Birra

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L’UNIVERSO DELLA BIRRA


          Si dice spesso che la birra non ha alcuna relazione con il territorio, che a differenza del vino non ha bisogno del “terroir”, che non sono l’esposizione al sole o le caratteristiche del terreno che fanno la differenza, come avviene invece per il vino.
Questo è in parte vero poiché l’acqua è oggi un ingrediente facilmente “adattabile” alla proprie esigenze grazie alle moderne tecnologie, il malto non viene prodotto direttamente dal birraio e perciò, come lo può comprare lui, può essere comprato e spedito da una parte all’altra del mondo senza particolari problemi di trasporto Stesso discorso per il luppolo e il lievito che sono facilmente esportabili. Questo permette di produrre una birra secondo stile e ricetta belga nel Valdarno, come faccio io, tanto per fare un esempio, oppure si può produrre un’Imperial Stout in Sud Africa. Tuttavia la birra ha un forte legame tradizionale con il proprio territorio e molte delle zone di produzione di fatto coincidono con le zone di coltura degli ingredienti principali, basti pensare alle tante varietà di luppolo e alle zone di produzione dell’orzo. Perciò se i climi mediterranei contribuiscono a una buona viticoltura, i climi più rigidi continentali sono adatti alla coltivazione di cereali e alla fermentazione della birra (che, non dimentichiamolo, prima dell’invenzione del freddo artificiale era strettamente legata alle stagioni). L’orzo predilige grandi pianure dal clima temperato piuttosto fresco e secco e un terreno fertile e calcareo, e anche il luppolo richiede un clima freddo pur preferendo però terreni più argillosi.  Le più importanti zone di produzione del luppolo sono la parte nord-occidentale di Stati Uniti e Canada, l’Inghilterra meridionale, parte di Francia e Belgio, la Boemia, un’area sempre più vasta della Polonia e l’Ucraina.  In ogni caso esiste un legame con il territorio che è storicamente dato dalle tradizioni produttive che hanno visto, negli ultimi secoli, come protagonisti principali il Belgio, il Regno Unito, l’Irlanda, la Boemia, la Germania, la Danimarca e la Scandinavia, l’Olanda, la Francia, l’Austria, la Polonia e altre zone dell’Est europeo.  Prima di addentrarsi nelle varie realtà brassicole mondiali, occorre fare una distinzione tra zone e tipologie. L’Europa continentale è il regno delle Lager, che è sempre sinonimo di birra a bassa fermentazione, insieme al nord  America e Australia. Invece nei paesi collegati al  Regno Unito netta è la prevalenza delle Ales, che sono sempre birre ad alta fermentazione. Nel bel mezzo di questi due mondi c’è un piccolo paese, piccolo per estensione ma enorme per cultura birraria e ricchezza di stili, in primis il Lambic, o birre a fermentazione spontanea.

IL BELGIO
      Da molti definito come “il regno” della birra questo piccolo paese è in   effetti la nazione che può vantare il più alto numero di stili birrari del mondo.
Fare birra in Belgio è una tradizione che si perde nella notte dei tempi e soprattutto è un’attività che coinvolge piccoli produttori e artigiani che sono riusciti a sopravvivere alla massificazione del gusto e all’invasione dell’industria.   Sicuramente il Belgio è conosciuto per alcune delle birre chiare più diffuse (vedi Stella Artois o Jupiler) ma è probabilmente più sensato porre la nostra attenzione su quelle produzioni che fanno di quest’area una zona unica al mondo, e che tanti appassionati non stentano a definirla la “Borgogna” della birra.  Come abbiamo già detto un’area a ovest di Bruxelles (Brabante), e più specificamente il Payottenland, produce le rare Lambic, ma attualmente in fase di evidente riscoperta  .Si tratta di birre di frumento a fermentazione spontanea ottenute da una miscela di orzo maltato e di frumento non maltato.  Sono birre acide e complesse, maturate a lungo e con una consistenza e complessità simile a quella del vino.    Miscele a invecchiamento differenziato possono essere “tagliate” in modo che, rifermentando, diano vita alle frizzanti gueze, oppure addizionate di zucchero o caramello, ottenendo in questo caso il mitico faro, o ancora unite a ciliegie, fragole o altri tipi di frutta per produrre le fresche kriek o frambozen o altro, secondo il tipo di frutta aggiunta. Il Belgio è anche la patria delle sei Trappiste ( Orval, Chimay, Rochefort, Westvleteren, Achel, Westmalle). La settima ( De Konisgshoewen La Trappe) si trova in Olanda. Sono rigorosamente prodotte nei monasteri e con la finalità, più o meno rigida, di provvedere al sostentamento del monastero. Poi abbiamo le Birre d’Abbazia, così definite perché in origine erano prodotte anch’esse nei monasteri, ma poi hanno ceduto la licenza a privati, se non addirittura a grandi multinazionali. Le trappiste si sono dotate del famoso marchio esagonale Autentic Trappist Product che è considerata  una denominazione d’origine. Il paese ha attualmente ben 124 birrifici ufficiali, ma sono tantissimi gli homebrewer che si fanno la birra in casa per consumo  personale, esattamente come da noi sono tanti che hanno la vigna e si  producono il vino per casa.

