Potere giudiziario

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Potere giudiziario

Il dibattito in Assemblea Costituente
L'impostazione accolta dai Costituenti nell'affrontare i problemi connessi alla disciplina del potere giudiziario è più ispirata al recupero del sistema precedente all'avvento del regime fascista. Quanto alla struttura l'elemento di maggior continuità è rappresentato dal mantenimento del doppio binario di giurisdizione, che deve convivere insieme giustizia ordinaria e giustizia amministrativa, l'elemento di maggiore novità è rappresentato dalla introduzione del sistema di giustizia costituzionale. Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana il sistema giudiziario italiano ha visto confermata ed accresciuta la sua caratteristica di sistema fortemente articolato: ai giudici ordinari (civili e penali), si affiancano i giudici amministrativi (i Tribunali amministrativi regionali, il Consiglio di Stato), i giudici in materia contabile (la Corte dei Conti) e tributaria (le Commissioni tributarie) e i giudici militari. La Costituzione prevede due principi di grande rilievo: quello per cui "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge" e quello per cui " non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali".
Si tratta di 2 divieti rivolti al legislatore ordinario e che mirano entrambi, seppur in modo diverso, ad assicurare al cittadino la terzietà (e quindi l’imparzialità) del giudice.
Con il primo principio si garantisce la previa costituzione del giudice competente a decidere la controversia; con il secondo si vieta la costituzione di organi giudicanti "ex post", successivamente cioè al verificarsi dei fatti sottoposti a giudizio (i giudici straordinari), ovvero di organi giudicati con competenze speciali, in quanto riferite a specifiche materie (i giudici speciali), gli uni e gli altri istituti con criteri diversi da quelli adottati per i magistrati ordinari e legati o alla natura dei fatti oggetto del giudizio o alla specialità della materia (e che potrebbero essere troppo sensibili agli interessi in gioco).
Altro principio costituzionale che attiene all'organizzazione del potere giudiziario è quello sancito dall'art. 106, il quale affida alla legge il compito di disciplinare "i casi delle forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia".
Un principio che si lega direttamente a quello affermato nell’art. 101.1 Cost. (“la giustizia è amministrata in nome del popolo”) e che lascia intravedere per il potere giurisdizionale, la possibilità che il legislatore ne disciplini un esercizio non esclusivamente affidato a giudici professionali.
Le novità di significative della disciplina costituzionale si registrano sul versante dei rapporti tra giudici e altri poteri dello Stato (sul versante della loro indipendenza esterna), nonché sul versante dei rapporti tra i singoli magistrati e la struttura organizzativa nell'ambito della quale essi esercitano le loro funzioni (sul versante della loro indipendenza interna).
Le garanzie che la Cost. predispone si collegano tutte le fondamentale principio in base al quale “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art.101.2 Cost.). essa sta a significare non solo la subordinazione del giudice (così come dell’amministratore), nell’esercizio delle sue funzioni, all’atto espressivo della volontà dell’organo rappresentativo della volontà popolare, ma anche la sua indipendenza rispetto ad ogni interferenza che altri poteri dello Stato intendessero porre in essere nei confronti dell’azione dei magistrati, intesi sia come singoli che come ordine giudiziario. Sotto il profilo dell'indipendenza esterna la Costituzione repubblicana prevede l'istituzione di un organo "ad hoc", il Consiglio Superiore della Magistratura al quale sono state conferite una serie di funzioni di natura amministrativa e di natura giurisdizionale, in precedenza spettanti al ministro della giustizia. Con tale previsione si è, dunque, inteso sottrarre definitivamente al ministro, e quindi all’esecutivo, una serie di delicate funzioni, suscettibili di essere esercitate in modo distorto al fine di condizionare indebitamente l’imparziale svolgimento della funzione giurisdizionale. Restano, invece,assegnati allo stesso ministro i compiti relativi all’organizzazione dei servizi indispensabili ad assicurare un’amministrazione della giustizia efficiente e sollecita.
È soprattutto a questa previsione che la Cost. affida la realizzazione, nei fatti, di una concezione della magistratura quale “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, che trova la sua solenne enunciazione nell’art. 104.1.
