Stregoneria nel mondo nel medioevo incantesimi

Stregoneria nel mondo nel medioevo incantesimi

 

 

 

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Stregoneria nel mondo nel medioevo incantesimi

LA STREGONERIA
La stregoneria è l’insieme delle pratiche tese a influire sul reale facendo ricorso a poteri magici e mediante l’evocazione di forze soprannaturali. Spesso il termine equivale a magia, ma assume significati diversi a seconda dei contesti storici e culturali.
Mentre presso alcuni popoli la stregoneria venne praticata da stregoni o da sciamani a servizio della comunità (ad esempio per guarire le malattie, intervenire sui fenomeni atmosferici o fare da tramite con il divino), nel mondo occidentale questo termine venne usato prevalentemente in senso negativo, per indicare la magia nera, impiegata per recare danno alle persone.
LA STREGONERIA NEL MONDO OCCIDENTALE
Le origini
La parola deriva dal termine latino “strinx”, un uccello rapace notturno al quale si attribuivano poteri malefici. Nell’antichità gli accenni alla stregoneria furono numerosi, come nel Codice di Hammurabi o nell’Antico Testamento. Anche nelle tradizioni dell’Europa settentrionale si trovano racconti di individui accusati di compiere malefici attraverso filtri ed incantesimi, e addirittura di cibarsi di neonati.
Il Medioevo
Nel Medioevo la credenza nella stregoneria era diffusa in tutta l’Europa; questa era sorretta da leggende e da superstizioni popolari e spesso si accompagnava a riti pagani e a pratiche magiche che facevano ricorso ad erbe medicamentose.
Tali riti, anche se proibiti dalla legge, erano molto radicati all’interno della popolazione, soprattutto nelle campagne; i casi di severa repressione di questi riti furono tuttavia rari fino al XII secolo.
La situazione cambiò verso la fine del XIII secolo, quando la stregoneria cominciò ad essere considerata come un’opera del diavolo e si diffuse la credenza nel “sabba”, cioè la riunione periodica di streghe e stregoni caratterizzata da omicidi rituali e atti di adorazione a Satana. In seguito, verso la metà del secolo successivo, si arrivò a considerare la stregoneria come una forma di eresia, della repressione della quale avrebbe dovuto occuparsi l’Inquisizione.
L’Inquisizione
L’Inquisizione (termine latino che significa ricerca della malvagità eretica) è una giurisdizione ecclesiastica contro gli eretici, istituita nel 1231 da Gregorio IX ed esercitata dagli inquisitores che venivano scelti prima unicamente tra l’ordine dei frati Domenicani, poi anche fra l’ordine dei Francescani.
Durante il Medioevo gli inquisitori e le Corti di giustizia dovevano giudicare con spietata severità (ad esempio la condanna di arsione sul rogo spesso preceduta da altre forme di tortura durante il processo) gli accusati di eresia e di altri delitti che venivano ritenuti dannosi nei confronti della Chiesa.
Nel 1478 Sisto IV istituì l’Inquisizione di Spagna, un vero e proprio tribunale rivolto contro gli Ebrei, i Marrani (Ebrei convertiti al cristianesimo), i Moriscos (Maomettani anch’essi convertiti al cristianesimo) e i Protestanti.
I metodi dell’Inquisizione furono molti e molto spietati: gli inquisiti, gran parte dei quali erano donne, erano sottoposti a violenze fisiche e psicologiche e dopo il processo erano nella maggior parte dei casi condannati al rogo. Le donne accusate di stregoneria erano obbligate a presentare una zona del loro corpo, completamente insensibile al dolore, che era considerata il loro distintivo e nella quale poteva essere fatto loro ogni tipo di tortura.
I processi alle streghe
La repressione si fece più dura durante il XV secolo a causa dell’approvazione di una bolla pontificia emanata nel 1484. I processi, che si susseguirono per oltre due secoli, aumentarono di numero e di frequenza durante il periodo di diffusione della Riforma Protestante e vennero estesi anche ai paesi americani che aderirono a questa religione. Un esempio significativo è il processo di Salem durante il quale vennero accusate di stregoneria circa 300 donne, 30 delle quali vennero impiccate. Sempre per quanto riguarda la stregoneria in America possiamo ricordare un episodio avvenuto nel 1692; una ragazza americana, Sarah Good, venne accusata di stregoneria e processata; lei disse al Reverendo del suo villaggio che se lei sarebbe stata impiccata lui avrebbe bevuto del sangue. Lei venne impiccata due settimane dopo e la leggenda ci dice che questo Reverendo sia morto all’età di venticinque anni a causa di un’emorragia alla gola.
Gli studiosi hanno messo in luce come la persecuzione della stregoneria potesse essere originata da motivazioni diverse; da un lato la Chiesa temeva fortemente il distacco dal suo corpo centrale di correnti eretiche, dall’altro i processi avevano però anche ragioni economiche, dato che la condanna per eresia comportava anche l'esproprio dei beni; ma spesso erano anche determinanti interessi di carattere politico e desideri di vendetta personale.
Il documento che meglio rappresenta le teorie elaborate a sostegno della persecuzione è il “Malleus Malificarum” (1486), redatto da due domenicani, nel quale si elencano i numerosi malefici e le pratiche delle streghe. Già all’inizio delle persecuzioni si erano diffuse paure e voci contro queste credenze, che tentarono di spiegare gli atteggiamenti delle streghe come comportamenti provocati da sostanze allucinogene o da malattie nervose, ma solo nel XVIII secolo si arriverà ad avere un punto di vista razionale sull’argomento.
La simbologia della stregoneria
La stregoneria deriva quasi sicuramente da rituali pagani diffusi nella civiltà agricolo- pastorale e incentrati sulla lotta tra forze del bene e del male presenti nella natura. Ad esempio il diavolo si pensava avesse la forma caprina del dio Pan; oppure si credeva che il “sabba” venisse condotto da una figura femminile, la Signora del Gioco. Inoltre l’accoppiamento sessuale è spesso legato a molti riti propiziatori di fertilità e la metamorfosi animalesca era ritenuta una punizione temibile o un segno divino presso diverse culture.
UN ESEMPIO DI ACCUSA INGIUSTA DI STREGONERIA: GIOVANNA D’ARCO
Giovanna D’Arco era figlia di una famiglia di contadini; a tredici anni cominciò a sentire “voci celesti”, talvolta accompagnate da visioni dell’Arcangelo Gabriele, di Santa Caterina e di Santa Margherita. Agli inizi del 1429, quando gli Inglesi avevano quasi occupato la città di Orlèans, le voci la esortarono a correre in aiuto del Delfino, il futuro Carlo VII, re di Francia, temporaneamente estromesso dalla successione al trono a favore dei sovrani inglesi.
Giovanna si presentò alla Corte Reale come messaggera di Dio, presentando la sua missione, cioè quella di salvare la Francia. Dopo essere stata interrogata da un gruppo di teologi e dal re stesso, i quali si convinsero della sua buona fede, le venne affidato il comando di un esercito. Vestita da soldato e impugnando una bandiera bianca su cui era raffigurato Dio che benediva il fiordaliso (lo stemma reale francese), Giovanna, soprannominata la Pulzella di Orlèans) riportò una clamorosa vittoria sugli Inglesi.
Sebbene Giovanna avesse riunificato la Francia sotto il regno Carlo e avesse animato il sentimento nazionale francese, questa si sottopose ad altre campagne militari contro il nemico. Senza l’aiuto del Re, che aveva raggiunto i suoi interessi essendo stato incoronato, Giovanna nel 1430 portò avanti un’altra missione durante la quale fu catturata dai Borgognoni, che la vendettero ai loro alleati Inglesi; il re francese non intervenì in suo soccorso. Venne condotta a Rouen davanti ad un tribunale ecclesiastico e venne processata per eresia e stregoneria. Dopo quattordici masi di interrogatorio Giovanna fu accusata di atti illeciti e di eresia per aver indossato abiti maschili. Venne condannata al rogo e vi salì il 30 maggio. Venticinque anni dopo la sua morte la Chiesa riaprì l’inchiesta e Giovanna fu riconosciuta innocente. Nel 1920 Papa Benedetto XV la proclamò Santa.
Attualmente Giovanna D’Arco viene riconosciuta come eroina nazionale e santa protettrice della Francia, poiché riunificò il Paese.
L’OCCULTISMO
In senso stretto si intende per stregoneria la magia nera, ma il termine largamente usato per indicare tutti quegli interventi nella vita di un gruppo umano che tendono a dare il benessere (oppure il male) e a rendere propizie (oppure ostili) le forze naturali, sia per un singolo individuo che per tutto il genere umano. Alcuni aspetti della medicine primitiva, che agiscono a livello psicologico, riguardano la stregoneria nel senso più ampio del termine, per cui si differenziano dalle pratiche empiriche seguite dalle genti allo stato di natura: esistono individui specifici (medici- stregoni) che si occupano di questi aspetti particolari adottando un rituale tipico della stregoneria. Data la loro funzione di dominare le forze occulte, gli stregoni devono essere persone adatte nonché specificamente preparate allo scopo, spesso con un tirocinio lungo, duro e complicato; la loro funzione, quando è svolta nell’interesse della comunità, viene considerata come un sacerdozio e lo stregone viene punito se non svolge efficacemente i propri doveri; non di rado la professione viene conservata nell’ambito di un solo clan o trasmessa per via ereditaria. Poiché gli spiriti sono entità bizzarre e complesse, la stregoneria si deve avvalere di pratiche magiche e rituali, spesso incomprensibili agli occhi degli altri, che sono accuratamente determinati in funzione degli scopi e degli spiriti interlocutori: si hanno così rituali per ottenere l’aiuto nelle varie attività umane (agricoltura, caccia, pesca, commercio, artigianato), rituali per tutte le manifestazioni sociali (iniziazioni, guerra, migrazioni), rituali per le pratiche richieste dai singoli (malattie, viaggi, nascite). Al contrario della precedente, la stregoneria intesa come magia nera viene praticata al di fuori del gruppo umano e i suoi officianti non hanno funzioni sacerdotali: questi uomini (stregoni, fattucchieri) sono odiati e temuti e non di rado, se oltrepassano certi limiti, vengono messi a morte. Le loro pratiche, spesso dai profani confuse con le precedenti, si valgono esclusivamente della magia e del terrore , indotto con mezzi sia psicologici sia materiali (veleni, atti di violenza). A volte, i capi di un gruppo umano si valgono della stregoneria per motivi esclusivamente politici e in tal caso lo stregone assume le funzioni sia di sacerdote sia di consigliere; questo aspetto è frequente in quei gruppi etnici retti da re divini.
CURIOSITA’
Nel Medioevo venivano praticate delle forme di giudizio particolari e addirittura bizzarre; ad esempio il Giudizio della Bara, una forma di giudizio divino che consisteva nell’obbligare una persona sospetta d’omicidio a toccare il cadavere della persona uccisa da lui. Secondo la superstizione se il cadavere venisse toccato dall’assassino, esso avrebbe versato sangue.
Fonte: http://scuolareport.files.wordpress.com/2008/06/la-stregoneria.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Stregoneria nel mondo nel medioevo incantesimi e tipologie di stregoneria
Speciale: Il mito delle streghe
Il mito della strega
Il mito della strega nasce fin dagli albori del mondo. Storie di streghe venivano già raccontate prima, che fosse inventata la scrittura.
Molto probabilmente la prima maga, forse la più antica della letteratura, è la famosa "Maga Circe" che compare nell'Odissea... le streghe più famose della letteratura sono di certo le tre streghe del Macbeth di Shakespeare.
Nel medioevo però, per convinzione o ignoranza molte donne restavano legate alle vecchie credenze precristiane.
Il mito della strega dilaga tra il popolo, così, pratiche magiche relative alle tradizioni pagane antiche, continuarono a restistere ed a prosperare fra la gente comune e non…
Inizialmente le loro azioni furono tollerate anche perche' la magia nera era considerata solo una superstizione, ma con l'affermarsi di una dottrina ecclesiastica ben definita ( con la caduta dell' impero romano, il cristianesimo divenne a poco a poco la religione dominante in tutta Europa ), queste donne venivano sempre piu' considerate pericolose dalla Chiesa cattolica, che, convinta che queste credenze fossero ispirate dal diavolo, scatenò uno spietato attacco contro qualsiasi accenno di stregoneria o magia.
Così iniziarono le persecuzioni che si potrassero dal XV secolo al XVIII secolo.
Migliaia di donne, uomini, bambini e bambine... per non parlare degli animali furono torturati e giustiziati, spesso in base a false prove e accuse fabbricate.
Etimologia della parola strega
Megere mangia bambini, fatali donne sessualmente attraenti, misteriose creature della notte, pericolosi limiti fra il visibile e l'invisibile, sataniste dai morbosi gusti sessuali, fanciulle plagiate o vampire volanti le streghe sono sempre esistite nelle paure moderne e antiche. Altrettanto arcaica è però la loro accezione più ottimista: sciamane, prevegenti, curatrici, strateghe, sacerdotesse, donne-medicina, erboriste, illuminate, sagge.
Il termine italiano strega deriva dal latino strix, uccello notturno, che con il tempo divenne strega. Le streghe nella nostra cultura sono persone capaci di fare incanti, legature e fatture in grado di far piovere, nevicare o grandinare se non di piegare il volere delle persone a loro piacimento.
La parola witch, strega in inglese deriva invece da wicce, poi wicca, che significa saggia.
Quindi le streghe nordiche non sono prevalentemente incantatrici ma sciamane e consigliere, temute e rispettate magari ma sempre di buon augurio (in Irlanda si diceva che se le streghe ballavano il Sabbah su un campo questo avrebbe avuto buon raccolto, in Italia che le messi sarebbero bruciate o marcite).
Identikit della strega
Le prime, quelle dell' accezione italiana, affliggono e torturano gli esseri umani, le bestie, le mandrie con ogni sorta di crudeli tormenti esterni ed interni. E con bocca sacrilega rinnegano perfino quella stessa fede che hanno ricevuto con il battesimo. Hanno il sangue e le gengive blu, hanno i piedi a papera e odiano indossare le scarpe, portano grandi parrucche e cappelli in quanto sono calve, portano i guanti per mascherare le unghie lunghe. Esse sono esseri putridi e schifosi camuffati da donna che si aggirano per le case in cerca di bambini succulenti e ottimi da mangiare,..almeno così venivano definite.
Le streghe buone
Si diceva fossero belle donne o buone vecchine assai sagge ed esperte conoscitrici di erbe e rimedi naturali. Di loro si racconta che fossero ben disposte verso le fanciulle di animo buono e puro, alle quali confidavano segrete tecniche amorose, e che reagissero con ogni genere di dispetti solo se venivano in qualche modo offese. Donne mortali, entìtà fatate o Dee, le streghe apparivano in svaríate sembianze, a volte lacere e vestite di stracci, oppure indossando sobri ma graziosi abiti da contadine, oppure ancora vestite di abiti leggeri e colorati, gli stessi, sembrerebbe, che indossavano le Fate.
Come gli uomini di quel tempo ci descrivono queste donne?
Le streghe erano donne legatissime al Diavolo, che mandavano maledizioni e lanciavano fatture. Il loro mezzo di trasporto era la scopa, con la saggina rivolta in avanti ( e non dietro come le si rappresenta). Il loro animale era il gatto nero. In notti stabilite, come quella di Halloween, si riuniscono nei Sabba, diabolici congressi in cui le streghe ballano in cerchio prendendosi per mano oppure ballano in coppia. La loro bellezza venne col tempo sempre più negata, fino all'odierna idea di bruttezza, e le loro arti tanto confuse e fraintese che di loro non rimase altro che 1'immagine di vechie megere che volavano in groppa alle scope, che si trasformavano in animali e che passavano il tempo a mescolare strani intrugli in vecchi calderoni.
Gli arnesi della strega...
LA SCOPA
Il senso dell'uso della scopa da parte delle streghe che, come si diceva, erano le custodi degli antichi riti, potrebbe forse ricollegarsi a quanto la scopa rappresentava nei tempi antichi. Simbologicamente infatti essa era segno e simbolo di potenza sacra tanto che negli antichi templi spazzare il pavimento aveva il significato di pulire il suolo dagli elementi esterni intervenuti a sporcarlo e poteva essere fatto solo da mani pure. Nel caso delle streghe poi, essendo usata per volare altrove, poteva rappresentare anche il mezzo di collegamento tra i due mondi, quello profano e quello sottile e sacro. Anche nelle leggende alla scopa, al bastone e alla bacchetta, che parrebbe la stessa delle fate, erano attribuiti poteri assai grandi. In Valcamonica ad esempio, si racconta che le streghe conoscessero un incantesimo che trasformava le loro scope in cavalli e che sopra quelli raggiungessero la cima del Tonale ove tenevano i loro conciliaboli. Quand'erano tutte riunite si diceva fossero più di millecinquecento.
IL FAMIGLIO
Altrettanta importanza era data, nelle leggende, al "famiglio". Questi era un animale che accompagnava sempre la strega, a cui lei chiedeva consiglio, ed il loro rapporto era così stretto ed insolubile che la strega, a volte, poteva assumerne le sembianze e diventare lei stessa il famiglio. Tutte le streghe trattavano il loro famiglio con grande cura, senza contrariarlo od offenderlo, perché si diceva che quella creatura avesse poteri non di questo mondo e che senza il suo aiuto la strega si sarebbe ridotta a divenire un comune essere umano. La tradizione popolare vedeva i famigli come dei folletti a cui venivano di sovente attribuiti caratteri diabolici. Molte sono anche le leggende che raccontano di come le streghe sapessero assumere, a loro piacimento, aspetto animale. Le streghe, anche quando non erano viste direttamente in veste di animali, erano comunque considerate loro custodi, così come erano custodi di boschi, sorgenti, montagne e grotte considerate sacre e le proteggevano dall'invadenza umana, non risparmiando a tale scopo nessun mezzo. E' probabíle che 1'aspetto tremendo per cui sono ricordate in alcune leggende venisse assunto proprio per la difesa di ciò che per esse era sacro.
IL CALDERONE
Nelle antiche raffigurazioni, le streghe sono rappresentate accanto ad un misterioso calderone nel quale girano e rigirano un grosso mestolo e dove il fuoco arde dentro anziché fuori. In molte leggende si dice che, nel calderone, preparassero filtri e pozioni magiche i cui terribili ingredienti venivano spesso elencati con dovizia.
Le riunioni
Si riunivano segretamente in qualche luogo e si racconta che, per il resto del tempo, conducessero una vita del tutto normale come madri di famiglia e contadine. Le streghe si radunavano un po' ovunque. Molti sono infatti i laghi, i boschi, le caverne e i massi detti "delle streghe". Presso Esino (CO) si racconta di un bosco di noci in cui si radunavano le donne fatate per partire si cospargessero il corpo con unguenti dalle straordinarie virtù e recitassero formule magiche. Proprio perché le streghe erano ancora legate agli antichi rituali, vennero definite, da chi tali rituali non condivideva, come "donne possedute dal diavolo" e i loro gioiosi e misteriosi convegni come manifestazioni oltraggiose e peccaminose
Chi era l'uomo presente nelle riunioni?
Nei racconti relativi alle adunanze delle streghe si parla spesso, oltre che della presenza di animali, anche della presenza di una figura maschile innanzi alla quale esse danzavano e a cui rendevano omaggio. Tale figura assumeva spesso 1'aspetto di un caprone e ciò riporta alla mente quelle antichissime raffigurazioni rupestri dove una figura maschile con le corna è circondata da donne che paiono danzare. Per i cristiani poi, il personaggio maschile in forma d'animale divenne il Diavolo
Il sacrificio delle vergini
Si racconta che, le streghe andassero a caccia di prede belle, giovani e pure: fanciulle che venivano rapite dal mondo degli uomini per essere condotte in quello delle armonie, offrendo loro la possibilità di sacrificarsi, ovvero, nel senso letterale della parola, di "rendersi sacre".
