Dispensa Positivismo

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TRA OTTOCENTO E NOVECENTO, CRISI DEL POSITIVISMO

1. Il Positivismo

I progressi dovuti alla scienza nel corso del XIX secolo

Nel corso dell’Ottocento il progresso scientifico in tutti i campi portò ad un generale miglioramento delle condizioni di vita, ed influì notevolmente su quella che era la visione del mondo.

La collaborazione tra industria e ricerca scientifica consentì di diffondere su larga scala nuove tecnologie, che contribuiranno a modificare radicalmente la produzione, questa aumenterà notevolmente, e consentirà allo stesso tempo uno sforzo minore agli operai grazie all’uso massiccio delle macchine.

Le nuove scoperte e invenzioni miglioreranno, gradualmente, le condizioni di vita di tutti (si pensi alle scoperte in campo chimico e in quello elettrico).

I nuovi mezzi di comunicazione a distanza, e il notevole miglioramento nel campo dei trasporti, facilitarono lo scambio tra persone appartenenti a culture diverse; si ruppe in tal modo l’equilibrio preesistente tra campagna e città. Gli uomini conoscono la diversità e sono più disposti ad accettarla.

Le nuove scoperte in campo medico consentiranno di debellare malattie infettive che erano state un vero e proprio flagello per l’umanità nei secoli precedenti, si pensi alla peste.

L’osservare tutti questi progressi, dovuti alla scienza sperimentale, portò molti uomini dell’Ottocento alla convinzione che la scienza sia un bene in sé. Un bene che consentirà all’umanità intera di raggiungere un elevato livello di benessere, in una forma di progresso infinito.  

Caratteristiche della filosofia positivista.

I rappresentanti maggiormente significativi del Positivismo sono: Auguste Comte in Francia, John Stuart Mill ed Herbert Spencer in Inghilterra; Jakob Moleschott ed Ernest Haeckel in Germania, Roberto Ardigò in Italia

  • Diversamente che nell’idealismo, nel Positivismo si rivendica il primato della scienza: noi conosciamo solo quello che ci fanno conoscere le scienze, e l'unico metodo di conoscenza valido è quello delle scienze sperimentali naturali.
  • Il metodo delle scienze naturali ( reperimento delle leggi causali e loro controllo sui fatti) non vale solo per lo studio della natura, ma anche per lo studio della società e dell’uomo.
  • Nel positivismo non si ha soltanto l'affermazione dell'unità del metodo scientifico e del primato di questo metodo come strumento conoscitivo, ma la scienza viene esaltata come l'unico mezzo in grado di risolvere, nel corso del tempo,tutti i problemi umani e sociali che fino ad allora avevano tormentato l'umanità.
  • L'era del Positivismo è un’era pervasa da un ottimismo generale, che scaturisce dalla certezza in un progresso inarrestabile (talvolta concepito come frutto dell'ingegnosità e del lavoro umano, e talvolta invece visto come necessario e automatico) verso condizioni di benessere generalizzato in una società pacifica e pervasa da umana solidarietà.
  • Sempre in linea generale, il Positivismo è caratterizzato da una fiducia acritica e spesso sbrigativa e superficiale nella stabilità e nella crescita senza ostacoli nella scienza. Tale acritica fiducia nella scienza divenne un fenomeno di costume.
  • La "Positività" della scienza conduce la mentalità positivistica a combattere le concezioni idealistiche e spiritualistiche della realtà: concezioni che i Positivisti bollavano come metafisiche, anche se essi ricaddero poi in metafisiche altrettanto dogmatiche.

2. Crisi economico-sociale di fine Ottocento e messa in discussione

    della validità dell’ideale positivista

La grave crisi industriale ed agricola di fine secolo

In Europa e negli Stati Uniti si visse, nei primi settant’anni dell’Ottocento, uno sviluppo praticamente ininterrotto; un continuo miglioramento nelle condizioni di vita attestato anche dall’incredibile aumento demografico (in Europa si passò dai 200 milioni di abitanti d’inizio secolo ai circa 350 milioni negli anni Settanta, nonostante l’emigrazione verso le Americhe).

