Dispensa pedagogia

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LE ORIGINI DELLA PEDAGOGIA

Fin dalla sua prima e remota comparsa sulla terra, l’uomo, appena ha riconosciuto nel nuovo nato, un essere destinato a crescere ed assomigliarli, ha messo in atto delle procedure educative, trasmettendogli l’abitudine e la capacità di affrontare le situazioni e di sopravvivere.

Naturalmente nn avendo nessuna informazione diretta, possiamo immaginare che il metodo sia stato quello dell’imitazione, oppure quello “A PROVA ED ERRORI”.

Certamente, la pratica educativa si è mutata nel tempo, si è affinata, adattandosi, anche alle mutate situazioni storiche. La pedagogia esisteva già al tempo di Omero e compare in numerosi autori classici quali Socrate, Platone e Aristotele, intesa come formazione etica del cittadino. Nell’antica Grecia vi era un ‘educazione unidirezionale, rivolta solo alla formazione e all’addestramento di uomini-guerrieri pronti a sacrificarsi per lo stato. Con l’avvento del Cristianesimo  si trasforma il luogo dell’educazione, nn più nei campi di concentramento , ma bensì in  chiesa, cambia anche il fine dell’educazione, centrata principalmente sulla figura di Cristo. I contributi più validi della pedagogia Cristiana furono dati  da S. Agostino e S. Tommaso D’Aquino ; questa educazione era rivolta solo ai ricchi. Una svolta decisiva nel campo dell’educazione si ebbe durante l’Illuminismo, grazie al contributo di Comenio, Locke e di J. – J Rousseau, dal cui pensiero sosteneva che l’educazione deve favorire il libero sviluppo delle facoltà individuali.  Ne derivano le teorie dei pedagogisti del periodo Romantico, quelle di  Pestalozzi e Frobel, che teorizzarono l’importanza del gioco.Sul finire del XIX sec. gli studiosi concordarono nel considerare la pedagogia come scienza nel cui ambito si distingue l’indirizzo sperimentalistico che si basa sui risultati ottenuti empiricamente e tende quindi a costituire una pedagogia fondata su dati e leggi incontrovertibili, ponendo al centro dell’attenzione la natura del fanciullo, le leggi del suo sviluppo, la sua formazione e la sua capacità di apprendimento; a questo indirizzo si collegano le esperienze di M. Montessori, che si interessò in particolare ai bambini con problemi psichici, ma stese delle teorie più generali. I l pensiero pedagogico Montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica come primo passo fondamentale per costruire un’osservazione obiettiva dell’oggetto. L’oggetto dell’osservazione non è il bambino in sé, ma è costituito dalla scoperta del bambino nella sua spontaneità e autenticità, il principio fondamentale è la libertà del bambino in un mondo creato dalla Montessori su misura per lui. Fu la Montessori a fondare la prima “ Casa dei bambini” nel 1907 a San Lorenzo in Roma.

Attualmente le scuole di pedagogia tendono alla ricerca di un metodo che si avvalga di contributi interdisciplinari ( psicologia,sociologia) piuttosto che alle speculazioni teoriche. Per quanto riguarda l’Italia, tra gli esponenti di maggior rilievo vanno ricordati: B.Croce, G. Gentile e G. Lombardo Radice. G. Gentile fu Ministro Della Pubblica Istruzione ,e,nel 1923 mise in atto la sua riforma scolastica, elaborata assieme a Giuseppe Lombardo Radice. Secondo Gentile l’insegnamento è teorie in atto, in cui non si possono fissare o prescrivere il metodo,  “il metodo è il maestro”, il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata, ma affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori.

Tra i punti salienti della riforma ricordiamo:

- insegnamento obbligatorio della religione cattolica,

- innalzamento dell’obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di età,

- creazione dell’istituto magistrale per la formazione di futuri insegnanti,

- istituzione di scuole speciali, per portatori di handicap,

- insegnamento obbligatorio dell’educazione fisica ( l’organizzazione di essa venne assegnata all’Opera Nazionale Balilla),

Per quanto riguarda questo ultimo punto, l’impegno del fascismo nel 1925 fu quello di istituire la scuola superiore di ed. fisica ISEF presso la facoltà di medicina, per gli uomini a Roma e per le donne a Orvieto. Caduto il regime fascista, l’educazione fisica aveva una motivazione in più per continuare che fu appunto la salute dei ragazzi, e fu inserita nell’educazione civica del cittadino.

