • l’importo dei ricavi è misurato dalle entrate monetarie (movimenti in aumento del denaro esistente in cassa, in banca o sul c/c postale) o dall’ammontare dei crediti di regolamento nell’ipotesi di pagamento differito dei corrispettivi delle vendite.

            IL REDDITO GLOBALE
Per sopravvivere e svilupparsi nel tempo, l’azienda, con lo svolgimento della sua attività, deve poter conseguire redditi positivi.

Il reddito è il risultato economico della gestione, che scaturisce dalla differenza tra i ricavi realizzati dall’impresa nell’arco di un certo periodo e i costi sostenuti nello stesso tasso di tempo.
Con riferimento ad un dato periodo, si possono verificare le seguenti situazioni:

  • i ricavi sono maggiori dei costi; in quest’ipotesi, l’azienda ha conseguito un utile, ossia un reddito positivo. Pertanto, il patrimonio netto alla fine del periodo considerato, confrontato con il patrimonio netto all’inizio dello stesso periodo, risulta aumentato per effetto dell’utile conseguito con la gestione. L’utile pio essere lasciato nell’azienda (che viene così autofinanziata dalla sua attività), o prelevato e assegnato all’imprenditore e ai soci come remunerazione dei capitali e delle energie investite nell’impresa;

 

  • i costi superano i ricavi; ciò significa che l’azienda ha subìto una perdita, ossia un reddito negativo. In questo caso, non solo i proprietari non ottengono alcuna remunerazione, ma i loro capitali si riducono a causa del cattivo andamento della gestione. La perdita subìta, infatti, intacca il patrimonio netto, la cui entità, alla fine del periodo esaminato, risulta diminuita rispetto a quella esistente all’inizio dello stesso periodo. Nell’ipotesi di continui e prolungati redditi negativi, il rischio aziendale coinvolge, oltre ai mezzi propri, anche il capitale di terzi, in quanto l’azienda, a causa del susseguirsi di perdite, potrebbe trovarsi nell’impossibilità di rimborsare i finanziamenti ricevuti.

Pertanto, l’utile incrementa l’ammontare del patrimonio netto mentre la perdita lo riduce. Per questo motivo, si dice che il reddito esprime la variazione subita dal patrimonio netto in un certo periodo per effetto della gestione.
L’intervallo di tempo in relazione al quale si misura il reddito può riguardare l’intera vita dell’impresa; in tal caso, si parla di reddito globale.

È detto reddito globale il risultato economico conseguito dall’azienda con la gestione svolta durante tutta la sua esistenza, ossia da quando nasce fino a quando essa cessa la propria attività e liquida l’intero patrimonio.

Il reddito globale può essere calcolato con due diverse modalità:

•  con il metodo sintetico, ossia sottraendo dal patrimonio netto finale, rilevato al termine della vita dell’azienda, il patrimonio netto iniziale, conferito dal titolare o dai soci in sede di costituzione;

•  con il metodo analitico, ossia effettuando la differenza tra tutti i ricavi e tutti i costi, conseguiti e sostenuti dall’azienda nell’arco della sua esistenza.
Durante la vita dell’impresa, l’entità del patrimonio netto può aumentare o diminuire, non solo per effetto del risultato economico (positivo o negativo), ma anche in conseguenza di cause estranee alla gestione, quali i nuovi apporti o i prelevamenti effettuati dai proprietari.
Sappiamo che il titolare e i soci possono investire nell’azienda, oltre al denaro già conferito al momento della costituzione, ulteriori mezzi monetari o beni di loro proprietà da utilizzare nel processo produttivo. Essi, inoltre, vogliono ritirare, almeno in parte, il reddito conseguito con la gestione, allo scopo di spenderlo per le loro necessità. In genere, nelle imprese individuali, il titolare preleva, man mano che ne ha bisogno, somme di denaro (come anticipi sull’utile annuo) per destinarle al sostentamento della sua famiglia; nelle società, invece, la divisione dell’utile tra i soci avviene, in linea di massima, alla fine dell’anno.

I conferimenti successivi a quelli iniziali accrescono l’entità del patrimonio netto, ma non costituiscono utili conseguiti con la gestione; viceversa, i prelevamenti di utili riducono l’ammontare del patrimonio netto, ma non sono perdite derivanti da operazioni di gestione.
Pertanto, per calcolare il reddito globale con il metodo sintetico, bisogna innanzi tutto rettificare, ossia correggere l’importo del patrimonio netto iniziale, aggiungendovi i nuovi apporti e sottraendo i prelevamenti; poi, si confronta il patrimonio netto finale con il patrimonio netto iniziale così rettificato.
Con queste correzioni il reddito globale corrisponde all’effettivo incremento o decremento subìto dal patrimonio netto per effetto della gestione svolta nell’intera vita dell’azienda.