Un così rapido sviluppo industriale e un aumento così elevato nella produzione agricola non potevano continuare all’infinito, e così a partire dal 1873 e per circa un ventennio si visse una profonda crisi, in particolare in Europa (con milioni di persone costrette ad emigrare per poter sopravvivere, il movimento migratorio è rivolto innanzitutto verso gli Stati Uniti d’America, questo Paese vide un aumento impressionante nella popolazione: in cento anni, a partire da inizio Ottocento, si passò da 8 milioni ad 80 milioni di residenti). Per l’industria la crisi fu legata alla eccessiva produzione, per poter vendere quanto prodotto si fu costretti ad abbassare i prezzi in modo considerevole, con il relativo calo di profitto avente conseguenze sui salari e sull’occupazione. Per l’agricoltura la grande crisi si visse soprattutto in Europa, ancora prevalentemente agricola; lo sviluppo dei mezzi di trasporto rese possibile il diffondersi a livello mondiale dei diversi prodotti agricoli, e così l’Europa venne “inondata” di cererelai prodotti nel Canada, negli Stati Uniti, in Argentina con grave danno per gli agricoltori europei.

Le strade per uscire dalla crisi: Protezionismo, Colonialismo ed Imperialismo

Per uscire dalla grave crisi iniziata negli anni settanta, i più importanti paesi europei seguirono strategie simili. Da una parte iniziarono una politica economica protezionistica, a difesa della produzione interna e a scapito del libero scambio (questa politica andò ad accentuare i contrasti già esistenti tra alcuni Paesi), dall’altro accelerarono, e potenziarono, le attività di occupazione territoriale nei territori africani e asiatici in una vera e propria corsa imperialistica all’occupazione coloniale.

Queste strategie aiutarono i Paesi in crisi ad uscire dalle difficoltà economiche, ma misero nel contempo in luce come si fosse ben lontani dall’ideale positivista di benessere diffuso e generalizzato, il benessere dei paesi europei si era potuto ottenere grazie allo sfruttamento delle risorse di altre popolazioni, in base all’unico principio riconosciuto come valido, “il principio del più forte”. 

 

Crisi dell’ideale positivista, la scienza come semplice strumento 

La concezione secondo cui la scienza è uno strumento finalizzato unicamente a migliorare le condizioni di vita, entra in crisi quando si inizia ad osservare come le scoperte scientifiche possono essere usate anche per fini malvagi. In particolare si osserva come l’imperialismo e il conseguente colonialismo di fine secolo sia reso possibile dalla superiorità degli armamenti dei paesi occidentali. I nuovi strumenti di guerra, si pensi alla mitragliatrice, mostrano come la scienza possa anche consentire la creazione di strumenti di morte, non solo di strumenti di vita.

Pian piano si diffonde la consapevolezza che la scienza in sé non è ne buona ne cattiva, sono gli uomini che possono usare le scoperte che la scienza mette a disposizione per fare il bene o fare il male. Le nuove possibilità offerte dalla scienza come possono essere un fenomenale strumento di vita, così possono essere un altrettanto tremendo strumento di morte, come si vedrà nel primo conflitto mondiale con i suoi 12 milioni di morti.

 

3. Freud, Bergson, Nietzsche e il definitivo crollo delle certezze  

    positiviste

Il Positivismo entro definitivamente in crisi anche grazie all’opera di tre importanti personalità: Freud, Bergson e Nietzsche, vissuti tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento. Questi tre autori, con la loro opera, condizioneranno profondamente tutto il pensiero novecentesco, prima di dedicarci a loro é importante ricordare come alla fine del XIX secolo, inizi del XX, la stessa scienza subisce un mutamento radicale, le certezze che l’avevano caratterizzata nei secoli presedenti vengono messe in discussione da delle scoperte importantissime in diversi ambiti: la nascita della meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg, e soprattutto la teoria della relatività di Einstein, destinata a stravolgere la fisica di Newton. La stessa scienza mette in discussione le precedenti certezze scientifiche e l’ideale positivista ne è colpito mortalmente.

 

SIGMUND FREUD (1856-1839)

Freud è un medico che dedicandosi allo studio delle malattie mentali riconosce come la nostra struttura psichica sia particolarmente complessa. Secondo il medico austriaco la psiche di ogni uomo è formata da tre componenti:

  • io cosciente
  • inconscio (subconscio o Es)
  • superio

L’io cosciente rappresenta la componente della psiche di cui abbiamo coscienza, è il luogo delle riflessioni e delle decisioni, è la coscienza così come ci appare, Freud scopre però che l’io cosciente non coincide con la nostra intera struttura psichica, oltre alla coscienza riconosciuta, esistono, infatti, nella psiche umana anche altre due componenti importantissime: l’inconscio e il superio.

