Dispensa storia sociale dei media in Italia

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Dispensa storia sociale dei media in Italia

(dispensa del corso)

 

1. Perché una storia dei media (sui legami storia dei media/storia della società)

La diffusione dei mezzi di comunicazione di massa ha seguito un percorso parallelo al processo di sviluppo della società contemporanea. 

Una svolta importante - che non a caso si fa coincidere con l’inizio dell’età contemporanea - si ha a partire dal 1750 quando, per effetto della crescente industrializzazione, si andrà sviluppando una editoria di mercato su vasta scala, vale a dire un sistema di imprese commerciali che, utilizzando i metodi e le tecniche della produzione standardizzata di beni materiali, rende disponibili beni culturali (libri, quotidiani, riviste) per un pubblico potenzialmente ampio e diversificato. E’ questo l’inizio di un ininterrotto progresso tecnologico che porterà ad una ulteriore crescita dei media a stampa, alla nascita e allo sviluppo dei media elettrici e elettronici (radio, cinema, televisione), fino ai cosiddetti “new media” (dal computer a internet).

Ai percorsi di sviluppo dei media si accompagnano trasformazioni della società che investono i diversi ambiti della vita pubblica: la tecnologia (che incide sulla strutturazione e sulla circolazione dell’informazione), la politica e l’economia (l’agire delle imprese mediali è subordinato alle leggi dello Stato e del mercato), la struttura sociale (l’affermazione delle professioni dei media ridefinisce gli equilibri sociali), le mentalità collettive (che si formano anche intorno alle rappresentazioni dei media).

La storia dei media si è dunque, sin dall’inizio, intrecciata con la storia della società. Come ha sintetizzato G. De Luna: <<Nati insieme alla storia che raccontano, il cinema, la televisione e gli altri media racchiudono nel proprio Dna il mutamento, la trasformazione, la velocità delle innovazioni tecnologiche, tutti i fenomeni a rapido scorrimento che caratterizzano il nostro tempo>>.

E’ su questa base che si è sviluppata una letteratura scientifica sui rapporti tra i media e la storia – come si vedrà più avanti – che è giunta oggi a riconoscere i mezzi di comunicazione quali “parte essenziale dei processi costitutivi del mondo moderno”, “patrimonio indispensabile alla comprensione e all’interpretazione delle vicende della contemporaneità”, e in quanto tali fonti preziose per la ricerca storica.

 

2. Storia sociale dei media

Una storia che abbia al centro dei suoi interessi i media, quale fenomeno importante della vita sociale, è già di per sé una “storia sociale”.  Ma, da un punto di vista sociologico, la “storia sociale” dei media è qualcosa di più di questo. E’ una storia fatta non soltanto di tecnologie, apparati e prodotti, di vicende societarie e rapporti con le istituzioni, ma anche di mentalità e costumi, di abitudini e vissuti individuali, di immagini della società… Dunque, una storia che sia in grado di far emergere le modalità attraverso le quali i media hanno contribuito a trasformare la vita sociale: nell’esperienza della quotidianità, nei rapporti con gli altri e con l’altrove, nella definizione delle identità e dei comportamenti collettivi.

Per tutto questo è importante, in primo luogo, approfondire la storia dei singoli media, ricostruendone logiche e strategie comunicative, ruoli ed effetti sociali, nei diversi contesti politici, socio-economici e culturali, e in relazione allo stato del sistema comunicativo. In pratica, l’intreccio di variabili che di volta in volta ha caratterizzato l’attività comunicativa di un medium: il punto di vista dell’emittenza (rapporti con il potere politico, finalità riconosciute al mezzo, approcci nei confronti del pubblico), i caratteri della programmazione (educazione e cultura, informazione, intrattenimento), gli orientamenti del pubblico (percezioni del mezzo, gusti e tendenze, abitudini di fruizione, etc.). Studi di questo tipo costituiscono una base indispensabile per conoscere “il posto” occupato dal medium nella vita sociale, vale a dire che cosa ha rappresentato per i singoli individui e i loro vissuti quotidiani, come si è inserito nei contesti familiari, in che modo ha modificato il rapporto con gli altri e con il mondo, accompagnando di volta in volta la passione per la nuova tecnologia, l’evasione  in famiglia, il bisogno di informazione e di cultura. E, per questa via, portare alla luce i forti intrecci che nel tempo si sono andati creando tra la radio o la televisione e la società italiana. 