 

Metodo sintetico

Metodo analitico

   patrimonio netto finale
─ patrimonio netto iniziale
─ apporti successivi
+ prelievi di utili

 

  totale dei ricavi ottenuti nell’intera vita aziendale
─ totale dei costi sostenuti nello stesso periodo

= reddito globale

= reddito globale


            IL REDDITO D’ESERCIZIO

Per determinare periodicamente il risultato economico della gestione bisogna dividere la vita dell’azienda in tante porzioni di tempo, dette periodi amministrativi, e calcolare i costi e i ricavi riferibili ad ognuno di essi.
A tale scopo, è necessario considerare, con riferimento a ciascuno di tali periodi, una “fetta” di gestione, individuando dei gruppi più limitati di operazioni che prendono il nome di esercizi.
È detto esercizio l’insieme delle operazioni di gestione svolte in un dato periodo amministrativo
Il periodo amministrativo ha, generalmente, la durata di un anno e, nella maggior parte delle imprese, va dal 1° gennaio al 31 dicembre successivo.
Il primo “pezzetto” della vita di un’azienda, ossia il suo primo periodo amministrativo dura, di solito, meno di un anno, poiché decorre dalla data di costituzione (che non è necessariamente l’1/1, ma può essere un qualunque altro giorno) al 31/12; allo stesso modo, l’ultimo periodo amministrativo di un’azienda può essere inferiore all’anno, in quanto va dall’1/1 fino alla data in cui terminano le operazioni di liquidazione (che può cadere in un giorno qualsiasi dell’anno).

La divisione della vita aziendale in intervalli di tempo è effettuata allo scopo di determinare periodicamente il reddito d’esercizio.
Il  reddito d’esercizio è il risaltato economico conseguito con la gestione svolta in un periodo amministrativo.

Nota la differenza tra i concetti di periodo, esercizio e reddito d’esercizio; il periodo amministrativo 2002 è l’arco di tempo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2002; l’esercizio 2002 è l’insieme delle operazioni di gestione riconducibili a tale anno; il reddito dell’esercizio 2002 è il risultato economico generato dalle operazioni di gestione riferite all’anno 2002.

Analogamente a quanto abbiamo già studiato per il reddito globale, anche il reddito d’esercizio può essere calcolato in modo sintetico o analitico.
Con il metodo sintetico, il reddito d’esercizio si determina mettendo a confronto il patrimonio netto esistente alla fine e all’inizio del periodo amministrativo, considerando le eventuali variazioni provocate da nuovi apporti o da prelevamenti di utili.

Se durante l’anno il titolare o i soci non hanno effettuato conferimenti aggiuntivi, né prelievi di utili, il reddito d’esercizio si calcola effettuando la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre e quello esistente al 1° gennaio
Se, invece, nel periodo compreso tra l’1/1 e il 31/12 sono avvenuti nuovi apporti e/o prelievi di utili l’incremento o il decremento subìto dal patrimonio netto finale rispetto a quello iniziale è dovuto, in parte al risultato (positivo o negativo) dell’esercizio, in parte alle predette variazioni estranee alla gestione aziendale. In tal caso, si applica la seguente formula che già conosciamo:

Metodo sintetico

Metodo analitico

   patrimonio netto finale
─ patrimonio netto iniziale
─ apporti successivi
+ prelievi di utili

 

  totale dei ricavi ottenuti nell’esercizio
─ totale dei costi sostenuti nello stesso periodo

= reddito d’esercizio

= reddito d’esercizio

Per determinare il reddito d’esercizio con metodo sintetico, quindi, è necessario valutare il patrimonio aziendale alla fine di ogni periodo amministrativo.

Il metodo sintetico fornisce la misura del risultato economico d’esercizio, ma non dà informazioni sui singoli componenti di reddito (costi e ricavi da cui esso deriva. Il metodo analitico, invece, permette di capire come si è ottenuto quel risultato, ossia di sapere quali sono i ricavi e i costi che hanno concorso alla formazione del reddito d’esercizio.
Con il metodo analitico, il reddito d’esercizio si determina come differenza tra il flusso di ricavi e il flusso di costi derivanti dalle operazioni di gestione di un dato periodo amministrativo.


                                  è un utile, se ricavi > costi
                                  è una perdita, se ricavi <costi
Il calcolo del reddito d’esercizio comporta una serie di valutazioni dirette ad individuare e a separare i costi e i ricavi riferibili all’esercizio da quelli relativi ad esercizi futuri o passati.

COMPETENZA ECONOMICA


            Ricavo di competenza
Un ricavo si considera di competenza dell’esercizio se è stato conseguito con la vendita di beni o la prestazione di servizi avvenuta nel corso del periodo amministrativo, e se è correlato ai costi sostenuti nello stesso periodo.

            Costo di competenza
Un costo si considera di competenza dell’esercizio se durante il periodo amministrativo ha incontrato il correlativo ricavo, nel senso che si riferisce a fattori produttivi utilizzati per ottenere beni e servizi venduti in quel periodo.
Dalla differenza tra i ricavi e i costi di competenza scaturisce il reddito d’esercizio.