 

L’inconscio rappresenta il luogo della psiche che raccoglie elementi che condizionano profondamente la nostra vita cosciente, tra questi gli istinti (sessuale, di morte, ecc.); nell’inconscio troviamo anche quanto viene rimosso dalla coscienza in quanto elemento doloroso e di fastidio, ciò che è importante, dice Freud, è avere la consapevolezza di quanto i contenuti dell’inconscio possano condizionare la nostra vita cosciente. In alcuni casi il condizionamento è tale che ci costringe a vivere delle situazioni di vera e propria malattia, molti comportamenti considerati patologici e inspiegabili fino ad allora, possono benissimo essere spiegati grazie al riconoscimento di elementi di disturbo presenti nell’inconscio. Un esempio è il caso, raccontato dallo stesso Freud, di una donna che non riusciva a vivere serenamente il rapporto coniugale con il marito pur amandolo profondamente, indagando nella psiche della donna il medico individua nel subconscio la presenza di un episodio di violenza sessuale vissuto dalla donna quando era bambina, quel fatto, di cui la donna non aveva chiara coscienza, pregiudicava un comportamento normale con il marito. Altro elemento che ci porta a pensare all’esistenza dell’inconscio è dato dai lapsus, ossia da comportamenti o espressioni involontarie che si possono spiegare grazie a degli impulsi derivanti dall’inconscio. Secondo il medico austriaco se noi vogliamo eliminare il comportamento disturbato è fondamentale rimuovere l’elemento di disturbo presente nel subconscio, ora per poter rimuovere tale elemento è necessario vi sia la coscienza della sua esistenza, ma non è così semplice accedere al subconscio, per questo ci suggerisce tre possibili strade:

  • seduta psicanalitica
  • interpretazione dei sogni
  • ipnosi

La seduta psicanalitica mette in contatto la persona con un medico esperto il qual sarà in grado, attraverso delle domande o il libero flusso di coscienza, di individuare gli elementi di disturbo presenti nel subcosncio.

Un’altra strada che può aiutarci nel comprendere il nostro inconscio è legata al sogno. Quando sogniamo, infatti, la nostra coscienza è meno vigile e quindi i contenuti dell’inconscio possono emergere con più facilità. Dato però che la nostra coscienza cerca sempre di mascherare i contenuti è necessario interpretare il sogno al fine di attribuirgli il corretto significato (Freud ha scritto un testo dedicato proprio a questo “L’interpretazione dei sogni”).

Altro metodo che consente di abbassare il livello di coscienza è l’ipnosi, applicata dallo stesso Freud, soprattutto nei primi anni di attività.

 

Il superio è quella componente della psiche che raccoglie le norme, il dovere, l’autorità. E’ grazie agli impulsi che provengono dal superio che noi ci comportiamo correttamente, nonostante l’istinto ci spinga in altra direzione (abbiamo fame e vediamo un panino ci viene l’istinto di prenderlo anche se non è nostro, il superio ci ricorda però che un tale comportamento non è adeguato e quindi smorza l’impulso).

Secondo Freud un corretto comportamento è dato dall’equilibrio tra istinto e dovere, se prevale l’istinto e quindi cerchiamo di soddisfare i nostri bisogni nonostante le norme contrarie, rischiamo il carcere. Se prevale la norma, il dovere, e ogni impulso istintivo viene soppresso rischiamo di non vivere mai pienamente.

Il pensiero di questo medico ha condizionato profondamente letteratura, filosofia, medicina del Novecento, il messaggio più importante trasmesso è che in ogni uomo esiste il bene e il male, e che il male che è in ognuno di noi può manifestarsi all’improvviso in modo inconsapevole, indipendentemente dalla nostra volontà, come si comprende si va oltre i concetti piuttosto semplicistici di bontà e cattiveria.

Il pensiero di Freud condizionerà pesantemente tutta la letteratura del Novecento, da Svevo a Joyce.   

