Caratteri fondamentali dell’ordinamento giuridico

Caratteri fondamentali dell’ordinamento giuridico

 

 

 

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Caratteri fondamentali dell’ordinamento giuridico

Il diritto e la società

Il diritto fa riferimento a quel complesso di regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di una certa collettività, in un dato momento storico. Vi è un nesso strettissimo fra fenomeno giuridico e fenomeno sociale.
Il fenomeno giuridico consiste nella nascita di un complesso di regole che si applicano all'interno di un aggregato sociale, entro una determinata sfera territoriale, attraverso un'organizzazione dotata di un minimo di stabilità, mentre possono essere assai vari i fini e i contenuti delle norme che quelle regole contengono.
Lo Stato è un'entità che si colloca in una posizione di supremazia rispetto a tutti i soggetti individuali e collettivi (popolo) che vivono in un determinato ambito spaziale (territorio), rivendicando l'origine del proprio potere e che dispone della forza legittima necessaria per assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo del gruppo sociale che ne ha determinato la nascita. Partecipa alla formazione di altre regole di comportamento dirette a disciplinare i rapporti con gli altri stati con i quali intrattiene relazioni sia pacifiche sia ostili.
Esiste una netta distinzione tra regole del diritto statale e altre regole pure attinenti al comportamento dei membri di una data comunità, come le regole religiose, morali o filosofiche: le prime dirette essenzialmente a disciplinare in modo stabile i rapporti tra gli individui in quanto soggetti di quella comunità, funzionali al raggiungimento di tutti i fini ritenuti di interesse generale, le seconde orientate a disciplinare i comportamenti dei singoli e del gruppo in vista del conseguimento di fini particolari; le prime, legate indissolubilmente agli eventi storici concreti, le seconde legate invece, sia pure in misura diversa, a valori trascendenti; le prime caratterizzate dalla coattività, ossia dall’esistenza di meccanismi sanzionatori volti a reprimere le violazioni, le seconde affidate all’adesione spontanea dei membri del gruppo.le regole giuridiche non sempre sono contenute in particolari atti (diritto scritto), ma a volte nascono spontaneamente dal comportamento consuetudinario di coloro che appartengono ad una certa società (diritto non scritto o consuetudinario).

Le caratteristiche del fenomeno giuridico

Una delle caratteristiche specifiche del diritto statale è l'effettività, con il quale si intende che una regola di diritto può considerarsi esistente quando i membri della società le riconoscono un valore obbligatorio e colleghino alla sua violazione la nascita di determinate sanzioni.
La seconda caratteristica è quella della certezza del diritto, secondo la quale l'obiettivo dell'effettività si raggiunge con l'istituzione di particolari strutture (l'ordinamento giudiziario) e particolari istituti (le sanzioni). Si tratta di strutture e istituti attraverso i quali si cerca appunto di dare “certezza” al diritto, certezza della effettiva applicazione delle regole di comportamento che la società si è data.
La terza caratteristica è quella della relatività del diritto, che sta a indicare come le regole di diritto possano avere un contenuto mutevole a seconda della comunità sociale a cui si riferiscono, a seconda dei fini che si propongono di raggiungere, e a seconda delle esigenze e dei diversi problemi che lo sviluppo di una società propone.