Sotto il profilo dell'indipendenza interna la Costituzione stabilisce due principi tendenti a rafforzare le garanzie predisposte a favore del singolo magistrato. Il primo della inamovibilità inteso quale il divieto di procedere alla dispensa, alla sospensione dal servizio o alla destinazione ad altra sede se non in seguito ad una decisione del Consiglio Superiore della Magistratura. “adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il consenso” dell’interessato. Il secondo, quello del divieto di operare distinzioni fra i magistrati se non in ragione della diversità di funzioni ad essi assegnate.
Massima indipendenza eterna e interna rappresentano i punti di forza della concezione costituzionale della magistratura, intesa come potere autonomo e indipendente, ma non separato: come potere “diffuso” (la cui titolarità cioè va riconosciuta a ciascun organo giurisdizionale, libero da vincoli di soggezione esterna e interna), come potere certamente subordinato alla legge e alle sue determinazioni, ma anche come elemento fondamentale dell’impianto garantistico della nuova carta costituzionale.
La struttura dell’ordinamento giudiziario
Una delle caratteristiche del nostro ordinamento giudiziario è rappresentata dalla sua accentuata complessità. Limitando l'osservazione agli aspetti che costituiscono la struttura portante di tale ordinamento, esaminiamo i quattro diversi profili: quello dell'articolazione strutturale, quello delle regole che disciplinano lo status giuridico dei suoi membri, quello delle regole che ne assicurano l'indipendenza esterna, quello delle regole che disciplinano l'esercizio delle loro funzioni.
I giudici ordinari (organi giudicanti e organi requirenti)
Il riparto di competenza tra i vari giudici è operato direttamente dalla legge. In relazione alle funzioni, il giudici ordinari entrano a far parte degli organi giudicanti o degli organi requirenti. Quali organi giudicanti di primo grado in materia civile sono previsti il Giudice di pace e il Tribunale (il quale opera come giudice individuale, salvo le ipotesi previste dalla legge, nelle quali opera come giudice collegiale).
Le decisioni del Giudice di pace sono impugnabili davanti al Tribunale e quelle adottate dal Tribunale il primo grado sono appellabili davanti alla Corte d'appello, giudice collegiale.
Il Giudice di pace è un giudice onorario, opera come giudice di primo grado con una limitata competenza sia civile che penale. Sempre fra i giudici ordinari va annoverato il Tribunale regionale delle acque pubbliche, il quale giudica in materia di controversie relative all'uso delle acque soggette a regime pubblicistico, ed opera come sezione specializzata della Corte d'appello. Contro le sue decisioni è possibile proporre appello al Tribunale superiore delle acque pubbliche. In materia penale, sono giudici di primo grado il giudice di pace e il Tribunale, il Tribunale dei minorenni e la Corte d'Assise. Come giudici penali di secondo grado operano la Corte d'Appello e la Corte d'Assise d'Appello. Fra i giudici in materia penale va annoverato il Tribunale della libertà. Come giudice specializzato è da ricordare il tribunale dei minorenni, che ha competenze in sede civile e penale, secondo quanto determinato dalle leggi. Si affiancano agli organi giudicanti gli organi requirenti, cioè quegli organi cui non spetta la decisione della controversia, bensì l'esercizio di funzioni proprie del pubblico ministero (PM) che sono preparatorie o di stimolo rispetto a tale decisione, nell’interesse generale alla giustizia, o volte alla tutela di posizioni soggettive altrimenti indifese. Essi sono rappresentati dalle Procure della Repubblica, dalle Procure generali, dalla Procura Generale presso la Corte di Cassazione. Oltre all'obbligo di esercitare l'azione penale il PM ha alcune competenze anche in campo civile ed amministrativo (es. diritto di famiglia, per la dichiarazione di morte presunta,…). Si ritiene, in genere, che, anche in questo campo, pur in assenza di una espressa previsione legislativa, esista per il PM un obbligo di agire.
