Diritto costituzionale

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Diritto costituzionale

 

DIRITTO COSTITUZIONALE

 

Parte prima
SOCIETA', DIRITTO, STATO

 

Capitolo primo - COMUNITA' E DIRITTO

1. I gruppi e gli interessi sociali ed il loro principio ordinatore. Fenomeno giuridico e fenomeno associativo.

  1. I caratteri distintivi del gruppo sociale possono riassumersi indicativamente in due punti:

1.nel fatto razionale (materiale o spirituale) generatore del vincolo associativo;
2.nell' organizzazione ( predisposta e/o spontanea) che assicura al gruppo stabilità nel tempo.
(Questi due elementi imprimono ad ogni consociazione umana il carattere della giuridicità per cui il fenomeno giuridico è connaturato al fenomeno associativo per cui l' uno si esaurisce nell' altro; per regole istituzionali si intende un ordinamento dei valori di riferimento del gruppo.)
b) Classificazione degli interessi in:
1.interessi individuali-egoistici;
2.interessi individuali-collettivi;
3.interesse generale - interessi diffusi.
(Certi interessi e certe esigenze non possono, per loro natura, essere soddisfatti dall' individuo isolato bensì soltanto colletivamente, certi fini non possono essere raggiunti dai singoli bensì soltanto attraverso la cooperazione di più uomini.)

PRINCIPIO DI CONFLIGGENZA-COMPOSIZIONE DEGLI INTERESSI
 


PRINCIPIO ORDINATORE

 

2. Le teorie del fenomeno giuridico e la tesi della socialità del diritto.

  1. Teoria istituzionale del diritto di Romano:

ogni ordinamento giuridico è un' istituzione, intesa come corpo sociale organizzato, e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: tale teoria sottolinea il fatto che il fenomeno giuridico non si esaurisce nel fenomeno normativo, ovvero nel diritto formalizzato, ma in un certo senso da per scontato il fenomeno associativo che pur costituisce l' intima essenza dell' istituzione-organizzazione;
b) Dottrina pura del diritto di Kelsen:
il diritto è concepito come un ordinamento normativo del comportamento umano, un sistema di norme, ovvero una costruzione per gradi dell' ordinamento giuridico, basato su una norma ultima e suprema, su un presupposto logico-trascendentale;
c) Concezione istituzionale del diritto di Mortati:
"istituzione" come sinonimo di "costituzione";
d) Il diritto si caratterizza come espressione della socialità degli individui nell' istituzione e nella costituzione di un gruppo sociale, per cui risulta impossibile isolare il fenomeno giuridico da altri fenomeni sociali che presuppongono l' esistenza stessa del gruppo sociale, e in primo luogo da quello prettamente associativo;
e) Il diritto nelle sue due componenti, materiale e formale, può essere definito come un fatto razionale che consiste in una composizione, in una riduzione dei pluralismi di interessi differenti e/o conflittuali (componente materiale) nella creazione del gruppo sociale, la cui stabilità e continuità nel tempo è affidata a un sistema normativo (componente formale);
(Secondo il Mortati per costituzione materiale si deve intendere quel nucleo essenziale di fini e di forze che regge ogni singolo ordinamento positivo per costituzione formale quell' insieme di norme che ridimensionano, regolano e disciplinano i comportamenti umani. Il Mortati collega l 'ordine reale all' ordine giuridico identificando la fonte suprema dell' ordinamento nell' organizzazione delle forze sociali stabilmente ordinate intorno ad un sistema di interessi e di fini ad esse corrispondenti.)

 

3. La dottrina del diritto naturale. Pluralità degli ordinamenti giuridici. Socialità e storicità del diritto. Diritto pubblico e diritto privato.

a) Il fenomeno giuridico è un fenomeno sociale nel senso che esso è proprio delle società umane;
b) Se il fenomeno giuridico è connaturato al fenomeno associativo, conseguentemente gli ordinamenti giuridici possibili sono tanti quanti sono i gruppi sociali o le istituzioni;
c) Il diritto è caratterizzato da una socialità e da una storicità.
d) Il diritto va rappresentato come un fenomeno unitario il cui fine ultimo è la conservazione del gruppo sociale e ogni norma è predisposta per il raggiungimento di questo fine generale, che può essere perseguito indirettamente tutelando in primo luogo uno o più interessi individuali (diritto privato) o direttamente tutelando in prima istanza interessi propriamente pubblici (diritto pubblico).

 

Capitolo secondo - LE FONTI DEL DIRITTO

 

  1. Delimitazione dell' indagine.

Il fenomeno giuridico, strettamente connesso al fenomeno associativo, prende forma e concretezza in una serie di regole istituzionali ed organizzative che costituisce un sistema (vale a dire una entità omogenea e conclusa i cui elementi risultano fra loro intimamente coordinati: il sistema trova il suo fondamento nel principio ordinatore e nei valori ad esso collegati che hanno dato vita la vincolo associativo, ed è disciplinato a sua volta da regole dirette a stabilire organi e procedure per la sua formazione ed i modi in cui le regole devonno essere coordinate).
Abbiamo quindi:

  1. una serie di valori che assicurano la vigenza del sistema e lo legittimano nel suo complesso;
  2. una serie di regole in cui questi valori vengono fissati in una formulazione linguistica;
  3. una serie di regole che stabiliscono gli organi e le procedure per la produzione delle regole sub b);
  4. una serie di regole per il coordinamento del sistema nel suo interno.

Le fonti dell' ordinamento, del diritto, saranno i valori e gli interessi per perseguire i quali il gruppo sociale si è costituito.

 

 

  1. La norma giuridica.

Concetto di norma giuridica: "prescrizione generale ed astratta che identifica ed enuncia gli interessi vigenti in un gruppo sociale od appresta le procedure per la loro tutela ed il loro concreto soddisfacimento e della quale, pertanto, deve essere garantita l' osservanza".
(Le norme giuridiche si distinguono dalle altre norme sociali in quanto determinano e specificano gli interessi generali per cui il gruppo si è costituito e le procedure per la loro composizione qualora la fonte sia scritta, sono enucleate in via interpretativa, da formulazioni linguistiche che: a) evidenziano gli interessi propri del gruppo; b) prescrivono i modi ed i limiti con i quali i soggetti possono o devono perseguire tali interessi; c) determinano gli organi e le procedure per accertare e dichiarare l' inosservanza delle prescrizioni; d) stabiliscono la sanzione da applicare nei confronti di chi non ha osservato la norma, al fine di ripristinare l 'ordinamento giuridico violato e di assicurare la certezza nei rapporti giuridici fra i consociati.)

  1. la norma per essere giuridica deve essere positiva, vale a dire deve enunciare un interesse effettivamente vigente nella comunità o predisporre gli strumenti necessari per il suo soddisfacimento (la norma potrà dirsi dotata del carattere della positività-effettività non quando essa è puramente e semplicemente osservata e fatta osservare in base al principio della sua applicazione autoritaria ma quando riesce ad esprimere e tutelare gli interessi ed i valori del gruppo sociale);
  2. La norma giuridica è coattiva, nel senso che, qualora l' interesse della comunità richieda la sua puntuale osservanza, l' ordinamento appresta gli strumenti affinchè il precetto normativo sia esguito anche contro la volontà o in assenza della volontà del destinatario;
  3. La norma giuridica disciplina la vita di relazione e ne organizza i modi di svolgimento, quindi ha il carattere della esteriorità;
  4. La norma giuridica per essere tale deve possedere anche il carattere della generalità e dell' astrattezza.

 

  1. Le fonti del diritto.

a) In presenza di una fonte del diritto, bisogna distinguere:
1.    l' aspetto formale, l' atto in quanto posto in essere secondo una determinata procedura;
2.    l' aspetto sostanziale, il contenuto dell' atto, ciò che viene disposto con l' atto;
3.    la norma giuridica desumibile in via interpretativa dall' atto, dalla statuizione.
La fonte è lo strumento tecnico predisposto o riconosciuto dall' ordinamento che serve a produrre il diritto oggettivo. Le fonti si distinguono in fonti di e sulla produzione; fonti-atti e fonti-fatti; fonti dirette e indirette.
L' ordinamento giuridico italiano prevede una pluralità di fonti sulla produzione e, conseguentemente, di fonti di produzione, ma tale pluralità è ricondotta ad unità dalla Costituzione: è a questa fonte di produzione che è necessario risalire per legittimare l' intero sistema normativo (vedi schema riassuntivo p.74).
(La complessità e la varietà delle fonti, la difficoltà di comporre le antinomie che fra di esse possono verificarsi, l' affermarsi di molteplici fonti extra ordinem, e, soprattutto, l' eccessiva produzione di leggi hanno posto inevitabilmente il problema di una delegificazione di alcune materie o settori per attribuirli alla competenza del potere esecutivo, trasferendo certe discipline in sede regolamentare.)
b) Il coordinamento di tali fonti in sistema si basa su tre criteri comunemente adottati:

  1. gerarchico, che consiste nell' ordinare e coordinare le fonti secondo la diversa efficacia loro attribuita dall' ordinamento;
  2. cronologico;
  3. separazione delle competenze.

Bisogna ovviamente considerare la preminenza della legge del Parlamento, e la presenza di fonti aventi un 'efficacia subordinata a quella della legge formale (i regolamenti governativi, degli organi costituzionali e degli organi a rilevanza costituzionale).
c) La consuetudine, nel sistema gradualistico delle fonti del diritto, è una fonte subordinata sia alle leggi sia ai regolamenti, è una fonte non scritta e al tempo stesso una fonte-fatto, un fatto produttivo di norme di diritto.
(consuetudine costituzionale, convenzioni costituzionali, prassi, ovvero una serie di atti o fatti posti in essere da organi costituzionali ed indicativi del modo in cui questi intendono l' esercizio delle competenze loro affidate, e precedente, ovvero un atto o un fatto singolo cui si uniforma, in presenza delle medesime circostanze, l' attività dell' organo che lo ha posto in essere o di un diverso organo).
d) L' interpretazione giudiziale assume una rilevanza fondamentale nel passaggio dall' astratto e dall' impersonale (la previsione normativa) al concreto (il caso particolare e specifico a cui la norma deve essere applicata), al punto che si può affermare che l' ordinamento giuridico non è quello che risulta dai codici e dalle varie leggi bensì, almeno in parte, quello che risulta dalle sentenze della magistratura: si può quindi riconoscere alla giurisprudenza valore di fonte del diritto.
e) Anche i contratti collettivi di lavoro sono fonti di diritto (non statali) sebbene non ancora effettivamente operanti ma potenzialmente riconosciute ed aventi efficacia obbligatoria per le parti contraenti.
f) Tra le fonti poste in ordinamenti esterni a quello italiano si devono distinguere:

  1. gli ordinamenti generali da cui derivano le norme di diritto internazionale della Comunità (adattamento automatico e ordine di esecuzione);
  2. gli ordinamenti particolari da cui derivano norme di altri ordinamenti statali (presupposizione e rinvio);
  3. gli ordinamenti intermedi da cui derivano norme comunitarie, i cui principali tipi di fonte sono i regolamenti (rispondenti ai criteri di portata generale, obbligatorietà, applicabilità diretta da cui deriva il primato del diritto comunitario sul diritto interno).

g) Fonti atipiche e leggi rinforzate.

