Contratti elementi essenziali

Contratti elementi essenziali

 

 

 

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Contratti elementi essenziali

RIASSUNTI DEL
“MANUALE DI DIRITTO PRIVATO”
Di: A.Torrente P.Schlesinger

I CONTRATTI

Capitolo 40: IL CONTRATTO

 

 

  Definizione

Per l’art.1321 c.c. il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Le patri possono liberamente determinare il contenuto del contratto (autonomia contrattuale), nei limiti imposti dalla legge (art.1322.1 c.c.).

  Elementi essenziali del contratto

 

Per l’art.1325 c.c. gli elementi essenziali del contratto sono: l’accordo delle parti (art.1326 c.c.); la causa (artt.1343-1345 c.c.); l’oggetto o contenuto degli accordi dei contraenti (art.1346 c.c.); la forma.

305  Classificazione dei contratti

 

Le più importanti classificazione dei contratti sono le seguenti:

  1. contratti tipici e contratti atipici; a seconda che alla singola figura contrattuale , il legislatore dedichi o meno una disciplina specifica;
  2. contratti con due parti o con più di due parti (contratti plurilaterali);
  3. contratti a prestazioni corrispettive e contratti con obbligazioni a carico di una parte sola;
  4. contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;
  5. contratti di scambio (dove la prestazione di ciascuna parte è a vantaggio della controparte) e contratti associativi (dove la prestazione di ciascuno è diretta al conseguimento di uno scopo comune);
  6. contratti commulativi (si dicono i contratti in cui i reciproci sacrifici sono certi) e contratti aleatori (sono i contratti nei quali vi è incertezza sui reciproci sacrifici);
  7. contratti a esecuzione istantanea (la prestazione della parti è concentrata in un dato momento, es. compravendita) e contratti di durata (la prestazione o continua nel tempo, o si ripete periodicamente). I contratti ad esecuzione istantanea possono essere ad esecuzione immediata o ad esecuzione differita;
  8. contratti a forma libera e contratti a forma vincolata;
  9. contratti consensuali (si perfezionano con il semplice consenso o accordo delle parti) e contratti reali (che richiedono oltre al consenso delle parti, la consegna del bene; es. mutuo, comodato, deposito, pegno);
  10. contratti a efficacia reale (che realizzano automaticamente, per effetto del solo consenso, il risultato perseguito) e contratti a efficacia obbligatoria (che non realizzano automaticamente il risultato perseguito, ma obbligano le parti ad attuarlo.
306  Il contratto preliminare

 

Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto definitivo, di cui, peraltro, devono avere già determinato nel preliminare il contenuto essenziale.
Il contratto preliminare può vincolare ambedue le parti o una sola (promessa o preliminare unilaterale). Come per ogni altro contratto che rimanga inadempiuto, si può chiedere il risarcimento dei danni subìti a causa dell’inadempienza della controparte.
Inoltre, la parte che vi ha interesse, può ottenere, ove lo voglia, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, una sentenza costitutiva che produca gli stessi effetti che avrebbe dovuto produrre il contratto che l’altra parte non ha voluto concludere.
La figura del contratto preliminare si può riscontrare in relazione a qualsiasi tipo di contratto; unica eccezione è quella relativa all’inammissibilità del contratto preliminare di donazione.

 

  1. La trascrivibilità del contratto preliminare

 

Alcuni contratti preliminari sono assoggettabili a trascrizione.
L’art.2645-bis stabilisce la trascrivibilità dei contratti preliminari aventi ad oggetto la stipulazione di contratti che, relativamente a beni immobili, trasferiscono la proprietà, costituiscono o trasferiscono diritti di usufrutto, superficie ed enfiteusi, ovvero diritti di comunione, diritti di servitù prediali, uso e abitazione.
Naturalmente la trascrizione è ammissibile solo se tali preliminari risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
La trascrizione del preliminare è ammessa anche per gli edifici da costruire o in corso di costruzione (art.2645-bis.4 c.c.), ma a condizione che indichino la superficie utile della porzione di edificio e la quota del diritto spettante al promissario acquirente relativa all’intero costruendo edificio espressa in millesimi.

  1. La cessione del contratto

 

Si ha cessione di un contratto (art.1406 c.c.) quando una parte (il cedente) di un contratto originario, purchè a prestazioni corrispettive da ambo le parti non ancora eseguite, stipula con un terzo (il cessionario) un nuovo contratto (di cessione), con il quale cedente e cessionario si accordano per trasferire a quest’ultimo il contratto (originario), ossia tutti i rapporti attivi e passivi determinati dal contratto ceduto.     
Il consenso alla cessione da parte del contraente ceduto può essere dato anche in via preventiva (art.1407.1 c.c.): in tal caso la cessione del contratto diventa efficace con la semplice notificazione al ceduto dell’accordo di cessione tra cedente e cessionario.
Per effetto della cessione il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto e non è neppure responsabile verso quest’ultimo dell’eventuale inadempimento contrattuale da parte del cessionario (art.1408.1 c.c.). Se il ceduto vuole evitare questa conseguenza, deve dichiarare espressamente che con il suo consenso alla cessione non intende liberare il cedente: in tal caso quest’ultimo risponde in proprio qualora il cessionario si renda inadempiente agli obblighi contrattuali assunti (art.1408.2 c.c.).
Parimenti il cedente non è responsabile verso il cessionario qualora il ceduto non adempia agli obblighi derivanti dal contratto ceduto. In ogni caso il cedente è tenuto a garantire al cessionario la validità del contratto (artt.1410, 1266 c.c.).
La cessione del contratto può essere stipulata senza prevedere alcun corrispettivo a carico dell’uno o dell’altro dei contraenti: in tal caso le parti considerano equilibrati i rispettivi oneri e vantaggi.
Ma la cessione del  contratto può anche essere stipulata prevedendo un corrispettivo o a carico del cessionario e a favore del cedente; o a carico del cedente e a favore del cessionario.
Occorre distinguere la cessione del contratto dal subcontratto o contratto derivato. Nella cessione si ha sostituzione di un nuovo soggetto ad uno dei contraenti originari e tutti i rapporti contrattuali restano invariati, salva la modifica di uno dei titolari; nel subcontratto, invece, i rapporti tra i contraenti originari continuano a sussistere, ma accanto ad essi si creano nuovi rapporti tra uno dei contraenti originari ed un terzo.

 

Capitolo 41: LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO

 

  1. Le trattative

Per giungere alla stipulazione di un contratto spesso è necessario un periodo di trattative. Durante le trattative le parti sono libere di concludere o meno il contratto, ma devono comportarsi secondo buona fede (art.1337 c.c.).
Se violano questo dovere, incorrono in un particolare tipo di responsabilità (responsabilità precontrattuale).
In particolare trasgredisce l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, la parte che, avendo le trattative raggiunto un punto tale da determinare un ragionevole affidamento circa la conclusione del contratto, le interrompa senza un giustificato motivo: conseguentemente dovrà risarcire all’altra parte le spese che questa fosse stata indotta a sostenere e che non avrebbe affrontato se non avesse confidato nella stipulazione dell’accordo.

  1. La colpa il contrahendo

 

Nell’ipotesi d’inadempimento di un contratto, viene leso l’interesse positivo all’osservanza del contratto, e quindi il risarcimento si commisura all’intero danno subìto dal contraente.
Se non vengono osservati i doveri che la legge impone durante le trattative e negli altri casi di colpa in contrahendo, si viene a ledere l’interesse che la parte aveva, a non iniziare trattative che le hanno fatto perdere tempo e procurato delle spese (interesse negativo).
Mentre nel caso di inadempimento del contratto è risarcibile l’intero danno derivante dall’inadempienza, il risarcimento dovuto in caso di culpa in contrahendo, di responsabilità precontrattuale, è limitato alle spese e alle perdite che siano strettamente dipendenti dalle trattative e al vantaggio che la parte avrebbe potuto conseguire se, invece di impiegare la sua attività nella trattativa fallita, si fosse dedicata ad altre contrattazioni (lucro cessante).

  1. Il momento perfezionativo del contratto

 

Proposta ed accettazione non costituiscono un negozio, ma sono elementi che precedono il perfezionamento del negozio e sono, perciò, denominati prenegoziali.
Quando alla proposta segue l’accettazione, allora si ha l’accordo.
Vari princìpi potrebbero essere adottati dal legislatore:

  1. principio della dichiarazione (efficacia della volontà non appena dichiarata);
  2. principio della spedizione (efficacia della volontà non appena trasmessa all’altra parte);
  3. della ricezione (momento perfezionativo: quello nel quale l’altra parte riceve la dichiarazione di accettazione);
  4. della cognizione (occorre che l’altra parte abbia conoscenza dell’accettazione). Perciò il contratto si considera concluso nel momento e nel luogo in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione della proposta, comunicatagli dalla controparte (art.1326 c.c.).

Per dimostrare che il contratto si è perfezionato, è sufficiente dimostrare che la dichiarazione di accettazione sia pervenuta all’indirizzo del proponente (art.1335 c.c.).
Spesso, peraltro, i contratti si concludono senza bisogno di una formale accettazione, dando direttamente esecuzione ad un ordine ricevuto: in tal caso l’accordo si considera perfezionato nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione (art.1327.1 c.c.).
L’accettante deve dare, però, prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione (art.1327.2 c.c.).
Se poi si tratta di un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente (es. fideiussione), siccome in tal caso l’accettazione del destinatario della proposta si può agevolmente presumere, è sufficiente, per la perfezione del contratto, il contegno omissivo del destinatario il quale non respinga la proposta stessa, nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi (art.1333 c.c.).

  1. Revocabilità e intrasmissibilità della proposta

 

Il proponente, per impedire la conclusione del contratto, può revocare la proposta purchè prima che gli sia giunta l’accettazione; mentre per la revoca dell’accettazione non è sufficiente che tale revoca sia stata emessa e trasmessa prima che l’accettazione giungesse a conoscenza del proponente, ma occorre altresì che la revoca dell’accettazione pervenga all’indirizzo di quest’ultimo prima che vi sia pervenuta l’accettazione.
La proposta perde automaticamente efficacia se, prima che il contratto si sia perfezionato, il proponente muore o diventa incapace (intrasmissibilità della proposta).
Del pari perde efficacia l’accettazione se l’accettante muore o diventa incapace nell’intervallo tra la spedizione della dichiarazione di accettazione e l’arrivo di questa al proponente. Quest’ultimo può anche precludersi la facoltà di revoca, dichiarando che la proposta è irrevocabile. In tal caso una eventuale revoca che venisse successivamente comunicata al destinatario della proposta, sarebbe inefficace (proposta ferma), a meno che la revoca intervenga dopo scaduto il termine per il quale la proposta era stata dichiarata irrevocabile.
Se la proposta irrevocabile non è accompagnata dalla indicazione della durata della irrevocabilità, questa si intende estesa per tutto il tempo ordinariamente necessario per la sua accettazione.
La proposta irrevocabile conserva il suo valore pure in caso di morte o sopravvenuta incapacità del proponente (art.1329 c.c.), di modo che anche in tali ipotesi il destinatario della proposta potrebbe ancora perfezionare il contratto accettando l’offerta, purchè l’accettazione giunga all’altra parte entro il termine di validità della proposta.

