Dispensa storia delle Relazioni Internazionali

Dispensa storia delle Relazioni Internazionali

 

 

 

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Dispensa storia delle Relazioni Internazionali

Introduzione alla storia delle relazioni internazionali

La pace di Westfalia conclude la Guerra dei Trent’anni, una guerra condotta per motivazioni dinastiche e religiose che porta alla fine dell’impero come concezione omogenea. Nel 1642 iniziano le trattative di pace che si concluderanno appena nel 1648. Questa pace, che si basa sul principio di legittimità internazionale, ha la pretesa di vincolare tutte le potenze coinvolte, è il primo passo verso un sistema inteso come comitas gentium: non solo diritto naturale, ma anche diritto convenzionale. Finisce dunque il Sacro Romano Impero come organizzazione giuridica predominante e si afferma il principio di cuius regio eius religio. In Germania si afferma il diritto di voto degli stati tedeschi che possono votare in seno alla dieta imperiale a patto che non si coalizzino contro l’imperatore. Altri paesi ottengono l’autonomia (es. i Paesi Bassi si distaccano dalla Spagna). Si risolve il problema della crisi politica e religiosa del mondo medievale e si pongono le basi per un sistema europeo che rimarrà in vita fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Gli Stati si connotavano come superiorem non recognoscentes: affermavano così la propria parità rispetto agli altri. Si crea però un problema giuridico in quanto questo principio andava contro alla politica di potenza messa in atto fino a quel momento.

L’importanza dei trattati

Le prime raccolte di trattati risalgono a questo periodo. I trattatati vanno addirittura al di sopra della volontà del sovrano e hanno il rango di fonti primarie. Col tempo, il trattato assume maggiore importanza: su un trattato si possono fondare rivendicazioni territoriali, ma anche guerre. Dal XIX secolo saranno gli stessi governi a curare la pubblicazione di trattati. Non sono solo trattati ma scambi diplomatici, si comincia a scrivere la storia della politica estera. Dopo la prima guerra mondiale i trattati non sono più solo le fonti dei singoli Stati, ma anche quelle delle organizzazioni internazionali (es. Società delle Nazioni). Dopo la seconda guerra mondiale il discorso delle fonti si fa ancora più ampio (Nazioni Unite, altre organizzazioni internazionali di vario tipo). L’economia diventa un fattore di grande condizionamento della politica estera. Anche l’opinione pubblica è un fattore di condizionamento della politica estera(es. guerra del Vietnam: dissenso formato grazie all’informazione), ma l’opinione pubblica è a sua volta condizionata dalla politica estera (es. open diplomacy di Wilson). I documenti possono essere pubblicati direttamente dagli stati (fonti ente – es. documenti diplomatici) o possono essere documenti da consultare in archivio.

L’Europa dall’unificazione della Germania alla Prima Guerra Mondiale

L’Europa dopo l’unificazione della Germania

La Francia era uscita ridimensionata dal conflitto con la Prussia che le aveva causato la perdita dell’Alsazia e della Lorena. Bismarck teme la revanche francese, quindi cerca di evitare l’accerchiamento: la Germania si trova in una posizione dominante, ma c’è il pericolo di venire attaccati contemporaneamente su due fronti. La Francia aveva bisogno di un valido alleato per attaccare la Germania: l’alleato migliore sarebbe stato la Russia, ma questa non era un’alleanza possibile per gli elementi che differenziavano lo Stato francese dal regime autocratico russo. L’Impero Austroungarico nel frattempo era uscito da qualsiasi possibilità di ingerenza negli affari tedeschi. L’Austria era costretta a governare una crescente complessità legata all’impero multinazionale: Ungheria, componente slava, componente dell’irredentismo italiano. L’impero russo si fa tutore del nazionalismo slavo che promuove il panslavismo (creazione di uno stato slavo). La Russia mira anche alla ricerca di uno sbocco sul Mar Mediterraneo e per questo fa pressione sugli stretti controllati dall’Impero Ottomano. La Gran Bretagna attua una politica di “splendido isolamento”: un isolamento vincente, delinea un dominio africano dal Cairo a Città del Capo, difende l’Impero Ottomano che ormai cominciava a sfaldarsi (se si fosse definitivamente sfaldato non sarebbe più stata in grado di controllarlo). La zona balcanica intanto era vista con interesse  da parte di Russia, Austria e Germania. Si riteneva che sul continente ci dovesse essere un equilibrio, non si voleva che il Reich assumesse una posizione predominante. L’Italia nel frattempo rimaneva isolata: non poteva allearsi con la Francia perché temeva una coalizione clericale che ripristinasse il potere del papa, in funzione antifrancese l’Italia poteva allearsi solo con gli imperi centrali, ma ciò sembrava innaturale.

La Lega dei Tre Imperatori

Il primo problema di Bismarck è quello di isolare la Francia, è meno preoccupato per la Gran Bretagna a causa del suo “splendido isolamento”. L’alleanza tra il Reich e l’Austria è naturale e viene perseguita in un modo che qualche storico definisce addirittura perverso fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Per isolare la Francia, Bismarck  cerca un’alleanza con la Russia. Il panslavismo che si accende nei Balcani è un pericolo per la stabilità europea. A questo punto è necessario cambiare la clausola del Trattato di Parigi del ‘56 firmato in seguito alla sconfitta russa in Crimea che vietava alla Russia di mantenere la sua flotta nel Mar Nero. La Russia rimette voce al problema degli stretti e trova l’appoggio del Reich: Bismarck è disposto a cambiare quella clausola se la Russia in cambio si manterrà neutrale quando il Reich annetterà l’Alsazia e la Lorena. Nel 1870 viene denunciata questa clausola, ma la Gran Bretagna non accetta il recesso unilaterale. Nel 1871 a Londra viene indetto un congresso delle potenze: viene abolita la clausola sul Mar Nero, ma viene imposto che non sarà più possibile il recesso unilaterale. Bismarck ritiene necessario consolidare lo scambio di favori con la Russia. Fa presente che moti rivoluzionari socialisti stanno prendendo piede in Francia: la paura che il veleno del socialismo si possa espandere in Europa porta ad un’unione delle grandi potenze conservatrici, si forma un’alleanza ideologica. La Francia viene così isolata. È una politica di gabinetto: politica condotta in modo ristretto, non c’è nessun condizionamento del parlamento.

Il primo sistema bismarckiano è formato sull’alleanza di tre imperi, ma in realtà è qualcosa di più ampio. Bismarck è convinto di dover svolgere il ruolo di mediatore tra Austria e Russia. Nel 1873 viene firmata una convenzione militare segreta tra Russia e Germania: qualora una delle due potenze fosse stata attaccata, l’altra avrebbe messo in campo 200000 uomini del proprio esercito. L’Austria rimane inizialmente fuori da questo accordo, vi entra però a fare parte attraverso la convenzione di Schoenbrun tra Austria e Russia. A questa convenzione viene aggiunta una postilla: le due potenze si impegnano a lottare contro il socialismo rivoluzionario. Le due convenzioni vengono legate assieme dalla Lega dei tre imperatori: ciò dovrebbe portare ad un sistema di equilibrio, ma la stabilità apparentemente garantita ha una serie di problemi.

La Germania è preoccupata per l’evolversi della situazione interna francese: cade il governo, sale al potere Mac Mahon, cresce la paura del ripristino della monarchia e di una politica clericale. Nel 1873 Bismarck teme che la Francia possa in qualche modo contrapporsi alla Germania e si ha la cosiddetta crisi della guerra in vista: si teme che la Germania, aspettandosi un’aggressione francese, utilizzi lo strumento della guerra preventiva, si ha una crescente tensione, si teme una nuova guerra franco-prussiana. Anche alcune componenti del gabinetto del Reich ritenevano questa ipotesi possibile. In seguito al conflitto franco-prussiano, la Germania aveva imposto alla Francia il pagamento dei danni, ma la ripresa era stata più rapida di quello che ci si aspettava: la Francia si confermava una grande potenza economica e finanziaria. La Francia aveva anche deciso una riforma dell’esercito, si assiste ad una battaglia sulle testate dei giornali e il timore di una guerra preventiva cresce sempre di più. La Russia e la Gran Bretagna svolgeranno un ruolo di mediatori: inviteranno la Germania a non iniziare una guerra preventiva. Nel 1875 lo zar Gorciakov va a Berlino. La lega dei tre imperatori non è poi così salda, il primo sistema bismarchiano comincia a mostrare le sue crepe.

Nei Balcani si accende la scintilla del nazionalismo slavo oppresso dalla dominazione ottomana. Nel 1875 si assiste ad una rivolta in Bosnia Erzegovina: non è una rivolta solamente religiosa, è una rivolta dai tratti quasi antiquati, i contadini erano pesantemente oppressi, lo stato aveva ancora una stampo medievale in termini sociali, la rivolta era fomentata dalle componenti slave (Russi, ufficiali austroungarici in Dalmazia). Questa rivolta è pericolosa perché questi sommovimenti cambiano gli interessi europei, a cominciare da quelli della Gran Bretagna che voleva evitare la distruzione dell’Impero Ottomano che era facilmente influenzabile dagli inglesi. La Bosnia Erzegovina era fondamentale per l’Austria: per la stabilità della duplice monarchia non si potevano annettere altri popoli slavi. Se la Serbia si fosse annessa la Bosnia, l’Austria sarebbe dovuta intervenire. La rivolta in Bosnia Erzegovina produce un effetto domino in Bulgaria (sostenuta dai russi). Anche la Serbia-Montenegro si rivolta contro l’impero ottomano. L’Austria continua ad essere prudente, mentre la Russia invia aiuti (ci sono russi che combattono nell’esercito serbo). Si assiste alla dura repressione turca: la Gran Bretagna comincia ad avere serie difficoltà a sostenere l’Impero Ottomano di fronte all’opinione pubblica. L’Impero Ottomano è reticente a portare avanti le riforme richieste dagli inglesi. Nel 1876 Gorciakov fa un accordo con l’Austria in quanto sa che se se la Russia entra nei Balcani, l’Austria interverrà: se l’Impero Ottomano vince sui serbi, l’Austria si impegnerà per il mantenimento dello status quo; se vincono la Serbia-Montenegro la Russia entrerà in possesso della Bessarabia. Russia e Austria sembrano trovare un accomodamento. Gran parte della Serbia era sotto il controllo austriaco. La sconfitta serba peggiora la situazione: la Russia è convinta di dover intervenire. Se la Russia viola la neutralità, Bismarck doveva evitare che la conflittualità nei Balcani si trasformasse in un intervento russo e austriaco. Bismark si sforza per convincere l’Austria a mantenere la sua neutralità, ma fa presente alla Russia che in caso di intervento la Germania non sarebbe rimasta a guardare: è un disperato tentativo della Germania di mantenersi equidistante (“la strada per Berlino passa per Vienna”). Se l’integrità austriaca verrà minacciata, interverranno a sua difesa. L’ultimo tentativo di negoziazione si ha a Costantinopoli nel 1876: la Russia da un lato mobilita le sue truppe, dall’altro cerca di garantirsi la neutralità austriaca attraverso accordi. Il regime zarista si trovava in una situazione di debolezza interna, per questo voleva intervenire. Nel 1877 la Russia dichiara guerra alla Turchia, già indebolita dalle rivolte interne. La Russia segue l’espansione verso gli stretti. L’Austria resta neutrale. La Gran Bretagna decide di intervenire ponendo la propria flotta nei dintorni per evitare che i russi prendano il controllo degli stretti, la Gran Bretagna non entra però nel conflitto. La Russia sconfigge l’Impero Ottomano e ribalta le carte in tavola alla firma del Trattato di Santo Stefano:

si forma la cosiddetta Grande Bulgaria;

la Bosnia passa sotto il controllo ottomano, diversamente da quanto stabilito dagli accordi con l’Austria;

la Turchia viene cancellata dall’Europa.

Questa pace conferma i sospetti iniziali: la Gran Bretagna vede realizzarsi la più pessimistica delle sue aspettative. L’accordo di Santo Stefano è inaccettabile per tutti. Le difficoltà interne della Russia permangono: anche se ha ottenuto una vittoria militare, si trova isolata.

Il Congresso di Berlino

Nel Congresso di Berlino del 1878 si decide che:

la Grande Bulgaria (sotto l’influenza russa) veniva divisa;

la Rumenia Orientale viene dichiarata provincia autonoma;

gli stretti rimangono sotto la sovranità turca

la Russia ottiene la Bessarabia migliorando così la sua posizione;

la Romania si estendeva nella Dobrugia;

veniva garantita l’indipendenza alla Serbia che cominciava a guardare all’Austria, comincia un rapporto di interdipendenza economica che col tempo porterà ad un’alleanza segreta. L’Austria vorrebbe clausole commerciali con la Serbia, ne condiziona profondamente la politica: la controlla ma non la annette per evitare di inglobare ulteriori popoli slavi. Le impone anche un accordo politico, quasi una sorta di protettorato (forma di controllo sulla politica estera di un paese). A partire da questo accordo l’esercizio di potere sulla Serbia diventerà molto pesante;

la Bosnia Erzegovina rimaneva sotto la sovranità turca, ma sotto l’amministrazione austriaca. Ciò rappresenta una soddisfazione per l’Austria, inoltre è un riequilibrio della situazione che sennò avrebbe continuato ad essere un elemento di instabilità. L’amministrazione della Bosnia Erzegovina costerà cara all’Austria. La sovranità dell’Impero Ottomano finirà col non aver più alcun senso. L’Impero Ottomano uscirà dal controllo della Bosnia Erzegovina: ciò poterà alla crisi balcanica del 1908, quando l’Austria deciderà di annettere la Bosnia;

il Sangiaccato di Novi Bazar, un territorio strategico, rimaneva sotto la dominazione ottomana, ma veniva amministrato dall’Impero Austroungarico. L’Austria assume un controllo economico di quei territori, ma costruisce anche strade e ferrovie, elementi funzionali per gli scambi commerciali;

la Gran Bretagna vuole tutelare i propri interessi di grande potenza marittima e imperiale, pertanto mira al controllo degli stretti. Acquisisce il controllo di Cipro, che si trova in una posizione strategica per la politica inglese nel Mediterraneo. La Gran Bretagna preserva il suo splendido isolamento, ciò però non le impedisce di far sentire il peso della sua potenza;

l’Impero Ottomano viene ridimensionato, non ha voce in capitolo.

La Duplice Alleanza

Nell’ottobre 1879 viene stipulata la Duplice Alleanza: politica di assoluta coesione tra l’Austria e il Reich. L’Austria non vuole però che questa alleanza significhi venir coinvolta in beghe con la Francia. Nel 18881 la Duplice Alleanza   assume un carattere difensivo in senso russo: questo accordo accontenta più l’Austria che la Germania. Casus foederis (ragione per la quale scoppia una guerra): se uno dei due paesi fosse stato attaccato dalla Russia, l’altro sarebbe dovuto intervenire; in caso di attacco da parte di un’altra potenza, l’alleato avrebbe garantito la sua neutralità; se la Russia avesse però concesso aiuti al paese in guerra contro l’alleato, l’altro sarebbe dovuto intervenire (questo passaggio è una tutela degli interessi tedeschi). Questo trattato aveva durata quinquennale, era un patto segreto, ma in realtà fu fatto vedere ai russi perché era un potente deterrente.

La politica coloniale

A fine ‘800 si hanno intanto competizioni in termini di conquiste coloniali che influenzano gli equilibri europei. Bismarck avanza l’ipotesi che la Tunisia possa essere concessa alla Francia: era un territorio di forte interesse sia per la Francia che per l’Italia (per l’Italia soprattutto per la sua posizione geografica). Il ministro italiano inaugura la politica delle mani nette: idea che l’Italia fosse troppo debole ed isolata per difendere delle acquisizioni territoriali. Bismarck da un lato incentiva la politica coloniale della Francia poiché la distoglie dalla revanche, dall’altro è consapevole che la Tunisia mette in competizione Francia e Italia scongiurando l’ipotesi di una loro possibile alleanza. Per la Germania la politica coloniale è un mezzo e non un fine. L’Italia attua una politica di insediamento ma non di controllo finanziario. La Francia nel 1881 dichiara la Tunisia un suo protettorato con il Trattato del Bardo (atto unilaterale): è il segnale che l’Italia non può più restare isolata.

L’Inghilterra intanto mira al controllo dal Cairo a Città del Capo e deve fare i conti con le questioni dell’Egitto e del Canale di Suez, costruito principalmente dai francesi: il suo strumento vitale è costruito dai suoi grandi rivali. Ciò porterà alla rivalità franco-britannica in Egitto. La Gran Bretagna è contraria alle spartizioni territoriali perché creano dissidi tra potenze. Nel 1875 la Gran Bretagna comincia ad acquistare azioni egiziane della compagnia del canale approfittando del fatto che l’Egitto stava andando in bancarotta. In questo modo la Gran Bretagna si garantisce il controllo sul canale. L’Egitto è in sostanza sotto la sovranità inglese, ma non formalmente, poiché ciò porterebbe al dover render conto alle altre potenze. Tra Gran Bretagna e Francia i rapporti diventano difficili, quindi Bismark non teme più una loro eventuale alleanza. L’atto di Berlino cerca di regolamentare l’espansione coloniale delle potenze europee: obbligo di notifica per evitare che paesi diversi pongano il proprio dominio sullo stesso territorio.

La Triplice Alleanza

Nel 1881 l’Italia prende atto che è isolata, si riapre il discorso del governo Crispi quando si era recato da Bismarck per avviare una’alleanza con il Reich, ma l’alleanza incontrava l’ostacolo della questione dell’irredentismo (“la strada per Berlino passa per Vienna”). Bismarck fa in modo che l’alleanza comprenda anche l’Austria. l’Italia non può rimanere isolata e correre il rischio che la Francia prenda anche la Libia. Italia, Germania e Austria formano così la Triplice Alleanza. L’Italia pensa di poter far valere la sua posizione geografica strategica, pensa di poter avere un ruolo nei Balcani, ma l’Austria non è d’accordo. La prima Triplice Alleanza non prevede né territori nei Balcani né tantomeno colonie. L’Italia si impegna ad intervenire con Austria e Germania: tutte e tre ne traggono vantaggi, ma l’Italia è la più debole. È un’alleanza a carattere strettamente difensivo. Clausola Mancini: questa intesa non si intende mai rivolta contro la Gran Bretagna. Per l’Italia la Triplice Alleanza significa uscire dall’isolamento, per Bismarck evitare che l’Italia si allei con la Francia. È un’alleanza innaturale tra gli imperi centrali: con questo atto finisce l’irredentismo italiano.

I Balcani

La Russia tende ad espandersi verso l’Afghanistan, considerato la porta per l’India. Vi è quindi competizione tra Gran Bretagna e Russia, come sugli stretti che per la Gran Bretagna non devono passare sotto il controllo russo. La faccenda si complica perché l’area dei Balcani resta instabile.

La Russia si trova limitata nei Balcani, svanisce il sogno di una Grande Bulgaria sotto la sua influenza. In Bulgaria regna la casata tedesca dei Battenberg, che nel 1885 si farà promotrice di un’iniziativa che sconvolgerà i rapporti nei Balcani. Quando scoppia una rivolta per una riunificazione della Rumenia Orientale e della Bulgaria, Alessandro di Battenberg si fa promotore della rivolta per la costituzione di un grande regno bulgaro. Questo ingrandimento non è più gradito ai russi perché Battenberg sfugge al loro controllo, sembra perseguire una politica autonoma che potrebbe portare la Bulgaria alla stessa fine delle Serbia. Bismarck vuole contenere la rivalità tra le grandi potenze. La riunificazione è ben vista dall’Inghilterra che spera di trasformarla in uno stato cuscinetto contro la Russia, stato cuscinetto verso il mar Nero: torna fuori il discorso sugli stretti. La Serbia vuole una modifica dello status quo, alcuni dicono spinta dall’Austria, in realtà l’Austria tenta di tenere a bada la Serbia perché teme di dover entrare in un conflitto in suo aiuto. La Serbia dichiara guerra alla Bulgaria, l’Austria da un lato dovrebbe intervenire, dall’altro teme che la guerra degeneri. Il sistema bismarckiano trova sempre le proprie difficoltà nei Balcani. C’è una crescente tensione tra Russia e Austria,  Bismarck teme di doversi schierare da un lato o dall’altro: se Bismarck si fosse alleato con l’Austria, la Russia si sarebbe alleata con la Francia. Intanto i bulgari penetrano in territorio serbo e l’Austria minaccia di intervenire se non si ritirano immediatamente. La Bulgaria nell’86 sottoscrive un trattato in cui si ristabilisce lo status quo non del congresso di Berlino, ma lo status quo tra Serbia e Bulgaria. Si ha l’unificazione tra Bulgaria e Rumenia orientale, anche se nessuno degli imperi centrali era d’accordo con ciò.

La crisi sembra finita, ma nell’agosto 1886 Alessandro di Battenberg viene rapito probabilmente vittima di una cospirazione ordita dai russi che vogliono liberarsi di lui, considerato un elemento sfavorevole per la loro politica nei Balcani. Il principe riuscirà a fuggire, tornerà in Bulgaria dove incontrerà agenti russi che gli faranno capire che è meglio abdicare. Nel 1886 in Bulgaria prende il potere come reggente Stambolov, esponente del partito liberale. Resterà in carica fino a luglio ’87, ma la sua capacità di influire sulla politica continuerà per circa sette anni durante i quali si avrà un avvicinamento all’Austria, la Bulgaria segue le tracce della Serbia. Dopo sette anni viene ucciso a colpi di sciabola. Quando Alessandro abdica, l’Austria capisce che dietro ci sono i russi: si avvalorano i sospetti austriaci sull’espansionismo russo. L’Austria avvisa la Russia che non è disposta a tollerare l’intervento diretto dei russi in Bulgaria.

Il rinnovo della Triplice Alleanza

In Europa si respira nuovamente pesante aria di crisi. Bismarck teme un ritorno revanchista della Francia. I suoi detrattori dicono che soffiasse ad arte su questo, Bismarck ha possenti biografie a suo sfavore. Bismark tutelava in primis la sopravvivenza della Germania, ma mirava anche all’equilibrio degli assetti europei. Con la sua morte, nel 1990, verranno a meno le basi della sua politica: si romperanno i rapporti tra Germania e Russia. Bismarck aveva rivisto il suo primo sistema con la Triplice Alleanza di durata quinquennale. Dopo 5 anni bisogna rivedere gli accordi e ciò gioca a favore degli italiani perché a questo punto l’alleanza con l’Italia ha maggiore rilievo. Il primo rinnovo è fatto da un’Austria e una Germania in crescente difficoltà con la Russia. Bismarck ritiene opportuno persuadere gli austriaci che sia necessario dare dei compensi all’Italia. L’Italia vuole che la Triplice non sia più solo un accordo difensivo ma che costituisca un vantaggio per la politica italiana propesa sul Mediterraneo. Bismarck accontenta gli appetiti italiani sul Nord Africa perché ciò costituiva una politica antifrancese. Per l’Italia la sponda balcanica era di primo interesse perché bagnata dal Mar Adriatico, ciò però contrasta con l’Austria. Bismarck però a questo punto ha tutte le carte per persuadere l’Austria cedere. L’accordo si struttura in tre accordi:

rinnovo della prima Triplice Alleanza che rimane intonsa e tutela gli interessi dell’Italia nei Balcani;

un accordo con l’Austria

un accordo con la Germania che tutela gli interessi nordafricani dell’Italia

La suddivisione è l’idea vincente di Bismark.

[vedi il testo del trattato]

L’alleanza non è più solo difensiva: è un trattato più aggressivo nei confronti della Francia. Bismark accondiscende perché pensa che la fase coloniale francese stia volgendo al termine e teme la revanche. L’espansione italiana nel Mediterraneo segue ragioni storiche. Il rinnovo è una modifica sostanziale del trattato, viene eliminata anche la clausola Mancini.

Nel 1887 Italia e Gran Bretagna firmano un accordo per il mantenimento dello status quo nel Mar Mediterraneo, nell’Adriatico, nel Mar Nero e nel Mar Egeo. Qualora il mantenimento non fosse possibile, le modifiche avverranno solo in seguito ad un accordo preventivo tra le due potenze. Vengono così tutelati gli interessi italiani in Tripolitania e Cirenaica. C’è un’importante presa di distanza dalla Francia, in questo modo si fa l’interesse di Bismark, per questo non è più necessaria la clausola Mancini.

A questo punto bisogna porsi il problema della Russia: Bismarck si rende conto che se la Russia si sentisse in pericolo finirebbe coll’allearsi alla Francia. Con il rinnovamento della Triplice, la Germania si allontana ulteriormente dalla Russia. Nell’87 si assiste a una grande opera di diplomazia di Bismarck: Trattato di contro-assicurazione. Germania e Russia si incontrano a Berlino, dove Bismarck promette una neutralità benevola se la Russia fosse stata attaccata e viceversa. Eccezione: la neutralità non valeva se la Russia fosse stata attaccata dalla Francia e se la Germania fosse stata attaccata dall’Austria. Bismarck mostra il trattato segreto all’ambasciatore russo: viola l’accordo con l’Austria, lo usa come deterrente. Secondo i deterrenti di Bismarck il nuovo accordo toglie valore a quello del ‘79.

Il successore di Bismarck si tiene stretta l’Austria, ma commetterà l’errore di lasciare andare la Russia. La Russia si alleerà con la Francia: un’alleanza meno innaturale di quello che si credeva, in quanto avevano un comune interesse. Alla fine avviene ciò che Bismarck maggiormente temeva.

Guglielmo II

Nel 1888 il Kaiser muore e gli succede Guglielmo II, nipote di Guglielmo I. La caduta di Bismarck sembra inevitabile, per gravi divergenze sia in politica estera che in politica interna. Bismarck vorrebbe rinnovare il trattato di contro-assicurazione, Guglielmo invece era contrario. Il trattato non viene rinnovato e quindi cade l’alleanza con la Russia. Ciò significava gettare la Russia nelle braccia della Francia e allo stesso tempo aumentare il peso dell’Austria nell’alleanza austro-tedesca. C’è chi sostiene che il trattato di contro-assicurazione sarebbe caduto comunque, a causa delle sue forti contraddizioni interne. Certo è che questo trattato avrebbe garantito una certa neutralità della Russia o, in caso di attacco, almeno un preavviso per permettere alla Germania di prepararsi. L’ascesa di Guglielmo non favorisce i buoni rapporti con la Russia in quanto era un pessimo diplomatico. Addirittura il kaiser fa visita al sultano dell’impero ottomano, mettendosi in contrasto con una clausola del trattato di contro-assicurazione.

Nel gennaio ’88 la Triplice si era consolidata, nel senso che Bismarck aveva accolto la volontà italiana sul nord Africa attraverso la convenzione militare tra Germania e Italia. Nello stesso anno la Francia dà avvio ad una guerra doganale con l’Italia, nasce così una competizione in termini economici. L’Italia viene vista come un pericolo per la Francia. Nel ’90 scade il trattato di contro-assicurazione. Nello stesso anno muore Bismarck. La Germania intraprende una nuova strada che porta alla rottura con la Russia. Bismarck cerca l’amicizia con la Gran Bretagna, per rafforzarla si dovrebbero accentuare gli accordi mediterranei. In realtà questo non viene fatto. La GB inizia una politica di potenziamento della propria flotta: era la prima flotta al mondo e aveva come obiettivo quello di raggiungere il tonnellaggio delle altre due flotte più grandi. In questo modo la GB rafforza il suo isolamento.

Le dimissioni di Bismarck – Von Caprivi

Nel frattempo Guglielmo coltiva i suoi sogni di politica mondiale, mira a far diventare la Germania una potenza marittima. Nel ‘90 lo scontro diventa inevitabile. Bismarck cerca fino all’ultimo un rinnovo del trattato di contro-assicurazione. Quando Bismarck dà le dimissioni, Von Caprivi diventa il nuovo cancelliere: non è un esperto di politica estera, commetterà una serie di errori come. Il trattato di contro-assicurazione non viene rinnovato. Bismarck non era un anti-colonialista, tuttavia non antepone le questioni coloniali alle questioni europee. La Germania cerca un accordo con la GB per una vertenza sull’isola di Zanzibar: scambio tra Zanzibar e l’isola di Helgoland. I rapporti tra Francia e GB continuano ad essere tesi a causa dei conflitti coloniali (es. Egitto), ciò porta ad una grande competizione. Lo scambio tra Zanzibar e Helgoland viene malvisto dai russi.

La Francia

La Francia è portatrice di elementi considerati pericolosi dal regime zarista, tuttavia la Russia viene spinta a cercare un’alleanza con la Francia. La politica europea si sta modificando. La Russia teme che in caso di uno scontro con la GB (competizione accentuata, es. stretti), la Germania potrebbe approfittare per attaccare la frontiera polacca. Il trattato di contro-assicurazione evitava questa possibilità. La contrapposizione economica cominciava anche a dividere la Germania dalla Russia: i tedeschi decidono un blocco delle esportazioni di capitali verso la Russia affamata di credito. Questo è un elemento in cui la Francia può insinuarsi. Fino a quel momento la politica francese in Europa era statica perché il paese si trovava isolato. Quando vengono meno i presupposti della politica bismarckiana, la politica francese diventa più dinamica, la Francia cerca un’alleanza per contrastare la triplice e trova questo alleato nella Russia. Nel maggio 1890 c’è l’arresto di un gruppo di rivoluzionari russi a Parigi: anche allora la Francia accoglieva rifugiati politici, questo è quindi un chiaro messaggio.

Il secondo rinnovo della Triplice

La Francia cerca anche di capire se ci sono possibilità di allontanare l’Italia dalla Triplice. Gli italiani chiedono però il riconoscimento della “mano libera” in Abissinia, Tripolitania e Cirenaica e di non alterare lo status quo in Tunisia, ciò non è però possibile. L’Italia voleva far valere i propri diritti sulla Tunisia per la cospicua presenza italiana a Tunisi. Crispi era un colonialista convinto, ma era consapevole che non ci si poteva scontrare con la GB. La velleità italiana si scontra quindi sia con Francia e GB che con gli imperi centrali. L’Italia ha inoltre paura che risorga la questione romana. La Francia ottiene un protettorato sul Madagascar. Quando nel ‘91 cade Crispi e va al potere Rudinì si comincia a pensare ad un avvicinamento alla Francia, ma quello che la Francia chiede all’Italia è eccessivo (abbandono della Triplice). Rudinì deve allora cercare un rinnovo della Triplice, gioca d’anticipo. Nel ’91 si ha il secondo rinnovo della Triplice, un anno prima della scadenza. I tre trattati che avevano costituito la Triplice dell’87 diventano un unico documento. Da questo accordo sorgono nuovi obblighi per la Germania per il mantenimento dello status quo in Tripolitania, in Cirenaica e in Tunisia. L’accordo prevedeva anche che se il mantenimento fosse diventato impossibile, l’Italia e la Germania si sarebbero preventivamente accordate con la GB.

L’alleanza tra Russia e Francia

La Francia sospetta che la GB abbia aderito alla triplice, allora finalmente decide di cercare un accordo concreto con la Russia, sia sul piano economico che su quello politico. La Francia fornisce un’ampia concessione di prestiti alla Russia , attraverso una convenzione doganale: finanziare un paese per manovrare la sua politica estera è uno strumento che verrà spesso usato dalla Francia.

L’estate del ’91 sarà risolutiva: Russia e Francia trovano un accordo. La Francia non è più isolata, ma cerca anche un accordo militare. Alla fine si giunge a questo accordo, anche se la Russia non era completamente d’accordo. Tuttavia questa convenzione nasce con termini molto vaghi, poco concreti, si nota la volontà russa di non impegnarsi in modo definitivo con la Francia. Nel ‘92 si arriva ad una convenzione militare che però non verrà subito ratificata dallo zar. Solo nel ‘94 si avrà un accordo militare con la Germania: nell’eventualità di un attacco da parte di Austria o Italia appoggiate dalla Germania, l’alleato metterà in campo tutte le sue forze per proteggere l’altro. Questa convenzione ha carattere puramente difensivo. Qualora vi sia mobilitazione di uno solo dei membri della triplice intesa questo avrebbe portato alla mobilitazione di Russia o Francia senza previa consultazione.

La politica estera tedesca

Dopo le dimissioni di Bismarck la politica estera tedesca è tentennante, Guglielmo non era molto equilibrato. Nella staticità dei sistemi bismarckiani si sostituisce un dinamismo dovuto ai successivi cambiamenti di rotta della politica estera. Ci sono delle successive fasi di avvicinamento e diffidenza verso la Russia.

Fattori che indicano il cambiamento della politica tedesca:

Riforma dell’esercito del 1892: le forze tedesche vengono aumentate di circa 80 000 uomini, Caprivi sottolinea la necessità della Germania di difendersi da Francia e Russia (guerra su due fronti). La riforma militare spinge ancora di più la Russia verso la Francia.

Tra Russia e Germania era in corso una guerra doganale. Nel gennaio ’93 c’è la visita dello zar a Berlino (per sottolineare la politica incerta), sembra un tentativo di ripristinare la Lega dei Tre Imperatori. Nel ’93 la Francia è coinvolta in uno scandalo riguardo il Canale di Panama. Lo zar diffida della Francia. Tuttavia, l’obiettivo dell’avvicinamento non viene correttamente perseguito, sarebbe bastato concludere la guerra doganale. Ciò invece non accade.

Gli scontri in Indocina

La complessità europea è aggravata dalla situazione extraeuropea: nessuna potenza europea è esclusa dalle ambizioni imperialiste. Ad un certo punto sembrava che la GB stesse per uscire dal suo isolamento, sembrava possibile un’alleanza con la Francia. Ma lo scontro pesante tra le due potenze in ambito coloniale non rese possibile questo avvicinamento. Gli scontri riguardavano innanzitutto l’Indocina. La Francia voleva fare del Siam un protettorato. La GB si oppone perché il Siam era una possibile via di accesso all’india, il Siam era uno stato cuscinetto tra la Birmania e le colonie francesi. La GB vuole proteggere tutta la riva sinistra del Mekong per proteggere l’India. Sembrava si stesse per arrivare allo scontro tra Francia e GB, in realtà si trattava di una serie di fraintendimenti, la crisi si risolve. Nel frattempo la Germania adotta una politica di attesa, si prenderà posizione solo se il conflitto scoppierà realmente. L’eventuale conflitto avrebbe dato un enorme vantaggio ai tedeschi in quanto l’unica possibilità inglese sarebbe stata quella di aderire ad una Quadruplice Alleanza. In realtà l’isolamento inglese continuerà.

Una serie di scelte politiche sbagliate della Germania la porteranno all’inimicizia con la GB, ma nel primo periodo c’è ancora la volontà di cercare un’alleanza vera con la GB. La crisi del Siam dà alla Germania l’immagine di un’Inghilterra debole, si pensava che l’alleanza fosse possibile. Stava finendo lo splendore del suo isolamento, aveva parecchi problemi, per esempio temeva costantemente di essere presa tra due fuochi, di pressioni sull’India tra Francia (Siam e Indocina) e Russia. Queste pressioni avrebbero distolto la GB dal Mediterraneo, avrebbe dovuto abbandonare la sua politica di pressione sugli stretti. In questo momento la flotta si trova in una situazione di inferiorità. La flotta russa arriva a Tolone, una base importantissima. I russi decidono di tenere una squadra fissa nel Mediterraneo. L’Inghilterra doveva far fronte alla sua inferiorità sul Mediterraneo. Nel ’94 l’accordo tra Russia e Francia andava a minacciare l’Inghilterra ancora prima che la Germania. Ciò la porterà nel tempo ad un avvicinamento alla Francia.

La situazione in Africa

Lo scenario è particolarmente complesso. La GB controlla formalmente l’Egitto, ma non può rivendicare la sovranità che è ancor sotto l’Impero Ottomano. La Francia si sente autorizzata a chiedere compensi altrove: Tunisia, Marocco, ma anche nell’Africa occidentale. Gli inglesi vogliono creare un percorso unico dal Cairo a Città del Capo e hanno dunque la primaria esigenza di controllare le acque del Nilo, via fondamentale: controllare le sorgenti del Nilo può significare anche chiudere i rubinetti all’Egitto. Nel ’90 si stipula un accordo tra GB e Germania. Anche la Germania ha possedimenti in Africa (Camerun, Africa sud-occidentale). L’Italia è invece proiettata verso il Mar Rosso, pensa ad un’espansione verso l’Abissinia. L’Inghilterra lasciava fare l’Italia nel Mar Rosso poiché la sua presenza contrasta la Francia. Vi è una competizione a tutto tondo tra Francia e Italia che comprendeva il Nord-Africa e il Mar Rosso. L’Abissinia diventa un protettorato italiano, ma il trattato che sancisce questo passaggio viene diversamente interpretato dalle parti. La politica Crispina era fortemente orientata all’imperialismo, era però una politica filo-britannica. La GB cerca un accordo con il Belgio sul Congo: per la GB si prospetta la possibilità di controllare il Nilo, soprattutto la parte superiore. I francesi riescono a far pressione su Leopoldo, l’accordo non viene sancito. La rivalità tra GB e Francia scoppia nell’incidente di Fashoda.