Gli organi requirenti, nel nostro sistema giudiziario, non si differenziano da quelli giudicanti, né sotto il profilo dei criteri di selezione, né sotto il profilo dei loro status professionale. Tali organi presentano nell’organizzazione interna dei relativi uffici, un’impronta gerarchica ancora marcata, giacché, al fine di conseguire un orientamento uniforme in ciascun ufficio requirente, le funzioni attribuite al dirigente dell’ufficio (procuratore  della Repubblica; procuratore generale) vengono esercitate tramite sostituti procuratori. La totale assimilazione che esiste tra organi giudicanti e organi requirenti è stata oggetto di numerose critiche e hanno dato origine a una serie di proposte tese a diversificare i 2 tipi di organi se non dal punto di vista delle rispettive carriere, quanto meno dal punto di vista delle funzioni, nel senso di rendere meno agevole il passaggio delle une e delle altre. Su questa seconda linea si è mosso il legislatore che, all’art. 28 del D.P.R. 449/1988, ha previsto che tale passaggio avvenga a domanda dell’interessato, previo accertamento, da parte del C.S.M., dell’effettiva sussistenza delle necessarie attitudini personali.
I giudici amministrativi
Anche sul versante della giustizia amministrativa ha trovato applicazione il principio del doppio grado di giurisdizione. A seguito dell'istituzione il Consiglio di Stato, prima giudice unico, è divenuto giudice di secondo grado. Sia i TAR che il Consiglio di Stato sono giudici collegiali: i TAR si compongono di un Presidente e da almeno cinque magistrati; il Consiglio di Stato opera attraverso le tre sezioni giurisdizionali e l'adunanza plenaria. I TAR e il Consiglio di Stato esercitano giurisdizione generale di legittimità.
I giudici in materia contabile
La Corte dei conti ha una struttura particolarmente complessa. Per provvedere all’esercizio delle sue funzioni di controllo e di giurisdizionali. Perciò che attiene a quest’ultime, dopo l’istituzione delle sezioni regionali della corte, è stato introdotto il principio del doppio grado di giurisdizione. Infatti, contro le sentenze delle sezioni giurisdizionali regionali si può ricorrere alle sezioni giurisdizionali centrali, mentre “le sezioni riunite della corte dei conti decidono sui conflitti di competenza e sulle questioni di massima (art. 1.7, legge 19/1994).
La Costituzione, all'art. 103.2, stabilisce che "la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge". La Corte è giudice esclusivo sia dei diritti che degli interessi legittimi. Del tutto tipici sono i giudizi in materia di responsabilità amministrativa e contabile: soggetti a questi giudizi sono gli amministratori, gli impiegati e i contabili dello Stato, delle Regioni, degli enti locali, degli enti pubblici.
Questi giudizi hanno un carattere inquisitorio, nel senso che prescindono dalle richieste delle parti e sono promossi dai procuratori regionali e dal procuratore generale della corte dei conti.
La responsabilità contabile riguarda i tesorieri e gli agenti contabili che sono tenuti ad un rendiconto periodico delle erogazioni di denaro pubblico da loro maneggiato.
La presentazione del conto dà luogo automaticamente all’avvio di un procedimento di giudizio, che termina con un decreto di discarico, se il magistrato della sezione cui il conto è affidato lo giudica regolare; il giudizio si estingue anche nell’ipotesi in cui decorrono 5 anni dal deposito del conto, senza che il magistrato contabile depositi la sua relazione. In caso contrario, si apre una fase di giudizio di contraddittorio, attraverso la quale si accerterà l’esistenza di eventuali responsabilità contabili.Quanto ai giudizi di responsabilità vengono promossi dai Procuratori regionali e si svolgono in contraddittorio. I giudizi in materia di pensioni (ordinarie e militari) vengono promossi dalle parti interessate.
I giudici in materia tributaria
Con i DD.Lgs 545 e 546/1992 si è proceduto ad una riforma sia dell'ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria, sia delle regole procedurali cui si informa il processo che davanti ai medesimi si svolge. Le Commissioni tributarie si distinguono in Commissioni provinciali (aventi sede nel capoluogo di ogni provincia) e Commissioni regionali (istituite in ogni capoluogo di Regione).
Contro le decisioni dalle Commissioni provinciali è ammesso appello alle Commissioni regionali. Avverso le sentenze delle Commissioni regionali può essere proposto ricorso per Cassazione.
Anche per i giudici che operano in materia tributaria è prevista l'istituzione di un Consiglio di presidenza della giustizia tributaria che ne tutela l'autonomia e l'indipendenza.