 

  1. L' interpretazione dei testi normativi e l' efficacia delle norme nello spazio e nel tempo.

Dovendo necessariamente distiguere la fonte, il testo scritto, dalla norma che di per se è esterna all' atto che l' ha posto e non si identifica con la statuizione legislativa (detta anche formula normativa o disposizione) risultante da uno o più articoli, è l' interprete del testo normativo a dover enucleare la norma cogliendone la portata e il significato nei limiti e nel contesto dell' ordinamento giuridico, e in tal senso l' interpretazione in fase attuativa deve svolgersi secondo regole predeterminate o ricavabili dal sistema e saper sopperire ad eventuali lacune di tipo normativo o istituzionale:

  1. interpretazione letterale (obiettivizzazione della mens o ratio legis);
  2. interpretazione sistematica (estensiva o restrittiva);
  3. interpretazione adeguatrice e interpretazione evolutiva;
  4. interpretazione autentica (proposta su intervento del legislatore in caso di interpretazioni contrastanti, ambigue o inadeguate);
  5. interpretazione analogica (che sopperisce una carenza normativa in un settore, disciplina un caso specifico in cui fosse richiesta l' applicazione di una norma, bansandosi su criteri e principi generali);

Particolare rilievo assume l' interpretazione delle disposizioni costituzionali, considerata anche la molteplicità e la varietà dei soggetti che sono direttamente o indirettamente interessati alla loro osservanza o alla loro attuazione, che senza dubbio risentono di un' elevata carica di politicità, e di una certa polivalenza e suscettibilità a seconda del contesto storico e quindi politico-economico. La Costituzione si indirizza necessariamente a tutto il corpo sociale, nelle sue varie articolazioni e strutture organizzative, e non può non essere influenzata da fattori politici nel momento in cui l' interprete si trovi a dover raffrontare i fini e i valori che egli trae dalle disposizioni e la realtà in cui opera.
Senza alcun dubbio l' applicabilità e l' efficacia delle norme giuridiche hanno una loro dimensione temporale e spaziale stabilta anzitutto dal principio della irretroattività, sancita costituzionalmente solo nel campo del diritto penale. Vi sono leggi a breve-medio termine, così come si può poi ricorrere all' abrogazione espressa o tacita, totale o parziale anche facendo ricorso al referendum popolare; ma vi sono anche casi in cui si ricorre alla disapplicazione delle leggi qualora ne venga riconosciuta l' illegittimità costituzionale. Da non tralasciare il problema della durata della Costituzione per quanto intangibile e durevole, e il principio della territorialità delle leggi.

 

Capitolo terzo - IL SOGGETTO DI DIRITTO E LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE

 

1. La soggettività giuridica.

Si definisce soggettività giuridica l' insieme di situazioni giuridiche attive (tutela e realizzazione dei propri interessi) e passive (tutela e realizzazione degli interessi altrui) di cui e in cui un individuo può essere protagonista: il titolare quale protagonista attivo o passivo della vita del diritto, diviene soggetto di diritto.
La capacità delle persone fisiche-soggetti di diritto di essere potenzialmente destinatari delle norme che attribuiscono situazioni attive e passive viene definita capacità giuridica e si acquisisce dal momento della nascita, e dalla quale si deve distinguere la capacità di agire, ovvero la capacità del soggetto di porre in essere direttamente (quindi senza la mediazione di altri soggetti di diritto) atti produttivi effetti giuridici e che si acquisisce con il compimento della maggiore età.
Oltre che alle persone fisiche l 'ordinamento attribuisce la soggettività giuridica anche ad associazioni, corporazioni, fondazioni o istituzioni: tali entità vengono definite persone giuridiche (pubbliche o private). Destinatari delle norme giuridiche possono essere anche entità alle quali l' ordinamento non ricollega necessariamente la soggettività giuridica pur attribuendogli situazioni giuridiche attive e passive (diritti senza soggetto).

  1. Le situazioni giuridiche attive possono essere ricondotte a tre casi:
  2. il potere giuridico ovvero una situazione giuridica astratta (situazione soggettiva potenziale) riconosciuta dall' ordinamento a tutti i soggetti od a determinate categorie di soggetti in ordine al soddisfacimento di un interesse, proprio o altrui, giuridicamente rilevante;
  3. il diritto soggettivo (situazione soggettiva attuale) che presuppone un rapporto giuridico;
  4. l' interesse legittimo in quanto condiviso collettivamente.
  5. Le situazioni giuridiche passive sono due:
  6. il dovere, una situazione giuridica imputabile non a soggetti determinati, bensì a una generalità di soggetti;
  7. l' obbligo, una situazione soggettiva per cui un determinato soggetto risulta tenuto ad    osservare un determinato comportamento, attivo o passivo, commissivo o omissivo, nei confronti di un altro soggetto, cui l' ordinamento riconosce il diritto soggettivo di pretenderne l' osservanza.

 

 

 

Capitolo quarto - LO STATO

 

Sezione I - Stato istituzione; stato apparato; comunita' statale

  1. Lo Stato-istituzione: definizione ed evoluzione storica del concetto.

 

Lo Stato può essere definito come un ordinamento giuridico originario (indipendenza dell' ordinamento dello Stato-istituzione) orientato a fini generali, organizzato su base territoriale, e dotato di un apparato autoritario posto in posizione di supremazia (preminenza dell' apparato autoritativo dello Stato).
Nella classificazione delle varie forme di Stato si fa necessariamente riferimento al rapporto tra chi detiene il potere e coloro che ne rimangono assoggettati, e quindi a come si realizzi concretamente la connessione fra autorità e libertà: la distinzione che è possibile operare tra Stato feudale, assoluto (Stato di polizia), moderno (Stato di diritto), socialista, autoritario, sociale si fonda sulla diversa misura in cui, in ciascuna di esse, viene assicurata la partecipazione dei governati alla direzione politica dello Stato e, quindi, tutelato l' interesse generale.

  1. Altri criteri di classificazione.

 

Secondo un criterio secondario rispetto a quello di ordine storico, le forme di Stato si possono distingure anche in unitarie e composte: in uno Stato unitario il potere sovrano è attribuito dall' ordinamento ad un unico ente, in uno Stato composto il potere viene ripartito tra lo Stato centrale e uno o più enti che abbiano all' interno dell' ordinamento complessivo, la caratterisitca di Stati (ad esempio lo Stato federale).
A sua volta lo Stato unitario può trasformarsi da Stato rigidamente accentrato, in cui le tre funzioni fondamentali sono esercitate da organi dello Stato-soggetto, in Stato decentrato, in cui non solo vengono potenziate e garantite le preesistenti autonomie locali ma si attua anche una ulteriore e più intensa forma di decentramento mediante la creazione di un ente al quale vengono conferite la potestà di legiferare in determniate materie e la corrispondente potestà amministrativa (Stato regionale). Vi sono poi diverse forme di decentramento, istituzionale o burocratico-amministrativo, che eventualmente possono sfociare in vere e proprie forme di autogoverno.
Inoltre più Stati possono unirsi fra loro, pur conservando la loro sovranità, per dar vita ad una unione di Stati, organizzazioni sovranazionali, caratterizzate da una parziale limitazione di sovranità degli Stati aderenti che si sostanzia nell' efficacia diretta di alcuni atti dei loro organi all' interno degli ordinamenti dei singoli Stati.

  1. Gli elementi costitutivi dello Stato-istituzione.

 

Gli elementi essenziali che caratterizzano questa forma di organizzazione umana rispetto a tutte le altre possono individuarsi:

  1. nell' originarietà dell' ordinamento giuridico del gruppo sociale Stato;
  2. nella territorialità dell' ordinamento stesso, nel senso che il territorio costituisce l' ambito spaziale di riferimento degli interessi comunitari che l' ordinamento tutela;

(il territorio dello Stato è costituito dalla terraferma e dalle acque interne comprese entro i confini ed, inoltre, dallo spazio aereo sovrastante, dal sottosuolo e dal mare territoriale: esso può essere delimitato naturalmente o artificialmente; strettamente connessi al prinicipio della territorialità sono gli istituti dell' extraterritorialità e dell' immunità territoriale)

  1. nella natura dei fini che lo Stato persegue, fini che sono generali perché propri dell' intera collettività;
  2. nella preminenza dell' apparato autoritario dello Stato rispetto a quello delgi altri gruppi sociali in esso compresi.

  (L' elmento umano acquista nello Stato-istituzione una determinata qualificazione giuridica e un suo nomen iuris, che è quello di popolo e che sta a designare la comunità di tutti coloro ai quali l' ordinamento giuridico statale assegna lo status di cittadino; il popolo è, almeno nel nostro ordinamento costituzionale, una figura giuridica soggettiva, vale a dire un soggetto privo di personalità giuridica ma titolare di situazioni giuridiche, anche se non di veri e propri diritti soggettivi; dal popolo inteso come l' insieme dei cittadini, va distinta la popolazione dello Stato e la nazione. L' attribuzione della sovranità, ovvero del massimo potere di governo, da esercitare nelle forme e nei limiti della Costituzione, allo Stato lo caratterizza sia come ordinamento originario ed indipendente, sia come ordinamento supremo, fermo restando che il principio della sovranità appartiene al popolo in un sistema democratico rappresentativo moderno.)

  1. Lo Stato-apparato e la sua organizzazione.

 

Il termine Stato nella sua accezione di apparato, governo, designa appunto quel complesso di autorità cui l' ordinamento attribuisce formalmente il potere di emanare ed applicare le norme e le disposizioni mediante le quali lo Stato fa valere la sua supremazia: ovviamente vanno distinti dallo Stato apparato, che costituisce l' insieme dei governanti, tutti gli altri soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua supremazia, definiti complessivamente come governati, ovvero come Stato-comunità. Ma è preferibile a tal proposito parlare di comunità statale intesa come realtà sociale, società civile, in altre parole un' entità non omogenea che può ricondursi allo Stato-istituzione che la comprende ma non la esaurisce del tutto inoltre le due sfere dell' autorità e dell' autonomia non possono essere distinte così nettamente.
Possiamo a questo punto riassumere brevemente le funzioni dello Stato: legislativa, giurisdizionale, amministrativa, e di indirizzo politico. Per funzione si intende l' attività complessiva diretta alla produzione degli atti dell' autorità, un 'attività organizzata e preordinata al conseguimento di uno scopo.
Per quanto riguarda le forme di governo ovvero il modo in cui le funzioni dello Stato sono distribuite ed organizzate fra i diversi organi costituzionali ed ai modi del suo svolgimento, quindi limitandoci a considerare lo Stato contemporaneo, abbiamo: la forma governo parlamentare, la forma di governo presidenziale, la forma di governo dittatoriale.