  1. L’offerta al pubblico

 

L’offerta al pubblico (art.1336 c.c.9 è valida benchè indirizzata a destinatari indeterminati, purchè contenga gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta.
L’offerta al pubblico è revocabile come ogni altra proposta contrattuale.
La revoca è efficace anche in confronto di chi, essendo in precedenza venuto a conoscenza dell’offerta, non sia invece venuto a conoscenza della revoca (art.1336.2 c.c.).

  1. L’opzione

 

L’opzione (art.1331 c.c.) si ha quando il vincolo della irrevocabilità della proposta non consegue ad un impegno assunto unilateralmente dal proponente, ma ad un accordo stipulato tra le parti.
Il vincolo derivante dall’opzione non può durare all’infinito e quindi, se non è stato fissato un termine di validità del vincolo, questo è stabilito dal giudice (art.1331.2 c.c.).

  1. La prelazione

 

La prelazione è il diritto di essere preferito ad un altro soggetto, a parità di condizioni, nel caso in cui la persona soggetta alla prelazione dovesse decidersi a stipulare un determinato contratto.
Il soggetto passivo della prelazione non è obbligato a concludere tale contratto e conserva la sua piena libertà di decidere se, ad es. vendere o meno il bene oggetto della prelazione.
La prelazione può essere volontaria, quando venga concessa con un accordo tra privati, o può essere legale, ricorrendo determinati presupposti, per finalità di interesse generale.
La prelazione volontaria non è opponibile ai terzi ed ha quindi mera efficacia obbligatoria.

  1. I contratti “standard” o per adesione

 

Di solito le imprese predispongono moduli contrattuali, nei quali inseriscono clausole uniformi e standardizzate (perciò si parla di contratti standard), e che il cliente non può discutere: o aderisce o rifiuta.
È tuttavia necessario predisporre delle cautele a favore dell’aderente, ad evitare abusi ai suoi danni.:. si prevede:

  1. che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli le clausole aggiunte prevalgono su quelle del modulo con cui siano incompatibili, anche quando queste ultime non siano state cancellate (art.1342.1 c.c.);
  2. che le c.d. condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci solo se la parte che le ha predisposte abbia fatto in modo da garantire che l’altro contraente, usando l’ordinaria diligenza, sarebbe stato in grado di conoscerle (art.1341.1 c.c.);
  3. che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, in caso di dubbio, a favore dell’altro (art.1370 c.c.);
  4. che, in ogni caso, non hanno effetto, se non specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che ha predisposto i moduli contrattuali, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, o sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria (art.1341.2 c.c.). Queste ultime clausole (dette vessatorie), devono essere approvate con una sottoscrizione autonoma e distinta rispetto a quella apposta genericamente sul modulo, e che in mancanza di tale specifica approvazione queste clausole vanno considerate inficiate senz’altro da nullità, rilevabile anche d’ufficio dal giudice.

Le regole principali della nuova disciplina relativa ai contratti del consumatore sono:

  1. gli artt.1469-bis e ss.c.c. si applicano solo ai contratti conclusi tra il consumatore e il professionista, intendendosi per consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale svolta e per professionista, la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale , utilizza il contratto;
  2. in tali contratti si considerano vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore uno squilibrio;
  3. non possono considerarsi vessatorie, senza possibilità di prova contraria le clausole che attengano alla determinazione dell’oggetto del contratto o all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purchè, tuttavia, tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile;
  4. sono sempre considerate vessatorie, senza possibilità di prova contraria le clausole inserite in una c.d. blak list;
  5. si presumono vessatorie fino a prova contraria, tutte le clausole contenute nell’elenco di cui al comma 3 dell’art.1469-bis, a meno che il professionista dimostri che, nel caso di specie, non lo erano, o dimostri che non erano state imposte unilateralmente perché avevano formato oggetto di trattativa individuale;
  6. le clausole considerate vessatorie sono inefficaci, ma il contratto rimane efficace per il resto. L’inefficacia opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice;
  7. ad iniziativa di alcuni enti, può essere chiesto al giudice di inibire una volta per tutte, ad un professionista o ad una associazione di professionisti, l’uso, nei contratti con i clienti, di determinate clausole che vengano valutate come vessatorie.                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 42: GLI EFFETTI DEL CONTRATTO

 

  1. La forza vincolante del contratto

Si dice che il contratto ha forza di legge (art.1342 c.c.) in quanto le parti, dal momento in cui esso si perfeziona, sono obbligate ad osservarlo. Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità (art.1374 c.c.).
Tuttavia un diritto di recesso (convenzionale) può essere concordato a favore di una o di entrambe le parti, ma il tal caso la facoltà di recedere deve essere esercitata prima che abbia inizio l’esecuzione del contratto (art.1373.1 c.c.). Spesso un diritto di recesso è attribuito ad una parte a fronte di un corrispettivo, rappresentato di solito da una somma di danaro. Talvolta è la stessa legge che attribuisce ad una della parti il diritto di recedere da un contratto ove si verifichino determinati presupposti (artt.1537, 1660, 1674 c.c.).

  1. Gli effetti tra le parti

 

Nella determinazione del contratto non si deve tener conto soltanto delle clausole pattuite dalle parti. Là dove queste non abbiano disposto occorre provvedere alla integrazione del contratto (art.1374 c.c.), applicando le eventuali norme dispositive o gli usi o l’equità. Ma la legge interviene non solo con funzione integratrice della volontà privata, ma pure con funzione imperativa, che annulla ogni contraria pattuizione dei privati.
Infine va ricordato che il principio fondamentale in tema di esecuzione del contratto, come in tema di interpretazione, deve essere il rispetto della buona fede (art.1375 c.c.).

  1. I contratti ad effetti reali

 

Per quanto riguarda i contratti con effetti reali, è importante tener presente la regola che, in mancanza di accordo delle parti, fissa il momento in cui ha luogo il passaggio della proprietà, per tutte le conseguenze che ne derivano, tra cui la più importante è quella relativa al rischio per il perimento fortuito della cosa.
I principi fissati dalla legge sono:

  1. se si tratta di cosa determinata, la proprietà passa per effetto del consenso manifestato nelle forme di legge (art.1376 c.c.): se si tratta di immobili, basta che le parti abbiano firmato il contratto; se si tratta di mobili, basta che le parti abbiano raggiunto, anche verbalmente, l’accordo;
  2. se si tratta di cose determinate solo nel genere (cose generiche o fungibili), la proprietà si trasmette con l’individuazione delle cose mediante pesatura o misurazione (specificazione; art.1378 c.c.). Se l’oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose (ti vendo non tanto quintali di vino, ma tutto il vino della mia cantina), è chiaro che non c’è bisogno di individuazione: perciò la proprietà si trasmette per il semplice consenso (art.1377 c.c.).
  1. Conflitti tra aventi diritto sullo stesso oggetto

 

Se una persona concede lo stesso diritto prima ad A e poi con un successivo contratto a B, tra A e B, dovrebbe essere preferito colui a cui il diritto è stato concesso per primo. In ogni caso, il contraente che viene sacrificato ha diritto al risarcimento dei danni verso l’altra parte, la quale, attribuendo lo stesso diritto ad altri, ha violato il contratto. Se taluno, con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile non registrato, quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso, è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore (art.1155 c.c.). Se il conflitto riguarda diritti reali ed alcuni diritti personali su beni immobili o mobili registrati, si applicano le regole della trascrizione. Se il diritto di utilizzare lo stesso bene è stato concesso a più persone, tra i vari aventi diritto è preferito chi per primo ha conseguito il godimento della cosa (art.1380 c.c.); se nessuno ha conseguito tale godimento, si applica la regola generale: la preferenza spetta a colui che può dimostrare di aver concluso il contratto in data anteriore.

  1. La clausola penale e la caparra

 

In caso di inadempimento, il creditore ha diritto, come sappiamo, ad essere risarcito dei danni subìti. Perciò le parti possono stabilire nel contratto una clausola con cui stabiliscono ex ante, quanto il debitore dovrà pagare, a titolo di penale, ove dovesse rendersi inadempiente. In tal caso la parte inadempiente è tenuta a pagare la penale stabilita, senza che il creditore debba dare la prova di aver subìto effettivamente un danno di misura corrispondente: e perciò si dice che tale clausola penale contiene una liquidazione convenzionale anticipata del danno.
La penale può essere prevista sia per inadempimento assoluto dove il creditore, se pretende la penale, non può più pretendere la prestazione principale, che per il semplice ritardo dove può pretendere sia la penale che la prestazione contrattualmente prevista (art.1383 c.c.). Se nello stabilire la penale le parti non hanno espressamente previsto la risarcibilità dell’eventuale danno ulteriore, il creditore non può pretendere più di quanto non sia stabilito nella penale, nemmeno se il danno da lui subìto finisca poi col risultare maggiore. Le parti sono però libere di prevedere, nella clausola, che il creditore abbia il diritto di pretendere, oltre alla penale, anche il risarcimento dell’eventuale maggiore danno, naturalmente purchè dia la prova che il danno effettivamente subìto non era coperto da quanto stabilito a titolo di penale. Ma il giudice può ridurre l’ammontare della penale ove la ritenga eccessiva.
La caparra: il c.c. disciplina due tipi di caparra: la caparra confirmatoria (art.1385) e la caparra penitenziale (art.1386). Con la prima si provvede già a consegnare all’altra parte, nel momento stesso del perfezionamento dell’accordo, una somma di danaro o una quantità di cose fungibili. La caparra, una volta eseguito il contratto, deve essere restituita o trattenuta a titolo di acconto sul prezzo. Ove, però, la parte che ha dato la caparra si rendesse inadempiente agli obblighi assunti, l’altra parte può scegliere se recedere dal contratto, trattenendo in tal caso definitivamente la caparra ricevuta o preferire la risoluzione del contratto. Ove inadempiente fosse invece la parte che ha ricevuto la caparra, è ovviamente la controparte a poter scegliere se recedere o meno dal contratto, ed in caso di recesso può pretendere il doppio di quanto aveva versato a titolo di caparra (art.2385.2.3 c.c.).
In caso di caparra penitenziale, la somma versata a titolo di caparra ha solo la funzione di corrispettivo di un diritto di recesso  che le parti possono riservarsi ai sensi dell’art.1373 c.c.: vale a dire che chi ha versato la caparra può rinunciarvi ed il contratto è sciolto, senza che la controparte possa pretendere altro (art.1386 c.c.). Parimenti chi ha ricevuto la caparra può recedere dal contratto restituendo il doppio della caparra ricevuta.