                            I COSTI PLURIENNALI

Per lo svolgimento della propria attività, l’azienda si approvvigiona di immobilizzazioni, ossia fattori a lungo ciclo di utilizzo, come fabbricati, impianti, macchine elettroniche, automezzi; sappiamo che i costi sopportati per l’acquisizione di tali beni sono considerati costi pluriennali, in quanto danno la loro utilità gradualmente nel corso di svariati esercizi (anche se con capacità funzionali via via ridotte).
Questi fattori, infatti, si consumano poco per volta e contribuiscono per lunghi intervalli di tempo (anche decine di anni come nel caso dei fabbricati) allo svolgimento dell’attività produttiva. É evidente che, in base al principio della competenza economica, il costo pagato per l’acquisizione ditali fattori non può gravare solo sull’anno in cui è sostenuto, ma va ripartito e imputato per quote ai vari esercizi nei quali i fattori stessi si logorano e danno la loro utilità.
La porzione di costo pluriennale consumata nella produzione svolta durante un periodo amministrativo è detta quota di ammortamento, essa rappresenta la parte di costo pluriennale di competenza dell’esercizio.

L’ammortamento, infatti, è il procedimento contabile mediante il quale il costo di acquisizione di un fattore a lungo ciclo di utilizzo viene suddiviso tra i vari esercizi in cui il bene stesso è impiegato.

La determinazione delle quote di ammortamento si basa sui seguenti elementi:

  • il valore da ammortizzare, dato dalla differenza tra il costo storico del bene e il suo valore di recupero finale (ossia l’importo che si presume di realizzare dalla vendita del bene stesso nel momento in cui cesserà di essere utilizzato); se un macchinario è costato 43.000 euro e si prevede di ricavare, quando sarà messo fuori uso e sostituito, la somma di 1.500 euro, il valore da ammortizzare è pari a (43.000 — 1.500) = 41.500 euro
  • la durata dell’ammortamento, che va stabilita tenendo conto della vita utile del bene, ossia l’arco di tempo (numero di esercizi) in cui tale fattore potrà essere proficuamente impiegato nell’attività produttiva; i fattori che influiscono sulla stima della vita utile sono:
    • il logorio fisico (senescenza), dovuto all’uso cui il bene è destinato, all’intensità di sfruttamento del fattore nel processo produttivo, alla frequenza delle manutenzioni cui è soggetto ecc.; così un macchinario in attività 24 ore su 24 si logora più rapidamente di un altro macchinario simile che funziona invece, per 10 ore al giorno;
    • l’obsolescenza, provocata dall’innovazione tecnologica, la quale fa sorgere l’esigenza di sostituire beni ancora perfettamente funzionanti (ma superati tecnicamente) con altri più evoluti sotto il profilo tecnologico; pensa ai computer, che diventano “vecchi” e sono dismessi dopo pochi anni dall’acquisto, nonostante la loro durata fisica sia molto più lunga;
  • il criterio di ammortamento, ossia il metodo con cui suddividere il valore da ammortizzare tra gli esercizi di vita utile del bene. Se partiamo dall’ipotesi che l’utilizzo e, quindi, il consumo del fattore produttivo sia costante in ogni anno della sua vita, la quota di ammortamento di competenza di ogni periodo amministrativo si determina così:

 

Supponiamo un’attrezzatura del costo storico di 18.000 euro, la cui durata utile sia stimata in 4 anni, decorsi i quali il valore di recupero è praticamente nullo. Se ipotizziamo un utilizzo costante del bene nell’arco dei 4 esercizi, la quota di ammortamento di competenza di ciascun anno ammonta a (18.000 : 4) 4.500 euro. Tieni presente che si perviene allo stesso risultato applicando al valore da ammortizzare una percentuale costante, calcolata in base alla vita utile del bene; nel nostro esempio, posto uguale a 100 il costo da ammortizzare, una durata utile di 4 anni determina un’aliquota percentuale pari al (100 : 4) = 25%.
Quindi (18.000 x 25%) 4.500 euro, quota di ammortamento annua.

Colleghiamo tra loro i concetti appena esposti ed esaminiamo gli effetti dell’ammortamento sul calcolo del reddito d’esercizio e sulla determinazione del patrimonio di funzionamento:

  • ciascuna quota di ammortamento esprime la perdita di valore che un fattore a lungo ciclo di utilizzo subisce per contribuire alla produzione di un dato esercizio; essa rappresenta un costo di competenza dell’esercizio stesso e viene scritta nella Situazione economica tra i componenti negativi di reddito;
  • al termine di ogni anno, la differenza tra il costo storico del bene e la somma delle quote di ammortamento calcolate fino a quella data rappresenta il costo residuo del bene stesso, ossia il valore non ancora consumato e disponibile per la produzione futura. Tale valore esprime un elemento attivo del patrimonio aziendale e, quindi, compare nella Situazione patrimoniale;
  • la somma delle quote di ammortamento calcolate a partire dal momento in cui il fattore a lungo ciclo di utilizzo entra in funzione fino alla data in cui si determina il patrimonio di funzionamento è detta fondo ammortamento. Al termine del primo anno, naturalmente, la quota di ammortamento coincide con il fondo ammortamento.

COSTI E RICAVI SOSPESI

                            I RISCONTI

I risconti sono quote di costi o di ricavi, relativi a servizi non ancora ricevuti o forniti al termine dell’esercizio, ma che hanno già avuto la loro manifestazione finanziaria.