 

Sezione II - l'organizzazione e gli atti dei pubblici poteri

  1. Il principio di separazione dei poteri e le interferenze funzionali.

 

Ciascuna funzione è affidata ad un organo o ad un gruppo di organi, per cui, secondo il principio della separazione dei poteri, alla distinzione delle funzioni corrisponderà la distinzione degli organi in legislativi, amministrativi e giurisdizionali. Il potere dello Stato va inteso come figura organizzatoria composta da uno o più organi fra loro collegati ai quali l' ordinamento attribuisce, in via istituzionale, l' esercizio di una funzione, di una porzione dell' autorità. Ciò non esclude la presenza di interferenze funzionali che rispondono necessariamente all' esigenza di coordinazione fra i vari poteri.
Un organo al pari di una persona giuridica è una entità astratta creata dall' ordinamento giuridico che attribuisce la titolarità di situazioni giuridiche attive o passive ad alcune entità colettive che per l' appunto esistono solo nel mondo del diritto, e per volere ed agire devono avvalersi di persone fisiche. L' organo non si differenzia dalla persona giuridica, e in un' accezione più ampia e complessa risulta costituito anche dalla sfera di competenza, dai mezzi e dalla struttura organizzativa. La presenza di organi deputati a determinate funzioni non esclude l' esercizio indiretto di funzioni statali e la delega di funzioni. Le persone fisiche titolari di un organo di un ente pubblico assumono il nome di funzionari e possono essere vincolate o meno da un rapporto di impiego (pubblici impiegati).
Gli organi possono essere classificati e distinti in base a vari criteri. In riferimento alla loro struttura:

  1. organi individuali, costituiti da una sola persona, e colleggiali, costituiti da una pluralità di persone la cui volontà viene unitariamente imputata all' organo nel suo complesso;
  2. organi semplici, che costituiscono un' unità indivisibile e organi complessi, che risultano composti da più organi;

In riferimento alle loro attribuzioni:

  1. organi esterni, che manifestano o formano la volontà dell' ente, o stabiliscono rapporti giuridici con altri soggetti ed organi interni, la cui attività si esaurisce entro la sfera giuridica dell' ente senza avere alcuna rilevanza al di fuori di esso;
  2. fra gli organi esterni si distinguono gli organi primari che hanno per legge una propria competenza e gli organi secondari, destinati a sostituire altri organi in caso di assenza o di impedimento del titolare di questi;
  3. organi centrali, se la loro competenza si estende a tutto il territorio dello Stato o locali se è, invece, territorialmente delimitata;
  4. organi attivi, che formano o manifestano la volontà dell' ente e la portano ad esecuzione; consultivi; di controllo, che accertano la conformità degli atti alle norme di legge o anche la loro convenienza ed opportunità;

In riferimento alla loro formazione:

  1. organi rappresentativi o non-rappresentativi;

Infine in riferimento alla loro posizione giuridica:

  1. organi direttivi, che esercitano funzioni di amministrazione attiva e non hanno, all' interno dell' ordinamento, superiori gerarchici ed organi dipendenti, che sono gerarchicamente subordinati ai primi;
  2. organi costituzionali, organi dello Stato che, posti al vertice dell' organizzazione statale, si trovano in una posizione di indipendenza e di parità giuridica fra loro;
  3. organi a rilevanza costituzionale per le funzioni esercitate e la posizione di indipendenza dei loro componenti.
  1. Gli atti giuridici e la loro classificazione.

 

La vita del diritto prende corpo e forma in fatti, attività ed atti diretti alla produzione di effetti giuridici, vale a dire a modificare od estinguere una situazione giuridica preesistente ovvero a costituirla ex novo. Lo Stato e gli altri enti pubblici svolgono le loro funzioni prevalentemente mediante attività ed atti di diritto pubblico, assumendo una forma tipica: la legge, il decreto, la sentenza, attraverso atti preparatori all' emanazione dell' atto definitivo. La loro classificazione si ricollega a quella proposta per gli organi:

  1. atti semplici (individuali o colleggiali);
  2. atti composti (reiterati o complessi);
  3. atti collettivi.

La maggior parte degli atti giuridici seguono un procedimento che si articola generalmente in tre fasi: l' iniziativa, la costituzione e l' integrazione dell' efficacia. L' atto si dice perfetto quando è completo di tutti i suoi elementi intrinseci, strutturali e funzionali per l' esistenza giuridica dell' atto stesso; valido quando tali elementi non presentano vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge) o di merito (opportunità e convenienza dell' atto); efficace quando è in grado di spiegare i suoi effetti.

 

Sezione III - La costituzione dello Stato

  1. Concetto e tipi di Costituzione.

 

L' assetto fondamentale di uno Stato, la sua Costituzione è anzitutto frutto dell' ideologia dominante in un dato momento storico e del modo in cui sono venuti a comporsi i rapporti e gli interessi fra le varie parti della società: la sua traduzione in norme ha una funzione eminentemente garantista per quanto possa modificarsi in tutto od in parte al mutare sia dei rapporti di forza e degli interessi sia dell' ideologia dominante, così come può mutare il modo in cui ad essa viene data concreta attuazione.
La Costituzione dello Stato, intesa come complesso di regole che esprimono in un sistema unitario ed armonico i principi e gli istituti fondamentali dell' assetto di uno Stato, può essere scritta ( in alcuni casi formalmente e solennemente sancita) o non scritta (consuetudinaria), ottriata (concessa) o votata ( o di emanazione popolare), rigida o flessibile, poi si può parlare di costituzioni-bilancio o di costituzioni-programma: in particolare la Costituzione italiana del 1947 è scritta, rigida, votata e convenzionale. Sulla base della vigente Costituzione, lo Stato italiano può infatti definirsi come repubblicano, democratico, fondato sul lavoro, parlamentare, decentrato, non confessionale, aperto alla comunità internazionale.

 

Parte seconda
L' ORDINAMENTO DELLO STATO ITALIANO

 

Capitolo primo - IL POTERE LEGISLATIVO

  1. Il bicameralismo e il Parlamento in seduta comune.

 

In Italia il potere legislativo è attribuito al Parlamento, che si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, un organo complesso perché formato da due organi colleggiali. Le due Camere svolgono le medesime funzioni realizzando una forma di bicameralismo perfetto. Dal Parlamento come organo complesso va distinto il Parlamento in seduta comune dei membri delle due Camere, che è un organo a se stante e, più specificamente un organo colleggiale che non esercita funzioni legislative ma funzioni di diversa natura indicate nella Costituzione (vedi p.277).

 

Sezione I - La formazione delle camere

  1. Elezioni, elettorato, sistema elettorale e rappresentanza politica.

 

Nell' ordinamento italiano, fra gli organi che esercitano funzioni di governo, soltanto la Camera dei deputati e il Senato (nella sua massima parte), risultano composti mediante designazione diretta dei loro componenti da parte del corpo elettorale. Il voto, personale ed eguale, libero e segreto, espresso da ogni elettore adempie ad una duplice funzione: di designazione all' ufficio dei candidati e di approvazione del programma politico del partito. Per il Senato la Costituzione prevede la nomina da parte del Presidente della Repubblica, o la designazione secondo norma costituzionale ( vedi p.282).
L' elezione è un metodo democratico di designazione dei governanti, ma il rapporto rappresentativo che si instaura fra eletti ed elettori non ha nulla a che vedere con la natura giuridica del concetto di rappresentanza vero e proprio, né si può parlare di rappresentanza politica, concetto vago ed evanescente.

  1. Il procedimento elettorale, l' assegnazione dei seggi e la verifica delle elezioni.

 

Il sistema elettorale prevede l' assegnazione dei seggi, per il Senato e per la Camera, su base maggioritaria, con un correttivo proporzionale. Il procedimento elettorale per le due Camere si apre con il decreto del Presidente della Republica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, che indice le elezioni (elezioni per le nuove camere che devono aver luogo entro settanta giorni dalla fine della legislatura). La seconda fase del procedimento riguarda la designazione dei candidati e la presentazione delle candidature, cui segue la campagna elettorale che dura, nel rispetto della par condicio, fino a un giorno prima delle elezioni che si svolgono in un solo giorno. In particolare l' elezione del Senato avviene su base regionale e il sistema elettorale adottato è maggioritario a turno unico con correttivo proporzionale: il seggio viene attribuito al candidato che otterrà nel colleggio la maggioranza, anche relativa, dei voti. 238 seggi vengono attribuiti con tale sistema, mentre i restanti 77 sono attribuiti con il recupero proporzionale e cioè assegnati ai gruppi di candidati collegati che hanno ottenuto la somma più elevata di voti non utilizzati per ottenere i seggi nei colleggi uninominali (vedi dettagli pp.294-295). Il sistema elettorale per l' elezione della Camera è sostanzialmente identico a quello del Senato ma presenta alcune differenze di rilievo: si possono presentare le candidature oltre che nel colleggio uninominale anche in tre liste di recupero proporzionale a livello circoscrizionale, quindi l' elettore dispone anche di un voto di lista. Qualora vi siano seggi vacanti, si procede ad elezioni suppletive o ad assegnazione su base proporzionale ( vedi pp.296-297).
A questo punto possiamo riassumere le differenze fra le due Camere:

  1. è richiesta un' età diversa per l' acquisizione dei diritti di elettorato attivo e passivo;
  2. la Camera dei deputati è composta da 630 membri; il Senato da 315, più i senatori di diritto e a vita;
  3. il rapporto rappresentativo è più elevato per il Senato rispetto alla Camera;
  4. i relativi sistemi elettorali sono parzialmente diversi;
  5. la Camera dei deputati è interamente elettiva mentre del Senato fanno parte anche i senatori di diritto e a vita.

Altri tratti distintivi relativi alla organizzazione interna ed al modo di esercizio delle funzioni sono poi contenuti nei regolamenti parlamentari.
Alcune categorie di persone che ricoprono determinati uffici non possono candidarsi all' ufficio di deputato o senatore, mentre per i componenti di altre categorie è stato stabilito che essi non possano ricoprire contemporaneamente l' ufficio di parlamentare e un altro ufficio e debbano pertanto, scegliere tra i due. Nel primo caso avremo l' ineleggibilità, nel secondo l' incompatibilità.
Appena proclamato eletto, il parlamentare assume immediatamente la qualità di deputato o senatore ed il relativo status, e può esercitare le funzioni inerenti al suo ufficio. La verifica delle elezioni si svolge in due fasi, il controllo di deliberazione e il giudizio di contestazione, ad opera di due giunte distinte (vedi pp.304-305).

 

Sezione II - Lo "status" di membro del parlamento

Per status di parlamentare si intende la posizione complessiva in cui deputati e senatori vengono a trovarsi in ragione della loro appartenenza alle Camere. Le guarantigie previste dalla Costituzione sono strettamente connesse alle funzioni svolte dai parlamentari e tendono ad assicurarne il libero esercizio tutelando in tal modo sia il parlamentare sia le assemblee elettive stesse contro indebite ingerenze volte a limitarne o comprimerne l' indipendenza.
(Tra le guarantigie si ricordano: l' irresponsabilità per le opinioni espresse ed i voti dati; la libertà personale e domiciliare; la libertà di comunicazione e corrispondenza; il divieto di mandato imperativo e conseguentemente l' irresponsabilità politica. Sono inoltre previste sanzioni disciplinari a carico dei parlamentari, ai quali è garantita un' indennità.)

 

 

 

Sezione III - L' organizzazione ed il funzionamento delle camere

  1. I regolamenti parlamentari.

 

Le norme relative all' organizzazione interna e allo svolgimento delle funzioni delle Camere sono contenute nei regolamenti parlamentari, un complesso di disposizioni che ciascuna Camera vota nell' esercizio del suo potere di autonormazione onde disciplinare la procedura per lo svolgimento dei suoi lavori, la sua organizzazione ed i suoi rapporti con gli altri organi costituzionali ed, in primo luogo, con il Governo e con gli organi a rilevanza costituzionale, oltre che con ospiti e collaboratori.
Tali regolamenti contengono norme costitutive dell' ordinamento giuridico, alcune delle quali esecutive di norme costituzionali: si tratta tuttavia di fonti normative separate, di una competenza costituzionalmente riservata a ciascuna Camera, subordinata soltanto alle norme costituzionali ma non soggetta al sindacato di legittimità costituzionale.