I sabba delle streghe
Era opinione comune che i sabba fossero occasioni importanti, in cui le streghe incontravano il diavolo per adorarlo, ricevere istruzioni ed abbandonarsi a orge di ogni genere.
Migliaia di donne affermano di avervi preso parte, quando stavano invece dormendo nei loro letti. Le confessioni venivano estorte con la tortura.
Alcune donne confondevano le proprie fantasie e paure con la realtà, altre volevano vendicarsi di qualcuno. Spesso un'imputata era costretta a denunciare altre partecipanti al sabba.
Le descrizioni di ciò che vi accadeva erano molto varie, ma la sostanza era abbastanza costante.
Le streghe si recavano al sabba con mezzi dei trasporto magici, spesso a cavallo di manici di scopa. Giuravano fedeltà al diavolo, riferivano sulle loro attività malefiche, poi banchettavano, danzavano e si abbandonavano a licenziosità di ogni genere.
Pierre de Lancre, il grande cacciatore di streghe francese dell'inizio del XVII secolo, riportò molte descrizioni di feste orgiastiche nelle provincie basche. Lì le streghe praticavano anche il vampirismo sui bambini, violavano le tombe e divoravano i cadaveri. Altrove predominavano il sacrilegio e la bestemmia: le ostie venivano profanate in tutti i modi possibili.
Si riteneva che il sabba si svolgesse regolarmente il 31 ottobre, il 30 aprile e ognuna delle quattro festività pagane che erano assorbite nel cristianesimo. Il numero dei partecipanti era lasciato alla fantasia dei cacciatori di streghe.
Le streghe a Venezia non andavano al sabba, si limitavano a invocare il diavolo per ottenere l'amore. Perciò niente roghi o torture nei processi dell'Inquisizione, ma molte storie di vita quotidiana.
Cosa pensava la chiesa a riguardo della stregoneria
1)Gli stregoni rinnegano Dio
2) Adorano il Diavolo
3) Gli consacrano i loro figli
4) Gli sacrificano, nel sangue, i loro figli
5) Consacrano i loro figli a Satana quando sono nel ventre materno
6) Si pongono al servizio di Satana
7) Giurano nel nome del Demonio
8) Commettono incesti
9) Uccidono e fanno bollire le loro vittime per mangiarle
10) Mangiano gli impiccati
11) Fanno morire il bestiame e bruciare i raccolti
12) Sono schiavi del Diavolo
Nessuna religione, si è mai permessa di mettere in dubbio la possibilità che una o più divinità concedessero ad alcuni individui poteri "occulti" ma allo stesso tempo nessuna ha mai accettato l'uso di pratiche o rituali che non si confacessero a quelli comuni.
Vediamo quali furono I provvedimenti presi dalla Chiesa nei confronti della Stregoneria:
1) Uccide la gente, la massacra con la tortura, la brucia viva
2) Trasforma Dio in un Tribunale assassino, senza avere MAI avuto per le mani un riscontro tangibile di bambini sacrificati, di gente bollita o avanzi di essa.
Inquisizione
Le zone dove, tra il XV e il XVII secolo, si tennero più processi per stregoneria furono: Francia meridionale, Alpi occidentali italiane, Germania e Diocesi di Como; tutti luoghi che nel Medioevo erano stati interessati da fenomeni di eresia, e quindi da una forte attività degli inquisitori. In generale l'Italia meridionale venne toccata solo marginalmente dalle persecuzioni contro le streghe e forse per questo molte credenze e leggende sulla stregoneria sono arrivate fino ad oggi.
Fino alla seconda meta' del XII secolo l' eresia non era considerata un vero e proprio problema dalla chiesa. Questa infatti reagiva al problema tramite sistemi di repressione basati sulle presunte verita' predicate dalla religione cattolica. Nella seconda meta' del XII sec. , sotto la guida del papa, venne creata l' Inquisizione , ossia una misura di difesa da parte della chiesa atta a tenere sotto controllo " eresia " che stava dilagando tra il popolo mettendo in serio pericolo la posizione della chiesa cattolica.
Perchè si inquisiva una "presunta" strega
Acquazzoni con scariche di grandine erano attribuiti all'operato di streghe e maghi, lo stesso per le malattie del bestiame. Le antiche danze dei pagani nella foresta, la loro simbiosi con le forze della natura, i sabba cui si recavano per riunirsi, divenire tutt'uno con la terra stessa, il bacio all'ano del caprone poiché alla base anale è il Serpente Kundalini, le pomate per ungersi il corpo, le streghe che cavalcavano la scopa onde rappresentare il simbolo di erezione fallica creatrice , erano praticate nei rituali fatti dalle streghe. La gente iniziò ad accusare il proprio simile di stregoneria. Per un marito cornuto la vendetta più sublime era quella di raccontare al prete del paese che la propria moglie si era alzata di notte per recarsi al sabba e la poveretta veniva arrestata, torturata fino ad ammettere le proprie colpe e a trascinare altra gente innocente nell'inchiesta. Mica la perdonavano poi! La bruciavano in piazza davanti ai fedeli. Questo era il destino dei cristiani, di maghi e streghe vere, degli erboristi e degli scienziati.
Caccia alle streghe
In Italia nel 1400 vi è il maggior numero di roghi, ma la stregoneria si sviluppa ugualmente; a Como in 140 anni bruciano 30.000 streghe!
Per almeno tre secoli in tutta Europa le streghe portano le colpe di tutte le disgrazie del genere umano. A Ginevra ne muoiono 500 in tre mesi, a Wurtzburg 900, a Tolosa 400 con un solo processo, Remy, giudice di Nancy, si vanta di aver arso in 16 anni 800 streghe (è un giudice laico in concorrenza con gli ecclesiastici e quindi abile nell'ardere molti religiosi), in Slesia nel 1651 ne ardono 200, in Erbipoli 158 tra il 1627 e il 1629, Enrico IV fa 600 vittime solo nella provincia di Labour, ma è la Spagna che conosce le maggiori crudeltà.
Gia' papa Alessandro V , prima di Innocenzo VIII, aveva dichiarato che le streghe dovevano essere perseguitate perche' eretiche: ricordiamo l'eroina Giovanna D'Arco che parti' a capo di un piccolo esercito per salvare la citta' d'Orleans dall'assedio e che fu definita una strega perche' vestiva abiti da uomo e dichiarava di udire le voci di Dio e degli angeli.
A volte la condanna è immediata, si basa su un sospetto; in altri casi prima del rogo c'è il processo che si svolge con torture atroci che portano a due possibili sentenze: di assoluzione perché se l'accusata resiste è una santa o di accusa perché insensibile quindi sposa del demonio.
Una volta accusate per queste donne non c'era piu' scampo; esse venivano sottoposte ad un processo ingiustissimo che non dava loro nessuno spiraglio di salvezza.
Condanne e torture
Se la donna catturata era una donna dissoluta era accusata proprio per questo; se invece conduceva una vita onesta era accusata perche' le streghe erano abili a fingere e per nascondersi usavano simili trucchi.
Se durante le torture la donna era impaurita, questo era simbolo di colpevolezza, se invece restava calma era perche' la stava aiutando il Diavolo.
Insomma in qualunque modo la donna si comportasse c'era un motivo che la legava al Diavolo e ai malefici: doveva essere colpevole.
Note sono anche le torture che a queste donne venivano praticate: per farle confessare "bastava" strapparle i seni con delle tenaglie roventi ; si poteva verificare la loro natura anche immergendole per dieci minuti sott'acqua, se non affogavano erano streghe e venivano bruciate sui roghi.
Per stabilire la colpevolezza della strega l'inquisitore dispone di un'ampia tipologia di prove e presunzioni. Esistono numerose prove per stabilire se l'incriminata è veramente una strega. Una delle più usate è la prova dell'acqua. Diretta discendente dell'ordalia medievale, la prova dell'acqua è unanimamente considerata un mezzo infallibile per stabilire la colpevolezza dell'accusata. Tale prova consiste nell'immergere la presunta strega nell'acqua di un fiume, di uno stagno o di un canale, talvolta legata a una grossa pietra. Se la donna galleggia, significa che il demonio desidera salvare una sua adoratrice. La donna è dunque colpevole di commercio diabolico e viene subito giustiziata. Se invece l'accusata va a fondo e annega, allora viene ritenuta innocente.
Le torture inflitte variano a seconda del periodo storico e dei luoghi. Un esempio di tortura assurda era quella dell'acqua ingurgitata... l'accusata o l'accusato, incatenata mani e piedi ad anelli infissi nel muro e posata su un cavalletto, è costretta a ingurgitare più di NOVE litri d'acqua, e ancora altrettanti se il primo tentativo non risulta convincente, per un totale di DICIOTTO litri e mezzo.
Testimonianze
Processo alla Grosse Francoise
Sabato 5 giugno 1598, a Coiriéres, la figlia Louise di Claude Maillat e Humberte di Perdy che aveva otto anni venne colpita da un male alle ossa tanto che la bambina era costretta a camminare a carponi. Il male progredì ed i genitori si convinsero che la figlioletta fosse posseduta dal Diavolo. Venne chiamato un prete al quale la bambina dovette rivelare i grandi nomi di chi la possedeva. Cosa poteva rispondere la bambina ad un prete autoritario che le chiedeva dei nomi? Rispose che era posseduta da: Gatto, Lupo, Cane e Asino. Le fu chiesto allora chi le avesse infilato dentro questi demoni e la piccola rispose col nome di un'amica di famiglia: Francoise Secrétain, detta la "Grosse Francoise" di 58 anni. Venne subito arrestata, negò in maniera assoluta ma in seguito debitamente torturata per porre fine alle sue atroci sofferenze confermò tutto, anche di avere visto Satana in una gallina. Eccitato l'Inquisitore la fece pungere con aghi in tutto il corpo onde trovare il "Signum Diabolicum" cioè il marchio di Satana, una parte del corpo insensibile al dolore che gli inquisitore doveva scovare facendola torturare in tutte le parti più intime onde stabilire quale fosse la parte insensibile. Quand'era mezza morta senza più fiato per gridare allora la parte fu trovata. Inutile dire che fu anche bruciata viva.
CONDANNA AD Adrienne d'Heur
Come prova di queste torture, torniamo indietro nel tempo... ora siamo alla fine del 1645: Adrienne d'Heur di circa sessant'anni, vedova di Pierre B. , orafo di Monthèliard, vive di un piccolo commercio, ma il suo comportamento sessuale è giudicato anticonvenzionale. Sua madre e altri parenti sono stati sospettati di stregoneria. Il 10/08/1646 è condotta in carcere. L'interrogatorio comincia il 14 agosto. 32 testimoni depongono contro di lei. I giudici le domandano se crede all'esistenza delle streghe. La domanda in realtà è una trappola , se risponde NO significa di fatto negare l'esistenza del diavolo, in nome del quale agiscono le streghe, una risposta che sarebbe subito tacciata di eresia. Rispondere SI vuol dire suscitare immediatamente l'altra domanda: "Quali streghe conoscete e come le avete conosciute?". La donna risponde con molta prudenza affermando che, secondo le S. Scritture esistono e che sono persone che non pregano Dio, che fanno morire gli altri. "Pensa che le streghe uccidano i bambini?": "L'hò sentito dire ma forse è solo fantasia". "Possiede dei libri di stregoneria?": la donna risponde che non sa leggere , ma ammette di avere nella sua bottega un libro relativo alla streghe. Durante il primo interrogatorio l'accusata non versa una lacrima. Il secondo giorno commette una grave imprudenza: risponde che, se le trovassero un segno, riconoscerebbe di essere una strega. Il terzo giorno continua a negare. Dopo un giorno di interruzione, al quarto interrogatorio l'avvertono che se si ostina a negare si dovrà ricorrere alla tortura. Il quinto giorno la donna continua a sostenere la sua innocenza. Nei giorni successivi è messa a confronto con alcuni testimoni. I giudici le ingiungono di confessare i suoi delitti, che le vengono elencati:
1) L'improvvisa morte di un bambino che aveva ricevuto dalle sue mani un pezzetto di pane.
2) La fulminea cecità di un uomo, di una donna e di un bambino.
3) L'esaurimento del latte di una mucca.
4) La morte di un cavallo.
5) Il tentativo di un sequestro di un bambino.
6) Di introdursi di notte in alcune case, attraverso le porte sprangate, e di fare un baccano infernale.
7) Apparire ad alcune persone minacciandole.
8) Assumere le sembianze di un gatto.
L'accusata continua a dichiarare la sua innocenza e non vuole giurare il falso. Il 31/08/ 1646, nuda fino alla cintola, viene sottoposta alla visita e punta in ogni parte del corpo con una spilla d'argento, alla fine si trova proprio in mezzo alla schiena, un pò più in basso delle spalle, un punto in cui la spilla può essere conficcata senza che la donna manifesti alcun dolore, nè che esca una sola goccia di sangue.
La donna nega che sia il marchio di Satana. Venne sottoposta alla tortura. Con le mani legate dietro la schiena, sospesa per un quarto d'ora continua ad affermare la sua innocenza. Ma il due settembre dopo più di tre settimane di prigione e di sofferenza confessa spontaneamente di essere una strega, racconta di tutto pur che si smetta con le torture. Il due e il quattro settembre assiste alla lettura della sua confessione e la conferma. Condannata, viene giustiziata l'11 settembre.
Ritorniamo tristemente al mondo d'oggi e cerchiamo di capire... la confusione tra il sapere tradizionale e potere magico rendeva molto vulnerabili le donne che conoscevano le proprietà medicinali delle piante, e per quanto riguarda le torture, se l'accusato confessava sotto tortura, bisognava che rinnovava la confessione dopo 24 ore, in un luogo diverso; se questi ritrattava, allora era di nuovo sottoposto alla tortura.
Anna Marcaccioli Castiglioni, Streghe e roghi nel ducato di Milano.Prefazione di Fabio Minazzi. Milano,Thélema, 2000.
di Elena Urgnani
Le platee cinematografiche quest'anno si sono commosse di fronte al bel film di Paolo Benvenuti Gostanza da Libbiano, storia patetica di una povera donna, un'anziana contadina con conoscenze di erboristeria, accusata dall'Inquisizione di essere una strega e torturata senza pietà, fino a confessare ciò che non ha mai commesso pur di porre un limite alle sue sofferenze. La sua ammissione risulta tuttavia così incredibile, che l'inquisitore stesso dubita del risultato e decide di rimandarla libera, pur con la proibizione di esercitare la sua arte, e di continuare a risiedere nel villaggio.
Il film narra in effetti una della rare storie "a lieto fine" di questo tragico capitolo nella storia europea che fu la caccia alle streghe, un fenomeno che risulta difficile valutare, anche per la deliberata distruzione delle fonti storiche primarie. Così come altrove infatti, il grande archivio dell'Inquisizione dello Stato di Milano, un tempo conservato presso Santa Maria delle Grazie, fu consapevolmente dato alle fiamme, nel giugno 1788. Soltanto sporadicamente riaffiorano talvolta dagli archivi privati fascicoli che per un'imperscrutabile coincidenza di eventi erano stati "dimenticati" fuori dall'archivio. E' appunto il caso di questo fascicolo del Processus strigiarum, concernente la vicenda delle "streghe" di Venegono Superiore, interessante proprio per la "banale quotidianità" dei fatti che racconta, in questo caso infatti l'inquisizione non colpisce figure eminenti o intellettuali dissenzienti, ma donne e uomini del popolo, persone comuni. Come nota giustamente Minazzi nella sua prefazione, "questi scritti documentano analiticamente una prassi inquisitoriale che costituiva norma consuetudinaria in una società repressiva e intollerante, ma non ancora ristrutturata in senso decisamente controriformista".
Il 1520, anno in cui si svolge il processo, anticipa di alcuni decenni l'inquisizione moderna, quella che a partire da Sisto V diverrà la "Congregazione della Santa Inquisizione dell'eretica gravità", che avrebbe ristrutturato la tradizionale inquisizione medievale in nuove strutture centralizzate, più funzionali alla lotta contro l'eresia. In queste pagine è invece possibile riconoscere e ricostruire il funzionamento di un organismo di controllo sociale, politico e religioso che ha contraddistinto, nei secoli, la vita dei contadini cattolici in terra lombarda.
Il processo inquisitoriale si delinea dunque nei suoi elementi fondamentali: l'inversione dell'onere della prova, l'idea che l'accusato non abbia il diritto di essere giudicato dai propri pari, la segregazione e la tortura psicologica e fisica quale prassi procedurale, un iter giudiziario che non consente la difesa, poiché chiunque osasse difendere un sospetto sarebbe divenuto a sua volta sospettato.
Il libro si configura quindi come una sorta di resistenza attiva al revisionismo, dilagante in questo settore, che pretenderebbe di presentare un'improbabile inquisizione "dal volto umano", molto clemente e sempre evangelicamente indulgente, quando non addirittura baluardo a difesa della discrezionalità del potere civile. La pervasività di questa "nuova" vulgata edulcorata è del tutto visibile e scoperta nelle opere di contenuto didattico, destinate alle scuole, come il volumetto di Marina Montesano Le streghe (Firenze, Giunti, 1996).
Un'altra inquietante tesi viene avanzata nell'introduzione: quella di un perdurare nel nostro sistema giudiziario di alcuni meccanismi tipici del processo inquisitoriale, laddove per esempio il tribunale italiano ha reintrodotto nella sua prassi istituzionale il ruolo e la figura del "pentito", "una classica figura inquisitoriale, del tutto legata ad un ambito morale e personale che, in tal modo, contamina e stravolge l'intero iter giuridico del processo.
Quanto al libro vero e proprio, di esso vorrei notare innanzitutto l'estrema leggibilità, un pregio non da poco in questo genere di studi scientifici, resa possibile dall'agile organizzazione dei capitoli, brevi e sintetici, che inquadrano gli avvenimenti e sono premessi alla vera e propria ripubblicazione degli atti del processo: "Storia di quanto accadde a Venegono Superiore nel 1520", "Inquisitori e autorità ecclesiastiche e civili", etc. Alla accurata descrizione del fascicolo si accompagnano poi alcune schede monografiche, una per ogni protagonista di questo processo, che si chiude con la condanna a morte tramite il fuoco di sette donne, di cui sei vive e una morta. L'unico uomo accusato, figlio e fratello di una di loro, riceve una pena più mite: l'esilio. Per ognuna ed ognuno dei protagonisti vengono descritti lo stato sociale, le accuse e il comportamento tenuto durante il processo. In genere dagli interrogatori si evince che le donne si sono autoaccusate di tutto: principalmente di aver ucciso bambini, ragazzi, buoi, porci, e di averlo fatto "toccando" la vittima, ma vi sono anche altri crimini di cui si riconoscono colpevoli, essenzialmente crimini a sfondo sessuale, come essersi accoppiate a diavoli, a demoni e di avere partecipato ai sabba. In genere le donne dichiarano di essersi lasciate convincere dalla promessa di un uomo che da quel momento in avanti le avrebbe fatte "stare bene".
La prima chiamata a confessare era stata Margherita Fornasari, accusata con la figlia Caterina di essere strega ed eretica da un certo Giacomo da Seregno, da poco messo al rogo in quel di Monza per eresia e stregoneria. Da questo episodio era partita l'inchiesta che aveva portato l'inquisizione ad interessarsi di Venegono, una frazione piccola e marginale.