  1. Effetti del contratto di fronte ai terzi

 

Se ti prometto che un terzo assumerà il tuo debito o svolgerà una determinata attività a tuo favore, il terzo è naturalmente libero di compiere o meno quanto io ho promesso: obbligato sono soltanto io a persuadere il terzo a fare quanto ho promesso. Se il terzo non aderisce alle mie premure, l’unica conseguenza della promessa dell’obbligazione sarà che io dovrò indennizzare colui a cui ho fatto la promessa, anche quando mi sia adoperato con ogni mezzo per indurre il terzo (art.1381 c.c.)

  1. Il contratto a favore del terzo

 

L’art.1411 c.c. ammette in via generale la figura del contratto con cui le parti attribuiscono ad un terzo il diritto di pretendere l’adempimento di un contratto, benchè stipulato da altri, subordinandone la validità soltanto alla condizione che lo stipulante abbia un interesse, anche se solamente morale, all’attribuzione di tale vantaggio al terzo. Perché si abbia contratto a favore di terzi è indispensabile l’attribuzione al terzo della titolarità di un diritto a poter pretendere egli stesso e direttamente dall’obbligato, l’esecuzione della prestazione promessa: con la conseguenza che il terzo, occorrendo, potrà agire in giudizio contro l’obbligato, indipendentemente dalle iniziative e dal comportamento dello stipulante.
Figure particolari di contratti a favore del terzo sono costituite dal contratto di assicurazione sulla vita a favore del terzo, dal contratto di trasporto di cose, dall’accollo, dalla rendita vitalizia a favore del terzo.
La disciplina fondamentale a favore del terzo è:

  1. il terzo acquista il diritto verso chi ha fatto la promessa, fin dal momento della stipulazione del contratto a suo favore (art.1411.2 c.c.), ma questo acquisto non è definitivo perché non può negarsi al terzo la facoltà di rinunziare al beneficio: è giusto che anche lo stipulante possa revocare o modificare la stipulazione a favore del terzo. Solo quando il terzo, esercitando il potere attribuitogli dalla legge, dichiari di volerne approfittare, la facoltà di revoca o di modificazioni è preclusa (art.1411.3 c.c.): se però la prestazione deve eseguirsi dopo la morte dello stipulante, la destinazione del beneficio non ha carattere definitivo e la revoca è sempre possibile, se lo stipulante non vi ha rinunziato (art.1412.1 c.c.);
  2. causa dell’acquisto del diritto a favore del terzo è il contratto a suo favore: perciò chi ha promesso la prestazione può opporre al terzo tutte le eccezioni fondate su questo contratto.

Capitolo 43: LA RESCISSIONE E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO

 

  1.   Rescissione del contratto concluso in istato di pericolo

 

La rescissione del contratto può chiedersi a) perché è stato concluso in istato di pericolo; b) per lesione.
Per poter sperimentare l’azione di rescissione di un contratto stipulato in condizioni di pericolo occorrono i seguenti presupposti:

  1. lo stato di pericolo in cui uno dei contraenti o altra persona si trovava, al quale il contraente stesso ha voluto ovviare la conclusione del contratto. Deve ricorrere un pericolo attuale di un danno grave alla persona, non è sufficiente un pericolo riguardante esclusivamente delle cose;
  2. l’iniquità delle condizioni a cui il contraente ha dovuto soggiacere (richiesta di somma esorbitante per effettuare il salvataggio).
  1.   L’azione generale di rescissione per lesione

 

Il c.c. ha voluto offrire un rimedio contro i contratti sinallagmatici nei quali vi sia una sproporzione abnorme tra le due prestazioni e vi ha provveduto con un’azione di carattere generale, esperibile rispetto a qualsiasi contratto.
Si richiedono:

  1. la lesione, ossia una sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra: la lesione deve essere tale che il valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata, risulti superiore al doppio del valore della controprestazione (art.1448.2 c.c.). La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta;
  2. lo stato di bisogno della parte danneggiata. Stato di bisogno significa difficoltà economica, tale da incidere sulla libera determinazione a contrarre e da funzionare come motivo dell’accettazione della sproporzione fra le prestazioni da parte del contraente danneggiato. Lo stato di pericolo implica, invece, una situazione più grave;
  3. l’approfittamento dello stato di bisogno della parte danneggiata.

Il contraente contro cui è proposta l’azione di rescissione può evitarla eliminando lo squilibrio che ne costituisce il fondamento, cioè offrendo un aumento della sua prestazione  o, comunque, una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità.
La rescissione non ha efficacia retroattiva: perciò non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salva l’applicazione dei principi sulla trascrizione della domanda (art.1452 c.c.).
L’azione si prescrive di regola, in un anno dalla conclusione del contratto.

  1.   L’azione di risoluzione per inadempimento

 

È prevista la risoluzione del contratto:

  1. per inadempimento; b) per impossibilità sopravvenuta; c) per eccessiva onerosità.

Difatti, di fronte all’inadempimento dell’altra parte, al contraente non inadempiente è lasciata (art.1453 c.c.) la facoltà di scegliere fra queste due vie: o insistere per l’adempimento degli accordi, chiedendo la c.d. manutenzione del contratto e quindi la condanna della controparte ad eseguire la prestazione non adempiuta, o esercitare il diritto potestativo di chiedere la risoluzione del contratto, ossia che il contratto venga sciolto e considerato come se non fosse mai stato stipulato. In entrambi i casi il contraente non inadempiente ha inoltre il diritto di pretendere il risarcimento dei danni subìti, che vanno però calcolati in modo ben diverso nelle due ipotesi.
Difatti, se egli insiste per la manutenzione del contratto, questo significa che l’adempimento della controparte è ancora possibile e che ci troviamo di fronte ad un semplice ritardo: perciò il contraente non inadempiente potrà pretendere sia l’esecuzione della prestazione originariamente dovuta, sia il risarcimento del danno che gli deriva dal ritardo nel conseguire l’adempimento e correlativamente sarà tenuto ad eseguire la controprestazione.
Quando, viceversa, il creditore non intende più restare vincolato dal contratto stipulato, di cui, pertanto, non solo non vuole la manutenzione, ma vuole lo scioglimento (risoluzione), il risarcimento cui ha diritto non si aggiunge al diritto nascente dal contratto, ma si sostituisce a quello, è perciò è commisurato non al semplice danno da ritardo, ma al pregiudizio che il contraente ha subìto per non aver ricevuto la prestazione promessa.
D’altra parte, una volta che sia stata chiesta la risoluzione, l’inadempiente non può più rimediare alla precedente violazione del contratto con una tardiva esecuzione della prestazione da lui dovuta (art.1453.3 c.c.).
Per ottenere la risoluzione occorre proporre una domanda giudiziale, e spetterà al giudice, in caso di contestazione, accertare se, veramente vi sia stato inadempimento del contratto e se di tale inadempimento sia responsabile il convenuto.
Inoltre il giudice, per dichiarare risolto il contratto, deve anche accertare che l’inadempimento non abbia scarsa importanza (art.1455 c.c.).
La risoluzione ha efficacia  retroattiva (art.1458 c.c.), il che significa che non soltanto il contratto risolto non produce più effetti per l’avvenire, ma che pure le prestazioni già eseguite devono essere restituite, salvo che per i contratti a esecuzione periodica.

  1.   La risoluzione del diritto

 

La risoluzione del contratto può intervenire non soltanto per effetto di una sentenza del giudice, ma anche di diritto, in tre casi espressamente regolati dal c.c.:

  1. clausola risolutiva espressa (art.1456 c.c.), con la quale le parti prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi automaticamente risolto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o comunque non venga eseguita rispettando le modalità pattuite. Quando in un contratto figura tale clausola, la risoluzione del contratto si verifica solo quando la parte non inadempiente comunichi all’altra parte che intende avvalersi della clausola risolutiva. Da quel momento un’offerta di adempimento tardivo può essere legittimamente rifiutata dal contraente che ha scelto la risoluzione, il quale, non potrebbe più cambiare la sua decisione e tornare a pretendere la manutenzione del contratto.
  2. Diffida ad adempiere (art.1454 c.c.). La parte non inadempiente diffida ad adempiere mediante una dichiarazione scritta, con la quale intima all’altro contraente di provvedere all’adempimento entro un termine congruo (che di regola non può essere inferiore a 15 gg.: art.1454.2 c.c.), con espressa avvertenza che, ove il termine fissato dovesse decorrere senza che si faccia luogo all’adempimento, il contratto, a partire da quel momento, si intenderà risolto.
  3. Termine essenziale (art.1457 c.c.). Il termine per l’adempimento di una prestazione si dice essenziale quando la prestazione diventa inutile per il creditore, qualora non venga eseguita entro il termine stabilito. La essenzialità del termine si dice oggettiva quando risulta dalla natura stessa della prestazione; si dice soggettiva quando dalle pattuizioni contrattuali risulti escluso l’interesse del creditore all’esecuzione della prestazione oltre il termine indicato.
  1.   Eccezione di inadempimento

 

Un altro rimedio, sempre nei contratti a prestazioni corrispettive, è offerto dalla legge nel caso d’inadempimento di una delle parti, se l’altra non ha ancora adempiuto la sua prestazione. Cioè, la parte tenuta ad adempiere successivamente può legittimamente rifiutare di eseguire la prestazione da lei dovuta, qualora l’altra parte non abbia ancora eseguito la propria.

  1.   Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti

 

A ciascun contraente è attribuita la facoltà di sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da porre in pericolo il conseguimento della controprestazione. Naturalmente, se viene prestata idonea garanzia, cessa il pericolo che la prestazione non sia conseguita e la prestazione non ha alcuna giustificazione.

  1.   La clausola del solve et repete

 

Una delle parti può assicurarsi, mediante un’apposita clausola (clausola solve et repete; art.1462 c.c.), una protezione ai fini dell’adempimento della prestazione ad essa dovuta. Può, cioè, essere stabilito che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta.
La clausola stabilisce dei limiti:

  1. essa non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto;
  2. il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può sospendere la condanna all’adempimento della prestazione.
  1.   La risoluzione per impossibilità sopravvenuta

 

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, estingue l’obbligazione. Se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile (impossibilità parziale), il corrispettivo è giustificato solo per la parte corrispondente e dev’essere ridotto. Se poi la prestazione che è residuata non offra un interesse apprezzabile per il creditore, egli può recedere dal contratto (art.1464 c.c.).
Per quanto riguarda i contratti ad effetti reali, occorre tener presente il momento in cui avviene il trasferimento della proprietà: se il perimento della cosa determinata avviene dopo che la proprietà è passata all’acquirente, è questi che deve sopportare il rischio. Egli è tenuto ugualmente a corrispondere la controprestazione stabilita (art.1465 c.c.), anche se non sia avvenuta la consegna.

333  La risoluzione per eccessiva onerosità

Il legislatore ha concesso un rimedio per il caso in cui fatti sopravvenuti straordinari ed imprevedibili rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, determinando un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra e che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la stipulazione dell’accordo e la sua esecuzione. È solo in questi limiti che si è accolta una clausola secondo la quale un accordo sarebbe vincolante solo a condizione che non si modifichino i rapporti di valore tra le prestazioni oggetto dello scambio.
La risoluzione per eccessiva onerosità non si applica ai contratti aleatori, per i quali è normale l’accettazione di un rischio particolare. Comunque, la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo (art.1467.3 c.c.) di modificare equamente le condizioni del contratto (offerta di riduzione di equità).