Una storia sociale così intesa, consentendo di individuare le condizioni e le modalità - non solo tecnico-organizzative ma anche politiche, economiche e culturali - attraverso le quali i media si sono sviluppati, potrebbe aiutare a comprendere meglio sia il passato della società sia il presente dei media. La possibilità di mettere a confronto epoche storiche, sistemi comunicativi, mezzi e funzioni della comunicazione diversi, e di osservare l’intreccio di fattori che in ogni epoca è alla base del cambiamento sociale, facilita la conoscenza di quelle logiche, di quei meccanismi, in base ai quali i media svolgono, in determinati contesti, un determinato ruolo. E porta così alla luce la potenziale molteplicità  - ieri come oggi - dei ruoli sociali dei media.

Guardare al passato per capire il presente, dunque. La storia sociale dei media si pone come prezioso contributo per la storia della società e come utile premessa per meglio analizzare il ruolo dei media nella realtà contemporanea.

 

3. Lo sviluppo degli studi

Il riconoscimento del valore storiografico dei media è il risultato di un percorso di studi che si è sviluppato, in Italia, soprattutto nel corso degli ultimi trent’anni. E con notevole ritardo rispetto ad altri paesi, se si considera che risalgono agli anni Sessanta del Novecento i primi volumi delle monumentali opere di A. Briggs e di E. Barnouw sulla storia del broadcasting rispettivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Se la stampa, grazie anche a un antico pregiudizio storiografico a favore del documento scritto, beneficia da tempo dell’interesse degli studiosi italiani, è solo a partire dagli anni Ottanta che si riconoscerà dignità di indagine, quale oggetto e quale fonte per la ricerca, ai media audiovisivi, come il cinema, la radio e la televisione.

Ad aprire la strada ad una storia dei media quale “area di studi relativamente autonoma” è stato un insieme di fattori: il progressivo imporsi dei media al centro del dibattito pubblico; l’apertura degli storici verso ambiti tematici, come lo studio della mentalità, della vita privata e quotidiana, della cultura materiale, che necessitano del repertorio documentario dei media; la parallela attenzione degli studiosi dei media - di sociologi e semiologi in particolare - per la dimensione storica, che ha favorito l’incontro tra le diverse discipline sociali.

Si è andato così costituendo un campo di studi ricco e diversamente articolato, che ha esplorato le implicazioni teorico-metodologiche del rapporto tra i media e la storia; utilizzato una vasta tipologia di fonti mediali (film, fotografie, programmi radiofonici e televisivi, canzoni…) per interpretare aspetti e momenti significativi nella storia della società italiana; ricostruito la storia di diversi media audiovisivi (il cinema, la fotografia, il teatro, la radio e la televisione). L’interesse degli studiosi, superata una prima fase di carattere politico-istituzionale, è andato poi “scoprendo” nuovi oggetti di studio, quali il pubblico, la programmazione, le professioni, le logiche delle organizzazioni mediali, che hanno marcato di un’impronta più sociale la storia dei media.

A fronte di un unanime riconoscimento del ruolo dei media come protagonisti - insieme ad altri attori - del cambiamento sociale, la storia dei media si configura tuttavia come un campo di studi caratterizzato da una estrema varietà dei contributi, e non ancora compiutamente definito dal punto di vista dell’oggetto di studio, degli approcci di indagine, degli obiettivi conoscitivi. A ricostruzioni generali dello sviluppo sociale e delle dinamiche evolutive dei media si uniscono approfondimenti su un medium in un dato periodo storico; a storie di singoli media e delle rispettive vicende istituzionali e editoriali si affiancano storie complessive dell’industria culturale e dell’intreccio di relazioni al suo interno; all’uso dei media come fonte per esplorare momenti significativi nella storia della società fa da contraltare l’enfasi sulla centralità dei media come oggetto di studio. In sostanza - al di là dei pregi e, in alcuni casi, dell’indiscussa originalità dei singoli contributi - manca un quadro unitario di riferimento cui poter ricondurre la molteplicità degli studi fin qui realizzati. E verso cui orientare anche i nuovi, possibili percorsi di ricerca.