La crisi del Transvaal

La colonia sudafricana era un altro elemento fondamentale per la GB. Dall’81 ad una parte del Sudafrica (Transvaal) era stata concessa una sorta di autonomia interna, pur restando un possedimento britannico. In quelle zone c’era una forte migrazione di provenienza olandese. Inoltre, erano territori pieni di ricchezze minerarie. I boeri cercano di limitare l’immigrazione, non potendo chiudere e frontiere, non riconoscono agli immigrati inglesi nessuno status di cittadinanza. La GB tenta di riportare la situazione alla normalità, la Germania protegge i boeri. Lo status di disuguaglianza giustifica il Jameson Raid per istituire un governo più favorevole agli inglesi. La missione di Jameson fallisce già dall’inizio, la GB è pronta a sconfessare qualsiasi coinvolgimento. I rapporti tra GB e Germania si fanno sempre più tesi, Guglielmo provoca la GB concedendo l’indipendenza al Transvaal, negando così l’accordo della GB in cui il Transvaal aveva solo un’autonomia, non era indipendente. Nel ’96 la GB non può più pensare ad un’eventuale alleanza con la Germania quindi valuta un avvicinamento alla Francia.

La situazione in Oriente

Nel frattempo si stanno aprendo altri due scenari: l’estremo e il vicino oriente. In estremo oriente c’è un espansione commerciale britannica molto forte ed un’espansione russa non solo economica ma anche politica (Manciuria e Corea). Nel frattempo si ha un incredibile sviluppo della potenza giapponese. Il Giappone cerca di mettere sotto controllo i territori cinesi: Port Arthur, penisola del Liaodong, Corea. Si sviluppa un’inaspettata alleanza continentale tra Francia, Russia e Germania per fare pressione sul Giappone.

La GB cerca di tenersi fuori perché nel vicino oriente si sta sviluppando una crisi ancora più preoccupante. La Germania sostiene la Russia nell’estremo oriente perché spera che ciò distolga i russi dalla crisi in vicino oriente. Sono alleanze provvisorie fondate sulla necessità del momento. Se la Germania avesse fatto la voce grossa in vicino oriente, l’accordo con la Francia sarebbe diventato operativo. Nell’Impero Ottomano si assiste ad una serie di rivolte alimentate dagli armeni, diventa impossibile tener fuori la Russia. La GB comincia a chiedersi se avesse senso tenere in piedi “il grande malato”, che in realtà non governava nulla e compiva massacri per sedare rivolte sempre più frequenti.

Con la rivolta armena, la GB sembra voler cambiare rotta. Grande attività negoziale delle potenze europee, ma questa operazione non riesce alla GB perché non ottiene la piena collaborazione degli altri Stati. La GB pensa di far rientrare l’Italia nelle future ripartizioni dell’Impero Ottomano, crede che l’interesse italiano dovrebbe rivolgersi all’Albania. Gli imperi centrali vanno su tutte le furie perché ciò incrementerebbe il contrasto tra Italia e Austria. Si pensa che la GB stia facendo un gioco pericolosissimo: dividere gli imperi centrali alimentando i contrasti tra di loro. La lettura che la Germania dà della gestione inglese della crisi è negativa. La Russia non deve sospettare che la Germania si stia accordando con la GB. Si rompe la Triplice. La flotta britannica viene inviata verso le coste dell’Impero Ottomano che concede limitate libertà agli armeni, continuando però i massacri. Cresce l’isolamento della GB, non riesce a gestire un grande negoziato tra le potenze, non riesce a gestire un secondo “Congresso di Berlino”.

In questi anni si ha dunque un’inversione delle vecchie politiche: la GB è propensa a spartire l’Impero Ottomano e l’Austria favorisce questa soluzione. È il primo banco di prova per l’alleanza tra Russia e Francia: l’area di intervento della Francia affianco della Russia viene circoscritta. La Francia chiarisce alla Russia che la convenzione franco-russa sarebbe entrata in vigore solo dove la Francia avesse intravisto un suo interesse vitale. Il casus foederis è molto limitato. Nel ’94 sale al potere in Russia Nicola II, l’ultimo zar. La politica estera russa mantiene l’accordo con la Francia, ma entrambe mostrano grande prudenza nell’appoggiare la propria alleata.

L’Italia in Abissinia

In questi anni si ha un concatenarsi di avvenimenti  extraeuropei che hanno una grande incidenza sugli assetti continentali. Nel ’96 l’Italia perde la possibilità di avere un’estensione coloniale in Abissinia per la complicata situazione della zona. Nel ’93 il trattato che stabiliva il protettorato italiano viene sconfessato dal Ras Menelik. La GB aveva interesse che l’Italia si stabilisse in Abissinia perché facesse da contrappeso alla Francia. Si ha un costante rifornimento di armi all’Abissinia, armi che passavano per lo stretto di Gibuti controllato dai francesi, la Francia era quindi consapevole. L’Italia procede verso Adua per prendere possesso dell’intero territorio abissino ma si scontra con gli abissini: è la prima sconfitta che una potenza coloniale subisce da truppe indigene. La Somalia britannica non appoggia l’Italia perché la GB preferiva non contrapporsi alla Francia con la quale aveva un rapporto negoziale. L’Italia si trova quindi isolata, la Triplice non serviva in questa situazione. I tedeschi anche politicamente non hanno intenzione di aiutare l’Italia: qualora la guerra di Abissinia avesse portato ad uno scontro aperto con la Francia, la Germania non sarebbe intervenuta perché non riteneva questo un casus foederis coperto dalla Triplice. L’Italia è costretta ad arretrare. Crispi dà le dimissioni e gli succede Rudinì. È un periodo di crisi per la Triplice: il ruolo dell’Italia è indebolito, non è possibile far avvicinare la GB alla Triplice, non è possibile avere un rinnovo della clausola Mancini che avrebbe fatto vedere all’Inghilterra la vicinanza degli Imperi Centrali. Adua ha una ricaduta anche sull’atteggiamento della GB che fino a quel momento aveva sostenuto le pretese italiane sull’Abissinia per contrastare la Francia. La GB vorrebbe dare un colpo definitivo al Sudan, ciò porterà all’incidente di Fashoda.

La guerra cino-giapponese

Nel novembre ’97 c’è una prima manifestazione della weltpolitik tedesca in Estremo Oriente che aumenta la rivalità tra GB e Germania: la Germania comincia il riarmo navale che funge da deterrente per la GB, inoltre si lancia sui mercati mondiali. La Germania non riusciva ad avere un disegno politico di lunga durata, non riusciva a prevedere le conseguenze rischiose della sua weltpolitik. Nel novembre ’97 si ha l’occupazione tedesca del porto di Kiao-Ciao che rompe la politica della porta aperta della GB. La GB è spiazzata da quello che succede in Giappone. Nel ’95 c’è la guerra cino-giapponese causata dall’espansione giapponese verso la Cina in competizione con la Russia. Il Giappone ne esce vittorioso. Si ha un’alleanza tra Francia, Russia e Germania, unite a contrastare gli effetti dell’ascesa giapponese in Cina. La Manciuria acquista una sorta di autonomia. La Germania aveva tutto l’interesse che la Russia si concentrasse sull’estremo oriente anziché sui Balcani. La politica che si realizza in estremo oriente vede tutti coalizzati contro il Giappone tranne la GB, che favoriva invece un altro tipo di politica in quanto aveva l’interesse che la Cina mantenesse la politica della porta aperta. La GB è costretta ad accettare questa novità, comincia un processo di spartizione detto “break up of China”: alla Russia viene concesso Port Arthur mentre la Corea passa sotto il controllo giapponese.

Le colonie portoghesi

Nel marzo ’98 c’è un avvicinamento tra GB e Germania grazie ad un accordo sulle colonie portoghesi. L’Inghilterra sta cercando di strutturare una politica in Africa per prevenire l’avanzata francese ed ulteriori problemi (il Sudafrica era un possedimento vitale). Il Portogallo era sull’orlo della bancarotta ed attua politica di emissione di crediti concedendo a Germania e GB un controllo maggiore sulle proprie colonie. Si ha un accordo che riguarda Angola e Mozambico (la parte sud viene affidata alla GB che quindi ottiene il controllo del capo, la parte nord invece passa al ??? ). La Germania si sente tradita perché secondo un precedente accordo spettava a lei il controllo delle colonie portoghesi.

L’incidente di Fashoda

L’altro versante di crisi tra Francia e GB è il Nilo (’98). Questa crisi avviene quando il generale francese Marchand si incontra con il generale inglese Kitchener a Fashoda. La GB era decisa a portare avanti la sua politica in Sudan. La competizione anglo-francese per il controllo del Nilo doveva trovare una sua conclusione a Fashoda, sia attraverso una fine pacifica, sia sfociando in una guerra. Alla fine, la Francia decide di ritirarsi da Fashoda perché si trovava sostanzialmente isolata. I russi esprimono solo il loro sostegno politico, garantiscono la loro neutralità, non possono garantire il sostegno militare perché ci sono delle complicazioni (muovere la flotta russa avrebbe richiesto tempo). Secondo la Russia alla Francia conveniva cedere. La Germania rimane in posizione di vigile attesa perché gode di una posizione internazionale di assoluto vantaggio. La Francia avrebbe potuto porre fine alla revanche. In realtà è impossibile, la Germania avrebbe dovuto dare una sorta di autonomia dell’Alsazia e Lorena. Tutto questo avviene nonostante i russi cerchino di incentivare la Francia a trovare un accordo con la Germania, poiché hanno paura che il trattato tra Germania e GB sulle colonie portoghesi sia solo l’anticipazione di un’alleanza più forte. In questo periodo inoltre, la Francia doveva affrontare una grave crisi interna provocata dall’affare Dreyfus, clima instabile, si temeva addirittura un colpo di stato. La Francia si ritira da Fashoda perché non è nella situazione di poter fare altro. Una parte del Sudan rimane sotto il controllo della Francia (dal Darfur al lago Ciad) mentre il bacino del Nilo rimane sotto controllo britannico. In questo modo si sana uno degli elementi di contrasto su cui le altre potenze europee giocavano costantemente (rivalità anglo-francese).

I giri di valzer italiani

Nel ’96 si arriva ad una convenzione sulla Tunisia che diventa un protettorato francese. La popolazione tunisina era però costituita da molti italiani ai quali la Francia riconosce uno status speciale: questi cittadini ricadevano nella giurisdizione italiana. Accettando ciò l’Italia riconosceva di fatto il protettorato francese sulla Tunisia. Questa non è una soluzione definitiva alla questione tunisina, ma è comunque un segno di avvicinamento tra Francia e Italia. In questo modo viene a mancare uno degli elementi fondamentali che aveva tenuto l’Italia lontana dalla Francia. In Francia si fa strada la convinzione che si debba provare a sradicare l’Italia dalla Triplice Alleanza e quindi cambia la politica francese nei confronti dell’Italia. Nel ’98 c’è uno scambio di lettere tra il ministro degli esteri italiano e l’ambasciatore francese a Roma nel quale c’è una dichiarazione di disinteresse italiano per il Marocco e francese per la Libia. Ciò sarà successivamente formalizzato in un vero e proprio accordo. La clausola della Triplice secondo la quale la Germania garantiva l’influenza italiana in Cirenaica e Tripolitania perde importanza. La Germania comincia ad avere qualche perplessità a riguardo. Francia e Italia si garantiscono anche neutralità reciproca in caso di guerra a seguito di una provocazione diretta ad una delle due, anche quando una delle due potenze è costretta ad entrare in guerra per difendere il proprio onore. Nel 1902 la Triplice viene rinnovata e si stipula anche una convenzione navale tra Italia e Germania. L’Italia tiene i piedi in due staffe, attua una politica a tutto campo (“giri di valzer”). La Triplice finisce solo con l’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale nel 1915. In questa fase la Triplice non era mai diventata operativa, è un’alleanza instabile, ogni Stato stipula in realtà altri accordi.

I mutamenti nelle alleanze europee

Nel ’99 l’Inghilterra invia un ultimatum a Kruger per porre fine alla questione sudafricana. La guerra anglo-boera finisce nel 1902, la GB vince ma questa guerra mette in evidenza una debolezza dell’esercito britannico. La guerra del Trasvaal sistema l’area, ma in questo momento la GB percepisce il suo isolamento. Continuano gli abboccamenti del Reich nei confronti dell’Inghilterra, la Germania da un alto si riarma, dall’altro cerca di avvicinarsi alla GB. La GB mette in conto che si possa costituire una lega continentale tra Germania e Francia. Il grande ostacolo che si frappone a questa lega è la questione dell’Alsazia-Lorena, bisognerebbe prima riconoscere i confini, ma nessun governo è in grado di sostenere questo tipo di politica. La Germania continua a sentirsi una grande potenza in grado di giocare un ruolo da arbitro.

L’alleanza anglo-giapponese

In quegli anni scoppia in Cina la rivolta dei Boxer, rivolta che implica l’uccisione di parecchi funzionari occidentali. L’uccisione del ministro tedesco Von Kettler spinge la Germania ad intervenire, ha quindi un ruolo da prima attrice sulla scena internazionale. L’ingerenza tedesca nei territori cinesi è pesante, tutela le posizioni russe per distrarla dai Balcani, è un periodo di avvicinamento tra Germania e Russia. I Balcani vengono quasi messi da parte: benché la situazione non sia cambiata, l’instabilità non né più causa di gravi conflitti tra le due grandi potenze europee. Le finalità della Germania sono il mantenimento della porta aperta in Cina, deterrente all’espansionismo russo che va però a scontrarsi con quello giapponese. L’espansionismo russo ha una matrice differente da quello britannico in quanto avanza l’idea di un controllo più esteso del territorio cinese (es. Manciuria: comunicazioni con la Siberia, zone ritenute di interesse vitale). La Germania cerca un costante accordo con la Russia perché potrebbe essere una via per trascinare la Francia in una lega continentale. Nel 1901 ci sarà l’ultima occasione di negoziato anglo-tedesco: muore la regina Vittoria, Guglielmo si reca a Londra (era suo nipote) dove porta avanti una proposta di alleanza, ma l’Inghilterra non si sente ancora pronta in quanto contraria all’alleanza russo-tedesca per l’espansionismo russo in Manciuria. Il Giappone sente la necessità di uscire dal suo isolamento perché non poteva portare avanti nessuna rivendicazione concreta a causa dell’accordo tra le potenze occidentali. Iniziano una serie di negoziati per un’alleanza anglo-giapponese, l’accordo sarà stipulato nel 1902. Questa alleanza è funzionale per la GB che non deve fare altre alleanze nel continente europeo. È un’alleanza rivoluzionaria: la GB esce dall’isolamento e, inoltre, un paese non occidentale si mette sullo stesso piano della GB. Il trattato prevede una benevola neutralità se una delle potenze coinvolte si trova in guerra con un’altra potenza (es. Giappone vs Russia  l’Inghilterra resta neutrale). Il casus foederis scatta se una delle due si trova in guerra con più di una potenza (es. Giappone vs Russia e Francia  l’Inghilterra interviene). L’accordo viene pubblicato come deterrente. Da questo momento sarà impossibile arrivare ad un accordo tra Inghilterra e Germania.

Le Triplice Alleanza e la Triplice Intesa

Nell’agosto ’99 c’era stata una modifica nell’accordo tra Francia e Russia che aveva l’obiettivo di mantenere un equilibrio di forze in Europa attraverso l’appoggio francese nei Balcani e l’appoggio russo sul Reno. Nel 1901 c’è un ulteriore scambio di lettere franco-russo i cui contenuti vengono in seguito ratificati (comprende l’eventualità di una guerra contro la GB). La Germania aveva crescenti interessi nei Balcani per la costruzione di una ferrovia e ciò la porta ad avvicinarsi all’Impero Ottomano. Vi erano crescenti difficoltà per la Germania di allearsi con Russia o Inghilterra, rimaneva in piedi solo la Triplice, ma anche su questa c’erano dei dubbi (es. Italia che si avvicinava alla Francia). L’Austria non guarda all’Italia come una grande alleata, era previsto addirittura una attacco preventivo all’Italia da parte dell’Austria. Nel 1899 e poi nel 1901 con il perfezionamento dell’Intesa tra Francia e Russia, la durata della convenzione non è più legata alla durata della Triplice Alleanza. Nel 1903 Re Pietro da un’impronta differente alla politica serba: la politica filo-austriaca torna ad essere una politica filo-russa, la Serbia rientra nella zona di influenza russa.

L’Entente Cordiale

L’abbandono da parte del governo di Londra della politica di “splendido isolamento” porta ad un avvicinamento alla Francia. Nel 1904 si assiste ad un grande mutamento nelle alleanze europee: la GB entra in un’alleanza continentale con la Francia, l’Entente Cordiale. Bisogna innanzitutto eliminare i contrasti tra Francia e Inghilterra (contrasti essenzialmente coloniali): la Francia riconosce gli interessi britannici in Egitto, mentre la GB fa lo stesso in Marocco. Il Marocco in realtà era un paese a sovranità limitata: era una situazione analoga a quella cinese, con una crescente instabilità interna che lo rendeva appetibile alle potenze occidentali, cera anche un’importante presenza spagnola. Sia Francia che GB si preoccupano dell’interesse spagnolo in Marocco: l’Inghilterra controllava Gibilterra quindi aveva bisogno che dall’altro lato dello stretto ci fosse una potenza amica. La Spagna viene coinvolta nell’accordo nel 1904: convenzione tra Francia e Spagna su un’eventuale spartizione del Marocco.

La guerra russo-giapponese

In Russia la Manciuria era considerata di primaria importanza. Nel 1904 i giapponesi decidono di attaccare Port Arthur: questa guerra ha un grande valore in quanto dà una dimostrazione della debolezza russa in confronto al Giappone. Il Giappone è diventato un paese estremamente moderno. La Russia ha parte della propria flotta bloccata nel Mar Nero, quindi può solo spostare la squadra del Baltico, ma senza successo. Ci sono grandi rivolgimenti interni che partono dalle forze armate, grave crisi interna in Russia, le forze russe escono dal conflitto ridimensionate, esce ridimensionata l’intera immagine russa. L’accordo di Portsmouth viene fatto grazie alla mediazione americana. La Corea entra nella sfera di influenza giapponese dunque l’azione giapponese in quell’area non avrà più nessun contrasto. La Manciuria dovrebbe tornare sotto la Cina, in realtà si avrà una spartizione e questa questione si protrarrà ancora a lungo. Sia Francia che GB vogliono circoscrivere il più possibile questo conflitto (accordo del 1902). I tedeschi cercano di avvicinarsi alla Russia, pensano che ciò porti all’alleanza con la Francia e quindi ad una lega continentale. In realtà ciò era lontanissimo dalle idee della Francia. Si avrà un incontro tra lo zar e il kaiser nel 1905.

La prima crisi marocchina

Il Reich continua ad essere una potenza inquieta perché la politica mondiale della Germania mirava ad un ruolo di primo attore volto a portare avanti delle azioni di disturbo. Il punto centrale della politica estera tedesca in quel momento era il Marocco. Il Marocco voleva essere un paese autonomo, ma c’erano vari interessi su quel territorio tra le potenze europee (Francia, Spagna, Inghilterra, Italia, Germania). La Germania apre una vertenza sul Marocco: Guglielmo si reca a Tangeri chiarendo apertamente che per la Germania colui che esercitava il potere sul Marocco era ancora il Sultano, non le potenze europee. Dal punto di vista legale la Germania faceva ancora riferimento alla convenzione di Madrid del 1880. Intento della Germania di riaprire la questione marocchina e di isolare la Francia. In un primo momento l’operazione sembra riuscire a causa dell’instabilità interna francese che vede numerosi scontri tra il presidente del consiglio Rouvier e il ministro degli esteri Delcassé che finirà col dare le dimissioni. La Germania si fa più prepotente nei confronti della Francia, ma ottiene il risultato contrario a quello che sperava: la GB prende le parti della Francia e la Germania si trova isolata. Nel 1906 si ha la Conferenza di Algeciras. La Germania riesce così ad esercitare un ruolo nelle questioni coloniali, ma non riesce ad isolare la Francia che anzi si ricompatta con la GB. In Marocco viene ribadita la politica della porta aperta. Iniziano le discussioni tra lo stato maggiore inglese e francese: l’Entente diventa qualcosa di più vincolante per le due potenze, è un accordo che tende a svilupparsi nel tempo.

La Triplice Intesa

Nel gennaio 1906 si erano avviate delle discussioni tra Francia e GB (non era però ancora un accordo militare). Finito l’espansionismo russo in estremo oriente finiva una delle maggiori rivalità tra Russia e Inghilterra e tutto sembra predisposto a fare in modo che ci fosse un avvicinamento tra le due potenze attraverso una Triplice Intesa che fungesse contrappeso alla Triplice Alleanza. Tuttavia l’intesa tra Francia e Russia non aveva visto entrare in azione nessuna delle due potenze a difesa dell’alleata, aveva solo uno scopo di deterrenza. Successivamente si hanno un accordo anglo-francese e un accordo anglo-russo. Questi accordi si prestavano a cercare di dirimere tutte le questioni che contrapponevano la GB alla Russia:

  1. Gli stretti: la GB pretende che tutto rimanga come prima, quindi la flotta russa rimane chiusa nel Mar Nero.
  2. In estremo oriente l’intesa con il Giappone ha creato un equilibrio, non c’è bisogno di nuovi accordi.
  3. Protezione dell’India attraverso la creazione di stati cuscinetti: Tibet, Afghanistan e Persia. I russi ritirano la propria delegazione dall’Afghanistan. Il Tibet rimane sotto la sfera cinese, ma in realtà resta sotto l’influenza russa. La Persia viene divisa: la zona nord (Teheran) è sotto l’influenza russa, la zona sud (Golfo Persico) è soggetta all’influenza britannica, mentre la zona centrale resta neutrale.

L’alleanza nasce perché la GB vuole evitare che le questioni extraeuropee facciano scoppiare una guerra tra le potenze europee, nasce da questioni particolari, la solidità di quest’alleanza deriva dal fatto che vengono risolte le maggiori ragioni di contrapposizione.

La crisi della Triplice Alleanza

Nel frattempo si ha un cambio di ministri sia a Vienna che in Russia. Il ministro degli esteri austriaco Aehrenthal sottolinea la necessità di annettere la Bosnia. La Serbia non è più sotto influenza austriaca e c’è il timore che le questioni serbe possano influenzare la Bosnia. Ci sono problemi anche in Turchia: la rivolta dei Giovani Turchi potrebbe comportare che l’Impero Ottomano trovi nuove energie e quindi ripristini la propria autorità sulla Bosnia. Se ciò fosse accaduto, l’Austria si sarebbe trovata in una posizione minoritaria nei Balcani. Per annettere la Bosnia, l’Austria ha bisogno dell’appoggio della Russia. In cambio, i russi chiedono che gli stretti non venissero chiusi qualora la Russia si trovasse in guerra. Ma gli austriaci si annettono la Bosnia e il ministro degli esteri Izvol’skij si trova davanti al fatto compiuto. I negoziati preventivi sono fatti male, la Russia è infuriata nei confronti dell’Austria. L’Italia vorrebbe raccogliere i frutti della Triplice, ma l’Austria non dà compensi all’Italia, l’Italia non viene considerata. La Germania dà il pieno sostegno all’Austria: non offre un aiuto militare, ma il sostegno è così incondizionato che fa credere all’Austria di avere libertà di manovra nei Balcani. La politica tedesca non ha più la funzione di moderatore nei confronti dell’Austria. La Russia è esasperata perché è stata tradita dall’Austria, è pressata dal pieno consenso tedesco, non viene aiutata né dalla GB né dalla Francia. La Serbia non può fare altro che cedere all’imposizione austriaca poiché non può fare un’azione militare contro l’Austria senza l’appoggio della Russia (la Russia non era in grado di appoggiarla). La Serbia viene umiliata, ma rimane indipendente, politica di buon vicinato. L’Austria molla il Sangiaccato (Stato cuscinetto tra Serbia e Montenegro). Nel 1909 l’Italia crea un’altra crepa nella Triplice con l’accordo di Racconigi con la Russia: affermano il loro interesse comune al mantenimento dello status quo nei Balcani. Con questo accordo la Russia riconosce l’interesse italiano su Tripoli, mentre l’Italia riconosce l’interesse russo sugli stretti, non è un’alleanza.

La seconda crisi marocchina

Nel 1909 Francia e Germania si erano garantite reciprocamente le loro sfere di influenze sul Marocco, ma in realtà questa non è una questione risolta. I francesi hanno l’ambizione di fare del Marocco un protettorato. Nel 1911 la Francia occupa Fez e lo fa forte del fatto che ad Algeciras si era parlato del ruolo francese nel mantenimento dell’ordine in Marocco. A questo punto però Berlino afferma che la Francia non poteva fare un atto del genere senza dare compensi alla Germania. Il principio non era sbagliato, ma i mezzi sì: la Germania invia una cannoniera che dà vita ad una crisi internazionale piuttosto rilevante. La Russia non sostiene la Francia. Alla fine il bluff tedesco si sostanzia in una richiesta di compensi sui territori africani, chiedono in cambio il Congo francese. Tale richiesta finisce col costringere gli inglesi ad intervenire per difendere un interesse imperiale: un compenso così rilevante in Africa non poteva essere ottenuto con la forza in questo modo, ciò poteva creare un pericoloso precedente. A novembre la crisi si compone, la Francia ottiene il protettorato sul Marocco (1912) e concede due strisce di territorio congolese alla Germania. Ciò crea un ulteriore elemento di frattura tra Germania e Inghilterra: alla preoccupazione per il riarmo si aggiunge quella per la spregiudicatezza con cui la Germania porta avanti la sua Weltpolitik. Ciò impedisce di portare avanti qualsiasi tipo di accordo tra le due potenze.

La guerra in Libia

Nel 1912 Poincaré sale al potere in Francia: riemerge il vecchio nazionalismo e lo spirito di revanche. I rapporti tra Germania e Francia peggiorano ulteriormente. L’Italia non vuole essere da meno: nel mezzo della crisi marocchina pone un ultimatum alla Turchia sulla Libia. La guerra contrappone l’Italia all’Impero Ottomano. Questa guerra si concluderà nel 1912 e avrà una serie di conseguenze:

  1. l’Italia concretizza quello che considerava lo scopo naturale del suo colonialismo, ma lo fa creando qualche incidente con la Francia (es. navi);
  2. occupazione delle isole del Dodecaneso;
  3. ciò dà un ulteriore scossone all’Impero Ottomano.

La competizione navale

La GB decide di rafforzare la propria flotta nell’Atlantico (Gibilterra e isole britanniche), abbandonando Malta. La Francia fa il contrario: concentra la flotta a Tolone a protezione del Mediterraneo. Vi è dunque una crescente contrapposizione tra i due blocchi. Il riarmo navale della Germania preoccupava la GB, anche nel ruolo di arbitro nelle vertenze internazionali la Germania si sostituiva alla GB. La Germania viveva un periodo di grande espansione economica che la portava alla ricerca di nuovi sbocchi, nuovi mercati d’oltremare, ma per essere una grande flotta commerciale non serve anche una grande flotta militare. L’errore della weltpolitik era quello di uscire dalla politica tedesca tradizionale, questa politica portava allo scontro con l’Inghilterra che invece sarebbe dovuta essere un’importante alleata. La Germana decide un ampliamento ulteriore della flotta tedesca, da un lato l’Inghilterra chiede una rinuncia, dall’altro lato la Germania chiede di nuovo un accordo: promessa reciproca di non partecipare a coalizioni ostili e benevola neutralità in caso di conflitto. In realtà si ha un’alleanza sempre più stretta tra GB e Francia. Nel gennaio 1912 non c’è un’effettiva rottura tra Inghilterra e Germania, c’era ancora una fazione disposta a negoziare con il Reich. In questo periodo il dato militare diventa estremamente condizionante nella politica.

Le Leghe Balcaniche

Secondo una visione lo scontro sarebbe dovuto avvenire nei mari del nord, secondo altri bisognava attuare il piano Schifflen che prevedeva la violazione della neutralità del Belgio e quindi andava direttamente a ledere gli interessi inglesi. La missione in Bosnia del 1908 aveva dato un colpo ai Balcani, l’Italia era stata di nuovo estromessa dall’Austria, la missione in Libia aveva dato un ulteriore colpo alla stabilità dell’Impero Ottomano: tutto ciò provoca un’ulteriore instabilità nei Balcani. Le truppe ottomane erano concentrate in Libia, quindi erano meno preparate ad affrontare un’eventuale rivolta nei Balcani. I Giovani Turchi favorivano le rivolte, volevano l’“ottomanizzazione” della popolazione, prendevano provvedimenti politici che cozzavano con la varietà di etnie dell’area. Inoltre, la crisi del 1908 aveva avuto un risvolta da non sottovalutare: la rottura della tregua ventennale tra l’Impero Austroungarico e la Russia. La politica russa ha bisogno di uno sfogo esterno per alleggerire la crisi interna. Nel marzo 1912 si ha un’alleanza tra Serbia e Bulgaria a spese dell’Impero Ottomano: nei protocolli segreti questa alleanza prevede la spartizione della Macedonia (parte mediterranea sotto l’influenza bulgara, parte settentrionale sotto l’influenza serba, nel centro zona cuscinetto con arbitrato russo). La Russia era confortata dall’appoggio francese: la Francia inizialmente era costernata dal non esser stata informata di questa politica russa, tuttavia garantisce il suo appoggio. La Francia cerca alleanze via via più solide con la Russia e con la GB perché riemerge lo spirito di revanche verso la Germania. Nel maggio si ha un ulteriore ampliamento dell’alleanza tra Serbia e Bulgaria: Lega Balcanica. Un ulteriore accordo tra Grecia e Bulgaria, evidenzia l’interesse greco verso Salonicco che va a scontrarsi contro l’interesse turco. Sono tutte alleanze temporanee. Nell’ottobre c’è l’accordo tra Montenegro, Serbia e Bulgaria: nasce la Seconda Lega Balcanica.

La terza guerra balcanica

Insurrezione albanese: è un paese politicamente e economicamente immaturo per un processo di indipendenza, si ribella all’Impero Ottomano, fase di crescente tensione. Con la fine di Von Bülov la Germania non è più così orientata a sostenere aprioristicamente l’Austria nelle sue politiche nei Balcani, la situazione dell’impero multietnico è sempre più problematica, la politica dell’Austria nei Balcani diventa più prudente. Nel febbraio 1912 muore il ministro Aehrenthal, gli succede Berchtold che era stato per 5 anni rappresentante dell’impero a San Pietroburgo. Il mantenimento dello status quo si basava anche sula sopravvivenza dell’Impero Ottomano: se l’Impero crollava, l’azione dell’Austria era fortemente condizionata dalla posizione della Serbia. I timori dell’Austria riemergono, la Serbia avrebbe contrastato l’Austria, avrebbe condizionato anche la politica interna dell’Austria perché avrebbe fomentato le rivolte dell’impero multietnico. La politica dell’Austria mira quindi a contrastare la Serbia. Nel settembre del 1912 si ha un ultimatum degli stati balcanici all’impero ottomano per riforme in Macedonia, il Montenegro invia il proprio esercito per ristabilire l’ordine del nord dell’Albania, e procede al ritiro degli ambasciatori di Serbia e Bulgaria. I turchi inaspettatamente si trovano circondati. Entra in guerra anche la Grecia. Nel maggio del 1913 i turchi sono costretti a cedere tutto il territorio europeo. In questa prima fase l’Austria resta inattiva. C’è una forma di compartecipazione dell’Italia: Austria e Italia per la prima volta sono solidali sull’indipendenza albanese, l’accordo dura poco, entrambe mirano ad esercitare un’influenza diretta sull’Albania. Arrivano al pettine tutti i nodi delle contrapposizioni che c’erano tra i vari stati balcanici. I serbi mantengono l’esercito in Macedonia: i bulgari non sono d’accordo e dichiarano guerra al precedente alleato. I bulgari probabilmente tentano questo colpo di mano perché credevano in un intervento austriaco. Nel giugno del ’13 ha inizio la Terza Guerra Balcanica (la seconda guerra balcanica era stata scatenata dai Giovani Turchi, ma non aveva cambiato gli assetti geopolitici). I turchi riescono a mantenere il controllo sugli stretti. Nel luglio ’13 viene firmato l’armistizio, segue il Trattato di Bucarest del 1913: la Turchia mantiene Adrianopoli e gli stretti, per il resto l’impero ottomano cessa di essere uno stato europeo. La Romania acquisisce la Dobrugia. Alla Bulgaria viene tolta la Macedonia, quindi non ha più l’accesso al mare. In realtà, le rivolte del ‘12-‘13 turbano gli equilibri europei meno di quanto avesse fatto l’annessione della Bosnia. Ci sono tutta una serie di accordi che fanno pensare ad un nuovo allineamento. Nel ’13 c’è anche una ripresa del movimento irredentista in Italia che ha un’influenza sui rapporti tra Austria e Italia. La tratta ferroviaria tra Baghdad e il golfo persico sarebbe stata sotto il controllo britannico, la ferrovia tedesca si sarebbe fermata a Baghdad. La Bulgaria stava diventando un perno della politica austriaca. Ciò ha un riflesso sulle problematiche interne che influenzano i rapporti con la Romania e quindi il modo in cui la parte magiara dell’impero si rapportava alla Romania (disputa sulla Transilvania). Lo spazio di manovra dell’Austria sui Balcani in questa fase è alquanto ridotta. teme il fatto che la Serbia cerchi un’altra coalizione in cui sia presente la Russia. Richiesta della Turchia affinché l’esercito tedesco invii una missione per riorganizzare la guarnigione di Costantinopoli: è impossibile riprendere il dialogo tra Russia e Germania.

Verso la Prima Guerra Mondiale

Nel giugno del 1914 c’è la visita dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Si trova lì il giorno dell’anniversario della battaglia Kosovopoljie del 1389, marchio nella memoria storica slava, il popolo slavo era passato sotto il giogo ottomano. In quel periodo si assiste ad agitazioni che facevano riferimento al gruppo clandestino della Mano Nera, Vienna non era all’oscuro che si stesse preparando qualcosa. Tra l’altro, le misure di sicurezza erano pressoché nulle o per lo meno inefficaci ed inappropriate. L’arciduca viene ucciso in un secondo attentato. La prima bomba uccide un ufficiale austriaco. Solo in un successivo spostamento ci sarà lo sparo che ucciderà l’arciduca e la sua consorte. Atteggiamento provocatorio dell’Austria: l’Austria considerava l’eventualità di aprire le ostilità contro la Serbia quindi l’omicidio è un’opportunità per fare qualcosa che l’Austria aveva già deciso di fare. La colpa dell’assassinio viene data alla Serbia che deve quindi smettere di essere una potenza balcanica.

Il 5 luglio c’è l’assegno in bianco che rappresenta la piena adesione del Kaiser Guglielmo ai provvedimenti che l’Austria avrebbe preso nei Balcani. La Germania garantisce quindi il pieno appoggio: ciò non significa necessariamente che il kaiser voleva una guerra, si pensava che la tensione potesse essere localizzata, non si pensava che le altre potenze sarebbero intervenute. In questa fase Poincaré e il suo ministro degli esteri si trovano a San Pietroburgo per una visita programmata anticipatamente: tentativo di non modificare l’agenda politica per non avvalorare l’idea che si stesse preparando qualcosa di grave in Europa. Poincaré porta avanti fino in fondo la sua idea di fermo sostegno alla Russia. Il 23 luglio l’Austria presenta il proprio ultimatum alla Serbia. La Serbia cerca un compromesso, dà una risposta negativa solo quando deve rinunciare alla propria sovranità: gli austriaci vorrebbero prendere parte alle inchieste sull’assassinio. Le altre potenze mobilitano le proprie truppe. Il 28 luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia. Il 29 luglio la Russia attua una mobilitazione parziale delle proprie truppe diretta contro la sola Austria. Il 31 luglio c’è la mobilitazione generale della Russia. Segue l’ultimatum della Germania alla Russia che non riceve risposta. Il 1 agosto mobilitazione generale della Germania. Le decisioni militari prendono il sopravvento su quelle politiche. Il 31 luglio la Germania aveva inviato un ultimatum alla Francia per conoscere la sua posizione in caso di conflitto: il 1 agosto anche la Francia attua la mobilitazione generale. Il 3 agosto la Germania dichiara guerra alla Francia. Complicazione ulteriore: il 2 di agosto Berlino invia un ultimatum a Bruxelles per far passare le truppe per il territorio belga, sostenendo che avrebbero pagato eventuali danni. I belgi non accettano che la loro neutralità venga violata ma la Germania decide di violare unilateralmente la sua neutralità. A questo punto entra in gioco la GB: violare la neutralità del Belgio significa violare la Manica e questo va a ledere in modo diretto la sicurezza dell’isola. Il 5 agosto l’Inghilterra dichiara guerra alla Germania. L’Italia si proclama neutrale: nella crisi con la Serbia l’Austria non aveva consultato l’Italia, quindi l’Italia non è obbligata ad entrare in guerra a fianco degli alleati.

Le relazioni diplomatiche nel corso della Prima Guerra Mondiale

Una guerra di “trincea”

Ben presto la prima guerra mondiale si rivelò una guerra di resistenza, innanzitutto in termini economici. Dopo una prima fase dinamica i francesi riescono ad attestare la propria linea di resistenza sulla Marna: la Prima Guerra Mondiale diventa una guerra di trincea. È una guerra statica sia sul fronte occidentale sia poi su quello orientale, ciò preannunciava una lunga durata del conflitto: sarebbe uscito vincitore chi sarebbe riuscito a resistere più a lungo. I russi si assestano su un fronte che va dal Baltico alla Romania. Già nel ’14 il Giappone (alleato con la GB) decide di entrare nel conflitto, non  stimolato dalla GB, ma avrà ruolo marginale perché ha un obiettivo limitato all’Estremo Oriente (possedimenti tedeschi).