Lo sport fu introdotto nel 1950 dal CONI ( Comitato Olimpico Nazionale Italiano). L’introduzione della ginnastica educativa in Italia avvenne ancor prima della riforma, esattamente fu introdotta nel 1878 con la legge De Sanctis.

Con la circolare ministeriale del De Sanctis si erano fissati i punti chiave del nuovo insegnamento, cercando di rimuovere i programmi personalizzati approntati esclusivamente ad una ginnastica militare, ma utilizzare dei programmi basati su dei scopi pedagogici. Ultima soglia da superare era l’aspetto femminile, per parlare di educazione fisica femminile bisognerà aspettare il 1967, e fu proprio in quell’anno che fu fondata a Torino la prima scuola di ginnastica preparatoria femminile.

La legge De Sanctis ( 1878 ) fu la prima legge interamente dedicata all’educazione fisica , si compone di otto articoli e, tutte le successive leggi si riallacciano a questa. Si comincerà ad occuparsi di tutti gli aspetti che l’insegnamento della disciplina comporta, in primo luogo la preparazione degli insegnanti, per i quali vennero istituiti corsi di formazione e specializzazione. L’unico errore che la legge non aveva previsto, fu l’assegnare il compito di istruire, ad degli ex militari , dalla mentalità chiusa e priva delle necessarie basi didattico-culturali necessarie per l’insegnamento. Dieci anni dopo , nel 1888 il Ministro della Pubblica Istruzione Boselli, approva tre importanti provvedimenti, istituisce il rulo organico degli insegnanti di Educazione Fisica equiparanoli nel trattamento economico- giuridico a quello degli altri insegnanti, viene rielaborata e ribadita l’importanza sul piano pedagogico dell’educazione fisica.

Il riammodernamento della legge riguardante l’educazione fisica fu, dato nel 1958 con l’obbligo dell’ed. fisica nelle scule medie e superiori, con annessi impianti sportivi (palestre).

Nel 1998 vi fu la laurea in Scienze Motorie  grazie al programma PERSEUS. E’ la prima volta che un Ministro della Pubblica Istruzione , dai tempi di F. De Sanctis, si pone come obbiettivo strategico un intervento triennale per la valorizzazione dell’educazione motoria , fisica e sportiva nelle scuole. Il programma PERSEUS ha individuato due necessità:

- l’attività motoria legata alla crescita , allo sviluppo e al mantenimento delle capacità cognitive ed emotive,

- organizzazione di uno sport scolastico educativo sanamente agonistico.

L’obiettivo è la lotta per la  dispersione scolastica e la criminalità organizzata.

Dal punto di vista pedagogico, questi punti danno all’educazione motoria, fisica e sportiva un significato sano, proponendo agli allievi il potere di agire secondo la propria volontà nei limiti delle regole definite e liberamente accettate una libertà del genere, vissuta nella nostra organizzazione culturale e sportiva contribuisce alle valorizzazione dei diritti di cittadinanza ed all’acquisizione di competenze sociali di particolare rilevanza. Lo sport scolastico sarà organizzato come una attività democratica dove tutti gli attori hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Nel 28 marzo 2003 vi fu una nuova riforma voluta dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca Letizia Moratti . La riforma è partita con la sperimentazione nella scuola materna e elementare e con i protocolli d’intesa con le regioni per la Istruzione e Formazione professionale. Un importante innovazione fu l’introduzione dei tutor, ovvero la mediazione e nello stesso tempo il connubbio importante  tra la scuola e la famiglia, al fine di intervenire al sostegno dello sviluppo delle attività scolastiche, motorie , ludiche e sportive.

Per favorire la crescita e la valorizzazione nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva e delle differenze di ciascuno.