 

HENRI BERGSON (1859-1941)

Una critica radicale al pensiero positivista viene da Henri Bergson. Il filosofo francese riconosce nella complessità della vita, nel suo svolgersi, degli elementi che sfuggono alle possibilità conoscitive delle scienze sperimentali. La vita di un individuo nella sua complessità non potrà mai essere definita attraverso la spiegazione dei diversi meccanismi chimico-fisici che la regolamentano, vi è qualcosa che sfugge allo studio sperimentale un qualcosa non di secondario, anzi la cosa più importante l’essenza dell’individuo stesso (non è sufficiente definire altezza, peso, colore dei capelli, degli occhi, della pelle, numero di cellule costituenti, ecc. per poter definire chi è Giovanni, ogni descrizione, per quanto particolareggiata e accurata, non mi dirà nulla di realmente importante in merito al chi è Giovanni, in merito alla sua essenza).

Nei limiti che ci siamo imposti vediamo di Bergson solo alcuni elementi del pensiero, concentrandoci su quelli che hanno avuto maggior peso negli anni successivi:

  • Evoluzione creatrice
  • Tempo della scienza e tempo della coscienza
  • Intuizione quale strumento fondamentale per la conoscenza

Evoluzione creatrice

Nell’opera L’evoluzione creatrice del 1907, Bergson elabora una “visione del mondo” che sintetizza il suo pensiero. Secondo il filosofo, la vita biologica non è una macchina che si ripete sempre identica a se stessa, ma è continua ed incessante novità, è creazione, imprevedibilità, è vita sempre nuova che, assorbendo e conservando l’intero passato, cresce su se stessa.

La vita è vista dall‘autore come “una realtà che si stacca nettamente sulla materia bruta”. La vita è creazione libera e imprevedibile, è slancio vitale, mentre la materia non è altro che il momento dell’arresto di quello slancio vitale.

 

Tempo della scienza e tempo della coscienza

Secondo Bergson quando noi parliamo di tempo ci riferiamo a due realtà completamente diverse. Esiste, infatti, un tempo della scienza da intendersi come una successione di istanti tutti uguali, perfettamente distinguibili, come una serie di trattini che si distinguono su una linea che si distende nello spazio. Ed esiste il tempo della coscienza, in questo caso il tempo è vissuto come percezione del tempo che passa (tempo come durata), istanti possono durare ore e ore possono passare rapidamente, in pochi istanti. La coscienza vive quindi un rapporto del tutto particolare con il tempo: per la nostra coscienza il tempo è vissuto come presente (l’attimo del vissuto), passato (nel ricordo), futuro (come anticipazione). Gli esseri viventi diversi dall’uomo non vivono il tempo secondo queste dimensioni, per gli animali manca la dimensione del futuro (inteso come consapevolezza dell’esistenza di un tempo futuro).     

 

Intuizione quale strumento fondamentale per la conoscenza

Secondo il pensatore francese esistono due modi per conoscere il reale: un primo metodo, più superficiale, è legato alla conoscenza esterna della cosa, alla descrizione della stessa; il secondo modo, in grado di andare al cuore, o essenza, delle cose, è l’intuizione (metodo conoscitivo considerato obsoleto dalla scienza sperimentale). Per comprendere cosa intende Bergson con intuizione proviamo ad immaginare di raccogliere il maggior numero d’informazioni descrittive relative ad una persona, dati quantitativi relativi al peso, all’altezza, ecc. dati incontrovertibili raccolti grazie a misurazioni, ebbene cosa sappiamo noi di quella persona, intesa come essenza della persona, è una persona di cui fidarsi, ha un animo buono, potremmo diventare amici, nulla ci viene detto dell’essenza della persona dai dati di misurazione raccolti, molto meglio avere un incontro con quella persona, il suo modo di muoversi, di esprimersi, le espressioni del viso ci consentono di intuire qual è l’animo e quindi l’essenza della persona stessa.

Del pensiero di Bergson troviamo chiare tracce nell’opera di Pirandello, di Proust e di molti altri autore novecenteschi.