L’Impero Ottomano

L’Intesa cerca di convincere l’Impero Ottomano a rimanere neutrale, mentre gli imperi centrali cercano di trascinarlo nel conflitto. Il coinvolgimento militare dei tedeschi in Turchia sarà molto attivo, oltre al sostegno economico e finanziario (già prima del conflitto). La Turchia, formalmente alleata della Germania dal 2 agosto, entra nel conflitto in ottobre affianco degli imperi centrali. Nella pace futura questo paese verrà totalmente smembrato, divisa in sfere di influenza. L’Intesa si ripartisce le zone della mezzaluna fertile e del medio oriente attraverso gli accordi segreti del 1916. Francia e GB fomentano l’indipendentismo arabo in funzione anti-ottomana. La Palestina passerà sotto l’influenza britannica, il Libano, la Siria e la Cilicia sotto la Francia. La parte meridionale dell’Anatolia sarebbe passata sotto l’influenza italiana, la Russia ottiene invece un’influenza sugli stretti.

L’intervento italiano

Nell’agosto del ’14 l‘Italia proclama la propria neutralità, dichiarando l’Austria carente del rispetto della carta dei trattati in quanto non aveva consultato l’alleato italiano prima dell’ultimatum alla Serbia. Gli imperi centrali tentano di mantenere l’Italia neutrale per evitare che si allei con l’Intesa. Nel frattempo riemerge la questione irredentista e l’Italia ritiene di poter chiedere un prezzo all’Austria: Trento, Trieste e la Venezia Giulia. In passato l’Austria si era mostrata estremamente flessibile, ora però irrigidisce le proprie posizioni, non è disposta a cedere il porto di Trieste, nonostante sia forte la pressione tedesca per evitare che l’Italia si schieri con i nemici.

Ben presto l’Italia apre le trattative con Francia, GB e Russia per entrare nel conflitto affianco di questi paesi. Internamente l’Italia non è un paese omogeneo, il dibattito anche a livello parlamentare è estremamente acceso tra neutralisti ed interventisti (Sonnino). Gli interventisti ottengono la meglio quando le Trattative di Londra portano ad un risultato: non solo la promessa di soddisfare le rivendicazioni italiane, ma emergono nuovi obiettivi sul Mediterraneo, l’Italia fa rivendicazioni da grande potenza. L’Italia rivendica il controllo della sponda orientale dell’Adriatico fino a Valona (Albania) e l’isolotto di Saseno. La controparte non è però rappresentata da uno stato unitario, sarebbe rappresentata dalla Serbia che ha come portavoce la Russia. La Russia tutela gli interessi della Serbia che mira a conservare uno sbocco al mare.

L’Italia è anche interessata alla spartizione delle colonie tedesche in Africa. Nel ’15 si è consapevoli che ci si avvia alla disgregazione dell’Impero Ottomano e quindi si pensa di poter trarre qualche vantaggio territoriale. Attraverso il Trattato di San Giovanni di Moriana del ’17 si stabilisce una zona di influenza in Anatolia, che dovrebbe essere ratificata della Russia. L’Italia vuole che l’accordo resti segreto.

L’Italia doveva entrare nel conflitto entro un mese dalla firma del memorandum contro entrambi gli imperi centrali, in realtà le sue rivendicazioni sono solo contro l’Austria. Nel maggio del 1915 l’Italia entra in guerra: fronte estremamente usurante, immobile ma non meno sanguinoso. Con la disfatta di Caporetto si ha un cambiamento: gli austriaci sono rinforzati dalle truppe provenienti dal fronte orientale, le truppe di Cadorna sono costrette ad indietreggiare, riescono ad attestarsi sul Piave, anziché sul Mincio (che avrebbe voluto dire perdere Venezia). A questo punto si richiede l’aiuto degli alleati: l’Italia non gestisce più autonomamente la zona. Gli alleati pretendono innanzitutto che Cadorna venga sostituito, al suo posto prende il comando Diaz. Le decisioni strategiche devono essere prese in accordo con gli alleati che insistono che le truppe si assestino sul Mincio, ma gli italiani alla fine riescono ad avere la meglio.

I Balcani

Nell’ottobre del ‘15 gli imperi centrali riescono a far entrare in guerra la Bulgaria (per riprendersi la Macedonia persa nel ‘13). La guerra scoppia nei Balcani, ma inizialmente la Serbia è l’unico paese balcanico in guerra. Nell’agosto del ‘16 entra in guerra la Romania: era legata alla Triplice Alleanza, ma l’Intesa riesce a farla entrare in guerra promettendogli la Transilvania (che era sotto dominazione magiara) e altre regioni. Nel giugno ‘17 anche la Grecia entra in guerra affianco dell’Intesa.

L’intervento degli Stati Uniti

Nel ‘17 il presidente Wilson aveva invitato a rispettare il principio delle nazionalità, le convinzioni politiche americane erano già chiaramente definite. L’entrata in guerra del ‘17 è un argomento molto dibattuto: dopo il ritorno all’isolazionismo successivo al conflitto mondiale gli USA sono stati accusati di essere intervenuti solo per ragioni economico-finanziarie.

C’è una sostanziale inadeguatezza della politica estera europea nei confronti della possibilità che gli USA entrino in guerra. I tedeschi aggravarono ulteriormente i rapporti con gli USA, la GB istituisce un blocco navale nei confronti della Germania che in una prima fase inaugura una guerra sottomarina. Nel ‘17 la Germania dichiara che avrebbe portato avanti la guerra sottomarina ad oltranza, ciò però colpisce in modo indiscriminato anche tutti i convogli diretti verso la GB che spesso erano americani. Quando, nel ’17, viene meno la prudenza politica che sconsigliava di provocare gli americani, la guerra sottomarina colpisce chiunque.

Inoltre, gli inglesi commisero l’errore di provocare un incidente diplomatico tra Germania e USA con la nota Zimmermann, dalla quale emerse che la Germania si stava occupando di portare avanti negoziati con il Messico contro gli USA. L’amministrazione Wilson decide allora di entrare nel conflitto. La Germania sottovaluta in entrambe le guerre l’impatto dell’entrata in guerra degli USA che hanno il compito di rimpinguare gli esausti eserciti europei.

La rivoluzione russa

La Russia alla fine del ‘17 è completamente destabilizzata dai propri problemi interni. Dopo la rivoluzione del marzo del 1918, Lenin decide che è fondamentale uscire dalla guerra per rafforzare il fronte interno e firma l’armistizio di Brest-Litovsk. Le condizione imposte dall’armistizio sono dure, ma non impossibili da affrontare. I tedeschi acconsentono ad una delle clausole russe che prevedeva la sovietizzazione delle truppe e la fraternizzazione delle truppe russe e tedesche. È un momento di miglior sensibilità diplomatica di quanto avessero dato prova i tedeschi fino a quel momento. La Russia esce dal conflitto, ma perde tutti i territori che etnicamente non erano russi: l’Ucraina, la Finlandia e i territori Baltici. La Crimea viene occupata dai tedeschi, la Bessarabia della Romania.

I 14 punti di Wilson e la New Diplomacy

La Russia dichiara nulli tutti i trattati firmati fino a quel momento. In questa fase emerge il testo del trattato di Londra, la Russia non ratifica gli accordi di San Giovanni di Moriana: non solo esce dal conflitto, ma inguaia in qualche modo gli alleati perché le potenze dell’intesa si apprestano a terminare il conflitto affianco dell’alleato americano portandosi  dietro un apparato di trattati e usi diplomatici che Wilson si appresta a smantellare. Wilson crede di poter rinnovare completamente le consuetudini diplomatiche che fino a quel momento avevano caratterizzato le relazioni internazionali europee. Fino al ’18 le relazioni internazionali sono decise sul continente europeo, Wilson porta con sé una ventata di idee nuove per smantellare quella serie di errori delle grandi potenze che avevano portato al primo conflitto mondiale: 14 punti  vengono aboliti i trattati segreti (new diplomacy), viene istituzionalizzato il principio del libero mercato, libero commercio (libertà dei mari), frontiere tracciate in base al principio di nazionalità  porterà guai in Europa con la dissoluzione dell’impero multinazionale asburgico.

La dissoluzione dell’Impero Austroungarico

Ad un certo punto ci si rende conto che è impossibile portare avanti questo conflitto. L’Impero Austroungarico non poteva resistere a lungo perché i conflitti nazionali stavano emergendo con sempre maggiore forza. Ciò era inaspettato per le altre potenze, si prevedeva lo smantellamento dell’Impero Ottomano, non di quello austroungarico. Per quello nel patto di Londra non c’era una rivendicazione di Fiume, si pensava che l’impero avrebbe mantenuto uno sbocco al mare.

Il primo dopoguerra

Le trattative di Parigi

Le trattative di Parigi non sono dei negoziati tra vincitori e vinti: i soli vincitori impongono un diktat. Se i vinti non accettano si ha la rinuncia dell’armistizio e la ripresa delle ostilità. Alla conferenza si scontrano punti di vista diversi, ognuno è portatore di proprie istanze, è un negoziato complesso. L’approccio che le potenze hanno nei confronti dei vinti, in particolar modo verso la Germania, è un approccio differente: i , appoggiati agli inglesi, hanno una volontà punitiva, la responsabilità del conflitto viene attribuita alla Germania. La Germania viene privata delle sue colonie. La Francia è ossessionata dalla sicurezza, la minaccia tedesca deve essere allontanata dai suoi confini.

Gli Stati Uniti

Alla fine della guerra si può dire che ci sia stato un baratto tra le idee di Wilson e la compartecipazione degli Stati Uniti. Accettare la Società delle Nazioni potrebbe voler dire anche modificare i confini, Wilson è talmente convinto della rilevanza del suo progetto che è disposto a scendere a compromessi su altre cose. La Società delle Nazioni partiva escludendo a priori i paesi sconfitti e l’Urss. La Germania entrerà nel 1926, l’URSS nel 1934. Gli USA non entrano nella Società delle Nazioni quando il progetto non passa al senato. È una società deficitaria nei principi, chi ne fa parte inoltre non è convinto che quello sia il luogo dove discutere le controversie internazionali.

La Russia

La Russia viene tagliata fuori dalle relazioni internazionali, sovietizzazione della Russia. La Russia viene tagliata fuori dal territorio polacco, ma anche da altre territori che erano sotto il suo controllo. In questa fase la Russia sviluppa un senso di accerchiamento. Wilson è convinto che non sia il caso di portare avanti un conflitto in territorio polacco, le zone circostanti vengono stabilizzate e rese in grado di affrontare un eventuale avanzamento dell’Unione Sovietica. La situazione interna è grave a causa di una carestia carestia. L’accerchiamento fa temere che la rivoluzione sia bloccata da un intervento delle forze occidentali. L’Urss si concentra sul fronte interno.

La Germania

La Germania è colpita da problemi politici interni al paese, Guglielmo viene esiliato in Olanda, nasce la Repubblica di Weimar, dopo una fase in cui si è tenuta una sorta di bolscevizzazione del paese. La Costituzione è democratica, ma contiene un meccanismo di autodistruzione: una volta costruita la Repubblica, essa non aveva nessun mezzo per auto-sostenersi politicamente.

A ovest la Germania perde l’Alsazia e la Lorena (come dichiarato nel 1914). Un'altra caratteristica di questa pace è che in sostanza non esiste nessuna forma di tutela per le minoranze, si formano stati con all’interno minoranze politiche e culturali molto rilevanti. Le rivendicazioni della Francia non si fermano all’Alsazia-Lorena, ma si espandono al territorio della Saar (Ruhr). Wilson non è d’accordo: dopo 15 anni di amministrazione internazionale da parte della Società delle Nazioni, la Saar sarebbe stata attribuita o alla Francia o alla Germania tramite un plebiscito. La Germania perde anche i due cantoni occidentali di Eupen e Malmedy. La Francia solleva il problema di cosa fare della frontiera occidentale della Germania (questione renana): la parte a ovest del Reno verrà completamente smilitarizzata attraverso clausole militari. A nord la Germania perde la zona di Schleswig in favore della Danimarca (era stata annessa nel 1864). Le principali mutilazioni territoriali tedesche avvengono nella parte orientale: la Germania non perde solo il suo territorio ma anche una grossa parte di cittadini di lingua e cultura tedesca si trovano fuori dai confini della Germania. Le acquisizioni successive fatte da Hitler nel ’38 riguardano territori sotto l’Impero Austroungarico, ma pur sempre di lingua e cultura tedesca: idea che la Germania possa riunire a sé i tedeschi che però non facevano parte del Reich. Le vere e sostanziali perdite territoriali sul territorio tedesco sono in favore della Polonia. Si crea una forte identità nazionale polacca, ma ha una situazione geopolitica infelice, si ritrova schiacciata dalla Germania e dalla Russia, ha al proprio interno una parte di territorio tolto alla Germania e una parte tolto alla Russia. Questi paesi devono automaticamente essere messi sotto la protezione di qualcuno: la Francia ritiene che la propria sicurezza dipende anche dall’assetto orientale dell’Europa. La Germania perde Postdam e parte della Prussia occidentale. Danzica diventa lo sbocco al mare della Polonia, si crea un corridoio per permettere il collegamento al porto: ciò non viene accettato dalla Germania perché divide la Prussia. Nessun membro di nessun partito riteneva che quella frontiera fosse accettabile, infatti nella Seconda Guerra Mondiale la Germania si rivolgerà immediatamente alla Polonia. L’Alta Slesia (zona industriale) deciderà l’annessione alla Polonia tramite un plebiscito.

La Germania è sottoposta a clausole non solo territoriali, ma anche militari: viene smantellato lo stato maggiore, pesante riduzione quantitativa delle forze armate tedesche, la Germania cesserà di avere una flotta e la circoscrizione obbligatoria, il corpo ufficiale verrà ridotto, verrà annichilita la possibilità della Germania di evolvere militarmente (es. aviazione). Alcune zone vengono smilitarizzate. È un’imposizione pesante per un paese che si appresta a nascere, si trova in una situazione di sovranità limitata. Tuttavia, si ha un accordo militare segreto tra Germania e Russia in base al quale le clausole militari del trattato di Versailles vengono in qualche modo sviate: i sovietici davano spazio, mentre i tedeschi davano tecnologia. Questa è la prima forma di accordo politico dopo la Prima Guerra Mondiale tra Germania e Russia, due potenze isolate. Concetto di occupazione temporanea di certi territori: la riva sinistra del Reno sarà occupata dagli alleati, evacueranno di 5 anni in 5 anni a seconda del comportamento tedesco.

Il 4 novembre 1918 si decide anche che la Germania deve risarcire i danni civili causati dalla guerra ed occuparsi del pagamento delle pensioni ai militari (idee portate avanti dagli inglesi). L’art.831 del trattato di Versailles sottolinea il concetto della colpevolezza tedesca. Non si esce da Versailles con un dato quantitativo delle riparazioni, si costituisce una commissione delle riparazioni. All’inizio la commissione è incaricata di sorvegliare la riscossione delle clausole iniziali: 20 miliardi di marchi in oro + eventuali garanzie richieste dagli Stati. Poi si passa alla politica del pegno produttivo. Per la Francia fallisce l’idea di patto di garanzia quando gli USA non entrano nella Società delle Nazioni, si avvale dello strumento delle riparazioni come strumento di pesanti pressioni sulla Germania. La Germania è costretta ad accettare le riparazioni, altrimenti saranno riprese le ostilità. Le riparazioni sono considerate inaccettabili. La Francia attua una politica di pegno produttivo: “voi non pagate, noi occupiamo territori e da lì prendiamo ciò che ci compete come riparazione”. La Germania deve trovare i mezzi per pagare: non esce dalla guerra distrutta del suo potenziale produttivo, tuttavia il pagamento di somme ingenti non è cosa così semplice. Dal 1920 al 1921 c’è una politica di resistenza per non pagare, movimento nazionale, problema molto sentito dall’opinione pubblica tedesca. La Francia entra con le proprie truppe nella Ruhr. Assenza di dialogo tra Francia e Germania. Solo più tardi si avrà una politica di adempimento. In una fase iniziale anche gli inglesi affiancano i francesi nella loro politica sulle riparazioni, in seguito si fa strada l’idea che bisogna in qualche modo attuare una politica più ragionevole e moderata nei confronti della Germania, si ha un crescente divario tra Francia e Inghilterra. JM Keynes si occupa di questo problema.

Altro dato contradditorio: divieto di Anschluss (annessione, non solo violenta). Dal crollo dell’Impero Austroungarico nascono diversi paesi: nulla divide dal punto di vista linguistico gli austriaci e i tedeschi. L’impulso di unificazione avviene all’inizio da parte dell’Austria! è un divieto contrario al principio di nazionalità. Se non ci fosse questo divieto, queste rivendicazioni potrebbero essere estese anche al Sud Tirolo: elemento anti-revisionista del regime fascista.

L’Italia

L’Italia si trova a Parigi a far fronte a quella che rischia di diventare la famosa vittoria mutilata. L’Italia, secondo il Patto di Londra sarebbe dovuta diventare il paese dominante nell’Adriatico, ma ciò era una piena contraddizione del principio di nazionalità. L’Italia si presenta a negoziare a Parigi portando con sé le divisioni interne al paese, paese instabile politicamente e disomogeneo. Sull’altra sponda dell’Adriatico al competitore austriaco si è sostituito il Regno di Jugoslavia, fortemente voluto da Wilson per contrastare la bolscevizzazione di quelle zone da parte dell’Unione Sovietica, e ciò porta ad un ridimensionamento delle pretese italiane. L’Italia rivendica la Dalmazia (in base al Patto di Londra) e Fiume (città a maggioranza italiana, ma non contenuta nel Patto di Londra). L’Italia cerca di contrastare il Regno di Jugoslavia che viene da subito percepito come nemico (piano Badoglio: l’Italia cercava di destabilizzare la Jugoslavia). Continua polemica con Wilson, soprattutto quando presenta il Manifesto al Popolo Italiano sorpassando il ministro Sonnino, si rivolge direttamente al popolo sostenendo il principio della nazionalità. L’Italia esce dal negoziato, e si assiste ad un progressivo allontanamento di Francia e Inghilterra dalle posizione italiane. Il problema italiano non trova una sistemazione precisa a Parigi, inizia un negoziato a due con il Regno di Jugoslavia che l’Italia cerca il più possibile di non riconoscere.

La conferenza di Cannes

Le relazioni europee sono condizionate dalla particolare situazione della Germania, ciò influenza anche i rapporti tra gli stessi paesi vincitori. Le riparazioni così ingenti facevano sorgere il problema delle modalità di pagamento. La discussione verteva quindi sia sulla quantità che sulla modalità. La cifra fu tale da prevedere una rateizzazione che sarebbe potuta arrivare fino agli anni ‘60-‘70. La posizione del governo tedesco in una fase iniziale è di totale non accettazione, si contestava il concetto delle riparazioni anche in termini concreti, possibilità oggettiva che la Germania aveva di pagare. In realtà la Germania esce dal conflitto con una capacità produttiva pressoché intatta. Col tempo ci si rende conto che la situazione interna della Germania condizionava il resto dell’Europa, quindi gli altri paesi cambiano posizioni. Secondo una parte della politica francese, quanto previsto in termini di Versailles non poteva in alcun modo essere modificato, ciò ebbe un peso consistente nell’influenzare i rapporti tra Germania e Francia.

Il 22 gennaio 1922 a Cannes si discute del problema delle riparazioni per una richiesta di moratoria. Il realismo britannico vedeva nella crisi della Germania non solo l’aspetto meramente economico (assenza di un partner economico e commerciale), ma anche politico per il suo ruolo di equilibrio nel continente dove vigeva il dominio totale ed incontrastato della Francia. La politica inglese cerca di persuadere i francesi di rivedere il concetto di riparazioni. La Germania sapeva che alla Francia si poteva chiedere una riduzione delle riparazioni solo se in cambio si dava sicurezza. La Gran Bretagna era disposta ad assicurare la frontiera occidentale della Germania (Alsazia-Lorena), non quella orientale che era considerata provvisoria dalla GB. Ciò porterà a grandi difficoltà nel futuro, in quanto si tenta di mantenere un assetto che non è sostenibile a tempo indeterminato. La Francia è il grande tutore dell’assetto dell’Europa centro-occidentale. A Cannes tutto ciò comincia ad emergere.

Briand chiede alla GB una garanzia globale, politica destinata a fallire, Briand non può accettare le proposte di Lloyd George. Poincaré è indifferente alle politiche di Lloyd George, va avanti per la sua strada. La Francia, oltre agli accordi di garanzia chiedeva anche un accordo militare, ma la GB non era disposta a legarsi alla politica militare francese.

La conferenza di Genova

Nel marzo-aprile 1922 si tiene a Genova una nuova conferenza per affrontare la questione delle riparazione e i problemi dei rapporti con la Germania. La Russia è un paese isolato, gli altri paesi europei sono intimoriti, inoltre i crediti non erano stati riconosciuti dall’Unione Sovietica (la Francia si era esposta finanziariamente nei confronti della Russia). Nella conferenza del ’22 partecipa anche l’Unione Sovietica che spera di uscire dall’isolamento. È una conferenza fallimentare, soprattutto a causa del boicottaggio dei francesi: Poincaré non si presenta, è sempre più intransigente verso le clausole di Versailles. Ma la conferenza fallisce anche dal punto di vista dei negoziati con i russi perché si chiede il riconoscimento dei crediti. È un insuccesso, ma c’è un aspetto rilevante: le due potenze completamente isolate, la Germania e l’Unione Sovietica, riescono a trovare un accordo, ritrovano quell’elemento fondamentale della politica bismarckiana. Il valore formale di questo accordo non è così rilevante, è solo un reciproco riconoscimento, si stabiliscono rapporti diplomatici e commerciali, ci si propone di sanare i debiti gli uni nei confronti degli altri. Trova riconoscimento politico l’accordo militare per gli armamenti. Entrambe avevano un interesse politico contro la Polonia. L’Unione Sovietica mostra una sicurezza inaspettata. A Rapallo c’è quest’accordo tra la Germania e l’Unione Sovietica.

La crisi della Ruhr

La mancata risoluzione della questione delle riparazioni porta ad un punto di rottura. Nell’estate del ‘22 di fronte all’ennesima richiesta di moratoria, la Francia enuncia la politica del pegno produttivo (miniere della Ruhr). Ciò porta ad una crisi tra GB e Francia in quanto quest’ultima lede direttamente l’interesse britannico legando le riparazioni ai debiti interalleati: i francesi non pagheranno i debiti verso gli USA finché i tedeschi non pagheranno i francesi.

Crisi dell’Impero Ottomano: rivolta di Mustafà Kemal  guerra con la Grecia, assedio di Smirne che ritorna alla Turchia. I francesi hanno levato le proprie truppe, hanno reso la presa di Costantinopoli per Kemal qualcosa di molto più facile. Gli inglesi si trovano i contrasto con la Francia sia sul piano europeo che sul fronte orientale dove sono stati in qualche modo traditi. Ci si avvia a sanzionare la vittoria di Kemal. Solco profondo nelle relazioni tra Fr e GB, ma la GB non abbandona l’alleato francese.

Quando le truppe franco-belghe entrano nella Ruhr la GB manifesta il proprio disaccordo solo verbalmente. I tedeschi proclamano lo sciopero generale, lo Stato mette a disposizione risorse agli scioperanti, ma lavoratori francesi, belgi e italiani (Mussolini sostiene la Francia) si sostituiscono ai lavoratori tedeschi. Ciò provoca uno stallo totale nelle relazioni tra la Francia e la Germania. Si ha un dimezzamento della produzione delle miniere della Ruhr, così la Germania deve sostenere sia i costi derivanti dalla politica di resistenza passiva sia quelli derivanti dal dimezzamento della produzione di carbone. La soluzione viene trovata perché la Germania ha come ulteriore ripercussione un’enorme crisi inflazionistica perché si continua a battere moneta per cercare di risollevarsi dalla crisi (svalutazione del marco) la Germania è così costretta a rivedere le proprie posizioni. C’è un forte legame tra politica estera e politica interna, i governi di quel periodo sono molto instabili. Nel ’23 sale al potere Stresemann che proclama la fine della resistenza passiva.

Stresemann sarà cancelliere solo per 3 mesi, è un revisionista conservatore con una forte impronta bismarckiana: non aveva mai pensato di accettare un trattato di Versailles così oneroso, revisionista perché vuole rivedere certe clausole militari e territoriali (soprattutto per le frontiere orientali ritenute inaccettabili). Porta avanti l’idea di una nuova grande Germania. Si rende conto che la revisione dei trattati deve essere portata avanti in un ambito esclusivamente negoziale. La Germania vuole essere presente in termini di parità, pone fine alla politica della resistenza passiva, ripresa del dialogo con la Francia è necessario rassicurarla circa le intenzioni assolutamente moderate della Germania  politica della sicurezza collettiva: non è una politica di contrapposizione dura alla Francia, ma è comunque una politica revisionista.

La Commissione Dawes

La nuova prospettiva sulle riparazioni prende in considerazione le idee di J.M. Keynes.  Rientra in gioco l’America, che tra le due guerre è isolazionista da un punto di vista politico, ma non dal punto di vista economico. Gli Stati Uniti sono un grande creditore dei paese vincitori (Francia, GB, Italia). Quando la Francia coinvolge gli USA nella crisi Ruhr tramite i debiti interalleati, si trovano direttamente coinvolti. In questa fase gli USA sono in piena espansione commerciale e finanziaria, hanno bisogno di un mercato e si trovano davanti un’Europa che ha bisogno di aiuti economici. Sono portatori di una visione keynesiana: la Germania va messa nelle condizioni di pagare le riparazioni e di tornare ad essere una grande potenza economica. La Commissione Dawes nel 1924 ribalta il problema delle riparazioni e lancia l’idea di rimettere in condizione la Germania di funzionare attraverso un grosso prestito. Ruolo degli USA: non soltanto sono l’elemento propulsivo dell’idea, ma diventano essi stessi una componente fondamentale. C’è un crescente prestigio delle finanze americane in confronto a quelle della GB, comincia così il declino dell’Inghilterra e la predominanza del dollaro sulla sterlina. Il problema delle riparazioni sembra trovare una sua soluzione. Si istituisce anche un agente per le riparazioni che avrebbe dovuto controllare il bilancio pubblico della Germania, monitoraggio costante sulle condizioni dell’economica tedesca.

Il Patto di Locarno

Il negoziato tra Francia e Germania porta ad un’evacuazione delle truppe scaglionata, la Ruhr viene finalmente evacuata nel 1925. Attraverso il Patto di Locarno (Germania, Francia, Belgio): la Germania offre alla Francia la garanzia della frontiera occidentale. L’Italia e la Gb diventano potenze garanti di questo accordo. In questo modo la GB rende operativa quella che era stata la promessa che aveva portato avanti dal ’19 di assicurare e garantire le frontiere francesi. L’Italia si trova in una posizione di prestigio, seppure con qualche momento di esitazione (inizialmente Mussolini non voleva diventare garante perché c’era la questione della frontiera del Brennero, poi si accontenta di questo ruolo formale).

A Locarno ci si occupa delle frontiere occidentali, ma non di quelle orientali. Questo non è un caso. L’accordo ha già in sé il germe della sua distruzione, vengono determinate frontiere di serie A e di serie B verso gli stati successori dell’Impero Austroungarico e la Polonia. Vengono anche stabiliti degli accordi di arbitrato: si prevede un arbitrato internazionale per risolvere eventuali vertenze tra Germania, Polonia e Cecoslovacchia  politica societaria di Stresemann: era un mezzo per ottenere la revisione dei trattati di Versailles, non il fine.

L’Unione Sovietica era preoccupata da Locarno, ma Stresemann firma un nuovo trattato di contro-assicurazione (politica di impronta bismarckiana): si stabiliscono rapporti economici e politici e si promette reciproca neutralità in caso di guerra. La Germania non è interessata a far parte di una coalizione anti-bolscevica.

Gli accordi di Roma

L’Italia sembra aver risolto i problemi con il Regno di Jugoslavia nel 1924 attraverso gli Accordi di Roma con i quali Fiume passa all’Italia e si ha la reciproca promessa che nessuna delle due cercheranno di condizionare la politica Albanese.

Tra le due guerre

Il protocollo Benes

Nel 1924 viene proposto il Protocollo Benes sull’arbitrato. La GB è convinta che l’obbligatorietà dell’arbitrato all’interno della Società delle Nazioni la avrebbe trascinata in conflitti rispetto ai quali era estranea. Gli stessi dominios britannici avevano paura di venir coinvolti nelle beghe europee. Gli Stati Uniti sono restii a rivedere la loro posizione nella Società delle Nazioni. Nel marzo ’25 la GB dichiara che non appoggerà il protocollo Benes che quindi fallisce. La Società delle Nazioni farà sentire queste carenza, la mancata evoluzione porterà ad una crisi sempre più incisiva. Col tempo l’attività della Società delle Nazioni diventa sempre più meramente dichiarativa. Nel ’26 la Germania entra nella Società delle Nazioni  prime forme di revisionismo del trattato di pace.

Il riarmo tedesco

Quando nel ’33 Hitler diventa cancelliere, molte delle questioni erano già sorte nella fase precedente (es. accordo militare con l’Unione Sovietica). Esiste una commissione per controllare che la Germania rispetti le regole, ma dal ’27 smette di funzionare. La Germania attua una politica di ripotenziamento: circoscrizione obbligatoria, militarizzazione della Ruhr  rottura totale ed esplicita dei trattati di Versailles (prima si cercava di aggirare le clausole).

Il patto Briand-Kellogg

Si tenta di potenziare la sicurezza collettiva: Briand propone di non utilizzare la guerra come mezzo per risolvere i conflitti, discorso puramente demagogico. Il patto Briand-Kellogg del ’28 è teso a rifiutare la guerra come strumento per dirimere le controversie di natura politica, si propone di estenderlo a tutte le nazioni che vi volessero aderire. Era una vaga dichiarazione di intenti, non era un vero e proprio strumento. Sentimento di illusione collettiva.

La crisi di Wall Street

La stabilità politica derivava per lo più da una stabilità economica, ma nel 1929 c’è la crisi di Wall Street. Nella fase successiva al 1926 e l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni si arriva alla fissazione definitiva del debito tedesco. La Francia lega di nuovo questo problema a quello dei debiti interalleati. Nel ’29 la conferenza dell’Aja (piano Young) stabilisce i tempi per l’evacuazione della Renania. I pagamenti delle riparazioni sarebbero dovuti arrivare fino al 1988. Viene soppressa la commissione per le riparazioni e viene sostituita con una banca per il regolamento internazionale con scopi meramente finanziari (non c’è più un legame con la politica come con la commissione). La crisi del ’29 avrà successive ripercussioni in Europa nel ’30 – ’31. L’interesse americano per le questioni finanziarie europee è sempre minore. Inizia contestualmente la fase di progressivo venir meno del ruolo formale della Società delle Nazioni.

La crisi manciuriana

Nel 1931 c’è la prima grande crisi della Società delle Nazioni che deriva dalla crisi manciuriana. Dal 1915 la Manciuria era stata sottoposta ad attività di colonizzazione del territorio da parte del Giappone (epoca in cui il Giappone aveva imposto alla Cina il trattato delle 20 domande – assoluta inferiorità della Cina, ultimo trattato impositivo), nel ’31 i giapponesi occupano militarmente tutta la Manciuria con un pretesto, esautorando il governo cinese dalla regione. La Cina è membro della Società delle Nazioni, è militarmente debole, non è in grado di rispondere all’invasione, denuncia la violazione del proprio territorio. I giapponesi invocano ragioni di sicurezza, non si smuovono. La Società delle Nazioni si dimostra uno strumento inadatto ad operare in modo significativo, anche perché gli USA intervengono a difesa della politica della porta aperta (ma sono paralizzati dal loro isolazionismo). Gli USA attuano la dottrina Stimson (metafora dell’isolazionismo politico americano): prendono atto della violazione giapponese, lo invitano a ritirarsi, non riconoscono lo status quo in Manciuria. Tuttavia, sono sprovvisti di qualsiasi forma di deterrenza nei confronti dell’espansione giapponese. Nel ’32 il Giappone istituisce lo stato fantoccio del Manciukuo, diventa una specie di protettorato. La Società delle Nazioni non si è dotata di nessun strumento coercitivo.

La tentata unificazione doganale tra Austria e Germania

Nel ’31 si risolve un’altra crisi: crisi inerente all’anschluss tra Austria e Germania. La Repubblica di Weimar pone in essere una tentata unificazione doganale, ma si pensa che questo sia il primo passo verso l’anschluss. La Francia non ritiene che sia solo un’unificazione economica, pone in essere tutti gli strumenti per impedire questa unificazione, forte conflittualità tra Germania e Francia. Il tutto è gestito malissimo: le cancellerie europee scoprono il progetto attraverso la stampa. Si teme l’occupazione dell’Europa orientale protetta dalla Francia (paesi della Piccola Intesa). La GB sa che l’anschluss prima o poi si realizzerà, tuttavia intende rassicurare la Francia. Nonostante i proclamati intendimenti di parità, in realtà la Germania si trova in una situazione di inferiorità rispetto alla Francia che gode anche di una certa forza in ambito finanziario (ultimo paese toccato dalla crisi economica). La Francia chiede che il progetto passi sotto un vaglio di legittimità internazionale (Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja). Pressione francese sull’Austria (paese debole, pressione finanziaria): fallisce la principale banca di stato austriaca, quando l’Austria chiede aiuto la Francia per evitare di dichiarare la bancarotta di stato, la Francia le chiede di rinunciare all’anschluss. L’Austria si ritira dal progetto prima ancora che passi al vaglio della corte dell’Aja. Questa è una chiara dimostrazione di forza da parte della Francia sulla Germania, non solo sull’Austria. La Germania chiede di essere considerata come tutti gli altri paesi riguardo al riarmo. Operazione Brüning per contrastare sul fronte interno l’ascesa del partito nazionalsocialista che traeva la sua forza dal malcontento derivante dalla crisi.

La frattura tra Francia e Italia

Ulteriore fattore di crisi: frattura tra Francia e Italia  crescente rivalità in area centro-danubiana. Mussolini la definisce un hinterland naturale per l’influenza politica. In Austria nascerà il cosiddetto austro-fascismo, movimento estremamente vicino a Mussolini. L’Italia postulava la possibilità di rivedere i trattati di pace, cerca di radunare attorno a sé le potenze scontente degli accordi di pace (es. Ungheria). La Francia è antirevisionista, si pone a capo della Piccola Intesa. Crescente contrasto anche con la Jugoslavia per esercitare un’influenza sull’Albania (forte rilevanza strategica). L’Italia riprende l’idea di poter agire per indebolire la Jugoslavia sul fronte interno (piano Badoglio). Evidente contrasto con gli interessi della Francia.

Allo stesso tempo le conferenze sul disarmo, soprattutto navale, evidenziano una competizione a tutto conto tra Francia e Italia. Alla conferenza di Washington la Francia accetta che l’Italia possa avere un armamento navale pari a quello francese. Successivamente però dichiara che le due flotte non possono essere considerate pari perché la flotta italiana era impegnata nel Mediterraneo mentre la flotta francese era impegnata nell’Atlantico (molto più ampio).

L’Italia rimane saldamente nella Società delle Nazioni per cercare maggior prestigio. Dino Grandi è il portatore di questa visione. Mussolini è il primo che non crede nell’utilità della Società delle Nazioni, ma si rendono conto dell’importanza del fatto che l’Italia partecipi ad un consesso internazionale legittimo. Nel ’32 Mussolini si convince che questo tipo di politica non va più bene e prosegue l’idea del Patto a Quattro: Francia, GB, Italia e Germania. Avvio del riconoscimento paritario della Germania e del suo diritto a riarmarsi.

L’ascesa di Hitler

Nel gennaio del ’33 Hitler diventa cancelliere. Nel maggio dello stesso anno c’è l’appello degli ebrei della Slesia alle potenze europee (Francia e GB). La Germania abbandona la conferenza sul disarmo e la Società delle Nazioni. Hitler porta avanti un’ottica revisionista e allo stesso tempo inizia una politica di rottura. Nel novembre del ’33 propone dei patti di non aggressione di durata decennale, proclama fedeltà al patto di Locarno, chiede un esercito di 300 000 unità e degli armamenti adeguati, chiede l’annessione della Saar senza plebiscito. La Francia resta intransigente, rifiuta ogni forma di accordo con la Germania, mentre gli inglesi tentano la mediazione. Nell’aprile del ’34 la Francia rifiuta di legalizzare il riarmo tedesco, ma si trova sempre più isolata in quanto la GB approva una politica dell’appeasement per un riarmo controllato.

Nel ’34 Hitler stipola un trattato di non aggressione di durata decennale con la Polonia che si avvia ad intraprendere una politica che la avvicina alla Germania e la allontana dall’Unione Sovietica. Danzica però è uno dei primi punti di revisione: è evidente che la Germania mira allo scontro con la Polonia, ma essa spera che questo accordo sia un’assicurazione per il futuro.

Il Patto di Locarno Orientale

Nel 1934 le relazioni internazionali sono cambiate. Sia gli obbiettivi di Hitler che quelli di Stresemann erano revisionisti, ma erano molto diversi tra loro. Hitler voleva andare oltre l’inglobamento della popolazione di lingua tedesca, la sua politica estera si legava al concetto di spazio vitale che prevedeva l’espansione verso est (Piano Barbarossa). L’obbiettivo ultimo non viene ancora dichiarato. Viene portata avanti l’idea di portare la Germania ad un livello di parità con le altre potenze, viene attuata una serie di colpi di mano che portano a smantellare gli articoli del trattato di Versailles ritenuti particolarmente punitivi. In contrasto a Hitler non c’è un fronte ben definito e compatto, politiche divergenti.