 

  1. I CONTRATTI TIPICI

 

Capitolo 44: PREMESSA

 

  1.   Raggruppamento dei contratti tipici

Il titolo 3° del libro 4° del c.c. contiene la disciplina dei contratti tipici ossia di quei contratti che sono stati specificatamente regolati dal legislatore. Non tutti i contratti sono però compresi in questo titolo.
L’ordine con cui questi contratti sono esaminati è:

  1. il principale contratto di scambio: la compravendita;
  2. gli altri contratti di scambio (permuta, contratti di borsa, riporto, contratto estimatorio, somministrazione);
  3. gli altri contratti di scambio (locazione, leasing, appalto, trasporto);
  4. i contratti di cooperazione nell’altrui attività giuridica (mandato, commissione, spedizione, agenzia, mediazione);
  5. i principali contratti reali (deposito, comodato e mutuo);
  6. i contratti bancari (deposito, apertura di credito, sconto, cassette di sicurezza);
  7. i contratti aleatori (rendita, assicurazioni, gioco e scommessa);
  8. i contratti diretti a costituire una garanzia (fideiussione e anticresi);
  9. i contratti diretti a dirimere una controversia (transazione e cessione dei beni ai creditori).
  1.   Vendite “porta a porta” o a “distanza”

Si parla di vendita “porta a porta”, di contratti a “distanza”, di contratti negoziati “fuori dai locali commerciali”, mediante i quali una persona fisica, agendo al di fuori della sua attività professionale, si procura beni o servizi da un fornitore professionista che opera a distanza. La tutela del consumatore si sostanzia per un verso nel diritto ad essere adeguatamente e preliminarmente informato su tutti gli aspetti di rilievo del contratto e sui poteri che gli spettano in proposito; e per altro verso in un diritto di recesso esercitabile, incondizionatamente e senza subire perdite di sorta, entro 10 gg. dalla stipulazione del contratto.
Capitolo 45: LA COMPRAVENDITA

 

  1.   Definizione

La vendita viene attuata:

  1. o dal produttore che può collocare sul mercato la propria produzione e direttamente presso i consumatori o presso i rivenditori (commercianti);
  2. o da un intermediario nella circolazione dei beni (art.2195.1.2 c.c.), che può a sua volta attuare il commercio direttamente presso il pubblico, oppure tramite altri rivenditori (commercio all’ingrosso);
  3. o da un venditore non professionale, che dispone del cespite (auto, tv..) non nell’esercizio di un’attività continuativa, ma con carattere di occasionalità e con riguardo, di regola, a beni già usati.

La compravendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo che è elemento essenziale della vendita e consiste in un corrispettivo in danaro.
La vendita è un contratto consensuale: per il suo perfezionamento non occorre la consegna della cosa, che, invece, costituisce una delle obbligazioni del venditore. La vendita è un contratto ad effetti reali, cioè la proprietà o il diritto oggetto dello scambio si trasmettono automaticamente per effetto del consenso delle parti.
Il prezzo deve essere determinato o determinabile: in difetto il contratto è nullo.

  1.   Promessa di vendita, opzione, prelazione

 

Nel preliminare di vendita le parti non trasferiscono ancora il diritto oggetto dell’accordo, né si impegnano al pagamento del prezzo, ma si limitano ad obbligarsi a stipulare successivamente la vendita (contratto definitivo), al verificarsi di una condizione o allo scadere di un termine. Solo con la stipulazione della vendita si verificheranno gli effetti tipici di questo contratto, mentre dal preliminare derivano soltanto effetti obbligatori e non il trasferimento del diritto.
Quando invece le parti hanno pattuito un’opzione di vendita, il beneficiario non ha più bisogno dl consenso della controparte e può perfezionare la vendita con una sua dichiarazione unilaterale di accettazione delle condizioni contrattuali fissate nell’opzione.
Molto frequente, infine, è la concessione di una prelazione per l’acquisto di un bene. La violazione di quest’obbligo non comporta nessuna conseguenza per la controparte acquirente, ma obbliga l’inadempiente al risarcimento dei danni.

  1.   Vendita ad effetti reali e vendita obbligatoria

 

La vendita ha di regola effetti reali, ossia produce, in virtù del consenso, il trasferimento della proprietà della cosa o, in genere, del diritto oggetto della vendita. In alcune ipotesi, peraltro, questo effetto non può immediatamente realizzarsi e il contratto ha, quindi, efficacia obbligatoria. Le figure più importanti di vendita obbligatoria sono:

  1. la vendita alternativa, in cui il trasferimento non si verifica se non quando sia stata effettuata la scelta tra le due o più cose dedotte in obbligazione;
  2. la vendita di cosa futura;
  3. la vendita di cose generiche (benzina, stoffa, grano);
  4. la vendita di cose altrui: questa non è né nulla né annullabile.
  1.   Forma e pubblicità della vendita

 

La vendita di beni immobili deve farsi per atto scritto ed è soggetta a trascrizione. A questa pubblicità soggiace anche la vendita di beni mobili registrati.

340  Obbligazioni del venditore

Le obbligazioni principali del venditore sono:

  1. fare acquistare al compratore la proprietà della cosa  o la titolarità del diritto oggetto dello scambio;
  2. consegnare la cosa al compratore: la consegna deve avvenire nel tempo e nel luogo fissati dal contratto. In mancanza di pattuizione essa deve essere fatta appena è avvenuto il trasferimento del diritto e nel luogo in cui la cosa si trovava quando l’obbligazione è sorta;
  3. garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

341  La garanzia per evizione

Al riguardo vanno distinte due ipotesi:

  1. Evizione totale. Per evizione si allude alla situazione del compratore che sia rimasto soccombente nel giudizio istaurato contro di lui da un terzo che pretende di essere il proprietario del bene e che riesce a far condannare il compratore a consegnargli la cosa. Costituiscono evizione per il compratore pure l’espropriazione forzata del bene o la sua espropriazione per causa di pubblica utilità, ovvero un ordine di distruzione della cosa. Il compratore convenuto in giudizio da un terzo che vanti dei diritti sul bene ha l’onere di chiamare in causa il venditore, in quanto quest’ultimo può essere in grado di fornire le prove necessarie per dimostrare che l’azione intentata dal terzo è infondata. Se il compratore subisce l’evizione ha diritto di pretendere dal venditore la restituzione del prezzo e delle spese subìte ed ha altresì diritto al risarcimento dei danni se ignorava l’altruità della cosa.
  2. Evizione parziale. In questo caso, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto qualora debba ritenersi che non avrebbe acquistato la cosa senza la parte per la quale ha subìto l’evizione; altrimenti può ottenere solo una riduzione del prezzo, salva in ogni caso l’azione per il risarcimento dei danni qualora ignorasse l’altruità parziale della cosa.
  3. Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi. Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto, qualora debba ritenersi che non avrebbe acquistato la cosa se ne fosse stato a conoscenza, oppure una riduzione del prezzo, oltre al diritto al risarcimento dei danni.

342  La garanzia per i vizi

Vizi di una cosa sono le imperfezioni o alterazioni del bene, dovute alla sua produzione o alla sua conservazione. Il compratore non ha diritto di protestare per qualsiasi difetto della cosa acquistata. Il venditore è tenuto alla garanzia quando i vizi siano tali da rendere il bene inidoneo all’uso a cui è destinato o quanto meno da diminuire in modo apprezzabile il valore. La garanzia non è dovuta se, al momento del contratto, il compratore, trattandosi di vendita di cosa specifica, conosceva i vizi della cosa o si trattava di vizi facilmente riconoscibili.
Il compratore, peraltro, se intende far valere la garanzia cui il venditore è tenuto, ha l’onere di denunciare l’esistenza dei vizi entro 8 gg., che decorrono dalla consegna se si tratta di vizi apparenti o dalla scoperta se si tratta di vizi occulti.
Il vizio si dice apparente quando, con un esame diretto della cosa condotto con criteri di diligenza, avrebbe dovuto accorgersene.
Ove ricorrano i requisiti indicati, il compratore ha diritto di chiedere, a sua scelta, o la risoluzione del contratto, restituendo il bene e facendosi restituire il prezzo pagato o liberandosi dall’obbligo di pagarlo, ovvero la riduzione del prezzo, salvo in ogni caso il diritto al risarcimento del danno, a meno che il venditore provi di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.
L’azione del compratore è soggetta ad un termine di prescrizione di un anno, che decorre dal momento della consegna.
Identica tutela spetta al compratore qualora la cosa venduta non abbia le qualità promesse, ossia garantite dal venditore al momento della conclusione del contratto.

343  Le obbligazioni del compratore 

L’obbligazione principale del compratore consiste nel dovere di pagare il prezzo pattuito (art.1498 c.c.) nel termine e nel luogo fissati dal contratto. Di regola il prezzo è oggetto di libero negoziato tra le parti, che di solito, concordano per il prezzo di mercato. Le parti possono anche affidare la determinazione del prezzo ad un terzo eletto nel contratto o da eleggere posteriormente. Sarebbe nulla, per mancanza di un elemento essenziale, la vendita in cui il prezzo non sia stato né espressamente né implicitamente determinato.

344  La vendita con patto di riscatto 

La vendita con patto di riscatto (artt.1500-1509 c.c.) è una vendita sottoposta a condizione risolutiva potestativa: il venditore si riserva il diritto di riavere la cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge. Vi si ricorre di solito quando il venditore è indotto a vendere per realizzare denaro liquido, ma spera di poter, entro un certo termine, avere la somma necessaria per farsi restituire la cosa venduta. La vendita produce i suoi effetti, ma questi si eliminano se il venditore dichiara di voler riscattare la cosa venduta. Basta questa dichiarazione a far rientrare la cosa nel patrimonio del venditore. L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un breve termine di decadenza (art.1501 c.c.).

  1. Vendita di cose mobili

 

Dal 1° dicembre 1988 è entrata in vigore anche in Italia la “Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili”, che detta una disciplina internazionale uniforme, applicabile a tutti i casi in cui siano compravendute merci tra le parti “le cui sedi di affari si trovano in Stati differenti”.
Nella vendita mobiliare ricorre spesso il patto volto a garantire al compratore “il buon funzionamento” della cosa venduta e a garantire la presenza nelle cose vendute delle qualità desiderate dal compratore.
Figure particolari di vendite mobiliari sono:

  1. la vendita con riserva di gradimento (art.1520 c.c.);
  2. la vendita a prova, nella quale la cosa venduta debba avere le qualità pattuite o sia idonea all’uso a cui era destinata (art.1521 c.c.);
  3. la vendita su campione;
  4. la vendita su documenti che attribuiscono a chi li possiede il diritto ad ottenere la consegna delle cose stesse dal detentore ed il potere di disposizione su di esse;
  5. vendita cif (cost, insurance, freight). Cioè, la somma pagata dal compratore comprende il prezzo vero e proprio della merce (cost), le spese di assicurazione (insurance) e del trasporto (freight);
  6. vendita fob (franco stazione partenza): il venditore si assume, oltre le spese per portare la cosa fino a mezzo di trasporto, anche quelle per il caricamento su tale mezzo;
  7.  la vendita a termine di titoli di credito che trova frequente applicazione nelle contrattazioni che avvengono in borsa.