 

FRIEDRICH NIETZSCHE (1844-1900)

“Filosofare con il martello” è sufficiente fermarsi al titolo di quest’opera per comprendere lo spirito che anima l’attività filosofica di Nietzsche. Al di là delle intenzioni, realmente il filosofo tedesco è riuscito a demolire molte convinzioni dei suoi contemporanei mostrandone l’illusorietà e le mistificazioni, stimolando i successivi pensatori del Novecento nel cercare nuove strade al pensiero.

Due sono gli oggetto sui quali si concentra l’opere distruttiva di Nietzsche: il cristianesimo e la filosofia razionalistica nata con Socrate.

Per il cristianesimo l’odio del filosofo nasce dal riconosce nel cristianesimo un formidabile impulso alla mediocrità, secondo Nietzsche, infatti, l’idea di uguaglianza tra gli uomini professata dal cristianesimo altro non è che il fondamento di una morale del branco; invece di stimolare gli individui per far emergere le loro eccellenze, si impone loro la mortificazione delle loro abilità, con grave danno per i singoli individui e per l’intera collettività.

In riferimento alla filosofia razionalistica di Socrate il filosofo tedesco sottolinea come con Socrate e con il successivo sviluppo della filosofia occidentale si sia spenta definitivamente una delle principali forze espresse dalla Grecia presocratica: la forza dionisiaca. Dionisio rappresenta la vita nella sua massima espressione, intesa come piena salute, giovinezza, passione, entusiasmo, ebbrezza creativa; lo spirito di Dionisio porta l’uomo a sentirsi pienamente parte della natura.

Da queste due idee nasce il concetto di “superuomo”, individuo destinato ad una vita straordinaria con imprese eccezionali, il superuomo, in grado di esprimere pienamente le sue potenzialità, può andare, e va, oltre la morale comune, egli si pone al di sopra e al di fuori di questa.

Nella sua opera Nietzsche proclama anche la morte di Dio. Gli uomini, secondo il filosofo, l’avrebbero ucciso. Ora per comprendere cosa vuole dirci il pensatore dobbiamo pensare che per “Dio” Nietzsche intende il riconoscimento di un ordine, di una provvidenza nel mondo, un punto di riferimento che consenta di poter dire ciò che è bene e ciò che è male. Non è un caso che una famosa opera del filosofo tedesco s’intitoli “Al di là del bene e del male”. Dio è stato ucciso dagli uomini perché gli uomini non riconoscono più la sua presenza nella storia, essi si comportano come se Dio non ci fosse. Effettivamente nell’imperialismo e nel colonialismo di fine secolo, così come nelle guerre mondiali e nei crimini operati dalle dittature nella prima metà del XX secolo, è difficile non riconoscere l’esattezza nella profezia di Nietzsche. Per questa sua immagine di un mondo senza Dio, il filosofo tedesco viene identificato anche come l’autore del nichilismo. 

Il pensiero di Nietzsche influenzerà moltissimo la cultura d’inizio Novecento. La sua critica alla ragione sarà una formidabile spinta per l’irrazionalismo di inizio secolo, irrazionalismo manifestatosi non solo nell’arte, ma anche nelle scelte di massa, basti pensare all’entusiasmo con il quale molti cittadini accolsero l’inizio del primo conflitto mondiale.

La critica di Nietzsche alla morale dell’uguaglianza e la sua idea del superuomo, verranno sfruttate dalla Germania di Hitler per giustificare la critica alla democrazia, il potere assoluto assunto dal dittatore, i genocidi.

Molti sono gli scrittori del Novecento in vario modo condizionati dal pensiero di Nietzsche, per l’Italia ricordiamo D’Annunzio.

Il termine nichilismo (dal latino nihil, nulla, da cui nihilismo, secondo una dizione desueta e dal latino medioevale nichil dello stesso significato) designa in senso generico l'atteggiamento o la dottrina volti a negare in modo definitivo e radicale l'esistenza di qualsiasi valore in sé e l'esistenza di una qualsiasi verità oggettiva. Nella sua versione più estrema, il nichilismo considera la realtà stessa come radicalmente inconoscibile. (da Wilkipedia)

 

Fonte: http://www.insegnareitaliano.it/documenti/Laboratorio%20docenti/italiano/Martignon/Contesto%20storico-culturale/Tra%20Ottocento%20e%20Novecento,%20crisi%20del%20Positivismo_2008.doc

Sito web da visitare: http://www.insegnareitaliano.it

Autore del testo: Martignon

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