 

LA PEDAGOGIA COME SCIENZA

La pedagogia è una scienza teorico-pratica dell’educazione. Si occupa della riflessione critica e della progettazione della pratica educativa; essa si inserisce all’interno del complesso delle scienze dell’educazione e della formazione. E’ scienza in quanto costituita da un organico sistema di saperi, il destinatario dei suoi prodotti teorico- pratici è l’uomo, cioè il soggetto agente e nel contempo anche oggetto primario delle pratiche educative. Egli è il destinatario di questa scienza e per tanto, il fine di tutta la ricerca pedagogica. E’ importante capire che la pedagogia è una scienza pratica cioè il suo fine ultimo, non è quello di creare teorie generali dell’educazione ( a quello servono le altre scienze dell’educazione e della formazione ), ma di costituire modelli di intervento educativo spendibili nella pratica educativela immediata.

Per far questo la pedagogia in primo luogo:

- rivisita e rielabora modelli di intervento già proposti e / o attuati,

- esamina e valuta risorse , strumenti e contesti già disponibili per progettare e attuare un interveto  educativo.

Fatto ciò la pedagogia:

- organizza strategicamente le sue conoscenze per individuare un possibile percorso educativo da realizzare,

- elabora un progetto che sta alla base dell’intervento educativo da attuare.

Ed è grazie alla progettazione che la pedagogia può formulare le basi di un intervento educativo riferito però ad uno specifico contesto, non si può creare un progetto educativo unico per tutto e tutti, ma la pedagogia si fa carico dell’analisi di ogni problematica presentata progettandone una possibile risoluzione.

Molti possono essere i fattori che compongono una problematica pedagogica:

- le difficoltà delle relazioni genitori- figli, gli svantaggi sociali i conflitti culturali, l’inserimento delle persone diversamente abili, il reinserimento dei detenuti, la riabilitazione dei tossico dipendenti, ecc… . Sono tutti fattori che possono essere oggetto di specifici interventi educativi, oppure possono far parte di un insieme di elementi problematici rilevanti per l’agire pedagogico.

 

SCUOLA EDUCAZIONE, ED. FISICA E SPORTIVA

Perché insegnare a scuola l’ed. fisica e sportiva? Per rispondere a questa domanda, bisogna indagare  e conoscere la natura dei termini che compongono la domanda, ovvero i termini << scuola>> , <<educazione>>, <<educazione fisica>>.

SCUOLA: la scuola è l’istituzione creata dalle società per rispondere  in maniera specifica, formale e organizzata alla trasmissione del sapere ritenuto importante e significatio per ogni persona che appartiene alla società stessa. Per realizzare il proprio scopo, ovvero l’istituzione, la scuola si separadalla famiglia, dalla società e dall’ambiente, e struttura se stessa come un ambiente e una modalità dello stare insieme tra persone adulte e giovani più o meno della stessa età che obbedisce a precise  prestabilite regole tecnico-professionali per apprendere, che non sono quelle ordinarie della vita sociale. La scuola è , dunque , un ambiente artificiale che promuove la distanza debita (dell’ambiente naturale di vita quotidiana, dalla soddisfazione di bisogni immediati , dai rapporti interpersonali ecc…) ; come un ‘ organizzatore didattico indispensabile per intensificare, concentrare e ottimizzare l’apprendimento di conoscenze (sapere) e di abilità (saper fare) ritenute necessarie per assicurare ai giovani la partecipazione e lo scambio sociale.

EDUCAZIONE: istruire è trasmettere intenzionalmente conoscenze organizzate attraverso la razionalità; ed è per questo che:

- l’apprendimento di qualsiasi conoscenza razionale non può mai riguardare soltanto tale conoscenza particolare, ma riverbera sempre, poco o tanto le sue conseguenze e connessioni su e con tutte le altre conoscenze che costituiscono la “cultura” di ognuno.

 - l’apprendimento di qualsiasi conoscenza razionale non coinvolge soltanto la dimensione intellettuale di ogni uomo, ma interpella sempre anche tutte la sue altre dimensioni, da quella emotiva a quella espressiva, da quella etica a quella corporea.