Sempre nel ’34, Stalin sembra prendere atto che la politica sovietica deve trovare un suo aggiornamento sul piano internazionale e quindi decide di cercare la via di un possibile accordo pragmatico con i paesi che hanno un interesse ad arrestare l’avanzata della Germania, consapevole dei pericoli che la crescita della Germania poteva portare (non solo da un punto di vista ideologico). Per un periodo l’Unione Sovietica sposa una politica societaria. Anche il ministro della guerra francese Bartu si rende conto della necessità di un nuovo sistema di alleanze e ha l’idea di creare una sorta di Patto di Locarno Orientale, ma l’accordo è destinato ad arenarsi. Nel ‘35 si arriva ad un accordo tra Russia e Francia, ma esso ha degli elementi che indeboliscono l’alleanza in modo consistente, come la mancanza di una convenzione militare (fondamentale in una situazione di tensione, soprattutto tra due potenze che non confinano). Categorico rifiuto della Polonia di far passare truppe dell’Armata Rossa sul suo territorio.

La Gran Bretagna e la politica dell’appeasement

Crescente moderazione da parte della GB che deriva dal suo interesse imperiale, la GB mira in primo luogo a difendere il suo impero minacciato in modo crescente dalla politica dell’Italia. L’Idea di Hitler era quella di arrivare ad un accordo con la GB: alla GB viene riconosciuto il sproprio ruolo imperiale, alla Germania viene riconosciuto il proprio ruolo continentale. La GB coglie questa opportunità.

La GB si appresta a dare delle soddisfazioni al revisionismo tedesco, convinta che poi trovino un loro naturale limite  politica dell’appeasement. In questa spinta alla moderazione c’è anche una sostanziale debolezza britannica che deriva dalla sua consapevolezza di essere militarmente impreparata. La GB cerca di tutelare i suoi interessi, favorisce l’idea di Hitler di impedire che si costituisca un fronte anti-tedesco. Quando si arriva all’accordo franco-russo, la GB impone un limite sostanziale: l’accordo doveva essere riconosciuto dalle potenze di Locarno. Nel maggio ’35 il suo principale fautore non c’è (nell’ottobre ’34 Bartu era stato assassinato in un attentato del ramo terrorista del separatismo croato che operava col sostegno italiano). Il progetto di Bartu viene portato avanti da Laval, che però è meno convinto, cerca un accordo con l’Italia  si arriverà ad un accordo che si rivelerà totalmente inefficace.

L’Italia e la politica del peso determinante 1

Nel ’32 Mussolini assume il dicastero degli esteri (fino ’36, poi Galeazzo Ciano). L’Italia è legata all’Austria e all’Ungheria (paesi revisionisti). Fino al ’32 l’area centro-danubiana sembra aver distolto il paese dall’interesse coloniale nel Mediterraneo. Dopo il ’32 la politica italiana si sposta nuovamente verso il Mediterraneo. Quando Hitler prende il potere, l’Italia crede di avere un peso determinante e contempla la possibilità di allearsi con chi è disposto a pagare l’alleanza a caro prezzo: politica del peso determinante. È rischioso perché si rischia di rimanere fuori, ma anche perché così facendo mette a rischio la propria affidabilità.

L’Italia chiarisce a Hitler che non vuole rivedere l’articolo dell’accordo di Saint Germain sull’anschluss. Nel ’34 si ha un tentato colpo di stato in Austria per destituire il cancelliere Dollfuss e creare un governo filonazista. Il putsch non riesce, Hitler fa marcia indietro e chiede le proprie scuse a Mussolini. Mussolini sposta le truppe sul Brennero, chiaro messaggio a Hitler. Hitler capisce che l’anschluss potrà essere realizzato solo quando il fronte anti-tedesco sarà definitivamente rotto al suo interno e solo con l’appoggio dell’Italia. Qualsiasi forma di propaganda nazista viene messa fuori legge in Austria. Le prese di posizione anglo-francese sono puramente dichiaratorie, non c’è nessuna forma di deterrenza. L’unico che si muove è Mussolini.

L’Italia decide di intraprendere un’impresa coloniale in Etiopia, che aveva anche un carattere simbolico: lavare l’onta di Adua. Portare avanti questa politica significava minacciare un paese membro della Società delle Nazioni. Questa campagna doveva avvalersi di un preventivo consenso anglo-francese, in quanto per la GB significava suddividere una lunghissima linea di frontiera, l’attacco viene percepito come una seria minaccia al suo interesse vitale. L’Italia cerca effettivamente di porre in essere una politica tesa a preparare la conquista dell’Etiopia. Nel gennaio del ’35 vengono stipulati gli accordi Mussolini-Laval, importanti perché sembrano il frutto di un grande malinteso, in realtà probabilmente sono la logica conseguenza della politica opportunista di Laval. È un accordo di desistenza: desistenza francese circa l’eventuale conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia (desistenza che non può essere dichiarata apertamente). L’accordo si concretizza attraverso la sistemazione di questioni territoriali minori che riguardavano le vertenze aperte tra Italia e Francia, come la rinuncia italiana del mantenimento dello status privilegiato ai cittadini italiani in Algeria. Laval acconsente che l’Etiopia diventi un protettorato italiano, tutela degli interessi economici francesi sulla ferrovia di Gibuti. Questo accordo dava via libera ad un’azione aggressiva dell’Italia, ma quando Laval vedrà l’atteggiamento della GB negherà di aver inteso l’accordo in questo senso.

Il fronte di Stresa

Nel marzo ’35 Hitler viola l’art.173 dell’accordo di pace e ripristina la leva obbligatoria in Germania. Unione Sovietica, Italia, Francia e GB si uniscono per prevenire ulteriori mosse revisioniste della Germania e costituiscono il fronte di Stresa. Questo fronte ha però dentro di sé i germi della propria totale inutilità perché non costituisce un sistema (insieme di relazioni tra Stati che consentono un assetto che poi sarà in grado di fronteggiare un determinata situazione). Il fronte di Stresa non appiana vertenze di grande importanza all’interno di questo fronte, per esempio la questione dell’Etiopia non vien toccata.

Nel 1935 Hitler capisce che potrà attuare un altro colpo di mano senza conseguenze. La GB sta visualizzando un eventuale accordo navale con la Germania, che viene firmato nel giugno ’35. Hitler accetta il predominio navale della GB. Valore devastante se si pensa a cosa c’è dietro: pieno riconoscimento della GB del riarmo tedesco. La politica di appeasement si traduce in una serie di concessioni  contraddizioni evidenti al suo interno  la GB è consapevole della propria vulnerabilità. Corrente di pensiero all’interno della classe dirigente che riteneva preferibile una Germania nazista ad una Russia bolscevica.

L’invasione dell’Etiopia

Nel frattempo, iniziano le manovre italiane contro l’Etiopia, che si appella immediatamente alla Società delle Nazioni. L’Italia cercava un accordo con la GB, ma la GB ha una reazione contraria. Se da un lato questa politica poneva l’Italia in netto contrasto con la GB, dall’altro cercava in questo modo la via per un accordo: continua la politica del peso determinante. All’interno della Società delle Nazioni non c’è uno scontro diretto, ma una semplice opposizione che porta a delle sanzioni. L’unico effetto è quello di inasprire il contrasto con la GB senza costituire un’arma effettiva per raggiungere un’intesa. La Società delle Nazioni chiede che l’Etiopia ceda la provincia dell’Ogaden all’Italia, ma Mussolini non accetta.

Hitler gioca bene le sue carte: la Germania è fuori dalle sanzioni perché è uscita dalla Società delle Nazioni, Hitler vede un’opportunità politica in questa situazione (ulteriore frattura nel fronte di Stresa)  tentativo della Germania di arrivare ad una forma di avvicinamento con l’Italia in cui la distrazione etiopica è un dato ottimale. Ciò fornisce alla Germania ulteriori occasioni per un colpo di mano e per capire la posizione dell’Italia circa una possibile annessione dell’Austria da parte della Germania. La spartizione dell’Etiopia viene decisa dal Piano Laval che concede moltissimo all’Italia, progetto innovativo rispetto a quello dell’Ogaden.

La guerra civile spagnola

Nel ’36 ci sono altri fattori che spingono l’Italia ad un crescente avvicinamento alla Germania. Nell’estate 1936 scoppia la guerra civile spagnola: fase che a livello internazionale porta ad attribuire una maggior connotazione ideologica ai vari gruppi. L’Italia e la Germania appoggiano Franco. Il coinvolgimento delle potenze (Francia, GB, Unione Sovietica) non è mai diretto, aperto, formale: principio del non intervento.

L’accordo anti-comintern

Nello stesso periodo viene anche firmato un accordo anti-comintern tra Germania e Giappone. L’Unione Sovietica è molto prudente in politica estera, Stalin cerca un accordo con le potenze capitaliste contro la Germania. In Unione Sovietica il periodo ’36 – ‘38 è drammatico sul fronte interno (grandi purghe).

La rimilitarizzazione della Renania

Nel marzo 1936 c’è anche la rimilitarizzazione della Renania. È una decisione pericolosa, Hitler si avvantaggia di un momento che dal punto di vista internazionale consente degli spazi di manovra  denuncia i trattati di Locarno. Questa è una minaccia gravissima per la sicurezza della Francia. Se la Francia avesse reagito Hitler si sarebbe dovuto ritirare, ma la Francia non reagisce.

L’Italia e la politica del peso determinante 2

L’Italia si trova in una posizione di profonda incertezza, ma preferisce la Germania all’Unione Sovietica. La GB continua a portare avanti la politica dell’appeasement, si trova in una condizione militare di inferiorità, l’opinione pubblica vuole evitare un altro conflitto. La politica dell’appeasement trova origine già dopo Versailles che aveva considerato alcune frontiere instabili, “di serie B”, frontiere che la GB era disposta a rivedere (es. frontiera est della Germania). C’è l’illusione inglese che garantendo a Hitler quelle frontiere si potesse arrivare ad un accordo con la Germania per la pace. La GB cercava di prendere tempo per riarmarsi.

La GB era minacciata dall’Italia sul fronte coloniale. Durante la guerra di Spagna l’Italia sostiene Franco e la Francia e la GB pensano che l’Italia voglia arrivare alle Baleari per minacciare ancora di più la GB. L’Italia in realtà non cerca necessariamente un rafforzamento delle sue basi strategiche nel Mediterraneo, ma temeva che una Spagna di sinistra potesse allearsi con la Francia per escludere l’Italia del Mediterraneo.

La Germania aiuta l’Italia: distrae l’Italia dalla zona centro-danubiana e spera di placare le idee di Mussolini riguardo l’Austria. Nel luglio 1936 si arriva ad un accordo tra Germania e Austria. In Austria viene riabilitato il partito nazista.

Nell’ottobre 1936, per rafforzare la connotazione ideologica che si sta diffondendo in Europa, la Germania e il Giappone firmano un accordo anti-comintern. Nel frattempo il Giappone si scontra con l’Unione Sovietica. La Germania diventa il baluardo contro il bolscevismo. Hitler vorrebbe che anche l’Italia firmi il patto anti-comintern, ma l’Italia vuole restare libera  politica del peso determinante.

Nel novembre 1936 Mussolini fa un discorso sull’Asse: c’è una verticale tra Roma e Berlino, asse attorno al quale possono collaborare altre potenze (GB). non c’è ancora un legame politico stretto, ma solo un avvicinamento ideologico. L’Italia guarda ad un’alleanza con la GB, mentre continua la competitività con la Francia. Intanto in Francia sale al potere il fronte di destra guidato da Léon Blum.

La GB si predispone ad accogliere le proposte dell’Italia, non senza scontri interni: mentre il ministro degli esteri interni inglese Eden vorrebbe un accordo con la Germania, Chamberlain è favorevole all’accordo con l’Italia per evitare un rafforzamento dell’Asse. Si arriva così al Gentlemen’s Agreement tra GB e Italia, ma nel 1937 Chamberlain diventa primo ministro e Eden non aderisce: il patto non si farà. A questo punto allora l’Italia aderisce al patto anti-comintern. Mentre si avvicina alla Germania per ottenere l’accordo con la GB, l’Italia si trova sempre di più con le mani legate.

Chamberlain acquisita maggior potere sul Foreign Office e allontana la prospettiva di un accordo con l’Unione Sovietica (anche perché Stalin aveva epurato gran parte dell’Armata Rossa, l’esercito russo era debole). Nel febbraio 1938 c’è una prospettiva di intesa tra GB e Italia. Eden si dimette. In tutto questo tempo anche Hitler cerca un accordo con la GB, ritiene che si possa arrivare ad una convergenza.

L’anschluss

Alla fine del 1937 l’Italia acconsente all’annessione dell’Austria da parte della Germania: Mussolini è stufo di fare la guardia al Brennero, riconosce la germanicità austriaca. Nel dicembre 1937 l’Italia esce dalla Società delle Nazioni. L’Austria verrà annessa nel marzo 1938, quando Hitler entra trionfante a Vienna.

Lo smembramento della Cecoslovacchia

Dopo l’annessione dell’Austria, le cancellerie europee prospettano l’annessione della Cecoslovacchia per la questione dei Sudeti: forte componente tedesca in quel territorio. A difendere la Cecoslovacchia c’erano gli accordi di Locarno: qualsiasi divergenza tra Germania e Cecoslovacchia sarebbe stata giudicata in ambito esterno. L’Unione Sovietica è disposta ad intervenire a difesa della Cecoslovacchia solo se la Francia fa altrettanto. La Conferenza di Monaco del settembre 1938 è considerata il trionfo dell’appeasement: viene risolta la questione dei Sudeti grazie alle trattative tra Italia, GB, Francia e Germania, ma viene esclusa la Cecoslovacchia! Chamberlain pensa di aver ottenuto la pace, in realtà scoppierà la guerra. L’Italia si pone come potenza garante, teme il conflitto perché è impreparata. La Cecoslovacchia deve cedere i Sudeti alla Germania.

Hitler prevede che la Cecoslovacchia venga ulteriormente smembrata per la questione della regione di Teschen, territorio a forte presenza polacca. Il 30 settembre c’è l’ultimatum polacco alla Cecoslovacchia al quale quest’ultima deve cedere.

A Monaco, Francia e GB avevano dichiarato che non avrebbero accettato un nuovo smembramento della Cecoslovacchia. Intanto Hitler fa un passo avanti rivendicando anche territori non tedeschi. Per evitare conflitti, la GB asseconda la politica tedesca. Hitler fa pressione sulla Polonia: rivendica Danzica e la invita ad entrare nel patto anti-comintern. La Polonia rifiuta.

Nel marzo 1939 la Germania invade la Boemia e la Moravia provocando lo smembramento definitivo della Cecoslovacchia. Si tollera che la Cecoslovacchia diventi un protettorato tedesco. Viene inscenata una richiesta di protezione della Cecoslovacchia alla Germania. In questo modo Francia e GB tollerano l’azione tedesca.

La Francia comincia a rendersi conto che l’espansione della Germania comincia a prescindere dalla giustificata germanicità dei territori. Intanto la Germania obbliga la Lituania cedere la città di Menel. Intanto l’Unione Sovietica si propone come protettrice dei popoli baltici.

L’Ungheria, spinta dalla Germania, si prepara ad annettersi parte del territorio cecoslovacco, rivendicato già a Versailles. La parte meridionale verrà ottenuta con il primo arbitrato di Vienna, sotto l’egida dell’Italia.

Il 31 marzo 1939 Chamberlain dichiara che GB e Francia garantiscono la Polonia, ma garantiscono la sua indipendenza, non la sua integrità territoriale. Resta così spazio per un accordo con la Germania.

Molotov

In Russia si comincia a pensare all’eventualità di negoziare con la Germania, le cose stanno cambiando. Il 30 maggio 1939 la Germania intraprende il negoziato con Mosca. L’Italia non viene informata perché l’accordo partiva come intesa commerciale. I primi di maggio il ministro degli esteri Litvinov viene sostituito con Molotov (fedele esecutore di Stalin). Molotov guarda ad un accordo con la Germania, mentre vengono portate avanti le trattative con Francia e Gran Bretagna, tiene il piede in due scarpe.

Il Patto d’Acciaio

Nell’aprile ’39 l’Italia invade l’Albania. Gran Bretagna e Francia si apprestano allora a stipulare degli accordi di protezione con Grecia, Romania e Turchia. Si continua a portare avanti l’appeasement, ma ci si rende conto che la guerra è imminente.

Nel maggio ’39 viene stipulato il Patto d’Acciaio. Da un punto negoziale, è un totale non-senso. È un patto di aggressione con il quale l’Italia non pone dei vincoli all’azione tedesca, ma si ripromette di seguire la Germania in ogni sua scelta. 

La Seconda Guerra Mondiale

La politica dell’appeasement

Nell’aprile del ’39 Hitler aveva denunciato l’accordo di non aggressione della Polonia e l’accordo navale anglo-tedesco del ’35. È evidente che nella primavera ’39 le cose non si stanno mettendo bene. Gli anglofrancesi continuano a portare avanti trattative infruttuose. I russi cercavano un’alleanza militare, mentre gli inglesi e i francesi erano convinti che fosse sufficiente un accordo generico e che quindi bastasse esercitare una sorta di  pressione psicologica sui tedeschi. La Polonia non vuole l’aiuto dell’Unione Sovietica: i polacchi non avevano una reale percezione di ciò che stava accadendo, mentre i russi cercavano un assetto geostrategico che gli consentisse di reagire nel caso di un’aggressione nei confronti della Polonia. Chamberlain credeva nei negoziati con i tedeschi per ritardare lo scoppio del conflitto imminente, voleva il tempo necessario a riarmarsi (gap tra Inghilterra e Germania).

Nel luglio c’è l’ultimo grande exploit della crisi: i funzionari del Foreign Office si incontrano a Londra con Helmut, responsabile dell’economia tedesca. Vengono fatte delle concessioni coloniali alla Germania, revisione dell’assetto territoriale in Polonia, si cercava di ottenere la promessa della Germania. La politica dell’appeasement accettava che la Germania diventasse il paese dominante sul continente europeo. Gli accordi uscirono allo scoperto attraverso la stampa e scoppiò un grosso scandalo. Chamberlain fu oggetto di critiche molto pesanti: l’atteggiamento della GB non è più tollerabile, è un pericolo più che una difesa dell’interesse britannico.

Il patto Molotov - Ribbentrop

Nel frattempo, comincia a camminare il negoziato tra Germania e Unione Sovietica. Già in primavera si erano tenuti i primi negoziati commerciali. Quest’apertura nei confronti dell’Unione Sovietica era in netto contrasto con le affermazioni antibolsceviche del regime. Hitler è disposto a fare ampie concessioni all’Unione Sovietica: la Germania aveva già deciso l’eliminazione della Polonia e quindi l’accordo con l’Unione Sovietica diventa l’obbiettivo principale della politica tedesca. Quando si entra nel vivo della trattativa i funzionari avevano la piena delega, si va lì già con l’intenzione di firmare un accordo (andamento molto diverso dalle trattative con Inghilterra). Hitler si predispone ad attuare la spartizione territoriale con l’Unione Sovietica.

Viene stipulato il patto Molotov - Ribbentrop che comprende un trattato di non aggressione e un accordo spartitorio nella parte protocollare segreta. Ci sono 3 clausole fondamentali:

Il patto tratta l’eventuale riorganizzazione politica e territoriale di Finlandia, Estonia, Lettonia e Polonia (territori a est dei fiumi Narew, Vistola e San ) che sarebbero passati sotto l’influenza sovietica. In questo modo i sovietici avrebbero controllato una parte dell’Ucraina, la Bielorussia e parte della Polonia etnica creando una zona cuscinetto: Stalin si espande con una logica difensiva. L’annessione dei polacchi però poteva costituire un problema più che un vantaggio. Dopo l’invasione della Polonia i russi cedono la loro parte della Polonia per avere la Lituania e quindi controllare tutta la parte dei Paesi Baltici. Controllare i Paesi Baltici costituiva un altro elemento di protezione: garantiva da eventuali attacchi tedeschi da nord.

Entrambe le potenze si riservano di decidere sul futuro della Polonia.

Il patto ammette l’interesse della Russia sulla Bessarabia (ricca di materie prime). 

Questo patto è garanzia per la Germania di poter muovere l’esercito in territorio polacco con il benestare dei russi. Viene firmato il 23 agosto, le trattative con gli anglofrancesi vengono sospese solo pochi giorni prima: l’Unione Sovietica tiene in piedi le due trattative fino all’ultimo. Gli inglesi e i francesi sono spiazzati.

L’invasione della Polonia

Il 1 settembre Hitler invade la Polonia. Il 3 viene inviato l’ultimatum britannico, seguito da quello francese che scade poche ore dopo. Tra l’1 e il 3 ci sono 48 ore: questo atteggiamento interlocutorio della GB viene considerato inaccettabile(Churchill). La Polonia viene fatta fuori in una settimana. Il piano negoziale richiedeva che la Germania ritirasse le truppe dal territorio polacco. Segue la dichiarazione di guerra di Francia e GB alla Germania. La Russia comincia a trarre vantaggio dal patto e le truppe sovietiche fanno ingresso in territorio polacco, accompagnate dalle proteste anglo-rancesi.

La posizione dell’Italia

La Germania muove senza il suo principale alleato: il patto d’acciaio per il momento non ha dato i suoi frutti. Mussolini chiarisce all’alleato che l’Italia non era pronta ad entrare nel conflitto (già accennato nel patto d’acciaio, l’eventuale ingresso era previsto appena nel ’42). Tuttavia, la Germania aveva realizzato questo intervento senza avvertire l’alleato italiano, l’Italia viene a conoscenza del patto Molotov solo a cose fatte. Mussolini si rende conto che i suoi spazi di manovra sono esigui, si rassegna a non entrare nel conflitto. L’Italia chiede un consistente aiuto economico per poter entrare in guerra, Ciano e Attolico chiedono delle materie prime alla Germania: lista resa più gravosa proprio per renderla inaccettabile alla Germania! La Germania decide di proseguire da sola. L’Italia ha la percezione di essere un “brillante secondo”.

Le rivendicazioni sovietiche

Non esiste un fronte orientale, grazie anche al patto Molotov. Si chiariscono i rapporti di forza anche all’interno delle alleanze. Dopo l’invasione sovietica della Polonia c’è il confronto necessario con la Finlandia, ma i russi incontrano un’inaspettata resistenza alle richieste di basi militari e navali considerate dai finlandesi un’impossibile cessione di sovranità. Nel novembre l’Unione Sovietica decide di attaccare la Finlandia, ma l’armata rossa incontra gravi difficoltà. Si rinvigorisce l’idea di Hitler che bisogna allontanarsi dall’Unione Sovietica.

L’interesse russo si sposta verso i Balcani. Rivendica la Bukovina: quelle zone sono di grande rilievo strategico ed economico. Si preannuncia un conflitto in cui il tema degli approvvigionamenti diventa centrale. I tedeschi aggirano questo tentativo sovietico smembrando la Romania attraverso il secondo arbitrato di Vienna del 1940.

Nell’estate del ’40 si evidenzia la crescente tensione tra Unione Sovietica e Germania. Nel luglio ’40 Hitler comincia a parlare dell’eventualità di un’aggressione all’Unione Sovietica. Nel sistema hitleriano si userà spesso la politica di creare degli stati satelliti legati a sé tramite concessioni. La Germania fa capire ai sovietici che non accetta l’espansionismo sovietico nei Balcani, ha già deciso che di lì a poco li attaccherà.

L’evoluzione della guerra

Nel frattempo, nella primavera del ‘40 sono stati invasi la Danimarca, i Paesi Bassi e la Francia. Nel giugno ’40 la Francia è costretta a firmare l’armistizio. Poco prima, l’Italia dichiara guerra alla Francia (ambasciatore francese: “uccidete un uomo morto”). La Francia quindi è costretta a firmare due armistizi. La GB si trova da sola a fronteggiare il conflitto (seppur con il sostegno economico degli USA). L’Inghilterra cerca di evitare che il controllo sulla flotta francese passi all’Italia e alla Germania: attacca preventivamente la flotta che bombardata pur di non farla cadere in mano ai tedeschi. La Germania si riprende l’Alsazia e la Lorena. In Francia si costituirà il governo collaborazionista di Vichy. Laval è un sostenitore dell’alleanza con la Germania. Nel giugno ’40 i tedeschi chiedono la restituzione dei prigionieri, consentono un governo francese nella regione della Francia non occupata, ma allo stesso tempo esigono un totale disarmo di questa zona.

Ad un certo punto è evidente il perché si fa strada il piano Barbarossa. In realtà il piano è mal pensato in quanto provocherà una guerra su due fronti. La Germania cerca un accordo con la GB per chiudere un fronte, ma viene rifiutato.

Fino all’ultimo l’Unione Sovietica vuole mostrare alla Germania che terrà fede al patto Molotov. C’è un costante rifornimento di materie prime dalla Russia alla Germania. Lo scambio contemplava la possibilità di avere in cambio tecnologia da parte della Germania, ma la Germania passava tecnologie obsolete: ulteriore fattore di attrito. Stalin non voleva lasciar intendere in nessun modo ai tedeschi che ci fosse la possibilità di una questione sovietica. Fa in modo di dimostrare che non ha intenzioni aggressive nei confronti della Germania, commette l’errore di aver creduto fino in fondo ad un accordo di questo tipo.

Il Patto Tripartito

A fine settembre viene stipulato il Patto Tripartito che non prevede solo la non aggressione, ma anche l’assistenza reciproca tra Germania, Italia e Giappone. Si profila un ruolo guida del Giappone in estremo oriente. In questo patto non c’è nessun tipo di elemento che possa destare i sospetti dell’Unione Sovietica, gli viene anche proposto di entrarvi a far parte. In realtà, il sistema di satellizzazione di Hitler prevede che gli stati sotto l’occupazione tedesca o sotto la sua influenza entrino a far parte di questo patto  Ungheria, Romania, Slovacchia. La Russia si rifiuta di entrare. Molotov va a Berlino dove i tedeschi gli propongono uno scenario eventuale in cui l’interesse sovietico possa dirigersi verso il Golfo Persico, l’India, l’Afghanistan (aree di interesse degli zar). Ciò significa che l’Europa rimane territorio tedesco, Hitler cerca di tagliare fuori l’Unione Sovietica che comincia a temere la Germania. Stalin comprende questa minaccia, ma non la vuole vedere per varie ragioni: contempla l’ipotesi che se avesse ammesso di essere incorso in errore non avrebbe avuto un futuro politico, destabilizzazione interna. Nel frattempo Molotov pone condizioni irraggiungibili alle quali avrebbe potuto firmare tripartito: basi militari in Bulgaria, abbandono della Finlandia da parte delle truppe tedesche.. Nel febbraio ’41 la Bulgaria aderisce al patto tripartito. I tedeschi riportano sotto il proprio controllo i territori richiesti dal’Unione Sovietica.

Lo smembramento della Jugoslavia

La Jugoslavia aveva inizialmente detto di voler aderire al patto, ma nello stesso periodo di ha un golpe antitedesco contro re Paolo in favore del re Pietro. La componente serba si predisponeva così a far fronte ad un contrasto anche militare con la Germania. La Germania decide quindi di invadere la Jugoslavia. Questa è la ragione per cui Hitler comincia la campagna di Russia in ritardo: non tiene in conto il fattore inverno e il fattore disgelo! Nell’ottobre l’Italia entra in guerra contro la Grecia, dove incontra gravi difficoltà. La Germania è costretta ad aiutarci. NB non è questa la causa del ritardo in Russia, bensì la Jugoslavia!

Il territorio jugoslavo viene totalmente smembrato. Viene creato uno stato indipendente croato retto da un movimento filo nazista. La Croazia aderisce al Patto Tripartito. L’Italia si annette sia la parte sud della Slovenia che la Dalmazia, territori privi di una componente italiana. La Bulgaria si annette una parte della Macedonia che era sotto il regno di Jugoslavia. Il sistema hitleriano nei Balcani si va definendo chiaramente.

Il trattato di neutralità tra Giappone e Unione Sovietica

Il 13 aprile viene firmato il trattato di neutralità tra Giappone e Unione Sovietica. Questo è uno dei pochi trattati che si manterranno integri fino al giorno successivo dello scoppio della bomba atomica, quando l’Unione Sovietica dichiarerà guerra Giappone. Non è un accordo marginale: il Giappone farà sentire il peso di questa neutralità. I primi scontri effettivi dell’armata rossa erano stati proprio con il Giappone!

Il 22 giugno ’41 ha inizio l’operazione Barbarossa: i mezzi corazzati tedeschi entrano nel territorio sovietico e non trovano nessuna forma di resistenza.

Stati Uniti: dall’isolazionismo all’interventismo

L’entrata nel conflitto degli Stati Uniti avviene dopo una lunga riflessione. Nel 1931 con Roosevelt si arriva all’apogeo dell’isolazionismo (vedi il caso del Giappone in Manciuria). Queste scelte vengono condizionate dalla crisi economica del ’29. I punti fondamentali della politica estera americana erano: garanzia degli interessi economici (riconoscimento dell’URSS), politica di buon vicinato con i paesi dell’America Latina, fermezza verso il Giappone. All’interno del Congresso c’era una forte componente isolazionista che si accompagnava alle idee di Roosevelt. Revisionismo storico nei confronti della politica interventista di Wilson e della commissione NAI (lobby delle grandi industrie e delle grandi banche che avevano spinto all’intervento).

Le leggi di neutralità sanciscono il momento di massimo isolazionismo (’37-’38) che va scemando man mano che Roosevelt acquista forza dal consenso dell’opinione pubblica. Questa neutralità non distingue tra aggredito e aggressore al fine di escludere gli USA da qualsiasi conflitto. Contenuto di queste leggi:

Embargo sulle armi nei confronti di tutti i contendenti (Caso della guerra di Etiopia: gli USA non potevano fornire armi all’Italia, ma poteva acquistare prodotti sanzionati dalla Società delle Nazioni. Proposta di Cordell Hull: embargo morale per non fornire materie prime  bocciata).

Divieto di elargizione di crediti. Spetta al Presidente decidere se si tratta di un conflitto o meno (Roosevelt aiuta la Cina contro il Giappone perché non riconosce il conflitto tra i due paesi; anche in Spagna non c’è un conflitto in senso classico, quindi attuano un intervento non ufficiale).

Nel 1937 gli USA emanano una nuova legge di neutralità per l’embargo di armi in tutti i contendenti, in particolare per quanto riguarda la vicenda spagnola.

Un’altra legge impone ai cittadini americani di non viaggiare su navi belligeranti.

Formula del “cash and carry”: elargizione di beni (merci belligeranti) con pagamento immediato in contanti (trasporto su navi non americane).

Nel 1937 il New Deal sta avendo effetto, Roosevelt non ha più le mani legate. Nell’ottobre ’37 pronuncia il “discorso della quarantena” nel quale auspica di isolare i paesi aggressori (riferimento alla situazione europea, ma anche al Giappone).

In questi anni prendono piede in America i grandi sondaggi per calcolare consensi e dissensi. Nelle elezioni del ’36 Roosevelt viene riconfermato. Durante il suo secondo mandato, Roosevelt cercherà di convincere l’opinione pubblica ad accettare una modifica della politica estera. sarà un processo graduale. Alla fine degli anni ’30 Roosevelt fa sempre più riferimento agli svenimenti internazionali.

Nell’estate 1940 c’è l’accordo sulle cacciatorpediniere: risposta positiva alla richiesta di Churchill di ottenere  delle cacciatorpediniere per riempire il deficit della forza navale inglese. Questo accordo ha un valore simbolico molto forte (anche se le navi non vengono regalate, ma sono scambiate con basi vicine all’America), minore invece il valore materiale (erano navi in dismissione). Gli USA accettano il coinvolgimento, si preparano ad abbandonare l’isolazionismo. Nel 1940 la leva diventa obbligatoria.

Il 29 dicembre 1940 Roosevelt parla degli USA come arsenale delle democrazie: vengono abbandonate le leggi di neutralità, entra invece in vigore la legge affitti e prestiti che concede crediti illimitati ai paesi belligeranti. Ciò ha come conseguenza ulteriori richieste britanniche. Questa legge dà anche ulteriore potenza al presidente che poteva quindi decidere anche sulla produzione bellica. Questa legge diventa operativa anche  verso l’URSS in seguito allo’invasione tedesca (aiuti umanitari, ma anche viveri).

Nel gennaio 1941 si tiene una conferenza segreta tra USA e GB. La Danimarca concede che la Groenlandia sia usata dai militari americani. Gli USA si preparano ad un coinvolgimento nel conflitto europeo (non solo interessi nel Pacifico).

Nell’aprile 1941 Churchill e Roosevelt partecipano all’incontro di Terranova. Qui si stabiliscono i fondamenti dell’ONU. Roosevelt enuncia 8 punti (che non si discostano dalla politica USA).

Nel settembre 1941 si decide che qualora le forze dell’Asse si fossero rivolte a zone di difesa americana, le navi USA avrebbero reagito. È un atteggiamento difensivo, che però dimostra la fine dell’isolazionismo.

I rapporti tra gli Stati Uniti e il Giappone

Il Giappone si sente in posizione di inferiorità. Inoltre, per espandersi deve affrontare gli USA e non l’URSS come pensava all’inizio. All’interno del governo giapponese ci sono diverse posizioni, ma alla fine si arriva ad un patto di neutralità con l’URSS (Hitler era contrario perché voleva invadere l’URSS) e quindi al conflitto diretto con gli USA.

Gli USA emanano sanzioni nei confronti del Giappone (paese privo di materie prime). Inoltre, lo invitano a non esercitare influenze sulla Cina. Con la sconfitta francese, il Giappone ottiene l’Indocina, di cui gli USA chiedono l’abbandono. Il Giappone pensa ad un attacco preventivo agli USA: attacco di Pearl Harbor. Germania e Italia dichiarano guerra agli USA. Al contrario, Churchill crede che l’intervento degli USA sia preponderante per la vittoria degli Alleati. Il Patto Tripartito non aveva considerato che Italia e Germania potevano entrare in guerra a fianco de Giappone se veniva aggredito  miopia.

A Pearl Harbor vengono bombardate navi e aerei a terra, ma non le portaerei. I revisionisti dicono che Roosevelt sapeva dell’attacco, tanto più che aveva il codice negoziale (e forze anche militare) del Giappone (anche se il Giappone non utilizzò comunicazioni radio). Lo spostamento degli aerei fu percepito dal radar, ma non venne preso in considerazione (si pensava fossero aerei USA). Gli USA molto probabilmente sarebbero entrati in guerra anche senza Pearl Harbor, avrebbero evitato danni così ingenti.

C’è un tentativo di coalizione anomala tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica a fronte di un obiettivo comune (l’URSS era considerata il peggior nemico degli USA). Stalin rivendica la necessità di mantenere i confini attuali della Polonia, che erano ritenuti i confini più sicuri per l’Unione Sovietica. Churchill e Stalin ragionano secondo le sfere di influenza, mentre gli USA sono contrari in quanto vorrebbero rafforzare le organizzazioni internazionali. Roosevelt rassicura Stalin garantendo che non ci sarà una pace separata degli USA e GB con la Germania.

La Conferenza di Arcadia

Nel 1941 si tiene la Conferenza di Arcadia (Washington) tra gli alleati. A questa seguirà tutta una serie di conferenze che ci aiutano a capire come si sviluppano i rapporti tra gli alleati. Principi fondamentali su cui devono convergere i paesi alleati sono:

dichiarazione delle Nazioni Unite (8 punti di Roosevelt);

libero accesso alle materie prime;

libera scelta del tipo di governo;

sicurezza internazionale;

collaborazione per la pace;

libertà religiosa (principio nuovo).

È necessario che lo sforzo bellico principale venga fatto contro la Germania, non nel Pacifico  una convenzione militare suddivide il mondo in zone di operazione.

Viene stipulato anche un trattato anglo-sovietico di alleanza ventennale in cui le due potenze si impegnano reciprocamente a non entrare singolarmente in un negoziato con la Germania. Nella primavera del 1942 l’Unione Sovietica porta avanti due postulati: vuole che le vengano riconosciuti i confini che includevano parte della Polonia e il patto Molotov - Ribbentrop. L’Unione Sovietica chiede di aprire un secondo fronte in occidente per sgravare la situazione in Russia, spera nell’apertura di un fronte in Normandia.

L’operazione Torch

Nel giugno 1942 l’esercito britannico viene sopraffatto in Libia. In seguito viene decisa l’operazione Torch, cioè lo sbarco degli alleati nell’Africa settentrionale. Roosevelt conviene con Churchill sulla necessità di sbarcare in Africa per combattere l’Italia e il suo alleato tedesco. Il controllo dell’Africa occidentale è necessario per arrivare al fronte occidentale, sono necessarie delle linee di comunicazione per il trasferimento di viveri e munizioni. Ciò è possibile per gli inglesi, un po’ meno per gli italiani.

Gli obiettivi strategici dell’Unione Sovietica

Nel frattempo in Unione Sovietica c’è una forte preoccupazione perché deve sostenere da sola il peso della guerra coi tedeschi. Gli Stati Uniti e la GB sono ancora troppo deboli. Roosevelt non vuole che la GB intervenga da sola perché, in caso di un’inaspettata vittoria, il peso della GB sarebbe diventato troppo elevato. Gli Stati Uniti non volevano riconoscere l’impero coloniale inglese, vogliono un ruolo preponderante nelle relazioni internazionali.