Una storia dei media che non voglia limitarsi a studiare la società anche con riferimento ai media, o a studiare i media inserendo una qualche dimensione cronologica, richiede una maggiore integrazione tra gli strumenti concettuali e di indagine delle diverse discipline e una maggiore “congruenza” con la storia della società. Vale a dire, saper cogliere nella storia i fatti e gli eventi, le situazioni e i personaggi che in modo significativo abbiano interagito con l’attività dei media e possano contribuire a spiegarne caratteri, ruoli sociali, modalità di sviluppo.

Semplificando, occorre imprimere alla storia dei media un più incisivo carattere “sociale”, sulla base delle seguenti possibili linee di orientamento:   

  • porre al centro dell’attenzione le problematiche dei media, i loro specifici linguaggi e logiche di funzionamento, i loro modi di azione nel mondo sociale;
  • seguire l’evoluzione dei media in relazione ai cambiamenti politici ed economici, culturali e sociali di un paese; 
  • integrare i metodi e gli obiettivi della ricerca storica con una consapevole e sistematica attenzione per gli aspetti sociali, e più specificamente sociologici, della presenza dei media nella società;
  • mirare, in ultima analisi, ad esplorare in prospettiva storica i fondamenti dei legami, le interazioni, le interdipendenze tra media e società; o a mettere alla prova - per dirla con Ortoleva - i “nessi di reciproca influenza” tra i processi di mutamento nelle forme di comunicazione e i processi del mutamento socio-culturale.

 

4. Dimensioni del rapporto media-storia

(ovvero, in che modo utilizzare i media per raccontare la storia della società)

La legittimazione storiografica dei media si è articolata sinteticamente - per riprendere ancora e sviluppare le elaborazioni di G. De Luna - intorno a tre principali dimensioni del rapporto media-storia:

  • I media come “fonti” per la ricerca storica, in quanto testimoni diretti del loro tempo: l’imponente documentazione prodotta dai media nel corso del Novecento costituisce un deposito di memoria e di identità collettiva, che non si limita a confermare quanto già acquisito (valore illustrativo e esplicativo), ma produce ulteriori conoscenze (valore conoscitivo e interpretativo). Si tratta, tuttavia, di “fonti nuove” che richiedono di integrare la tradizionale critica delle fonti, basata sull’autenticità e l’esattezza del documento, con il vincolo di congruenza tra la fonte e l’oggetto della ricerca, ovvero la verifica della funzionalità del documento nel rivelare il mondo sociale che lo ha prodotto, anche al di là delle intenzioni dell’autore.
  • I media come “narratori” di storia, strumenti per divulgare la conoscenza della storia, secondo le proprie, specifiche modalità di linguaggio. Documenti sonori e visivi d’epoca, ma anche film, fiction tv e programmi giornalistici del nostro tempo, possono integrare la storia raccontata nei manuali o spiegata dagli insegnanti, facilitando la comprensione dei fatti storici con la forza evocativa dei suoni e delle immagini, e favorendo una più consapevole fruizione dei media.  
  • I media “agenti” di storia, vale a dire uno dei principali fattori delle trasformazioni economiche, politiche e socio-culturali. Come testimoni ed espressione del loro tempo, del passato e del presente, i media costruiscono memoria, definiscono identità e appartenenze, influenzano scelte e comportamenti collettivi. La capacità dei media di agire come forza storica è implicita nella loro duplice natura di strumento tecnologico e simbolico: quali tecnologie trasformano i modi di circolazione dell’informazione e di distribuzione della conoscenza; quali sistemi di rappresentazione veicolano idee, valori e tendenze che incidono sulle percezioni del mondo sociale, influenzano i comportamenti e contribuiscono a “costruire” realtà. Ciò che normalmente è il risultato dell’attività quotidiana e cumulativa dei media, si realizza nella sua forma più compiuta nei cosiddetti “eventi mediali”, non a caso definiti eventi di portata storica in grado di riunire simultaneamente una nazione o il mondo intero intorno ad un sistema di valori comuni.