Il contenuto delle norme giuridiche

La regola o norma giuridica è la regola di comportamento obbligatoria per tutti i componenti di una determinata società. Per imporre un determinato comportamento è necessario avere prima determinato quali fatti si intende regolare e quali sono gli effetti che si intendono riconnettere a tali fatti.
La prima operazione consiste in una selezione, fra i vari aspetti della vita umana, di quelli che vengono assunti nella sfera del diritto.
La seconda operazione comporta la determinazione degli effetti obbligatori che a tale assunzione nella sfera del diritto si collegano, di effetti cioè che si impongono al di là e anche contro la volontà dei destinatari della norma giuridica che si è posta.
Il meccanismo che presiede alla formazione di una norma giuridica implica una scelta degli eventi cui riconoscere determinati effetti giuridici. Tali fatti costituiscono la fattispecie astratta, che può consistere in un'attività, espressione della volontà dell'uomo (i cosiddetti atti giuridici, come un contratto) o in un fatto preso in considerazione di per se, e non in quanto legato a una manifestazione di volontà (i cosiddetti fatti giuridici, come la nascita o la morte). In secondo luogo comporta la scelta degli effetti giuridici che conseguono obbligatoriamente al verificarsi in concreto della fattispecie astrattamente prevista: si parla di doveri, obblighi e oneri. Per i diritti assoluti l'interesse individuale è tutelato attraverso l'imposizione di obblighi nei confronti di una pluralità indistinta di soggetti e non solo nei confronti di soggetti determinati (come per i diritti relativi). Quando la tutela assicurata dalla norma giuridica è una tutela solo indiretta dell'interesse del singolo (dal momento che la norma è finalizzata alla tutela di esigenze collettive), questi sarà titolare di una posizione qualificata come interesse legittimo. Dall'interesse legittimo si distingue il cosiddetto interesse semplice o interesse di fatto, che rappresenta una situazione che potenzialmente è in grado di tradursi in un diritto soggettivo o interesse legittimo (nel campo dei concorsi pubblici interesse che tutti i cittadini hanno a che si svolgano nel pieno rispetto delle regole procedurali).

I soggetti giuridici

I soggetti giuridici sono coloro cui le norme intendono rivolgersi nell'attribuire diritti o nell'imporre obblighi. Essi sono innanzitutto le persone fisiche.
L'articolo 1 del codice civile stabilisce che ciascuna persona fisica è dotata della capacità giuridica (idoneità ad essere titolari di diritti e destinataria di obblighi) fin dal momento della nascita. Il soggetto deve possedere anche la capacità di agire, variamente limitata dal diritto, come nel caso del minore o dell'infermo di mente.
Accanto alle persone fisiche esistono le cosiddette persone giuridiche, come ad esempio una pluralità di persone che danno vita a un'organizzazione al fine di perseguire una finalità comune. Rapporto organico è un rapporto che va tenuto distinto da quello di rappresentanza, che si ha nell’ipotesi in cui una persona fisica sia obbligata a (rappresentanza legale) o decida di (rappresentanza volontaria) far gestire i propri affari da un altro soggetto. Tra le persone giuridiche si distinguono quelle private da quelle pubbliche (ad esempio lo Stato) tra i soggetti giuridici vanno annoverati tutti quei fenomeni associativi (le cosiddette associazioni di fatto) che, pur privi di un riconoscimento pubblico (non essendo quindi dotati di personalità giuridica) sono tuttavia destinatari di alcune norme giuridiche.

Il concetto di ordinamento giuridico e la pluralità degli ordinamenti giuridici

La natura di ordinamento giuridico non dipende dalla natura dei fini cui esso si ispira, bensì soltanto dal rapporto tra l'ordinamento ed il gruppo sociale che ad esso si richiama e che in esso si riconosce. Gli ordinamenti particolari sono quelli che si propongono il raggiungimento delle finalità più varie delimitate a un certo settore, mentre gli ordinamenti generali si propongono il soddisfacimento di una finalità che tendenzialmente comprende tutti i possibili interessi sociali. Tra questi ordinamenti generali si distinguono poi quelli originari, che ripetono da sé medesimi il loro carattere di sovranità, da quelli derivati, che viceversa ripetono i loro poteri da un altro ordinamento ad essi sovraordinato. L’adozione dell’uno o dell’altro atteggiamento dipende dalla volontà manifestata dall’ordinamento generale in ordine all’estensione dei fini che esso intende perseguire direttamente attraverso il proprio apparato autoritativo.
Lo Stato è l'ordinamento giuridico che, attraverso una propria organizzazione (ossia l’insieme degli organi politici, amministrativi e giurisdizionali che compongono il cosiddetto stato apparato), assicura la pacifica convivenza e il perseguimento di finalità generali, condivise da una determinata collettività sociale (il cosiddetto stato comunità) sia sul piano interno (dettando e facendo rispettare regole di comportamento destinate ai singoli come ai gruppi), sia sul piano esterno (favorendo la formazione di regole coerenti con quelle finalità e impegnandosi ad assicurarne il rispetto, in accordo con gli altri ordinamenti generali che compongono la comunità internazionale).