     IL REGNO UNITO
Come ho già detto  è la patria delle ale.   Non molto alcoliche (con alcune eccezioni), servite a temperatura ambiente e senza troppa schiuma, le migliaia di pinte (il bicchiere tipico che è anche un’unità di misura) di ale servite in Gran Bretagna sono il simbolo della produzione locale.   Bitter ale se particolarmente luppolate e amare,  Brown ale dal colore unico e inconfondibile, India pale ale e Old ale per quanto riguarda le birre tradizionalmente legate al periodo coloniale (erano in grado di sostenere lunghi viaggi anche senza i frigoriferi), Scotch ale per quelle prodotte in Scozia, ma sempre e comunque ale.  Tanto che qui molto spesso vedete scritto sui cartelli: “beers & ales” quasi a voler sottolineare l’unicità di questo stile. Si tratta in ogni caso di birre uniche, caratterizzate da un notevole malto, da sentori di tostato e di caramello, da una discreta struttura e un’aromaticità tutta particolare. Le differenze interne fra queste birre sono enormi ma lo “stampo” inglese è ben identificabile nel mondo birraio e vicino, in parte, solo ad alcune tradizioni irlandesi e belghe. In Gran Bretagna esiste anche un’associazione, il CAMRA (Campaign for Real Ale) che, in difesa della produzione di ale tradizionali di qualità garantita, ha saputo imporre elevati standard qualitativi, confrontandosi con la grande industria.  L’importanza del consumo di birra in Gran Bretagna è tale che è spesso argomento di campagna elettorale per le elezioni politiche. Ma si sa che qui la birra è un elemento di forte aggregazione e incontro sociale.
L’inglese Michael Jackson, definito il Cacciatore di Birre è stato il più grande scrittore di birra di tutti i tempi.


Birre inglesi in bottiglia                 

L’IRLANDA

     Questa meravigliosa isola verde è la patria delle tostatissime Porter e Stout.
Birre amare ottenute con miscele di malto molto tostato, dal sapore unico, esportato in tutto il mondo.  Anche qui la birra è un fatto sociale ma guai a fare paragoni con la vicina Inghilterra.   La pinta di stout, birra ad alto valore nutritivo, ha in Irlanda un ruolo storico persino come cura dei malati e sostegno per l’allattamento. Si beve durante tutto l’arco della giornata e si abbina particolarmente bene con le ostriche e il salmone locali. La tipologia delle stout si differenzia da nord a sud ma le principali fabbriche si trovano nelle due città più grandi: Dublino e Cork. L’Irlanda produce anche ottime birre rosse ad alta fermentazione che riscuotono un particolare successo di pubblico soprattutto fra i giovani.
LA GERMANIA
La patria del Reinheitsgebot, l’editto sulla purezza della birra promulgato nel 1516 in Bavaria, è ancora oggi la più significativa produttrice di birre dal deciso sapore di malto e di luppolo. L’editto prevedeva infatti che la birra venisse prodotta esclusivamente con malto d’orzo, luppolo e acqua (non si parla di lievito perché non era ancora stato scoperto).  E dunque la Germania produce decine di diversi tipi di birre a bassa fermentazione come le lager, pilsner, dortmunder, munchener, marzen (le birre che venivano prodotte nel mese di marzo per essere consumate in autunno).
Birre chiare che ricordano decisamente gli ingredienti con cui vengono prodotte e che piacciono particolarmente a chi ama le “bionde” che tanto successo hanno riscosso nel secolo scorso e tanto ne riscuotono ancora.  Accanto a queste, birre particolari come le più alcoliche bock e doppelbock, talvolta scure, le profumate ocktoberfest prodotte in occasione della celebre festa di Monaco e le uniche kolsch ad alta fermentazione prodotte a Colonia, a pochi passi dal confine con il belgio, dal quale sentono l’influenza, come pure le Altbier di Dusseldorf.   Altre birre che fanno grande la Germania nel mondo sono le weisse o weizen,  birre di frumento che dalla Baviera a Berlino, con le differenze del caso, sono sicuramente tra  gli stili che hanno fatto scuola in tutto il mondo. Fresche e beverine (fatta eccezione per le più alcoliche weizenbock) hanno aromi di grano e di lievito che dominano olfatto e retrogusto.
LA REPUBBLICA CECA.
La Boemia e gran parte della Repubblica Ceca rivendicano la paternità delle pils.
Le uniche vere e inconfondibili pils (stile oggi imitato in tutto il mondo) sarebbero infatti nate qui (la Pilsner Urquell, il cui nome significa “fonte originale” in virtù dell’acqua che in quella zona è dotata di particolare dolcezza e povera di calcare, tanto da consentire l’uso delle forti luppolatre che la contraddistinguono).E ancora oggi spopolano queste birre molto popolari contraddistinte da un maggior corpo rispetto alle lager e, soprattutto, dall’uso del locale  luppolo Saaz particolarmente elegante e rinnomato. Luppolo che non può non caratterizzare i profumi di fieno e di erba appena falciata tipici di queste bionde. A Praga, in alcune birrerie del centro, è poi ancora possibile trovare birre scure, dai sapori più decisi e tostati, tipiche anche di una parte della Polonia, e che, sebbene possano ricordare all’aspetto una porter o una stout, sono ben più secche  e alcoliche.