Margherita confessa subito tutto quanto le viene addebitato, con l'unica accortezza di non coinvolgere nessun'altra donna, né alcun altro uomo, ma il verbale del suo interrogatorio si chiude con la minaccia dell'Inquisitore, che le dà tempo ventiquattrore per pensare e confessare tutto, altrimenti minaccia di torturarla. Dai verbali degli altri interrogatori risulta che Margherita, da un certo punto in avanti, è morta. Come e perché non lo sappiamo, anche se è facile ipotizzare che sia morta sotto tortura. Dagli interrogatori veniamo anche a sapere che le "streghe" si servivano di un certo unguento, sempre lo stesso, che serviva sia per uccidere che per volare, e l'autrice dello studio si domanda come questo potesse accadere: "o le donne erano a conoscenza di antidoti che neutralizzavano il veleno contenuto nell'unguento e lasciavano agire solo la droga, oppure, come è più facile credersi, esse non uccidevano nessuno se non con la fantasia deformata dalle droghe che assorbivano attraverso le secrezioni vaginali.
Non sfugge all'attenzione dell'autrice come sia i sabba che gli incontri carnali con il diavolo fossero delle proiezioni evidenti di desideri che la realtà quotidiana della vita di queste contadine negava e reprimeva. E' questa un'osservazione che è già stata avanzata per altri processi alle streghe, ricorre ad esempio anche nel caso di Gostanza da Libbiano. Durante l'interrogatorio di Caterina Fornasari ad esempio traspare un bisogno di tenerezza e di dolcezza che è a suo modo toccante: richiesta dall'inquisitore se provasse piacere durante il coito con il demonio, e se tale piacere fosse simile a quello provato con suo marito, aveva risposto: "No, nell'atto vero e proprio provavo meno piacere di quanto ne provassi con mio marito, perché il membro di Martino non era né duro né rigido, come è quello di un vero corpo, e quando era nella vulva risultava freddo, mentre nei preliminari, negli abbracci, nei baci, nelle tenerezze e carezze d'ogni tipo, Martino mi procurava maggior piacere, perché lui mi dava l'illusione di prediligermi sinceramente e profondamente". Martino è il nome del diavolo seduttore che compare in tutto il processo, anche se a volte invece dichiara di chiamarsi Angelino.
Il sabba, che si svolgeva di norma una volta alla settimana, di solito il giovedì, era qualcosa che oggi - scrive l'autrice - sembrerebbe una scampagnata notturna, con finale in crescendo: "dopo aver mangiato, come esse ci raccontano, pane, carne di pollo e di maiale, e uova - che cocevano dentro caldaie durante la notte in mezzo alle radure - e aver bevuto del vino, il tutto portato da casa, esse ballavano e saltavano con i loro amanti, non trascurando di copulare". Però nei processi non troviamo traccia degli uomini che prendevano parte al sabba, nota la studiosa. Del resto, anche gli inquisitori erano convinti che fossero demoni, e pertanto sarebbe stato impossibile condannarli e sottoporli a un processo. "Non risulta che a qualcuno fosse mai venuto in mente che non di demoni si trattasse, bensì di uomini in carne ed ossa i quali altro non facevano se non spassarsela beatamente con delle donne pienamente convinte che fossero dei demoni" scrive la Marcaccioli Castiglioni, e si chiede "se mai uomo abbia avuto una copertura migliore di questa per sfuggire alle proprie responsabilità".
Perché le donne confessavano crimini che non avevano commesso? Certo per paura della tortura, e perché l'Inquisitore era prodigo di promesse di perdono e misericordia, qualora l'accusata avesse mostrato pentimento, confessando i suoi crimini. Nel Malleus Maleficarum vi sono istruzioni precise, anche se crude e ciniche, riguardo a queste promesse di perdono. I due autori, Heinrich Institor e Jakob Sprenger, a loro volta famosi inquisitori del secolo XV, si premurano di avvertire gli altri inquisitori che si può promettere perdono e clemenza, per carpire una confessione. Basta che, una volta ottenuta, l'inquisitore vincolato da questa promessa abbandoni il processo e al suo posto subentri un altro inquisitore, che non ne è vincolato. Così accade anche in questo processo, dove ad un certo punto a frate Battista da Pavia subentra l'inquisitore Michele d'Aragona.
E' degna di nota in questo contesto una donna, Elisabetta Oleari, che si proclama innocente dall'inizio alla fine, resistendo alle torture più tremende, le vengono perfino praticati esorcismi, lei sopporta fino allo svenimento ogni genere di tortura, ma non confessa. Forse sperava di riuscire a cavarsela in questo modo, ma anche questo fu inutile, perché in ogni caso la colpevolezza di Elisabetta era già ampiamente provata, secondo gli inquisitori, dalle testimonianze delle altre donne. Andrà rilevata per finire la ricchezza e la varietà del percorso iconografico che arricchisce questo saggio, che include disegni di Albrecht Dürer e di Leonardo, di Goya e di pittori contemporanei, oltre alle fotografie dei luoghi citati nel corso del processo.
Vorrei concludere con una proposta provocatoria: alcuni passi degli atti del processo (in latino con testo a fronte) si prestano bene, secondo me, ad essere usati come versioni ad uso scolastico. Se si riuscisse a portare nelle aule un po' della complessità e della problematicità che emerge da questo genere di documentazione, forse anche la didattica del latino potrebbe ritrovare un nuovo senso.
La 'caccia alle streghe' ha infuocato due continenti durante i secoli dell'età moderna.
La storia della 'caccia alle streghe' ha una periodizzazione finora rimasta indiscutibile.
Il primo periodo vede i confessori avvertiti dai vescovi mettere attenzione ai racconti di donne che parlavano di strani viaggi e di incontri con una donna superiore, la 'signora del gioco', dai molti nomi
Il secondo periodo inaugurato nel XVI secolo, con il Malleus Maleficarum vede invece la comparsa del diavolo nelle confessioni delle streghe. E su questo aspetto e sul rapporto sessuale con i demoni insistono gli interrogatori dei processi. Di qualsiasi genere siano le accuse queste sono provate nelle testimonianze e nelle stesse confessioni estorte con la tortura. Donne anziane e giovani sono accusate di essere un pericolo contronatura e una minaccia infanticida.
Brillanti uomini - come Montaigne - e donne influenti - come Cristina di Svezia - intervennero con scritti e parole per dire contro la persecuzione delle donne, contro la giustizia religiosa, poi civile, contro le credenze assolute che portava con sè. Nonostante questo la 'caccia alle streghe' in tre secoli raccolse migliaia di condanne al rogo a donne processate, considerate ree confesse sotto torture che i codici avvallavano e richiedevano.
E' trattato in uno studio di Ginevra Conti Odorisio il pensiero di Jean Bodin autore, nel XVI secolo, della Demonomanie. Testo scritto con il fine di correggere la debolezza dei giudici se latitava la fermezza a condannare un fenomeno ritenuto pericoloso alla saldezza dello stato.
La 'ragione maschile' volle reprimere un fenomeno chè rasentava i terreni del potere femminile: la ginocrazia temuta fino dai tempi di Aristotele. E' riconoscibile attraverso Bodin un'epoca ostile verso un eventuale potere, sia della donna- regina che della donna-strega.
Vale quanto afferma Milagros Rivera Garretas:
<<Tutte le società hanno forme di controllo del mantenimento dell'identità di genere di solito piuttosto rigide (la caccia alle streghe o la medicalizzazione del corpo lesbico costituiscono esempi estremi ma non rari)>>.
La ricerca storica sulla 'caccia alle streghe' ha avuto un notevole incremento da parte delle storiche soprattutto dagli anni '70. Antesignana della ricerca femminile contemporanea è Margaret Murray. Studiosa notevole nonostante che la sua tesi sulla persistenza fra le 'streghe' e 'stregoni' del culto del dio cornuto, un culto contadino, erroneamente identificato con il diavolo, sia stata criticata come inattendibile. (cfr. in N. Cohn, I demoni dentro. Unicopli, 1994).
Invece è la ricerca della storiografia femminista a mettere in chiaro il nesso fra l'amplificarsi della mentalità scientifica, la caccia alle streghe e l'espropriazione delle donne dell'esercizio delle cure mediche. Mi riferisco al testo che ebbe grande diffusione negli anni del femminismo degli anni '70 di Barbara Ehrenreich.. E' Luisa Muraro ( Le amiche di Dio, pag. 108) a dare notizia che << nel recente, decimo, congresso di Logica, metodologia e filosofia della scienza (Firenze, 19-24 agosto, 1995), Bigelow e K.Green dell'Università di Melbourne, hanno detto <<Ha qualche fondamento il sospetto delle femministe che vi sia un legame fra il nascere della scienza moderna e la persecuzione delle streghe>>. Fra le femministe l'autrice ricorda Evelyn Fox Keller, (Il genere e la scienza, Garzanti, 1987).
Luisa Muraro è autrice di uno dei primi studi italiani degli anni '70 sulla caccia alle streghe, La signora del gioco. Un testo singolare che oltre a contenere gli atti dei processi sollecita interrogativi inquietanti grazie alla scrittura e alla profondità dell'analisi. E' da questa lettura che la coppia vittima-oppressore prende parola attraverso queste donne condannate; riportandoci a contatto con l'elaborazione del potere maschile rimette in discussione i significati stabili della disparità sociale con quelli mai del tutto svelati della compartecipazione delle vittime alle richieste dei propri oppressori.
Ho raccolto i testi e i documenti disponibili sulla 'caccia alle streghe' in una bibliografia che non ha pretesa di completezza. Una bibliografia estensibile alla ricerca della sitografia
Esiste anche la tendenza 'revisionista' nella storiografia. La 'caccia alle streghe' è diluita in un'assenza di dati numerici e pur riconoscendo l'insormontabile realtà del fenomeno, l'attenzione di chi scrive di storia si concentra sugli aspetti etnografici, inserendo la presenza femminile in una casuale compresenza di fatti. Questa tendenza l'ha segnalata Elena Urgnani e l'ho ritrovata in Streghe Diavoli Sibille.
Le nozioni di base sulla 'caccia alle streghe' si trovano visitando gli ipertesti fatti dalle allieve e dagli allievi di alcune scuole medie e superiori linkati a Esperienze dalla scuola per la scuola. Sono interessanti e mi auguro che nel frattempo non siano rimossi dalla rete.
L'ipertesto Donne all'origine della storia moderna offre invece l'esame di alcuni libri dal quale abbiamo ricavato notizie e interpretazioni, speriamo utili per approfondire una parte della storia delle donne.
Nella sitografia ho raccolto i links.
I siti locali permettono di individuare i luoghi dove è avvenuta la caccia alle streghe in Italia ususfruire delle scarne notizie che offrono e individuare una storia in rete della 'caccia alle streghe' in Italia fra XV e XVII secolo.
Nei primi secoli dell'età moderna molti bambini morivano per "soffocamento da schiacciamento" e così spesso che si pensò a morti volute. Infatti i predicatori minacciavano dal pulpito i seguaci e esaminavano le coscienze dei mariti in confessionale.
L'infanticidio si ritrova in sentenze verso le donne e nelle punizioni nel Medioevo per le donne che avevano avuto figli illegalmente o accusate di fornicazione. In alcuni casi però le sentenze per infanticidio sono molto miti. L'aborto era stato condannato da Cherubino da Siena.
Erano comunque le donne responsabili della maggior parte degli infanticidi <<e furono condannate con frequenza crescente nel Rinascimento. La furia contro le infanticide si richiama, ed è legata, alla contemporanea 'caccia alle streghe'.
L'uccisione dei bambini era, dopo la stregoneria, la causa principale di sentenze capitali per le donne del Rinascimento... la vittima più probabile della follia contro le streghe era la donna anziana (mentre era la madre nubile la sospetta più probabile di infanticidio).
<< Le donne accusate di uno di questi due reati erano considerate responsabili di fronte alla legge. Altrimenti, nei codici penali di quasi tutte le nazioni, <<le donne non esistevano>>: altri crimini da loro commessi sarebbero ricaduti ancora per molti secoli sotto la responsabilità legale di padri e mariti. Il fatto che le donne fossero perseguibili in simili casi, perciò, segna perversamente l'emergere del soggetto femminile come criminale e come individuo legalmente responsabile>> (pag.13)
Più spesso le madri nella miseria abbandonavano i figli agli angoli delle strade, sul sagrato o sulla soglia delle case dei ricchi, a volte morivano questi bambini ma più spesso venivano "trovati" per diventare schiavi, servitori o prostitute, o figli adottivi.
Questa situazione spiega la piccola dimensione della famiglia povera e l'ampiezza della famiglia ricca, così come la vasta popolazione servile formata in gran parte da giovanissimi.
C'erano gli orfanatrofi come il celebre Ospedale degli Innocenti di Firenze aperto nel 1445 a raccogliere la prole abbandonata che, collocata nelle famiglie a servizio, sarebbe stata allevata e, le donne, a volte in cambio del nutrimento.
Molti bambini e più spesso le bambine morivano durante l'allattamento. Solamente chi nasceva in una famiglia molto altolocata aveva la balia in casa. Questo servizio era infatti molto costoso. Fra tutti i salari della servitù i più alti erano quelli delle balie con una disparità notevole di denaro. Quindi la maggior parte delle ricche famiglie cittadine mandava la prole in campagna a vivere. Questi piccoli esseri crescevano in un periodo di tre e anche più anni, curati nella famiglia della balia: prima allattati, poi svezzati e nutriti. Molte di queste creature non sopravvivevano
da Ginevra Conti Odorisio, Famiglia e Stato nella <<République>> di Jean Bodin, Giappichelli, Torino, 1999
Patriarcalismo e ginocrazia in Jean Bodin.
<< In ogni caso, a mio parere è importante tenere presente che il dibattito sui rapporti tra i generi e quindi anche sul ruolo e la funzione della donna, lungi dall'essere una querelle come generalmente viene considerata, oziosa, letteraria, costituisce invece uno degli elementi fondamentali del dibattito ideologico che accompagna ogni fenomeno di trasformazione sociale ed è indispensabile per comprendere il modello culturale su cui la società si fonda e i valori in cui si identifica>> (pag.128)
E' ciò che afferma Ginevra Conti Odorisio a conclusione del suo studio.
L'opera di Jean Bodin non è stata contemplata in altri scritti dedicati alla querelle. Invece le convinzioni di questo autore analizzate da G. Conti Odorisio acquistano un senso non trascurabile a spiegazione del patriarcato. Neppure si può trascurare l'importanza e la diffusione che ebbe l'opera di questo autore. Annoverato di solito fra i filosofi e gli studiosi del giusnaturalismo, oltre che fra i fondatori del pensiero politico moderno le sue opere, considerate così diverse, rilette da una donna sporgono su un universo di pensiero determinante per capire il patriarcato
Les six livres de la République (1) e la Démonomanie (2) sono le opere principali di Jean Bodin. La prima edita nel 1576, l'altra nel 1580.
Alcuni studiosi avevano individuato una enorme diversità fra le due opere. La prima interpretata come l'opera del teorico dell'assolutismo e delle leggi di natura, inventore del principio di separazione fra Stato e governo, la seconda come esito addirittura di sclerosi della mente del grande e coltissimo magistrato, teorico del diritto.
Infatti in Démonomanie Bodin si scaglia contro la stregoneria, individuata come un ostacolo messo dal diavolo contro lo Stato e verso il quale occorre la più ferma e violenta opposizione.
In Bodin le donne regine o streghe usurpano il potere maschile l'unico concesso dal Creatore al genere umano.
L'opera è scritta dopo l'esperienza di Bodin in veste di magistrato nella giuria che condannò al rogo Jeanne Harvilliers.
Ginevra Conti Odorisio nel quarto capitolo spiega dunque la continuità fra le due opere. L'equivoco nasce perché Bodin - in epoca di lotte di religione - esprime nella Rèpublique un punto di vista tollerante verso le diverse fedi religiose. Di fronte alla tolleranza espressa nella République, la studiosa si interroga e conclude che Bodin è convinto sia <<Meglio avere una religione, una qualsiasi, che non averne nessuna>> (pag.149)
Come scrive L.Parinetto in Streghe e Capitale (3) anche Conti Odorisio dice che << Bodin vuole reprimere una volontà di potenza usurpata al maschio, cui egli la riserva, <<in quanto unico padre e padrone>> però l'autrice si rifiuta di affermare che <<sull'antifemminismo prevale il fanatismo della monarchia assoluta>>.
L'aspetto centrale del pensiero di Bodin è - secondo l'autrice - la concezione patriarcalista della società <<troppo spesso confusa con l'ideazione che fa della famiglia la base della politica>> (pag.23)
Alla base di questo stato è la famiglia, in quanto espressione del potere dato da Dio al padre, preordinato, senza alcuna legittimazione, insieme al potere che esercita sulla donna; anzi Bodin lo dice chiaro: la famiglia non sostituisce né costituisce uno stato, ci vogliono, almeno per formarne uno, tre padri di famiglia.
<<L'importante è che esista la comunità familiare in cui il padre sia sovrano e la sovranità nella comunità pubblica […] Perché lo Stato è formato dai padri di famiglia ne consegue che l'essenza stessa della società è il potere dell'uomo sulla donna, anzi che il potere del marito sulla moglie, come lucidamente comprende lo stesso Bodin, "è la fonte e l'origine della società umana">> (pag.25)
Bodin tenta di separare da un punto di vista giuridico: pubblico e privato. E come ci riesce?
Azzerando il potere pubblico dei padri di famiglia, tutti uguali davanti al potere assoluto del principe. Contemporaneamente rafforza il potere privato dei padri sudditi in famiglia.
Ma questa separazione dice l'autrice è un concetto fittizio - gli uomini partecipano di entrambe le sfere con vantaggi e privilegi. L'unica cosa che significa è l'esclusione della donna dalla sfera pubblica e <<privata>> delle facoltà più significative ed umane
Cita l'autrice le opere di quegli anni che volevano codificare la soggezione della donna al marito utilizzando il diritto romano, droit coutumier, diritto canonico.
Esisteva anche una corrente di pensatori di ispirazione razionalista e umanistica <<favorevoli all'emancipazione femminile>> (pag.43).
Cornelio Agrippa è uno dei più grandi nemici di Bodin, accusato nella Démonomanie di essere uno stregone. Giovanni D'Andrea ci viene confermato anche da Christine de Pizan essere stato un convinto assertore della necessità d'istruzione delle donne. Riprodotto da un'altra fonte è un episodio raccontato dall'autrice della Citè des Dames: il giurista bolognese aveva fatto studiare la figlia Novella e la mandava in cattedra ma nascosta da una tenda perché la sua bellezza non turbasse il pubblico.
Invece <<Qual 'è il principio che autorizza l'uomo al comando ? E' un principio di superiorità morale basato sulla dicotomia spirituale-materiale che si manifesta come contrasto tra ragione e passione e costituisce la base teorica di repressione femminile, identificando la donna con la fisicità, la passione, o per usare l'espressione bodiniana, "la cupidità bestiale">> (pag.45).
All'origine di questa tesi c'è il libro della Genesi citato in Bodin e ripreso in Filmer emule del francese nel sostenere il primato del potere maschile, un potere del marito sulla moglie che in Bodin <<doveva essere il più ampio e completo possibile, principio sul quale tutte le leggi umane e divine concordavano>> (pag.46). Bodin si autoidentifica nella figura del profeta e sostiene che il potere paterno <<è l'unico che proviene direttamente dalla natura, e che pertanto il padre "è la vera immagine del gran Dio sovrano, padre universale di tutte le cose" >> (pag.57). A questo potere - dice Bodin - doveva spettare il ripudio e il potere di vita e di morte sulla famiglia. La ragione di questa proposta è il ristabilimento dell'ordine sociale. La legge di Dio è pronta a giustificare altre norme: l'eredità alle figlie femmine negatagli a esclusivo uso dei maschi.
Nel terzo capitolo G. Conti Odorisio analizza la parte dell'opera di Bodin relativa a Natura del potere e ginocrazia.