346  Vendita di valori mobiliari

Quotidianamente si scambiano titoli di Stato, azioni e quote di s.p.a., titoli obbligazionari, quote di fondi di investimento, ecc.., per ammontari di grande rilievo. È prassi diffusa, per le cessioni di pacchetti azionari rilevanti per il controllo di una s.p.a., accompagnare la vendita con patti di garanzia in ordine al patrimonio sociale di cui la società emittente è titolare.

  1. Vendita con riserva di proprietà

 
Nella vendita a rate le parti stabiliscono  che il prezzo debba essere pagato frazionatamente entro un certo tempo e che la proprietà passi al compratore solo quando sarà pagata l’ultima rata del prezzo stesso (art.1523 c.c.). Chi compra a rate non può alienare la cosa fin quando non ne ha acquistato la proprietà.

  1.   Vendita immobiliare

 

La vendita di immoli deve farsi per iscritto (art.1350 c.c.) ed è soggetta a trascrizione (art.2643.1 c.c.). si distinguono, in relazione alla determinazione del prezzo, la vendita a misura, in cui il prezzo è stabilito in proporzione delle unità di misura (tanto a mt quadrato o a mt cubo), e la vendita a corpo, in cui l’immobile è venduto per un prezzo globale.

Capitolo 46: GLI ALTRI CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT DES

 

  1.   La permuta

La permuta differisce dalla vendita in quanto lo scambio non è caratterizzato dall’intervento di un prezzo, ma ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o della titolarità di altri diritti (art.1552 c.c.).

350  I contratti di borsa

Attualmente la Borsa è affidata alla gestione della Borsa italiana s.p.a., società di diritto privato. Ferme le responsabilità di controllo e vigilanza attribuite alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), si è attuato un sistema di autoregolamentazione, in quanto la società di gestione della Borsa ha approvato l’organizzazione e la gestione del mercato con proprio regolamento, sia pure soggetto all’approvazione della Consob. Su questi mercati possono operare solo intermediari specializzati (agenti di cambio…). Con i contratti di borsa si trasferiscono dagli alienanti agli acquirenti titoli di serie, e quindi cose generiche, la cui proprietà passa all’acquirente solo al momento della consegna. Si distinguono contratti “per contanti”, ”a termine” e “ premio”.
Di particolare importanza è il divieto del c.d. insider trading ossia di uno sfruttamento abusivo, con vantaggi personali, di notizie riservate che una persona conosca ed utilizzi per anticipare i movimenti di mercato che si può prevedere avverranno nel momento in cui quelle notizie diverranno pubbliche

351  Il riporto

Con il riporto una persona (riportato) trasferisce all’altro contraente (riportatore) la proprietà di una data quantità di titoli di credito di massa contro contestuale pagamento di un prezzo; al tempo stesso, il riportatore si obbliga a trasferire al riportato, alla scadenza del termine fissato nell’accordo iniziale, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie contro rimborso del prezzo, che però può essere, a seconda del patto, maggiore di quanto a suo tempo ricevuto (ipotesi normale) o inferiore (deporto), oppure uguale riporto alla pari) (art.1548 c.c.).
Il riporto proroga consiste invece, nella proroga dell’esecuzione di un contratto a termine (art.1335 c.c.): non potendosi o non volendosi far luogo alla consegna dei titoli, il compratore, che li dovrebbe ricevere, concorda il rinvio della consegna dando a riporto all’altra parte quei titoli che questa gli dovrebbe consegnare.

352  Il contratto estimatorio 

Con il contratto estimatorio, una parte (tradens) consegna una o più cose mobili all’altra (accipiens), che si obbliga a pagare il prezzo, con la facoltà però di liberarsi da tale obbligazione restituendo la cosa nel termine stabilito. Il trasferimento della proprietà avviene al momento del pagamento del prezzo: tuttavia, per effetto della consegna, il tradens perde la disponibilità della cosa che può essere legittimamente venduta all’accipiens, sul quale peraltro grava il rischio inerente al perimento della cosa stessa.

353  La somministrazione

La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire a favore dell’altra prestazioni periodiche di cose (art.1559 c.c.). Esso dà luogo ad una pluralità di prestazioni. Poiché queste prestazioni non devono compiersi in un unico momento, ma ad intervalli periodici di tempo, la somministrazione è un contratto di durata.

Capitolo 47: I CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT FACIAS

 

354  La locazione

La locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far utilizzare ad un altro soggetto (affittuario) una cosa per un dato tempo, in cambio di un corrispettivo. Per il c.c. il contratto di locazione:

  1. può essere a tempo determinato o non; in questo secondo caso ciascuna della parti può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dandone disdetta con preavviso;
  2. l’alienazione del bene locato non determina lo scioglimento del contratto, purchè la locazione abbia data certa anteriore al trasferimento;
  3. il licatore ha l’obbligo di consegnare e di mantenere la cosa in stato da servire all’uso convenuto, provvedendo a far eseguire tutte le riparazioni necessarie, eccetto quelle di piccola manutenzione che sono a carico dell’affittuario;
  4. l’affittuario ha l’obbligo di servirsi della cosa secondo l’uso pattuito e con la diligenza del buon padre di famiglia;
  5. salvo patto contrario l’affittuario ha la facoltà di sublocare il bene, ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore.

355  La locazione di immobili urbani

La legge 9/12/98 n°431 distingue tra contratti liberi e contratti tipo. Per i primi la determinazione del canone e della relativa dinamica nel tempo (aumenti periodici) è interamente lasciata alla libera negoziazione delle parti, ferma una durata minima quadriennale del contratto, con previsione vincolante di rinnovo alla scadenza un eguale ulteriore periodo. Per i secondi, invece, le parti aderiscono, beneficiando di sgravi fiscali, ad un contratto tipo le cui condizioni sono fissate mediante accordi stipulati in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori (affittuari) maggiormente rappresentative, sulla base di indicazioni contenute in una Convenzione nazionale da promuovere a cura del Ministro dei lavori pubblici. Per questo tipo di contratti la durata non può essere inferiore a 3 anni, con proroga di diritto per altri 2 anni, ove alla scadenza le parti non si accordino sul rinnovo del contratto.
Per le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione: principi importanti:

  1. la durata della locazione di immobili adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali, turistiche o professionali non può essere inferiore a 6 anni, a 9 anni se adibiti ad attività alberghiera;
  2. il conduttore può recedere dal contratto anche prima della scadenza ove ricorrano gravi motivi;
  3. il contratto si rinnova tacitamente alla sua scadenza per un ulteriore identico periodo;
  4. il conduttore può sia sublocare l’immobile che cedere il contratto di locazione a terzi senza bisogno del consenso del locatore, purchè venga insieme ceduta o locata l’azienda;
  5. il canone iniziale di locazione può essere liberamente determinato dalle parti, ma per gli anni successivi gli aumenti sono sottratti alla disponibilità delle parti e sono consentiti dalla legge con frequenza annuale nel limite del 75% della variazione dell’indice dei prezzi al consumo;
  6. in caso di cessazione del rapporto che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento del conduttore o a suo recesso, a quest’ultimo è dovuta una indennità per la perdita dell’avviamento;
  7. nel caso in cui il locatore intenda vendere l’immobile locato il conduttore ha un diritto di prelazione per l’acquisto.

356  Il leasing

Col leasing o locazione finanziaria, l’utilizzatore, avendo bisogno di un bene, anziché chiedere in prestito il danaro necessario per l’acquisto, si rivolge ad un intermediario specializzato chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore, o di farlo costruire dal produttore, per poi darlo in godimento temporaneo allo stesso utilizzatore contro pagamento di un canone periodico. Essenziale al leasing, è l’opzione a favore del concessionario ad acquistare il bene, alla scadenza del contratto, per un prezzo residuo finale; altrimenti può restituire il bene oggetto del contratto o chiedere una proroga del contratto, proseguendo il pagamento dei canoni.
Diverso dal leasing è il contratto di leaseback: il proprietario di un bene (di solito un immobile) lo aliena ad una finanziaria, che però lo lascia in godimento all’alienante, contro pagamento di un canone per il periodo fissato, e con la facoltà per il concessionario, alla scadenza, di riacquistare la proprietà con il pagamento di un prezzo finale, ovvero di prorogare il godimento continuando a pagare i canoni per un ulteriore periodo, oppure ancora di consegnare definitivamente il bene al concedente.

357 L’appalto

L’appalto è il contratto con il quale un committente affida ad un appaltatore o il compimento di un’opera o lo svolgimento di un servizio, verso un corrispettivo in danaro (art.1655 c.c.). Gli appalti si distinguono in privati e pubblici. Caratteristica dell’appalto è la gestione a rischio dell’appaltatore, il quale deve provvedere ad organizzare tutti i mezzi necessari per l’esecuzione del contratto. L’oggetto dell’appalto deve essere determinato o determinabile. Il corrispettivo può essere stabilito o a forfait, per tutta l’opera nel suo complesso, o a misura (tanto al mt quadro…). Se le parti non hanno fissato il corrispettivo né hanno determinato i criteri per calcolarlo, il compenso va stabilito con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi, o, in mancanza, deve essere determinato dal giudice. L’appaltatore ha anche diritto ad un ulteriore compenso se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano più onerosa la prestazione dell’appaltatore. Ultimati i lavori, il committente ha diritto di verificare l’opera compiuta. La verifica si chiama collaudo. L’appaltatore è tenuto a garantire il committente per eventuali vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e i vizi erano da lui conosciuti; se invece non ha accettato l’opera  o se i vizi erano occulti, il committente ha l’onere di denunciare i vizi entro 60 gg. dalla scoperta. Il committente ha diritto che l’appaltatore elimini a sue spese i vizi oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito.
Frequente è la stipulazione di subappalti (art.1656 c.c.), sebbene il subappalto richieda una specifica autorizzazione da parte del committente.

358  La subfornitura

La subfornitura consiste nell’affidamento da parte di imprese più grandi, della predisposizione di talune parti di un prodotto finale o dello svolgimento di talune fasi di un processo produttivo, donde la dipendenza del subfornitore dalle direttive impartite dall’impresa committente. La disciplina si concreta prevalentemente:

  1. nell’obbligatorietà della forma scritta ad substantiam per la valida stipulazione del contratto, al fine di assicurare certezza e trasparenza al rapporto;
  2. il committente non può dilazionare il pagamento del corrispettivo per un termine superiore a 60gg.ed in caso di ritardo si applicano a suo carico interessi moratori nella misura del tasso ufficiale di sconto maggiorato del 5%;
  3. è vietato ogni eventuale abuso dello stato di dipendenza economica in cui possa trovarsi l’impresa subfornitrice.