I giudici militari
L'art. 103.3 Cost., ha confermato la competenza dei tribunali militari a giudicare dei reati compiuti da appartenenti alle Forze armate non solo per il periodo di guerra ma anche in tempo di pace. Alla costituzionalizzazione di questa giurisdizione speciale si è accompagnata la mancata riforma della disciplina dell'ordinamento giudiziario militare e comprendente tanto la disciplina dell'ordinamento militare di pace, quanto quella dell'ordinamento militare di guerra. Solo con l'approvazione della legge 180/1981 si è proceduto ad adeguare ai nuovi principi costituzionali la disciplina di questo settore del nostro ordinamento giudiziario. Si è così prevista l'istituzione, accanto ai Tribunali militari, di un giudice di secondo grado (la Corte militare d'appello). Si è prevista la possibilità di ricorrere in Cassazione contro i provvedimenti dei giudici militari e si è istituito l'ufficio del Pubblico Ministero militare, ricoperto da magistrati militari.
La Corte di Cassazione
A chiusura del sistema giudiziario, opera la Corte di cassazione (giudice collegiale). Essa è articolata in Sezioni (civili, penali, del lavoro) e giudica sui ricorsi contro le sentenze adottate in sede di appello dagli organi giurisdizionali ordinari, nonché in tema di conflitti di competenza, di giurisdizione e di attribuzione. Il ricorso può riguardare solo le eventuali violazioni di legge compiute dagli organi giudicanti, si parla quindi della cassazione come il giudice della legittimità.
In ordine ai ricorsi contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, la competenza della Corte di cassazione può investire le sole questioni di giurisdizione. La posizione di organo di chiusura del sistema giudiziario, occupata dalla Corte di cassazione si lega alla generale funzione "nomofilattica" che ad essa spetta esercitare: la funzione cioè di assicurare l'uniformità dell'interpretazione delle norme di legge da parte dei giudici attraverso la definizione, con le sue sentenze, delle linee interpretative cui i giudici dovranno attenersi. L'immediato ricorso in Cassazione è sempre ammesso per motivi di legittimità, "contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati per gli organi giurisdizionali ordinari o speciali", con l’unica eccezione delle sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. Ad integrazione dell'istituto del ricorso in Cassazione, contro i provvedimenti attinenti alla libertà personale è stato istituito il Tribunale della libertà chiamato a riesaminare i provvedimenti limitativi della libertà che si traducono in misure detentive(coercitive). Il Tribunale della libertà deve decidere i relativi ricorsi nei tre giorni successivi con ordinanza presa in Camera di consiglio, confermando o revocando il provvedimento.
Mezzi alternativi per la soluzione delle controversie: l’arbitrato
Oltre che dagli organi giurisdizionali le controversie giuridiche che attengono a diritti disponibili possono essere decise anche da altri organi, i arbitri (o giudici privati). Sulla base del principio dell'autonomia privata questi possono decidere di affidare ad un soggetto terzo, non appartenente all'ordine giudiziario, la risoluzione delle eventuali controversie. Esistono due forme diverse di arbitrato: l'arbitrato rituale e l'arbitrato irrituale. Il primo, disciplinato dall'art. 806 riconosce alla decisione dell'arbitro gli stessi effetti della sentenza del giudice. Nel secondo la decisione dell'arbitro ha valore immediatamente vincolante ed è soggetta ai controlli propri dei contratti. Per ciò che attiene all'arbitrato rituale, spetta alle parti decidere il numero (sempre dispari) degli arbitri (il collegio non può essere comunque inferiori a tre) e procedere alla loro nomina (in caso contrario interviene il presidente del tribunale del luogo dove ha sede l’arbitrato).
Sempre le parti possono indicare agli arbitri le regole che essi debbono seguire per arrivare alla decisione (in caso contrario è il collegio arbitrale a stabilire tali regole, fatto salvo comunque il principio del contraddittorio).
Il lodo, ossia la decisione degli arbitri deve intervenire in ogni caso entro 180 giorni; termine quest'ultimo che gli arbitri o le parti possono decidere di prorogare, ma solo per una volta.