Molte erano le donne fra il XVI e il XVII secolo salite al potere. In Francia si erano alternate le reggenti: Luisa di Savoia, Caterina de' Medici (1559, 1584)in ottemperanza alla legge salica. In seguito sono reggenti Maria de' Medici fino al 1617, Anna d'Austria (1643-61) C'erano state regine come Jeanne d'Albret, regina di Navarra, figlia di Margherita di Navarra, regine d'Inghilterra, Mary Tudor, Jane Grey, Elisabetta I Tudor, Mary Stuart. Per citare solo alcune delle donne che direttamente o per altre vie avevano avuto posizioni di potere, in quegli anni.
Queste donne avevano sostenuto - grazie alla loro collocazione sociale - il protestantesimo, influenzando il marito, figli e figlie e l'ambiente sociale che le attorniava.
<<Le conseguenze della Riforma stessa, come la partecipazione delle donne alle questioni pubbliche, vennero considerate negative dagli stessi protestanti.>> <<Nella pubblicistica protestante […] attraverso la discussione sulla legge salica si chiedeva, al pari che in quella cattolica, l'esclusione delle donne dai diritti politici>> (pag.79). Manifestavano altre posizioni uomini come Thomas More che erudiva le figlie dando la stessa formazione umanistica che dava ai figli.
Bodin invece sosteneva che la ginocrazia è contraria alle leggi di natura. Esse hanno assegnato agli uomini la forza, la prudenza e le armi, mentre diceva <<le azioni virili sono contrarie al sesso, al pudore e alla pudicizia femminile>>(pag.81) La parola stessa ginocrazia indica in Bodin <<la degenerazione del potere in quanto gestito da una donna>> perché <<il potere di una donna significa il rovesciamento dell'ordine naturale>> (pag.82)
Coltissimo autore, Bodin, cita una vasta casistica storica a sostegno delle sue tesi sugli <<orrendi delitti compiuti dalle donne, ( tesi) isolate da ogni contesto storico e accumunate soltanto dal genere>> (pag.85)
<<Valga per tutte l'esempio di Semiramide che, secondo Bodin, avendo ottenuto dal re il potere sovrano per un solo giorno, ordinò di ucciderlo.
In Christine de Pizan, invece, la figura di Semiramide viene portata ad esempio della forza e della capacità guerriera di una donna>> (pag.84)
Con un'espressione proverbiale dopo l'uso di Bodin, l'autore cita i regni tombè en quenuille, caduti in mano alle donne: il regno di Polonia, i regni di Svezia, di Norvegia e di Danimarca, i regni di Castiglia, di Aragona, d'Inghilterra e di Scozia. <<Tutti esempi che dimostrano invece il contrario della tesi di Bodin sulla ginocrazia e come la pratica del potere femminile fosse estesa in Europa>> (pag.86). In alcuni casi considerata esempio di tolleranza come la reggenza, durante al minorità di Carlo VIII e Luisa di Savoia, di Anne de Beaujeu (1441-1522), figlia di Luigi XI .
Bodin identifica la causa dell'ingerenza delle donne nella sfera pubblica, nella indebita estensione del diritto di successione ai feudi. La République <<segna il passaggio da una comunità pubblica di tipo feudale ad un'altra accentratrice basata sulle gerarchie>>(pag.127).
Altri pensatori invece auspicavano un potere femminile. Guillaume Postel - indicato in seguito in Bodin come uno stregone alla pari con Agrippa - vedeva il potere superiore maschile fonte di autorità e l'inferiore femminile fonte di ragione. Oppure Brantome usava un'originale comparazione fra il potere femminile e il maschile per dedurre, in alcuni casi la superiorità delle donne in prudenza e abilità che sarebbero state più degne di comandare dei molti re fannulloni e tiranni loro padri o fratelli.
Tutta la violenza repressiva di Bodin si riversa nella Démonomanie sulla eliminazione fisica della stregoneria.
L'imbecillitè e la fragilitè del sesso femminile, nelle analisi di un razionalista come Wier, non era unicamente ragione di incapacità ma anche di non responsabilità, per questa bisognava punire le donne in modo meno rigoroso che gli uomini; in Bodin è la forza turpe delle donne, la lascivia, l'hystera che vagava pericolosamente - come credeva Galeno - a spingerle verso il male.
La concezione della natura di Bodin è che <<Dio è libero di fronte alla natura e alle sue leggi e si riserba quindi spesso di poter agire "contro le leggi della natura">> . La polemica con Jean Wier , per il quale era impossibile che accadessero in natura <<fenomeni "contro natura">> (pag.139), è esposta a questa divergenza.
A sostegno delle sue convinzioni Bodin ha una vasta raccolta di testimonianze.
Si tratta di resoconti e documentazione giudiziaria utilizzata dall'autore il quale << scrive per combattere la pusillanimità di certi giudici>> (pag.142)
<<Uno dei legami più profondi e costanti tra le due opere di Bodin è dunque la visione antropologica della donna e l'ostilità verso un suo eventuale potere, sia della donna- regina che della donna-strega>> (pag.126)
Note
1) Jean Bodin, Les six livres de la République, J. de Puys, Paris, 1583
trad. it. I sei libri dello Stato, a cura di Margherita Isnardi Parente, Utet, Torino, 1964, 1988, volumi 3.
2) Jean Bodin, Démonomanie des sorciers [1580], Du Puys, Paris, 1582
trad.it. Démonomania degli stregoni, trad. di Hercole Cato, Aldo, Venezia, 1587.
3) Luciano Parinetto, Streghe e politica, dal Rinascimento italiano a Montaigne, da Bodin a Naudè, Istituto Propaganda Libraria, Milano, 1983
Maria Milagros Rivera Garretas, Nominare il mondo al femminile scrive nel primo capitolo Il pensiero delle donne, una lettura storica:
<<L'opera di Christine de Pisan, già nota ai suoi tempi, fornì quindi contenuti sia femminili che femministi alla lunga polemica tra uomini e donne, la cosidetta Querela delle donne, che durò in Europa dal XV al XVIII secolo. Il pensiero delle donne utilizzò, per esprimersi, i metodi di conoscenza e i canali di diffusione disponibili nell'ambiente intellettuale e sociale, pertanto le forme più diffuse della Querela furono il dibattito e la tertulia che ebbero l'obiettivo di dimostrare, nella teoria, <<il merito delle donne>>, come scriveva la veneziana Moderata Fonte (1555-1592) alla fine del secolo XVI. In queste tertulias - che potevano essere reali o immaginarie - un gruppo di donne (o di donne e uomini) dava nome e collocava nel proprio mondo le nuove forme di relazione, con se stesse, tra donne e tra i sessi che stavano sorgendo in Europa durante la crisi del modo di produzione feudale. In queste tertulias, inoltre, si creavano reti e spazi di società femminile basati sulla pratica di un discorso centrato sull'autostima, sul divertimento e sul discredito delle supposte virtù degli uomini>>
Moderata Fonte
Teresa da Cartagena
La morbidezza e la delicatezza femminili - scrive ancora l'autrice catalana - sono interpretate da queste autrici positivamente, non come segni di inferiorità (come ho accennato si misura con il divino non con gli uomini) ma come asse organizzativo di una società nuova (società ora femminile) fondata non sulla violenza e la competitività (in questo interesse fallico ad essere pionieri, lasciando gli altri dietro), ma nel lavoro interiore, nell'amicizia e nella cooperazione.
Questo argomento fu sviluppato dalla veneziana Lucrezia Marinelli (1571-1653), che sottopose l'opera di Aristotele
(specialmente il De generatione animalium) ad una critica storicistica, un tipo di critica che l'Umanesimo italiano aveva applicato ai testi biblici e che relativizzava, situaandola nella sua epoca, l'autorità di cui godevano questi testi
La 'grazia divina' luogo di enunciazione delle autrici
La relazione madre-figlia
La 'grazia divina' luogo di enunciazione delle autrici
In che modo dunque le partecipanti alla Querela dicono che sono autrici, che hanno autorità e parola per dire la realtà, ciò che non è nominato, l'<<inaudito>>?
Teresa ricorre a Dio nella solitudine della sua mancanza di comunicazione, in modo diretto, senza mediazione sacerdotale
<<Ed io così lo dico, ma secondo questo, ben appare che l'industria e grazia sovrana eccedono le forze naturali e maschili, poichè quello che un grande esercito di uomini armati non potette fare lo fece l'industria e la grazia di una sola donna. E l'industria e grazia chi le considera piccole preminenze se non chi non sa che cosa sono? Certamente sono due cose così singolari che colui al quale Dio vuole darle, che sia maschio o femmina, meravigliose cose comprenderà e opererà con esse se le vuole esercitare e non le affida ad ozio o negligenza. Se Dio negò allo stato femmineo grazia e industria per fare cose difficili che soverchiano la forza della sua naturale condizione come gli negherà la grazia affinchè con essa e mediante essa sappiano e possano fare qualcun'altra cosa più facile o leggera da fare per il sesso femmineo? Poichè è manifesto che viene più alla mano alla femmina essere eloquente che non essere forte e più onesto le è essere dotta piuttosto che audace, e le sarà cosa più lieve usare la penna piuttosto che la spada. Così che devono notare i prudenti maschi che Colui che diede industria e grazia a Giuditta per fare il tanto meraviglioso e famoso atto, ben può dare industria o intelligenza e grazia a qualcun'altra donna per fare ciò che altre donne, o per sorte qualcuno dello stato maschile, non saprebbe>>
Sostenendo che la grazia divina poteva essere ricevuta indistintamente da donne e da uomini, da ricche e da poveri e che la sua elargizione era personale e individuale, indifferente, quindi al sesso e alla classe sociale, Teresa riconobbe una dimensione infinita dentro di sè e con essa aprì un cammino di accesso diretto all'inaudito. Dio è la dimensione infinita che ella scopre dentro di sè, uno spazio sgombro nel quale riflettersi, un mediatore nel suo dialogo con se stessa che la gente della sua epoca poteva accettare non senza difficoltà, un mediatore che scompare quando lei arriva al culmine del suo cammino: diventare lei stessa Dio: <<Il mio Dio si fece carne - aveva scritto Angela da Foligno nel XIII secolo - per fare me stessa Dio>>
Ipotesi di interpretazione sulla relazione madre figlia all'inizio dell'età moderna
Milagros Rivera in Nominare il mondo al femminile (pag. 28) spiega la 'grazia divina', luogo di enunciazione esibito dalle donne del XVI secolo per giustificare la loro autorità di parola dalle accuse di plagio di libri di uomini:
Progressivamente la <<grazia divina>> come luogo originario e autorizzato del corpo e della parola si trasformò in un codice femminile che le autrici usarono ripetutamente soprattutto in situazioni di conflitto con il potere dell'ordine patriarcale: la grazia è allora l'unità di misura e di significato di un ordine simbolico differente.
Nessuno tuttavia sembrava attribuire qualcosa alla propria madre: nè la vita, nè la parola, nè la memoria. Si direbbe che Antigone continua a essere fatta sparire
Luisa Muraro in Le amiche di Dio (pag.102) spiega il movimento teologico che scaturisce nelle beghine, in questo caso in Margherita Porete. Esso aveva incontrato qualche decennio prima Guglielma la Boema e - come spiega in altre pagine - la letteratura cortese <<che aprì infatti alla mistica beghinale. Quest'ultima adottò il linguaggio cortese per discorrere di Dio e con Dio>>
La dirompenza culturale di questo movimento teologico, è dovuta, secondo me, prima che ai suoi contenuti, al fatto della scrittura della lingua materna, che vuol dire catturare e far rivivere nella comunicazione tutto quello che è associato alla relazione materna, in primis l'eco della voce della madre.[...]
Fu un terremoto teologico che fece crollare o minò alcune venerande costruzioni, fondate sul regime linguistico di lingua scritta/lingua parlata, e su una tradizione di cultura dotta esclusivamente maschile. L'epicentro del terremoto, ripeto, io lo vedo nell'emergere della relazione femminile con la madre e quindi in un cambiamento del senso dell'autorità, che voleva dire anche il senso dell'ortodossia.
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Sitografia pagina 1
a cura di Donatella Massara
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Storia della Caccia alle streghe
Giovanna di Salussola (processo del 1470) - ricerca di una scuola della Valsesia
Le streghe di Benevento
Intervista a Anna Santoro sulla storia di Isabella Cortese e del suo libro di rimedi naturali del 1561, ora riedito dal Comune di Napoli
http://www.mclink.it/n/dwpress/dww165/rub1.htm
Ipertesto a cura della Biblioteca di Rimini Gambalunga, alla sezione Donne di Rimini, il capitolo Donne senza storia racconta la storia di Vaccarina del 1587
(la bibliografia indica l'ottica di chi l'ha curata: un solo libro di donna ha soccorso l'impresa sulla storia delle donne riminesi)
http://www.comune.rimini.it/cultura/passato/passato_pagina.htm
Storia delle donne condannate per stregoneria nel riminese del 1587
http://www.erimini.com/it/storie/streghe_it.htm
Un interessante articolo (ottobre 1999) di Pino Miglino su Il Quotidiano.net: racconta la storia di una levatrice <<Il dramma di Angela è negli atti di uno dei 1725 processi intentati dal tribunale dell'Inquisizione a Siena. Li sta studiando Oscar Di Simplicio, professore di Storia moderna dell'università di Firenze>>. Una levatrice accusata nel 1609 di avere fatto morire i tre figli di una senese con un'azione 'a distanza'.
http://quotidiano.monrif.net/art/1999/10/30/291472
Nella storia di Faedis la notizia del processo di stregoneria a Domenica o Menega da Faedis nel 1647
http://utenti.tripod.it/faedis/stohtm/italia/sto3it.htm
Documento n.6 sul processo a alcune donne accusate di stregoneria nel XVII secolo a Cairo Montenotte
1630-31 Anni della peste
http://www.cairomontenotte.com/biblioteca/tognoli/tognoli12.html
La storia di Claudia Colla processata a Parma nel 1611 per un incantesimo al duca Ranuccio I raccontata da Rita Guidi
http://www.ce.unipr.it/segno/farnese/streghe.html
I processi di Frà Modesto da Vicenza in Valtellina, a Sondrio e le condanne di Giovanni Bormetti detto Merendin di Semogo (1673) e Caterina Rasigava (1674).
http://www.sondriovirtuale.com/citta/leggende/streghe.htm
Notizie di donne condannate nel 1523 e 1634
http://www.sondriovirtuale.com/citta/cronache_e_leggende.htm#streghe
La zona di Fiè e i processi alle streghe dello Sciliar
http://www.sudtirol.com/schlern/pg31-i.htm
L'opera dell'Inquisizione nel Ponente Ligure nei secoli XVI e XVII di Rossella Masper
http://www.provincia.imperia.it/Rivista/le_streghe_in_tribunale.htm
Triora raccontata da un'astrologa
http://www.masterglobal.com/streghe/
Triora raccontata da Mauro Sprugnoli_Climber
http://web.tiscali.it/Climber/streghe/triora.htm
Triora
http://digilander.iol.it/cronos74/stregoneria2/TRIORA.htm
In preparazione: Museo Etnografico della Stregoneria con riferimento a Triora
http://www.dmw.it/stregon.htm
Nel sito del Museo Etnografico di Triora la pagina sulla storia delle Streghe di Triora
http://www.comune.triora.im.it/italia/museo/streghe.htm
Dal sito della De Agostini un po' di notizie sulla caccia alle streghe nelle valli delle Dolomiti a cura di Giovanna Coleschi
http://www.deagostini.it/dea/notizie/articoli/streghe.html
Nella storia di Varese notizie di due donne condannate a morte nel 1579 e 1588 Marta d'Albiolo e Lucia d'Azzate
http://utenti.tripod.it/diem2/varese/storia.htm
Fra la raccolta di leggende della Val d'Iseo Gli amici del Sebino indirizzano alle streghe del Tonale condannate al rogo nel 1518
http://www.lagodiseo.org/leggende.htm
Una storia di quattro donne condannate in Valmalenco nel XVII secolo
http://www.valmalenco.it/tappe_storiche2.htm
Dal 1510 al 1690 la cronologia dei processi e delle condanne per stregoneria in Val Saviore
http://web.tiscali.it/valsaviore/basi/x_crono_2.htm
Nel sito della Val Saviore:la vicenda di Caterina Rossi di Poschiavo condannata a 10 anni di prigione nel 1642
http://web.tiscali.it/valsaviore/basi/st_streghe.htm
Le ultime streghe condannate dallo Stato di Milano il 12 novembre 1641
http://fc.retecivica.milano.it/RCMWEB/civichescuole/streghe.htm
In Rete
raccolta di links in Virgilio - ottobre 2002
Airesis, le ragioni dell'eresia. Rivista in rete con contributi di carattere storico e filosofico
Tesi di laurea La strega smascherata (A.A.1999-2000) di David Di Luca, Università di Pisa
A cura di Valentina Francillotti
Donne del Medioevo. Visitabili links sulla Stregoneria
http://digilander.iol.it/storiamedievale1/donne.htm.
New Archive der Liste: Hexenforschung@listserv.gmd.de Mailing List for Witchcraft Research. With a WWW-Archive.
http://www.listserv.gmd.de/archives/hexenforschung.html
Witches and Witchcraft in Europe in Histoy's net- History of women
Ipertesti scolastici:
Nel sito dell'Istituto Stigliani di Matera sintesi di storia vai a L'identità lucana (notizie su pratiche di etnoiatria legate a credenze locali per sciogliere le fatture delle streghe)
http://www.bdp.it/~mtpm0016/storia.htm
IN QUESTO SITO:
raccolta di ipertesti in Eresie femminili e storia della Caccia alle streghe
Fonte: http://www.maella.it/Download/Streghe%20e%20magia%20%20streghe%20articoli%20e%20notizie.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
La caccia alle streghe
Sintesi storica di Malarico
L'etimologia della parola "strega" è ancora dubbia. In linea di principio dovrebbe discendere dal latino strix (plurale: striges), che indicava una donna fattucchiera, capace di trasformarsi in uccello rapace notturno, simile al barbagianni, in grado quindi di volare nell'aria. A sua volta il termine strix sarebbe derivato, secondo l'inquisitore domenicano Bernardo da Como, dal fiume infernale Stige.
Altri termini per indicare le streghe erano: lamie (da Lamia, mitica amante di Giove, capace di trasformarsi a piacere), masche (in Piemonte e Val Padana), baggiure (in Liguria), sagae (dal verbo latino sagire, cioè sapere).
Le streghe più antiche che conosciamo sono quelle della letteratura greca. Ecate p.es. era la dea della stregoneria e regina delle tenebre: le sue serve più devote erano le streghe della Tessaglia (Grecia settentrionale), capaci, secondo la tradizione mitologica, di trasformarsi in uccelli e altri animali, di utilizzare i poteri delle erbe e cibarsi di altri esseri umani.
Anche la Diana dei romani (corrispondente all'Artemide dei greci e all'Erodiade dei giudei) veniva spesso considerata una strega, anche se meno maligna. Secondo documenti della chiesa, risalenti al IX sec., Diana comandava "i cavalieri della notte". A lei ispirata era la dea germanica Holda, che cavalcava i venti con le anime dei morti: era di aspetto bello e maestoso, ma quando era adirata si manifestava come una megera dal naso adunco
L'ossessione vera e propria della stregoneria nasce solo nel III e IV secolo dopo Cristo, che coincisero con l'affermazione statale del Cristianesimo nell'impero romano, quando la chiesa cominciò a considerare manifestazione diabolica tutti i riti del paganesimo.
Le persecuzioni si concentravano soprattutto nelle campagne, in quanto i contadini restavano fedeli ai culti remoti della fertilità, della terra, delle stagioni. Lo stesso termine "strega", comparso per la prima volta nel 589 d. C., si riferiva alle contadine.