359  Il contratto di trasporto

Con il contratto di trasporto, una parte (vettore) si obbliga verso corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo all’altro. Distinguiamo il trasporto terrestre, il trasporto per acqua e il trasporto per aria.
Ad evitare abusi e per assicurare il servizio alla generalità del pubblico, sono stabiliti a carico delle imprese concessionarie due obblighi:  

  1. quello di contrarre chiunque ne faccia richiesta;
  2. quello di osservare la parità di trattamento secondo le condizioni stabilite nell’atto di concessione.

La differenza fondamentale che sussiste tra il trasporto di persone e quello di cose è: nel trasporto di cose queste sono affidate al vettore, che ha l’obbligo di provvedere alla custodia di esse durante il trasporto; nel trasporto di persone manca invece, questo affidamento perché in tal caso si parla di esseri umani dotti di intelligenza, i quali devono cooperare con il vettore sia per evitare danni a sé stessi sia per lo stesso buon esito del viaggio. Le cose che il viaggiatore porta con sé durante il viaggio, siccome restano nella sua sfera di detenzione, non formano oggetto di affidamento al vettore, il quale non ha l’obbligo della custodia.

 

Capitolo 48: I CONTRATTI DI COOPERAZIONE NELL’ALTRUI ATTIVITA’ GIURIDICA

 

360  Il mandato

Il mandato è il contratto con cui una parte (mandatario) assume l’obbligo di compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte (mandante) (art.1703 c.c.). Il mandato può essere con rappresentanza (gli effetti giuridici degli atti compiuti dal mandatario si verificano direttamente in capo al mandante) o senza rappresentanza (il mandatario agisce in nome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal negozio e i terzi non hanno rapporto con il mandante. Il mandatario ha poi l’obbligo di trasferire con un successivo negozio al mandante il diritto acquistato in norme proprio, ma nell’interesse del mandante). Il mandato senza rappresentanza è applicato dalla legge solo per gli immobili o i beni mobili iscritti in pubblici registri: il mandatario che li abbia acquistati in nome proprio, ma nell’interesse del mandante, ne diventa proprietario, ma ha l’obbligo di ritrasferirne  la proprietà al mandante; in caso di inadempimento di quest’obbligo, si applicano gli stessi principi che vigono nell’ipotesi di inadempimento del contratto preliminare: il mandante può chiedere che il giudice attui il trasferimento mediante sentenza costitutiva. Se il bene mobile è acquistato, sì, nel nome del mandatario, ma nell’interesse del mandante, a quest’ultimo è concesso di rivendicare i beni stessi, se non gli sono stati trasferiti dal mandatario, sia contro il mandatario, sia contro i terzi. Naturalmente, ove nel frattempo il mandatario abbia già alienato ad un terzo, che abbia acquistato in buona fede e sia entrato in possesso dei beni, si applica il principio stabilito dall’art.1153 c.c.: la rivendicazione del mandante non può perciò essere accolta.
Il trasferimento degli immobili esige la forma scritta ad substantiam, ed è soggetto, per la tutela dei terzi, a pubblicità (trascrizione); perciò la proprietà non può essere attribuita al mandante senza un nuovo atto scritto di trasferimento da sottoporsi a pubblicità. Nessun ostacolo si oppone, invece, all’acquisto immediato della proprietà dei beni mobili a favore del mandante: occorre solo proteggere la buona fede dei terzi subacquirenti e per questo è sufficiente l’applicazione della regola generale “possesso vale titolo”.
Per quanto riguarda i crediti nascenti dal rapporto posto in essere dal mandatario, il mandante può esercitare i diritti nascenti dal rapporto obbligatorio sostituendosi al mandatario.
Il mandato si dice collettivo, se è conferito ad una stessa persona da più mandanti per un interesse comune a questi ultimi; congiuntivo, se è conferito a più mandatari, perché attendano congiuntivamente ad un medesimo affare. Il mandato si presume oneroso. L’obbligo fondamentale del mandatario consiste nell’eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia. Il mandante dal suo canto, è tenuto a fornirgli i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, a rimborsargli le spese, a pagargli il compenso, e a risarcirgli i danni che questi abbia subìto a causa dell’incarico. La morte, l’interdizione o l’inabilitazione del mandante o del mandatario, determinano l’estinzione del mandato tranne che si tratti di mandato conferito nell’interesse del mandatario o di un terzo. L’estinzione può verificarsi anche per dichiarazione unilaterale del mandante (revoca) o del mandatario (rinunzia), comunicata all’altra parte (dichiarazione recettizia). La revoca può essere espressa o tacita. Essa non è ammessa se il mandato è conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi. Quando il mandato si estingue per rinunzia del mandatario, salvo l’obbligo di corrispondere i danni, se la rinuncia non è fondata su giusta causa, oppure se, trattandosi di mandato a tempo indeterminato, non è preceduta da congruo preavviso.

361  Gestioni patrimoniali  

Anche in Italia si è diffusa l’attività della gestione del risparmio. Vale a dire che i risparmiatori, anziché provvedere in proprio alla gestione dei propri risparmi, si rivolgono a imprese specializzate, affidando a queste il frutto dei propri risparmi affinchè vengano gestiti nel modo migliore, con diritto di recuperare in qualsiasi momento, in tutto o in parte, le liquidità di loro pertinenza. Il contratto deve essere redatto in forma scritta ed un esemplare deve essere consegnato al cliente che può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere e può recedere in ogni momento dal contratto.

362  La commissione

La commissione è un mandato senza rappresentanza, che ha per oggetto l’acquisto e la vendita di beni per conto di una parte (committente), e in nome dell’altra (commissionario) (art.1731 c.c.).
A questo contratto si applicano le regole generali per il mandato senza rappresentanza.
Il compenso che spetta al commissionario si chiama provvigione. Se il commissionario assume verso il committente la garanzia del buon esito dell’affare, ossia risponde con il proprio patrimonio nel caso le persone con le quali ha concluso il contratto siano inadempienti, si dice che egli è tenuto allo “star del credere” ed ha diritto ad una maggiore provvigione.

363  Il contratto di spedizione 

Il contratto di spedizione è un mandato senza rappresentanza. Con esso, una parte (spedizioniere) assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie (imballaggio, presa a domicilio, assicurazione…).

364  Il contratto di agenzia
Con il contratto di agenzia, un’impresa affida ad un agente l’incarico, con carattere di stabilità, di promuovere, nella zona assegnatagli, la stipulazione di contratti con i terzi relativi ai prodotti del preponente. L’agente, pertanto, non provvede a stipulare lui direttamente i contratti con i clienti per conto dell’imprenditore, ma si limita a trasmettere a quest’ultimo gli ordini che raccoglie nella sua zona, e che il preponente, peraltro, è libero di accettare o meno. Talvolta all’agente viene conferito anche un potere di rappresentanza dell’imprenditore: nel qual caso, più che di agente si parla di rappresentante di commercio. Di regola, la retribuzione dell’agente è calcolata a “provvigione” sugli affari conclusi per suo tramite. L’agente sopporta in proprio tutte le spese per la propria organizzazione. Non è raro che il ruolo di agente sia svolto non da una persona fisica, ma da una società.
Di regola per l’agenzia vale, a favore e a carico di entrambe le parti, una esclusiva (art.1743 c.c.), sia nel senso che l’agente non può assumere incarichi per più imprese in concorrenza tra loro, sia nel senso che l’imprenditore non può nominare altri agente nella zona assegnata ad un agente e deve corrispondere a questo la provvigione anche per gli affari che l’impresa abbia concluso direttamente, senza l’intervento dell’agente, purchè debbano essere eseguiti nella zona assegnata a quest’ultimo.
Il contratto di agenzia può essere stipulato a tempo determinato o a tempo indeterminato.

365  Il franchising   
E’ a tutti noto il fenomeno delle catene di negozi, composte da una molteplicità di imprese commerciali di vendita al dettaglio che distribuiscono esclusivamente i prodotti di un determinato produttore (contrassegnati da un certo marchio), che adottano gli stessi segni distintivi (ditta, insegna) e sono tra loro spesso identici anche nell’arredamento dei locali. Tali catene sono, nella quasi totalità dei casi, costituite mediante contratti di franchising. I negozi non appartengono al produttore dei beni, e coloro che li gestiscono non sono suoi dipendenti. Si tratta, invece, di autonomi imprenditori commerciali, i quali, stipulando un contratto di franchising, sono entrati nella catena, acquistando il privilegio di vendere i beni di un determinato produttore, utilizzando il suo marchio e esponendo la sua insegna. Il franchising, in sostanza, si presenta come un contratto a prestazioni corrispettive, con cui un imprenditore (un produttore di beni di consumo detto franchisor) attribuisce ad un altro imprenditore (commerciante affiliato detto franchisee), il diritto di vendere i suoi prodotti, usando il suo marchio e i suoi segni distintivi, e gli fornisce un’assistenza commerciale sia per avviare l’unità di vendita che per tutta la successiva durata del contratto. in cambio, la controparte deve pagare un corrispettivo all’atto della stipulazione del contratto con il quale entra nella catena ed un canone periodico.

La mediazione
Carattere fondamentale della mediazione è l’intervento di una persona (o di un’agenzia) estranea alle parti (il mediatore) che, pur non essendo legato a nessuna di esse da rapporti di collaborazione o di dipendenza, le mette in relazione tra loro per provocare o agevolare la conclusione di un affare (art.1754 c.c.). Il legislatore ha istituito un apposito ruolo, al quale sono tenuti ad iscriversi quanti intendono svolgere attività di mediazione, anche se in modo discontinuo ed occasionale; e solo chi sia scritto in tale ruolo ha diritto a percepire la provvigione. Anche le società di mediazione devono essere iscritte a ruolo, nel quale devono iscriversi pure il rappresentante legale della società e quanti svolgono per conto di questa attività di mediazione. La legge in questione non si applica agli agenti di cambio, ai mediatori marittimi, agli intermediari nei servizi turistici e assicurativi. Il mediatore ha diritto ad una provvigione da entrambe le parti, anche se abbia agito per incarico di una sola di esse, ma la provvigione gli spetta solo se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la ripartizione di essa tra le parti, ove non sia fissata pattizialmente, può essere desunta da tariffe professionali, dagli usi o dal giudice.
Capitolo 49: I PRINCIPALI CONTRATTI REALI

 

  1. Il deposito regolare

Il deposito è il contratto reale con il quale una parte (depositario) riceve dall’altra (depositante) un cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura, quando il depositante gliela richiede (es. il deposito del bagaglio presso la stazione; art.1766 c.c.). Il depositario detiene la cosa solo nel mio interesse e non ne può disporre e nemmeno servirsene. Se l’alienasse, si renderebbe responsabile del delitto di appropriazione indebita. Il deposito si presume gratuito. Il depositario non può pretendere che il depositante provi di essere proprietario della cosa.
Altra figura peculiare del deposito è il sequestro convenzionale che ha luogo quando v’è controversia tra due o più persone circa la proprietà di una cosa; fin quando la controversia non sarà decisa, la cosa resta affidata ad un terzo perché la custodisca e la restituisca a quella cui spetterà quando la controversia sarà decisa. Dato che questo è difficile da verificarsi, si ricorre al sequestro giudiziario.