Quando nel ’43 il conflitto volge a favore dell’Unione Sovietica, Stalin sente meno la pressione e vuole definire con maggiore chiarezza gli obiettivi strategici dell’Unione Sovietica:

esigenza difensiva (estensione della zona di influenza russa nei paesi che la circondavano per proteggersi). Chi controlla il Caucaso e i Paesi Baltici controlla anche tutta una serie di risorse;

strategia della terra bruciata che faceva in modo che l’avanzata tedesca non trovasse risorse durante il suo cammino verso l’Unione Sovietica.

L’incontro di Casablanca

Nel 1943 Roosevelt e Churchill si incontrano a Casablanca. Qui si decide che l’apertura del secondo fronte è rinvita al 1944. Si decide anche lo sbarco in Sicilia, ma la maggior parte delle risorse è ancora impegnata in Africa. Nel frattempo cresce la diffidenza russa: l’Unione Sovietica sospetta che GB e USA vogliano stipulare una pace separata con la Germania.

L’attenzione di Churchill si sposta sui Balcani: Churchill capisce il pericolo che i Balcani vengano liberati dall’Unione Sovietica e cadano sotto il suo dominio. Sa che qui è necessario uno sbarco alleato, vuole porre un ostacolo all’influenza russa nei Balcani. Roosevelt invece è neutrale: non vuole che i Balcani cadano sotto il dominio britannico, è contro il colonialismo della GB. La GB quindi cambia strategia e fa pressione sulla Turchia affinché entri in guerra: in questo modo Hitler sarebbe stato fermato prima e i Balcani non sarebbero stati liberati solo dall’Unione Sovietica. Roosevelt era anche un realista, non solo un idealista: era cosciente della probabilità dell’influenza dell’Unione Sovietica, ma lascia fare. Accontentando l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti sperano che poi si calmi e in questo modo garantisca la pace futura. Nel maggio ’43 si ha lo scioglimento del Comintern per dimostrare collaborazione.

Un altro problema fondamentale trattato a Casablanca è quello del destino della Germania in caso di sconfitta e della Polonia. L’Unione Sovietica fonda il “Comitato per la Germania libera” per evitare che un domani la Germania cada completamente sotto il controllo angloamericano.

Si discute anche della questione italiana: l’8 settembre 1943 viene firmato l’armistizio con l’Italia. Il dopo conflitto in Italia viene gestito dagli angloamericani, l’Unione Sovietica è molto mite su questo argomento, parla solo di una necessaria defascistizzazione. Questo perché l’Unione Sovietica poi vorrà occuparsi in maniera esclusiva della Polonia. È il primo riconoscimento di una zona di interesse esclusiva.

La Conferenza di Mosca

Nell’ottobre del 1943 c’è la conferenza di Mosca che riunisce i ministri degli esteri. L’Unione Sovietica vuole l’apertura del secondo fronte, ormai diventato una questione fondamentale. Preventivamente avevano rotto i ponti con il governo polacco in esilio e avevano costituito il “Comitato per la Polonia libera”. Stalin sa di dover preparare la politica di occupazione per costituire in seguito una zona di influenza. I russi annientano tutto il corpo ufficiale polacco e danno la colpa ai tedeschi. L’Unione Sovietica ha già lo strumento (il Comitato) per liberare la Polonia e porla sotto la sua influenza.

La Conferenza del Cairo

Nel novembre 1943 al Cairo si discute la questione cinese: bisogna spartire quelli che erano stati i territori giapponesi. La Cina ha grandi mire su tali territori.

La questione polacca

Le sorti della Germania sono legate a quelle della Polonia. Gli angloamericani chiedono alla Polonia di cedere alle richieste dell’Unione Sovietica e compensano queste perdite con territori a ovest, a spese della Germania. La Germania subisce gravi perdite. Si ha uno spostamento della Polonia verso ovest: ciò fa il gioco dei sovietici. Questo cambiamento la rende debole e quindi necessita la protezione da parte di qualcuno (l’Unione Sovietica) contro la possibile volontà di revanche della Germania. In questo periodo i sovietici hanno un buon vantaggio psicologico sui loro alleati perché hanno sconfitto da soli la Germania.

La Conferenza di Teheran

Nella Conferenza di Teheran si decide la spartizione dell’Europa in zone di influenza. Si decide quanto di più è stato deciso a Yalta. Gli angloamericani fanno concessioni molto pericolose ai russi: gli viene promessa un’influenza sui “mari caldi” (stretti).

L’avanzata russa nei Balcani

La Cecoslovacchia nel frattempo aveva già capito come stavano andando le cose e, prima che l’esercito russo entri nel suo territorio, fa un accordo con la Russia che prevede spartizione territoriali. Nel febbraio ’44 inizia la missione ufficiale sovietica per portare aiuti a Tito che conduceva una lotta contro italiani e tedeschi. L’Unione Sovietica riconosce i partigiani Jugoslavi.

La svolta di Salerno

Nel marzo ’44 c’è la svolta di Salerno. I sovietici accettano di essere estromessi dalle questioni italiane, ma sfruttano la possibilità di appoggiare il partito comunista italiano, facendo rientrare Togliatti in Italia con il consenso di Badoglio. I comunisti italiani riconoscono così il governo Badoglio. L’Unione Sovietica in questo modo si ritaglia una buona influenza in Italia, il partito comunista è uno strumento dell’Unione Sovietica per influire in Italia.

Lo sbarco in Normandia

Nel giugno ’44 c’è lo sbarco in Normandia. Inizia l’offensiva d’estate dell’armata rossa che porta alla liberazione del territorio polacco: scoppia una rivolta a Varsavia contro i tedeschi che distruggono il governo polacco prima che entrino i russi e russi li lasciano fare. L’armata rossa si affretta ad avanzare nei Balcani puntellando le sue zone d influenza. Occupa Romania e Bulgaria e libera l’Ungheria dai tedeschi.

L’accordo delle percentuali

Nell’ottobre ’44 viene stipulato l’accordo delle percentuali tra Stalin e Churchill:

  1. la Romania spettava per il 90% all’Unione Sovietica;
  2. la Grecia passava per il 90% sotto la GB;
  3. la Bulgaria passava per il 75% sotto l’Unione Sovietica;
  4. la Jugoslavia era divisa a 50% e 50%;
  5. l’Ungheria spartita a 50% e 50%.

Roosevelt non approva questo tipo di politica. La stalinizzazione dell’Europa Occidentale è il risultato del mancato funzionamento dell’accordo delle percentuali.

La Guerra Fredda

Le origini della guerra fredda

Non c’è un’interpretazione univoca della guerra fredda da parte degli storici perché è difficile attribuire l’originarsi della guerra fredda ad un’unica ragione. Le origini della guerra fredda vanno fatte risalire a prima della fine della seconda guerra mondiale. Di solito si crede che Yalta decide le sorti del dopoguerra, ma in realtà non è così: Yalta viene mitizzata e semplificata, è il frutto di una serie di incontri precedenti. Si discute dell’assetto politico della Polonia: l’assetto territoriale era già stato deciso prima della fine della guerra.

L’Unione Sovietica

Il nodo fondamentale della guerra fredda è l’esigenza di sicurezza dell’Unione Sovietica. Dopo la prima guerra mondiale si sente attaccata, rimane isolata, sviluppa un assetto interno diverso dal resto dell’Europa. La possibilità di essere vittima di una coalizione ossessiona l’Unione Sovietica. Diffidenza estrema. Quando nel 1944 c’è l’offensiva tedesca delle Ardenne gli alleati chiedono un maggiore intervento sovietico, i sovietici soccorrono l’alleato, ma sospettano che gli occidentali abbiano lasciato spazio ai tedeschi per indebolirli successivamente. Questi sospetti non sono solo frutto dell’ossessione di Stalin, ma anche l’evidente tentativo delle truppe tedesche di fronteggiare il più possibile l’Unione Sovietica. I tedeschi temevano una resa dei sovietici. Si sapeva che era un’alleanza temporanea dettata dalle circostanze, si sapeva che il conflitto con il mondo comunista sarebbe sfociato nuovamente in modo diretto. L’Unione Sovietica era consapevole della propria debolezza: i mezzi economici a disposizione erano deficitarii rispetto alla competizione con gli Stati Uniti che erano in una fase di incredibile capacità produttiva e finanziaria (indiscusso dominio del dollaro).

Gli Stati Uniti

Mentre l’atteggiamento sovietico era quello di chi si ritraeva, quello degli USA era un atteggiamento di apertura: affermavano l’esigenza di un’economia aperta, erano portatori dell’idea che il benessere economico si potesse realizzare solo attraverso la pace. Secondo gli Stati Uniti l’alleanza con l’Unione Sovietica sarebbe dovuta andare oltre la guerra per garantire questa pacificazione. È evidente che Roosevelt era più fiducioso di Stalin sul fatto che l’accordo potesse essere mantenuto anche dopo la guerra: la politica affitti e prestiti viene estesa anche all’Unione Sovietica, idea di un’attiva collaborazione.

La Polonia

Ma se Stalin era così ossessionato dall’idea di difesa, come mai alcune sue mosse sono di espansione territoriale? L’Unione Sovietica è ancor legata ad una concezione vecchio stampo della sicurezza: sicurezza significa controllo territoriale. L’URSS dovrebbe circondarsi di territori su cui porre un controllo per proteggersi: da qui nascono i contrasti con gli USA. Il sistema sovietico non è un sistema atto a controllare blandamente un paese per sua stessa natura. Dopo l’occupazione dell’Armata Rossa c’è una situazione di precarietà in cui vengono istituiti governi di solidarietà nazionale: esiste una disomogeneità politica all’interno dei governi, non sono interamente sotto il controllo del partito comunista ma i comunisti diventano sempre più rilevanti. Churchill mette in atto una politica di prevenzione per contrastare l’avanzata delle richieste sovietiche. Il caso polacco è emblematico: ci si accorda a Yalta per un governo di solidarietà nazionale. I polacchi erano animati sia da uno spirito anti-tedesco che da uno spirito anti-sovietico: non era possibile imporre un controllo, quindi ci si accorda su un governo di coalizione. Churchill e Roosevelt sperano in un controllo mediato su quei territori attraverso una serie di governi misti, non una bolscevizzazione. Nel frattempo c’era stato il caso italiano: gestione autonoma degli americani dell’armistizio con l’Italia. Si cerca un principio per postulare che dopo il controllo iniziale dei territori liberati ci siano poi delle libere elezioni. È l’avanzata delle truppe a determinare il destino del paese liberato: chi viene liberato dagli angloamericani e chi viene liberato dai sovietici.

La Germania

A Yalta si discute anche della Germania. In realtà non si decide nulla sulla Germania che non fosse già stato deciso. Viene divisa in più zone di occupazione: inglese, americana, sovietica. Churchill insiste affinché alla Francia sia concessa una sfera di occupazione. Roosevelt non apprezzava De Gaulle, ma si lascia persuadere da Churchill. Yalta è un tentativo di assestamento su decisioni già prese in precedenza.

Il Giappone

Si discute anche sul Giappone. Viene sganciata la bomba, ma non si è sicuri della sua efficacia. L’Unione Sovietica ha un grande peso nella guerra con il Giappone. I due paesi non si sono mai attaccati, ma a Yalta l’URSS decide di attaccare il Giappone a distanza di due mesi dalla resa tedesca. Gli americani continuano a chiedere l’aiuto dei sovietici perché non sono sicuri che la bomba abbia l’efficacia sperata. Roosevelt è convinto che sullo scenario asiatico la Cina debba avere un ruolo fondamentale. È una situazione politica estremamente incerta. In Cina esiste un forte movimento comunista che poi prenderà il potere. La Russia richiede che sia ripristinata la situazione precedente il 1905 (ferrovia manciuriana, Port Arthur) per dichiarare guerra al Giappone.

Il dopo Yalta

Si riscontrano molte difficoltà nel gestire il dopo Yalta: le differenti concezioni americane e sovietiche, i diversi filtri ideologici, avevano un grande peso. Il ruolo militare sovietico era di grande importanza. A Yalta Roosevelt dichiarerà che non ha intenzione di mantenere a lungo le truppe sul territorio europeo, l’Armata Rossa invece no.

La morte di Roosevelt indica anche la fine dei rapporti con Stalin, che erano innanzitutto dei rapporti personali. Il vicepresidente Truman non è pronto ad affrontare questa situazione. Nel maggio ’45 deve affrontare la crisi di Trieste: è il primo momento di possibile scontro tra i due alleati. Da questo momento ci sarà tutta una serie di decisioni prese nella mancanza di determinate informazioni, come la sospensione della legge affitti e prestiti che aveva finanziato fino  quel momento l’Unione Sovietica. Nel maggio ’45 c’è la resa della Germania. Viene a mancare l’omogeneità dei fini, si evidenzia l’eterogeneità delle due principali potenze, le loro diverse concezioni di politica estera, le loro diverse finalità. L’Unione Sovietica richiede l’impegno duraturo degli Stati Uniti in Europa. Il presupposto isolazionista era sempre venuto meno solo nel momento in cui gli Stati Uniti si erano sentiti minacciati. Le scelte di Roosevelt erano sempre state condizionate dall’idea che gli USA sarebbero usciti dallo scenario europeo.

La crisi di Trieste

Il 1 maggio ’45 le truppe di Tito entrano a Trieste. Trieste era un obbiettivo nazionale fondamentale per Tito: al di là del dato ideologico c’è un dato nazionale, la vecchia rivendicazione di Trieste slava. Tito segue la logica che chi libera per primo, lì rimane. Trieste paga il prezzo di non esser stata oggetto di accordi preventivi. Tito convoglia la guerra civile tra serbi fedeli al re e croati collaborazionisti con la Germania nei confronti dell’occupante tedesco e italiano. La GB si era resa conto dell’utilità di Tito e della sua capacità militare e politica e quindi lo appoggia. Tito arriva dal carso, i neozelandesi dalla costiera. Monfalcone è in mano ai partigiani di Tito.

La sperata collaborazione viene meno. Trieste aveva un grande valore strategico per rifornire le armate che si trovano in Austria, ribadire l’italianità della città non era una questione prioritaria. All’occupazione tedesca si sostituisce l’occupazione titina. Quello che inizialmente è un obiettivo strategico per gli angloamericani diventa un obiettivo ideologico. Nonostante Tito avesse agito autonomamente, Trieste diventa il primo caso di scontro bipolare. Tito viene indotto da Stalin ad accordarsi con i neozelandesi, Stalin non è disposto ad arrivare ad un confronto militare, lo convince a ritirarsi e a lasciare la città. Nel giugno ’45 la Venezia Giulia viene divisa in una zona A occupata dagli angloamericani e una zona B occupata dagli jugoslavi (linea Morgan). Stalin si interroga se sia il caso di sostenere un leader forte nel mondo sovietico come Tito, leader che difficilmente sarebbe diventato una pedina nelle sue mani.

A metà maggio c’è la resa della Germania e la sospensione della legge affitti e prestiti. Roosevelt muore in aprile. Truman è mal consigliato, ma è consigliato dagli stessi consiglieri di Roosevelt! Si fa influenzare da chi si occupava già di politica estera, ha bisogno di tempo per formulare una sua politica.

Il Long Telegram di Kennan

Successivamente l’amministrazione Truman assume una linea più morbida. Si ha un tentativo di aprire il dialogo con l’Unione Sovietica: Hopkins (faceva parte dell’entourage di Roosevelt) viene mandato a Mosca per stringere il negoziato con l’URSS e discutere del destino della Polonia e della Germania. Si avvia un confronto con l’Unione Sovietica senza nessuna preparazione: non si conosceva bene la situazione interna, sistema che tende a chiudersi in se stesso, occultare significa nascondere qualsiasi forma di debolezza. La stessa amministrazione Truman si trova ad affrontare un problema nuovo per il quale non sono stati predisposti degli strumenti adeguati. Long Telegram di Kennan (diplomatico statunitense, funzionario dell’ambasciata americana a Mosca): prima analisi della politica interna dell’Unione Sovietica.

La situazione italiana

L’Italia era uscita dal conflitto con l’armistizio dell’8 settembre. Badoglio propone la co-belligeranza. Il trattato di pace porta delle aspettative tra gli italiani, lo stesso De Gasperi ritiene che con la co-belligeranza l’Italia possa attendersi un atteggiamento diverso da quello verso un paese sconfitto. In realtà l’Italia è un paese sconfitto e quindi il trattato di pace assume le caratteristiche di quello nei confronti di un paese totalmente sconfitto, è più un diktat che uno spazio negoziale.

Nel ’46 all’Italia viene garantito il confine del Brennero e quindi l’Alto Adige. Questo tipo di acquisizione contrappone l’Italia all’Austria (aveva fatto parte del Reich dal ’38, aveva raggiunto la piena indipendenza solo nel ’55). Gli italiani segnalano la possibilità che l’Alto Adige diventasse un focolaio di irredentismo filo-nazista: dopo il ’43 era diventato parte del Reich, si sospetta delle simpatie naziste della popolazione. L’Italia viene favorita perché si trova di fronte un interlocutore debole.

Per Trieste invece l’Italia si trova davanti un interlocutore jugoslavo che ha condotto una lotta vittoriosa contro il nazismo. È in discussione il destino dell’Istria e di parte della Venezia Giulia. L’Italia affida al fatto che gli alleati vogliono tener duro sull’italianità di queste zone proprie perché sono zone di scontro tra gli alleati e il blocco comunista. Tutta la questione di Trieste risentirà di avvenimenti che vanno ben oltre a ciò che decide l’Italia. La questione verrà risolta solamente con il Memorandum di Londra del ’54 che sancirà il passaggio della zona A sotto l’amministrazione italiana e la zona B sotto quella jugoslava. Fino a questa data questa questione italiana costituirà un’ipoteca sulla possibilità di agire dell’Italia in politica estera. Nel Trattato di Pace del ’47 viene istituito il Territorio Libero di Trieste, secondo il quale la zona A sarebbe stata amministrata da un governatore nominato dagli USA (mai nominato) e la zona B sarebbe passata sotto il controllo jugoslavo. Nemmeno il trattato di pace riesce a risolvere la questione, come non riesce a risolvere neanche altre situazioni (es. situazione coloniale: rivendicazioni sulla Libia). I trattati di pace prevedevano l’abolizione del colonialismo attraverso un’amministrazione fiduciaria per facilitare la transizione verso l’indipendenza.

La Conferenza di Postdam

Nel 1945 si tiene la Conferenza di Postdam tra i leader dei paesi vincitori. Nel maggio ‘45 la Germania è stata sconfitta e quindi ci si pone il problema delle sue sorti, anche se alcuni punti sono già stati stabiliti (zone di occupazione, Berlino rispecchia la situazione del resto della Germania anche se rientra nella zona di occupazione interamente sovietica). Ci si trova a dover affrontare lo stesso problema della prima guerra mondiale. Bisogna anche far fronte all’esigenza di sicurezza dell’Unione Sovietica: la Germania è fondamentale, ma costituisce un pericolo perché si teme possa costituire nuovamente un forte Stato del continente europeo e che quindi si associ strettamente agli Stati Uniti. Si profila già l’idea che la Germania possa costituire un avamposto dell’occidente nei confronti dell’Unione Sovietica. Tuttavia, nell’estate ’45 parlare di occidente significa presupporre che ci siano già due blocchi, in realtà è prematuro: comincia a maturare una divisione, ma non è ancora così rigidamente sancita, si completa appena nel ’47.

Gli impianti industriali della Germania vengono smantellati dall’Unione Sovietica, ciò provoca un impoverimento delle risorse tedesche. Gli occidentali si rendono conto che lo smantellamento dello Germania può solo costituire un problema ulteriore: bisogna fare i conti con un problema di sostentamento, è un paese completamente distrutto.

Nel ’47 il rapporto Hoover presenta i rischi della politica di denazificazione portata avanti dagli alleati, bisogna mettere in discussione un’intera classe dirigente che va totalmente ricostruirla nel breve periodo. Il processo di denazificazione presenta quindi molte limitazioni. Nel Processo di Norimberga parte della classe politica che aveva collaborato con il nazismo esce illesa.

Stalin si presenta a Postdam sicuro da un punto di vista politico, è il vincitore della seconda guerra mondiale. Nel frattempo Churchill ha perso le elezioni e questa assenza causa incertezza politica negli alleati. Il punto di forza dell’amministrazione americana è il successo dell’esperimento della bomba atomica. L’Unione Sovietica ripropone le richieste di Yalta (vecchie ambizioni della Russia zarista), ma è evidente che Stalin è consapevole delle sfere di influenza che si stanno delineando, sa che il Giappone rientrerà nella sfera di influenza americana.

I russi colgono anche un altro aspetto che è conseguenza della prima guerra mondiale: il declino dell’Impero britannico che deve essere smantellato, non è più sostenibile. Si aprono dunque dei varchi per l’Unione Sovietica che pone delle richieste ulteriori: modifica della convenzione sugli stretti, rivendicazioni nei confronti della Turchia.

L’URSS comincia anche ad interessarsi allo smantellamento militare. I possedimenti italiani sarebbero passati sotto il controllo britannico, ciò diventa però troppo oneroso per la Gran Bretagna: la Russia chiede la concessione di un’amministrazione fiduciaria sulla Libia. Gli alleati sono preoccupati, percepiscono la crescente minaccia.

L’Unione Sovietica chiede che gli USA e la GB chiudano le relazioni con la Spagna, gli alleati non accettano però queste richieste.

L’ingerenza dell’Unione Sovietica si manifesta anche in Grecia, che rientrava nella politica mediterranea della GB. L’accordo delle percentuali poneva la Grecia sotto l’influenza britannica. Qui è in atto una sorta di guerra civile tra chi sostiene la monarchia e chi sostiene Tito. La Jugoslavia aiuta la guerriglia comunista nei confronti dei filo-monarchici.

L’Unione Sovietica interviene in zone in cui essa non dovrebbe avere alcuna influenza (rischia di espandersi verso il Mediterraneo). Gli americani hanno però il vantaggio atomico: il vantaggio militare si trasforma in un vantaggio politico. Nell’agosto ’45 scoppia la bomba atomica. In realtà non si era sicuri dell’efficacia di questa superiorità tecnologica americana nei confronti dell’Unione Sovietica: la bomba atomica ha un effetto secondario che va bene all’Unione Sovietica perché porta all’accelerazione della smobilitazione delle truppe americane in Europa, senza che l’Unione Sovietica debba accrescere la propria presenza nei paesi in via di satellizzazione. Il vantaggio tecnologico non trova un risvolto politico immediato. Stalin non sembra preoccuparsi troppo del gap nucleare tra USA e URSS, la competizione nucleare diventerà fondamentale nel bipolarismo.

La satellizzazione

I sovietici, inoltre, stanno portando avanti in modo continuativo il loro progetto di satellizzazione dell’Europa orientale. Nel ’47 c’è una completa satellizzazione di Polonia, Bulgaria, Ungheria, Romania, paesi con partiti comunisti deboli. Gli alleati sono posti davanti all’evidenza che la dichiarazione di Yalta era diventata carta straccia. L’occidente assiste al processo di definitiva satellizzazione: reagisce con una mancanza di iniziativa, un intervento militare era impensabile, cresce però l’ostilità occidentale nei confronti dell’Unione Sovietica. Nel ’47 vengono firmati i trattati di pace con Bulgaria, Romania e Ungheria: gli stessi alleati riconoscono implicitamente lo status quo della satellizzazione di questi paesi. Nel ’47 si arriva al punto di rottura.

La Dottrina Truman

La Dottrina Truman nasce da un’esigenza pratica e da una più generale.

Esigenza pratica: la GB dichiara la propria incapacità di sostenere la guerriglia in Grecia e quindi le operazioni dei partigiani in favore della monarchia. La GB abbandona la Grecia al suo destino e ciò ha un risvolto sulla Turchia. La prima responsabilità americana è quella di doversi sostituire al ruolo svolto fino a quel momento dalla GB. Gli USA non permetteranno ulteriori atti aggressivi nei confronti di Grecia e Turchia. Nel marzo ’47 la politica estera americana prende un pubblico impegno per proteggere territori che non fanno parte dell’emisfero occidentale, si esce dall’isolazionismo.

Esigenza generale: il Long Telegram di Kennan evidenzia un paese che ha una naturale tendenza espansiva che si manifesterà in tutti quei punti in cui l’occidente è più debole. Kennan sottolinea anche che la politica espansiva dell’URSS non si attua solo in termini classici (aggressione), ma è anche un’azione strutturata ideologicamente verso paesi in cui la condizione economica permette che movimenti ideologici riescano a permeare più facilmente la società (es. Italia). La seconda esigenza è quindi quella di contenere il comunismo: politica del containment.

Nel 1947 i partiti comunisti occidentali vengono estromessi dai governi: non può più esserci una politica omogenea tra le due fazioni ideologicamente opposte. Nel ’48 in Italia ci sono le elezioni. Le sorti dell’Italia non sono chiaramente definite. L’Italia rappresentava la possibilità di un rivolgimento interno in quei paesi dove la situazione politica ed economica era più precaria. De Gasperi diventa l’uomo degli americani: lo scenario globale viene riconsiderato e l’Italia assume un peso diverso. Ciò può giovare alla situazione di Trieste.

Nel ’48 l’Unione Sovietica scomunica Tito. Stalin ha bisogno di avere sotto di sé delle pedine che può muovere liberamente: Tito è troppo forte, vuole svolgere una politica autonoma, seppur all’interno del blocco comunista.

Il bipolarismo

La cortina di ferro si alza definitivamente nel 1947, anche se i punti di crisi sono già individuabili e definibili nel ’46.

L’Iran è uno dei motivi di crisi. Il paese era diviso in due zone. Alla fine della guerra gli alleati e i sovietici non lasceranno il paese come dovrebbero, cercano prima di ottenere delle importanti concessioni petrolifere nel paese. Questi territori risentono dell’indebolimento della GB: l’Iran era una zona sotto l’influenza dell’impero britannico, i sovietici colgono la possibilità di sfruttare questo punto debole. Gli americani si sostituiscono alla presenza britannica. C’è comunque una sostanziale prudenza da parte di Stalin, non è una politica di aggressione vera e propria, ma è comunque una politica che tenta di incunearsi dove possibile. Qui agisce anche la novità costituita dal monopolio nucleare americano che spinge l’Unione Sovietica ad una maggiore prudenza, non vogliono arrivare allo scontro militare. Nel ’49 i sovietici arrivano alla prima sperimentazione di una bomba nucleare sovietica, gli americani pensavano di mantenere il gap nucleare per altri 4 anni. È un paese provato, ma continua a spendere soldi in ricerca, soprattutto nucleare.

Tutti questi elementi di crisi porteranno al bipolarismo: divisione netta tra le due superpotenze e tra le loro zone di influenza. Con il containment gli USA ammettono per la prima volta un coinvolgimento al di fuori dell’emisfero occidentale. L’amministrazione giustifica il nuovo approccio collegando l’interesse americano alla sicurezza interna: sicurezza interna fondata su un determinato assetto esterno. Il loro impegno è atto a garantire il paese dalla minaccia bolscevica, in questo periodo si evidenzia come il comunismo penetra tutti i punti deboli che l’amministrazione americana non era in grado di controllare.

Il Piano Marshall

Con il Piano Marshall il containment diventa operativo: non è l’operazione militare ad essere fondamentale, ma quella economico-finanziaria. Per gli USA è importante aiutare l’economia europea, soprattutto quella tedesca che era fondamentale per la sua produttività. Gli USA si devono fare carico di questi paesi. L’Europa non è in grado di assecondare l’idea americana del dopoguerra fondata sul libero scambio e su un’economia basata sul dominio del dollaro che avrebbe garantito la libertà. Il piano Marshall non è costituito da aiuti a pioggia, ma aiuti controllati: controllo nella bilancia, nei sistemi. Presuppone un’economia di libero mercato.

Il Piano Marshall, che diventa attivo nel ’48, ha un doppio obiettivo: ricostituire il benessere europeo (Long Telegram: attenzione al fatto che dove c’è precarietà economica il comunismo ha maggiori chances) e sconfiggere il comunismo.

La Germania

La questione fondamentale è rappresentata dalla Germania. Non c’è una vera strategia politica rispetto alle sorti della Germania, che sono considerate sorti di vitale importanza sia per l’URSS che per l’America. Per gli USA la Germania era innanzitutto un  avamposto dell’occidente nei confronti dell’est.

Alla divisione della Germania si arriva attraverso diversi passaggi. La parte occidentale deve delle riparazioni alla parte orientale (la parte occidentale era molto più ricca). L’URSS smonta gli impianti sovietici e li porta in Russia. Si continua a discutere del confine polacco: le zone est della Germania passano sotto l’amministrazione polacca, sotto l’egida dell’Armata Rossa. Moltissimi profughi si spostano dalla Germania orientale a quella occidentale, la parte occidentale fa fatica a gestire profughi e sovrappopolazione. Stalin prevedeva che questo mettesse in crisi gli occidentali  malessere generalizzato  possibile zona di influenza. Ciò non significa la satellizzazione della Germania, ma significa garantirsi che non avvenga il contrario. La politica sovietica sulla Germania ha il limite di svilupparsi in senso negativo: si sa ciò che non si vuole che la Germania diventi, ma non si sa bene cosa dovrebbe essere. Secondo i sovietici la Germania poteva anche riunirsi, ma andava mantenuta debole. Attraverso la politica sulla Polonia, l’Unione Sovietica pone determinate garanzie anche nei confronti della Germania. L’Armata viene lasciata fare nei confronti dei tedeschi. L’esodo dei profughi viene lasciato continuare, gioca in favore dei sovietici. Allo stesso tempo sentono di dover essere ripagati dei danni subiti sul proprio territorio nel periodo dell’occupazione tedesca. Con il tempo questa politica di espoliazione si dimostra miope.

Gli occidentali fanno il contrario: rapidamente le rivendicazioni occidentali si trasformano, ci si rende conto come a fronte di rapporti sempre più tesi con l’URSS la questione tedesca diventa fondamentale. Bisogna innanzitutto rimettere in moto il motore economico europeo.

La conferenza di Parigi

In un primo momento i sovietici sondano il terreno, provano a vedere se anche l’URSS può beneficiare degli aiuti: Molotov dà il via libera ai paesi dell’Europa orientale per partecipare alla conferenza di Parigi per il Piano Marshall. I paesi dell’est fanno marcia indietro. Il Piano Marshall è uno strumento per mettere sotto controllo la parte europea alleata, ma anche la Germania dell’ovest (si spera di estendere il Piano anche alla parte orientale della Germania). I sovietici decidono di porre il diktat sui paesi dell’Europa orientale. Gli americani strutturano gli aiuti apposta in questo modo per far sì che i sovietici non accettino, la trasparenza dei bilanci non era accettabile per i sovietici, era un modo per rendere pubblico un sintomo di debolezza. Il piano Marshall non è applicabile ad un paese comunista, richiede una base capitalista. Le delegazioni dei paesi dell’Europa orientale vengono ritirati dalla conferenza, nel settembre ’47 l’URSS dà come indicazione ai leader dei partiti comunisti dell’Europa occidentale di sabotare gli aiuti. Si arriva ad una totale mancanza di comprensione reciproca, non si può arrivare ad un negoziato vero e proprio. Il nuovo equilibrio non sarà più fondato su un compromesso negoziale, ma su rapporti di forza. Le due parti si danno una struttura differente.

Il Trattato di Bruxelles

C’è anche il problema della difesa europea. Nel marzo 1948 la GB propone il Trattato di Bruxelles con cui nasce l’Unione dell’Europa Occidentale. È un patto di autodifesa collettiva firmato da GB, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Si teme un’eventuale aggressione dell’Unione Sovietica: man mano che si accentua il bipolarismo si attenua il timore di un’aggressione da parte della Germania. Con gli anni, la Germania non sarà più vista come un avversario temibile ma diventa un alleato fondamentale. Ciò richiama l’attenzione americana che non ha ancora una chiara politica europea per quanto riguarda il piano militare.

La crisi balcanica

La Finlandia riesce a mantenere la propria indipendenza: non firma l’accordo di non allineamento che l’avrebbe vincolata all’Unione Sovietica anche perché scoppia la crisi balcanica (maggio - giugno ’48). C’è una rottura tra Mosca e Belgrado. Il comunismo deve rimanere un faro ideologico, deve rimanere a Mosca, solo lì si trova il vero comunismo. La Jugoslavia non riconosce ciò. Stalin elimina ogni eventuale discorso alternativo.

L’idea che la Jugoslavia possa rientrare in un assetto strategico vicino all’occidente porta all’inizio di un discorso politico militare molto pragmatico tra l’occidente e la Jugoslavia. Gorizia era già diventata italiana con il trattato di pace del ’47, la questione di Trieste invece non si risolve. Gli USA non possono più mostrarsi così intransigenti riguardo la questione di Trieste, moderano i termini per trattare con la Jugoslavia che diventa un interlocutore di grande interesse.

Il blocco di Berlino

L’Unione Sovietica esercita un’ulteriore pressione su Berlino. Nella primavera ’48 gli occidentali uniscono le tre zone di occupazione. Viene adottata una riforma monetaria: la moneta è una delle prime forme attraverso le quali si esercita la sovranità in un paese. C’è un’accelerazione degli alleati per arrivare ad un processo di autonomia della Germania sotto la loro occupazione: fanno ciò che i sovietici temono di più perché tutto questo prelude al riarmo della Germania occidentale. Stalin decide il blocco della città di Berlino: vengono bloccate le vie di accesso, blocco dei rifornimenti per la parte occidentale della città.

Truman sta per andare alle elezioni, Stalin ritiene quindi che l’America non reagirà perché ciò potrebbe portare alla sconfitta elettorale di Truman. In realtà, la risposta americana è decisa: la Germania è un punto vitale, non possono cedere lì perché ciò rappresenterebbe un cedimento su tutta la linea. Non forzano il blocco, ma rispondono con un ponte aereo. Gli americani garantiscono in modo efficace gli approvvigionamenti nella zona occidentale di Berlino, ciò ha un costo elevatissimo, ma gli Stati Uniti sono in grado di sostenerlo. Stalin si guarda bene dall’impedire questo ponte aereo: è il primo pesante insuccesso dell’Unione Sovietica sul problema tedesco. Vengono al pettine i nodi della politica di breve termine esercitata dall’URSS sulla Germania.

Nasce la Repubblica Federale Tedesca. La politica sovietica è arretrata rispetto a quella americana, è una politica tesa a rincorrere. La continua ondata di profughi non sarà più un vantaggio per i sovietici, ma un problema: il muro di Berlino nasce da un’esigenza pratica. Dopo la crisi, Stalin è costretto a rivedere la sua politica su Berlino.

La Risoluzione Vandenberg

Questi settori di tensione spingono l’amministrazione Truman a orientarsi verso l’idea che sia necessario intervenire anche militarmente in Europa, sempre più minacciata dalla presenza sovietica. La Risoluzione Vandenberg del 1949 è il frutto di una politica bipartisan, è appoggiata sia dai repubblicani che dai democratici. Truman ha un vantaggio enorme: la fobia anticomunista, che sfocerà nel maccartismo, tende a cancellare l’isolazionismo. Gli Stati Uniti si associano agli accordi regionali o collettivi basati sulla reciproca difesa: ciò permette agli USA di inserirsi nell’UEO. Tutto questo è in contrasto con la politica estera americana, è un’innovazione.

La decolonizzazione

La situazione europea va stabilizzandosi: la satellizzazione è completata. Gli spazi che l’URSS aveva considerato come spazi di possibile ingerenza in Europa cominciano a chiudersi. Comincia anche il processo di decolonizzazione che segue la seconda guerra mondiale. In questo processo di decolonizzazione i partiti comunisti hanno voce in capitolo: l’Unione Sovietica può presentarsi come un cavaliere senza macchia in zone lontane dalla colonizzazione sovietica, ma che avevano vissuto la colonizzazione occidentale. Il processo di decolonizzazione rientra nello scontro bipolare: l’esercizio di una politica a 360° ha tradotto tutto in termini bipolari. Gli Stati Uniti diventano una potenza imperialista, vengono sostenuti dittatori insostenibili pur di combattere il comunismo. Questa politica coinvolgerà gli Stati Uniti in scenari improbabili e sfocerà nella guerra del Vietnam. La base di tutta questa politica è la risoluzione Vandenberg.

La Risoluzione 68 del National Security Council

Dopo il piano Marshall inizia il processo di militarizzazione della guerra fredda. Nel 1948 la crisi di Berlino fa capire agli USA che il rischio di uno scontro diretto con l’URSS è concreto. Nel ’48 si definisce il processo di satellizzazione dell’Europa orientale. Per poter funzionare, il piano Marshall richiedeva un’integrazione a livello economico, ma anche politico-diplomatico e poi militare  Patto di Bruxelles.

Gli europei cercano di prolungare la permanenza degli USA in Europa. È un problema geopolitico: se gli USA ritirano le proprie truppe passano oltreoceano, mentre l’URSS resta presente sul territorio. Si cerca di attirare gli USA all’interno del progetto di Bruxelles, gli USA non possono non considerarlo. Nel ’49 la politica estera statunitense trae le conclusioni di tutto ciò che è accaduto nel ’48.

La Risoluzione 68 del National Security Council stabilisce che l’Unione Sovietica aveva in sé un’intrinseca debolezza e si muoveva su binari dettati dall’opportunità. Questa risoluzione parte dal presupposto che non c’è solo un criterio di opportunismo, ma c’è un vero intento aggressivo che parte dall’inconciliabilità del sistema capitalista e quello comunista. Quest’analisi attribuisce alla politica sovietica un’aggressività maggiore. La conclusione americana è che a questo punto è necessario rifondare la politica estera su altre basi che contemplino un impegno economico superiore: politica di riarmo, si stigmatizza l’inferiorità americana dell’armamento convenzionale, accrescimento del 20% del PIL in termini di spesa militare, netto cambiamento della politica, non c’è più la politica del containment. Il partito repubblicano è fautore di una linea dura nei confronti dell’Unione Sovietica. Questa risoluzione cancella il presupposto isolazionista della politica americana. L’amministrazione americana rimane comunque vincolata al Senato, quindi non c’è un automatismo nei patti, non può entrare direttamente in guerra. L’impegno americano sul continente europeo comincia a concretizzarsi.