 

5.Per una storia sociale dei media in Italia

Su tali basi, si prospetta come particolarmente efficace una storia sociale dei media in Italia. Le tappe di sviluppo del sistema dei media nel nostro paese attraversano e in parte coincidono con alcuni dei momenti più significativi del processo di costruzione della moderna società industriale. Il che sembrerebbe facilitare un approccio storico allo studio dei rapporti tra media e società, in particolare del ruolo svolto dai media nei processi di trasformazione della società italiana. Limitandoci ai media a più larga penetrazione sociale e maggiormente rappresentativi dello stato del sistema comunicativo, come la radio e la televisione, si possono distinguere sinteticamente tre grandi fasi nello sviluppo dei media in Italia.

La prima fase è individuabile grosso modo tra la metà degli anni venti e la metà degli anni quaranta: sono gli anni della radio, della monarchia e del fascismo al potere, di un’economia povera e di tipo agricolo. Il medium radiofonico è l’unico reale mezzo di comunicazione di massa (a causa della limitata diffusione sociale di altri media), è rivolto prevalentemente ad un pubblico “di massa”, è soggetto al controllo e alle manipolazioni ideologiche di un regime politico autoritario. La seconda guerra mondiale porrà fine a questo consolidato connubio tra radio e potere e aprirà la strada ad un periodo di grandi trasformazioni per la società italiana e per il sistema delle comunicazioni.

La seconda fase è compresa tra il dopoguerra e la prima metà degli anni settanta: nasce e lentamente si va costruendo la democrazia repubblicana; esplodono le istanze modernizzanti del capitalismo industriale, portando nuovo benessere economico ma anche crisi di crescita e grandi fermenti sociali; infine arriva la televisione, che afferma da subito la sua egemonia sugli altri media. La tv si appropria dei formati e delle tradizionali funzioni della radio, introduce nuove modalità di fruizione e, attraverso le immagini della società che veicola, si fa in qualche modo interprete dell’Italia che cambia. La radio è costretta a ricercare una ridefinizione del proprio ruolo, arrivando a proporsi come un mezzo per pubblici differenziati e per l’ascolto individuale. Radio e tv sono in rapporto di concorrenza/complementarietà, sono gestiti in regime di monopolio pubblico, e operano in un clima di competizione democratica per il potere.

L’ultima grande fase ha inizio dalla seconda metà degli anni settanta ed è tuttora in corso. Nel succedersi delle alternanze politiche, dei progressi economici che trasformano l’Italia in una potenza industriale, degli scandali politici e finanziari che segnano il passaggio tra prima e seconda Repubblica…, anche il sistema dei media è investito da una serie di innovazioni radicali. Il punto di avvio di tale processo si può individuare nella Riforma Rai del 1975, che porterà di fatto alla fine del monopolio pubblico sulle trasmissioni radiotelevisive e alla diffusione delle emittenti private locali e dei grandi networks televisivi nazionali. Si costituisce così un sistema radio-televisivo misto che diventerà negli anni sempre più complesso, per effetto della moltiplicazione dei canali, delle tecnologie diffusive (analogiche e digitali, terrestri e satellitari), delle modalità di accesso (libero e a pagamento). Il pluralismo comunicativo e l’elevata concorrenza tra i media porterà a ridefinire ulteriormente l’offerta di contenuti, il profilo dei pubblici, e i ruoli stessi della comunicazione, che a loro volta si moltiplicano e si differenziano.