I risconti esprimono porzioni di costi o di ricavi che non riguardano l’esercizio corrente, per cui vanno sottratti dai componenti di reddito che si sono manifestati finanziariamente durante l’anno e rinviati all’esercizio o agli esercizi futuri ai quali competono; per questo motivo essi sono chiamati costi e ricavi sospesi.

Più esattamente i risconti attivi sono costi sospesi, ossia costi già pagati per servizi non ancora utilizzati al 31/12; il loro importo corrisponde al valore di una risorsa di cui l’azienda può usufruire in futuro e, pertanto, rappresenta un’attività patrimoniale.

I risconti passivi sono ricavi sospesi, ossia ricavi già incassati per prestazioni non ancora effettuate al 31/12; il loro ammontare indica il valore di un servizio che l’azienda si è impegnata a fornire e, quindi, esprime una passività patrimoniale.

                            LE RIMANENZE DI MERCI

Una particolare categoria di costi sospesi è rappresentata dalle rimanenze finali, ossia dalle scorte invendute o inutilizzate di merci, materie prime, sussidiarie e di consumo, semilavorati, prodotti finiti esistenti in magazzino al termine del periodo amministrativo.

Se tutte le merci comprate in un anno dall’azienda fossero vendute nello stesso anno, i costi sopportati per gli acquisti e i ricavi realizzati dalle vendite sarebbero interamente di competenza dell’esercizio.
È difficile, però, che l’impresa riesca a collocare tutte le merci comprate nel corso del periodo amministrativo, per cui è normale che a fine anno vi siano scorte in magazzino. Poiché i ricavi di vendita di queste rimanenze si conseguiranno nell’esercizio successivo, per rispettare il principio della competenza economica, i costi delle merci invendute al 31/12 vanno anch’essi sospesi e rinviati a carico del periodo futuro al quale si riferiscono.
Supponiamo che un grossista di prodotti ortofrutticoli compri in un anno 100 tonnellate di mele e che, nel corso del medesimo anno, ne venda 85.
A fine esercizio, per calcolare correttamente il risultato economico, l’imprenditore deve mettere a confronto soltanto i ricavi e i costi relativi alle 85 tonnellate di merce collocata sul mercato. Ciò vuol dire che deve togliere dai costi d’acquisto delle 100 tonnellate di mele quelli delle 15 tonnellate residue che al termine dell’anno giacciono ancora in magazzino, in maniera che solo il costo della merce venduta partecipi alla determinazione del reddito d’esercizio.
Il valore attribuito al 31/12 alle scorte di magazzino invendute o inutilizzate corrisponde ad una risorsa ancora disponibile per la gestione futura. Per questo motivo, le rimanenze finali sono considerate un costo sospeso, ossia un costo già sostenuto ma che non ha esaurito la sua utilità, e rappresentano un elemento attivo del patrimonio di funzionamento.

            I COSTI E I RICAVI FUTURI
In precedenza abbiamo studiato come si determinala la competenza economica di costi e ricavi (fitti di immobili, premi assicurativi ecc.) originati da prestazioni che interessano due o più esercizi e che vengono pagati o riscossi in via anticipata.
Esaminiamo, ora, il caso opposto, ossia gli effetti provocati sul calcolo del reddito d’esercizio da costi e ricavi a manifestazione finanziaria posticipata.

Tramite la stipulazione di appositi contratti di durata, l’azienda può utilizzare o mettere a disposizione di terzi beni e servizi per un dato periodo (un semestre, un trimestre, un bimestre e così via), concordando il pagamento o la riscossione del corrispettivo in via posticipata, ossia al termine dell’intervallo di tempo stabilito (sei mesi, tre mesi, due mesi ecc.).

Se il consumo o l’erogazione dei servizi riguarda un periodo che inizia e termina in un singolo esercizio, i relativi costi e ricavi (manifestati alla fine del semestre, trimestre ecc.) competono interamente al reddito dell’esercizio considerato. Se, invece, il periodo di fornitura delle prestazioni scorre a cavallo di due anni contigui, al termine dell’esercizio una porzione del costo o del ricavo risulta maturata (in quanto relativa a servizi fruiti o resi nell’anno corrente), ma non ancora pagata o incassata.

In base al principio della competenza economica, la quota di costo o di ricavo già maturata al 31/12 deve concorrere alla formazione del risultato economico dell’esercizio e, quindi, deve essere sommata agli altri componenti negativi e positivi di reddito.
Poiché la relativa uscita o entrata finanziaria si avrà solo nell’esercizio futuro alla scadenza del periodo prestabilito (semestre, trimestre ecc.), tale porzione di costo o di ricavo viene quantificata da valori presunti (frutto di previsioni e di stime) che prendono il nome di ratei.

I ratei sono quote di uscite o entrate future, che misurano costi o ricavi giù maturati nell’esercizio ma che si manifesteranno finanziariamente negli esercizi successivi.

I ratei hanno la funzione di prevedere pagamenti e riscossioni che, pur verificandosi in una data successiva alla chiusura del periodo amministrativo, misurano costi e ricavi di competenza dell’esercizio.

I ratei attivi prevedono entrate future derivanti da forniture di beni o servizi già effettuate al 31/12, ma di cui l’azienda non ha ancora incassato il corrispettivo. Tale ricavo costituisce un componente positivo del reddito d’esercizio; il rateo che ne misura l’importo esprime un credito potenziale, ossia un credito in corso di formazione che diventerà esigibile nell’anno seguente, e quindi rappresenta un’attività patrimoniale.