Gli USA aderiscono al patto di Bruxelles.

Patto Atlantico.

Inclusione della Germania all’interno della NATO.

Il Patto Atlantico

Il Patto Atlantico viene firmato a Washington il 4 aprile 1949. Inizialmente l’Italia ritiene di avere la possibilità di fare del proprio accesso al Patto un oggetto di scambio. Nel ’48 l’Italia è un paese che si ritiene ancora in grado di esercitare solo limitatamente una propria politica estera perché vincolata alla questione di Trieste. Entrerà nel Patto Atlantico perché troverà un inaspettato alleato nella Francia che voleva dare al Patto un’accezione più mediterranea (per far rientrare nel Patto anche i territori metropolitani). L’Italia era un punto strategico nel Mediterraneo.

La Cina di Mao

Nel 1949 si modifica anche lo scenario asiatico: Mao e il partito comunista cinese salgono al potere inaspettatamente. Gli americani attendevano questo momento in modo rassegnato, sapevano già qual’era il destino della Cina. I sovietici invece pensavano che tra i paesi in via di sviluppo fosse l’India il paese che maggiormente avrebbe potuto diventare comunista. Gli analisti sottolineano come l’entusiasmo sovietico verso il successo cinese sia piuttosto tiepido: la rivoluzione di Mao era già una via autonoma verso il comunismo, era in contraddizione con i dettami della rivoluzione comunista. L’Unione Sovietica si predispone tuttavia ad accettare una sorta di alleato. La Cina è un paese che per dimensioni, estensioni, solidità del regime maoista modifica completamente lo scenario orientale. Gli USA si rendono conto di aver sottovalutato l’Estremo Oriente.

Il Giappone

Tra il ’49 e il ’50 gli USA cercano un accordo con il Giappone, il cui ruolo deve essere rivalutato per fermare l’avanzata comunista. Nel ’49 viene firmato l’accordo di pace con il Giappone.

L’Indocina

La Francia fa sempre più difficoltà a tenere a bada la rivolta indocinese. Qui c’è una forte presenza comunista: questi partiti comunisti sono in grado di creare organizzazioni che funzionano sia a livello di combattenti che a livello politico. La politica americana mostrerà tutte le proprie carenze proprio in questi ambienti. Pur essendo una potenza non coloniale, non possono evitare di sostituirsi a quello che era stato percepito in questi paesi come il colonialismo europeo della Francia e della GB, diventano neocolonizzatori. Il bipolarismo pone dei limiti alla politica estera americana in queste zone. Il gap americano sarà sempre quello di non trovare un contraltare politico a questi movimenti, devono appoggiarsi a dittatori improponibili, dovranno poi sconfessare il leader inizialmente sostenuto.

La guerra di Corea

Lo scenario asiatico è quindi il primo ad infiammarsi. Nel 1950 si arriva allo scontro aperto con l’invasione della Corea del Sud. La Corea fa parte di quei paesi che devono la loro suddivisione alla casualità della storia. Il paese era stato diviso in due zone lungo il 38° parallelo dopo la cacciata dalla Corea dei Giapponesi: la zona sud era amministrata dagli USA, mentre la zona Nord era sotto l’amministrazione sovietica. In Corea i sovietici riescono a stabilizzare il regime comunista di Kim Il Sung: controllo politico sovietico saldo, non basato solo sulla forza. Il sud invece è trascurato, non rientrava nel perimetro difensivo degli USA. Stalin vede l’opportunità coreana: l’Unione Sovietica era coinvolta nella guerra di Corea, era un coinvolgimento totale anche se indiretto. Stalin esortava la Cina affinché accondiscendesse a questo progetto che metteva in gioco anche suo futuro: è un teatro ancora in fase di assestamento nel quale troviamo la Cina di Mao contrapposta alla Cina di Chiang (la NATO riconosce solo la Cina di Taiwan).

Quando le truppe nordcoreane passano il 38° parallelo, l’intervento americano è immediato, forti della loro nuova visione politica. Riportano il conflitto all’interno delle Nazioni Unite, approfittando del fatto che l’Unione Sovietica è assente dal Consiglio di Sicurezza. Fanno votare una mozione che prevede l’intervento della Nazioni Unite sotto comando americano a difesa della Corea del Sud. Gran parte delle truppe erano americane. Stalin non si aspettava la controffensiva americana. I nordcoreani vengono ricacciati al di là del 38 parallelo.

L’amministrazione Truman si chiede in che misura bisogna intervenire. Se gli USA avessero coinvolto la Cina ci sarebbe stata una rapida escalation. Mettono i paletti alla questione cinese: garantiscono la difesa di Formosa, ma garantiscono anche il non coinvolgimento degli USA nelle controversie tra Mao e Taiwan, altrimenti ci sarà un’escalation del conflitto perché ciò porterebbe all’intervento sovietico. Si attua quindi un’operazione di contenimento del conflitto coreano.

Stalin esorta l’intervento cinese: i cinesi entrano nel conflitto. La prudenza dei vertici del partito comunista di Pechino si diluisce grazie alle garanzie di Stalin, che però alla fine non darà tutti gli aiuti promessi. Questo porterà nel tempo ad una crescente difficoltà nei rapporti tra Cina e Unione Sovietica e ad una crescente competizione, che però sarà individuata dagli USA con molto ritardo: il negoziato con la Cina avrebbe potuto portare grandi opportunità agli USA.

In novembre fallisce la controffensiva di MacArthur, i cinesi entrano a Seoul. Nell’anno successivo le sorti del conflitto vengono riportate al 38° parallelo. C’è una divisione tra la politica militare di MacArthur e la politica di Truman: in senso militare la guerra deve essere vinta colpendo anche le retrovie che riforniscono le truppe, così però si sarebbe coinvolta Taiwan nel conflitto. Truman non vuole, fa un ragionamento politico riguardo al conflitto, si accontenta di riportare lo status quo al 38° parallelo. MacArthur pensa ad una riunificazione della Corea, secondo Truman non è necessario. MacArthur perora la propria causa anche pubblicamente, ma nell’aprile ’51 viene silurato.

Nel ’51 non ci sono più grossi spostamenti, inizia un lungo processo negoziale che porterò ad una soluzione solo nel ‘53 (amministrazione Eisenhower). Non si arriva prima a questo armistizio per due ragioni:

lo stesso Stalin ha interesse ad esercitare una certa pressione su questo scenario;

incapacità occidentale di comprendere che una trattativa più veloce si sarebbe potuta effettuare trattando direttamente con i cinesi.

La guerra di Corea ha effetti indiretti rilevanti, come la presa di coscienza del fatto che la militarizzazione del conflitto è ormai un dato evidente, se si è evitata un’escalation non è detto che sia evitabile anche nel prossimo conflitto (la CIA e il National Security Council nascono con la guerra fredda).

La Comunità Europea di Difesa

Le scelte sia sovietiche che americane confluiscono verso l’Europa. Gli europei si rendono conto della distanza degli USA, un attacco sovietico porterebbe ad un’occupazione dell’Europa occidentale, si trovano in una situazione di precarietà. I due punti fondamentali sono la difesa europea e il ruolo della Germania.

La difesa europea implica il riarmo della Germania. Nel settembre del ‘50 era stata varata la Costituzione di Bonn, che rappresenta la prima forma di sovranità tedesca. Nel ’50 la Francia comincia a parlare della possibilità di integrare la Germania a livello europeo. I francesi sono i primi fautori dell’unificazione europea.

Perché il progetto nasce dai francesi? Avevano chiara l’esigenza difensiva (minaccia comunista in Indocina): era assurdo pensare che solo dopo 5 anni la Germania potesse riarmarsi autonomamente, ma si segue la traccia dell’unificazione economica per arrivare poi ad un’unificazione militare in modo da eliminare lo Stato Maggiore tedesco (da una parte viene riconosciuta la sovranità, dall’altra la si controlla). I livelli di integrazione sono livelli successivi di cessione di sovranità. Nel cambio di amministrazione tra Truman e Eisenhower la questione del riarmo tedesco diventa fondamentale. Il progetto della Comunità Europea di Difesa fallisce nel ’54: i francesi volevano prendersi la responsabilità di riarmare la Germania integrandola in un esercito europeo, ma non erano disposti ad integrare il proprio esercito a livello europeo, sia politicamente che a livello di opinione pubblica.

Nel ’54 la Francia esce dall’Indocina, in seguito alla sconfitta di Dien Bien Phu. Sorgono problemi anche nei territori francesi del Maghreb. L’amministrazione americana capisce che ormai era imprescindibile il riarmo della Germania. Nel ’55 la Germania Federale entra a far parte del Patto Atlantico. Nel ’53 muore Stalin e nel ’55 si realizza ciò che temeva di più. Il Patto di Varsavia del ’55 nasce in risposta al riarmo della Germania.

Da Stalin a Kruscev

La scomparsa di Stalin influenza il sistema sovietico. L’ultima fase della sua dirigenza era stata drammatica, la congiura dei medici aveva portato ad una nuova purga. Prima il potere è nelle mani di un quadrumvirato, che poi si trasforma in una sorta di triumvirato. Alla fine emerge la figura di Kruscev.

Berija, capo della polizia segreta sotto Stalin, era fautore di una sperimentazione nella gestione della guerra fredda: voleva risolvere il problema centrale della questione tedesca offrendo alla Germania un processo di unificazione purché la parte ovest non fosse riarmata. La prima grande rivolta di Berlino est dà voce ad un malcontento che si trascina dalla prima occupazione dell’Armata Rossa, i tedeschi dell’est si sentono oggetto di un vero e proprio regime di spoliazione dei beni, regime che non riesce a rafforzarsi nel territorio se non mediante la forza. La Germania est era la parte più vulnerabile. Il problema della repubblica tedesca si riflette sul versante interno. Continuano le migrazioni dall’est all’ovest, Berlino est perde popolazione a vista d’occhio, si trasferiscono verso occidente, diventa intollerabile soprattutto laddove questa guerra di posizioni comincerà a diventare una guerra di propaganda tra un sistema e l’altro. È necessario che l’Unione Sovietica passi ad una diversa gestione dei paesi satellite.

Durante il XX Congresso del PCUS verranno condannati i crimini di Stalin. A partire da questo momento ci sarà un rinnovamento del regime sovietico, processo di liberalizzazione del sistema. Tuttavia, ci sono parecchi limiti: la liberalizzazione dei paesi satellite finisce dove si scontrano con l’esigenza di sicurezza dell’URSS.

L’amministrazione Eisenhower

Nel 1953 sale al potere Eisenhower e la nuova amministrazione si fa più aggressiva. La politica del containment, tesa a frenare l’avanzata sovietica, viene sostituita dalla politica del rollback (andare oltre), che prevedeva un ruolo attivo nel ridurre l’influenza dell’Unione Sovietica.

In settori periferici di crisi si prevede una risposta massiccia: bomba atomica. Fino al ’49 gli USA detengono il monopolio atomico, quando i sovietici li raggiungono gli americani sono comunque più avanti in termini di vettori (missili sui quali si fissa l’arma nucleare). Nel ’53 le forze americane sono ancora in grado di ribadire la propria superiorità. Un’ulteriore finalità dell’amministrazione Eisenhower è quella di limitare il budget della difesa che era andato via via aumentando. Si modifica la visione strategica. La politica estera viene gestita in maniera diversa, c’è una nuova attenzione per problematiche che emergono come vitali per gli USA, per esempio il Medio Oriente.

Gli Stati Uniti promuovono dei patti per garantire tutta una serie di paesi nei quali l’Unione Sovietica sembrava volersi inserire. L’URSS sembra voler sfruttare il momento di crisi della decolonizzazione (es. Indocina). Il processo di decolonizzazione è un processo estremamente esteso. Gli USA avrebbero dato garanzia di una partnership commerciale, rivelandosi meno ingerenti della GB. Il rapporto tra la GB e USA si trasforma in una partnership competitiva.

L’Iran

Nel ’51, in Iran, l’URSS cerca di avvantaggiarsi di un’istanza interna al paese: la politica della nazionalizzazione dei pozzi petroliferi che ricadevano sotto l’interesse britannico (Anglo-Iranian Oil Company). Questo porta ad una crisi. A Londra ci si preoccupa di far fuori Mosaddeq, gli americani invece leggono anche la crisi iraniana all’interno di un contesto bipolare. Dal ’51 al ‘53 il Congresso oscilla nella gestione di queste crisi, con l’amministrazione Eisenhower la situazione cambia: si avvia l’Operazione Ajax per liquidare Mosaddeq col consenso dello scià. IL colpo di Stato però fallisce. Si va verso un controllo sempre più americano sull’Iran, era una zona di rilevanza strategica. Mosaddeq è visto come un potenziale pedina nelle mani dell’Unione Sovietica: tendenza a ricondurre tutto nell’ottica bipolare, tutto il sistema delle alleanze globali viene letto nell’ottica della guerra fredda.

Israele

Dopo la concessione del ’17 nasce un focolare ebraico in Palestina. Ciò porta alla migrazione degli ebrei. Nel 1948 nasce lo Stato di Israele, ma questa nascita non viene riconosciuta dal mondo arabo. Israele sarà sostenuta sia dall’amministrazione Truman che dall’amministrazione Eisenhower, ma in modo più pacato perché si pone il problema della gestione dei rapporti con il mondo arabo. Ciò porterà ad un contrasto tra mondo arabo e Stati Uniti.

Stalin appoggiava la nascita dello Stato di Israele, ma abbandona questa posizione quando Israele diventa un paese filo-occidentale. La Russia diventa un nuovo colonizzatore del medio oriente. L’URSS sostiene le posizioni più oltranziste del mondo arabo. Eisenhower cerca una posizione equidistante per combattere anche il problema del nazionalismo arabo in funzione anti-francese e anti-britannica.

Nel ’48 scoppia la guerra tra Israele e il mondo arabo. Israele vince dando prova di un’ottima preparazione militare. Questa sconfitta rappresenta un’umiliazione per il mondo arabo.

L’ascesa di Nasser in Egitto

Nel ’52 Nasser sale al potere in Egitto: figura centrale del nazionalismo arabo. La sua politica è tesa a far valere il progetto della completa indipendenza egiziana. Il problema dei profughi palestinesi diventa il problema principale. L’altro problema è costituito dal Canale del Suez: l’Egitto ha un controllo limitato, la gestione è affidata a francesi e inglesi. Nasser guarda in modo più esteso al problema del nazionalismo arabo: diventa un elemento di disturbo non solo perché minaccia posizioni strategiche, ma anche perché comincia a foraggiare i movimenti indipendentisti, soprattutto quelli algerini. La GB progetta di farlo fuori sin dal ’52. La Francia è preoccupata per i movimenti in Algeria, non ha intenzione di cedere le proprie posizioni. Le aree di crisi si sono dunque spostate.

La cooperazione competitiva

Nel maggio ’53 il Segretario di Stato americano Dulles fa un viaggio in Medio Oriente. Porta avanti l’idea di patti legati l’uno all’altro che dovrebbero costituirsi come degli anelli concentrici, accordi di tipo militare e economico con  paesi minacciati dall’espansionismo sovietico. La Turchia, il Pakistan, l’Iran e l’Iraq costituiscono il primo anello esterno, erano i paesi in primis minacciati dall’espansionismo sovietico. Gli USA sarebbero stati una specie di protettore esterno, garantivano sia protezione militare che aiuto economico. Poi si sarebbe dovuto costituire un anello più intero in cui rientrava anche l’Egitto. Si parla del vizio fondamentale della “patto-mania” di J.Foster Dulles. Sono patti complessi per la GB che continua a seguire le vecchie logiche che fino a quel momento avevano guidato la sua politica (logiche strategiche, economiche, strumenti obsoleti per la risoluzione della conflittualità mediorientale).

La GB cerca di mantenere i vecchi rapporti, cerca di entrare a forza in questi patti, il suo ingresso viene percepito come un’essenza coloniale dei patti, la GB dovrebbe rimanerne fuori. Fino al ’56 la GB cerca di svolgere ancora una politica di stampo imperiale (vedi Mosaddeq). Nella fase di sostituzione tra GB e USA, Dulles utilizza i rapporti della GB, per questo tende ad appoggiarsi alla GB anche se non dovrebbe.

Il limite fondamentale nella visione di Dulles è stato quello di voler ricondurre tutto il problema del nazionalismo arabo nell’ottica bipolare. Nel nazionalismo arabo non c’era nessuna volontà di schierarsi ideologicamente: si parla infatti della matrice della neutralità di Nasser come terzismo o terzomondismo. Quando non riesce ad ottenere le armi dal mondo occidentale, Nasser si rivolge al mondo sovietico. Le armi arriveranno dalla Cecoslovacchia. Nasser ha un obiettivo, non gli interessa l’ottica bipolare. L’URSS si mostra più elastica perché persegue una finalità strategica, non ideologica: vengono concesse alcune basi nel Mediterraneo all’Unione Sovietica. Questo giocare tra due sponde del mondo arabo rende fallimentare l’ottica bipolare. Nel ’55 Egitto, Siria e Arabia Saudita fanno degli accordi per unire i loro eserciti. Nasser si muove autonomamente.

Nella Risoluzione 155 del National Security Council si prende atto che il mondo arabo non avrebbe partecipato a nessuna alleanza fino a quando non si sarebbero risolti i nodi fondamentali del Medio Oriente. Gli USA si assumono maggiore responsabilità nel Medio e Vicino Oriente. Bisogna quindi svincolarsi dalle indicazioni del Foreign Office: in piena crisi di Suez gli USA si allontano dalla GB. Gli USA sono di fronte alla necessità di assecondare maggiormente le posizioni del nazionalismo arabo, di svincolarsi dall’alleanza con Israele, far capire che gli USA sono disponibili ad aiutare il mondo arabo.

Dulles chiede a Nasser di buttare acqua sul conflitto arabo-israeliano: ruolo di mediazione dell’Egitto all’interno del conflitto arabo-israeliano. Ciò porterebbe a degli aiuti concreti all’Egitto: finanziamenti per la diga di Assuan.

Nel ’54 viene stipulato un accordo tra Turchia e Pakistan che prevede aiuti militari americani al Pakistan (la Turchia era ancorata al sistema occidentale). L’India in questa fase stava svolgendo una politica di non-allineamento, ma si presagiva un avvicinamento all’Unione Sovietica. Gli USA si preoccupano quindi di garantirsi il Pakistan e l’Iraq. Si forma uno dei patti fondanti: il Patto di Baghdad del ’55 che lega l’Iraq alla Turchia. Tutti questi vincoli miravano a costituire un sistema difensivo a garanzia della sicurezza americana, controllo di queste zone in chiave bipolare. Ciò funziona nel caso pakistano, ma non in quello iracheno.

L’aiuto ribadito dagli USA rimane esterno, ma il Foreign Office cerca ancora di esercitare un ruolo: si fa largo l’idea della cooperazione competitiva. La GB non può più esercitare un ruolo di guida all’interno di queste alleanze, perché gli USA vogliono costruire delle alleanze che si autoalimentano. Nella crisi iraniana la GB si era mossa come una tipica potenza coloniale. Mosaddeq nazionalizza la Anglo-Iranian Oil Company, Nasser vuole nazionalizzare il Canale di Suez, Castro vuole nazionalizzare la United Fruit Company. La GB è legata dall’interesse economico a questi paesi, ma anche da interessi strategici. In questa politica imperiale si trova isolata rispetto agli USA. Già Roosevelt aveva chiarito alla GB che il discorso coloniale era storicamente superato, ma la GB stenta ad abbandonare queste posizioni. Chi gestisce la crisi di Suez è lo stesso che ha gestito la crisi in Etiopia: è umanamente difficile cambiare il proprio punto di vista. Gli USA sono l’unica potenza che non ha avuto una politica coloniale, politica della porta aperta, decolonizzazione. I nodi della visione divergente vengono al pettine, gli USA sono portatori di una logica contraria alla colonizzazione, ma il processo di decolonizzazione diventa un processo a rischio della penetrazione dell’Unione Sovietica. Gli USA devono sacrificare la possibilità di utilizzare i movimenti nazionalisti perché vedono tutto in una logica di guerra fredda. Ciò porta da un lato gli USA ad arrivare in luoghi in cui deve ancora essere strutturata la conoscenza del luogo e della cultura (gli inglesi avevano questi strumenti). Gli USA cominciano a vedere la visione inglese come un elemento di disturbo nella loro politica. Sul problema del colonialismo si sta creando tutto un movimento (vedi Israele). La collaborazione diventa sempre più competitiva, la situazione degenera a Suez: la politica della GB verrà sconfitta nel ’56, si rende conto che le logiche imperiali sono ormai chiuse.

La crisi di Suez

Gli USA non riescono a portare con sé l’Egitto, Nasser è costantemente teso a perseguire politiche autonome. Si crea un’unione tra Siria e Egitto poiché entrambi i paesi hanno evidenti interessi nei territori israeliani. L’amministrazione Eisenhower commette l’errore strategico di ritirare i fondi per finanziare la diga di Assuan poiché credeva che l’Egitto stesse facendo un doppio gioco inaccettabile. È il secondo rifiuto americano nei confronti dell’Egitto (il primo è quello delle armi).

L’Egitto si mostra estremamente rigido sulla possibilità di pacificazione con Israele (interesse geopolitico ma anche strumentale: interesse di leadership). Nasser può giocare la carta della conflittualità con Israele per avere un ruolo di leadership tra i paesi del mondo arabo. Con il venir meno dei finanziamenti, l’Egitto si rivolge altrove. La Compagnia del Canale di Suez viene nazionalizzata.

I rapporti angloamericani diventano sempre più competitivi e sempre meno di cooperazione, si arriva alla definitiva rottura. La GB cerca una via autonoma per la risoluzione della crisi di Suez: eliminare Nasser. La GB cerca un accordo con la Francia, esigenza della Francia di ridimensionare Nasser (vedi Algeria).

Nasser chiude lo stretto di Tiran e impone il divieto di sorvolo sul golfo di Aqaba: Nasser chiude così l’accesso al Mar Rosso isolando Israele che percepisce una minaccia concreta per la propria sopravvivenza. A Parigi c’è un ciclo di colloqui segreti tra Francia, GB e Israele: si prevede un intervento israeliano e un immediato successivo intervento franco-britannico. Gli USA dichiarano che non appoggeranno questo tipo di azione perché getta l’Egitto, e quindi il mondo arabo, nelle braccia dell’URSS.

L’azione militare israeliana è estremamente efficace, arriva al Canale di Suez minacciando molto da vicino l’Egitto. Israele ottiene un nuovo successo militare che colpisce per la sua velocità. Gli angloamericani chiedono il cessate al fuoco. L’attacco è un’aperta violazione di ogni legalità a livello internazionale. L’Unione Sovietica si appella al Consiglio di Sicurezza: gli USA impongono a Francia e GB un ritiro immediato. Viene a mancare l’appoggio per quella che gli USA vedono come un’azione unilaterale.

Già nella fase antecedente la crisi di Suez Israele si rifornisce di armi dai francesi. La politica filo sionista da parte della Francia continua fino al 1962. L’America presta i soldi a Israele, con quei soldi Israele compra armi dalla Francia. Poi inizia un rapporto preferenziale con la Germania. La prima centrale nucleare israeliana viene costruita grazie ai francesi.

La GB esce ridimensionata dalla Crisi di Suez, Suez rappresenta la sua fine imperiale. La GB non può svincolarsi definitivamente dagli USA. Anche la Francia esce ridimensionata, ma dovrà comunque gestire il problema algerino. Nasce il mito dell’invincibilità israeliana. La percezione nel mondo arabo è che Israele sia il neocolonizzatore delle terre degli arabi. Dal punto di vista israeliano Suez è stato un vantaggio. Nasser ha rafforzato la propria leadership nel mondo arabo, anche se all’Egitto è stato inferto un duro colpo militare.

Le crisi in Polonia e in Ungheria

Nel ’55 c’è la crisi in Polonia. La dichiarazione dei crimini di Stalin aveva creato l’illusione nei paesi satelliti che ci fosse una via autonoma al socialismo. Kruscev si riavvicina alla Jugoslavia: in realtà la sua azione è strumentale. Cerca anche una maggiore collaborazione con la Cina. Nella condanna del XX Congresso ci sono anche dei limiti: controllo strettissimo dell’Europa orientale e paesi satelliti per la propria sopravvivenza. L’intervento in Polonia è immediato. La dirigenza dà la garanzia di rimanere fedele all’URSS, solo questo evita l’intervento dell’Armata Rossa. La rivoluzione in Ungheria nel ’56 postula di uscire dal Patto di Varsavia: i limiti della destalinizzazione si evidenziano proprio in Ungheria, ciò porterebbe allo sfaldamento totale delle posizioni sovietiche nell’Europa orientale. Gli USA rimangono totalmente immobili, salvo una formale condanna.

Dopo Suez

La GB non viene più appoggiata dagli USA, abbandona le sue mire imperialistiche. Israele ha guadagnato un vantaggio strategico, ma ha anche accresciuto la frustrazione del mondo arabo che la considera l’avamposto del colonialismo occidentale. Nasser esce politicamente rinforzato, la sua leadership nel mondo arabo è riconosciuta nonostante la sconfitta militare. Il problema del conflitto arabo-israeliano non vien risolto: problema della gestione dei profughi palestinesi, utilizzo strumentale di questi profughi. Per tenere viva una conflittualità con Israele, si lasciano i profughi in uno stato di provvisorietà. La volontà di non inserire queste persone viene dall’esigenza di tenere vivo l’elemento di conflittualità tra il mondo arabo e Israele.

La competizione bipolare

Dopo il ’56 la competizione bipolare si sposta su un dato che riguarda prettamente il discorso del riarmo e della gara tecnologica tra le due superpotenze. È evidente che alcuni problemi hanno finito con lo stabilizzarsi, ma non si sono ancora risolti dei nodi fondamentali.

Questione tedesca. Berlino rappresenta un’asimmetria che sembra consolidarsi nell’ottica della competizione dei due blocchi. Il problema principale è quello della fuga di popolazione verso l’ovest: la Germania occidentale non era in grado di accogliere un numero così elevato di profughi. Inoltre, era inaccettabile per la parte occidentale riconoscere una divisione a tempo indeterminato della Germania: la Germania occidentale non riconosceva la Germania orientale e non intratteneva rapporti economici con i paesi che la riconoscevano. La Germania orientale si trova isolata. Nel ’58 Kruscev lancia un ultimatum in base al quale la città di Berlino deve essere smilitarizzata e diventare indipendente, ma ciò è inaccettabile per gli occidentali e per la Germania occidentale: Berlino è considerato un avamposto che non può in nessun caso essere ceduto. Se non si accetta l’ultimatum, il controllo della vie di accesso a Berlino sarà affidato alla Repubblica Democratica (stesso problema della crisi di Berlino). Kruscev nel ’58 preme su Berlino per la questione della nuclearizzazione della Germania Federale.

L’Europa rimane ancora in una situazione precaria: in caso di guerra l’Europa sarebbe stata facilmente conquistata dall’Unione Sovietica.

Corsa al riarmo tecnologico. Viene creata la bomba termonucleare: gli stessi leader di entrambe le superpotenze rimangono oggettivamente colpiti dal potenziale di distruzione di questa bomba. Ciò ha un effetto di deterrenza: c’è la consapevolezza che il primo colpo può essere quello definitivo. L’equilibrio in termini nucleari garantisce il fatto che non si arrivi mai ad un conflitto aperto, garantire l’equilibrio significa deterrenza. L’attacco garantirebbe la distruzione reciproca. Ciò però non ferma la corsa agli armamenti e soprattutto la corsa ai vettori, che hanno una grande rilevanza. Crisi del ’57: l’URSS annuncia il lancio dello Sputnik. La competizione nello spazio diventa una competizione militare.

Gli incontri tra i blocchi sono solo formali, non hanno nessun valore di sostanza, non c’è un vero e proprio dialogo. In realtà, l’amministrazione Eisenhower si limita ad una politica di contenimento: nonostante le dichiarazioni iniziali, non è una politica di rollback.

La competizione tecnologica

Il missile comincia ad avere una gittata preoccupante per gli USA e il blocco occidentale, si comincia a parlare di gittata intercontinentale, emerge la vulnerabilità americana. Questo modifica l’equilibrio tra i due paesi, l’URSS è più forte in termini di forze convenzionali, l’occidente ha però un vantaggio strategico. Nel ’60 gli americani piazzano dei missili a gittata intermedia sul territorio turco, possono colpire direttamente il territorio sovietico. Nella guerra fredda molto è affidato alle percezioni: la percezione che ha l’occidente al momento del lancio dello Sputnik è che l’URSS sia improvvisamente più avanzata tecnologicamente. Col senno di poi non era così, erano missili molto imprecisi, ma Kruscev affida molto della propria politica a questa percezione. Questa politica può avere anche un effetto negativo sui rapporti con gli alleati. Un’ulteriore evoluzione si ha nel ’60 con il primo lancio satellite Discover per le rilevazioni. La CIA effettua l’anno successivo una revisione al ribasso del livello tecnologico dell’URSS, gli americani si rassicurano.

L’attività di spionaggio

Il lancio dello Sputnik porta ad un crescente allarme. Ci si interroga sugli strumenti a disposizione per capire quale fosse il livello raggiunto dalla controparte nel settore dello sviluppo tecnologico degli armamenti. L’attività di spionaggio assume maggior rilevanza. L’attività di spionaggio si basava sul sorvolo dello spazio aereo nemico. Questi voli erano visibili sui radar dell’URSS, ma non raggiungibili dalla controffensiva. Questi voli vanno crescendo, ma l’URSS non può protestare apertamente. In uno di questi sorvoli i sovietici riescono a buttare già un aereo e fare prigioniero un pilota. Mentre avviene ciò, c’è un incontro a Parigi. Kruscev, anziché annullare l’incontro, si presenta a Parigi dove dice a De Gaulle che ciò che gli americani stanno facendo è inaccettabile. Eisenhower si trova in una posizione imbarazzante, non possono negare, ma non possono nemmeno dichiarare apertamente la loro attività di spionaggio. Negli anni ’60 lo spionaggio viene affidato ai satelliti, grazie ai quali gli USA scoprono l’installazione di missili sul territorio cubano.

La crisi tra la Repubblica Popolare Cinese e Taiwan

La politica di Kruscev cerca di riprendere il rapporto con la Jugoslavia e di mantenere un rapporto con la Cina promettendole uno scambio tecnologico che consenta alla Cina di dotarsi dello strumento nucleare. Nel momento in cui l’URSS abbandona i rifornimenti alla Cina, è l’inizio della rottura dei rapporti tra i due paesi. La presunta superiorità di Kruscev ha effetti sulla politica di Mao che comincia a fare discorsi sul fatto che i cinesi sono in grado di sopportare meglio di qualsiasi altro un conflitto militare (perché sono tanti e qualcuno sopravvivrà!). Chiang comincia a concentrare truppe su isole in prossimità della Cina Popolare, che Mao decide di bombardare. La crisi tra la Repubblica Popolare Cinese e Taiwan è una fonte di preoccupazione per l’URSS.

L’incidente della Baia dei Porci

Nell’aprile ’61 c’è l’incidente della baia dei porci. Castro riesce a prendere il controllo di Cuba, in una fase iniziale la politica di Castro non è una politica antiamericana e filocomunista, sembra sia orientato ad una continuità di rapporti accettabili con il vicino americano. Si pone però il problema dell’effettiva sovranità sull’isola. Gli USA hanno una serie di compagnie molto potenti che si arricchiscono grazie alle risorse naturali e che hanno un’importante attività di lobbying all’interno del Congresso statunitense. Quando Castro vuole nazionalizzare la United Fruit Company si arriva alla rottura con gli USA. L’URSS è pronta ad intervenire: i russi offrono a Cuba un prestito a tasso agevolato, si modifica l’asse dell’economia cubana.

Gli USA risolvono la crisi guatemalteca sostenendo l’insostenibile: sistemano le cose sostenendo i dittatore di turno in grado di sedare le rivolte nazionaliste. C’è una miopia della politica americana nel vedere le rivolte come movimenti foraggiati dall’URSS. Kennedy cerca di fondare dei rapporti su un piano maggiormente paritario, vorrebbe istituire una specie di piano Marshall (alleanza per il progresso) che renda i paesi dell’America latina alleati.

Cuba comincia a diventare però una minaccia concreta. Nel gennaio ’61 c’è il tentato sbarco. Kennedy non garantisce nessun appoggio diretto agli esuli cubani, doveva essere un tentativo di rovesciare Castro da parte dei cubani, non doveva esserci quest’ingerenza. Lo sbarco è un fallimento totale, gli esuli non vengono accolti dalla popolazione, vengono ricacciati e non trovano nemmeno l’appoggio degli americani.

Il muro di Berlino

Kruscev gioca di nuovo la carta di Berlino nel giugno ’61, quando è previsto il suo incontro al vertice con il nuovo presidente americano Kennedy. Quando Kruscev incontra Kennedy sa benissimo che il presidente americano arriva dall’insuccesso della Baia dei Porci. Kruscev dà un nuovo ultimatum su Berlino: nel giro di una notte la Repubblica Democratica tira su il muro. Il problema di Berlino trova una sua soluzione, si crea un ostacolo fisicamente invalicabile affinché non ci sia più un confluire dei profughi nei territori occidentali. Il muro definisce una situazione precaria. Kennedy non reagisce, il muro alleggerisce un peso per gli stessi occidentali, che accettano in qualche modo questo gesto del tutto unilaterale.

La crisi cubana

Rottura definitiva di Castro con gli USA e avvicinamento all’URSS. All’inizio era un accordo per lo più economico, ma l’URSS fa un’offerta ulteriore: garantisce che Cuba non debba temere un altro tentativo USA di scalzare Castro dal potere piazzando dei missili sul territorio cubano. I cubani accettano che si inizi la costruzione delle rampe di lancio.

L’atteggiamento dell’amministrazione Kennedy è formalmente estremamente rigido. Le rampe vengono collocate segretamente nel territorio cubano, ma vengono scoperte dall’attività di spionaggio. Come si sposa la segretezza con la deterrenza?

La risposta americana è il blocco navale su Cuba. Ciò mette a repentaglio la pace, è il momento della guerra fredda in cui maggiormente ci si avvicina ad una guerra nucleare. Alla fine Kruscev accetta di smantellare le rampe a patto che gli americani non tentino più di attaccare Cuba e rovesciare il regime di Castro. Sembra un fallimento di Kruscev e un successo della politica estera di Kennedy. A margine Kruscev chiede lo smantellamento dei missili a gittata intermedia collocati sul territorio turco. Kennedy però stacca le due cose, lo fa risultare uno smantellamento già previsto perché quei missili stavano diventando obsoleti. In parte è vero, ma è comunque un do ut des.

L’amministrazione Kennedy e il riarmo

L’amministrazione Kennedy ha una certa propensione all’aumento dell’arsenale nucleare, tende ad accrescere il proprio coefficiente di sicurezza. Va sfatato il mito dell’amministrazione volta ad un vero rinnovo alla politica estera americana, questo rinnovo non c’è. Ci sono vari fattori di preoccupazione che spingono gli USA al riarmo.

La progettualità sull’America Latina viene meno per le cause implicite nel timore che gli americani hanno dell’espansione sovietica. La bolscevizzazione della politica castrista allarma l’amministrazione democratica. La politica sull’America Latina fa fatica a trovare un strada diversa da quella già percorsa in precedenza: si cerca di stroncare ogni rivolta, si appoggia il golpe militare per evitare un rafforzamento delle posizioni nazionaliste.

La crescente tensione tra Cina e URSS non viene sfruttata dagli USA. La Cina si pone come un elemento decisivo in Oriente, ma c’è ancora il problema delle due Cine (Cina di Formosa e la Cina di Taiwan). Gli USA temono che la crisi delle due Cine possa sfociare in una guerra aperta.

La preoccupazione americana riguarda anche tutti quei paesi non allineati. I paesi non allineati sono visti come dei paesi che cercano di aggiustare il proprio equilibrio tra le due potenze, ma secondo gli americani sono soggetti ad un condizionamento da parte dell’URSS (es. India). Il ruolo della Jugoslavia è diventato particolarmente rilevante, in quanto il suo rapporto con l’URSS è diventato più paritario. La Jugoslavia rientra comunque tra i paesi non allineati, ma ciò è visto con sospetto dagli americani.

La Francia

Anche situazione europea era nuovamente in fermento perché non tutti gli interlocutori europei erano disposti a seguire incondizionatamente gli USA. La Francia (Quinta Repubblica di Charles De Gaulle), infatti, stava cominciando a seguire una politica più autonoma che portava ad un aumento dei dissidi con gli Stati Uniti. La Francia arriva dall’esperienza della decolonizzazione (nel frattempo è stata costretta a cedere anche l’Algeria, considerata fondamentale). La Francia non era disposta ad accettare un assetto difensivo europeo che passasse attraverso il rapporto preferenziale tra GB e USA poiché in questo modo essa veniva esclusa sia dallo strumento nucleare che dal direttorio delle grandi potenze. De Gaulle voleva un bilanciamento del ruolo inglese sul continente e pertanto voleva che le decisioni fossero prese a tre. La Francia, tuttavia, non riuscirà ad inserirsi nella special relationship tra USA e GB. Il rapporto tra le due potenze quindi non si indebolisce nel ’56, ma anzi si rafforza, segnala semplicemente quali sono i limiti entro i quali si può muovere l’azione inglese.