Nelle tre fasi fin qui delineate confluiscono, in verità, tanti e tali cambiamenti da rendere ognuna di esse suscettibile di ulteriori periodizzazioni interne, che consentano di cogliere in maniera più analitica gli inestricabili legami tra la storia dei media e la società di cui è espressione. Basti pensare al ruolo centrale di mediazione svolto dalla televisione nella delicata fase di trasformazione dell’Italia in una moderna democrazia industriale. La nascita di un mercato nazionale di consumatori, le migrazioni interne e l’urbanizzazione, l’aumento della alfabetizzazione e della mobilità sociale...: la televisione è stata testimone e artefice di questi complessi fenomeni che, a partire dal secondo dopoguerra, hanno concorso a costruire la nuova identità italiana, contribuendo a diffondere nuovi modelli di vita, un linguaggio e una cultura comuni, e soprattutto la consapevolezza di far parte di una nazione. Il ruolo di integrazione sociale della televisione è stato reso più incisivo - anche rispetto ad altre istituzioni tradizionali come la famiglia, la scuola, la chiesa  - da un intreccio di condizioni quale non si è più ripetuto (il ritardo nella scolarizzazione di massa e i bassi livelli di alfabetizzazione, il boom economico che ha favorito la rapida diffusione del mezzo,  il regime di monopolio pubblico, etc.). 

In altri periodi di crisi e di cambiamento della società italiana, la televisione ha invece dovuto cedere ad altri media le sue prerogative di mediazione sociale: alla radio, ad esempio, che ha meglio saputo cogliere e dar voce alle ribellioni del mondo giovanile di fine anni sessanta; o alle radio e alle televisioni locali fiorite a partire dalla fine degli anni settanta, quando dai media pubblici non giungevano risposte adeguate alla crisi crescente della società (la protesta operaia, i nuovi movimenti giovanili, il terrorismo) e alle richieste di un maggiore pluralismo dell’informazione.     

Tutto questo per sottolineare come il caso Italia, prestandosi ad un’analisi del percorso dei media attraverso periodi politico-sociali e in contesti comunicativi significativamente molto diversi, si ponga a speciale angolo di osservazione delle reciproche influenze tra media e società. Un angolo dal quale provare a comprendere se e in che modo le trasformazioni della società abbiano interagito con lo sviluppo dei principali media di comunicazione. E se e in che modo - seguendo date strategie di programmazione, introducendo nuovi rapporti con il pubblico, rappresentando una certa immagine del mondo sociale… - radio e televisione abbiano espresso le istanze modernizzanti e favorito la loro effettiva penetrazione sociale.

Già le prime stamperie apparse tra il XV-XVI secolo operavano come imprese commerciali organizzate secondo modelli capitalistici; ma soltanto più tardi, in particolare nel corso del XIX secolo, si creerà un’industria  dei media di grandi dimensioni, grazie soprattutto alle innovazioni tecniche, che incideranno sulle capacità produttive, e all’aumento della popolazione urbana e dell’alfabetizzazione, che favoriranno l’espansione del mercato di consumatori. Cfr. J.B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna: Il Mulino, 1998. 

 

G. De Luna, La passione e la ragione. Fonti e metodi dello storico contemporaneo, Firenze: La Nuova Italia, 2001, p. 125.

A. Briggs, The History of Broadcasting in the United  Kingdom,  4 voll., New York-London: Oxford University Press, 1961-1979; E. Barnouw, A History of Broadcasting in the United States,  4 voll., New York-London: Oxford University Press,  1966-1975.

I primi interessi degli storici per la stampa e il giornalismo risalgono almeno alla fine degli anni Sessanta, con le iniziative editoriali del Centro Pestelli e di Laterza. Si veda in particolare: G. Lazzaro, La libertà di stampa in Italia, Torino: Centro Pestelli, 1969; V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Bari: Laterza, 1970. Tra il 1976 e il 1980, Laterza pubblicherà anche la serie in 6 volumi, a cura di V. Castronovo e N. Tranfaglia, sulla stampa italiana dal XVI al XX secolo. La legittimità riconosciuta a questi studi, sin dagli anni Settanta, si deve alla loro derivazione da un approccio analitico consolidato come la storiografia politico-economica, che ha in parte orientato anche gli studi successivi. 