  1. Il Presidente e l' Ufficio di presidenza.

 

Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l' Ufficio di presidenza (per il Senato Consiglio di presidenza) composto da 4 vicepresidenti, 8 segretari e 3 questori. Il Presidente rappresenta la Camera: egli è organo super partes ed a tale posizione di imparzialità deve ispirare l' esercizio delle sue funzioni. All' Ufficio ed al Consiglio di presidenza spetta di deliberare il progetto di bilancio preventivo ed il rendiconto consuntivo delle Camere, di nominare, su proposta del Presidente, il Segretario generale, inoltre fra gli organi interni delle Camere va menzionata la Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari, organo che ha il compito principale di deliberare il programma dei lavori dell' assemblea e di esaminarne e coordinarne periodicamente lo svolgimento.

  1. I gruppi parlamentari, le commissioni permanenti, le giunte; commissioni d' inchiesta e deputazioni.

 

  1. I gruppi parlamentari sono sostanzialmente degli organi di collegamento fra le Camere e i partiti, ai quali si addice la natura giuridica di associazioni di diritto pubblico: ogni gruppo è composto da almeno da 20 deputati e 10 senatori, generalmente appartenenti allo stesso partito, ha una sua organizzazione interna e procede alla nomina di un presidente, di uno o più vice-presidenti, di un comitato direttivo alla Camera, di uno o più segretari al Senato;
  2. Le commissioni permanenti sono organi interni delle Camere composte proporzionalmente ai vari gruppi parlamentari, compiti delle commissioni sono quelli di riunirsi in sede referente per l' esame delle questioni sulle quali devono riferire all' Assemblea; in sede consultiva per esprimere pareri; in sede legislativa per l' esame e l' approvazione dei progetti di legge; in sede redigente per la formulazione degli articoli di un progetto di legge;
  3. Le giunte, anch' esse organi permanenti delle Camere, sono alla Camera, la giunta per il regolamento, per le autorizzazioni, delle elezioni, al Senato per il regolamento, per gli affari delle Comunità europee, delle elezioni e delle immunità parlamentari.
  1. La legislatura, la decadenza dei progetti di legge, la prorogatio e la convocazione.

 

Col termine legislatura si indica il periodo che va dalla prima riunione delle assemblee al giorno del loro scioglimento normale o al giorno del loro scioglimento anticipato: con la fine della legislatura decadono tutti i progetti di legge non ancora approvati, mentre i poteri delle Camere vengono mantenuti fino all' elezione e alla riunione delle nuove assemblee.

  1. La pubblicità, il numero legale, la determinazione della maggioranza; l' ordine del giorno e la programmazione dei lavori.

 

Le sedute delle Camere sono pubbliche, ma ciascuna di esse può disporre che la riunione sia segreta. Problematica rimane la definizione della maggioranza, ovvero il numero legale, a causa del computo e della rilevanza degli astenuti. Le votazioni possono essere palesi o segrete e quindi avvenire per alzata di mano, per divisione, o con procedimento elettronico e per schede o a scrutinio segreto.
Le Camere non possono, normalmente, discutere o deliberare su materie che non siano all' ordine del giorno per cui le Camere sono tenute a organizzare i propri lavori secondo il metodo della programmazione.

 

Sezione IV - La funzione legislativa delle Camere

  1. Il procedimento di formazione della legge ordinaria.

 

  1. L' iniziativa legislativa consiste nella presentazione ad una delle due Camere di un progetto di legge, è attribuita al Governo, ai singoli membri delle Camere, al popolo, al Consiglio nazionale dell' Economia e del Lavoro e ai Consigli regionali (vedi pp.347-348). L' iniziativa governativa è la più rilevante per ragioni di indirizzo politico oltre che organizzative-strutturali: l' approvazione di un disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri deve essere accompagnata da un decreto di autorizzazione del Presidente della Repubblica per l' effettiva presentazione alle Camere. L' iniziativa parlamentare è esercitata dai membri delle Camere che presentano una proposta di legge alla Camera alla quale appartengono. L' iniziativa popolare è esercitata mediante la proposta, da parte di almeno 50000 elettori, di un progetto redatto in articoli, da presentare al Presidente di una delle due Camere. L' iniziativa legislativa può essere vincolata da particolari obblighi, o riservata e quindi facoltativa.
  2. L' approvazione del progetto di legge da parte di ciascuna Camera può avvenire secondo tre distinti procedimenti (vedi anche pp.359-360):
  3. procedimento ordinario: il progetto di legge viene preliminarmente esaminato e discusso in sede referente da una commissione legislativa competente in materia che può eventualmente proporre modifiche o redigere un testo unico, la commissione poi trasmette all' Assemblea il progetto di legge accompagnandolo con una o più relazioni, e qui si procede alla discussione generale che in caso favorevole è seguita da una discussione e una approvazione dello stesso articolo per articolo. Pe concludere si sottopone il progetto nel suo complesso a votazione finale (vedi pp.351-354).
  4. Il procedimento decentrato prevede che le commissioni legislative non si limitino ad esaminare il progetto ma anche ad approvarlo: l' assegnazione del progetto alla commissione competente in sede deliberante è proposta alle Camere dal Presidente e necessita dell' approvazione dell'Assemblea alla Camera dei deputati. Questa procedura snellisce l' iter legislativo.
  5. Il procedimento misto coinvolge le commissioni legislative anche in sede redigente e consiste in una suddivisione del lavoro legislativo fra commissione ed Assemblea.

c)   La promulgazione della legge approvata deve avvenire entro un mese a mezzo decreto da parte del Presidente della Repubblica che può anche rinviarla alle Camere. La pubblicazione della legge consiste nell' inserzione del testo nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella pubblicazione vera e propria sulla Gazzetta Ufficiale rispetto alla quale decorsi 15 giorni la legge entra in vigore (vedi pp. 361-363).

 

 

  1. Il procedimento di formazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali.

Comunemente alle leggi ordinarie, anche nel caso di leggi di revisione costituzionale o di leggi costituzionali, la procedura di formazione pur essendo aggravata in fase d' approvazione rispetta la fase dell' iniziativa e, con alcune modifiche di formulazione, la fase della promulgazione e della pubblicazione, inoltre nel procedimento di formazione può richiedersi con il referendum la manifestazione della volontà del corpo elettorale. Tali progetti di legge devono essere deliberati due volte da ciascuna Camera (fra la prima e la seconda deliberazione deve intercorrere un periodo non inferiore a tre mesi), e nella seconda votazione devono essere approvate dalla maggioranza assoluta in entrambe le Camere. Successivamente, il progetto costituzionale viene pubblicato, ed entro tre mesi si può richiedere una consultazione popolare. Il referendum è facoltativo e non obbligatorio: il progetto infatti si intende tacitamente approvato al decorso dei tre mesi, e si trasforma comunque in legge attraverso la promulgazione e la pubblicazione vera e propria. Qualora però nella seconda deliberazione, il progetto venga approvato da entrambe le Camere a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti esso si trasforma in legge, senza che sia prevista la possibilità di un ricorso al referendum.
Ovviamente non tutte le disposizioni costituzionali possono essere modificate, pur ricorrendo alla procedura aggravata, ma la rigidità di una costituzione non si risolve assolutamente in una sua immodificabilità. Per sua stessa natura, la Costituzione è soggetta a modificazioni, espresse o tacite, che dipendono anche dall' elasticità della Costituzione e da limiti assoluti espressi o taciti.

 

Sezione V - L' attivita' di indirzzo politico delle Camere

  1. L' indirizzo politico.

 

L' attività di indirizzo politico, svolta dal Parlamento e dal Governo in stretto coordinamento e sulla base di un rapporto fiduciario, non ha alcun carattere normativo ma è in un certo senso vincolante e può essere distinta in tre fasi: una prima fase (che può definirsi teleologica) relativa alla determinazione dei fini dell' azione statale; una seconda (strumentale) nel corso della quale gli organi di indirizzo politico predispongono un apparato organizzativo ed i mezzi materiali necessari per tradurre sul piano giuridico la volontà programmata e conseguirne i fini; una terza (effettuale) che consiste in una serie di atti che diano concreta attuazione ai fin programmati. Adesso passiamo ad esaminare gli atti mediante i quali le Camere svolgono l' attività di indirizzo politico:

  1. la mozione di fiducia attinente la determinazione dell' indirizzo politico, con la quale il Parlamento accorda la sua fiducia al Governo in seguito alle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio;
  2. le leggi di indirizzo politico, ovvero: la legge di approvazione del bilancio preventivo e la legge finanziaria rispettivamente volte a predisporre normativamente la ripartizione dei mezzi finanziari fra i vari rami dell' amministrazione in stretta correlazione con i fini che si intendono conseguire e ad operare modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative aventi riflessi sul bilancio dello stato e sui bilanci delle aziende del cosidetto settore pubblico allargato; le leggi di approvazione dei programmi economici volte ad identificare e rendere espliciti i fini sociali ai quali deve essere indirizzata e coordinata l' attività economica pubblica e privata; le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali; le leggi di concessione dell' amnistia e dell' indulto;
  3. la deliberazione dello stato di guerra;
  4. le procedure di indirizzo, di controllo e di informazione ovvero: la mozione, per promuovere una deliberazione dell' Assemblea su un determinato argomento, e la risoluzione diretta a manifestare orientamenti o a definire indirizzi su specifici argomenti; l' interrogazione, una semplice domanda rivolta da un parlamentare al Governo, l' interpellanza, una domanda rivolta ad aspetti specifici della politica del Governo; le inchieste politiche o legislative, le indagini e le attività conoscitive svolte dalle commissioni parlamentari;
  5. la mozione di sfiducia con la quale le Camere possono porre termine al rapporto fiduciario con il governo costringendolo alle dimissioni e aprendo una fase di crisi.

 

Sezione VI - Funzioni elettorali, giurisdizionali, consultive

Oltre che la funzione legislativa e l' attività di indirizzo politico, le Camere svolgono nel nostro sistema costituzionale altre attività, di diversa natura: in primo luogo, in seduta comune, l' elezione del Presidente della Repubblica, di cinque giudici ordinari della Corte costituzionale, di un terzo dei membri del Consiglio superiore della magistratura e dei diciotto membri dell' Assemblea consultiva del Consiglio d' Europa; in secondo luogo svolge funzioni materialmente giurisdizionali in caso di verifica di elezioni contestate, e in fase istruttoria per la messa in stato d' accusa del Presidente della Repubblica, oltre che nel caso in cui si debba esprimere un giudizio sulle leggi regionali; in terzo luogo funzioni consultive per quanto riguarda organi interni delle Camere.

 

Capitolo secondo - IL POTERE LEGISLATIVO DEL POPOLO

 

  1. Il referendum abrogativo.

Oltre all' iniziativa legislativa e al referendum costituzionale, il popolo può ricorrere al referendum abrogativo che viene indetto dal Presidente della Repubblica per deliberare l' abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedano 500000 elettori o 5 Consigli regionali. Vi sono ovviamente limiti più o meno impliciti e facilmente definibili al ricorso a questo istituto di democrazia diretta che deve sottostare a precise procedure burocratiche e soprattutto al giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale.