L’equilibrio in Europa si rompe. Nel ’63 la Francia pone il veto sull’ingresso britannico nella Comunità Europea. La Francia è sempre stata molto sensibile all’assetto strategico dell’Europa: si parla di un’Europa Atlantica e di un’Europa Mediterranea. L’eventuale ingresso della GB nella Comunità Europea farebbe pendere l’equilibrio europeo più verso l’Atlantico. La GB non è più una potenza imperiale, ma continua ad essere legata ai paesi del Commonwealth. Quando gli inglesi si decidono a chiedere l’ingresso nella Comunità Europea, lo fanno sotto spinta degli USA. La bocciatura della Francia era scontata se si fanno delle considerazioni politiche.  Nasce un rapporto nuovo tra Francia e Germania, si dimenticano i vecchi rancori, l’alleanza nasce dalla contrapposizione con gli USA. Nel ’66 De Gaulle porterà la Francia ad uscire dalla NATO, la cui sede si sposta da Parigi e Bruxelles. I rapporti tra De Gaulle e la dirigenza americana sono davvero difficili.

Le difficoltà americane con l’Europa riguardano quindi anche la politica della condivisione dello strumento nucleare, diventa una politica a due tra GB e USA. L’amministrazione Kennedy non ha intenzione di dotare l’Europa dello strumento nucleare, che in ogni caso sarebbe dovuto essere sotto il controllo americano. Il progetto di nuclearizzazione dell’Europa fallisce. I francesi riusciranno a dotarsi della bomba atomica nel ’60 (gli strumenti erano stati forniti dagli stessi USA!).

La Francia e la Cina

All’interno della coalizione occidentale, la Francia diventa un elemento di disturbo per gli USA, un po’ come la Cina lo era per l’URSS. Tuttavia, le conseguenze saranno molto diverse. Innanzitutto, gli USA non devono controllare la Force de France come invece devono fare i sovietici con la Cina. Il rapporto dell’URSS con la Cina è molto condizionante per la politica russa. La Cina si fornisce dell’elemento nucleare, le cui basi sono fornite dalla stessa Unione Sovietica. La Cina non può essere annoverata tra i paesi satelliti: i cinesi hanno cominciato ad assumere un tono didascalico per quanto riguarda l’aspetto ideologico, difendono una specie di ortodossia del sistema, criticano le aperture dell’Unione Sovietica, non approvano il processo di destalinizzazione avviato da Kruscev. Emerge una crescente difficoltà nei rapporti dal punto di vista dottrinario che nasconde la volontà cinese di condurre una politica propria. Tutto ciò è dovuto anche ad una sorta di fraintendimento tra la Cina e l’URSS: quando Kruscev avvia la politica di grande potenza basata sulla superiorità degli armamenti, i cinesi sono i primi a credere alla loro supposta superiorità nucleare. I cinesi non capiscono perché l’Unione Sovietica si limiti ad agire in un ambito di deterrenza e non passi ad una politica più concreta. Anche Castro credeva a questa superiorità sovietica. Si arriva molto presto ad una rottura con la Cina, in seguito al famoso grande balzo in avanti. La Cina si trova in una situazione di carestia che porterà alla morte di migliaia di persone. Si attua una sperimentazione che richiede una particolare unificazione sul fronte interno, questo tipo di unificazione richiede un nemico esterno. Solo tardivamente gli USA si rendono conto che avrebbero potuto sfruttare questa situazione di rottura, continuano con la Two Chinas Policy.

La guerra del Vietnam

La guerra del Vietnam parte dal problema della dismissione delle colonie francesi in Indocina. Il ritiro si era risolto con la divisione del Vietnam al 17° parallelo: il regime comunista del Vietnam del Nord guidato da Ho Chi Minh e il Vietnam del Sud posto sotto la protezione USA. già dall’inizio si capisce che è uno status quo che non può durare. Gli stessi americani hanno avuto divergenze con la Francia per la sua politica in Indocina.

Il coinvolgimento americano in Vietnam si deve ad Eisenhower, ma è Kennedy che nel ’61 si trova a far fronte ad un problema concreto: le incursioni del fronte di liberazione vietnamita nel territorio del Sud. Kennedy decide di rispondere immediatamente: inserisce una guerra nazionalista in un contesto bipolare, ritiene che vi sia un’ingerenza sovietica (che ancora non c’era) nel Vietnam del Nord. Kennedy invia massici aiuti in Vietnam, ma anche consiglieri militari, che di solito sono la premessa per un intervento concreto. Lo stesso Kennedy cade nella contraddizione fondamentale della politica americana. In Vietnam, gli USA sono sprovvisti di agganci, c’è un’idea buonista che porta Kennedy a dire che bisogna contrastare la possibilità che il Vietnam ricada nella sfera di influenza sovietica portando benessere nel Vietnam del Sud. Kennedy non si rende conto che intervenire in questo territorio era molto difficile. Gli USA si appoggiano al dittatore Ngo Dinh Diem che però non è in grado di aiutare gli americani (verrà scalzato con un golpe stimolato dalla CIA). Gli USA non hanno nessuno cui saldare il loro intervento militare. Anche gli interventi in stile piano Marshall sono ostacolati dal fatto che le azioni di guerriglia avvengono nel territorio del Sud. Gli USA sono costretti ad intervenire, ma non riescono ad appoggiarsi alla popolazione.

Nell’estate ’64 l’amministrazione Johnson (Kennedy era stato ucciso a Dallas nel ’63) decide l’intervento concreto, in seguito all’incidente del golfo del Tonchino. Con la Risoluzione del Tonchino il Congresso autorizza i raid aerei nel Nord. Johnson voleva evitare una guerra aperta, si comincia con i raid aerei, poi vengono inviati dei contingenti di truppe: da qui ha inizio l’escalation che manderà in guerra mezzo milione di americani. La superiorità tecnologica americana ha difficoltà a combattere le attività di guerriglia: nascondigli nella foresta, sentiero di Ho Chi Minh, i Vietcong combattevano su un territorio che conoscevano e che difendevano. Gli americani si trovano in un contesto nel quale non era ben chiaro quale fosse la strategia da adottare, si cominciano ad utilizzare il napalm per eliminare i nascondigli dei Vietcong.

È una guerra che ha implicazioni difficili da gestire. Per la prima volta l’opinione pubblica ha un ruolo fondamentale:

  1. c’è un costante ingaggio dei media americani, il conflitto viene monitorato dai giornali e dalle televisioni;
  2. i soldati che si trovano a combattere in Vietnam non sono soldati di professione, è una generazione che viene coinvolta nel conflitto, la società americana si interroga sul coinvolgimento degli USA in uno scenario lontano, sulla quale utilità si può discutere. Tutto ciò si inserisce nel contesto del ’68.

Il Vietnam è il fallimento del containment. Nella fase finale dell’amministrazione Johnson c’è l’offensiva del Tet con la quale i Vietcong penetrano a Saigon: non è un successo militare dei Vietcong perché la risposta americana è molto efficace (gli USA sono più forti nel combattimento aperto), ma quest’offensiva ha un forte impatto sull’opinione pubblica. Gli americani vengono contestati anche dai movimenti del ’68 europei: a causa del Vietnam la percezione che si ha degli americani si va modificando. Il Vietnam è una guerra che è stata persa innanzitutto sul fronte interno, Johnson era un presidente riformatore sul fronte interno. Dopo l’offensiva del Tet, Johnson dichiara che non intende ricandidarsi. Salirà al potere il repubblicano Nixon che porta avanti l’idea che bisogna uscire dalla guerra, ma bisogna comunque andarsene in un modo dignitoso, non possono ritirarsi immediatamente dal Vietnam, c’è la paura dell’effetto domino. L’idea dell’amministrazione Nixon è quella di vietminizzare il conflitto: fornire al Vietnam del Sud gli strumenti per combattere autonomamente. Questa è una decisione che era già implicita alla fine dell’amministrazione Johnson quando aveva negato l’invio di ulteriori delle truppe. 

Il conflitto tende ad espandersi. Gli americani cercano di interrompere il sentiero di Ho Chi Min, ciò porta al coinvolgimento della Cambogia. Viene deposto il re Sihanouk con un golpe, sale al potere Lon Nol, che sarà rovesciato dai khmer rossi e da Pol Pot.

In seguito ad un’offensiva aerea nella quale gli americani ribadiscono la loro superiorità in campo aperto, è inevitabile arrivare ad un compromesso. Nel gennaio ’73, a Parigi viene firmato il cessate il fuoco che sancisce il ritiro delle forze americane. Il confine viene ristabilito al 17° parallelo. L’esito vietnamita tuttavia non è l’esito coreano: in Corea gli americani avevano vinto la guerra in un’ottica di containment, qui l’ottica del containment non è più possibile, la guerra è persa perché il Congresso non appoggia più il Vietnam del Sud. Nel ’73 il ritiro delle truppe diventa totale. La vietnamizzazione del conflitto fallisce. Il Vietnam sarà definitivamente unificato a metà degli anni ’70. Militarmente gli americani non furono sconfitti del tutto, ma lo furono in campo politico.

È interessante l’atteggiamento dell’URSS. All’inizio le era stato attribuito un ruolo che non aveva, la guerriglia non era stimolata dall’URSS, come invece credevano gli americani. Durante il conflitto tuttavia, da un lato l’URSS sostiene la guerriglia, dall’altro è coinvolta nel processo di distensione. La guerra del Vietnam non pone fine al processo di distensione.

La Distensione

Il trattato di non proliferazione nucleare

L’armamento nucleare è arrivato ad un tale sviluppo che porta all’annientamento totale. A questo punto c’è la prima distensione russa nei confronti degli USA. Nel ’63 viene firmato il trattato di non proliferazione nucleare con il quale le grandi potenze si impegnano a bandiere gli esperimenti nucleari nello spazio e nell’atmosfera (non nel sottosuolo!). questo trattato ha due effetti fondamentali:

avvia una forma di distensione, nota come coesistenza pacifica;

porta alla promessa sul fatto che in futuro non si forniranno strumenti nucleari ai paesi che non hanno intenzioni di usarli unicamente per scopi pacifici. In questo modo si ferma l’avanzata nucleare di Cina e Francia, che però non firmeranno questo accordo. Nel ’64 Pechino sperimenterà la sua prima bomba atomica (nel ’60 la Francia).

Nel frattempo il governo di Adenauer si era avvicinato alla Francia. Tuttavia, quando gli USA firmano questo trattato chiedono anche una ratifica della Germania che deve dichiarare la propria fedeltà all’Alleanza Atlantica. La Germania si trova davanti ad una scelta e alla fine ribadirà il ruolo fondamentale del’Alleanza Atlantica. Ciò porterà alla fine del governo Adenauer e alla costituzione di una coalizione social-democratica che avvierà l’ostpolitik, che affronta in modo più concreto i rapporti con il blocco orientale.

Con il trattato di non proliferazione ha inizio la fase negoziale tra l’URSS e gli USA: è una fase negoziale che porta a dei risultati concreti (la maggior parte dei summit tra le due potenze erano stati fallimentari), come gli accordi Salt e altri accordi di cooperazione in vista di un processo di pacificazione che da questo momento avrà una costante continuità. Allo stesso tempo però questo è un accordo tra i blocchi che sancisce lo status quo in Europa. In questo modo si lascia spazio alla dottrina Breznev: possibilità dell’URSS di agire liberamente all’interno del proprio blocco.

Tutto questo rappresenta un sostanziale fallimento della politica del containment. A partire da Truman questo contenimento si era alalrgato a diversi settori. Anche il rollback di Eisenhower in realtà era una forma di contenimento. Il contenimento continua ad esserci anche nell’amministrazione Kenndy, che cadrà nell’idea di inserire qualsiasi scenario di crisi in un ambito di guerra fredda. Il fallimento della politica americana in America Latina si deve a questa politica, in questa zona gli americani hanno interessi soggettivi molto pronunciati che vanno salvaguardati, non è solo una lotta al comunismo.

Il processo di distensione

Nel ’69 hanno inizio i negoziati per la firma degli accordi Salt per la riduzione dell’armamento nucleare. Nel ’64 Kruscev viene messo in pensione e sale al potere Brezniev.

In questi anni si assiste ad un mutamento degli equilibri all’interno del blocco orientale. Gli USA si rendono conto che la Cina e l’URSS sono in una totale rottura, scontri anche militari, gli USA si predispongono ad una cauta apertura verso la Cina, premessa della fine della politica delle due Cine. L’apertura americana verso la Cina è uno strumento di pressione sull’URSS (la Cina viene utilizzata in modo strumentale). Il dialogo tra Cina e USA si ha perché la Cina è in una situazione di grave crisi economica (la politica di Mao sul fronte interno è stata un fallimento totale), ma ha bisogno di aiuto anche dal punto di vista militare, in quanto soffre di una sorta di sindrome di accerchiamento. La Cina teme un’aggressione da parte dell’URSS. La conflittualità russo cinese è un elemento che condiziona profondamente le relazioni internazionali di questi paesi. Ci sono anche divergenze tra la Cina e l’India, che ha spostato il suo allineamento verso una posizione filo-sovietica in funzione anti-cinese. Gli americani rimuovono la settima flotta che girava attorno a Formosa. Nel ’70 gli USA annunciano che non si sarebbero opposti all’ingresso della Cina alle Nazioni Unite purché ciò non avvenisse a scapito di Taiwan. Nella primavera ’71 c’è l’incontro ai campionati mondiali di ping-pong, a cui seguirà la visita segreta di Kissinger a Pechino. Sono tutti incontri preparatori a quella che nel luglio ’72 sarà la visita di Nixon a Pechino. Nel novembre ’71 la Cina ottiene un seggio alle Nazioni Unite. Anche la politica cinese sembra essere diventata più realista e più aperta al negoziato. La Cina di Formosa aveva una rappresentanza quasi nulla della popolazione cinese, tuttavia gli USA non potevano abbandonare Taiwan per la Cina di Mao. In un’ottica di containment era logico non riconoscere la Cina di Pechino, in una logica di interesse invece sarebbe stato utile accorgersi prima della possibilità di sfruttare la rottura tra Cina e URSS.

L’effetto sperato dagli americani con l’avvicinamento alla Cina riesce. Nel ’72 si arriva alla firma del primo accordo sull’armamento nucleare, Salt, che prevede delle limitazioni concrete al riarmo nucleare. Con questo accordo viene istituzionalizzato il concetto di deterrenza: l’equilibrio dell’armamento nucleare tra i due blocchi costituisce una garanzia, il primo colpo decisivo non ci può essere in condizioni di equilibrio perché ciò porterebbe all’autodistruzione reciproca. L’accordo riguarda sia i missili intercontinentali che i missili basati sul sommergibili. Il Salt assegna una certa superiorità all’URSS sui missili intercontinentali perché viene riconosciuta una superiorità tecnologica americana (inoltre non avevano bisogno di missili a lunga gittata).

Dal punto di vista politico emerge un bipolarismo netto, viene riconosciuto implicitamente lo status quo. Anche la ostpolitik sancisce lo status quo. La coesistenza pacifica si basa su una stabilizzazione sostanziale dell’Europa che passa attraverso la deterrenza. Bisogna fermare il riarmo anche perché comincia ad avere un peso troppo elevato sul PIL. C’è una situazione difficile anche sul fronte interno statunitense che si trova dinanzi ad un deficit interno nella bilancia dei pagamenti. Anche l’attivo della bilancia commerciali era destinato a ridursi.

(dal seminario su Nixon)

Gli USA sono fortemente indeboliti sul piano economico per le ingenti spese militari sostenute, ma anche a causa del sistema internazionale che gli USA stessi avevano creato. Il Gold Dollar Standard prevedeva la convertibilità e la stabilità del rapporto oro-dollaro. Alla fine degli anni ’60 la supremazia economica americana viene messa in discussione, il dollaro è sopravvalutato, vengono effettuati numerosi investimenti al di fuori del paese. Ci si trova di fronte ad una dicotomia: valutazione reale del dollaro/valore intrinseco della moneta (che invece scende). Gli USA stampano moneta che ha un valore ufficialmente stabile, anche se in realtà non è così. Le riserve auree degli Stati Uniti verranno dimezzate. Il 15 agosto ’71 viene messa in atto la nuova politica economica di Nixon che prevede un’imposta del 10% sulle importazioni per portare maggiore equilibrio nella bilancia dei pagamenti e tagli alla spesa pubblica. Gli europei non vengono informati in anticipo della manovra economica americana. Solo alla fine del ’71 verrà stabilità una nuova parità tra il dollaro e le altre valute, viene fissata un’oscillazione del + o – 2.5%  Dollar Standard.  

Il Medio Oriente durante la distensione

Dopo il ’56, rimane del tutto irrisolto il nodo delle relazioni tra il mondo arabo e Israele, ci si trova di fronte a un non-dialogo. Si discute anche del fatto di riconoscere Israele e il diritto di Israele di esistere il Palestina. Entrambe le potenze hanno interessi vitali in Medio Oriente (controllo del Mediterraneo). Nel corso dell’amministrazione Eisenhower il sostegno che gli USA danno a Israele è un sostegno più tiepido e più attento a non arrivare ad una rottura con il mondo arabo. Si assiste anche ad uno spostamento della Francia verso una politica filo-araba, cambia il rapporto con Israele.

La coesistenza pacifica in Medio Oriente non funziona. L’URSS vede nel Medio Oriente una grande opportunità per estendere la propria influenza nel Mediterraneo, soprattutto dove sarebbe facile ottenere il consenso del mondo arabo giocando la carta sionista.

La Guerra dei Sei Giorni

Nel maggio ’67 Israele sospetta l’Egitto stia preparando qualcosa. Nasser chiede il ritiro dei caschi blu che stazionavano nel Sinai, denunciando le tendenze terzomondiste delle Nazioni Unite: con il passare del tempo il terzo mondo stava aderendo alle idee del mondo arabo, dove Israele figurava come l’avamposto del colonialismo occidentale. L’assemblea delle Nazioni era sempre più spostata verso un’ottica filo-araba. Nel maggio ’67 c’è il ritiro dei caschi blu, pochi giorni dopo Nasser decide la chiusura dello stretto di Tiran per isolare Israele. È da notare che dopo la crisi di Suez le potenze garanti dell’armistizio successivo avevano detto che non sarebbe stata tollerata una chiusura dello stretto. Ciò ha come conseguenza che, in caso di violazione, le potenze garanti sarebbero dovute intervenire. Tuttavia, ciò non avverrà. A questo punto l’Egitto schiera le sue truppe nel Sinai mandando così un chiaro segnale ad Israele, che però decide l’attacco preventivo. Israele diventa così aggressore. Nel frattempo erano stati stipulati degli accordi di mutua difesa tra Iraq e Egitto e Giordana e Egitto. Israele colpisce l’aviazione egiziana mentre si trova ancora a terra e in sei giorni distrugge l’esercito egiziano. Nasce il mito dell’invincibilità israeliana, la guerra è condotta brillantemente dagli israeliani.

Israele acquista la massima estensione in termini territoriali, ma soprattutto in termini strategici: la striscia di Gaza, Gerusalemme est, le alture del Golan, controllo sul Sinai. Israele vorrebbe fare di Gerusalemme la propria capitale. Queste conquiste avrebbero permesso di negoziare con il mondo arabo da una posizione di forza, tuttavia lo spazio negoziale tende a ridursi per vari motivi:

Gerusalemme est ha un forte valore politico (simbolo per le tre grandi religioni monoteiste);

Le alture del Golan hanno un valore militare – strategico perché prevenivano l’attacco siriano in quanto si trovano a soli 60km da Damasco;

Israele ha fame di territorio, ma la disputa diventa anche quantitativa: problema di dove mettere i coloni che stanno rimpinguando lo Stato di Israele (provenienti anche dall’URSS che stava attuando una politica antisemita).

Durante i negoziati, tutti questi nodi vengono al pettine. Lo spazio negoziale alla fine si riduce al Sinai.

L’URSS vede una grande possibilità negli allineamenti del mondo arabo: condanna l’attacco israeliano e invia aiuti all’Egitto (tra cui consiglieri militari). In realtà è un do ut des: all’URSS vengono fatte concessioni di basi in territorio egiziano. Il mondo arabo si sposta verso l’URSS. Gli americani colgono il ruolo sovietico e sentono la minaccia dell’Egitto filo-sovietico, ma ciò non portava necessariamente ad una politica più morbida verso i paesi arabi.

Israele pone le condizioni negoziali, ma il ritiro dal Sinai deve però rientrare in un più ampio accordo di pace, che non può coinvolgere solo l’Egitto, ma anche Siria e Giordania. La risposta data durante il vertice dei paesi arabi a Khartoum del ’67 è però molto chiara: no ai negoziati di pace, no al riconoscimento di Israele, no alla pace tout court.

Nel novembre ’67 c’è la Risoluzione 242 dell’ONU sul ritiro delle forze israeliane dai territori occupati. Ci si trova però di fronte ad un’ambiguità costruttiva che cambia lo spazio di negoziazione:

la versione francese dice che Israele deve ritirarsi dai paesi occupati  tutti;

la versione inglese dice che Israele deve ritirarsi da territori occupati  alcuni.

Bisogna affrontare anche il problema sostanziale dei profughi. La politica del mondo arabo è quella di non concedere ai palestinesi la cittadinanza, tutti meno la Giordania che aveva già una grossa minoranza palestinese che diventerà uno Stato nello Stato. La questione dei profughi viene utilizzata come un mezzo di pressione verso Israele: per il mondo arabo concedere la cittadinanza significava rassegnarsi all’idea che non ci fosse un posto per i palestinesi in Palestina. È evidente che tutta questa conflittualità porta gli stessi palestinesi a cercare una risposta differente, che verrà trovata nelle azioni terroristiche che coinvolgeranno sia israeliani che cittadini di altri paesi. L’enclave palestinese all’interno del territorio giordano comincia ad essere una presenza troppo vincolante: comincia a prendere delle decisioni proprie, dal territorio giordano partono azioni terroristiche e quindi le ritorsioni israeliane vengono subite dalla Giordania. Quando vengono dirottati tre aerei, la Giordania si trova in una posizione politicamente insostenibile. La risposta della Giordania è l’annientamento della presenza palestinese, nota come gli scontri del settembre nero. È un momento di tensione fortissima nel mondo arabo, si teme un attacco siriano verso la Giordania.

La guerra dello Yom Kippur

In questo periodo c’è una sorta di disinteresse americano nei confronti dell’Egitto. Nasser viene sostituito da Sadat, che verrà sottovalutato da più parti. Sadat capisce la necessità di un intervento americano che, se non può essere attuato attraverso sollecitazioni, si può attuare soltanto attraverso una nuova crisi. L’Egitto torna a collocarsi in una posizione di non allineamento: nel luglio ’72 decide di mandare a casa i consiglieri militari sovietici arrivati dopo la guerra dei sei giorni. La cacciata dei consiglieri non è una rottura definitiva con l’URSS, ma un riappropriarsi di uno spazio di manovra, infatti l’Egitto continua a ricevere rifornimenti di armi da parte dei sovietici.

Nel ’73 Sadat decide l’attacco dello Yom Kippur nei confronti di Israele. Questo attacco siriano-egiziano riesce: colpisce in un momento di festività, l’esercito israeliano sembra esser preso di sorpresa, in realtà si aveva sentore di questo attacco, ma l’allarme viene sottovalutato. All’attacco segue l’immediato intervento americano che crea un ponte aereo per rifornire Israele.

Gli accordi di Camp David

Kissinger e Nixon adottano una nuova posizione: se si voleva una pacificazione in Medio Oriente bisognava far credere che Israele non possa essere sconfitta, quando gli arabi si rassegneranno all’evidenza che Israele non può essere cacciata con la forza allora il mondo arabo sarà disposto a trattare. Probabilmente era quello che voleva anche Sadat: in un modo o nell’altro la guerra dello Yom Kippur avrebbe portato ad una soluzione negoziale. Sbloccare queste posizione significa anche dover cambiare la politica egiziana. Sembra ci sia una grande disponibilità dell’Egitto a negoziare, ma l’Egitto si trova isolato all’interno del mondo arabo. Questa negoziazione porterà agli accordi di Camp David (1978).

Nel frattempo emerge la leadership di Arafat all’interno dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), organizzazione politica e paramilitare, considerata dal mondo arabo come la legittima rappresentante del popolo palestinese. Il movimento di liberazione ha una matrice sostanzialmente laica, non religiosa, è un movimento ideologico - politico che ha una connotazione tendenzialmente di sinistra. C’è anche una percentuale di palestinesi di religione cristiana. L’OLP partecipa spesso ad attentati terroristici. Nasce in questo periodo la politica del Mossad.

Israele non ha intenzione di negoziare tutto, alla fine si negozierà solo il Sinai. Questa prima forma di accordo è però considerata da Carter un dato importante. Il riconoscimento di Israele, tuttavia, avverrà solo molto tempo dopo. Il problema dei profughi viene affrontato solo in modo marginale. All’interno del mondo arabo, Camp David viene visto più come una resa nei confronti di Israele. Ciò pone Sadat in una posizione difficile, l’Egitto sarà la grande controparte nel processo di negoziazione.

Kissinger

Gli USA si fanno carico del processo di pace perché nei primi anni ’70 elaborano un nuovo concetto strategico rispetto al containment che aveva fallito in Vietnam: si assiste ad una sorta di nuovo realismo della politica estera americana, è un realismo conservatore. La strategia di Kissinger mira alla distensione. L’URSS approva la distensione perché il suo obiettivo fondamentale è riconoscere e legittimare il bipolarismo e l’assetto uscito dalla seconda guerra mondiale, non viene più messo in discussione lo status quo dell’Europa orientale.

È in atto una rivoluzione strategica: l’avvento del nucleare ha reso insostenibile l’assioma che fino ad allora era stato fondamentale nella politica degli Stati, secondo il quale la forza militare era una condizione necessaria per sconfiggere il nemico. In questo processo è interessante capire quali sono i ruoli. La visione di Kissinger è unilateralistica: è l’America che conduce, l’attore di questo processo di pacificazione è l’America che si confronta con l’URSS, gli altri paesi sono solo di contorno, idea che una qualsiasi libertà concessa all’Europa possa essere un elemento di disturbo. Kissinger è preoccupato dall’ostpolitik, la politica tedesca sembra sganciarci dagli USA, ma col tempo Kissinger approverà questa politica.

Kissinger viene considerato un euro-centrico (nel ’73 annuncia l’Anno dell’Europa, progetto però destinato a fallire), è un conservatore. L’idea che la pacificazione possa andare oltre alla divisione in blocchi non è concepibile per Kissinger, in quanto il bipolarismo è fonte di pace. Il muro di Berlino deve rimanere, anche se va regolamentato. L’Europa non ha uno strumento nucleare, a parte la Francia. Kissinger stima De Gaulle, è l’unico americano ad apprezzarlo. L’Europa continua ad affidare la propria difesa agli USA. Kissinger sottolinea all’Europa il fatto che non possiede uno strumento difensivo e quindi la pacificazione avrebbe potuto avere un risultato pesante: non si può pensare ad una satellizzazione dell’Europa occidentale, ma l’URSS avrebbe facilmente potuto limitare la libertà europea. La ostpolitik si rivela alla fine coerente con le idee di Kissinger, in quanto mira anch’essa al riconoscimento dello status quo.

La politica di Kissinger teneva conto di presenze limitazioniste all’interno del Congresso, secondo le quali occorreva attribuire un limite chiaro all’azione americana, bisognava definire gli scenari periferici in cui non si sarebbe intervenuti, in realtà però non c’erano teatri periferici. La gestione della questione cilena (Allende viene destituito da un golpe, da qui si ha la deriva totalitaria del Cile; successivamente ci sarà l deriva totalitaria in Argentina) avviene in una logica bipolare. L’URSS continua ad inserirsi negli spazi vuoti lasciati dagli USA, anche in Africa dove, dopo la crisi portoghese, si inserisce in Angola. In questo caso si ha un contrapposizione tra l’URSS e il Sudafrica sostenuto dall’e occidente (in Angola c’è anche l’intervento castrista).

Allo stesso tempo è chiaro che il realismo di Kissinger e di Nixon porta con sé lo smantellamento dell’etica della politica estera: spregiudicatezza delle azioni americane, sostengono l’insostenibile, accettano realisticamente ciò che prima era considerato inaccettabile. Nell’ambito del processo di distensione è implicito anche questo: affermando lo status quo si legittima la divisione in sfere di influenza anche in altri territori. Non c’è nessuna volontà di arrivare ad una pacificazione che vada oltre al sistema dei blocchi. Lo spazio multilaterale è sempre più esiguo (vedi trattati di non proliferazione: lo strumento nucleare è saldamente nelle mani di URSS e USA).

Dotarsi di uno strumento anti-missili limitava l’efficacia della deterrenza: c’è una corsa a questo tipo di protezione. Gli accordi Salt  riguardano l’armamento strategico, vengono stipulati altri accordi sull’armamento tradizionale. Nel maggio ’72 vengono firmati gli accordi Salt:

limitazione dei sistemi di difesa;

convenzione che dovrebbe congelare il numero di missili intercontinentali;

accordi collaterali di cooperazione per lo sviluppo;

dichiarazione congiunta sui principi fondamentali: ognuna delle due potenze avrebbe evitato di ottenere dei vantaggi territoriali a scapito della controparte, è una dichiarazione d’intenti.

Si apre davvero un accordo di pacificazione che crea grandi aspettative.

L’Atto Finale di Helsinki

Anche l’Europa cerca una via verso la distensione. Nel ‘72 si arriva al CSCE, che nel ’75 porterà alla firma dell’Atto Finale di Helsinki sulla Sicurezza e sulla Cooperazione. La CSCE si muove coerentemente con questo processo di pacificazione: prevede il riconoscimento delle frontiere reciproche con il quale si chiude definitivamente il discorso successivo la Seconda Guerra Mondiale. Aderiscono a questi trattati diversi paesi: tutti i paesi dell’Europa orientale (a eccezione dell’Albania), Canada, Unione Sovietica e Stati Uniti. L’Europea occidentale agisce come attore unico.

L’Atto Finale di Helsinki si compone in tre parti:

  1. Non ci sarà né la minaccia né l’uso della forza tra le parti.
  2. Si avvia una cooperazione degli scambi commerciali, comincia un’apertura verso l’Europa orientale che col tempo avrà un peso sempre maggiore.
  3. Il terzo punto riguarda il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’URSS decide di firmare l’Atto Finale di Helsinki che contiene questo punto! Questo è un primo errore di sottovalutazione: questo principio teorico avrà poi un fondamento pratico. In Europa orientale nasceranno dei movimenti basati su questo punto.

Entrambe le parti vedono crescere dei dissensi al proprio interno. L’URSS deve far fronte agli stimoli che nascono da questo Atto, nasce una dissidenza più prudente ma per questo più duratura all’interno dell’Europa orientale. All’interno del sistema occidentale si teme che questa coesistenza pacifica indebolisca gli USA, si teme un suo ritorno aggressivo.

Nel ’74 Ford si avvia a negoziare la seconda parte degli accordi Salt, che dovrebbe basarsi su un principio di equivalenza numerica in termini di testate. È un ulteriore passo del processo di distensione. I Salt non verranno poi ratificati dal Senato americano. Il processo di coesistenza pacifica si va ad arenare, fase di stallo che si trasformerà in nuove crisi: invasione dell’Afghanistan da parte dell’URSS, politica più aggressiva di Reagan. 

21/01/2010

Seminario di approfondimento sui Balcani

Cosa sono i Balcani? Balcani è un errore o comunque è il risultato di un’errata concezione geografica e culturale durata per 2000 anni. La radice di molti problemi dell’Europa orientale (Balcani e Medio Oriente) odierna risalgono a 2000-5000 anni fa. I greci antichi avevano una concezione geografica del mondo basata sulla civiltà: il sud è civile (caldo), il nord è incivile (barbaro perché freddo). Era una divisione fisica. Il mondo era tagliato in due da una catena che proteggeva il sud civile dal nord barbaro. I romani parlavano, poi, della catena mundi che divideva e proteggeva. Questa catena mundi era qualcosa di sconosciuto, ma Alpi e Pirenei erano parte di questa catena mundi. Nell’Europa orientale essa era identificata con il monte Haemos che divideva parte della Tracia e che aveva a che fare con parte della Macedonia, gli odierni Balcani. Quando i romani capirono l’errore geografico di questa catena mundi, si continuò a pensare che i Balcani fossero divisi est-ovest da questa catena mundi. Errore che andrà avanti fino al 1808. Nel 1808 un geografo tedesco decise di chiamare la penisola orientale europea in penisola balcanica dal nome che i turchi-ottomani diedero a questa montagna. Questa divenne “vecchia montagna” e poi “balkan” = montagna bassa, brulla e spoglia.

Tecnicamente bisognerebbe chiamarla penisola orientale europea. Poi fu chiamata penisola ellenica, penisola slava,… gli furono dati dei nomi anche etnici. Il suo nome ufficiale fino al 1818 era Europa sotto il “dominio della famiglia ottomana”, poi si trova anche come Turchia europea o Europa orientale. Dove inizia e dove finisce? Non si tratta di confini geografici, ma di confini sociologici, etnografici, di civiltà. È evidente che il mare Adriatico, il mar Egeo e il mar Nero la delimitano. Il problema è il confine settentrionale. Chi è definibile come “balcanico”? Non abbiamo un limite geografico. Generalmente si dice che “Balcani” si indica il punto massimo di espansione dell’Impero Ottomano che porta in Europa alcune abitudini, alcuni modi di fare, da noi definibili come orientali, che non possiamo riscontrare in Europa occidentale. Adottando questo criterio offendiamo ungheresi, sloveni e croati che si definiscono Mitteleuropei. Non esiste un modo per definire un balcanico perché a tutt’oggi non è stata accettata una definizione univoca. Un popolo fiero di essere chiamato balcanico, forse l’unico, sono i bulgari perché si trovano nel mezzo dei balcani. I rumeni vogliono essere chiamati Europa del sud-est. I greci si definiscono europei. Gli albanesi non se ne curano. I serbi si definiscono balcanici ma non nell’accezione negativa che noi intendiamo.

Il termine balcanizzazione è un termine giornalistico francese risalente al primo decennio del XX secolo, si tratta di una frammentazione estrema di un territorio in modo violento. Le guerre balcaniche (1911-1912) sconvolsero talmente l’opinione pubblica che utilizzarono questo termine con un’accezione negativa.

L’adozione o meno di un nome ha una sua valenza politica. È evidente che se parliamo di Lubiana denominando con il suo nome tedesco vogliamo far passare un’opinione personale. Nei Balcani questo concetto viene assolutamente amplificato. Ciò vale per le città, per le montagne, per le valli, per i fiumi,… Ciò crea una confusione geografica perché non abbiamo una mappa attendibile dei Balcani fino al 1878. Le città venivano spostate di centinaia di chilometri (fino al 1870), si esploravano i Balcani come si esplorava l’Africa (fino al 1860). Quando, dopo il Congresso di Berlino, i potenti decisero di dividere i Balcani in zone d’influenza non furono facilitati dalle cartine geografiche. Solo nel 1876 abbiamo la prima cartina attendibile. Le mappe si fanno più precise con l’aumento dell’interesse per questa zona. Su quali fonti basarsi per denominare una città? Fino alla seconda guerra mondiale sono state le principali sfide di cartografi e storici. Ci si basa su fonti romane e greche. Il Medioevo ha coperto ulteriormente, così come la storia moderna. Abbiamo la terminologia greca, la terminologia slava e la terminologia ottomana (turca). Serbi, bulgari e greci spingevano perché nelle mappe si trovassero nomi di una particolare lingua (greci, latini,slavi o ottomani). Nei Balcani c’è una numerosa popolazione latino fona. Per i Balcani nasce la materia della cartografia etnografica. Un primo caso si ha nel 1836 con l’Europa poliglotta, ma i primi tentativi si ebbero con un boemo che per divulgare la presenza delle popolazioni slave in Europa pubblicò questa prima cartina dove lui dimostrava che in Europa orientale c’erano tanti slavi. Agli inizi del ‘900 determinate regioni della penisola saranno contese da più nazionalità. Ciò ci porta al discorso delle popolazioni balcaniche.

Quali sono le popolazione dell’Europa Orientale? Sono numerosissimi. Ci sono poi ideologie religiose che si definiscono etnie. Le popolazioni sono molto diffuse sul territorio. La prima grande popolazione dei Balcani erano i Traci. Tutte le questioni albanesi si basano sulla loro presunta discendenza dagli illiri. Perché ci sono così tante popolazioni? Perché l’Europa Orientale, rispetto all’Europa Occidentale, ha sempre fatto parte di Imperi multinazionali. Perché è rimasta ancorata al ‘300-‘400? Prima era abitata dai Traci, poi c’è l’Impero Macedone, poi i romani, i bizantini e gli ottomani. I polacchi hanno fatto parte dell’Impero russo, altre parti hanno fatto parte dell’Impero asburgico e altre all’impero ottomano. L’impero multinazionale favorisce e vuole l’emigrazione di popolazioni. L’impero multinazionale teme l’insorgere delle nazionalità.