Ordinamenti giuridici di “common law” e di “civil law”

Fino a qualche tempo fa si potevano individuare tre modelli diversi di ordinamento giuridico: ordinamenti di common law, ordinamenti di civil law e ordinamenti di diritto socialista. Quest'ultimo risulta ormai superato o comunque in via di radicale trasformazione.
I due modelli precedenti hanno avuto in Europa fortune diverse: mentre l'ordinamento inglese viene individuato come appartenente al common law, tutti altri ordinamenti appartengono a quello della civil law. L'elemento differenziale di fondo tra i due modelli attiene ai modi di produzione delle norme giuridiche e ai soggetti che ne sono coinvolti.
La caratteristica principale degli ordinamenti di common law è quella di basarsi su un tessuto di regole molte delle quali non scritte, con contenute cioè in specifici atti normativi, bensì in decisioni giurisprudenziali, basate sull’affermazione di principi tratti per lo più dall’esperienza, dalle consuetudini, dalle prassi. In un sistema in cui essa non si limita all’applicazione della regola scritta, la sentenza del giudice acquista un valore normativo, è dunque fonte di diritto.
Un valore che si esprime attraverso il principio dello stare decisis in base al quale nessun giudice può discostarsi dai principi di diritto affermati in altra precedente pronuncia giudiziaria riguardante un caso analogo a quello che egli si trova a giudicare.
Negli ordinamenti di civil law la norma giuridica viene considerata tale solo se contenuta in atti a cui lo stesso ordinamento riconosce la capacità di produrre regole di questo tipo. Il ruolo del giudice è solo quello di interpretare la regola giuridica scritta e di applicarla al caso concreto. Col passare del tempo, le differenze tra i due sistemi sono venute lentamente attenuandosi in seguito ad un processo, per così dire, di osmosi che ha portato alcuni elementi dell’uno a trasferirsi nell’altro e viceversa. Così, mentre da un lato è andato progressivamente aumentando il ricorso al diritto scritto (Statute law) negli ordinamenti di common law, dall’altro,per ciò che attiene agli ordinamenti di civil law, la funzione del giudice è andata arricchendosi di contenuti in parte analoghi a quelli del giudice dei paesi anglosassoni.

Le fonti del diritto e i principi che ne regolano i rapporti (accenni e rinvio)

Le norme nascono attraverso due distinti meccanismi: o mediante l'attribuzione a certi organi del potere di creare il diritto o mediante riconoscimento di valore giuridico a regole che nascono da certi fatti o comportamenti umani. Se viene utilizzato il primo meccanismo, avremo la produzione di norme contenute in atti, che prende il nome di fonti-atti (la legge del Parlamento o il regolamento del Governo). Se viene utilizzato il secondo meccanismo vengono nominate fonti-fatto, cioè fatti o comportamenti umani da cui ugualmente si determinano regole dotate di forza obbligatoria (la consuetudine). Ciascuna fonte risulta dotata di un grado di intensità che risulta diverso a seconda della disciplina dei rapporti che legano tra loro le diverse fonti normative. Il principio fondamentale è quello gerarchico, che ordina le varie fonti normative lungo una immaginaria scala gerarchica posizionando sul gradino più alto le fonti dotate di maggiore forza e poi, via via quelle con forza minore.
La costituzione traccia il quadro di riferimento generale, cui tutte le altre regole di diritto che operano in un determinato ordinamento devono uniformarsi. Si dice che la costituzione è rigida perché non può essere modificata da nessun'altra fonte normativa di livello inferiore.