Lo “status” giuridico dei magistrati: l’accesso alla magistratura
Principio generale che regola l'accesso alla magistratura è quello del concorso pubblico. L'art. 106 Cost. Prevede due possibili eccezioni: la prima attiene alla possibilità che il legislatore disponga l'istituzione di magistrati onorari elettivi "per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli"; la seconda attiene alla possibilità che vengano chiamati a ricoprire l'ufficio di consigliere di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che possono vantare almeno quindici anni di esercizio della professione e siano iscritti negli albi speciali.
Il concorso è riservato a coloro che sono in possesso della laurea in giurisprudenza. Con l’approvazione del D.lgt 328/1997, espressamente dedicato alle scuole di specializzazione per le professioni legali, si è previsto che, a partire da un certo anno, al concorso per la magistratura possono partecipare solo coloro che, oltre alla laurea in giurisprudenza, abbiano conseguito il diploma rilasciato dalle scuole, di durata biennale. La possibilità di accedere al concorso è stata estesa dalla legge delega 150/2005 a coloro che abbiano conseguito il titolo di dottore di ricerca, l’abilitazione all’esercizio della professione forense, ovvero abbiano svolto per almeno 3 anni funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni, ovvero ancora abbiano svolto per almeno 4 anni, senza demerito, le funzioni di magistrato onorario.
Rispetto al reclutamento per concorso, risultano finora marginali le ipotesi di ingresso in magistratura in applicazione di principi diversi: la nomina per meriti insigni all'ufficio di consigliere di Cassazione e l'elezione di magistrati onorari. Il Giudice di pace è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio, integrato da cinque rappresentanti designati dai Consigli dell'ordine degli avvocati e procuratori. La nomina a Giudice di pace ha durata di quattro anni ed è rinnovabile allo stesso soggetto per una sola volta. Per la nomina è necessario il possesso di alcuni requisiti tra i quali l’unico di natura “professionale” è la laurea in giurisprudenza.
Una presenza di giudici-laici di nozze di giustizia ordinaria è quella prevista per la composizione del tribunale dei minorenni di cui fanno parte anche due cittadini, nominati per tre anni dal CSM tra alcune specifiche categorie di soggetti. Per la composizione delle Corti d'Assise di cui fanno parte alcuni giudici popolari, estratti a sorte fra i cittadini dotati dei requisiti di buona condotta, di età non inferiore ai 30 anni e non superiore ai 65 e in possesso di titoli di studio determinati dalla legge.
La mobilità interna dei magistrati
Da un sistema articolato su una serie di passaggi selettivi, si è passati ad un sistema in cui l'elemento nettamente predominante è l'automaticità del passaggio da una qualifica all'altra sulla base dell'anzianità di servizio maturata. Problemi e inconvenienti, che hanno suscitato dibattiti e proposte di riforma legislativa, ha provocato anche l'applicazione del principio di inamovibilità. Tali problemi sono legati a tre ordini di fattori: all'introduzione della regola della irreversibilità delle funzioni; alla regola che consente la permanenza, nell'esercizio delle stesse funzioni, e nella stessa sede, per l'intera durata della carriera; alla mancata coincidenza tra organico nominale era organico reale. Il sistema ivi disciplinato non si discosta molto da quello appena descritto, relativo ai giudici ordinari, salvo l’accesso al consiglio di Stato, in relazione al quale si prevedono 2 modalità distinte: metà dei posti che si rendono vacanti vengono riservati ai consiglieri di TAR; un quarto dei posti vacanti vengono messi invece a concorso per titoli ed esami teorici-pratici, cui possono partecipare i magistrati dei TAR, con almeno un anno di anzianità, oltre che altri magistrati (ordinari, militari, contabili) con un minimo di anzianità di servizio, nonché funzionari pubblici della carica direttiva.