 

Capitolo terzo - IL POTERE ESECUTIVO

 

  1. Gli organi del potere esecutivo: il Governo e gli organi dipendenti.

Lo Stato apparato svolge un' attività effettiva e concreta diretta a raggiungere i suoi fini immediati: questa complessa e multiforme attività viene svolta dal Governo e dagli organi da esso dipendenti, oltre che dagli uffici dei minori enti pubblici territoriali e degli enti strumentali: essa può essere definita "attività amministrativa" e deve svolgersi secondo le direttive ed entro i limiti predisposti nella Costituzione e nelle leggi. Il potere esecutivo è costituito da un complesso di organi (centrali e periferici) al vertice dei quali è posto il Governo come organo costituzionale. Il Governo è un organo complesso costituito da più organi individuali, il Presidente del Consiglio, i ministri, cui fa capo un settore centrale specifico, i ministeri, e un organo colleggiale, il Consiglio dei ministri. Vi sono tuttavia settori dell' amministrazione centrale che non vengono organizzati in ministero e che fanno capo a dipartimenti istituiti presso la Presidenza del Consiglio: gli organi direttivi posti a capo di tali settori assumono il nome di ministri senza portafoglio se entrano a far parte del Consiglio, o di commissari straordinari qualora si limitino ad attività amministrative senza entrare a far parte del Consiglio dei ministri. Accanto a tali organi vanno menzionati i sottosegretari di Stato, che non entrano a far parte del Governo in senso stretto ed esercitano funzioni ora meramente amministrative ora costituzionalmente rilevanti.
Per pubblica amministrazione si intende l' insieme di tutti gli uffici pubblici che fanno parte dell' apparato amministrativo dello Stato e degli altri enti territoriali minori: tali uffici svolgono attività amminstrativa attiva, consultiva, di controllo, e di indirizzo e coordinamento, e possono essere distinti a seconda del settore in cui operano, che a livello di amministrazione statale, corrisponde generalmente ad un ministero.

2. I principi costituzionali sulla pubblica amministrazione.

Nella Costituzione è possibile individuare alcuni principi relativi alla pubblica amministrazione: l'organizzazione dei pubblici uffici deve essere determinata dalla legge formale, e tali disposizioni di legge devono assicurare alla pubblica amministrazione efficienza, efficacia ed imparzialità nella realizzazione dell' interesse collettivo e nel conseguimento dei fini preposti; l'amministrazione deve agire conformemente alla legge e nei suoi limiti (principio di legittimità), ispirandosi alle effettive esigenze della collettività popolare (principio di democraticità), inoltre si deve garantire l' accesso al pubblico impiego mediante concorso, e la tutela giursdizionale nei confronti dei diritti e degli interessi dei cittadini in ordine alle responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici.

3. La formazione del Governo.

La formazione del Governo è un procedimento, ovvero una serie di atti coordinati e diretti alla formazione di un atto finale: tale procedimento ha luogo ogni qualvolta un Governo presenti le dimissioni e queste vengano accolte dal Presidente della Repubblica per cui si rende necessario nominarne uno nuovo. Le norme che presiedono al procedimento di formazione del Governo sono in gran parte non scritte quindi rappresentano delle convenzioni costituzionali che disciplinano l' esercizio del potere discrezionale del Capo dello Stato nella nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri, che tuttavia può assumere un ruolo attivo e propositivo in caso di crisi del sistema. Il procedimento inizia con le consultazioni che, a discrezione del Capo dello Stato, possono essere più o meno ampie, più o meno approfondite anche in funzione delle personalità coinvolte, delle cause che hanno portato alla crisi, delle particolari condizioni politiche che ne sono derivate e della sensibilità politica del Presidente stesso che può svolgere un ruolo determinante nell' orientare l' indirizzo politico del futuro governo e nel caratterizzarne la composizione ministeriale, conferendo verbalmente il nuovo incarico. L' incaricato si riserva di accettare l' incarico prima di procedere ad ulteriori consultazioni per accertare le concrete possibilità di formare una maggioranza di governo in quel determinato momento politico, per definire le linee del programma ed eventualmente formare la lista dei futuri ministri. Nel caso in cui l' incaricato non riesca nel suo intento tornerà dal Presidente della Repubblica e, sciogliendo la riserva, dichiarerà di rinunciare all' incarico che potrà essere affidato ad altri. Qualora la rinuncia all' incarico sia dovuta all' impossibilità obiettiva di formare una maggioranza, il Presidente può rinviare il Governo dimissionario (ma non in seguito a una crisi parlamentare) alle Camere, o sciogliere le Camere ed indire le elezioni anticipate. Qualora, invece, l' incaricato abbia concluso positivamente i suoi colloqui consultivo sottoporrà al Presidente la lista dei ministri e si dichiarerà pronto a presiedere il nuovo Governo.
Successivamente alle consultazioni elettorali (anticipate o meno) il leader della coalizione vincente dispone già di una lista di ministri, e il Presidente della Repubblica si trova difronte a una scelta obbligata, per cui non può che procedere all' emanazione del decreto che sancisce la nomina della Presidenza del Consiglio. Prima di assumere le loro funzioni i membri del Governo dovranno prestare giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, ed entro dieci giorni presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia esponendo il suo programma a mezzo del Presidente del Consiglio.
Uno dei primi atti del Consiglio dei ministri è la designazione dei sottosegretari di Stato aventi funzioni coadiuvanti nei ministeri, e facoltà di intervenire e partecipare alle sedute del Parlamento. Ai ministeri si affiancano poi i cosidetti comitati interministeriali e i comitati di ministri.
Gli organi del potere esecutivo sono al tempo stesso organi burocratici e organi di governo veri e propri; nel campo della direzione politica del Governo la Costituzione attribuisce un ruolo preminente al Presidente del Consiglio.

  1. Le funzioni normative.

 

Il potere esecutivo svolge una funzione materialmente legislativa, per quanto non sempre possa essere chiara la distinzione tra leggi in senso formale e leggi in senso materiale, ma si definiscono quest' ultime come tutti gli atti che contengono norme giuridiche. Gli atti normativi del potere esecutivo si distinguono, infine, a seconda che abbiano o non abbiano la stessa efficacia formale della legge.
Il Governo, in casi straordinari di necessità e di urgenza, può adottare, sotto la sua responsabiltà, provvedimenti provvisori con forza di legge, i decreti legge; ma deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. Ma il Governo può adottare decreti aventi forza di legge, i decreti legislativi, anche senza che ricorrano casi straordinari di necessità e di urgenza: in tal caso l' esercizio della funzione legislativa viene espressamente delegato dalle Camere al Governo con una legge delega che pone limiti, principi e criteri direttivi. Infine abbiamo i cosidetti regolamenti che vengono deliberati dal Consiglio dei ministri, su parere del Consiglio di Stato, ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica: regolamenti di esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; regolamenti di attuazione e di integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio; regolamenti autonomi o indipendenti; regolamenti di organizzazione, regolamenti autorizzati (vedi pp. 474-488).
Ovviamente i regolamenti incontrano limiti specifici nelle riserve di legge espressamente previste nella Costituzione: la riserva di legge ha chiaramente una funzione garantista ma rimangono tuttora molte perplessità sull' effettiva estensione di tali riserve che possono essere assolute o relative, e rafforzate, semplici, implicite o costituzionali.

  1.  Il Governo: cessazione, responsabilità dei ministri e organi ausiliari.

 

Il Governo non è un organo a termine: esso rimane in carica sin quando le Camere non gli revochino la fiducia o non decida di dimettersi. La crisi di governo può essere parlamentare nel caso in cui le Camere manifestino il loro voto di sfiducia ponendo il Governo in minoranza; extraparlamentare nel caso in cui uno o più gruppi parlamentari ritirino il loro appoggio al Governo o il Governo stesso decida di dimettersi. Il Governo è inoltre tenuto a dimettersi in caso di mancata costituzione iniziale. Ma possono esservi anche cause diverse: la morte del Presidente del Consiglio, la cessazione o la sospensione della carica per motivi inerenti la propria persona; l' elezione di un nuovo Presidente della repubblica;  in seguito a elezioni generali.
Non bisogna poi tralasciare la responsabilità giuridica (civile, penale e amminstrativa) e politica del Governo nella persona del Presidente del Consiglio e dei singoli ministri e, inoltre, il ruolo sovlto dai cosidetti organi ausiliari, il Consiglio nazionale dell' economia e del lavoro, Il Consiglio di Stato (organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo), la Corte dei Conti, l' Avvocatura dello Stato (vedi pp.507-510).

 

 

 

Capitolo quarto - IL POTERE GIUDIZIARIO

  1. Il potere giudiziario.

 

La funzione giurisdizionale è ripartita fra i vari organi del potere giudiziario, secondo le deroghe al principio della unicità della giurisdizione disposte dalla Costituzione.
La giurisdizione civile regola le controversie sorte fra privati o fra i privati e la pubblica amministrazione, aventi per oggetto un diritto soggettivo. E' esercitata dai giudici di pace, dal pretore, dal tribunale, dalla Corte di appello e dalla Corte di Cassazione.
La giurisdizione penale tutela determinati valori o istituti nell' interesse della collettività e ne sancisce la violazione con una pena adeguata alla portata del reato commesso. È esercitata dai giudici di pace, dal pretore, dal tribunale, dalla Corte di Assise di primo grado e di appello, dalla Corte di Cassazione, inoltre anche da altri organi giurisdizionali speciali come i tribunali militari, e le Camere e la Corte costituzionale in sede di accusa e di giudizio nei confronti del Presidente della Repubblica. Nelle giursdizioni civile e penale, presso gli organi giudiziari ordinari(giudici di pace, pretore, tribunale, Corte di appello, Corte di Cassazione, Corte di Assise), sono istituite delle sezioni specializzate con la partecipazione di cittadini idonei ed estranei alla magistratura, in altri casi (come per le Corti di assise) è prevista la partecipazione diretta del popolo all' amministrazione della giustizia.
La giurisdizione amministrativa tutela gli interessi legittimi, ed eccezionalmente i diritti soggettivi, dei cittadini che siano stati lesi da un atto della pubblica amministrazione. E' esercitata dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei Conti, dai tribunali ammistrativi regionali, dal tribunale superiore delle acque pubbliche, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana e dal tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione Trentino-Alto Adige.
Ricordando il divieto assoluto di istituire giudici straordinari e nuovi giudici speciali non si può tralasciare il problema dell' indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, quali il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, i tribunali militari, i tribunali amministrativi regionali, al quale si è tantato di ovviare istituendo appositi Consigli di Presidenza, ed evidenziare quanto sia problematica la ripartizione delle competenze fra giudici ordinari e giudici amministrativi nei casi in cui si debbano distinguere i diritti soggettivi dagli interessi legittimi, senza tralasciare che le ultime tendenze giurisprudenziali riconoscono la possibilità di tutelare in giudizio i cosidetti interessi diffusi nei casi in cui essi si configurino per l' appunto più che come interessi generali, come una pluralità di interessi individuali, vi sono poi le giurisdizioni esclusive e le giurisdizioni di merito.
La tutela del cittadino nei confronti degli atti della pubblica amminstrazione è assicurata, nel nostro ordinamento, oltre che dal ricorso agli organi giurisdizionali, anche dai cosidetti ricorsi amministrativi, l' opposizione ed il ricorso gerarchico anche improprio,che pur rientrando nell' ambito della giustizia amministrativa non hanno natura giurisdizionale e non possono essere proposti nel caso di atti definitivi. Bisogna poi considerare il potere di annullamento di cui il Governo dispone nei confornti di tutti gli atti amministrativi. In materia di controversie civili oltre che alla giurisdizione ordinaria i privati possono ricorrere al giudizio arbitrario, e la Costituzione riserva la giurisdizione in materia matrimoniale al diritto canonico, quindi alla Santa Sede attraverso i tribunali ecclesiastici. Rimangono poi delle perplessità sulla legittimità cosidetta giustizia sportiva.
Occorre infine tener conto delle giurisdizioni internazionali come la Corte internazionale di Giustizia, la Corte di giustizia delle Comunità europee, la Commissione europea dei diritti dell' uomo e la Corte europea dei diritti dell' uomo.