I ratei passivi prevedono uscite future connesse a servizi già consumati al 31/12, ma di cui l’azienda non ha ancora pagato il prezzo. Il corrispondente costo è un componente negativo del reddito d’esercizio; il rateo che ne misura l’entità esprime un debito potenziale, ossia un debito che diventerà esigibile nell’anno successivo, e pertanto rappresenta una passività patrimoniale.
Come avrai notato vi sono alcune analogie, ma anche notevoli differenze, tra i ratei e i risconti

La seguente tabella mette a confronto i RATEI E I RISCONTI

Ratei

Risconti

  • Esprimono quote di pagamenti o di incassi futuri, relativi a costi o ricavi competenti all’esercizio che si chiude.
  • Riguardano costi o ricavi a manifestazione finanziaria posticipata.
  • Misurano la quota di costo o di ricavo già maturata al 31/12.
  • Il loro importo misura costi o ricavi che vanno sommati agli altri componenti negativi o positivi di reddito (ossia sono valori di integrazione).
  • Hanno lo stesso segno dell’operazione alla quale si riferiscono: i ratei attivi misurano ricavi e i ratei passivi quantificano costi.
  • Si calcolano in base ai giorni decorsi dalla data d’inizio del periodo (semestre, trimestre ecc.) riguardante le prestazioni di beni o servizi al termine dell’anno.

 

  • Sono quote di costi o di ricavi già paga­ti o riscossi, ma che competono all’esercizio successivo.
  • Riguardano costi o ricavi a manifestazione finanziaria anticipata.
  • Esprimono la porzione di costo o di ricavo che maturerà nel futuro esercizio.
  • Il loro importo si riferisce a costi o ricavi che vanno sottratti dagli altri componenti negativi o positivi di reddito (ossia sono valori di rettifica).
  • Hanno segno contrario rispetto all’operazione da cui derivano: i risconti attivi riguardano costi, mentre i risconti passivi si riferiscono a ricavi.
  • Si calcolano in base ai giorni che vanno dalla fine dell’anno alla data in cui termina il periodo (semestre, trimestre ecc.) relativo alla fornitura di beni o servizi.

 

 

 


                            LA RILEVAZIONE E I DOCUMENTI ORIGINARI

Per tenere sotto osservazione l’andamento della gestione e disporre delle informazioni occorrenti per fissare gli obiettivi da raggiungere, assumere decisioni corrette e valutare i risultati delle operazioni effettuate, l’imprenditore deve sistematicamente rilevare, ossia prendere nota, conservare memoria dei fatti che provocano variazioni nei valori aziendali: acquisto di merci, vendita di prodotti, pagamento di debiti, riscossione di crediti, versamento di retribuzioni, prelievo di materie dal magazzino, consumo di energia elettrica e così via.

La rilevazione consiste nella raccolta, elaborazione, trasmissione, rappresentazione e interpretazione dei dati e delle informazioni relative alle operazioni di gestione o a fenomeni di mercato (costo del denaro, inflazione ecc.).

L’apparato aziendale preposto alle operazioni di rilevazione è il sistema informativo. Sappiamo che, nell’ambito dell’organizzazione d’impresa, la tenuta del sistema informativo spetta all’area amministrativa; ne deriva che le rilevazioni sono eseguite dagli impiegati della funzione amministrativa.

Le rilevazioni avvengono in forma scritta, ossia registrando i valori riguardanti debiti, crediti, acquisti, vendite, costi, ricavi, consumi, prezzi ecc. sull’hard disk di elaboratori elettronici, su floppy disk, su CD rom; per questo motivo le rilevazioni sono anche dette scritture o registrazioni.
Tenere le scritture di un’azienda, vuoi dire, dunque, effettuare la rilevazione di tutti i dati che interessano l’attività d’impresa.

Se consideriamo le modalità di elaborazione e rappresentazione dei dati raccolti, le rilevazioni aziendali si distinguono in:

  • scritture contabili, che utilizzano il conto come strumento di rappresentazione dei dati aziendali. Il conto è un insieme ordinato di registrazioni riguardanti un determinato oggetto, del quale si annotano la quantità iniziale e le variazioni successive.

 

•   scritture extracontabili, che utilizzano strumenti diversi dal conto e sono elaborate in base a metodologie statistiche (ossia calcolando medie, rapporti percentuali e così via queste scritture, dette anche rilevazioni statistiche, rappresentano i dati raccolti mediante tabelle, diagrammi, grafici e cosi via.

Le scritture contabili si effettuano partendo dai dati contenuti nei documenti originari, ossia nei documenti che costituiscono i “giustificativi”, l’origine dei fatti di gestione
I documenti originari vengono emessi nel momento in cui si effettuano le operazioni aziendali e si distinguono in:

  • documenti di autorizzazione, con cui il responsabile di un ufficio o di un settore autorizza un collaboratore interno, di livello gerarchico inferiore, a svolgere una determinata operazione; pensa al mandato con cui il direttore amministrativo autorizza il cassiere a effettuare un pagamento o alle bollette di carico e scarico con cui il direttore di stabilimento autorizza il magazziniere a ricevere o a consegnare merci;

 

  • documenti di prova, aventi rilevanza giuridica e fiscale, che hanno lo scopo di dimostrare il compimento di operazioni di gestione esterna; ne sono esempi gli ordini d’acquisto, le fatture, i contratti, le note di accredito e di addebito in c/c bancario, gli assegni, le cambiali.