Il Consiglio Supremo della Magistratura, quale organo di garanzia dell'indipendenza  esterna dei giudici ordinari: la composizione
La garanzia dell'indipendenza esterna dei giudice ordinali è affidata dalla Costituzione al Consiglio Superiore della Magistratura.  L'art. 104 Cost. prevede una composizione mista del CSM, con membri elettivi e membri di diritto (il Presidente della Repubblica che presiede l'organo; il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale presso la stessa Corte di cassazione). La scelta a favore di una composizione mista fu dovuta all'intento del Costituente di evitare che l'organo garante dell'autonomia ed indipendenza della magistratura corresse il rischio di trasformarsi in una struttura chiusa a difesa di posizioni corporative. Si tratta di 33 membri: 10 nominati dal Parlamento in seduta comune, 20 eletti dai magistrati tra le varie categorie e i 3 membri di diritto. Il Vicepresidente è chiamato a sostituire, in caso di assenza, il Capo dello Stato nell'esercizio delle sue funzioni di presidente del CSM. I membri elettivi del CSM durano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili. Scaduti i quattro anni l'elezione del nuovo CSM deve avvenire entro 3 mesi dalla scadenza di quello precedente. Accanto al "plenum" del Consiglio operano una serie di organi più ristretti (Commissioni) il cui numero e le cui attribuzioni sono determinate dal Presidente dell'organo. Uno speciale rilievo assumono la Commissione speciale competente in materia di conferimento di incarichi direttivi ai magistrati e la sezione disciplinare.
Quanto ai rappresentanti tra C.S.M. e il ministro della giustizia permangono ancora elementi di ambiguità della legislazione vigente che lasciano aperti dubbi di legittimità costituzionale. La corte ha affermato l’esigenza che i 2 organi operino nel rispetto del principio di “leale collaborazione”, ma che, alla fine, in presenza di un contrasto non superabile, l’ultima parola spetti al C.S.M. legge 44/2002 prevede che i membri togati vengano eletti in 3 distinti collegi nazionali: uno per l’elezione di 2 magistrati di cassazione: 1 per l’elezione di 4 magistrati che svolgono le funzioni di PM presso gli uffici di merito o presso la direzione nazionale antimafia ovvero presso la corte di cassazione; uno, infine, per l’elezione di 10 giudici di merito. L’elezione avviene sulla base di candidature singole nei diversi collegi, sottoscritte da un certo numero di magistrati, le quali vengono inviate a ciascun avente diritto al voto a cura del C.S.M. Ciascun votante riceve 3 schede elettorali, corrispondenti a 3 collegi, con la possibilità di esprimere su ciascuna una sola preferenza. Risultano eletti in ciascun collegio i candidati che ottengono il maggior numero di preferenze.
Le funzioni
Al CSM la legge attribuisce una serie articolata di funzioni inerenti la carriera e lo "status" dei magistrati. Tali funzioni amministrative riguardano in particolare: le assunzioni, le assegnazioni e ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati; la nomina e revoca dei magistrati onorari e dei componenti estranei alla magistratura delle sezioni specializzate; le nomina a magistrato di Cassazione per meriti insigni di professori e avvocati; concessione di sussidi ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie e alle loro famiglie; le proposte dirette al Ministro della Giustizia in ordine alla modificazione delle circoscrizioni giudiziarie ed ogni altra questione relativa al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia; i pareri sui disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario e l'amministrazione della giustizia. Quanto al potere disciplinare attiene alla comminazione di specifiche sanzioni nel caso in cui i magistrati tengano una condotta tale da renderli immeritevoli della fiducia di cui devono godere, compromettono il prestigio dell'ordine giudiziario, trasgrediscano all'obbligo di residenza. L’azione disciplinare può essere promossa solo dal ministro della giustizia, ovvero dal procuratore generale presso la corte di cassazione, nella sua qualità di procuratore generale presso la sezione disciplinare del C.S.M.
Contro i provvedimenti del C.S.M. in materia di Stato dei magistrati è ammesso il ricorso davanti al giudice amministrativo o, mentre contro i provvedimenti della sezione disciplinare, è ammesso il ricorso in cassazione.
Distinta dalla responsabilità disciplinare è la responsabilità civile dei magistrati, riguarda i casi in cui il giudice è chiamato a rispondere personalmente del risarcimento del danno ingiustamente recato al cittadino.
La legge 117/1988 ha previsto l’allargamento della responsabilità civile dei magistrati, oltre che al caso di dolo o di diniego di giustizia (omissione o ritardo a compiere atti del loro ministero), anche al caso della colpa grave, consistente in una grave violazione di legge determinata da un comportamento negligente inescusabile, ovvero nell’adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale al di fuori dei casi previsti dalla legge o senza la necessaria motivazione.