2.L'autonomia e l' indipendenza della magistratura ordinaria: il Consiglio superiore della magistratura.

La Costituzione garantisce ai magistrati ordinari una posizione di autonomia e di indipendenza nei confronti degli altri poteri dello Stato sottraendo i giudici ad ogni forma di dipendenza dal ministro di grazia e giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura (presieduto dal Presidente della Repubblica e composto da 33 membri, in carica per quattro anni e non immediatamente rieleggibili, 2 di diritto, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione, 2 eletti dai magistrati ordinari, 10 dal Parlamento in seduta comune) è l' istituzione principale cui spetta tutelare i magistrati e deliberare tutti i provvedimenti relativi allo stato giuridco dei magistrati. E' un organo costituzionale che ha assunto la natura di organo posto al vertice organizzativo del potere giudiziario e di organo rappresentativo dei magistrati, ma l' indeterminatezza della posizione del Presidente della Repubblica  può portare ad una sovrapposizione di ruoli e attribuzioni.
Vi sono ulteriori disposizioni costituzionali relative alla funzione giursdizionale che sanciscono la responsabilità civile, penale, disciplinare e politica dei magistrati non tralasciando le problematiche connesse alla politicità dei giudici, in qualità di operatori politici.

 

Capitolo quinto - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

  1. Il presidente della Repubblica: elezione, durata del mandato, status giuridico e politico.

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune (integrato da tre delegati per ogni regione eletti dal Consiglio regionale) a maggioranza di due terzi dell' Assemblea. Per essere eletto Presidente della Repubblica è sufficiente essere cittadino italiano, avere un' età non inferiore a cinquanta anni e godere dei diritti civli e politici. Il mandato ha una durata di sette anni che cominciano a decorrere dal giorno in cui viene prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione innanzi al Parlamento in seduta comune. Non vi sono limiti alla rieleggibilità del Presidente alla scadenza della carica, e tale ufficio è incompatibile con qualsiasi altra carica. La cessazione dell' ufficio può avvenire per impedimento permanente, per morte o dimissioni, per decadenza della carica: in caso di impedimento permanente o temporaneo le sue funzioni possono essere esercitate dal Presidente del Senato che acquista la sua carica automaticamente. Il Presidente della Repubblica è politicamente irresponsabile in via istituzionale, poiché la responsabilità politica degli atti presidenziali è assunta dai ministri proponenti o competenti con la loro controfirma ministeriale; giuridicamente il Presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell' esercizio delle proprie funzioni, tranne che per alto tradimento o attentato alla Costituzione, mentre come privato cittadino egli è pienamente responsabile ma, in materia penale, soltanto alla scadenza dell' ufficio.

  1. Le attribuzioni.

 

Il Presidente della Repubblica rappresenta un potere neutro non essendo direttamente partecipe delle attività di indirizzo politico: egli rappresenta l' unità nazionale e ne è il simbolo, esercita una concreta influenza sul corretto svolgimento delle attività costituzionali, è il garante della Costituzione e degli equilibri istituzionali fra i vari organi.Il Presidente della Repubblica in relazione al potere legislativo ed alla relativa funzione:

  1. indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione; può convocare ciascuna Camera in via straordinaria;
  2. può inviare messaggi alle Camere;
  3. autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa;
  4. può ricorrere al rinvio;
  5. può nominare cinque senatori a vita;
  6. può sciogliere le Camere, sentiti i loro Presidenti, o solo una di esse;
  7. promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti;
  8. indice il referendum abrogativo e costituzionale.

In relazione al potere esecutivo ed alla funzione amministrativa:

  1. nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e su proposta di quest' ultimo i ministri; nomina altresì, i commissari straordinari del governo ed i sottosegretari di Stato;
  2. nomina nei casi previsti dalla legge, i funzionari dello Stato;
  3. accredita e riceve i rappresentanti diplomatici;
  4. ratifica i trattati internazionali, previa autorizzazione delle Camere se occorre;
  5. ha il comando delle Forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa;
  6. dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere;
  7. conferisce le onorificenze della Repubblica;
  8. ha una serie di competenze in ordine alle funzioni amministrative svolte dal potere esecutivo.

In relazione al potere giudiziario ed alla relativa funzione:

  1. presiede il Consiglio superiore della magistratura ed emana i decreti relativi allo stato giuridico dei magistrati;
  2. concede la grazia e commuta le pene; nomina cinque giudici della Corte Costituzionale.

Oltre ai messaggi rivolti  formalmente alle Camere in caso di rinvio o per segnalere agli organi legislativi stessi gravi necessità comuni o l' esigenza di provvedere a determinate situazioni, diverso è il potere di esternazione cui il Presidente della Repubblica può ricorrere in ragione dell' esercizio delle sue funzioni presidenziali. Per quanto riguarda il ricorso al potere di scioglimento delle Camere la questione appare ancor più delicata poiché influisce sul corso della politica del Paese e sugli equilibri istituzionali (scioglimento successivo o anticipato), inoltre egli non può farvi ricorso negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano con gli ultimi sei mesi della legislatura (semestre bianco).
Gli atti del Presidente della Repubblica si possono classificare in tre grandi categorie: I) atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi ( il cui contenuto è predisposto e voluto dai membri del Governo); II) atti formalmente e sostanzialmente presidenziali; III) atti sostanzialmente complessi ( il cui contenuto è predisposto e voluto sia dal Presidente della Repubblica sia dal Governo).

 

Capitolo sesto - LA CORTE COSTITUZIONALE

 

  1. Composizione e funzionamento.

Alla Corte costituzionale è affidato il giudizio sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle regioni, sui conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le regioni e fra le regioni ed infine il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo: in tal caso si compone di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune, e per un terzo dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative. Nei giudizi sulle accuse avanzate contro il Presidente della Repubblica la composizone ordinaria viene integrata da altri 16 membri. I giudici ordinari sono nominati per 9 anni, non possono essere nuovamente nominati, e prima di assumere le loro funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, alla presenza dei Presidenti delle due Camere. Le udienze sono pubbliche ma possono essere svolte a porte chiuse a discrezione del Presidente e il numero minimo di giudici presenti deve essere 11. Lo status di giudice costituzionale implica numerose norme di incompatibiltà e garanzie di indipendenza. Il Presidente, eletto a maggioranza assoluta ogni tre anni, rappresenta la Corte, la convoca, ne presiede le sedute, sovraintende all' attività delle commissioni, assumendo una posizione di preminenza non soltanto formale ma anche sostanziale.

 

Sezione I  - I giudizi sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge

  1. I vizi di legittimità costituzionale delle leggi e gli atti soggetti al sindacato di legittimità costituzionale.

 

I vizi di legittimità costituzionale delle leggi possono distinguersi in vizi formali e vizi materiali: si ha vizio formale quando la legge è approvata dal Parlamento violando una delle norme procedurali di formazione contenute nella Costituzione, o secondo un procedimento diverso da quello prescritto; si ha vizio materiale quando la norma contenuta in una legge ordinaria o in un atto ad essa equiparato è in contrasto con una norma costituzionale o con un principio costituzionale (violazione di legge), o quando l' organo che ha emanato la legge non era competente nella materia specifica secondo la ripartizione delle competenze legislative stabilita dalla Costituzione (incompetenza). Possono verificarsi casi in cui, vista l' assoluta illogicità, incoerenza o arbitrarietà della motivazione della legge, considerata la sua palese contraddittorietà e irragionevolezza rispetto ai presupposti e ai fini, evidenziata l' incongruenza fra i mezzi e i fini, si configuri un vizio di eccesso di potere legislativo.
Sono soggetti al sindacato di legittimità costituzionale le leggi ordinarie dello Stato e delle regioni, le leggi costituzionali , gli atti aventi forza di legge overro i decreti legge e le leggi delegate.

  1. Le procedure.

 

Secondo il procedimento in via incidentale (o d' eccezione) la questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, mediante apposita istanza, nel corso di un giudizio innanzi a un'  autorità giurisdizionale, da una delle parti o d' ufficio: in tal caso, non essendo prevista la possibilità di un il ricorso diretto alla Corte costituzionale, la questione di illegittimità viene rivolta alla Corte tramite un' autorità giurisdizionale e in occasione e nel corso di un giudizio. L' apposita istanza deve indicare le disposizioni della legge, o dell' atto avente forza di legge, viziate da illegittimità costituzionale e le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate (vi sono casi in cui il vizio di legittimità costituzionale è determinato non dalla violazione diretta di una disposizione costituzionale bensì dalla violazione di una norma interposta).
Il giudice innanzi al quale è sollevata la questione deve accertarsi della rilevanza della questione e della non manifesta infondatezza della questione e pronunciarsi su di essa, accogliendo l' istanza (e in tal caso si procede alla sospensione del giudizio in corso demandando la decisione alla Corte con un' ordinananza che dispone l' immediata trasmissione degli atti), o respingendola (ma può essere riproposta all' inizio di ogni grado ulteriore del processo). Se il giudice accoglie l' istanza presentata, si procederà alla notifica dell' ordinananza alle parti in causa e al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Giunta regionale, ordinanza che deve essere comunicata anche ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio regionale interessato. Se, invece, il giudice respinge l' eccezione, la relativa ordinanza deve essere anch' essa adeguatamente motivata. Tale procedura è strettamente subordinata al sorgere di un giudizio  innanzi a una autorità giurisdizionale.
Entro venti giorni dall' avvenuta notificazione si deve disporre, in via del tutto facoltativa, la costituzione delle parti e l' intervento del Presidente del Consiglio e della Giunta regionale, il Presidente della Corte nomina un guidice per l' istruzione e la relazione e convoca la Corte entro i successivi venti giorni per la discussione: se non si è costituita nessuna parte la Corte può decidere in camera di consiglio.
Con il procedimento in via d' azione ( o principale) lo Stato può ricorrere in via diretta contro una legge regionale o provinciale promuovendo, successivamente a un rinvio, una questione di legittimità innanzi alla Corte costituzionale in via preventiva, analogamente la regione nei confronti di una legge  od un atto avente forza di legge dello stato, o di una legge di un' altra regione, in via successiva.