Compilazione di un ordine d’acquisto, di una fattura immediata e di un assegno bancario

            La contabilità aziendale
L’insieme delle scritture contabili effettuate sulla base dei dati indicati nei documenti originari costituisce la contabilità aziendale.
La contabilità aziendale si articola nei seguenti sottosistemi contabili, strettamente collegati tra loro, ciascuno dei quali soddisfa determinate esigenze conoscitive:

  • le contabilità elementari;
  • la contabilità generale;
  • la contabilità analitico-gestionale.

Le contabilità elementari sono rilevazioni finalizzate alla preparazione, all’analisi e al completamento di altre rilevazioni.
Esse costituiscono il primo livello di elaborazione dei dati raccolti attraverso i documenti originari; le principali contabilità elementari sono la prima nota e la contabilità di cassa.

La contabilità generale consiste in rilevazioni finalizzate alla produzione di informazioni riguardanti l’andamento della gestione aziendale nel suo complesso. Essa, utilizzando anche le elaborazioni fornite dalle contabilità elementari, forma un sistema di scritture che ha come obiettivo principale la determinazione periodica a consuntivo (ossia al termine di ogni periodo amministrativo), del reddito d’esercizio e del patrimonio di funzionamento.

La contabilità analitico - gestionale, infine, è costituita da rilevazioni aventi l’obiettivo di determinare, sia a preventivo sia a consuntivo (cioè prima e dopo l’esecuzione delle operazioni), costi, ricavi e risultati economici riferibili a singoli processi produttivi; in tal modo, si dispone delle informazioni occorrenti per controllare l’andamento della gestione e orientare l’attività futura dell’impresa.

La contabilità analitica si occupa principalmente di singole categorie di prodotti allo scopo di verificare se i relativi ricavi di vendita consentono l’integrale copertura degli oneri sostenuti per la fabbricazione dei prodotti stessi. La contabilità generale, invece, dà informazioni sul risultato economico d’esercizio complessivamente realizzato dall’impresa, ma non chiarisce se tale reddito è stato ottenuto attraverso le vendite del prodotto A o del prodotto B o C.

LA TENUTA DEI CONTI
Nel paragrafo precedente abbiamo studiato che le scritture contabili si effettuano utilizzando il conto come strumento di rilevazione.

Il conto è un insieme ordinato di scritture che evidenziano la consistenza iniziale, le variazioni successive (in aumento o in diminuzione) e la consistenza finale di un determinato oggetto di rilevazione.

Gli oggetti di rilevazione, ossia gli oggetti di cui si seguono e si annotano gli incrementi e le diminuzioni, sono i singoli valori aziendali attinenti sia al patrimonio sia al reddito: crediti verso clienti, debiti verso fornitori, valori in cassa, patrimonio netto, costi d’acquisto di materie ricavi di vendita di prodotti, interessi passivi e così via.

Per ciascun valore aziendale, l’impresa tiene un apposito conto nel quale rileva tutte le variazioni quantitative provocate dalle operazioni di gestione.
Ad esempio, nel conto “Denaro in cassa” si registrano i pagamenti e le riscossioni che avvengono in contanti, allo scopo di conoscere puntualmente la consistenza dei fondi liquidi nella cassa aziendale; nel conto “Merce Alfa” si rilevano i carichi e gli scarichi relativi a quella determinata merce, in maniera da conoscere, in ogni momento, la quantità disponibile in magazzino.
Nei conti possono essere rilevate quantità monetarie o quantità fisiche (tonnellate, chilogrammi, litri ecc.).
Nel primo caso si hanno i conti a valori, che sono tenuti in moneta di conto, ossia in euro; sono conti a valori quelli riguardanti gli interessi passivi bancari, i ricavi di vendita di merci, i crediti verso clienti. Nel secondo caso, si hanno i conti a quantità fisiche, come il conto “Merci in magazzino”, nel quale le registrazioni riguardanti i quantitativi in entrata e in uscita e la consistenza di ogni articolo trattato possono essere indicate in unità, litri, metri cubi e così via.
La forma grafica tradizionale del conto oggi caduta in disuso in quanto non adatta alle elaborazioni informatiche è quella a sezioni contrapposte (o divise), che si presenta come segue:

Intestazione: Denaro in cassa                                                       Codice: 01.001

Sezione Dare

Sezione Avere

Data
…..
12/2

…...

Causale
Riscossa fattura n. 9 sulla ditta Rossi

………………………

Importo
1.300,00

 

…………

Data
……

18/2
……

Causale
…………………….