La natura dell'organo
Il CSM possiede alcune delle caratteristiche tipiche di organi costituzionali (indipendenza, rappresentatività, titolarità di funzioni di rilievo costituzionale, inerenti a uno dei "poteri" dello Stato, necessarietà ed indefettibilità) ma risulta escluso da ogni forma di partecipazione all'esercizio della funzione di indirizzo politico. Proprio per il prevalere, nella sua funzione generale, dell’elemento di garanzia. Non deve stupire allora che, mentre parte della dottrina, in considerazione delle sue funzioni, e valorizzando soprattutto l’elemento dell’indipendenza che al C.S.M. la costituzione assicura rispetto agli altri “poteri” dello Stato, abbia pensato di annoverarlo tra gli organi costituzionali, altra parte, in verità maggioritaria, abbia invece ritenuto di ascriverlo o alla categoria degli organi di rilievo costituzionale, sottolineando l’assenza di una funzione di indirizzo politico tra quelle riconducibili al C.S.M., ovvero a quella degli organi di alta amministrazione, sottolineando, in questo senso, la natura prevalentemente amministrativa delle sue attribuzioni e la stessa sindacabilità dei suoi provvedimenti.
Le garanzie di indipendenza esterna dei giudici amministrativi, dei giudici contabili e dei giudici militari
Principi analoghi a quelli che hanno ispirato l'istituzione del CSM sono stati adottati per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, per ciò che attiene ai giudici amministrativi; per il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, per ciò che attiene ai giudici contabili; per il Consiglio della magistratura militare per ciò che attiene ai giudici militari; per il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. L'istituzione di questi organi ha solo parzialmente risolto il problema di assicurare un'effettiva autonomia esterna ai giudici speciali. Essa risulta ancora compromessa dal permanere di un potere di nomina governativo di una parte cospicua dei membri, e dei presidenti del consiglio di Stato e della corte dei conti; poteri di nomina, che, solo a seguito dell’intervento della corte costituzionale, è stato in parte ridotto e disciplinato in modo da limitarne la discrezionalità, attraverso la predisposizione di alcune regole procedimentali.
Principi costituzionali in materia di esercizio della funzione giurisdizionale
Tra i principi costituzionali che più direttamente incidono sull'esercizio della funzione giurisdizionale vanno menzionati quello che impone l'obbligo dell'esercizio dell'azione penale al pubblico ministero; quello che dispone la dipendenza dall'autorità giudiziaria della polizia giudiziaria; quello che sancisce l'obbligo di motivazione per tutti i provvedimenti giurisdizionali.

  1. Ai sensi dell'art. 12 Cost. "Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale". Tale disposizione risponde ad una duplice finalità: da un lato quella di eliminare ogni discrezionalità nell'esercizio di una funzione così delicata, dall'altro quella di assicurare, un'effettiva eguaglianza di trattamento. L’affermazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, e il conseguente potere-dovere che ne deriva per il pubblico ministero, intanto si spiega, in quanto al suddetto organo siano assicurate le più ampie garanzie di indipendenza da ogni possibile indebita ingerenza, che ne possa mettere in dubbio la necessaria imparzialità.

Il dibattito che si è svolto sulla figura del pubblico ministero ha costantemente collegato i 2 aspetti ora richiamati (obbligo di esercizio dell’azione penale e garanzie di indipendenza). Un dibattito che ha avuto origine da certe ambiguità del dettato costituzionale, che annovera il pubblico ministero tra i magistrati, ma gli riconosce le garanzie di indipendenza garantite “dalle norme sull’ordinamento giudiziario” (art. 107.4 Cost.), consentendo così un’interpretazione di queste garanzie in chiave riduttiva, o comunque diversa, rispetto a quelle disposte, direttamente dalla Costituzione, per gli altri magistrati.
b) Il principio della dipendenza della polizia giudiziaria dall'autorità giudiziaria muove dall'intento di assicurare all'autorità inquirente uno strumento attraverso il quale condurre le indagini. Si è qui prevista la creazione di apposite e distinte sezioni di polizia giudiziaria alle dipendenze del tribunale e del pubblico ministero; si è accentuata la dipendenza funzionale degli addetti ai servizi di polizia giudiziaria dal giudice e, contestualmente, attenuata quella gerarchica nei confronti del corpo di appartenenza.
c) L' obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali risponde ad una duplice finalità: da un lato consente al cittadino di basare sul contenuto della motivazione la sua eventuale difesa contro l'atto a lui sfavorevole nei diversi gradi di giudizio; dall'altro consente a tutti i cittadini di conoscere, di discutere e di criticare le ragioni che hanno ispirato una certa decisione giurisdizionale (si tratta di funzione "extra-processuale" della motivazione).