In una lettera dell'arcivescovo Incmaro di Reims, dell'860, si sostiene per la prima volta l'idea che le donne cosiddette "lascive" se si accorgono che il loro amante vuol contrarre un matrimonio regolare, uccidono con arti magiche il suo desiderio, cosicché egli non possa avere alcun rapporto con sua moglie. L'idea dell'impotenza come frutto di magia trovò ampi consensi presso i teologi medievali (Burcardo di Worms, Ivo di Chartres, Graziano, Pietro Lombardo, Alberto Magno, Bonaventura, Tommaso d'Aquino).
A partire dall'inizio del XIII sec. sono innumerevoli i sinodi che si pronunciano contro le streghe che impediscono ai coniugi di praticare il rapporto coniugale. Probabilmente la prima strega portata al rogo fu a Tolosa nel 1275. Tuttavia, fino a tutto il XV sec. mai una vera e propria "caccia alle streghe" fu organizzata metodicamente sul piano istituzionale. E' piuttosto nell'epoca del Rinascimento, della Riforma e Controriforma, delle rivoluzioni filosofiche (Cartesio) e scientifiche (Galilei) che si organizzano persecuzioni su larga scala.
Il punto di partenza, sul piano giuridico, è la bolla di papa Innocenzo VIII (1484), Summis desiderantes affectibus, che autorizza a procedere formalmente contro la stregoneria, tramite procedure giudiziarie, funzionari inquisitoriali, processi. Gli era stato infatti riferito che nelle diocesi di Magonza, Colonia, Treviri e Salisburgo moltissimi uomini e donne praticavano la stregoneria che "impediva agli uomini di generare, alle donne di concepire e rendeva impossibile l'atto coniugale". La contraccezione viene considerata come omicidio e meritevole di morte.
Due anni dopo esce il manuale per gli inquisitori, Malleus maleficarum (Martello delle streghe) di due inquisitori domenicani tedeschi, Heinrich Institoris e Jakob Sprenger, approvato dai teologi di Colonia nel 1487. Dal 1486 al 1669 si fecero 39 edizioni del Malleus, per un totale di 50.000 copie, un vero best seller per quell'epoca. Il manuale, per chi causava con la stregoneria impotenza e sterilità, chiedeva di applicare la pena di morte.
Altre opere importanti sono quelle di Bernardo da Como (morto nel 1510, responsabile nel solo anno 1485 di 41 roghi di streghe), De strigiis e Lucerna inquisitorum; Formicarius di Johann Nider, un trattato demonologico del 1437; il Compendium maleficarum di Francesco M. Guazzo (morto nel 1640) e infine il De strigibus di Bartolomeo Spina (1474-1546), inquisitore di Modena.
Fonte: http://www.maella.it/Download/Streghe%20e%20magia%20-%20La%20caccia%20alle%20streghe.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
MAGIA E SUPERSTIZIONE - streghe - roghi
IL LATO OSCURO DEL MEDIOEVO
La sottile vena della superstizione e l'influenza della sua più nobile sorella, la magia, percorrono tutta la storia dell'umanità sino dai suoi primordi. Guidato dalla semplice ignoranza o dal timore, dalla proterva volontà di dominare forze superiori alla volontà umana o dalla quasi scientifica convinzione che anche l'insondabile sia dominato da leggi perfette, sin dalla notte dei tempi l'uomo è stato condotto ad esplorare le forze della natura nel tentativo di comprenderne gli arcani meccanismi. Anche in questo, il Medioevo è nel contempo erede di tradizioni che il mondo antico gli aveva trasmesso ed anche instancabile produttore di miti e superstizioni, che a malapena possono essere inquadrati nella prospettiva cristiana propria di quest'epoca. Anche, e forse soprattutto, in questo campo si manifestano le numerose contraddizioni che rendono il Medioevo un'età davvero affascinante e che soprattutto dominano ancora l'immagine comune di questa epoca, secondo molti da un canto caratterizzata da una fede oltranzista e retrograda e dall'altro preda della più pagana superstizione.
Eppure questi stessi elementi non erano per nulla sconosciuti alla civilissima e splendida Roma, che fidava nelle complesse previsioni di aruspici ed auguri. Tuttavia questi riti, come numerosi altri, non avevano un carattere prettamente autoctono, ma erano stati mutuati dai cugini etruschi, e con il passare dei secoli e con il crescere della potenza romana dall'Oriente sarebbero giunti nell'Urbe altri culti, sempre più misteriosi e pregni di magia, dei quali Apuleio nel suo Asino d'Oro avrebbe stigmatizzato il diffondersi all'interno del razionale e concreto impero di Roma. Per i latini la magia è strettamente collegata al barbaro, al diverso. All'interno della pur tollerante religione romana, essa è dunque percepita come elemento estraneo, a volte pericoloso. Nel contempo, il Medioevo cristiano trae parte delle proprie attitudini culturali da Israele, progenitore nella fede verso un unico Dio.
Se dunque Roma guardava con sospetto ai seguaci dei nuovi culti magici venuti da lontano, il popolo eletto aveva più volte ascoltato le voci dei profeti tuonare contro i maghi, spesso sacerdoti dei culti politeistici delle popolazioni vicine. Altrettanto spesso in lotta per la sua stessa sopravvivenza contro nemici ben più potenti, Israele vive perennemente nella tentazione di tradire il suo Dio e di abbandonarsi agli sfarzosi culti pagani. Eppure non manca chi all'interno della stessa devozione rivolta a Javeh non esita a purificare i figli con il fuoco o a praticare la divinazione. È proprio la Bibbia a condannare simili pratiche, fornendoci quindi l'attestazione della presenza di tali rituali. Questa è l'eredità magica del Medioevo, che non poteva poi dimenticare la figura di Simon Mago, quale antesignano di un'intera casta di imbroglioni e ciarlatani, se non di veri e propri agenti del Maligno.
Non sorprende dunque se il Medioevo cristiano e romano avrebbe sviluppato una viscerale avversione verso la magia e tutto ciò che era ad essa connesso. Nello stesso tempo, però, i culti pagani sarebbero sopravvissuti appena velati dalla patina dell'evangelizzazione. Il Medioevo condanna dunque veementemente la superstizione e la pratica di riti occulti, ma non riesce in alcun modo ad estirparli anche perché è proprio l'immaginario medievale a nutrirsene. Le stesse pratiche cristiane, officiate in una lingua sconosciuta ed incomprensibile, spesso vengono considerate dai fedeli alla stregua di riti magici e nascono così le superstizioni secondo le quali si può essere risanati solamente guardando fissamente l'ostia durante la consacrazione. Simboli nuovi, quali la croce o le immagini della Vergine, si sovrappongono ad antiche credenze nella continua ricerca di protezione contro una vita insicura, minacciata dalle forze della natura, ma anche dalla brutalità degli uomini.
È questo lo scotto che il Cristianesimo deve pagare per affermarsi. Ai numerosi dei se ne sostituisce uno solo, ma ancora più potente. I luoghi dove viene adorato sono gli stessi di un tempo. I missionari hanno infatti distrutto gli idoli, ma non i loro templi. Li hanno purificati con acqua benedetta e hanno mantenuto poi le feste tradizionali, ammantandole di cristiana devozione. Queste sono istruzioni date dalla Chiesa stessa e non sorprende dunque se, come ricorda Gregorio di Tours, l'antico culto tributato dagli abitanti di un villaggio ad un lago viene cristianizzato con la semplice erezione di una cappella sulle sponde dello specchio d'acqua. La conversione, dunque, non implica significativi traumi, ma fatalmente fa sì che ogni fedele porti con sé nella nuova religione un bagaglio di credenze e superstizioni che erano parte integrante della sua fede precedente e quindi della sua vita.
Per tutto il Medioevo la Chiesa avrebbe condannato queste superstitiones, tentando di mondare i fedeli da quanto il paganesimo aveva lasciato loro. Una minaccia presente non solo nelle terre da poco guadagnate alla vera fede, ma radicata anche nella stessa Roma, sede del vicario di Pietro. I Poenitentialia, usati dai confessori, piccoli libri che elencano i peccati con le rispettive penitenze, ci testimoniano la fluida realtà della superstizione medievale. Le pene comminate al penitente variano a seconda della gravità delle colpe, ma numerosissime sono quelle che si ricollegano a pratiche per ottenere la fertilità, per proteggere le messi, per scongiurare le malattie e attirare la buona sorte.
Condannate dalla Chiesa sono anche le sortes sanctorum, ovvero la pratica di prevedere il futuro attraverso la lettura, spesso casuale, di passi delle Scritture. Alla stessa stregua sono trattate pratiche meno innocue come i malefici contro gli uomini e gli animali e i riti connessi all'evocazione dei defunti. Ugualmente inammissibile è la magia "tempestaria", che tende a evocare o a dominare le forze della natura. Tanto meno è lecito "aiutare la luna" con grida durante le eclissi, incoraggiando l'astro a ricomparire dall'oscura ombra che lo ha inghiottito. Tra le pratiche sanzionate vi sono infine anche i filtri amorosi, come pure le pratiche contraccettive o gli aborti, l'infanticidio ed il gerontocidio o l'antropofagia.
Come si può ben vedere, la Chiesa medievale combatte una lotta impari con un nemico dai molteplici tentacoli: magia e superstizione si mettono infatti al servizio delle semplici necessità della dura vita agreste, ma alimentano nel contempo anche le passioni più riprovevoli. Sono ancora i capitolari dell'età carolingia e i canoni conciliari ad evidenziare il permanere di queste pratiche e fra gli idoli condannati fa capolino anche la romana dea della caccia, Diana, che nell'aspetto di Ecate triforme, nel mondo antico aveva presieduto ad un culto dai connotati profondamente femminili, legato ai cicli della luna, alla ricerca della fecondità ed ai misteri notturni. Diana, dea dei pagani, è inoltre espressamente collegata alla possibilità che alcune donne possano incontrasi con demoni, danzare o addirittura volare in loro compagnia.
Anche la cavalcata nel cielo attribuita alle seguaci di questa dea si riconnette a credenze precedenti di ascendenza però prettamente germanica. È infatti nella mitologia del Nord Europa che proprio delle donne, le valchirie, guidano il viaggio celeste dei combattenti caduti in battaglia verso il paradiso degli eroi. Altrettanto spesso, però, il Medioevo cristiano si è anche impossessato di dee pagane, connesse al culto della vita e della fertilità, facendone addirittura delle sante. È questo il caso della divinità germanica Frau Holde che venne ad identificarsi con santa Faralide. Ed in effetti i testi agiografici medievali tendono a presentare la figura del santo cristiano come quella del depositario di poteri incredibili. Essi discendono sì dalla sua fede e rettitudine, ma rappresentano comunque strumenti di un potere straordinario, che fanno del santo una sorta di mago bianco, impegnato in una costante lotta con il Maligno con le sue stesse arti. Perché, non bisogna dimenticarlo, per il Medioevo la magia è comunque altro dalla semplice e bassa superstizione, e, secondo quanto affermava s. Agostino, è arte diabolica, che trae la sua stessa origine dal demonio.
A rendere ancora più complessa la trama della magia e superstizione medievali interviene anche il fenomeno della stregoneria, al quale in questa sede accenneremo soltanto con l'intenzione di dedicarvi un intervento più disteso in futuro. È infatti necessario sottolineare come erratamente molti ancora identifichino il Medioevo con l'epoca della caccia alle streghe. Si tratta di un errore grossolano, dato che i roghi di maghe e fattucchiere hanno innanzitutto illuminato non l'ignorante e superstizioso Medioevo, ma la luminosa e razionale Età Moderna. Anche questo fenomeno, variamente interpretato dagli storici come cumulo di reminescenze pagane, ma pure come fenomeno di rivolta sociale, trova però le proprie premesse nell'Età di Mezzo. Come abbiamo visto, è proprio in questa epoca che elementi mutuati dalla mitologia antica o germanica si riconoscono i primi riferimenti ad assemblee sabbatiche, all'adorazione di idoli, all'albero delle fate o al volo magico. In questo caso stregoneria ed eresia spesso si compenetrano senza che sia possibile distinguere nettamente l'una dall'altra.
Anche il rogo dell'eretico, e quindi della strega, è una creazione medievale, tuttavia questo fenomeno, pur presente nel Medioevo, soprattutto dal XIII secolo in poi, non avrebbe mai assunto la sistematicità e le dimensioni che lo avrebbero caratterizzato nei secoli seguenti. Questo è il complesso clima all'interno del quale si colloca la rinascita culturale dell'Occidente medievale, dall'XI secolo in poi. Primo capostipite di tale rinnovamento è papa Silvestro II, al secolo Gerberto di Aurillac, l'uomo più colto del proprio tempo, la cui sapienza, non a caso, è anche messa in relazione dal cronista Guglielmo di Malmesbury, ad un libro di magia, sottratto ad un musulmano. In effetti, la percezione occidentale della magia nei secoli centrali del Medioevo sarà profondamente influenzata dalla conoscenza dei testi classici mediata da traduzioni arabe, provenienti dalla Spagna. È a Toledo, in futuro capitale delle scienze occulte, che vengono tradotti i testi musulmani che a loro volta erano stati redatti in base alle compilazioni dei filosofi greci, sia di scuola platonica che aristotelica.
Oltre ai temi più strettamente filosofici queste opere trattano diffusamente di temi magico-astrologici, aprendo così le porte delle classi colte della società medievale alle forme più raffinate della magia. Faceva quindi ritorno in Occidente l'alchimia, grazie soprattutto alle traduzioni dell'arabo Giabir, mentre astronomia e astrologia, ancora strettamente collegate, erano soprattutto debitrici della rinnovata divulgazione delle opere di Tolomeo e di altri sapienti greci. Non è poi da trascurare la conoscenza esoterica che sarebbe provenuta dall'Oriente conquistato dai crociati, o dall'impero bizantino. Proprio da qui sarebbe giunta in Europa la versione latina dei Kiranides, un'opera incentrata sulle proprietà magico-naturali delle varie sostanze, che era già stata usata nell'antichità da medici come Galeno o Olimpiodoro. Siamo dunque ad un livello diverso da quello delineato nelle pagine precedenti.
Qui la magia è cultura, è rinnovato gusto per l'indagine del mondo, per la ricerca delle insondabili leggi che lo dominano e ne regolano il corso. È questa la negromanzia, che si basa su scritti come i Tetrabiblos di Tolomeo, l'Introductorium di Albumasar o veri e propri manuali di magia come il Picatrix o Il libro degli esperimenti, il successo dei quali sarebbe perdurato anche in epoca moderna. Lo studio di queste opere si diffonde sempre di più nei circoli degli intellettuali e ne permea i ragionamenti filosofici e teologici, ma nel contempo l'espandersi di simili conoscenze crea sospetto. Se da un canto esse contribuiscono a rafforzare la convinzione dell'esistenza di monarchi dotati di sapienza salomonica e di benefici poteri da sempre connessi ala regalità (si rammenti il celeberrimo caso dei re taumaturghi indagato da Marc Bloch), parallelamente si afferma l'immagine del sovrano mago, depositario di poteri guadagnati grazie ad un innominabile patto con il Demonio. Questo è il monarca temporale che contende al papa il dominio della comunità cristiana. È Federico II di Svevia, la corte del quale è un prestigioso centro di cultura che tra gli altri ospita Michele Scoto, celebre astrologo, traduttore e studioso di testi arabi. Non stupisce dunque che tra i fautori dell'empio imperatore vi sia anche l'efferato Ezzelino da Romano, che nell'Ecerenide sarebbe stato definito addirittura figlio del Demonio. Sulla scena di questa tragedia è infatti la stessa madre Adeleita a confessare l'orribile concepimento, di un "figlio degno di tale padre".
Eppure non solo i ghibellini, i laici sostenitori dell'impero, sarebbero stati tacciati di simili infamie. Già durante la lotta per le investiture lo stesso pontefice Gregorio VII era stato accusato di praticare arti occulte di chiara derivazione diabolica. Lo stesso sarebbe stato imputato a Bonifacio VIII. La magia veniva quindi ad essere un nuovo importante strumento al servizio della propaganda politica, evidenziando soprattutto come sempre più spesso essa fosse assimilata all'eresia. Effettivamente componenti magiche sono ascritte dalle fonti medievali a movimenti eterodossi di stampo dualistico come quello cataro, che nelle proprie filiazioni più lontane e destrutturate arrivano ad assumere i connotati di confusi culti demoniaci. Alla relativa tolleranza che la Chiesa un tempo aveva manifestato si sostituisce così un movimento di condanna e repressione sempre più intransigente e generalizzato. Il papato è ben deciso a ridurre al minimo gli spazi di libera iniziativa dei laici e spesso forme troppo vive di devozione che sfuggono al controllo ecclesiastico vengono bollate con il marchio dell'eresia.
È questo il caso dei Valdesi, l'esperienza del cui fondatore non è molto dissimile da quella di Francesco di Assisi, e che dichiarati eretici, saranno poi solo in parte riacquistati all'ortodossia. È proprio in questo clima che matura la sempre più frequente e dura condanna della magia, a qualsiasi livello essa venga studiata e praticata. Sempre più acceso si fa dunque anche il dibattito circa la reale natura di questa disciplina. Se Giovanni di Salisbury aveva infatti condannato senza appello la divinazione e l'astrologia, Ugo di San Vittore non aveva inoltre esitato a rilevare la totale falsità delle pratiche magiche, senza dimenticare di metterne poi in luce la profonda immoralità e demonicità. Sarebbe stato tuttavia Tommaso d'Aquino a stigmatizzare la negatività della dimensione magica, distinguendola nettamente dal miracoloso ed affermandone la discendenza dalle forze infernali. La magia è dunque non solo un inganno, ma anche pura empietà. La condanna delle proposizioni aristoteliche avvenuta nel 1277 ad opera del vescovo parigino Stefano Tempier si accompagna così alla messa al bando di testi di negromanzia, astrologia e geomanzia. Su posizioni nettamente opposte sono alcuni filosofi, tra i quali il maestro dello stesso Tommaso d'Aquino, Alberto Magno, autore tra l'altro di un trattato di astronomia. Non a caso, secondo Alberto, erano stati proprio dei sapienti magi ad adorare tra i primi il Salvatore.
La più lucida difesa della magia si deve però a Ruggero Bacone, precursore della scienza moderna. Convinto assertore della positività di parte delle pratiche magiche, egli distingue infatti tra la magia cerimoniale, dai tratti appunto demoniaci, e la magia naturale, fondata sulla profonda conoscenza della natura e sulla sperimentazione volta ad indagare le specifiche leggi della creazione. Siamo ancora lontani dal percepire una reale dicotomia tra quanto in discipline come l'alchimia e l'astrologia vi può essere di concretamente scientifico, dando quindi vita a settori di studio autonomi quali la chimica e l'astronomia, ma le riflessioni di Bacone sono comunque importanti perché apriranno la strada alle affermazioni dell'Umanesimo scientifico.