3.  Le decisioni della Corte costituzionale.

La Corte giudica in via definitiva con sentenza: tutti gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza. Le sentenze sono pronunciate in nome del popolo italiano e devono contenere oltre alle indicazioni dei motivi di fatto e di diritto, il dispositivo, la data della decisione e la sottoscrizione del Presdinte e del giudice che le ha redatte. La Corte non può ampliare l' ambito del suo giudizio ma deve attenersi, nel pronunciare la sentenza, a ciò che le è stato chiesto e non allargare il thema decidendum oltre i limiti in cui è stato formulato dalle parti e dal giudice.
La Corte può dichiarare l' illegittimità costituzionale della disposizione legislativa con una sentenza di accoglimento (i cui effetti retroattivi sono da considerare opportunamente limitati e da cui può derivare un' illegittimità costituzionale conseguenziale), o dichiarare infondata la questione con una sentenza di rigetto che ha una efficacia limitata al caso specifico.
Si parla di sentenze manipolative nei casi in cui la Corte ritenga di dover reinterpretare il testo legislativo, traendone una norma in tutto o in parte diversa da quella presa in considerazione dalle parti e dal giudice, con una sentenza interpretativa di rigetto dichiara che, rispetto a questa norma, non sussistono vizi di legittimità costituzionale, facendo salvo il testo legislativo; con le sentenze interpretative di accolgimento la Corte dichiara l' illegittimità costituzionale di un testo se ed in quanto se ne ricavi una determinata norma, anche se ad esse la Corte preferisce sentenze di accoglimento parziale. E inoltre, nei casi in cui la Corte dichiara la illegittimità di un testo nella parte in cui non contiene una previsione normativa, che deve necessariamente esserci, si ricorre a sentenze additive (di principio), nei casi di illegittimità di un testo nella parte in cui contiene una previsione normativa, che non deve esserci, a sentenze riduttive.
Altri tipi di sentenze, le sentenze sostitutive, che si hanno quando la Corte sostituisce ad una parte del testo un' altra parte, che essa trae dal testo in via di interpretazione, e le sentenze-indirzzo o sentenze-monito, con cui la Corte rileva eventuali lacune normative e disposizionali ai legislatori competenti.

 

Sezione II - Considerazioni conclusive

Riassumendo, la Corte costituzionale è il supremo giudice: a) della legittimità costituzionale delle leggi statali, regionali e provinciali oltre che degli atti equiparati alle leggi; b) dei conflitti fra i poteri dello Stato in ordine alla delimitazione costituzionale delle loro attribuzioni e al loro esercizio; c) dei conflitti fra Stato e regioni riguardanti anch' essi la delimitazione costituzionale delle rispettive attribuzioni; d) dei reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione commessi dal Presidente della Repubblica; e) dell' ammissibilità della richiesta del referendum abrogativo. Nel nostro attuale sistema politico, la Corte costituzionale, in qualità di soggetto politico attivo e passivo, ha assunto una posizione che gli conferisce sostanzialmente poteri di indirizzo politico.

 

 

 

 

Parte terza
LE LIBERTA' E LE AUTONOMIE

 

Capitolo primo - LE LIBERTA'

Il concetto di libertà, strettamente connesso al concetto di autonomia, si è sicuramente evoluto nel corso dei secoli, attraverso un processo controverso e difficilmente ricostruibile in tutte le sue particolarità: entrambi sono concetti di relazione, la libertà e l' autonomia di un soggetto non esistono in assoluto, si può essere liberi o autonomi nei confronti di o rispetto a qualcosa o qualcuno. Dal punto di vista formale, le sfere di libertà e di autonomia dei singoli individui e dei gruppi sociali sono delimitate  e tutelate da norme giuridiche che riconoscono reciprocamente la libertà e l' autonomia degli altri soggetti nel rispetto di un interesse generale; sul piano sostanziale libertà e autonomia sono effettivamente vigenti nella misura e nei limiti in cui le condizioni economiche e sociali dei soggetti ai quali vengono attribuite le rendono, di fatto, operanti: risulta quindi essenziale il rapporto fra libertà e autonomia formali ed eguaglianza sostanziale.

Sezione I- Il principio di eguaglianza

  1. Eguaglianza formale e sostanziale.

 

Il principio di eguaglianza formale deve essere necessariamente integrato da quello di eguaglianza sostanziale: secondo il I comma dell' art. 3 Cost.,"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", e secondo il II comma "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l' eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo delle persona umana e l' effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Il principio di eguaglianza formale pone dei limiti evidenti alla discrezionalità del legislatore, oltre che degli amministratori e dei giudici, in sede di attuazione e di applicazione della legge, mentre il principio di eguaglianza sostanziale assume una valenza programmatica.

Sezione II - Diritti e doveri dei cittadini

  1. I diritti pubblici soggettivi e le libertà.

 

Alcuni diritti soggettivi pubblici costituzionalmente riconosciuti e garantiti, non hanno come oggetto una libertà:

  1. il diritto alla difesa, inviolabile in ogni stato e grado del procedimento giuridico e strettamente legato al diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi;
  2. il diritto di voto, ovvero il diritto di essere iscritto nelle liste elettorali;
  3. il diritto di petizione;
  4. il diritto all' accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive;
  5. il diritto per chi è chiamato a svolgere funzioni pubbliche elettive, di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il proprio posto di lavoro;

Vi sono poi alcuni doveri costituzionali:

  1. dovere di fedeltà alla Repubblica e ai principi dello Stato;
  2. dovere di difendere la Patria, sacro dovere del cittadino;
  3. dovere di prestare servizio militare nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge;
  4. dovere del lavoro, dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale;
  5. dovere di prestazioni patrimoniali, concorrendo alle spese pubbliche in ragione delle proprie capacità contributive;
  6. dovere di voto, civico.

Sezione III - Le libertà negative

  1. Le libertà negative.

 

Le libertà negative, ovvero le libertà dallo Stato, che implicano un comportamento omissivo da parte dello Stato, rientrano fra quei diritti inviolabili che l’ art. 2 Cost., riconosce e garantisce all’ uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Le libertà negative riconosciute dalla nostra Costituzione sono:

  1. la libertà personale – consiste nella libertà della persona fisica da ogni coercizione: in essa si può far rientrare la libertà morale, la pretesa dei singoli all’ autodeterminazione e all’ integrità della propria coscienza, la libertà di disposizione del proprio corpo; la libertà personale non può essere limitata se non nei soli casi e modi previsti dalla legge e per atto motivato dell’ autorità giudiziaria (detenzione, ispezione, perquisizione, custodia cautelare, arresto e fermo);
  2. la libertà di domicilio, a tutela della riservatezza;
  3. la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione;
  4. la libertà di circolazione e di soggiorno;
  5. la libertà di riunione – per riunione deve intendersi un raggruppamento di più persone non stabile e non occasionale in luogo privato, in luogo aperto al pubblico o in luogo pubblico; nella libertà di riunione rientra la libertà di corteo;
  6. la libertà di associazione, riconosciuta come presupposto essenziale e fondamento di una società e di una democrazia pluralista (le associazioni sono formazioni sociali stabilmente organizzate costituite al fine di soddisfare determinati interessi, non contingenti, comuni a tutti coloro che ne fanno parte);
  7. la libertà di religione;
  8. la libertà di manifestazione del pensiero attraverso la stampa, il cinema, il teatro, la radio e la televisione;
  9. la libertà ovvero il diritto all’ informazione;
  10. la libertà dell’ arte della scienza e del relativo insegnamento.

Sezione IV - Le libertà positive

  1. Le libertà positive.

 

Le libertà positive, ovvero le libertà nello Stato, presuppongono alcune situazioni giuridiche soggettive strumentali, ovvero un comportamento attivo da parte dello Stato. Tra i diritti sociali troviamo: il diritto al lavoro, alla salute, allo studio, il diritto del lavoratore ad una retribuzione adeguata e proporzionata, al riposo settimanale ed a ferie annuali retribuite, la parità dei diritti e delle condizioni lavorative per la donna e per i minori, il diritto alla previdenza e all’ assicurazione, il diritto degli inabili e dei minorati all’ educazione ed all’ avviamento professionale. Particolare rilievo assumono anche le libertà economiche ovvero la disciplina costituzionale del diritto di proprietà, della libertà d’ iniziativa economica privata e del diritto al lavoro, da non tralasciare poi l’ esigenza di tutelare e garantire attivamente i così detti nuovi diritti.

 

Sezione V - La protezione internazionale dei diritti dell’ uomo e la condizione giuridica dello straniero

La Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo (approvata dall’Assemblea generale dell’ ONU il 10 dicembre 1948) rappresenta un ideale comune da raggiungere per tutti i popoli e tutte le Nazioni ed ha assunto indubbiamente un altissimo valore programmatico. La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali dispone in merito ad istituzioni deputate alla tutela delle libertà fondamentali. La condizione giuridica dello straniero presuppone limiti e particolarità che non permettono di enunciare criteri di riconoscimento dei diritti condivisibili ed uniformemente applicabili, premesso che le libertà fondamentali siano universalmente garantite nei limiti delle Costituzioni vigenti.

Sezione VI -Diritti inviolabili dell’ uomo e formazioni sociali

Non si può tralasciare la problematicità del riconoscimento dei diritti inviolabili dell’ uomo nelle formazioni sociali: senza dubbio ogni formazione sociale deve essere libera di darsi un ordinamento interno che riconosca e garantisca o meno i diritti inviolabili ma ciò non esclude la presenza di limiti costituzionali all’ autonomia delle formazioni sociali, nel rispetto del principio di democraticità, di eguaglianza e dell’ ordinamento giuridico statale. Ma bisogna tener conto della non omogeneità delle formazioni sociali a rilevanza costituzionale, dell’ eterogeneità dei fini, della diversa entità e qualità  dei limiti esterni ad esse imposti, della diversa intensità e qualità del vincolo associativo, quindi è opportuno considerare opportunamente l’ azionabilità di tali diritti in relazione ai poteri privati di cui esse sono espressione, e in relazione ai diritti dei terzi.

 

Capitolo secondo - LE AUTONOMIE DELLE FORMAZIONI SOCIALI

La Costituzione italiana, come peraltro molte Carte fondamentali contemporanee, attribuisce alle maggiori formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’ uomo, un ruolo d’ intermediazione tra l’ individuo e lo Stato: oltre che un valore della democraticità esse rappresentano un concreto trait d’ union tra autorità e libertà, condizione necessaria affinché si realizzi “l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

  1. La famiglia e la scuola.

 

La famiglia è la primigenia formazione sociale in cui si forma la personalità dell’ individuo:“la Repubblica riconosce la famiglia come società naturale”. Fondamento della famiglia è il matrimonio (accompagnato o meno da un riconoscimento religioso) inteso come ordine morale e materiale che a sua volta “è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’ unità familiare”. Spetta ad entrambi i genitori il diritto-dovere di “mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” nei limiti della loro libertà di scelta e di orientamento, un diritto-dovere sanzionabile penalmente e civilmente in caso di inadempienza.
Strettamente connessa alla famiglia è la funzione sociale della scuola: lo Stato deve garantire il diritto allo studio e alla formazione dei propri cittadini senza escludere la possibilità che enti e privati istituiscano scuole ed istituti per la formazione e l’ educazione parificati e senza oneri ulteriori per lo Stato stesso nel rispetto dell’ autonomia della formazione, della libertà d’ insegnamento e del pluralismo scolastico.

 

  1. Le confessioni religiose.

 

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge”: i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica sono stati regolamentati dai Patti lateranensi le cui norme non sono state costituzionalizzate riservandosi la Corte costituzionale di sindacare i Patti ed eventuali rettifiche, modifiche o revisioni, sotto il profilo del loro eventuale contrasto con i principi supremi dell’ ordinamento costituzionale, sempre sotto la tutela costituzionale dell’ art. 7, secondo il quale “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani”.
Un lentissimo processo di liberalizzazione ha caratterizzato l’ evoluzione dei rapporti fra lo Stato ed i culti acattolici: i rapporti delle confessioni religiose diverse da quella cattolica con lo Stato “sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.