Attività giurisdizionale e diritti dei cittadini
I principi costituzionali che toccano la posizione del cittadino nei confronti del giudice nell'esercizio delle sue funzioni riguardano: l'affermazione del diritto alla difesa; l'affermazione dell'obbligo di riparazione degli errori giudiziari; l'affermazione del diritto a non essere distolti dal proprio giudice naturale precostituito per legge; l'affermazione del diritto a non essere puniti se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto; l'affermazione del carattere personale della responsabilità penale; l'affermazione del diritto a non essere considerati colpevoli finché non sia intervenuta una condanna definitiva.
a) L' affermazione del diritto alla difesa si collega all'art. 24.1 Cost., assicura a tutti il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi. È compito del legislatore assicurare anche ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La Corte ha escluso che il diritto alla difesa significhi, nel processo penale, oltre che diritto a farsi assistere da un difensore anche il diritto all'autodifesa. La presenza del difensore secondo la Corte, sarebbe elemento indispensabile ad assicurare l'esercizio del diritto in questione e il regolare e corretto esercizio della funzione giurisdizionale. In seguito all'approvazione del nuovo codice di procedura penale il diritto alla difesa ha ricevuto una soddisfacente applicazione, con l'approvazione della legge 217/1990 il legislatore ha adempiuto all'obbligo di assicurare a tutti, anche ai non abbienti, un esercizio effettivo di tale diritto. Al vecchio sistema del gratuito patrocinio si è sostituito quello dell'assunzione da parte dello Stato delle spese di patrocinio per i soggetti che abbiano un reddito inferiore alla soglia fissata dalla legge.
b) In dottrina e in giurisprudenza si era affermato un indirizzo interpretativo volto a considerare la riparazione dell'errore giudiziario come diritto soggettivo e diretto ad ottenere un risarcimento tanto del danno materiale, quanto del danno morale subito dalla vittima dell'errore.
c) Il principio del giudice naturale.
d) L' affermazione in base alla quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto addebitato sancisce il principio della irretroattività della legge penale, ciò significa che l'azione repressiva dello Stato può essere legittimamente esercitata solo ove si sia previamente proceduto a disciplinare i comportamenti che sono passibili di sanzione penale.
e) Sancendo il principio della personalità della responsabilità penale, il costituente ha inteso impedire che il cittadino potesse essere chiamato a rispondere per un fatto altrui. Questo principio ha comportato anche l'eliminazione o la trasformazione della disciplina di ipotesi di responsabilità penale oggettiva.
f) D' importanza fondamentale è il principio costituzionale relativo alla presunzione di non colpevolezza, fino a che non intervenga una sentenza di condanna definitiva. Esso si traduce in una precisa direttiva rivolta al legislatore ordinario e in quella di regolamentare i procedimenti e gli istituti processuali in modo tale da evitare che il soggetto coinvolto nella vicenda processuale abbia a subirne gli effetti negativi anticipati rispetto al momento dell'accertamento di specifiche responsabilità.
g) Il principio del giusto processo riassume tutti gli altri principi. In vista della piena realizzazione di questo principio si è proceduto ad un'integrazione dell'art. 111 Cost., sono stati inseriti cinque nuovi commi al fine di esplicitare in dettaglio il contenuto di detto principio. Il primo comma del nuovo testo attiene: al rispetto del principio del contraddittorio tra le parti "in condizioni di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale"; alla garanzia di una "ragionevole durata" dei processi; alla garanzia, nel processo penale, per la persona accusata di un reato del diritto ad essere informata, nel più breve tempo possibile e in maniera riservata; al diritto ad avere il tempo e le condizioni necessarie ad apprestare la propria difesa.

 

Fonte: http://economiaunipa.altervista.org/wp-content/uploads/2013/05/Riassunto-Istituzioni-di-Diritto-Pubblico-Caretti-De-Siervo-11.doc

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