Sulla scorta di simili teorie si sarebbe infatti mosso non solo Raimondo Lullo, sostenitore dello studio di un'ars magna, capace di racchiudere in sé i principi fondamentali delle discipline sperimentali, ma anche i pensatori, come Marsilio Ficino, attivi nelle corti del Rinascimento, dove magia significherà non solo scienza, ma anche divertita fruizione del meraviglioso letterario. È proprio il Medioevo a essere quindi il custode delle primi passi dell'evoluzione della magia da superstizione o dotta speculazione filosofica a fondamento delle scienze sperimentali moderne. Una mirabile ed imprevedibile metamorfosi, degna di un vero incantatore.
di ELENA BELLOMO
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale,
F. CARDINI, Scandicci, La Nuova Italia Editrice, 1986.
Fonte: http://digilander.libero.it/confraternitasilenzi/spiritualita%20-%20magia%20e%20superstizione.doc
Le streghe
Il termine "Strega" significa "uccello notturno", ed é il nome scientifico di alcune famiglie di rapaci. Strix si mutò in striga nel latino popolare ed assunse il significato di maga, incantatrice, esperta di filtri e magie. Al pari il termine inglese witch (strega) deriva dall'anglo-sassone wicca che significa "saggia". I francesi usano il termine sorciere, dal latino sortilegus, sortilega, cioè persona capace di trarre le sorti, di divinare. I termini tedeschi, hexer, hexe, sono legati, come l'equivalente inglese, al significato di saggio, sapiente. Venivano poi chiamate streghe alcune antiche divinità femminili, come ad esempio la Maier Maciucia di San Remo, il cui nome non é che la trasposizione dialettale di Mater Matuta, antica divinità romana, Dea dell'Aurora (da lei deriva il termine mattutino), che ogni notte cacciava l'oscurità per far spazio al Sole.Secondo alcuni studiosi di stregoneria, le streghe erano le donne che praticavano i riti della religione precristiana diffusasi in tutta l'Europa occidentale fin dall'antichità, che sopravisse fino al Cristianesimo.Erano esposte all'accusa di streghe le levatrici, le bambinaie, le cuoche e le guaritrici, donne che in genere potevano avere conoscenze particolari, quali l'uso di erbe per la preparazione di unguenti e rimedi. Levatrici e bambinaie erano accusate di stregoneria perché considerate avide di bambini non battezzati da sacrificare al Diavolo per cibarsene durante il Sabba. Le streghe si mostravano in svariate sembianze, a volte vestite di stracci, o indossando sobri ma graziosi abiti da contadine, o ancora vestite di abiti leggeri e colorati, gli stessi, sembrerebbe, che indossavano le Fate. Streghe e stregoni si radunavano di notte in luoghi solitari, nei campi e sui monti, volando, dopo essersi cosparsi il corpo di unguenti, a cavallo di bastoni o di una scopa. Simbolicamente la scopa era segno e simbolo di potenza sacra tanto che negli antichi templi spazzare il pavimento significava pulire il suolo dagli elementi esterni intervenuti a sporcarlo e poteva essere fatto solo da mani pure. Nel caso delle streghe la scopa, essendo usata per volare altrove, poteva rappresentare anche il mezzo di collegamento tra i due mondi, quello profano e quello sacro. Si narra che esse s’incontravano per filare (il che allude al tessere il destino degli uomini) e sapevano anche intrecciare nodi, con il probabile significato di porre ostacoli superabili solo da chi fosse stato in grado di scioglierli, ovvero di vendicarsi di chi aveva offeso loro o ciò che a loro era caro. Le streghe erano accompagnate da un animale a cui chiedevano consiglio, che era chiamato "famiglio". Esso veniva trattato con cura, non veniva contrariato né offeso, perché si diceva che avesse poteri non di questo mondo e che senza il suo aiuto la strega sarebbe divenuta un comune essere umano. Il "famiglio" era visto come un folletto, cui venivano attribuiti caratteri diabolici. Secondo le leggende, nei vari raduni, oltre alla presenza di animali, si parla anche della presenza di una figura maschile, innanzi alla quale esse danzavano e a cui rendevano omaggio. Tale figura assumeva spesso l'aspetto di un caprone. Questo personaggio maschile in forma d'animale, che per i cristiani divenne poi il Diavolo, rappresentava probabilmente il principio maschile che si univa, in armonia con le leggi della natura, con il principio femminile rappresentato dalle streghe e soprattutto dalla loro Regina. La regina, che pare incarnasse l'archetipo della Grande Madre, della Luna, della Dea Diana e della Dea Afrodite, era chiamata in alcune località la "Donna del Gioco", ed era colei che conduceva le loro danze e i loro riti, di carattere armonioso e giocoso. In molte antiche raffigurazioni le streghe sono rappresentate accanto ad un misterioso calderone nel quale girano e rigirano un grosso mestolo e dove il fuoco arde dentro e non fuori. In molte leggende si narra che nel calderone venivano preparati filtri e pozioni magiche, i cui ingredienti venivano spesso elencati con dovizia.Come accade per i diversi gruppi religiosi anche le streghe possono essere diversificate. Questa diversità esiste perché la stregoneria si é evoluta in ambienti diversi. Nei tempi antichi della loro storia le streghe erano le magiche artefici delle popolazioni precristiane dell'Europa occidentale. Nelle successive epoche buie migliaia di persone furono impiccate, bruciate e torturate con la falsa accusa di stregoneria. Questa persecuzione religiosa fece sì che le streghe superstiti si nascondessero e praticassero l'Arte solo nella cerchia ristretta dei familiari, trasmettendo la conoscenza segreta della stregoneria attraverso le generazioni.
L’INQUISIZIONE
Si è abituati a pensare alle streghe come ad un prodotto dei secoli più bui del Medioevo:la realtà è che esse occupano un posto di primo piano nei secoli del Rinascimento e della rivoluzione scientifica. In precedenza la Chiesa aveva già condannato magia e stregoneria. La caccia alle streghe sistematica e senza pietà iniziò in pieno Rinascimento, nel 1484, con il primo trattato, il “Malleus maleficarum”, ad opera della Chiesa. E’ solo alla fine del Quattrocento che viene istituito un tribunale speciale per le streghe e vengono nominati inquisitori con pieni poteri. Verso la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII i processi cominciarono a diminuire fino ad esaurirsi. Le grandi cacce cessarono perché le società europee decisero che simili avvenimenti non si sarebbero dovuti ripetere: avendo sperimentato i disastri sociali prodotto dal panico di massa, avevano capito che in questi processi erano state coinvolte molte persone innocenti. Il difficile problema teologico è quello della relazione con la Chiesa. Agostino Borromeo ha fatto la storia dell’Inquisizione (dal latino inquisitio, ricerca dei delitti contro la fede). Mentre nell’alto Medio Evo l’eretico veniva colpito con pene materiali (fino all’esilio) e spirituali (scomunica), dopo che furono diffusi ampi movimenti ereticali collettivi, quali quelli dei catari o dei valdesi, la Chiesa fu posta dinanzi alla necessità di ricorrere a più efficaci strumenti di lotta contro ogni forma di eterodossia. La creazione dei tribunali dell’Inquisizione rispondeva a questa esigenza. Nel 1252, Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura e la pena di morte sul rogo per gli eretici. Nei secoli XV, XVI, XVII e XVIII vennero eliminate nel mondo occidentale più di 100.000 streghe persone cioè accusate di aver stretto un patto criminale con il diavolo. Il fenomeno, provocò la creazione dell’Inquisizione. Ciò che rese possibile l’estensione del concetto criminologico di eresia a quello di stregoneria e il successivo innescarsi della grande caccia alle streghe, fu una serie di trasformazioni giuridiche introdotte in Europa tra il XIII e il XVI secolo. Prima di allora i tribunali europei avevano seguito un sistema di procedura penale che rendeva più arduo il perseguimento del crimine, specie quello di natura ideologica e religiosa. In breve, il sistema accusatorio consisteva in un’azione penale promossa da un soggetto privato, solitamente la parte lesa o i suoi familiari. L’accusa consisteva in un’affermazione formale, pubblica e giurata, che innescava il processo dell’accusatore davanti al giudice. Se l’accusato ammetteva la sua colpa o se il privato accusatore riusciva a provarla, il giudice lo condannava. L’accusa era promossa dallo stesso accusatore e, se l’imputato dimostrava la proprio innocenza, l’accusatore era perseguibile penalmente. Il passaggio al nuovo sistema, indicato come inquisitorio, fu favorito dalla ripresa dello studio del diritto romano e dalla consapevolezza che la criminalità, sia di ordine ecclesiastico che secolare, era in aumento e bisognava adottare dei mezzi più idonei a combatterla. La principale differenza fra il nuovo sistema e quello precedente fu che l’accusatore non era più tenuto a esercitare l’accusa nel corso del procedimento. Inoltre la procedura inquisitoria dava agli inquirenti la possibilità di perseguire un presunto criminale o eretico o strega solo sulla base di “informazioni”, talvolta fondate semplicemente su voci o dicerie di alcuni membri della comunità. E’ ovvio che ciò diede luogo ad un’ innumerevole sequela di processi penali basati su accuse inconsistenti e, spesso, maliziose, interessate o comunque arbitrarie. Invece di limitarsi a presiedere, in maniera imparziale e neutrale, al conflitto fra due parti, il magistrato assunse il compito di investigare il crimine e di determinare se l’imputato fosse o meno colpevole. Ciò facilitò il perseguimento di ogni tipo di crimine, ma si dimostrò efficace soprattutto nell’istituire processi per eresia e stregoneria. Accompagnato dall’uso della tortura per i casi più difficili, il sistema inquisitorio raggiunse ben presto lo scopo per cui era stato introdotto: la protezione ed il consolidamento dell’ideologia dominante. Eretici e streghe apparvero ovunque in numero impressionante, e il fuoco dei roghi ricoprì di infausti bagliori tutta l’Europa, placandosi solo quando ecclesiastici e laici, preposti alla gestione della giustizia sociale, si resero conto, qualche secolo dopo, che stavano mandando al patibolo troppe persone innocenti. Le credenze sul patto satanico stipulato dalla strega, la possessione diabolica, le riunioni in orgiastici sabba, durante i quali si sarebbero mangiati bambini, non erano, come si potrebbe a prima vista supporre, dominio della folcloristica cultura popolare di allora, ma erano divenuti dogmi assimilati dalle classi più colte e più potenti, come, per l’appunto, quella dei giudici. In Italia uno dei massimi esegeti delle teorie e pratiche contemplate nel Malleus Maleficarum fu il frate Francesco Maria Guazzo. Il suo trattato dimostra come fosse ormai ben radicata, anche nei ceti più colti, la convinzione dell’esistenza di numerosi individui che avevano fatto un patto scellerato con il demonio, che si dedicavano a malefici di vario genere, che partecipavano collettivamente a sabba e cerimonie sataniche in cui venivano bruciati e mangiati infanti, calpestate le croci in segno di abiura e battezzate le nuove promesse spose del diavolo. Tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo in Friuli si formò la compagnia dei cosiddetti “benandanti”. I benandanti erano scelti fra i cosiddetti “nati con la camicia”, ossia con la membrana amniotica in cui talvolta sono avvolti i neonati; essa era considerata una specie di ponte che l’anima poteva utilizzare per passare dal mondo reale a quello degli spiriti. Costoro, da adulti, sarebbero stati visitati in sogno da un angelo, che li avrebbe chiamati a combattere. Le battaglie dei benandanti erano un’esperienza spirituale collettiva: mentre il loro corpo giaceva a letto in stato di trance, il loro spirito cavalcava contro le streghe, anch’esse presenti solo in spirito. Se all’alba lo spirito non rientrava nel corpo, avrebbe vagato fino a quando questo non fosse andato incontro alla morte. Demoni minori erano assegnati dal diavolo alle streghe come servi e di solito assumevano sembianze di gatti, cani, rospi, civette o topi, mai di colombe o di agnelli bianchi. I demoni-servi potevano cambiare aspetto a piacimento; se, per esempio, la loro padrona era chiusa in una stanza, essi si trasformavano in minuscoli insetti per raggiungere lo speciale capezzolo – segno della strega – da cui succhiavano il sangue. La scoperta di questo segno era fondamentale per accusare una donna di stregoneria. A tal fine cicatrici, verruche e nei erano guardati con sospetto. In Spagna il segno doveva trovarsi nell’occhio sinistro, in Inghilterra su un dito, nell’Europa centrale nelle parte intime, specialmente nella donna; altro segno inconfondibile era la croce sulla pianta dei piedi. I cacciatori di streghe esaminavano i corpi degli accusatori e sottoponevano il “segno” alla prova, pungendolo con uno spillone: l’assenza di dolore o di sangue confermava il patto con il diavolo. Un vero specialista di questo metodo era il famoso Hopkins, che con i suoi assistenti, esaminò almeno 230 persone fra il 1645 e il 1646. Usava probabilmente aghi retrattili, che simulavano la puntura ritraendosi nel manico. Nel 1609, durante una caccia alle streghe a Pays de Labourd, nella Francia, l’inquisitore Pierre de Lancre ottenne una confessione straordinaria. Sotto tortura la diciassettenne Maria Dindarte affermò che la notte del 27 settembre si era spalmata un unguento e aveva preso il volo. Molti, durante il Medio Evo, credevano che certe donne cavalcassero bestie. Per anni la Chiesa deplorò tali credenze, imponendo penitenze, poi cambiò atteggiamento. Nel XVII secolo papa Alessandro IV stabilì che l’eresia era implicata nella stregoneria e dal XVI secolo chi negava l’esistenza delle streghe che volavano di notte poteva essere condannato per stregoneria. I siciliani credevano che il giovedì notte le streghe abbandonassero il proprio corpo nel letto e si recassero in volo nell’oscurità per danzare e far festa con le anime dei morti. Secondo la Chiesa questi viaggi notturni erano opera di Satana. Nel corso del XVI e del XVII secolo molte donne confessarono di recarsi in volo ai sabba e anche qualche uomo fu trasportato. A poco a poco i mezzi di trasporto inclusero sedie, pale, bastoni e scope spalmate di belladonna, aconito, cicuta e altre piante velenose. La sostanza oleosa degli unguenti si diceva fosse ricavata dal grasso bollito di bambini non battezzati, rapiti o esumati dalle tombe. Oggi si ritiene che i voli fossero frutto di allucinazioni prodotti dall’assunzione di droghe, oltre che di pura fantasia.Nel 1558 lo scienziato e letterato napoletano Giambattista della Porta osservò una strega che, dopo essersi spalmata un unguento, cadde in trance; svegliatasi, affermò di aver volato, benché egli non avesse visto il corpo muoversi. Le autorità svedesi furono colte in contropiede quando a Mora il 5 luglio 1668 il quindicenne Eric Ericsem accusò la diciottenne Gentrud Svensen di rapire i bambini per conto del diavolo. I bambini raccontavano tutti la stessa storia: il diavolo aveva promesso di ammettere le streghe ai suoi sabba, a condizione che portassero con sè i proprio figli e quelli dei vicini. Al Blocula – un bel prato, il cui ingresso era noto solo al demonio e ai suoi accolti – le streghe firmavano con il loro sangue il registro degli ospiti del diavolo, i bambini venivano battezzati nel suo nome e gli giuravano obbedienza. Successivamente gli adulti festeggiavano, mentre i bambini stavano in piedi contro un muro. Seguivano musiche e danze e ogni strega, a turno, si abbandonava a intimi sollazzi con il maligno. Si credeva a qualsiasi accusa, per quanto assurda. Se un bambino accusava una donna, la si arrestava, credendo che i bambini non fossero capaci di mentire. Furono identificate 70 streghe: 23 confessarono e furono arse vive; le altre 47 furono mandate nella vicina Falun, dove anch’esse furono bruciate. Era opinione comune che i sabba fossero occasioni importanti, in cui le streghe incontravano il diavolo per adorarlo, ricevere istruzioni e abbandonarsi a orge di ogni genere. Migliaia di donne affermavano di avervi reso parte, quando stavano invece dormendo nei loro letti. Le confessioni venivano estorte con la tortura. Alcune donne confondevano le proprie fantasie e paure con la realtà, altre volevano vendicarsi di qualcuno. Spesso l’imputata era costretta a denunciare altre partecipanti di sabba. Le descrizioni di ciò che vi accadeva erano molto varie, ma la sostanza era abbastanza costante. Le streghe si recavano al sabba con il favore delle tenebre, con i mezzi dei trasporti magici, spesso a cavallo di manici di scopa. Giuravano fedeltà al diavolo, riferivano sulle proprie attività malefiche, poi banchettavano, danzavano e si abbandonavano a licenziosità di ogni genere. Una delle più grandi esplosioni di isteria collegata alla stregoneria fu quella intorno al 1690, a Salem, nel Massachusetts. Il famoso processo per stregoneria a carico di 141 persone ebbe inizio nel 1692, dopo che alcune ragazzine dei villaggi cominciarono inspiegabilmente a gemere e a urlare, sostenendo di essere state stregate da alcune donne del posto. Quattro anni dopo i processi di Salem i giurati firmarono una confessione in cui dichiaravano di essersi sbagliati, chiedendo perdono. Fatti straordinari cominciarono ad accadere il 22 agosto 1696 a Christian Shaw. Questa bambina di 10 anni fu colta da strane crisi, durante le quali perdeva la vista o l’udito. Altre volte il suo corpo si contorceva e si irrigidiva o si piegava all’indietro fino ad appoggiarsi al suolo con i piedi e la nuca. Poi parlava con persone che nessun altro, nella stanza, vedeva o veniva sbatacchiata contro le pareti e volava per i corridoi senza toccare terra. Sentiva dolori terribili in alcune parti del corpo, su cui apparivano ferite da pugnale e segni di morso. Vomitava ciuffi di capelli, manciate di paglia, fieno sporco di letame, cenere, spilli ricurvi e ossi di pollo. Ma in quelle crisi la bambina coinvolse 26 persone, facendo i nomi e raccontando di averle viste prendere parte a riti e danze con un uomo in nero, che ella affermava essere il diavolo, il quale, diceva, tentava di farle rinnegare i voti battesimali. Pur riluttanti, i religiosi chiesero che le 26 persone fossero arrestate per stregoneria. A ogni arrestato i dolori e i tormenti che Christian aveva collegato a quella particolare persona cessavano. I processi agli imputati ebbero inizio nel marzo del 1697. Il Michel de Notredame, noto con il nome latinizzato di Nostradamus, nasce in Provenza nel 1503. Studiò medicina a Montpellier, curò con coraggio e disponibilità molti appestati. Il suo interesse per la magia e l’occultismo lo portò a viaggiare in lungo e in largo e la sua fama di viaggiante si diffuse molto presto. Per le sue divinazioni Nostradamus usava un metodo antico: di notte guardava in una ciotola d’acqua posata su un tripode di ottone, finché l’ispirazione non s’impossessava di lui: allora udiva e vedeva gli eventi futuri. Sembra che Nostradamus abbia predetto il destino di Napoleone, la rivoluzione americana e la guerra di secessione. Malgrado una così lunga durata della sua influenza Nostradamus, che credeva che la conoscenza e l’intervanto umano permettesse di mutare l’avvenire, sarebbe molto deluso nel costatare quanto poco siano serviti all’umanità i suoi pronostici per evitare i disastri in cui è incorsa.
I PROCESSI ALLE STREGHE
Oggi alle streghe non ci crede più nessuno, eppure proprio “streghe” furono chiamate le donne che si pensava avessero a che fare con il demonio e predicassero le arti magiche.
Il termine strega, lo ritroviamo già in un’opera del poeta latino Orazio, in cui egli narra di un atroce sortilegio, perpetrato da quattro donne, definite streghe, ai danni di un bambino. Questi era stato sotterrato fino al mento e venne lasciato morir di fame, mentre le donne si divertivano a porre sotto il suo naso dei piatti succulenti per aumentare la sofferenza.
Ma i vari processi della streghe iniziarono già tra il XV ed il XVI sec., quando si era diffusa una vera e propria ossessione che aveva interessato anche la Chiesa riformata. Ogni volta che si verificavano della malattie sconosciute che colpivano la popolazione e il bestiame, la colpa veniva attribuita alle donne, dotate di forze occulte e soprannaturali, che partecipavano anche alle tregende del diavolo. Sembra che le donne accusate di stregoneria fossero soprattutto quelle emarginate dalla società.