L’unità della persona umana , infatti , comporta che ogni intervento istruttivo ,, abbia, in realtà, sempre, sia effetti educativi personali, sia condizioni educative globali

Quindi bisogna trasmettere non solo conoscenze e abilità razionali, ma trasmettere e coinvolgere tutte le dimensioni (affettive, corporee, religiose,ecc..) che appartengono ad ogni singolo individuo.

SCUOLA ED EDUCAZIONE FISICA: la scuola è stata istituita per istruire ; istruirsi significa ampliare e organizzare le proprie conoscenze (sapere) e abilità (saper fare). Per sapere e saper fare bisogna pensare, ogni pensare implica, tuttavia, una concentrazione, un soffermarsi sul pensiero come tale(…) interrompe ogni fare, ogni attività ordinaria, quali che siano. Ogni pensare esige un <<fermati e pensa>>.

Sembra esistere una  incompatibilità tra pensiero  e movimento del corpo, e , invece, basta sottolineare che l’immobilità a cui costringe ogni vero pensare, non è il frutto di una vera negazione di movimento, ma di una sua affermazione più alta. Il movimento , infatti, in questo caso, essendo in armonico equilibrio con tutti gli altri elementi che caratterizzano la persona umana, fa comportare quest’ultima come una stadera : sta ferma non perché immobile, ma perché in perfetta tensione tra forze opposte. Nell’esperienza di ogni pensare, perciò, il corpo di ciascuno è sempre in tensione interna e relazionale, non è mai scarico, svuotato, distratto o isolato, è , al contrario, simile ad un arco che chiama tutti gli elementi che lo compongono a flettere nella maniera giusta per esprimere la massima potenza. E’ quindi la risposta alla domanda “perché l’educazione fisica e sportiva a scuola2 è semplice:

se si vuole che ci si istruisca nei saperi (conoscere) e nei saper fare ( abilità) accreditati dalle scienze motorie e sportive non è possibile procedee altrimenti; perché anche a volerlo non si può palare di educazione della persona in quanto tale senza coinvolgere anche la dimensione motoria, corporea di essa, non tutte le consapevolezze teoriche (scientifiche), pratiche 8morali) e tecnico-operative che ne conseguono.

 

Le pedagogie dello sport a scuola

L’insegnamento delle attività fisiche e sportive a scuola implica un insieme di saperi e competenze pedagogiche. Una pedagogia dello sport si può definire come un insieme di procedure e di tecniche d’apprendimento, ma che si può comprendere solo nei riguardi di obiettivi o norme che si assegnano per servire le finalità della scuola.

Come per ogni disciplina insegnata a scuola, può essere avanzato un obiettivo: quello della padronanza relativa dei compiti che la costituiscono. Saper contare, saper nuotare sono pratiche considerate utili e necessarie alla nostra vita sociale, e da questo punto di vista il loro insegnamento trova una parte della sua legittimità. Favorire l’accesso di tutti alla pratica di uno o di parecchi sport si inscrive in questa prospettiva. In questo caso si parla di cultura sportiva.

Tuttavia se lo sport è insegnato a scuola, non è solamente perché ciascuno possa praticarlo, ma ugualmente perché permette di sviluppare un insieme di capacità necessarie per adottare condotte motorie adatte, come richiede la nostra vita sociale di oggi e di domani. Oltre ad una cultura sportiva, l’obiettivo è anche una cultura del corpo in quanto partecipe di una educazione globale che auspica di superare la sola trasmissione di tecniche d’adattamento per favorire delle possibilità d’evoluzione e di creazione. In questo senso si può dire che le attività fisiche e sportive sono contemporaneamente oggetto e mezzo di un’educazione qualificata come fisica e sportiva. Questa doppia prospettiva – che lega utilità e preoccupazione dello sviluppo dell’individuo – segna i due poli di ogni azione educativa. Nel corso dell’ultimo secolo i pedagogisti dell’educazione fisica e sportiva sottolineano la difficoltà a legare correttamente queste due intenzioni.