368  Il deposito irregolare

Il deposito irregolare ha per oggetto una quantità di danaro o altre cose fungibili, delle quali viene concessa al depositario la facoltà di servirsi. Il depositario acquista allora la proprietà delle cose e può farne quel che crede; egli è tenuto a restituire non le stesse cose, ma la stessa quantità di esse. Se depositaria è una banca e il deposito irregolare ha per oggetto una somma di danaro, si ha il deposito bancario.

  1.   Il deposito nei magazzini generali

 

Una figura caratteristica di deposito è il deposito nei magazzini generali o nei depositi franchi (artt.1787-1797 c.c.). I magazzini generali sono locali in cui i commercianti possono depositare le merci; l’impresa che li gestisce provvede verso compenso alla custodia ed alla conservazione. I depositanti traggono quest’utilità da questo tipo di deposito: su loro richiesta vengono rilasciati titoli che rappresentano le merci (fedi di deposito e note di pegno o warrant). Trasferendo la fede di deposito, il commerciante trasferisce la proprietà della merce, senza bisogno di spostarla dal magazzino; con la nota di pegno riesce ad avere sovvenzioni costituendo un pegno sulla merce che rimane nel magazzino.
I depositi franchi sono una sottospecie dei magazzini generali: la merce ivi depositata è franca, esente da dogana.

370  Il comodato

Il comodato è il contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinchè questa se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta, ma senza essere tenuta a pagare alcun corrispettivo. Solo le cose inconsumabili possono formare oggetto del comodato, non le cose consumabili.
Il comodato è un contratto essenzialmente gratuito (art.1803 c.c.), altrimenti diventerebbe un contratto di locazione. Peraltro il requisito della gratuità del comodato non viene meno se non sono poste a carico del comodatario prestazioni accessorie, purchè non siano tali da assumere il carattere di un vero corrispettivo.

371  Il mutuo

Il mutuo è il contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinata quantità di danaro, o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (art.1813 c.c.). Il mutuo si presume oneroso: salva diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Se le parti non hanno pattuito il tasso di interesse dovuto, si applica il tasso legale.

 

Capitolo 50: I CONTRATTI BANCARI

 

  1. Le operazioni di banca

Le banche sono imprese che esercitano l’attività bancaria. Per attività bancaria si intende la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito. Le banche possono operare solo se abbiano ottenuto l’autorizzazione e siano state iscritte nell’apposito Albo, curato dalla Banca d’Italia.
La normativa comunitaria ha stabilito il principio del c.d. “mutuo riconoscimento”, vale a dire che le banche dei Paesi della Comunità, una volta ottenuta l’autorizzazione ad operare nel Paese d’origine, sono automaticamente autorizzate ad operare in tutto il territorio della CEE senza bisogno di alcun’altra autorizzazione.
Le banche svolgono anche numerose altre attività, direttamente o tramite partecipazioni in società controllate, quali il leasing finanziario, il factoring, servizi di pagamento, emissioni di assegni, cambiali...
Le operazioni bancarie si distinguono in operazioni passive, con cui le banche si indebitano verso la clientela raccogliendo fondi, operazioni attive, con cui le banche diventano creditrici dei clienti cui concedono finanziamenti, ed operazioni accessorie, che consistono nei servizi che le banche prestano utilizzando la propria organizzazione (trasferimento di fondi, acquisto e custodia di titoli…).
Le banche sono tenute alla pubblicità nei locali ove svolgono la loro attività, a tutti gli elementi di costo dei servizi e prodotti offerti alla clientela, mentre i singoli contratti devono essere stipulati per iscritto (consegnandone copia al cliente).

  1.   Il deposito bancario

 

Il deposito bancario costituisce la tipica operazione bancaria passiva e rappresenta lo strumento tradizionale di raccolta del risparmio, essenziale per lo svolgimento della funzione di intermediazione che le banche assolvono. Di regola il deposito è remunerato dalla banca, con un riconoscimento di interessi a favore del depositante.
Per lo più il rapporto è regolato in c/c, consentendo al cliente prelievi e versamenti in qualsiasi momento, nonché l’utilizzo di assegni bancari.
A richiesta del cliente la banca rilascia al depositante un libretto, sul quale si annotano tutti i versamenti e i prelevamenti. I libretti di risparmio possono essere nominativi se vengono intestati ad una o più persone; al portatore se il depositante preferisce che possano risultare legittimati ad operare anche altre persone. La normativa contro il riciclaggio ha comportato che il saldo dei libretti di risparmio al portatore non può essere superiore a 20 milioni.

  1.   I prestiti alla clientela 

 

Con il danaro raccolto le banche provvedono a concedere prestiti alla clientela.
Le forme tecniche con cui possono essere concessi affidamenti sono: l’apertura di credito, l’anticipazione bancaria, lo sconto.
L’apertura di credito è il contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’affidato, per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato, l’importo pattuito, con diritto dell’altra parte, di ritirare o no, in tutto o in parte, le somme poste a sua disposizione e di procedere successivamente con piena libertà a prelievi e versamenti in c/c, sempre nei limiti di quanto la banca gli ha accordato.
L’anticipazione bancaria va distinta dall’apertura di credito per la circostanza che nell’anticipazione bancaria il prestito è sempre accompagnato dall’accensione di un pegno a favore della banca su titoli o merci. Il pegno costituito a garanzia dell’anticipazione bancaria può essere regolare o irregolare; è regolare e, pertanto, la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, se essa ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate; è irregolare se manca l’individuazione delle cose consegnate oppure è stata conferita alla banca la facoltà di disporne. In questa seconda ipotesi, la banca acquista la proprietà delle cose ricevute in pegno e deve restituire solo la somma o la parte delle merci che eccedono l’ammontare dei crediti garantiti.

  1.   Sconto

 

Lo sconto è il contratto con il quale la banca, alla quale viene ceduto il credito non ancora scaduto che il cliente ha verso terzi, anticipa a quest’ultimo l’importo del credito. Lo sconto, pertanto, è una cessione di credito contro corrispettivo.
La cessione avviene pro solvendo, per cui, se il debitore non paga alla scadenza, la banca può rivolgersi anche a colui a cui favore ha concesso lo sconto e farsi restituire la somma versata. Inoltre, la banca deduce dall’importo del credito ceduto gli interessi per l’anticipazione fatta. Lo sconto si configura in sostanza come un prestito che la banca fa al cliente.
I crediti che più frequentemente formano oggetto di sconto sono quelli derivanti da cambiali (art.1859 c.c.).

376  Il conto corrente  

C/c ordinario (art.1823 c.c.) è il contratto col quale due parti, avendo plurimi rapporti da cui derivano crediti pecuniari reciproci, si accordano per considerare inesigibili temporaneamente le rispettive ragioni di credito, inserendole in un apposito conto unitario, ed accettandone la compensazione integrale, fino a concorrenza, cosicchè, alle scadenze pattuite (o, in mancanza, al termine di ogni semestre) tutte le partite risultino sistemate con il pagamento del solo saldo.
Il c/c bancario, invece, è un contratto col quale si stabilisce di far confluire in medesimo conto accrediti ed addebiti, ma con il quale il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito.
Di regola, il c/c bancario è utilizzato anche per l’esecuzione degli incarichi che il cliente affida alla banca (mandati di pagamento, ordini di acquisto, cambio di valute,…).
La banca è tenuta ad inviare estratti conto periodici, ma questi si ritengono tacitamente approvati in mancanza di opposizione scritta da parte del cliente entro 60 gg. dal ricevimento.

377  Cassette di sicurezza

Uno tra i più importanti servizi bancari accessori è costituito dalle cassette di sicurezza. Queste sono recipienti collocati in stanze corazzate, predisposte dalle banche: il cliente vi può deporre ciò che crede (denaro, gioielli, titoli).
Con questo contratto il cliente realizza due finalità: un elevato grado di sicurezza contro i furti e una totale riservatezza, perché l’utente può introdurre nella cassetta a propria esclusiva discrezione i valori che preferisce, senza che la banca debba o possa venirne a conoscenza.
Per la natura giuridica di questo contratto, si ritiene preferibile qualificarlo come contratto misto o complesso, nel senso che in esso sono presenti prestazioni tipiche di più contratti.

Capitolo 51: I CONTRATTI ALEATORI

A) LA RENDITA

378  La nozione di rendita

Con l’espressione rendita si intende qualunque prestazione periodica (ogni anno, ogni mese,...), avente per oggetto danaro o una certa quantità di cose fungibili (grano, vino, …).

379  La rendita perpetua

Con il contratto di rendita perpetua una parte conferisce all’altra (e da questa ai suoi eredi) il diritto di esigere in perpetuo una prestazione, del genere ora accennato, quale corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della cessazione di un capitale, oppure quale onere dell’alienazione gratuita di un immobile o della cessazione gratuita di un capitale (art.1861 c.c.). Il debitore ha la facoltà di sciogliersi dal vincolo mediante una dichiarazione unilaterale di volontà, accompagnata dal pagamento di una somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale. La rendita si dice fondiaria, se è costituita mediante alienazione di un immobile; semplice, se mediante cessione di un capitale (art.1863 c.c.).

380  La rendita vitalizia

Col termine “vitalizia” si vuol dire che l’obbligazione di corrispondere la rendita dura finchè dura la vita di una persona designata dalle parti, la quale può essere sia il beneficiario della rendita che un terzo. La rendita vitalizia ha natura aleatoria. L’alea è un requisito essenziale: se manca, il contratto è nullo. La rendita vitalizia può costituirsi, oltre che per contratto, anche per testamento o a favore di un terzo.

  1. LE ASSICURAZIONI
  2.  

381  Natura

L’assicurazione è un contratto con il quale una parte (assicuratore), verso pagamento di una somma, detta premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, dal danno ad esso prodotto da un sinistro (assicurazione contro i danni), ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita) (art.1882 c.c.), ovvero a risarcire a terzi il danno che dovrebbe essere risarcito dall’assicurato (assicurazione contro la responsabilità civile) (art.1917 c.c.). Il contratto di assicurazione costituisce, pertanto, un atto di previdenza per l’assicurato ed una speculazione per l’impresa assicuratrice. Esso appartiene alla categoria dei contratti aleatori: il rischio costituisce un elemento essenziale; se manca, il contratto è nullo (art.1896 c.c.). Inoltre l’assicuratore deve essere in condizione di apprezzare il rischio per decidere se è opportuno o no concludere il contratto e quale premio gli conviene chiedere per compensare con gli altri rischi omogenei la prestazione che contrattualmente è tenuto a corrispondere (proporzione del premio al rischio).
Le risposte inesatte o reticenti dell’assicurato danno luogo all’annullabilità del contratto soltanto nell’ipotesi di dolo o colpa grave dell’assicurato. Altrimenti, l’assicuratore ha la facoltà di recedere dal contratto e l’indennità, nel caso che il sinistro si verifichi prima della dichiarazione di recesso o della conoscenza dell’inesattezza o della reticenza da parte dell’assicurato, è ridotta in proporzione.