Uno dei principali processi del XV sec. è quello di Biella del 1470 che vide coinvolta una certa Giovanna. In quel tempo l’Inquisitore era Nicola de Costantis. Giovanna di Salussola aveva sposato Antoniotto Monduro e non era sopportata da nessuno per la sua loquacità. Un giorno Giovanna predisse che sarebbe morto qualcuno della famiglia dei Monduro…e così fu: morirono i due figli di Atonia ed il figlio di Martino. Un’ altra accusa le fu mossa da un’altra strega, Maddalena, che vide Giovanna ad un sabba. Giovanna fu costretta a confessare tutto, ma soltanto quando fu messa sotto tortura per la seconda volta. Confessò di avere bevuto del “bariletto” (bevanda preparata con i bimbi uccisi), di essersi unita con il diavolo Zen, di avere calpestato la croce, di avere usato un “bastonetto” fatto con il grasso di un bambino ucciso, infine confessò di avere ucciso i figli di Atonia e di Martino. Prima di essere torturata pronunciò anche altri nomi di condannati.
Tra il 1506 ed il 1510 a Fiè dello Sciliar furono state processate complessivamente sette donne come streghe, costrette a confessare e poi arse vive sul rogo. Nel 99% dei casi, l’imputata venne condannata ed uccisa. A regolamentare i processi contribuirono due signori, Sprenger e Institoris con il “malleus maleficarum” (martello delle streghe). Il “martello delle streghe” non doveva lasciare alle streghe nessuna possibilità di sottrarsi al proprio destino, cioè al rogo. Di solito veniva fatta una sola esecuzione che, in alcuni casi, risultava anche superflua. La strega era del tutto impotente nei confronti dei persecutori, dei giudici e dei carnefici. Nella maggior parte dei casi le donne ad essere condannate erano al di sopra dei 40 anni ed erano vedove o non sposate.
In una cronaca del 1587 si legge che un’altra strega fu mandata al rogo, però di lei non si sa niente, ad eccezione del fatto che fosse morta tra le fiamme quando ormai era diventata vecchia.
Diciotto anni dopo a Cesena si svolse un altro processo di stregoneria ai danni di una donna di Rimini, che era stata condannata al rogo dopo che una testimone l’aveva vista trasformarsi in demonio sotto forma di un caprone nero. Altre storie, poi, ci conducono nella regione del Ponte Uso, dove si dice che ancora oggi viva ed operi uno stregone.
La caccia alle streghe, ci fu anche nella regione della Bregaglia in particolare nel XVII, dove più di venti streghe vennero decapitate o mandate al rogo. Molte volte sotto tortura gli accusati erano costretti a confessare ciò che non avevano fatto. Nell’ agosto del 1669 vi fu il caso di Catarina Sollara, che confessava di essersi sposata con suo marito grazie anche all’intervento del diavolo. La donna dichiarava di aver avuto commercio sessuale con il diavolo, ma di non aver provato alcun piacere. Inoltre dal diavolo aveva ricevuto un unguento per contaminare uomini ed animali. Molte volte i torturati chiamavano all’accusa anche dei complici ed i processi delle streghe avvenivano in tribunali civili. In Bregaglia, secondo quanto si legge in un documento di Sererhard, anche la Chiesa fu coinvolta nei processi. In questa regione i processi terminarono solo nel XVIII sec.
Mentre in Bregaglia si era nel pieno della caccia alle streghe, a Milano ebbe luogo l’ultima esecuzione. Il 12 novembre 1641 alla Vetra Anna Maria Palomea (la padrona) e Margarita Martignano (la sua serva) furono strangolate e arse sul rogo. Quando Federico Borromeo era arcivescovo di Milano il Tribunale dell’Inquisizione inviava un gran numero di streghe ai roghi della Vetra. Le varie donne che furono processate erano perlopiù donne che si servivano dei loro poteri per colpire i nemici dei loro clienti, per preparare filtri d’amore, ecc. Il processo più noto fu quello di Caterina dei Medici, accusata di avere fatto malefici al suo padrone, il senatore Melzi. Per la prima volta fu costruita una baltresca, una sorta di palco per l’esecuzione che permetteva alla popolazione di assistere allo strangolamento. Negli atti dei processi milanesi compaiono tutte le figure di questo panorama: fattucchiera, strega volante, diavolo, inquisitore, esorcista, capitano di giustizia, accusatori. I roghi di Milano si conclusero nel 1641 in modo grottesco: la corda utilizzata dal boia per impiccare Anna Maria Pamolea e la sua serva si spezzò due volte di seguito prima che fossero bruciate.
Nell’ambito europeo la caccia alle streghe termina solo nel XVIII sec. e numerosi storici hanno elaborato tante critiche e considerazioni riguardo a questo “mito” in Europa. Bernard Gui cerca di indagare le “bonae foeminae”, queste streghe che si credesse volassero di notte a seguito di divinità pagane, quindi considerate serve del demonio. Questa visione fu invece smentita dal Canon Episcopi. In particolare Nicolas Jacquier diceva nella sua opera che le donne che volavano con il demonio erano cosa diversa dalle streghe. Verso gli anni ’80 del XV sec. vi è il pensiero di Marina Romanello che si rifà a quello di Jacquier. Nel 1484 Innocenzo VIII pubblicò la bolla Summis desiderantes affectibus, con la quale delegava alcuni domenicani, come già detto Institoris e Sprenger, a scrivere il Malleus Maleficarum, che risultava essere il manuale inquisitoriale per eccellenza per ogni inquisitore. Dopo di ciò non abbiamo più una documentazione dettagliata di questi delitti.
Possiamo fare anche una sorta di schema riguardante la distribuzione delle cacce alle streghe nel Vecchio Continente:
EUROPA OCCIDENTALE e CENTRO OCCIDENTALE = 75% dei processi; il paese per eccellenza è la Germania.
ISOLE BRITANNICHE = le cacce furono più moderate; in Scozia si era puniti solamente per i reati gravi, mentre in Irlanda i processi furono molto scarsi.
SCANDINAVIA = pochissimi processi
EUROPA MERIDIONALE = vi furono a malapena 300 esecuzioni, quindi una persona su due veniva condannata.
Un discorso a parte va fatto per i vari tipi di torture inflitte durante i processi. Le torture fisiche venivano utilizzate per far raggiungere la pace spirituale al condannato, di solito venivano inflitte tre torture diverse, però pochi resistevano alla prima. Molte volte l’imputato, per porre fine a dolori atroci, dichiarava cose che non aveva mai fatto. Le torture preferite erano quelle che procuravano più dolore; ad esempio l’imputato veniva messo a testa all’ingiù per ore con una carrucola e poi veniva fatto cadere a terra. Esistevano anche vari strumenti per triturare gli organi genitali, vari oggetti appuntiti e la frusta usata anch’essa come strumento di tortura, così come il fuoco. Una particolare prova era quella dell’acqua: la sventurata veniva gettata in acqua con mani e piedi legati e, se galleggiava, era stata aiutata dal demonio e quindi veniva uccisa, altrimenti se andava a fondo era innocente, ma ormai morta.
TRIORA
“La caccia alle streghe” ha tormentato per anni il nostro paese, riservandole così un posto fra i tanti eventi della storia italiana. Questo fenomeno ebbe il suo culmine, in età moderna, in particolare nel ‘500. Furono tante le persone accusate di stregoneria e furono altrettante le città colpite da questo inquietante fenomeno. In Italia ricordiamo le famose “Streghe di Benevento” e i numerosi casi registrati a Triora, piccolo paese ligure in provincia di Imperia e ancora tanti altri misteriosi eventi nel resto d’Italia. La storia della valle di Triora è antichissima e ciò che la resa realmente interessante è quanto accadde nel 1587, difficile periodo a causa della terribile carestia che colpì il paese; accusate di questo fenomeno furono delle presunte streghe. Infatti la convinzione dei cittadini che la causa della piaga che affliggeva il paese, fossero i malefici di queste misteriose donne, portò a una serie di lunghi processi di cui subirono la sentenza circa 13 donne. Nel 1588 vi furono altri arresti, altre 30 le persone sospettate tra cui donne di ceto elevato. Il gran numero di accusati incominciò a spaventare ancor di più la popolazione soprattutto per un processo in particolare che stava portando il popolo a inquietanti situazioni di pericolo. Diversi Podestà, ovvero forestieri che restavano in carica per 2-3 anni a capo del parlamento cittadino, cercarono di affrontare la situazione Trioriana. Il Podestà che al meglio si occupò del fenomeno fu Giulio Scrivani. Durante questo periodo Scrivani mandava un minimo di 4 processi al mese a Genova,addirittura con la richiesta di condanna a morte. Molte delle donne che furono imprigionate morirono sotto le strazianti torture, alcune di loro invece venivano trovate morte nei carceri con una correggia intorno al collo, come per Giovannina e si pensò che in questo caso vi fosse stato l’intervento del maligno. Ma il caso più clamoroso fu quello di una certa Franchetta che non fu inquisita subito perché di famiglia benestante. Ma poi Scrivani riuscì ad arrestare anche lei. Poco dopo Franchetta fuggì. Ma quando rivenne nuovamente incarcerata fu sottoposta invano ad ore ed ore di cavalletta nella speranza che pronunciasse nuovi nomi. Non si sa se venne scagionata, sappiamo solo che morì alcuni anni più tardi. Dopo altri numerosi casi Scrivani lasciò le attività ormai sconvolto e in preda ad allucinazioni. Delle donne accusate non si sa che fine abbiano fatto: è rimasto segreto fino ad ora.
IL CASO DI ZUGARRAMURDI
Uno dei più importanti processi di stregoneria in Spagna fu istruito in un piccolo villaggio della Navarra, chiamato Zugarramurdi. Si trattava di un posto di frontiera, con circa duecento abitanti; come parrocchia dipendeva dal monastero di Urdax, abitato da un centinaio di persone. Nel 1608 a Zugarramurdi tornò Maria, una ragazza ventenne che quattro anni prima era emigrata con i genitori a Ciboire. Qui aveva avuto modo di assistere ad una caccia alle streghe ed aveva conosciuto il mito della stregoneria. Era ritornata solo per fare la donna di servizio. In seguito cominciò a raccontare in giro che a Ciboire aveva fatto parte per diciotto mesi di una conventicola stregonesca e che aveva anche conosciuto le streghe di Navarra, facendo dei nomi precisi. Infatti fu accusata di stregoneria una certa Maria de Jureteguia che non si oppose ad un confronto contro colei che l’accusava.
Pare che l’accusatrice fosse così abile nel descrivere certe situazioni che i parenti cominciarono a domandarsi se davvero Maria de Jureteguia non mentisse per nascondere la propria natura di strega. All’improvviso la donna fu colta da una sorta di svenimento e, quando tornò in sé, confessò di essere una strega. In seguito Maria accusò anche altri, che a loro volta confessarono. Nel dicembre 1608, poi, alcuni individui fecero irruzione nelle case di un certo numero di donne sospettate di stregoneria.
I mariti allora si rivolsero all’abate di Urdax. Egli però era un abate estremamente credulone; e così, quando indossò i paramenti sacri, intimò alla moglie di uno di questi uomini di confessare, cosa che la donna fece immediatamente. Nell’anno successivo avevano confessato con metodi più o meno simili sette donne e tre uomini. Così si tentò di risolvere tutta la faccenda tra paesani; infatti, sia streghe che stregoni chiesero perdono e furono perdonati. La notizia di tale avvenimento arrivò all’Inquisizione di Logrono e gli inquisitori Alonso Becera Holguìn e Juan del Valle Alvarado rimasero abbastanza perplessi; decisero allora di procedere “sperimentalmente”. Selezionarono un campione di streghe e le interrogarono. Senza torture fisiche, ma con torture psicologiche, le accusate, senza contatti con il mondo esterno, venivano sottoposte ad una continua fila di domande: non ci voleva molto di più per far confessare loro tutto quello che si voleva. Gli inquisitori, comunque, decisero di chiedere consiglio alla Suprema, la quale rispose inviando un questionario da usarsi negli interrogatori. Sempre in quel periodo a Becera e Valle si aggiunse un terzo inquisitore, Alonso de Salzar y Frìas. Egli era nato a Burgos nel 1564, da una famiglia di funzionari statali; quando lavorò con i due colleghi si rese ben presto conto di quanto fossero imbevuti del mito della stregoneria. Anche se credeva all’esistenza di una società stregonesca, sentiva il bisogno di prove più concrete. Infatti Salzar si oppose alla sentenza che diede luogo all’autodafè di Logrono nel 1610 e votò quindi contro i propri colleghi; alla fine però i tre inquisitori decisero di chiedere alla Suprema di inviare una persona competente per dirimere la questione. La Suprema rispose inviando un editto d grazia e incaricando proprio Salzar di applicarlo alla questione. L’anno successivo Salzar si mise in viaggio per raccogliere testimonianze. A Zugarramurdi le cose non andavano bene perché alcuni sospetti erano stati assolti, ma i loro guai non erano ancora finiti, poiché ci furono altre streghe che furono lapidate. In questa situazione Salzar rese noto l’editto di grazia e invitava coloro che desideravano beneficiare dell’editto a scaricare la propria coscienza venendo a deporre. I suoi interrogatori erano però ben diversi da quelli dei suoi colleghi, perché non c’erano torture, ma solo l’attento ascolto delle testimonianze e la loro valutazione razionale. Quando l’editto di grazia venne pubblicato a Santesteban, subito il paese si riempì di stregoni. Una situazione del genere fu prevista, perché fu ordinato ai paesani di ospitare forestieri. Salzar procedeva con il suo lavoro anche istruendo dei collaboratori e questo gli consentì di aumentare il numero delle testimonianze. Dopo molto tempo e dopo tanti interrogatori Salzar si convinse che molti avevano confessato puramente o semplicemente perché le donne accusate, a forza di sentirsi dire che erano streghe, avevano finito per crederci. La conclusione di Salzar, dopo aver terminato il suo lavoro, fu che l’autodafè aveva avuto luogo senza che ci fosse una sola vera prova. Non c’era stato alcun riscontro oggettivo ai supposti di stregoneria. Si era trattato di un macroscopico errore giudiziario.
Salem
Salem Village, Massachusetts, nel 1642 era una comunità rurale satellite staccatosi dal nucleo di Salem Town (il luogo dell'antica Salem Village corrisponde all'incirca all'odierna Danvers) f. Gli abitanti della Nuova Inghilterra erano "un popolo scelto da Dio perchè colonizzasse quei territori che una volta erano del diavolo",scrisse Cotton Mather, uno dei più noti ministri della colonia. La gente di Salem, come tutti i coloni puritani del Massachusetts, si consideravano soldati sempre in guerra contro il diavolo e il suo operato. Gli anni immediatamente precedenti il 1692 non erano stati facili. Invasioni di locuste e ripetuti periodi di siccità avevano distrutto i raccolti in tutta la regione, causando ristrettezze e miseria per la maggior parte dei coloni, la cui sopravvivenza era legata ai frutti della terra.
Come se tutto ciò non bastasse, un enorme incendio scoppiò a Boston nel 1691 distruggendo quasi tutta la città. Poco dopo questa tragedia giunse il terribile terremoto che rase al suolo Port Royal in Giamaica uccidendo circa duemila persone, per la maggior parte parenti e amici dei coloni del Massachusetts. A molti sembrò che questi disastri fossero parte di un piano del diavolo per cacciarli dalla Nuova Inghilterra e riprendersi i suoi territori. Fu in questa atmosfera di superstizione e crescente panico che nel 1692 scoppiò l'isterica caccia alle streghe. Con la rivoluzione che alcuni di loro "erano in combutta cl diavolo", per dare una spiegazione alle loro sfortune la gente trovò capri espiatori nel piccolo villaggio di Salem, che per dodici mesi, visse nell'incubo di una selvaggia caccia alle streghe.
Salem si era già guadagnato una certa reputazione per liti tra cricche rivali che desideravano controllare il paese e due ministri del culto se ne erano andati dopo essersi scontrati con la congregazione. Il loro successore fu il reverendo Samuel Parris, e i fatti che dovevano scuotere la tranquilla vita di Salem cominciarono proprio attorno al focolare della sua cucina. In precedenza Parris aveva commerciato nelle Indie Occidentali, ed era tornato dall'isola di Barbados con due schiavi: John Indian, un purosangue caraibico, e la moglie Tituba, la cui ascendenza era metà caraibica e metà africana. Essa era a conoscenza dell'obeah, la magia delle Indie Occidentali giunta dall'Africa con i suoi antenati. Nei primi mesi dell'anno 1962 Tutuba cominciò a mostrare i trucchi e gli incantesimi che conosceva alle due fanciulle della casa, Elizabeth e Abigail. Elizabeth, figlia di Parris, era una bimba tranquilla e ubbidiente di nove anni, mentre Abigail Williams, cugina e più vecchia di due anni, era di uno stampo diverso, maliziosa, infida e insincera. Non era interamente colpa sua, perchè i rigori di un'educazione puritana pesavano terribilmente sull'esuberanza di una ragazza che viveva in quei luoghi. A Salem erano poche le vie d'uscita dalla severa atmosfera, e nella casa dei Parris non ve ne erano del tutto, tranne che in cucina. Durante i lunghi pomeriggi invernali, ogni volta che lo zio e la zia erano fuori casa, Abigail correva ad ascoltare le storie di magia di Tituba, pregandola di leggere anche nel futuro. Elizabeth, per la quale la schiava nutriva un particolare affetto, veniva con la cugina e ne condivideva le gioie del proibito. Ben presto la cucina dei Parris fu meta di molte altre ragazze desiderose di sentirsi leggere il futuro. Tra queste Mary Walcott e Susanna Sheldon che vivevano vicino alla parrocchia. Da più lontano veniva la dodicenne Ann Putnam, figlia di una madre nevrotica, e Mercy Lewis, domestica in casa Putnam, una fanciulla particolarmente curiosa e portata ad origliare. Queste ragazze portarono con sé amiche e cameriere: Sarah Churchill, domestica in casa del vecchio George Jacobs; Elizabeth Hubbard, nipote della moglie del dottor Griggs, il medico del villaggio e domestica nella sua casa; Mary Warren, domestica in casa di John ed Elizabeth Proctor.
Il gruppo, composto da circa dieci ragazze, tutte al di sotto dei vent'anni, provò per la prima volta una sensazione eccitante che rompeva la monotonia della loro vita quotidiana, nonostante quel che facevano fosse assai pericoloso perché severe leggi dettate da un rigoroso puritanesimo vietavano di leggere nel futuro, considerandola una prerogativa del diavolo che portava a dannazione certa e al fuoco eterno dell'inferno. L'effetto sul fragile sistema nervoso delle ragazze fu inevitabile. Preoccupate per quel che avevano visto e sentito esse caddero ammalate e cominciarono a comportarsi in modo strano. La piccola Elizabeth Parris cadeva in trance guardando a lungo fissamente nel vuoto, dopo di che cominciava a gridare e si lasciava cadere a terra. Abigail si comportava allo stesso modo, emettendo dei suoni gutturali come se stesse soffocando, abbaiava come un cane e camminava su mani e piedi. Quando Parris pregava per la loro guarigione, Abigail si tappava le orecchie alle sante parole ed Elizabeth gridava e gettava attraverso la stanza la Bibbia di famiglia. Profondamente allarmato da questo comportamento, Parris chiamò il dottor Griggs che curò le bimbe con varie medicine, senza tuttavia ottenere alcun miglioramento. Alla fine scosse la testa e diagnosticò che erano in preda a un maleficio. I vicini colsero al volo la frase e dissero che le due ragazzine erano stregate. Mary Walcott e Susanna Sheldon ebbero delle convulsioni. Ann Putnam si muoveva carponi con movenze animalesche. L'intero villaggio era preoccupato: che cosa si poteva fare per aiutare le povere ragazze? John Proctor fu pronto a trovare una soluzione. Fece sedere Mary Warren al filatoio e le disse che se avesse avuto un altro attacco l'avrebbe legata. Essa guarì. Altri risero delle "bambine", così venivano chiamate nonostante avessero quasi vent'anni. Parris non era tra quelli che ridevano, né credeva nel rimedio di John Proctor. Egli chiamò aiuto dall'esterno, e in risposta alla sua supplica giunsero una mezza dozzina di ministri del culto da Salem Town e dalla vicina Beverly per pregare con le ragazze. All'inizio esse ascoltarono tranquillamente, ma presto un moto di insofferenza serpeggiò tra loro e cominciarono ad agitarsi ogni volta che veniva citato il nome di Dio. Alla fine si contorcevano sul pavimento, e le loro grida echeggiavano talmente alte da costringere i pastori ad abbandonare le loro preghiere. Parris allora si ricordò della schiava Tituba. Durante i suoi viaggi nelle Indie Occidentali aveva sentito parlare di "obeah" e "voodoo". I disturbi accusati dalla figlia potevano essere causati da qualche diavoleria del genere? Egli osservò attentamente Tituba, e un giorno la vide prendere qualcosa dalla cenere del camino e darla da mangiare al cane. Quando le chiese di che cosa si trattasse si sentì rispondere: "Una torta, signore". Parris si rese conto che la donna aveva preparato una "torta della strega". La torta della strega era fatta con farina di segale impastata con urina di bimbo e data in pasto a un cane. Si credeva che se il cane avesse cominciato a tremare, il bimbo sarebbe guarito. Tituba stava cercando di far guarire la sua amata Elizabeth.