Costituzione formale è quel complesso di disposizioni formalmente previste come costituzionali; costituzione effettiva è quella parte della costituzione formale che davvero è operante in un dato momento storico, in un dato ordinamento giuridico; costituzione materiale è risultante delle concezioni culturali e istituzionali delle forze politiche dominanti, in un determinato contesto storico; un concetto che va al di là della stessa costituzione vigente o effettiva. Quando tali diversità toccano gli elementi essenziali della costituzione formale, si creano le condizioni per un mutamento di quest’ultima. Gerarchia e competenza sono due principi generali che servono innanzitutto ad attribuire ad ogni fonte normativa una sua specifica forma giuridica nei confronti delle altre e, in secondo luogo, a stabilire, nell’ambito della scala gerarchica così individuata, gli ambiti di competenza riservata a quella o quell’altra fonte.
Un altro principio è quello della competenza: si fa più riferimento all'organo che è titolare del potere di emanare le regole stesse e all'oggetto che esse possono investire (rapporto tra legge statale e regionale).
Altre due questioni importanti sono quelle relative al valore delle norme nel tempo e nello spazio. La norma successiva prevale sempre sulla norma precedente, di pari grado gerarchico. Se le norme sono invece di grado gerarchico diverso è il principio gerarchico che va applicato.
Per quanto riguarda la validità nello spazio va applicato il principio della territorialità del diritto: la legge statale ha efficacia nei confronti dei cittadini e di coloro che operano all'interno del territorio nazionale. Esistono tuttavia delle eccezioni: si pensi soprattutto ai rapporti disciplinati dalle regole del diritto internazionale privato, ma si pensi anche all'istituto della extraterritorialità o a quello dell'immunità territoriale (le sedi diplomatiche sono sottratte al diritto di uno Stato). Queste appena citate sono le cosiddette fonti interne; le fonti esterne vengono considerate come i trattati internazionali o gli atti normativi delle comunità europee). Le fonti interne operano nell’ambito di un determinato sistema giuridico e ne assicurano la continuità attraverso particolari meccanismi di produzione di norme giuridiche.
Le fonti esterne appartenenti a sistemi giuridici diversi da quello considerato e tuttavia dotate anch’esse della capacità di spiegare effetti normativi nell’ambito di quest’ultimo. Questa capacità è puntualmente disciplinata da ciascun sistema giuridico attraverso la predisposizione di apposite regole al riguardo, in vista di assicurare un funzionamento coerente del sistema delle fonti, complessivamente considerato.

L’interpretazione del diritto come metodo e come fonte

Oltre alle fonti-atto e alle fonti-fatto, esiste un altro meccanismo importante per la produzione di norme giuridiche: è collegata all'attività interpretativa del giudice e prende il nome di diritto giudiziario. Non sempre è agevole identificare quale sia la norma da applicare a un caso concreto: tale ricerca è condotta dal giudice utilizzando una serie di criteri interpretativi, quali l'interpretazione letterale (condotta sul dettato testuale), l'interpretazione logica (diretta a individuare la coerenza interna della legge), l'interpretazione analogica (diretta a ricercare la norma da applicare in disposizioni che disciplinano materie simili o analoghe), l'interpretazione sistematica (diretta a ricercare la norma da applicare al caso concreto desumendola dai principi vigenti nel sistema giuridico complessivo). Negli ordinamenti giuridici di civil law la sentenza del giudice è priva di efficacia nei confronti di tutti, ma si applica solo al caso in esame.

Lo studio del diritto ed in particolare del diritto pubblico

L'area del diritto pubblico è costituita dal insieme di regole che disciplinano il fondamento dell'esercizio del potere all'interno dello Stato, in vista del conseguimento delle finalità di interesse generale; l'organizzazione dell'apparato statuale preposta a tale esercizio; il tipo di relazioni che si viene a stabilire tra questo apparato e i membri della società civile; il tipo di relazioni che lo Stato intende intrattenere con gli altri soggetti facenti parte della comunità internazionale.

 

Fonte: http://economiaunipa.altervista.org/wp-content/uploads/2013/05/Riassunto-Istituzioni-di-Diritto-Pubblico-Caretti-De-Siervo-11.doc

Sito web da visitare: http://economiaunipa.altervista.org

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