382  Assicurazione contro i danni  

Alle assicurazioni contro i danni si applica il c.d. principio indennitario (artt.1905, 1908-1911 c.c.), per effetto del quale l’indennizzo dovuto dall’assicuratore non può mai superare l’importo del danno sofferto dall’assicurato: l’assicurazione è regolata e tutelata dal legislatore come atto di previdenza e, cioè, come mezzo di conservazione del patrimonio e non può, quindi, diventare fonte di arricchimento o di speculazione. E l’assicuratore che ha pagato l’indennità può esercitare le azioni che spettano all’assicurato contro i terzi responsabili del danno arrecato alla cosa (surrogazione legale: art.1916 c.c.). Inoltre, non ci si può assicurare per un bene altrui, la cui perdita o il cui deterioramento è del tutto indifferente per il nostro patrimonio. 

383  Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli

Un particolare tipo di assicurazione contro i danni è rappresentato dalla c.d. assicurazione della responsabilità civile: con tale contratto l’assicuratore si obbliga a tener indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare ad un terzo, in dipendenza dalla responsabilità dedotta nel contratto (art.1917 c.c.). Sono esclusi i danni derivanti da fatti posti in essere dall’assicurato con dolo.
Si tratta di una forma di assicurazione molto diffusa e nota soprattutto per quanto riguarda la circolazione dei veicoli. Anzi, per questi rischi, è stato introdotto anche in Italia il principio che l’assicurazione della responsabilità civile è obbligatoria per tutti i veicoli e per i natanti. La legge consente al danneggiato di rivolgersi per il risarcimento dei danni subìti anche direttamente contro l’assicuratore. Inoltre è stato costituito un fondo di garanzia per le vittime della strada, dal quale il danneggiato potrà farsi risarcire il danno subìto qualora questo sia stato provocato da un veicolo o natante non identificato oppure non coperto da assicurazione.

384  Assicurazioni sulla vita

Alla categoria delle assicurazioni sulla vita appartengono tutte quelle forme di assicurazione in cui la prestazione dell’assicuratore dipende dalla durata della vita umana. L’assicurazione può anche essere contratta sulla vita di un terzo. Per evitare che una siffatta forma di assicurazione costituisca un incentivo all’omicidio (per lucrare l’indennità), si è stabilita la necessità del consenso della persona sulla cui vita l’assicurazione è contratta (art.1919)
Una figura frequente di assicurazione sulla vita è l’assicurazione a favore di un terzo: le parti stabiliscono che alla morte dell’assicurato l’indennità sia attribuita ad un terzo designato dalla persona che contrae l’assicurazione (beneficiario).

385  Assicurazioni private e assicurazioni sociali

Le assicurazioni sociali attuano obbligatoriamente una forma di previdenza del lavoratore (contro gli infortuni sul lavoro, contro le malattie, l’invalidità, la vecchiaia…). Queste forme di assicurazione hanno carattere pubblicistico.

386  La conclusione del contratto

L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente un documento, la polizza, che può essere all’ordine o al portatore. Il contratto di assicurazione è, di regola, un contratto per adesione: la polizza contiene le clausole contrattuali a stampa (condizioni generali di contratto), alle quali si applicano gli artt.1341, 1342, 1469-bis e ss c.c. 

387  La riassicurazione

La riassicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore assicura presso un’altra impresa i rischi che ne ha assunto (art.1928 c.c.). Esso non costituisce una forma di cessione del contratto di assicurazione, perché nella cessione si sostituisce al contraente originario un terzo; invece il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore (art.1929 c.c.).

C) GIUOCO E SCOMMESSA

 

388  Natura

Gioco e scommessa sono contratti aleatori per eccellenza. Essi si distinguono dall’assicurazione perché non hanno, come questa, finalità previdenziale per una delle parti, ma scopo di lucro per entrambe. Se il gioco o la scommessa sono proibiti, il negozio è illecito e nessun diritto sorge a favore del vincitore, il quale è anche tenuto a restituire ciò che il perdente abbia eventualmente pagato. Se, invece, il gioco è lecito, il vincitore non ha azione, ma il perdente non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato (art.1933 c.c., obbligazione naturale). L’azione è, invece, ammessa se si tratti di giochi o scommesse relative a competizioni sportive (es. totocalcio) o di lotterie autorizzate. L’irripetibilità si applica a tutti i debiti che sono contratti tra giocatori per iniziare o proseguire il gioco (es. prestito fatto da un giocatore all’altro a tal fine). Queste regole si applicano anche al gioco esercitato nelle case da gioco organizzate da comuni e all’uopo autorizzate, in quanto l’autorizzazione governativa ha il solo effetto di togliere valore alle sanzioni penali stabilite per i giochi d’azzardo, ma non incide sul regime privatistico del gioco.
Capitolo 52: CONTRATTI DIRETTI A COSTITUIRE UNA GARANZIA

 

389  La fideiussione

Fideiussore, dice l’art.1936 c.c. è colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui. La garanzia è personale, perché il creditore può soddisfarsi sopra il patrimonio di una persona diversa dal debitore, e non dà luogo a nessun diritto reale ma riguarda tutto il patrimonio del fideiussore (art.2740 c.c.). Il fideiussore risponde con tutti i suoi beni laddove il terzo datore di pegno o d’ipoteca risponde soltanto con la cosa data in pegno o in ipoteca. Ma la fideiussione non attribuisce diritto di seguito: la garanzia sussiste se ed in quanto nel patrimonio del fideiussore si trovano dei beni: se ne escono, il creditore non può rivolgersi contro il terzo acquirente. La fideiussione può essere anche spontanea, cioè essere assunta anche se il debitore non ne ha conoscenza.
La fideiussione ha natura accessoria: la garanzia intanto sussiste  in quanto esista l’obbligazione principale.
Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore; egli può cioè valersi contro il debitore o gli eventuali condebitori che erano a disposizione del debitore. Oltre tale surrogazione nei diritti e nelle ragioni del creditore, il fideiussore ha un’azione specifica (azione di regresso) contro il debitore, anche se questi fosse ignaro dalla prestata fideiussione: con essa può farsi rimborsare tutto ciò che abbia pagato per il debitore principale.

390  La fideiussione omnibus 

Si parla di fideiussione omnibus per indicare un impegno assunto da un soggetto (privato, società o altra banca) verso una banca, e con cui si garantisce l’adempimento di tutti i debiti, compresi quelli che potranno sorgere successivamente al rilascio della fideiussione, che un terzo (beneficiario della garanzia, debitore principale della banca) risulterà avere verso la banca nel momento della scadenza pattuita ovvero nel momento in cui la banca chiederà di recedere dal rapporto e di ottenere il saldo dei propri crediti. Ove il debitore principale, in tutto o in parte, non sia in grado di provvedere alla estinzione dei suoi debiti, la banca potrà rivolgersi al fideiussore omnibus, il quale non potrà opporre di non essere a conoscenza dell’entità dei debiti del garantito/beneficiario. Con tale formula, quindi, si evita di dover richiedere una nuova garanzia ad ogni nuova operazione; peraltro il fideiussore corre il rischio di ignorare di quanto si stia espandendo il totale dei debiti del soggetto in cui favore ha rilasciato la garanzia omnibus.

391  La c.d. garanzia “a prima richiesta”

L’accordo tra garante (di regola una banca o una compagnia di assicurazione) e garantito, si inserisce in un’operazione complessa per rendere sicuro l’incasso di una determinata somma di danaro da parte del beneficiario/garantito, a richiesta di quest’ultimo. Difatti il debitore della prestazione (il garante), che opera su ordine di un suo cliente, si impegna a versa re al beneficiario l’importo stabilito alla sola condizione che costui gliene faccia richiesta, essendo pertanto stabilito che il garante rinuncia formalmente ad opporgli qualsiasi tipo di eccezione.
Naturalmente il garante, quando versa l’importo al beneficiario, lo addebita al suo mandante, mentre questi lo conteggia a carico della controparte nei loro rapporti diretti.

392  L’anticresi

In forza del contratto di anticresi (= scambio di godimento), il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinchè il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale (art.1960 c.c.): il debitore gode il danaro prestatogli, il creditore il fondo.
La differenza tra anticresi e ipoteca è che questa non richiede il passaggio del possesso del fondo al creditore: l’immobile continua, invece, ad essere posseduto dal debitore che ne percepisce i frutti.
Il divieto del patto commissorio si estende, per analogia di ragioni, all’anticresi.
L’anticresi richiede ad substantiam la forma scritta (art.1350.7 c.c.).

 

Capitolo 53: CONTRATTI DIRETTI A DIRIMERE UNA CONTROVERSIA

 

393  La transazione

La transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro (art.1965 c.c.).
Senza il reciproco sacrificio, le spese ed il rischio di un processo, non v’è transazione.
Di fronte al rischio di perdere la lite, entrambi gli interessati preferiscono pervenire ad un regolamento contrattuale che rende inammissibile e irrilevante l’accertamento di chi avesse ragione o torto e di quale fosse la reale situazione giuridica antecedente all’accordo transattivo, ormai superata dal contratto concluso, che si pone quale fonte esclusiva della nuova disciplina tra le parti.
La transazione non può riguardare diritti indisponibili (es. non si può transigere una lite relativa alla legittimità di un figlio) e deve essere stipulata da chi abbia la capacità di disporre dei propri diritti.
È nulla ovviamente, la transazione relativa ad un contratto illecito.
In linea di principio la transazione non può essere impugnata dalla parte che si convinca che avrebbe potuto affrontare vittoriosamente un giudizio sulla lite, invece di accettare di comporla.
Tuttavia, se una delle parti era consapevole non solo di aver torto, ma addirittura che la lite era, per parte sua, temeraria, l’altra parte può chiedere l’annullamento della transazione.   

 

394  La cessione dei beni ai creditori

La cessione dei beni ai creditori è il contratto con il quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di alienare tutti o alcuni suoi beni e di ripartirne fra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti (art.1977 c.c.).
La cessione, salvo patto contrario, s’intende pro solvendo: il debitore è liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione e nei limiti di quanto hanno ricevuto.
È richiesta ad substantiam la forma scritta.
Per effetto della cessione il debitore perde la disponibilità dei beni ceduti, ma ha diritto di esercitare il controllo sulla gestione e di ottenere l’eventuale residuo della liquidazione.
Con il pagamento del capitale, degli interessi e delle spese vien meno la ragione d’essere della cessione e pertanto è attribuito al debitore di recedere dal contratto offrendo tale pagamento.
Ai creditori è concessa l’azione di annullamento, se il debitore, pur dichiarando di cedere tutti i beni, ha dissimulato, cioè nascosto, una parte notevole di essi.

 

Fonte: http://studiando.altervista.org/UNIVERITY/1anno/PRIVATO/riassunto%20del%20torrente.doc

Sito web da visitare: http://studiando.altervista.org

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