LA SCANDINAVIA
Tutta questa zona esporta famosissime birre in Italia e in Europa.
Birre a bassa fermentazione, s’intende, visto che il lievito responsabile di questo tipo di fermentazione, come dicevo nella parte precedente,  fu scoperto dal tecnico Hansen proprio a Copenaghen, nei laboratori della Carlsberg nel 1883. E dunque soprattutto lager ma anche qualche porter e birre più alcoliche per le occasioni speciali come strong lager e qualche ale.

LA FRANCIA
      Il paese del vino per eccellenza produce ottime birre. Non saranno certo i francesi a dichiararvelo a meno che non vi rechiate in una delle zone che per tradizione producono fieramente birre speciali. Come nell’area di Lille, fortemente influenzata dal vicino Belgio, o in Alsazia, per esempio. Le birre prodotte in Francia sono comunque (eccezion fatta per alcune celebri lager poco caratterizzate) piuttosto alcoliche e originali, come nel caso delle bière de garde o delle più rare bière de Paris, maltate e speziate con una gradazione alcolica vicina ai 7 gradi. Sono birre che durano a lungo e che si distinguono dalle altre perché confezionate in bottiglie da litro con tappi di sughero.

 

GLI STATI UNITI
Gli Stati Uniti d’America sono senza ombra di dubbio la patria di alcune delle lager industriali più conosciute del mondo. Birre semplici che hanno conquistato il gusto di gran parte del pianeta proprio perché di gusto ne hanno ben poco, sebbene alcune di loro possano vantare un carattere e una costanza qualitativa molto rara in questo tipo di prodotti. Tuttavia gli USA sono particolarmente considerati nel panorama birrario contemporaneo perché sono oggi protagonisti di una rivoluzione della produzione brassicola artigianale e della riscoperta di stili che erano andati quasi perduti. Un rinascimento birrario che vede ormai coinvolti centinaia di produttori soprattutto nell’area nord-ovest del paese. Questo fenomeno ha prodotto birre originali che si rifanno ad antiche ricette europee, talvolta dimenticate, o che talvolta introducono sorprendenti elementi d’innovazione. È quindi possibile oggi trovare porter americane dal sapore affumicato, incredibili kriek alla ciliegia o ancora perfette dortmunder prodotte nel Midwest. Ma la birra americana di qualità per eccellenza è senz’altro l’American Pale Ale o APA , derivata dalla India Pale Ale britannica ma caratterizzata dall’ amaro e dall’aromaticità spiccata data dai luppoli americani come il Cascade, il Villanette e l’Amarillo.