Per Balcani si intende tutta la Romania, la Serbia, il Montenegro, l’Albania, la Grecia, perché lì c’era l’Impero Ottomano. Le coscienze nazionali qui nascono verso il 1820 per poi affermarsi alla fine del XIX. Sono la creazione di volontà esterne alla regione. La prima nazionalità che emerge è quella bulgara per volontà dei russi. Fino ad allora i Balcani si avvicinavano all’Europa Occidentale del ‘300: un imperatore (Istanbul o Costantinopoli), una Chiesa (Costantinopoli che, però, ammetteva altre religioni), una lingua (greca, la lingua della Chiesa). Sotto queste regole ferree avevamo le lingue nazionali: il serbo, il bulgaro, il romeno, il greco moderno,… Un bulgaro fino agli inizia dell’800 si definiva greco o cristiano per far capire che lui era una persona istruita, civile. Il pastore analfabeta parlava, invece, la lingua del posto. Con la nascita dello Stato greco nel 1830 le altre potenze europee, soprattutto la Russia, decidono di intervenire. Se il colto si definisce greco c’è il pericolo che tutti i colti aderiscano all’ellenismo. Occorre creare le nazionalità. Nasce la coscienza bulgara, quella serba, quella macedone e quella latina (rumena). Tutte queste popolazioni nascono per volontà esterna. Ci fu la necessità della creazione della lingua e, quindi, di una letteratura che desse dignità a questa lingua. I serbi, ad esempio, hanno sempre avuto una fortissima coscienza di sé da sempre. Uno, pur identificandosi come serbo, comunque si identificava in un ambito culturale molto più ampio dato dalla Chiesa ortodossa. Gli ultimi ad essere identificati furono i Valacchi. Tutt’oggi non si capisce chi siano. In molti casi occorreva definire le popolazioni nascenti. Erano fenomeni etnici o linguistici? I Valacchi dovrebbero essere un fenomeno linguistico e il loro stesso nome lo dice (persona che parla lingua di ceppo latino). I Valacchi nascono a Milano. Erano una popolazione celtica che abitava nei dintorni di Milano. Furono latinizzati da Cesare e cambiarono così radicalmente le loro abitudini che le tribù celtiche vicine quando parlavano di Volke intendevano traditori che si erano latinizzati. Volke si evolve in Gallia. Quando la Gallia venne latinizzata, i teutonici identificavano i galli in Volke. Questi termine passa dai tedeschi agli slavi. Da Volke deriva la Vallonia francese e il Galles. La Valacchia è una regione della Romania. I romeni quando diventarono una nazione ebbero delle pretese sulle popolazioni valacche a loro vicini (Morlacchi = pirati ferocissimi che attaccavano i veneziani; i Valacchi neri = zingari che parlano lingua latina). Il concetto cambia nel tempo.

Politica estera significa un’azione di uno Stato che coinvolge altri Stati e che corrisponde esclusivamente all’interesse di questo Stato e che automaticamente lede gli interessi degli altri. Se la politica estera non è finalizzata a questo interesse è pessima politica estera o non è politica estera. È un concetto molto chiaro nell’800. Sono poche meno una. Quando parliamo di Realpolitik è la politica chiara a tutti perseguita dalle potenze europee nel mondo e in Europa Orientale. Non doveva essere giustificata perché il governante perseguiva obiettivi di politica esteri né limpidi né eticamente giusti. Etica e religione esulano dalla politica estera. Nessuno li ha usati eccetto la GB che ne ha pagato il prezzo. Impero tedesco e Austriaco dicevano di fare politica estera per un ritorno economico, i britannici, avendo una popolazione alfabetizzata e una società democratica (l’opinione pubblica interna aveva un certo peso), dovevano giustificare la loro politica estera e l’hanno fatto talmente bene che a tutt’oggi si sentono gli effetti. I britannici dovevano gestire 3 aree: africana, indiana e orientale. In Africa i britannici sono andati per cristianizzare e civilizzare, in realtà ci andavano per i diamanti e per la canna da zucchero. In oriente non poterono adottare la stessa tecnica. gli arabi erano già civilizzati e avevano una loro religione. Politica e religione si scindono con la ragion di stato del ‘600. Gli arabi non l’hanno mai fatto. In Europa orientale sta accadendo ora. I britannici, in oriente, agiscono per l’etica (“I turchi sono pervertiti nell’animo”), bisogna aiutare le povere popolazioni che sottostanno ai turchi: gli arabi e i cristiani. Questi erano gli strumenti della politica. La Realpolitik si contrapponeva all’attività diplomatica britannia.

I Balcani vengono definiti etnograficamente: Valacchia e Moldavia, principato di Serbia, di Montenegro e lo Stato greco. Erano entità etnografiche volute dalle potenze occidentali: Francia, GB, Russia, poi D e più tardi ancora l’Italia. Queste potenze decidono di spartirsi territori Europa Orientale perché turco dà segnali di cedimento. Viene meno il principio di intangibilità dell’Impero Ottomano. Nel 1867 la battaglia tra impero austro-ungarico e Prussia significa che l’Austria-Ungheria non può più andare a nord. Nel 1871 si ha la guerra franco-prussiana che definisce i nuovi equilibri europei. Definisce “definitivamente” i confini europei occidentali e apre la via all’Europa Orientale.

I grandi attori sono l’Austria-Ungheria, la Germania di Bismarck e la Russia. La Germania gioca a fare il grande mediatore. Poi, abbiamo la GB che resterà fanatica assertrice dell’intoccabilità dell’Impero Ottomano perché lei si muove per mare. Abbiamo gli accordi tra Austria e Russia: la Russia oltre che potenza protettrice di tutti gli slavi ortodossi dell’Impero ottomano avrebbe avuto rivendicazioni su zona danubiana, l’Austria su Bosnia, Albania e Macedonia. La Russia vuole arrivare a Costantinopoli dove il mare non ghiaccia. Chi non controlla il mare non è una potenza internazionale. L’Austria fino al 1914 punta al porto di Salonicco perché nel 1867 i prussiano gli avevano fatto capire che non si passava a nord, i russi avevano bloccato l’est e l’Italia bloccava l’ovest. È la prima Ostpolitik. Gli austro-ungarici non capiscono che vanno alterando l’equilibrio del 1866 tra austriaci e ungheresi. La Russia voleva le terre dell’Impero Ottomano. La scusa è quella dei cristiani oppressi dai musulmani. Ci sono pressioni fortissime russe che chiede di gestire in prima persona le popolazioni cristiana. Si attacca l’Impero Ottomano sulla base dei diritti civili. L’Impero Ottomano era teocratico come la Russia zarista e non riconosceva le nazionalità. Il primo censimento nella regione balcanica è del 1905. Gli ottomani rifiutano ingerenze occidentali con l’appoggio britannico. Nel 1876 si indice la Conferenze di Costantinopoli per sanare la situazione. La Russia è dominata dai “falchi” che vede il momento giusto per attaccare l’impero ottomano ed arrivare a Istanbul. La Russia chiede lo smantellamento di tutte le fortificazioni ottomane sul Danubio, pretende la cessione di diritti religiosi e politici ai cristiani dell’Impero e prevede delle rivendicazioni territoriali. Nel 1876 la Turchia emana la Costituzione ottomana che rende l’Impero Ottomano il Paese più avanzato costituzionalmente parlando dopo la GB. È una grave colpo per la Russia che non aveva una Costituzione. Scoppia la guerra russo-turca del 1877. I russi sono convinti che l’Impero ottomano stia crollando, ma in realtà rimane una forte entità statale fino alla fine. L’esercito russo è più organizzato e i russi arrivano vicino a Istanbul. Ciò provoca rottura equilibri trattato di Parigi del 1856. I britannici arrivano con le navi da guerra e minacciano di bombardare Istanbul se russi vi entrano. L’Austria temendo di perdere territori da lei desiderati entra in guerra. I russi vogliono lo stretto del Bosforo. Lo zar Alessandro III manda un telegramma ambiguo al granduca Nicola (futuro Nicola II). Sul telegramma c’era scritto di non entrare a Istanbul anche se tra le righe c’era scritto di entrarvi. Nicola si ferma a Santo Stefano  1877 Armistizio di Santo Stefano. L’Impero Ottomano ha perso la guerra e deve pagare 5.5 miliardi di franchi oro alla Russia. Viene creata la Grande Bulgaria che parte dal Mar Nero fino al Mar Adriatico ed era bagnata anche dall’Egeo. La formazione dell’esercito bulgaro era assegnata ai russi. Romania, Serbia e Montenegro indipendenti. Rettificazioni territoriali tra Montenegro e Impero Ottomano in favore della Serbia. La Romania cedeva Bessarabia (Moldavia)a Russia in cambio della Dobrugia (foce Danubio)ex- Impero Ottomano. Ciò non piace né a GB né ad Austria che si vede privata di parte occidentale, territori verso Salonicco che diventa russo. GB non accetta trattato e Austria minaccia azioni militari. Bismarck indisse il congresso di Berlino per definire la questione orientale. L’interesse di Bismarck era contrapporre Austria e Russia sul territorio balcanico che, così, non avrebbero pensato alla Prussia e si separava la Francia dalla Russia. 13 giugno 1878 Congresso di Berlino in cui si affrontano le questione orientale. Si vuole regolamentare la vita politica in Europa Orientale. Vengono prese decisioni globali:

Romania, Serbia e Montenegro diventano da autonomi (sotto controllo Ottomano) a indipendenti

Romania cedeva Bessarabia a Russia in cambio della Dobrugia  controllo dello sbocco del Danubio

Serbia avrebbe avuto rettificazioni territoriali con Impero Ottomano

Montenegro avrebbe avuto rettificazioni con Impero Ottomano e due porti di Antivari e Dulcigno  sbocco al mare

la Serbia acquisisce la città di Niche (attuale Kosovo)

la Grecia ha un’opinion pubblica aggressiva e politica estera sviluppata. I greci avevano attaccato impero ottomano. GB interviene (amico della Grecia) e le chiedono di non intervenire. I territori gli saranno garantiti ugualmente. L’opinion pubblica greca si scandalizzò e fece cadere il governo. si creò un governo ecumenico che dichiarò guerra all’Impero Ottomano che aveva appena concluso trattato con russi. GB aggiusta le cose convincendo Turchia a non attaccare. La Grecia, in nome della razza, chiede la Tessaglia e l’Epiro (compresa parte dell’Albania). Gli austriaci non sono d’accordo. Alla Grecia viene data solo Tessaglia

l’impero Ottomano si vede decurtare alcune regioni in Europa, condonare da parte della Russia il debito in cambio di due distretti nel Caucaso. Inoltre, viene obbligata a concedere le famose libertà religiose ai cristiani dell’Impero e ad applicare il regolamento organico del 1868 soprattutto all’isola di Creta

questione bulgara: la Bulgaria viene divisa in tre parti  la Macedonia (sud Balcani fino al Kosovo), la Romelia orientale e il Principato di Bulgaria

la macedonia torna ad Impero Ottomano

la Romelia orientale (in realtà sarebbe Tracia; citano fonti bizantine per definire il territorio = scarsa conoscenza del territorio) rimane sotto l’Impero ottomano ma ha governatore cristiano, scelto dal sultano e approvato da grandi potenze (dai Balcani ai Rodopi)

il principato di Bulgaria (dal Danubio ai Balcani) sarebbe diventato autonomo retto da un principe cristiano sotto controllo russo  Alessandro di Battenberg parente della zarina

I popoli arabi da sempre chiamano l’Europa Rum = Roma. L’impero ottomano chiamava i suoi possedimenti europei rumeli. Dal momento che la Bulgaria del sud erano gli ultimi territori rimasti dell’Impero ottomano ecco il nome Romelia Orientale.

Dal congresso di Berlino esce il grande scontento: la Russia che ha vinto un guerra e non ha ottenuto niente. La Bessarabia le era stata sottratta nel 1812 da Napoleone e la Russia la intendeva una cosa sua. La Russia ci perde perché l’Austria-Ungheria si prende la Bosnia-Erzegovina in amministrazione. L’Austria prende in gestione le poste. La Bosnia resta territorio ottomano a tutti gli effetti. L’Austria gestiva solo le poste e la viabilità. Si era pensato di far valere questa cosa a tempo indeterminato, ma poi si dà una scadenza di 25 anni. l’Asutria avrebbe potuto eventualmente occupare militarmente il Sangiaccato di Novi Bazar (alla punta della Bosnia, posizione strategica in quanto separa Serbia da Montenegro impedendogli di unirsi). Sangiaccato è un termine amministrativo ottomano equivalente all’attuale provincia. Novi è parola slava, Bazar è parola iraniana che sta per mercato.

La Russia perde tutto e rafforza il suo nemico. Per l’Austria il prossimo passo sarebbero stati Albania e odierno Kosovo. La Russia punta tutto sulla Bulgaria. I bulgari diventano lo Stato più organizzato dei Balcani (la Prussia dei Balcani) e si disfano quasi immediatamente della protezione russa e nel 1886 si annettono con un colpo di stato fantoccio la Romelia Orientale. Ciò causa crisi internazionale perché greci si vedono alterati gli equilibri. Francia, Russia e GB impongono embargo totale a Grecia per tre anni. Greci capiscono e si arrendono.

La Russia non si era assicurata l’alleanza di nessuno ed è questo il grande errore russo. I russi vincono la guerra e perdono la battaglia politica. È ovvio che dopo lo accettano perché GB e Austria le si rivoltano contro.

Si parla di equilibrio perché c’è una fetta di torta da spartire l’Europa Orientale.

Al congresso di Berlino gli attori sono tre: potenze occidentali, impero ottomano e Stati balcanici il cui obiettivo è la creazione di uno Stato nazionale, ma il problema è la competa frammentazione dei Balcani. Il congresso di Berlino chiude una fase storica, ma ne apre una nuova. Austria-Ungheria altera i suoi equilibri etnici interni creano di presupposti per la guerra del 1914. La Bosnia diventa era provincia asburgica indipendente (c’era il viceré). La Russia era sconfitta. Gli austriaci impiegano un anno ad occupare la Bosnia. La Romania diventa regno nel 1881. La Serbia nel 1880 come il Montenegro. La Grecia arriva in Tessaglia nel 1880. L’Impero Ottomano non è quell’entità così debole.

La GB è l’outsider al congresso di Berlino perché tira fuori un accordo con il sovrano stipulato in piena guerra russo-turca (1878) che diceva che la GB si offriva come protettore dell’Impero Ottomano. Ciò significa protettore del sovrano che era anche il califfo  proteggono il massimo leader religioso del regno musulmano. I britannici avevano subito la rivolta dei Sepoi, musulmani indiani. Perché scoppia la rivoluzione dei Sepoi? Perché i britannici non capirono che avevano urtato la sensibilità religiosa. Avevano creato cartucce che erano fatte con grasso di maiale e grasso di mucca. Per rimediare si propongono come protettori del califfo. I russi quando attaccavano l’impero ottomano volavano attaccarlo per la via del Caucaso e aspettare i russi a Cipro. Nel 1878 la GB ottiene in gestione l’isola di Cipro in cambio dell’aiuto al califfo. Gli effetti sono il controllo della costa libanese, il controllo della situazione sui russi, il ritorno economico e il ritorno morale.

22.01.2010

Alessandro abdica a favore di Ferdinando, penultimo re bulgaro, poi ci sarà Boris II che regnerà fino al 1945.

Conseguenze trattato di Berlino. Fenomeno principale è che oltre alle potenze europee abbiamo anche gli Stati balcanici formati il cui scopo è formare lo Stato-nazione. Non si sa con che criteri e con che mezzi farlo. Quali sono i territori liberi dove espandersi? Territori dell’Impero russo, dell’impero austro-ungarico e territori riassegnati a Impero Ottomano (Albania, Macedonia, Epiro, Tracia). La Macedonia presenta un miscuglio inestricabile di popolazioni che non sanno bene cosa sono. La distinzione tra le varie popolazione è quella tra musulmani (= turchi) e cristiani. Gli Stati possono agire attraverso il metodo della lingua e il metodo della religione. Le lingue principali della regione erano: il latino (romeno, valacco,…), la lingua slava (bulgaro e serbo), la lingua turca, la lingua greca e la lingua albanese. Il greco era comunque una lingua franca, colta. Il serbo e il bulgaro si fondevano perfettamente in Macedonia creando tre lingue diverse. Per i bulgari sono bulgari così come sono serbi per i serbi. Gli stati balcanici attuano una propaganda. All’epoca era un legittimo strumento di politica estera (fino a seconda guerra mondiale). La propaganda di questi stati consisteva nella fondazione di scuole e nell’imposizione di uno o dell’altro rito nella celebrazione della messa. Il cristianesimo, quando si spacca tra ortodossi cattolici. Cesaropapismo: la Chiesa ha un ruolo subordinato nei confronti dello Stato (impero bizantino). Papocesarismo: la Chiesa prevale sullo Stato. Dopo la caduta dell’imperatore il patriarca sarà gestore degli affari dell’Impero Ottomano. Diventa una sottospecie di capo dello Stato e aveva una scorta armata. Era comunque anche capo della Chiesa ortodossa. Ciò creava problemi a Paesi non sotto gli ottomani. Il patriarca è il capo nominale della Chiesa ortodossa, ma per le questioni amministrative non ha voce in capitolo per la Chiesa ortodossa russa. Soluzione che verrà adottata da tutti i Paesi che si rendono indipendenti dal giogo ottomano. Nel 1870, grazie alla Russia, si crea un esarcato: creazione Chiesa autocefala bulgara, si crea prima dello Stato bulgaro. Per propaganda religiosa si intende che arriva il patriarca e celebra in bulgaro. Qui la Bulgaria può avanzare pretese. Agivano così anche i romeni, i serbi e i greci. Ciò era appoggiato dalle bande di briganti: chi si connotava con una determinata nazionalità. Erano membri dell’esercito nazionale dei Paesi esterni e andavano ad uccidere chi diceva di avere una determinata nazionalità. Inizia nel 1895 fino al 1902. I più attivi sono i bulgari. Nel 1902 fanno saltare in aria una nave francese, la sede della banca e delle poste ottomane e la fabbrica di energia elettrica a Salonicco. L’esercito ottomano compie un massacro in Macedonia. Le grande potenze intervengono accusando l’impero Ottomano che è costretto a liberare i detenuti. Questi danno vita alla rivolta di Sant’Elia repressa dall’esercito Ottomano che compie un altro massacro. Le potenze si decidono a risolvere la questione macedone. I tre imperatori maggiormente interessati di incontrano in un castello di Francesco Giuseppe e mettono in cantiere il programma di Munzech che regolerà Macedonia fino al 1908. Si istituisce un governatore generale della Macedonia, si crea la gendarmeria internazionale (ufficiali russi, tedeschi, austriaci, francesi, italiani, ottomani e truppe delle varie popolazioni locali della Macedonia rispettando le percentuali). Prima forza multinazionale. Il capo è il generale italiano De Giorgis che manda sia ufficiali dell’esercito che dei reali carabinieri che avevano già partecipato alla prima operazione di peacekeeping a Creta nel 1896 (la seconda in Macedonia nel 1904). La forza sarebbe stata gestita con le tasse della Macedonia. Ciò non piace all’Impero Ottomano dove si crea un profonda mutazione. Per la prima volta dall’epoca dei romani si ha coscienza a livello statuale della nazionalità. Si comincia a scindere l’ottomano dal turco. Ottomano ha la stessa valenza che noi diamo all’asburgico. Si creano i giovani turchi che all’inizio sono un movimento culturale che vuole liberare l’impero ottomano dalle ingerenze delle potenze occidentali e, a livello interno, dall’influenza religiosa. Vogliono creare uno Stato occidentale. Questo movimento si infiltra nei ranghi militari e nel 1908 abbiamo la rivoluzione dei giovani turchi che parte da Salonicco. Nell’arco di qualche giorno dilaga in tutto l’impero e viene deposto il Sultano Rosso, colui che nel 1878 abolì la costituzione ottomana del 1876. I giovani turchi, che si considerano ancora ottomani, vogliono risolvere le questioni interne partendo dal Congresso di Berlino. Cacciano la polizia internazionale macedone dai confini dello Stato. Pongono fine alle propagande degli Stati balcanici e decidono di sistemare le questioni in sospeso con Bulgaria e Bosnia-Erzegovina. Dal 1903 al 1908 l’Impero Austro-Ungarico, a livello di diritto internazionale, si trovava abusivamente sul territorio bosniaco (lo doveva gestire per 25 anni). i giovani turchi rimettono in essere la costituzione del 1876. Nasce il parlamento che deve avere i suoi deputati. Mandano un messaggio agli austriaci per chiedere i rappresentanti bosniaci. L’Austria si annette unilateralmente la Bosnia nel 1878 senza consultarsi con Germania e Italia (Triplice Alleanza), con i russi e dimostrando la scarsa importanza dei turchi. La Serbia se ne risente. La Germania invia un telegramma ad Austria per dire che la appoggerà per l’ultima volta. La Russia la prende come una questione personale. L’Italia, che ha interessi in Albania, vede l’insorgere di un grave pericolo, l’Austria si sta prendendo costa adriatica di fronte all’Italia, teme che arrivi a Corfù e possa chiudere il canale di Otranto. Gli italiani desiderano l’Albania perché l’Albania è l’altra parte del canale di Otranto. Nel 1909 Italia e Russia firmano gli accordi di Racconigi nel quale si impegnano a consultarsi nel caso di gravi disordini nei Balcani e si impegnano ad impedire ulteriori atti unilaterali. La particolarità sta nell’avvicinamento tra Russia e Italia. Nel 1909 viene formalizzata l’annessione della Bosnia da parte dell’Austria e in cambio questa cede il Sangiaccato all’Impero Ottomano per impedire ulteriormente il possibile avvicinamento tra Montenegro e Serbia. Diretta conseguenza della crisi bosniaca è la risoluzione della questione bulgara. I bulgari, con l’appoggio austriaco, sull’onda della crisi, fanno un congresso e il principe di Bulgaria si proclama zar dei bulgari. Si formalizza l’annessione della Romelia. Quest’entità da autonoma diventa indipendente. Il principe diventa re dei bulgari (si trovano anche fuori dalla Bulgaria). Abbiamo uno sconvolgimento degli equilibri sia livello nazionale che internazionale. Gli stati balcanici capiscono che non si può agire con la propaganda, ma si deve agire con la guerra. La propaganda non ha dato frutti perché la popolazione veniva maltrattata da tutti e non li appoggiava, anzi, nacque il movimento macedone. La scusa è la guerra italo-ottomana in Libia del 1911. Gli stati balcanici ne approfittano e creano, poco prima, la prima alleanza balcanica formata da Grecia, Serbia, Montenegro (mirava all’unificazione con la Serbia  Grande Serbia) e Bulgaria (1912). Si tratta di un’alleanza di tipo aggressivo con due scopi: aggredire l’Impero Ottomano e una coalizione tra gli Stati di modo che se Austria attacca Serbia gli altri aiuteranno la Serbia. Funzione aggressiva contro turchi e difensiva contro Austria. I russi sono arbitri dell’accordo. Gli stati balcanici sono piccolo e necessitano della Russia. Gli Stati balcanici vanno a battere nella zona d’influenza che Austria dice di essere sua. Nel 1912 scoppiano le ostilità. L’impero ottomano viene colto di sorpresa. I tre alleati sottovalutano l’Impero ottomano: conquistano le campagne, ma non le città più importanti. Non si lascia il tempo necessario perché interviene l’Austria minacciando ritorsioni prima di tutto contro la Serbia. Conferenza di Londra del 1912 dopo l’intervento britannico. Non porta ad alcun risultato perché le guerre portano destabilizzazione nell’Impero Ottomano: cadono i giovani turchi, il sultano riprende il potere, ma i giovani turchi lo uccidono e formano un nuovo governo dei giovani turchi più estremisti dei precedenti. A livello di alleati si creano i primi dissapori perché questi non si erano messi preventivamente d’accordo sulla spartizione del territorio. Alla fine si cerca, con la mediazione britannica, una soluzione. Dove arriva l’esercito lì si pone il confine (una delle regole più antiche). La Bulgaria forte della sua potenza militare e della sua efficienza amministrativa e della sua propaganda in Macedonia, decide di dichiarare guerra a tutti e tre i contendenti. Le va male perché greci, serbi, ottomani e romeni la attaccano. Dopo 4-5 giorni 4 eserciti si trovano a poca distanza da Sofia. Si indice una nuova conferenza, a Bucarest (Congresso di Bucarest)  trattato di Bucarest del 10 agosto 1913. Gli Stati balcanici avevano acquistato peso politico a livello internazionale e notorietà (il congresso si svolge a Bucarest). Si vengono a chiudere definitivamente tra gli Stati balcanici. Si formano i primi stati-nazione. La Bulgaria, perdente, non può rivendicare territori; la Romania si prende l’ultima fetta della Dobrugia ai danni della Bulgaria e si viene a formare il quadrilatero della Dobrugia; impongono alla Bulgaria la smilitarizzazione della loro parte del Danubio; piccole rettificazioni di confine tra Serbia e Bulgaria e Montenegro e Bulgaria; la Macedonia viene spartito tra Grecia (Macedonia greca odierna con la città di Salonicco conquistata tre ore prima dei bulgari + l’Epiro), Serbia (Kosovo e l’odierna repubblica di Macedonia).

Nasce la questione albanese. L’Albania era contesa tra austriaci, italiani, greci e albanesi. Per l’Austria era un passo verso Salonicco. Per l’Italia significava tenere aperto il canale di Otranto. I greci la volevano perché era abitata per metà dai greci. Gli albanesi volevano formare lo Stato nazionale (Regno di Albania nel 1913 formato grazie all’Italia che la conquisterà nel 1939). Creare uno Stato nazionale significava togliere di mezzo i greci e gli austriaci (forte azione di propaganda religiosa).

Resta da risolvere la questione della Tracia orientale e occidentale. Per Tracia occidentale intendiamo l’odierna Tracia in Grecia. Per Tracia orientale è oggi la Turchia europea. la Tracia occidentale era stata conquistata da bulgari, anche la Tracia occidentale, ma non arrivarono a Istanbul. Alla conferenza di Londra si era deciso che la Tracia occidentale facesse parte della Bulgaria. Istanbul era intoccabile dal 1694 perché era cosa della Russia. Quando la Bulgaria viene attaccata in contemporanea, gli ottomani riconquistano tutta la Tracia. Durante il trattato di Bucarest si pone un problema: hanno legittimazione (i turchi) di occupare la Tracia orientale, ma non quella occidentale. Chiedono a generali ottomani di creare Stato fantoccio (Tracia occidentale) che poi spontaneamente si sarebbe annesso a Turchia. I generali sono seguaci dei giovani turchi e quindi creano la prima Repubblica Turca (53 giorni) con una capitale. Lo Stato Ottomano, impaurito, li ha fatti ritirare per evitare di avere problemi. La Tracia occidentale ridiventa territorio bulgaro per occupazione e ratificato con trattato di Bucarest. Fino al 1915 continuerà ad andare avanti la questione sulla Tracia orientale. I bulgari si rivolgono alle grandi potenze che si limitano a passare la petizione della Bulgaria all’Impero ottomano, ma non fa nulla. La questione rimarrà in sospeso fino al 1915. I due Paesi alleati combattevano contro l’entente cordiale e i bulgari riconoscono l’appartenenza del territorio all’Impero Ottomano. (controlla occidentale orientale)

Il congresso di Bucarest chiude il Congresso di Berlino e apre una nuova questione. l’impero ottomano è stato posto fuori dall’Europa e i territori andavano spartiti. Si crea la questione d’Austria. Gli unici territori disponibili per costruzione Stato balcanico sono quelli austriaci. L’Impero Austro-Ungarico si è dimostrato debole se sembra che quei territori non siano più intoccabili. Ne esce, a livello di impressioni, una Russia molto forte.

Nuova alba della politica internazionale: la questione dell’Austria. Quando Bosnia è occupata da austriaci si alterano gli equilibri interni dell’Impero. Abbiamo tre grandi popolazioni: magiari, tedeschi e slavi. Le popolazioni slave dell’Impero salutarono le conquiste serbe della seconda guerra balcanica come grandi conquiste della razza slava. Ciò preoccupò l’Impero Austro-Ungarico. L’intellighenzia dell’Impero non volevano accettare la tripartizione dell’Impero (1916 Carlo II). A livello di Europa orientale si crea la questione d’Austria che scoppia con la prima guerra mondiale.

I due grandi trattati: Sèvres e Losanna. Regolano Europa e Medio Oriente. La prima guerra mondiale scoppia e termine in Oriente. I primi a chiedere l’armistizio sono i bulgari e subito dopo gli ottomani. Lo chiedono perché l’Impero Ottomano è stremato, ha retto bene le battaglie (1915 i britannici, forti delle loro convinzioni, decisero di invadere l’Impero con la campagna di Gallipoli, ci fu un fallimento totale dei britannici  Churchill, fautore di questa campagna, ebbe per sempre il timore dei turchi). L’impero ottomano si era comportato egregiamente, ma nessuno Stato europeo aveva le risorse per affrontare tale guerra. Nel settembre del 1918 venne firmato l’armistizio di Moudros (Grecia odierna). I britannici fecero in modo che i francesi e i britannici occupassero buona parte dell’Impero Ottomano prima di far firmare l’armistizio. Calusole

aprire stretti di Dardanelli e cedere fortificazioni a alleati

esercito ottomano dovevano consegnare tutte le armi

impero ottomano doveva consegnare apparato di comunicazione e trasporti

si impegnavano ad assicurare ad occupanti vettovagliamento e rifornimento

consegna ufficiali austriaci

rompere i legami con gli Imperi centrali

ritirare truppe da Siria, Yemen, Cilicia, Mesopotamia e Armenia

Per Mesopotamia si intende Iraq, Giordania, Cisgiordania e Libano (Siria storica). Condizioni dure che non furono rispettate. Agli inglesi interessava solo occupare zone di petrolio e controllare quelle zone. Il resto dell’Impero Ottomano fu lasciato a se stesso. Gli sbandati dell’Impero Ottomano si organizzano creato il nucleo della futura Turchia. Arrivare a Sèvres era difficile. Mentre per le questioni occidentali le questioni erano chiare (Alsazia, Lorena, terre irredente), non era chiaro quali terre dovessero passare all’Impero Ottomano. Successe che l’Impero Ottomano cadde (come nel 1799 con Napoleone). Le idee chiare ce le aveva la Grecia (anche la Bulgaria ma era stata sconfitta). Le idee chiarissime le avevano i britannici. Francesi e italiani non avevano le idee chiare.

Accordi di Sanremo (febbraio 1920), San Giovanni in Moriana e Says Picot. Negli accordi di Sanremo gli alleati decidono di aprire le trattative di Sèvres. L’ultima questione da decidere è il califfato. Da allora noi occidentali abbiamo creato una situazione che si è esacerbata negli anni. L’abolizione del califfato crea la nascita dell’estremismo islamico. Prima dell’inizio della conferenza di Sèvres, gli inglesi e gli altri, oltre ad abolire il sultanato, volevano abolire il califfato. Una delegazioni indiana andò da Lloyd George facendogli cambiare idea. Gli inglesi decisero di mantenere il califfato (abolito poi da Ataturk).

10 agosto 1920 – Sèvres. L’Italia si prende le regioni della Attalia e Iconion (Anatolia turca). Cilicia, Siria e Libano passano alla Francia. La GB si aggiudica la Palestina, il mandato della Mesopotamia, riconferma il protettorato in Egitto, mentre a Baghdad ottenne la via che portava alla Indie e tutti i pozzi di petrolio. La zona dei Dardanelli vengono smilitarizzata e internazionalizzata. I soviet russi avevano denunciato gli accordi di San Giovanni in Moriana e rinunciano a rivendicazioni della Russia zarista. La Grecia ottenne la Tracia orientale e Smirne salvo plebiscito da tenere entro 5 anni. L’Armenia indipendente e il Kurdistan autonomo. Il restante impero rinunciava a diritti su Egitto, Sudan, Libia e Dodecanneso e riconosceva protettorati francesi di Tunisia e Marocco. Il trattato fu un aborto perché gli alleati si ostinavano a trattare con chi non aveva potere (sultano), era una pura formalità. Il potere lo stava acquisendo il generale nato a Salonicco Mustafa Kehmal Ataturk. Fu il vincitore della battaglia dei Dardanelli e fu uno dei generali turchi a non essere mai sconfitto da alleati. Quando i britannici occuparono militarmente le regioni dell’Impero lasciarono l’Anatolia profonda (Ankara) libera. Lì incominciò la resistenza turca. Questi ereditano i principi dei giovani turchi e la differenza era che i giovani turchi volevano liberare l’impero ottomano dalla prepotenza occidentale, i turchi decidono che l’impero non ha più motivo di esistere e vogliono la creazione dello Stato turco. Questi ultimi erano dei rivoltosi per il governo ottomano perché non riconoscevano la figura del sultano. È Ataturk che deve controllare i turchi. In realtà avevano mandato una persona competente ad organizzare i rivoltosi che, dopo una serie di congressi, diventeranno il nocciolo della repubblica turca. Nel 1920 c’è il moribondo Impero Ottomano (si riduce a Istanbul) e lo Stato turco (repubblica turca che si stava formando). Al moment della firma del trattato del 1920 i turchi decidono di prendere la situazione in mano e approfittano di uno strabiliante errore politico-militare dei greci. In Grecia il re (Giorgio) muore e viene sul trono re Costantino. Era tedesco ed esautora il primo ministro (il Cavour greco che fece in modo che Smirne e Tracia passassero a Grecia). Quando i greci sbarcano a Smirne dichiarano guerra a Impero Ottomano per arrivare fino ai confini dell’ex Impero bizantino. Gli italiani si ritirano dall’Anatolia e ritirandosi consegnano le armi ai rivoltosi turchi. I francesi si ritirano dalla Cilicia facendo la stessa cosa. i turchi contrattaccano e sia ha il vero scontro tra etnie. Nel 1922 ha luogo la battaglia più lunga (3 giorni) alle porte di Ankara. Completa disfatta dei greci che vengono buttati a mare. Ciò porta alla presa di coscienza da parte degli occidentali che in Oriente qualcosa è cambiato. Si capisce che il sultanato non esiste più. Il trattato di Sèvres cessa di esistere perché non esistono più i protagonisti che lo avevano firmato.

Trattato di Losanna. Armistizio del 24 settembre 1922. Per un periodo turchi e greci si rifiutano di avere contatti tra loro con mediazione britannica. Il 13 ottobre i greci si siedono al tavolo e gli accordi si firmano il 15 ottobre

la Turchia acquista la Tracia orientale (Turchia europea di oggi)

le due isole dell’Egeo passano allo Stato turco

la Grecia conserva isole Egeo salvo Dodecanneso che resta all’Italia

la Turchia rinuncia a pretese (come Impero Ottomano), riconosce sovranità inglese su Cipro e, dopo 1100 anni si abolisce il regime delle capitolazioni

vengono condonati a Turchia debiti Impero ottomano

Il regime delle capitolazioni è la più antica forma di ingerenza negli affari dello Stato (finisce nel 1924). Le capitolazioni erano una specie di agevolazioni fiscali che l’impero bizantino aveva concesso a repubbliche marinare (Genova e Venezia). Con la nascita dell’Impero ottomano rimane il regime delle capitolazioni per mantenere il commercio (con franchi). Nel XIX secolo il regime economico diventa istituzione giuridica, amministrativa e politica. Cittadini stranieri che commettevano reati nel territorio ottomano dovevano essere giudicati da rappresentanti diplomatici dei loro Paesi. Nel XIX secolo ci fu una branca della giurisprudenza che trattò delle capitolazioni. La sua abolizione decretò la fine delle ingerenze occidentali.

In tempo di pace libero transito per le navi mercantili e da guerra a condizione che la quantità di navi verso il Mar Nero non superassero il numero delle navi dei Paesi vicini (argomento contro la Russia – 1^g.m. finisce 1920). In caso di guerra con Turchia neutrale. Libero transito mercantili e navi da guerra con limitazioni che si hanno in tempo di pace, ma se regola viene infranta da uno allora lo possono fare anche gli altri. In caso di guerra e con Turchia partecipante al conflitto: libero transito per mercantili neutrali, per non neutrali libero transito purché non effettuino contrabbando di materiale bellico (poteva sequestrarle). Libero transito per navi da guerra neutrali con stessa condizione di tempo di pace. Turchia poteva limitare passaggio guerre nemiche. Commissione per gli Stretti: GB, F, I, J, Bulgaria, Grecia, Romania, Jugoslavia e URSS, gli USA avrebbero avuto un rappresentante. Regole invariate fino al 1936 (accordi di Montrait).

Con Losanna si creano le condizioni della nostra epoca. I francesi creano il Libano. I britannici accettano la possibilità che gli ebrei potrebbero tornare nella loro terra natia (già nel 1916 con Balfour?). Divisione Giordania e Transgiordania. Viene meno la presenza in occidente dell’islam, almeno formalmente.

Il sultano, con la creazione della Turchia (24 luglio 1924 Losanna), non ha motivo di esistere come capo di Stato. Conserverà fino al 1927 il titolo di califfo. Nel 1927 viene invitato ad andarsene dalla Turchia. Oggi il suo discendente sarebbe califfo. La figura del califfo è l’unica a cui possono fare riferimento tutti i musulmani del mondo. Siccome non esiste tutti sono legittimati a dichiarare jihad dal momento che solo il califfo era legittimato a farlo.

Gli USA stanno cercando di evitare che l’Europa abbia una politica estera comune. Gli albanesi hanno forte Albania e Kosovo indipendente. L’unione tra le due è solo una questione de iure. Il Kosovo è composto da albanesi di Albania e albanesi del Kosovo che odiano i primi. I primi sono, però, più forti e indipendenti. Una grande Albania potrebbe essere destabilizzante per l’Europa perché non si sentono europei

 

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