Pagamento stipendi
………………………

Importo
…………

14.000,00
…………

L’intestazione (o titolo) contiene l’indicazione dell’oggetto di rilevazione al quale si riferisce il conto: Cliente Rossi, Fornitore Grassi, Merce Gamma, Banca Intesa c/c attivo n. 22982.31 e così via; nel nostro esempio, il conto è intestato all’oggetto “Denaro in cassa”.

A ogni conto viene abbinato un codice, ossia un’espressione numerica o alfa-numerica, nel nostro esempio 01.001, che, digitata sulla tastiera del computer, consente dì richiamare a video la situazione di cassa, ossia il denaro disponibile all’1/1, i movimenti intervenuti dall’inizio dell’esercizio (riscossioni e pagamenti) e la consistenza di cassa in quel momento.
Il titolo e il codice del conto sono, naturalmente, biunivoci nel senso che il computer associa a ogni conto un titolo e un codice prefissato, per cui partendo dal codice si può risalire all’intestazione del conto e viceversa.

Per pura convenzione, la sezione sinistra del conto è chiamata Dare (abbreviata con la lettera D) e quella destra Avere (abbreviata in A).

Per ogni sezione si hanno tre colonne:

  • nella prima, si riporta la data in cui viene effettuata la registrazione;
  • nella seconda, si precisa la causale, ossia si descrive sinteticamente l’operazione che ha provocato la variazione nella consistenza dell’oggetto a cui il conto è intestato;
  • nell’ultima colonna, si scrive l’importo o la quantità della variazione, a seconda che il conto funzioni a valori o a quantità fisiche.

            Con riferimento al conto sopra proposto, osserviamo, ad esempio, che la rilevazione effettuata in data 12 febbraio nella sezione Dare ha come causale l’incasso di una fattura di vendita dell’importo di 1.300 euro.
Oltre alla forma a sezioni contrapposte, vi sono altre modalità di rappresentazione grafica dei conti.
I conti a sezioni riunite o accostate si caratterizzano per il fatto che le sezioni Dare e Avere si presentano l’una a fianco dell’altra; questa è la forma grafica maggiormente utilizzata, in quanto più adatta al trattamento automatizzato dei dati.


Intestazione: Denaro in cassa                                                     Codice: 01.001

Data

Causale

Dare

Avere

……
12/2
18/2
……

…………………………………………….
Riscossa fattura n. 9 sulla ditta Rossi
Pagamento stipendi
……………………………………………..

……………...
1.300,00

……………...

…………….

14.000,00
……………



I conti scalari, infine, sono caratterizzati da una sola colonna per gli importi, i quali vengono preceduti da un simbolo (+ o -, oppure D o A) per distinguere il segno dell’operazione (incremento o diminuzione concernente l’oggetto del conto).

Intestazione: Denaro in cassa                                                     Codice: 01.001

Data

Causale

Segno

Importo

……
12/2
18/2
……

…………………………………………….
Riscossa fattura n. 9 sulla ditta Rossi
Pagamento stipendi
……………………………………………..

……
+
-
…...

…………….
1.300,00
14.000,00
……………

Indipendentemente dalla loro forma grafica, i conti possono essere classificati secondo vari criteri.

A seconda dell’ampiezza dell’oggetto di rilevazione, distinguiamo:

  • conti analitici, accesi a oggetti di rilevazione semplici, che non possono essere ulteriormente scomposti, come i conti “Banca di Roma c/c attivo” o “Crediti verso il cliente Fornari”;
  • conti sintetici, accesi a oggetti di rilevazione complessa, scomponibili in più conti analitici, detti sottoconti; così, il conto “Banche c/c attivi” è un conto sintetico che può essere suddiviso in più conti analitici, ciascuno riferito ai crediti vantati nei confronti delle singole banche.

In base alle modalità di funzionamento, abbiamo:

• e conti unilaterali, accesi a oggetti di rilevazione le cui variazioni, nel corso dell’esercizio, possono essere soltanto in aumento o in diminuzione; essi, quindi,
•     funzionano unicamente in una sezione, ossia in Dare o in Avere. Ne sono esempi il conto “Salari e stipendi”, che accoglie solo costi (nella sezione Dare), oppure il conto “Fitti attivi” che accoglie solo ricavi (che si rilevano in Avere);
•  conti bilaterali, accesi a oggetti di rilevazione che possono subire variazioni sia in aumento sia in diminuzione e, quindi, funzionano in entrambe le sezioni; rientra in tale categoria il conto “Denaro in cassa”, nel quale si rilevano le entrate (in Dare) e le uscite monetarie (in Avere).

Se consideriamo la natura dei valori in essi accolti, distinguiamo:

  • conti finanziari, accesi a valori finanziari , ossia al denaro, ai crediti e ai debiti; questi conti hanno un funzionamento bilaterale, in quanto possono accogliere valori in entrambe le sezioni Dare e Avere. “Denaro in cassa “Banche c/c attivi”, “Mutui Passivi”, “Crediti diversi”, “Debiti v/fornitori” sono esempi di conti finanziari

 

•  conti economici, intestati a valori economici, vale a dire ai costi, ai ricavi e al patrimonio netto (articolato nelle sue parti ideali). In linea generale, i conti riguardanti costi e ricavi (conti economici di reddito) hanno un funzionamento unilaterale, mentre quelli attinenti al patrimonio netto sono conti bilaterali. Sono conti economici quelli intestati a “Salari e stipendi”, “Acquisti di merci” “Vendita di prodotti”, “Interessi attivi bancari”, “Utile d’esercizio”, “Prelevamenti extra-gestione”.