Già negli anni ’30, esponenti della cosiddetta “Nouvelle Histoire” come L. Febvre e M. Bloch cominciano ad allargare il territorio di ricerca dello storico alla “storia della mentalità” o alla “storia dell’immaginario”, ammettendo tra le sue fonti anche documenti non scritti e riconoscendo il valore del documento stesso non solo come prova oggettiva ma come possibile strumento di ulteriore conoscenza.

        Risalgono alla seconda metà degli anni Settanta, ed hanno carattere prevalentemente politico-istituzionale, i primi studi sulla storia della radio e della televisione in Italia: P.V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, 1975; F. Monteleone, La radio italiana nel periodo fascista, 1976; A. Monticone, Il fascismo al microfono. Radio e politica in Italia (1924-1945), 1978; A. Papa, Storia politica della radio in Italia, 2 voll., 1978; F. Chiarenza, Il cavallo morente. Trent'anni di radiotelevisione italiana, 1978; F. Monteleone, Storia della Rai dagli Alleati alla DC: 1944‑1954, 1979. La svolta in direzione di una storia sociale dei media, in cui convergono storici e sociologi, si avrà a partire dagli anni Novanta, con le ricostruzioni sull’ascolto radiofonico di G. Isola (Abbassa la tua radio per favore… Storia dell’ascolto radiofonico nell’Italia fascista, 1990; Cari amici vicini e lontani. Storia dell’ascolto radiofonico nel primo decennio repubblicano, 1995); le prime edizioni dei volumi di F. Monteleone (Storia della radio e della televisione in Italia, 1992) e di P. Ortoleva (Mediastoria, 1995); le antologie sui programmi televisivi di A. Grasso (Storia della televisione italiana, 1992, e Enciclopedia della televisione, 1996);  gli sguardi d’insieme sull’industria culturale (D. Forgacs, L’industrializzazione della cultura italiana (1880-1980), 1992; F. Colombo, La cultura sottile. Media e industria culturale in Italia dall’ottocento agli anni novanta, 1998; M. Morcellini (a cura di), Il MediaEvo. Tv e industria culturale nell’Italia del XX secolo, 2000; infine, i lavori sul cinema di G. P. Brunetta (Storia del cinema italiano: 1895-1993, 4 voll.,1993). Da ricordare nche gli studi più orientati in senso metodologico (P. Sorlin, L’immagine e l’evento. L’uso storico delle fonti audiovisive, 1999; G. De Luna, L’occhio e l’orecchio dello storico. Le fonti audiovisive nella ricerca e nella didattica della storia, 2000; G. De Luna, La passione e la ragione, 2001). Ma molti altri sono i contributi che, tra ricostruzioni generali e approfondimenti su aspetti specifici, hanno alimentato la letteratura sulla storia dei media, anche nei più recenti anni duemila. 

Ortoleva ha proposto una storia dei media che, coniugando i modelli interpretativi di diverse discipline, intrecci tre livelli di analisi: i generali processi di trasformazione sociale e culturale, le dinamiche interne del sistema dei media, l’evoluzione dei singoli media. E ha sottolineato, in particolare, l’utilità di studi che focalizzino non sul singolo medium ma sulle relazioni tra i diversi media. Un’idea ambiziosa, per la quale ritengo però si debba procedere per gradi, a partire proprio da approfondimenti, in una più incisiva prospettiva di storia sociale, sui singoli media. Cfr. P. Ortoleva, Mediastoria, 2002, cit., in part. pp. 297-299.

 

  Gli eventi mediali sono una particolare categoria di trasmissioni televisive, che punta a mettere in scena, rielaborandoli e reinterpretandoli, eventi eccezionali tratti dal mondo reale, quali competizioni sportive o politiche, matrimoni o funerali di grandi personaggi, conquiste del mondo scientifico e culturale. Costituiscono un genere comunicativo in cui si dispiega al meglio il potere dei media di trasformare la società. Si veda: D. Dayan e E. Katz, Le grandi cerimonie dei media. La storia in diretta, Bologna: Baskerville, 1993.

 

Fonte: http://www.didatticacoris.uniroma1.it/materiali/13.13.4562_1%20Dispensa%20storia%20media.doc

Sito web da visitare: http://www.didatticacoris.uniroma1.it

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