 

Lo sport impone una pedagogia

La libertà pedagogica lasciata agli insegnanti e l’interesse degli allievi hanno fatto sempre più emergere una pedagogia essenzialmente orientata verso l’iniziazione sportiva.

Quando si tratta di fare realizzare un gesto finalizzato, una tecnica corporea efficace, le conoscenze non sono più sufficienti: si impongono quelle che sono relative ai processi d’apprendimento. La pedagogia si basa sulla tradizione della dimostrazione che deve dare una giusta idea del gesto da fare e provocare così un processo d’imitazione. Sono le teorie “associazioniste” dell’apprendimento che animano gli interventi pedagogici. Il gesto è spezzettato in elementi successivi da acquisire separatamente, poi da coordinare e legare tra loro. Progressivamente, quest’atteggiamento analitico cederà il posto ad un approccio più “globale”, dove il gesto da imparare verrà proposto nel suo insieme per rispettare la sua unità originale.

Non sono più le differenze morfologiche o fisiologiche che determinano i gruppi di lavoro, ma il livello d’efficacia raggiunto. Da questo punto di vista l’eterogeneità della classe rende necessaria un’individualizzazione della pedagogia che ci allontanano dalla pedagogia del formalismo dell’esercizio identico per tutti.

 

Apprendimenti e gesti sportivi

 

Le indicazioni dei diversi programmi ministeriali riservano un posto sempre maggiore all’attività sportiva, tuttavia non sempre le installazioni sportive sostengono questa necessità in tutte le situazioni ambientali.

Se le attività sportive devono avere un posto adeguato nell’ambito dell’educazione generale, l’educazione fisica e sportiva si basa su attività in cui la loro legittimità d’impiego e che organizza in funzione degli obiettivi che gli vengono assegnati. Essa non deve essere confusa con certi mezzi che utilizza. La maturazione fisica, intellettuale e morale a cui mira la scuola, il superamento di sé che promuove non sono solamente i mezzi per formare uno sportivo competitivo: sono anche quelli dell’accesso alla salute fisica e mentale che permette a ciascuno di adattare continuamente le sue reazioni ed i suoi comportamenti agli obblighi del suo ambiente. L’educazione fisica e sportiva integra le attività fisiche e sportive per migliorare le capacità degli allievi e d’instaurare delle competenze specifiche.

Sul terreno, ad eccezione degli esercizi di riscaldamento, sono le pratiche sportive che vengono programmate nell’insegnamento. I differenti sport vengono classificati in famiglie. Una pianificazione di ciascuna di esse viene effettuata ricercando per tutta la scolarità un equilibrio nello sviluppo degli effetti che sono supposti permettere dal punto di vista dei fattori percettivi, psicologici, sociologici, organici, considerati come le determinanti fondamentali della motricità.

In questo contesto la pedagogica è eclettica nei fini che persegue e nelle procedure che attua. Si possono qui osservare le influenze mescolate delle teorie dell’apprendimento elaborate in psicologia nella prima metà del XX secolo. Il pedagogo propone una dimostrazione del gesto da fare (teoria ideomotoria), poi fa ripetere in alternanza sia delle parti del gesto (è la decomposizione del gesto in elementi da acquisire separatamente, sotto l’influenza delle teorie associazioniste), sia l’esecuzione completa destinata a cogliere globalmente la «buona forma» (Gestalt) o a permettere d’associare tra loro gli elementi preliminarmente appresi. Le correzioni che seguono riguardano gli scarti dal modello che è supposto permettere l’efficacia, la quale sarà valutata rispetto alle norme sportive. L’attenzione è portata sul risultato oggettivo, ma è ancora la forma del movimento che viene privilegiata. Questa teoria sarà chiamata “tecnicistica” nella misura in cui la forma del gesto del campione diventa il modello da imitare.