La distinzione tra conti finanziari e conti economici è importante per capire in che modo si registrano le variazioni subìte dall’oggetto cui il conto è intestato.

I conti finanziari accolgono in Dare le variazioni attive e in Avere le variazioni passive subìte dall’oggetto di rilevazione del conto.
Sono variazioni attive le entrate di denaro, l’aumento di crediti, il pagamento di debiti, che si rilevano nella sezione sinistra (Dare); sono variazioni passive le uscite di denaro, la riscossione di crediti, l’accensione di debiti, che si annotano nella sezione destra (Avere).

Conti accesi a valori finanziari

Dare                     Avere

Entrate monetarie
Aumenti di crediti
Diminuzioni di debiti

Uscite monetarie
Diminuzione di crediti
Aumenti di debiti

I conti economici accolgono in Dare le variazioni negative e in Avere le variazioni positive che intervengono nell’oggetto a cui si riferisce il conto; pertanto, essi funzionano in maniera opposta rispetto ai conti finanziari.

Sono variazioni negative i costi e le diminuzioni di patrimonio netto, mentre sono variazioni positive i ricavi e gli aumenti di patrimonio netto.

Conti economici accesi a costi                             Conti economici accesi a ricavi

Dare                     Avere                                      Dare                     Avere

Costi

 

 

 

Ricavi

 

 

Conti economici accesi al patrimonio netto
e alle sue parti ideali
                                    Avere                                     Dare


Aumenti di patrimonio netto

Diminuzioni di patrimonio netto

 

Esiste una terminologia specifica per i conti; la tabella sottostante precisa il significato di alcuni termini tecnici che ricorrono frequentemente.

Il vocabolario della contabilità

Intestare un conto    Vuoi dire attribuirgli un titolo e un codice

Accendere (o aprire)            Significa farlo funzionare per la prima volta, ossia rilevare nel prospetto un conto intestato al conto la prima operazione

Tenere un conto     Vuoi dire annotarvi sistematicamente le scritture che lo riguardano

Consistenza o saldo iniziale             È il primo valore annotato in un conto

Addebitare un conto Vuoi dire registrare un importo o una quantità nella sezione Dare (sezione sinistra)

Accreditare un conto           Significa rilevare un importo o una quantità nella sezione Avere (sezione destra)

Saldo di un conto   Si determina per differenza tra il totale degli importi (o delle quantità) rilevati in Dare e il totale di quelli annotati in Avere

Chiudere un conto Vuoi dire determinare il saldo del conto e iscriverlo nella sezione in cui il totale è minore, in maniera da ottenere il pareggio delle due sezioni

Conto spento          È un conto privo di eccedenza, nel senso che i totali delle due sezioni sono identici per cui il saldo è pari a zero

Esempio                     Saldo e chiusura di un conto economico
Nella contabilità dell’imprenditore Giovanni Mazza, compare, tra gli altri, il seguente conto ‘Spese telefoniche”, al quale è stato attribuito codice 01.04:
Intestazione: Spese telefoniche                                                Codice: 01.04


Data

Causale

Dare

Avere

1/3

Consumo primo bimestre

110,50

 

1/5

Consumo secondo bimestre

130,10

 

1/7

Consumo terzo bimestre

105,80

 

1/9

Consumo quarto bimestre

98,30

 

1/11

Consumo quinto bimestre

122,00

 

31/12

Consumo ultimo bimestre

128,40

 

Calcoliamo il saldo del conto al 31/12 e procediamo alla sua chiusura.

Il conto “Spese telefoniche” accoglie i costi relativi alle utenze telefoniche; esso è acceso a un valore economico, per cui è un conto unilaterale.

Poiché questo conto funziona solo in Dare, il saldo si determina semplicemente effettuando la somma degli importi scritti nella sezione sinistra.
Poi, per chiudere il conto, scriviamo il saldo così ottenuto nella sezione Avere, calcoliamo nuovamente i totali e, infine, tracciamo due righe orizzontali:


Intestazione: Spese telefoniche

Codice: 01.04

Data

Causale

Dare

Avere

1/3

Consumo primo bimestre

110,50

 

1/5

Consumo secondo bimestre

130,10

 

1/7

Consumo terzo bimestre

105,80

 

1/9

Consumo quarto bimestre

98,30

 

1/11

Consumo quinto bimestre

122,00

 

31/12

Consumo ultimo bimestre

128,40

 

 

 

695,10

 

31/12

Saldo finale

 

695,10

 

 

695,10

695,10

 

 

Fonte: http://www.istitutoboselli.gov.it/boselliserale/Privatisti/Materiali/Idoneit%C3%A0-Integrativi%203%5E%20Perito%20Turistico/Econ.%20Aziendale%20DISPENSA%20%20BIENNIO.doc

Sito web da visitare: http://www.istitutoboselli.gov.it

Autore del testo: Carmelo SPERANZA Istituto Paolo boselli

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