LA BIRRA IN ITALIA
Viene attribuito agli Etruschi il merito di aver portato in Italia l'orzo, l'ingrediente fondamentale per la preparazione della birra che, come ho già detto nella puntata precedente, però si deve a Cleopatra la diffusione oltre il Mediterraneo di questa bevanda.  Ben presto nell'Antica Roma e in tutto l’ Impero Romano si cominciò a consumare abitualmente birra anche se veniva considerata una bevanda "pagana e plebea" al confronto del "divino e nobile" vino. Nell'anno 87 d.C., Tacito, infatti, parla della birra dei Germani paragonandola al "vinus corruptus" cioè andato a male!  Non la pensava così suo suocero, Agricola, che portò tre mastri birrai da Glevum, l'odierna Gloucester ed aprì a Roma nella sua villa, una birreria privata.   Augusto esentò la classe medica dalle tasse perché Musa, il suo medico, l'aveva guarito dal mal di fegato ricorrendo alla "cervisia".  La birra fu, in seguito, una delle vittime delle invasioni barbariche che distrussero gli impianti di produzione, sia pure artigianali, delle città. Del periodo medievale, si ricordano solo degli episodi isolati legati alla vita monastica. La ripresa non avviene in Italia nei secoli seguenti per l'influenza determinante del clima e delle credenze religiose. Infatti come cattolici vediamo nel vino la bevanda sacra, benedetta nell'ultima cena, e nella birra il simbolo del paganesimo delle genti del Nord.   Il ritorno della birra nel nostro paese non avviene sotto buoni segni, portata infatti dai famigerati Lanzichenecchi che saccheggiano Roma nel 1527. Lo storico Massimo Alberini ci riferisce che uno dei loro capi, Giorgio Von Frundsberg, si faceva seguire, anche in battaglia, da un cavallo che trasportava due barilotti di birra. Anche durante i moti risorgimentali si evidenziano le differenze di mentalità tra gli oppressi bevitori di vino e gli oppressori austriaci bevitori di birra. Ma nulla poteva ormai arrestare, anche nel nostro paese, la popolarità che questa fresca, dissetante e socializzante bevanda ha saputo conquistare in ogni parte del pianeta. Dobbiamo arrivare alla metà del secolo diciannovesimo perché finalmente anche in Italia sorgano le prime vere e proprie fabbriche, tutte a carattere artigianale. La prima brasseria italiana è la Spluga di Chiavenna, però sembra fondata da svizzeri,  che inizia la sua attività nel 1840, seguita subito da quelle formate dai lungimiranti imprenditori austriaci che volevano entrare in un mercato nuovo, come Wurher, Dreher, Paskowski, Metzger, Caratch, Von Wunster imitati ben presto da commercianti italiani, come Peroni e Menabrea. Però la prima birreria tutta italiana è la Malteria Italiana di Avezzano. Dopo varie vicissitudini collegate alle due guerre mondiali e alle sempre più alte tassazioni, si è giunti ai giorni nostri all'inevitabile concentrazione di grossi e potentissimi raggruppamenti internazionali che hanno rapidamente portato all'acquisizione delle piccole fabbriche, facili prede, vittime di irreversibili crisi. Però dagli anni ’80 c’è inversione di tendenza e si va verso la birra di qualità. Ma se consideriamo la qualità, la realtà è ben diversa e lo sanno bene tutti coloro che si battono, ognuno nel proprio campo di competenza, per poter in un immediato futuro intraprendere il cammino l'avventura degli americani, protagonisti della  straordinaria e ben nota "renaissance".   È indubbio che nel nostro paese la birra sconti una particolare sudditanza culturale rispetto al vino e anche che l’immagine della birra in Italia sia ancorata all’idea della “bionda estiva e dissetante” ma è altrettanto vero che alcune delle nostre birre vincono premi in giro per il mondo. In ogni caso il Bel Paese ha da sempre prodotto lager particolarmente equilibrate e qualche interessante strong lager e doppelbock. Si tratta forse di pochi marchi ma sicuramente molti di questi non hanno niente da invidiare alle equivalenti cugine europee.  Anche l’Italia peraltro è da qualche anno protagonista di un’interessante diffusione della produzione birraria artigianale.   In modo particolare nel nord del paese, ma non solo,  sono fioriti microbirrifici di tutto rispetto che producono oggi birre che fanno capo a moltissimi stili, dalle pils alle weisse, e che cominciano a diffondersi anche nelle enoteche. Di alto gradimento è la birra alle castagne, leggermente affumicata, che si sta affermando come il nuovo stile italiano e che anch’io me ne faccio una cotta all’anno e me la bevo durante l’inverno.

 

Fonte: http://www.poliphenolica.com/wp-content/uploads/2012/06/Geografia-della-birra-by-paolo-zaini.doc

Sito web da visitare: http://www.poliphenolica.com

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