  1. Le comunità del lavoro e i partiti.

 

Fra le varie comunità intermedie previste nella nostra Costituzione e sulle quali si fonda l’ ordinamento pluralista dello Stato, particolare rilievo assumono i sindacati, per le funzioni che la Costituzione e leggi successive hanno affidato loro, nell’ambito dei processi di contrattazione per le politiche sul lavoro e lo sviluppo economico, fino a poter incidere sull’indirizzo di democrazia sostanziale al quale si informa il nostro ordinamento costituzionale. Il sindacato è una libera organizzazione di lavoratori (subordinati o indipendenti) o di datori di lavoro avente per fine la tutela degli interessi collettivi degli associati, una manifestazione associativa rientrante nella sfera dell’ autonomia privata, che non si esaurisce nel principio del pluralismo sindacale, ma riconosce il diritto dei singoli di associarsi o di non associarsi sindacalmente, di associarsi ad una piuttosto che ad un’ altra organizzazione sindacale ed eventualmente di recedere, una volta iscritti. La Costituzione stessa prevede la possibilità che le organizzazioni sindacali assumano rilievo pubblicistico e che acquisiscano personalità giuridica, tramite la registrazione presso uffici competenti: in tal caso i sindacati potranno stipulare contratti di lavoro collettivi aventi efficacia vincolante nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria cui il contratto stesso si riferisce. Dalle associazioni sindacali semplici si devono distinguere le associazioni sindacali complesse, associazioni di associazioni, confederazioni o federazioni sindacali a diffusione nazionale, e i cosiddetti sindacati autonomi.
Oltre al contratto collettivo, i sindacati possono ricorrere allo sciopero: si definisce sciopero ogni astensione collettiva dal lavoro promossa dai sindacati e posta in essere da lavoratori subordinati. Il diritto di sciopero si esercita nell’ ambito delle leggi che lo regolano, ma non si può escludere la tesi secondo la quale sia un diritto soggettivo, nel senso che le leggi regolamentatrici dello sciopero potranno disciplinare esclusivamente le modalità di esercizio del diritto stesso.
Rispetto ai sindacati, la cui azione ha avuto modo di esplicarsi ampiamente sia ricorrendo alla contrattazione collettiva e allo sciopero sia attraverso la tessitura di una complessa ed articolata rete di rapporti con i poteri dello Stato seguendo un fine istituzionale essenzialmente socio-economico, i partiti politici assumono una rilevanza costituzionale ed hanno finalità sociopolitiche. Il partito è un' associazione di individui accomunati da una visione di parte degli interessi generali di una data comunità statale: la natura giurdicocostituzionale dei partiti varia in funzione del regime politico e del sistema partitico costituzionalmente adottato.

Fra le formazioni sociali rientrano anche le minoranze linguistiche che la Repubblica tutela con apposite norme. Tale tutela ha trovato attuazione negli Statuti di alcune regioni in cui vivono gruppi di alloglotti ed, in paritcolare, negli Statuti del Trentino-Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia e della Valle d' Aosta, ed in alcune altre leggi.

 

 

Capitolo terzo - LE AUTONOMIE DEGLI ENTI TERRITORIALI

 

1. La formazione e la natura giuridica delle regioni.

Il problema delle autonomie regionali fu affrontato globalmente dall' Assemblea Costituente, per dare un nuovo assetto costituzionale allo Stato italiano: le regioni, quali enti intermedi fra lo Stato e gli enti locali minori, i comuni e le province, furono istituite con la Costituzione repubblicana del 27 dicembre 1947, che nel Titolo V disciplina le linee essenziali dell' ordinamento dei nuovi enti ed attribuisce alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia ed alla Valle d' Aosta forme e condizioni particolari di autonomia. L' autonomia delle regioni si specifica come autonomia normativa, organizzatoria e politica, caratterizzando una situazione giuridica attiva dell' ente regione nei confronti dello Stato.
Le regioni assumono natura e rilevanza costituzionale, quali enti che caratterizzano la forma e la struttura dello Stato italiano come Stato regionale, ma una definizione più esauriente considera la regione come un ente pubblico a rilevanza costituzionale e rappresentativo di una comunità, destinataria di norme e servizi, stanziata su un determinato territorio, inteso come centro di riferimento degli interessi comunitari, dotato di poteri e funzioni proprie e di un ordinamento autonomo nei limiti prefissati dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali. La regione infine è un soggetto di diritto, come tale distinto dagli altri soggetti di diritto, con un proprio apparato di autoritario, un proprio governo e la relativa organizzazione, subordinata allo Stato-istituzione.
L' ordinamento costituzionale italiano prevede due tipi di regioni, a Statuto ordinario ed a Stauto speciale, che si differenziano per il procedimento di formazione dello Statuto e per la sfera di competenza legislativa ed amministrativa.  Lo Statuto delle regioni di diritto comune è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza dei suoi componenti ed è approvato con legge ordinaria, mentre gli Statuti delle regioni ad autonomia differenziata sono invece adottati con legge costituzionale.

2.  L' organizzazione delle regioni.

Organi direttivi della regione sono: Il Consiglio regionale, la Giunta regionale ed il Presidente della regione. Il Consiglio regionale è il massimo organo deliberativo-rappresentativo: alla ripartizione dei seggi dei Consigli regionali concorrono sia criteri proporzionalistici sia criteri maggioritari, ma nelle regioni a Statuto speciale la competenza a emanare norme in materia elettorale è attribuita alla regione stessa. La durata del Consiglio, il cui numero dei componenti può essere variabile, è fissata in cinque anni e, sempre per le regioni a Statuto speciale, è prevista la prorogatio. Lo status di consigliere regionale è disciplinato sia nella Costituzione sia nei singoli Statuti e non prevede forme di immunità penale.
La Giunta regionale è l' organo esecutivo della regione ed è composto da un Presidente  e da un un numero di assessori, fisso o variabile, assegnati ai rami dell' amministrazione in base a criteri diversi a seconda degli Statuti, ed eletti dal Consiglio regionale fra i suoi componenti.  Nelle regioni a Statuto speciale gli assessori rappresentano degli organi esterni della regione aventi specifiche attribuzioni di competenza.
Il Presidente della Giunta regionale è, al tempo stesso, il capo dell' ente regione: nelle regioni a Statuto speciale partecipa per espresse disposizioni al Consiglio dei ministri, con voto consultivo, per questioni inerenti la loro regione.

3.  I raccordi fra lo stato e le regioni.

Nonostante il regionalismo cooperativo sia un modello in cui le esigenze di garanzia delle sfere complessive di attribuzione emergono unitamente ad istanze di reciproca collaborazione, la cooperazione fra Stato e regioni non sempre è stata ordinata e coerente e raramente la presenza di interessi regionali ha assunto una rilevanza significativa.
Le regioni possono partecipare singolarmente o collettivamente ad attività dello Stato, il cui coordinamento è affidato alla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome: essa è composta dai Presidenti delle regioni a Statuto speciale e ordinario e dai Presidenti delle province autonome ed è presieduta dal Presidente del Consiglio. Lo Stato si riserva la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività delle regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario. Dal punto di vista amministrativo il Commissario di Governo svolge una funzione di raccordo nell' ambito dei rapporti Stato-regioni.
Il principio di leale cooperazione dovrebbe contribuire ad eliminare e superare alcune formalistiche separazioni di competenze fra i due enti affinchè le rispettive funzioni si svolgano in modo coordinato ed efficiente, nel rispetto del principio costituzionale del "buon andamento" della pubblica amministrazione.

4.  Lo Statuto e le leggi regionali.

Secondo l' art. 123 Cost. lo Statuto stabilisce le norme relative all' organizzazione interna della regione, regola l' esercizio del diritto d' iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. La legge regionale è un atto semplice la cui iniziativa spetta alla Giunta, ai singoli consiglieri e agli elettori della regione: ogni progetto viene esaminato dalla commissione competente per materia, e successivamente discusso e votato dal Consiglio articolo per articolo. Prima di essere promulgate, le leggi regionali devono essere comunicate al Commissario del Governo che deve apporvi un visto entro trenta giorni: in caso di rinvio il Consiglio dovrà riapprovarla a maggioranza assoluta. Il Presidente della Giunta promulga le leggi dopo dieci giorni dall' apposizione del visto o dalla scadenza del termine per il rinvio: una volta pubblicate nel Bollettino Ufficiale della regione entreranno in vigore dopo quindici giorni.
L' esercizio della potestà legislativa incontra dei limiti più o meno specifici e difficilmente configurabili: l' integrazione tra ripartizione orizzontale e verticale di competenze permette di identificare tre tipi di competenza legislativa regionale: primaria o piena (attribuita unicamente alle regioni a Statuto speciale in determinate materie); ripartita o concorrente (per cui lo Stato stabilisce in determinate materie dei principi fondamentali ai quali la regione deve dare uno sviluppo concreto); integrativa-attuativa (con la quale lo Stato demanda alla regione la facoltà di emanare norme per l' attuazione di leggi ordinarie; le regioni a Statuto speciale possono anche emanare norme di integrazione). Le materie attribuite ai tre tipi di potestà legislativa delle regioni a Statuto speciale sono indicate nei singoli Statuti, ma la definizione e la conseguente individuazione delle materie di competenza regionale si prestano ad una interpretazione restrittiva o estensiva dei poteri delle regioni.
Molto controversa risulta la determinazione della posizione della legge regionale nel sistema delle fonti che la vede subordinata, non sempre in modo gerarchico, alle leggi statali, che possono condizionarne la validità,oltre ai principi e ai limiti della Costituzione.

  1. Le funzioni amministrative.

 

Per quanto riguarda le funzioni amministrative regionali in base al criterio di corrispondenza alle regioni spettano funzioni amministrative nelle stesse materie in cui è loro attribuita la funzione legislativa. Molto spesso le regioni possono ricorrere a ulteriori decentramenti amministrativi ad enti locali minori nei limiti delle competenze, delle esigenze e delle disponibiltà degli enti stessi, oltre che dei principi costituzionali.

 

6.  L' autonomia finanziaria.

Secondo quanto disposto dall' art. 119 della Costituzione per le regioni a Statuto ordinario, e dai rispettivi Statuti per le regioni ad ordinamento speciale, le regioni godono di autonomia finanziaria limitatamente ad alcune sfere di competenza, dispongono di entrate dirette, che alimentano le normali spese amministrative, e ricevono sovvenzioni statali vincolate, ovvero entrate derivate.

7.  I controlli sugli atti e sugli organi direttivi della regione.

Lo Stato può esercitare il suo controllo sulle leggi e sugli atti amministrativi delle regioni e sugli organi direttivi disponendo lo scioglimento del Consiglio, con decreto motivato del Presidente della Repubblica; su consultazione della Commissione per le questioni regionali, qualora si ravvedano atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge; in caso di dimissioni o in mancanza di una maggioranza; per ragioni di sicurezza nazionale o nel caso in cui non corrisponda alle richieste da parte del governo di rimuovere la Giunta o il Presidente.

8.  Le province, i comuni e gli altri enti locali.

Il nuovo ordinamento delle autonomie locali ha notevolmente rivalutato il ruolo degli enti locali minori e in particolare delle province e dei comuni, attribuendo loro la potestà statutaria e potenziando soprattutto le competenze delle province quali organi intermedi fra comuni e regioni che dispongono a loro volta decentramenti amministrativi e competenze particolari.
Sono organi della provincia il Consiglio, la Giunta ed il Presidente; organi del comune, il Consiglio, la Giunta ed il Sindaco. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dalla legge. Sono inoltre previste forme di decentramento infracomunale e mutamenti delle circoscrizioni provinciali e comunali. Infine un comitato regionale esercita il suo controllo sugli atti amminstrativi delle province, dei comuni e degli altri enti locali.

Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/varie/rc/Dirittocostituzionale.doc

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