 

L’allievo protagonista e produttore dei suoi apprendimenti

 

Lo sviluppo delle scienze umane (in particolare sotto l’influenza dell’epistemologia genetica di Piaget), delle scienze cognitive e delle neuroscienze, e particolarmente della teoria dell’informazione, trasformano le riflessioni pedagogiche. La dimostrazione assume meno importanza, l’allievo è portato ad entrare più direttamente nell’attività per individuare le sue possibilità e le sue difficoltà. L’insegnante «sistema l’ambiente» giocando sulle sue trasformazioni e sull’aggiustamento del materiale allo scopo di oggettivare il fine degli apprendimenti e d’offrire il massimo d’informazioni all’allievo prima, durante e dopo l’azione, per cui quest’ultimo valuta al meglio le procedure ed i risultati ottenuti. Qui è attuata una pedagogia delle “situazioni-problema”.

Le procedure di valutazione rivelano le ambizioni educative degli insegnanti. In effetti, quando si tratta d’attribuire un voto in educazione fisica e sportiva agli esami nazionali (in Francia), gli insegnanti considerano che la sola prestazione sportiva sia insufficiente per rappresentare il progresso e l’evoluzione della motricità dell’allievo. Quindi essi aggiungono una valutazione della condotta motoria generale definita come «intelligenza del movimento, presa di coscienza del corpo, padronanza ed efficacia del gesto». Sono anche apprezzate le «conoscenze sulle tecniche delle attività seguite». Nelle condizioni di un insegnamento con orari obbligati, è giocoforza constatare che esiste uno scarto tra le intenzioni e la realtà quotidiana.

 

Le attività sportive nei programmi scolastici

 

Per riassumere la tendenza pedagogica attuale, si può considerare che ciascuna attività sportiva insegnata è proposta come un compito o un insieme di compiti da imparare. Questi ultimi sono indicati come elementi che mettono in gioco un insieme o una configurazione specifica di risorse (biomeccanica, bio-energetica, bio-affettiva, bio-informativa) che bisogna in seguito saper mobilizzare per una realizzazione efficace ed armonica (abilità). La messa in gioco di risorse che implicano gli obblighi dell’ambiente e le caratteristiche stesse del compito hanno per effetto d’arricchire queste risorse considerate come capacità necessarie da sviluppare per permettere la complessificazione progressiva di competenze particolari.

Sono queste capacità di competenze particolari e generali da inscrivere in un programma d’educazione fisica e sportiva, dalla materna all’università. Da una parte quest’ultima dovrà dare dei riferimenti nazionali per omogeneizzare l’organizzazione degli apprendimenti sportivi proposti a scuola, e dall’altra definire gli obiettivi trasversali da sviluppare, qualunque siano questi apprendimenti. La riflessione didattica in materia d’educazione fisica e sportiva tende a trovare un modo per accordare la necessità sociologica di preservare la varietà degli apprendimenti sportivi – senza tuttavia cadere in un accumulo d’apprendimenti mai realizzati – con il bisogno d’oggettivare le acquisizioni reinvestibili al di fuori delle attività praticate. Al di là delle condizioni materiali e degli orari d’insegnamento così come dalle difficoltà metodologiche che possono rendere illusoria quest’ambizione di redigere una sorta di «grammatica del movimento». Non si deve dimenticare che ogni pedagogia non si lascia facilmente incasellare in un programma ufficiale, quando si sa che la diversità delle esperienze individuali in contesti estremamente variati fa dell’allievo un essere singolare che si tratta d’accompagnare verso un avvenire.

Queste brevi note pedagogiche hanno mostrato come si è passati da una pedagogia dell’esercizio collettivo preparatorio e formatore ad una pedagogia dell’azione individuale e in squadra che mette l’educatore di fronte ai significati sociali ed individuali della materia che insegna. In questo senso si può comprendere che per molti genitori il professore di educazione fisica e sportiva resta un “prof. di ginnastica”, quando per i bambini è diventato un “prof. di sport”. Si può vedere la prova che una pedagogia è sempre al servizio di una cultura scolastica che deve continuamente ridefinirsi.

 

 

Fonte: http://www.vaccarinict.gov.it/wp/wp-content/uploads/2015/07/dispensa-pedagogia.doc

Sito web da visitare: http://www.vaccarinict.gov.it

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