Alla scoperta della torta, Parris fu assalito da un attacco di collera violenta e fustigò Tituba finché questa confessò di aver appreso le arti magiche nel suo paese, ma negò di essere una strega. Parris fece poi delle domande a Elizabeth sui suoi rapporti con Tituba finché la bimba scoppiò in pianto e confessò tutto sugli incontri che avvenivano in cucina. Dapprima le altre ragazze negarono la storia di Elizabeth, ma alla fine ammisero tutto quanto. Anche a questo punto la situazione avrebbe potuto essere contenuta entro certi limiti se Parris non avesse posto la domanda fatale. "Chi oltre a Tituba, è coinvolto in questa storia?". Abigail rispose: "Goody Good". ("Goody", abbreviazione di goodwife è intraducibile. Assieme al maschile goodman, questi due appellativi venivano usati per capifamiglia e denotavano rispetto e quasi deferenza nei confronti delle persone anziane e stimate. Alcune volte, come in questo caso, sono attribuiti anche a persone di condizione sociale inferiore, mai però a schiavi o servi). Sarah Good era una mezza vagabonda dalla reputazione piuttosto dubbia, che si arrangiava a forza di espediente, fumava la pipa, ed era disprezzata da tutti. "Chi altro?" "Goody Osborne". Anch'essa era considerata una donna di dubbia moralità. Benestante e a quanto pare un po' svanita di cervello e molto malata. Sposatasi tre volte, con l'ultimo marito aveva convissuto per un certo tempo prima di sposarlo (da qui la fama di immoralità), nessuno l'aveva mai vista in chiesa. Il 29 febbraio 1692 vennero emessi mandati di cattura per Tituba, Sarah Good e Sarah Osborne. Il giorno successivo fecero ingresso nel villaggio due magistrati di Salem Town: John Hathorne, antenato dello scrittore Nathaniel Hawthorne, e Jonathan Corwin. Gli interrogatori si tennero nella Casa delle Adunanze di Salem Village, edificio dove avvenivano le riunioni della congregazione. La prima ad essere sottoposta a interrogatorio fu Sarah Good, che negò di aver mai fatto ricorso a pratiche di stregoneria. Hathorne ordinò che tutte le bambine la guardassero bene per vedere se era lei la persona che le tormentava; allora esse la guardarono e dichiararono che era proprio lei. Subito dopo caddero in preda ai tormenti gridando che era lo spettro di Sarah Good a morsicarle e pizzicarle. La folla adunata nella sala osservava quel che stava succedendo con terrore, convinta che tutto ciò era dovuto al diavolo. Questi invisibili attacchi alle bambine dovevano giocare un ruolo essenziale nell'esame di tutti gli accusati, e nei successivi processi. Senza questa "prova diabolica", come venne chiamata, nessuno dei prigionieri avrebbe potuto essere imprigionato. La prova diabolica era basata sulla convinzione che il diavolo potesse assumere la forma fisica di una strega, e sotto tali spoglie ingannare il marito giacendo al suo fianco mentre essa presenziava a un sabba o, come a Salem, molestava coloro che la accusavano. Solo coloro che venivano tormentati riuscivano a vedere questi spettri, ma la loro esistenza venne comunque considerata un fatto reale. Si credeva inoltre che il diavolo potesse assumere le sembianze di una persona solo col suo permesso e non avrebbe mai potuto farlo con un innocente. Di conseguenza, chiunque fosse stato visto da uno degli accusatori veniva ritenuto colpevole e non serviva a nulla produrre un alibi. Il corpo fisico di una persona poteva benissimo stare alla presenza di un centinaio di testimoni, ma il suo spirito, col suo permesso, poteva tormentare gli accusatori.
Sottoposta a interrogatorio, Sarah Osborne negò di aver mai seviziato le ragazze. Le suddette fanciulle, presenti in aula, l'accusarono, dopo di che si agitarono e urlarono come se fossero sottoposte a ogni sorta di violenza. Hathorne chiese alla Osborne purché facesse loro del male, ma essa negò ogni addebito. Richiesta di spiegare come facesse a tormentarle a quel modo, pur restando fisicamente lontana, negò di aver mai fatto qualcosa del genere. Le venne chiesto allora chi fosse a farlo in vece sua. Essa avanzò l'ipotesi che fosse il diavolo ad assumere le sue sembianze senza che lei lo sapesse, ma la corte non la prese neppure in considerazione. Sarah Osborne venne rinchiusa in prigione dove morì due mesi dopo.
Alla fine comparve Tituba e la sua entrata venne accolta da violentissime reazioni da parte delle ragazze accusatrici, probabilmente terrorizzate all'idea di quel che poteva rivelare sugli incontri che avvenivano nella cucina dei Parris. Ma la sfortunata Tituba aveva imparato qualcosa dal duro trattamento riservatole dal padrone. Quando aveva negato di conoscere l'arte della stregoneria era stata picchiata, quando invece aveva "confessato" la punizione era cessata. Dinanzi ai magistrati cercò di usare la stessa tattica, e di nuovo funzionò. Hathorne le chiese: "Hai mai visto il diavolo?". Tituba rispose: "Il diavolo è venuto a trovarmi e mi ha ordinato di servirlo". Il pandemonio in aula cessò. Tutti gli occhi erano puntati su Tituba mentre narrava la sua storia. Così come una volta aveva tenuto le ragazze incantate accanto al fuoco, ora il pubblico non perdeva una parola di quanto diceva. Per tre giorni consecutivi narrò meraviglie. Il diavolo le si era presentato qualche volta sotto forma di gatto o di topo o di rospo, anche se la maggior parte delle volte compariva sotto le spoglie di un uomo di alta statura, vestito di nero e dai capelli bianchi. Egli le disse di essere Dio e le chiese di scrivere il suo nome nel libro che aveva con sè. Essa ubbidì firmando con "un segno rosso come il sangue". Era volata a un sabba e aveva incontrato delle streghe provenienti da Boston e da altre parti. Le forme di Sarah Osborne e Sarah Good, e di altre di cui non conosceva il nome, le avevano ordinato che tormentasse le bambine, anche la sua amata Elizabeth. Le persone presenti si sentirono sollevate all'idea che almeno una strega si fosse redenta e confessasse le sue malefatte, anche se davano loro fastidio "quelle altre forme". Chi potevano essere? Salem Village non doveva aspettare a lungo le altre candidate all'accusa. Martha Corey, con il suo ironico disinteresse per la spettacolare scenografia montata dalle ragazzine, fu la prima. Ann Putnam l'additò gridando, e venne arrestata. "Io sono una donna che vive secondo il Vangelo", essa disse alla corte. "E' una strega del vangelo!" gridò una delle ragazze, e tutte le altre presero a cantare in coro: "Strega del Vangelo! Strega del Vangelo!".
Una di esse indicò la finestra e disse che riusciva a vedere le streghe che si raccoglievano in quello stesso istante per un sabba sul prato antistante la Casa delle Adunanze. Gli astanti erano terrorizzati. Ann Putnam identificò in una strega Rebecca Nurse, da tutti considerata una santa donna. Anche l'inflessibile John Hathorne parlò in termini gentili a Rebecca quando gliela condussero dinanzi. Vecchia, fragile e sorda, madre amata di quattro maschi e quattro femmine, rispose alle domande che le venivano poste protestando la propria innocenza. La sua sincerità era tale che, nonostante il vociare delle ragazze, sembrò che il caso contro di lei venisse chiuso. Poi la voce della madre di Ann Putnam si levò sopra tutte: "Non ti sei portata appresso l'Uomo Nero?" Non mi hai minacciato di strapparmi l'anima dal corpo, ripudiando con parole oscene e orrendamente blasfeme il Signore Iddio benedetto?". "Mio Dio aiutami!", gridò Rebecca e tese le proprie mani in segno di sgomenta costernazione. Al che le fanciulle presenti tesero anch'esse le loro mani e da quel momento presero a copiare esattamente ogni
gesto che la sfortunata prigioniera faceva. Gli spettatori cominciarono a nutrire dei dubbi sulla innocenza di Rebecca, e la corte concluse che aveva stregato le bambine davanti ai loro occhi.
La caccia alle streghe stava avendo un crescendo vertiginoso e seguiva un tracciato prestabilito. Le fanciulle gridavano il nome di una persona, asserendo che il suo spettro le aveva tormentate, e quella persona veniva arrestata. Ad un primo interrogatorio l'accusato negava di praticare la stregoneria, al che le fanciulle venivano colte dai soliti attacchi. Questo fatto costituiva l'inconfutabile colpa del prigioniero che veniva condotto in attesa del giudizio. Con tale sistema vennero imprigionate le sorelle di Rebecca Nurse. Il 4 aprile venne arrestata anche Elizabeth Proctor, presso cui lavorava come domestica Mary Warren, una delle tormentate. John e Elizabeth Proctor abitavano in una fattoria di loro proprietà che confinava con quelle di George Jacobs senior e di Giles Corey. Essi vennero coinvolti nella caccia alle streghe soprattutto a causa di Mary Warren, i loro beni vennero confiscati, i figli incarcerati uno dopo l'altro, ed uno di essi (William) torturato. John fu impiccato; Elizabeth, condannata a morte, si salvò solo perchè incinta (in questi casi la legge inglese sospendeva l'esecuzione fin dopo il parto). Quando Elizabeth era stata arrestata, al marito, che era intervenuto in sua difesa, fu riservato lo stesso trattamento. In precedenza John Proctor aveva detto che le ragazzine avrebbero dovuto essere frustate ben bene perchè "se le lasceremo fare, diventeremo tutti quanti diavoli e streghe". Le sue parole si rivelarono successivamente vere. Due delle ragazze tormentate cominciarono a cambiare contegno cercando invano di sfuggire alla folle rete di accuse che aveva ormai imprigionato Salem. Quando John Proctor venne arrestato, Mary Warren si staccò dal gruppo delle accusatrici e le incolpò di simulazione: subito fu a sua volta accusata di stregoneria, denunciata e arrestata. Tentò di resistere, ma non vi riuscì; dopo un penoso alternarsi di dichiarazioni d'innocenza e di svenimenti, rientrò nel ruolo che le imponevano sia le sue compagne sia i magistrati e i concittadini. Anche Sarah Churchill ebbe un breve attimo di ripensamento dopo l'arresto del suo datore di lavoro, il vecchio George Jacobs ma, come Mary Warren, cedette ai pressanti interrogatori dei magistrati e testimoniò che Jacobs l'aveva costretta a firmare il libro del diavolo. Più tardi disse al pastore di Boston che l'aveva interrogata: "Se soltanto avessi detto al signor Noyer una volta di aver messo il mio nome sul libro, mi avrebbe creduto. Ma se gli avessi detto cento volte di no non mi avrebbe creduto". In aprile Salem raggiunse il culmine della psicosi grazie alla giovane Ann Putnam, leader degli accusatori, e spinta dalla madre nevrotica. Essa stava camminando accanto al prato della parrocchia, luogo identificato come punto dove le streghe si raccoglievano per i loro diabolici pasti a base di pane rosso e di sangue. Improvvisamente Ann Putnam si fermò e gridò: "Oh, povera me! Viene un pastore. Ma adesso anche i pastori sono streghe?". Essa non ne riconobbe le sembianze ma disse il nome. Era il reverendo George Burroughs, ex-pastore di Salem. Non è sorprendente che i magistrati esitassero prima di trarlo in arresto, ma la storia di Ann Putnam venne confermata da Mercy Lewis, che prima di essere domestica a casa Putnam lo era stata da Borroughs. I magistrati emisero un mandato di cattura. Burrough era pastore in una parrocchia nel lontano Maine, ma il lungo braccio della legge lo raggiunse e lo afferrò nel mezzo di un pasto. La legge catturò anche, su indicazione delle fanciulle, il capitano John Alden, un rispettabile capitano di mare la cui famiglia era giunta in America nel 1620 a bordo del "Mayflower". Quando guardò le fanciulle esse si mistero a gridare e caddero in preda alle convulsioni. Egli si volse ai magistrati e disse: "Perché non cadete a terra anche voi quando vi guardo?". Essi ignorarono la domanda e lo mandarono in prigione. Alden, deciso a non finire i suoi giorni appeso a una corda per le accuse di alcune ragazzine folli, corruppe il carceriere, e una mattina fuggì al galoppo in un luogo dove si tenne nascosto fino a quando la grande caccia alle streghe fu terminata.
In giugno le fanciulle avevano accusato altre cento persone, abitanti di Salem e di città e villaggi vicini. Le prigioni straripavano, ed era giunta ormai l'ora di portare alcune streghe a giudizio. Giunse il nuovo governatore britannico del Massachusetts, William Phips, che nominò un tribunale speciale, composto da sette giudici e presieduto da William Stoughton, di 61 anni. Uomo freddo e spietato, agì con implacabile fermezza, fu un inflessibile fautore della caccia alle streghe e non ebbe mai dubbi sulla correttezza dei processi del 1692. Il 2 giugno entrò in aula la prima sospetta strega, Bridget Bishop, che gestiva una specie di taverna. Certi lati del carattere di Bridget urtavano l'etica puritana: ossia il fatto che il suo mestiere fosse legato al gioco e al divertimento e che si vestisse in un certo modo (usava insolita biancheria di pizzo). Parecchi uomini testimoniarono di averla sognata, o meglio essa aveva inviato la propria immagine a disturbare il loro sonno. Giudicata colpevole, il 10 giugno venne impiccata per stregoneria su un'altura appena fuori città,
chiamata poi Collina delle streghe. Quando la corte si riunì di nuovo alla fine di giugno fu il turno di Rebecca Nurse, che venne giudicata assieme ad altre quattro donne, tra le quali v'era Sarah Good. La giuria non ebbe difficoltà a trovare le altre quattro colpevoli, ma quando toccò a Rebecca che continuò a ripetere di "non avere mai tormentato un bimbo, no, proprio mai", la giuria non riuscì a mettere in dubbio le sue parole. C'era anche la testimonianza di sua figlia Sarah che colse in flagrante simulazione una delle accusatrici. "...la vidi tirar fuori dagli abiti alcuni spilli, metterseli tra le dita, e quindi afferrarsi le ginocchia con ambo le mani: e poi ella gridò accusando Goody Nurse di pizzicarla e tormentarla". La giuria trovò che Rebecca Nurse non era colpevole. Stoughton si sentì oltraggiato e pregò la corte di riconsiderare il verdetto. Questa volta essi emisero la sentenza che desiderava: colpevole, il19luglio Rebecca fu impiccata insieme alle altre.
Questa seconda ondata di impiccagioni gettò il panico tra le rimanenti accusate e coloro che le ritenevano innocenti. Alcune delle giustiziate avevano una reputazione dubbia, ma se la giuria aveva trovato colpevole Rebecca Nurse, non v'era via di scampo per nessuno. Alcune accusate cominciarono a "confessare", perchè era risaputo che chiunque avesse ammesso di essere una strega veniva risparmiata. Dissero di essere state visitate dal diavolo sotto varie forme d'animale per persuaderle a far del male ai loro vicini. Più tardi tutte quante ritrattarono queste confessioni dicendo che lo avevano fatto solo per avere salva la vita. Presumibilmente le autorità tennero in vita coloro che avevano confessato nella speranza che potessero incriminare altre persone. Qualunque sia la ragione, rimane il fatto che soltanto coloro che avevano continuato a professare la loro innocenza salirono al patibolo. In agosto il terzo gruppo di prigionieri venne processato, e tutti vennero giudicati colpevoli. Ormai, però, alcuni abitanti del Massachusetts cominciarono a organizzare petizioni chiedendo processi più onesti e imparziali. Ma il movimento non era ancora sufficientemente forte per sopraffare la credenza popolare che il diavolo girava per le strade del Massachusetts cercando di sovvertire il governo di Dio sulla Terra avvalendosi delle macchinazioni delle sue streghe. Come si poteva mettere in dubbio la malvagità dei prigionieri, si chiedevano coloro che credevano nella stregoneria, quando gli effetti sulle fanciulle tormentate erano visibili a tutti coloro che partecipavano ai processi? Cotton Mather, un convinto assertore della stregoneria i cui scritti sull'argomento erano ampiamente letti a Salem, si recò al villaggio e prese parte al processo di George Burroughs, dichiarando che era tutto in regola. Quando Burroughs fu condotto al patibolo successe una cosa incredibile: col cappio attorno al collo cominciò a recitare il Padre Nostro. La folla si aspettava che facesse l'inevitabile errore, si supponeva infatti che le streghe non fossero capaci di recitare questa preghiera correttamente perchè ai sabba la recitavano all'incontrario. Ma Burroughs lo recita in modo perfetto e con un sentimento tale che tra la folla cominciò a serpeggiare la convinzione che, dopo tutto, non poteva essere colpevole. Vi fu perfino un tentativo per rilasciarlo, che sarebbe anche riuscito se Cotton Mather non avesse arringato la folla dicendo che, qualche volta, il diavolo poteva camuffarsi da angelo del cielo. Così Burroughs fu impiccato. Tra quelli giudicati colpevoli assieme a Gurrough c'erano George Jacobs e John ed Elizabeth Proctor. Jacobs e Proctor vennero impiccati, ma la data dell'esecuzione di Elizabeth venne posticipata perchè la donna era incinta. Il 22 settembre si ebbe l'ultima e più numerosa ondata di impiccagioni. I processi si svolsero tra il 9 e il 17 e si conclusero con ben quindici sentenze capitali, di cui solo otto furono eseguite. Tra le accusate Tituba e Martha Cory, già incontrata perchè derideva le ragazze. Una sedicesima persona, l'ottantenne marito di Martha Cory, Giles, era stata portata in giudizio, ma il suo caso presentava un problema. Alla domanda di rito: "Vi ritenete colpevole o innocente?", Giles Cory si rifiutò di rispondere. Secondo le leggi inglesi, e quindi della Nuova Inghilterra, rifiutarsi di rispondere a questa domanda preliminare costituiva reato di insolenza contro l'autorità e ribellione alla legge. Il silenzio era punito con la cosiddetta "peine forte et dure". L'imputato veniva messo a giacere sotto un enorme peso, e di tanto in tanto gli si faceva nuovamente la domanda; se persisteva nel silenzio, il peso veniva lentamente aumentato fino a che o si aveva la risposta (e quindi ne seguiva il processo) o si aveva la morte per stritolamento. I giudici ordinarono che a Cory fosse inflitta la "peine forte et dure" e venne portato in un campo presso il tribunale. Dopo due giorni di agonia Giles Cory moriva. Tre giorni dopo sua moglie, assieme ad altre sette, veniva impiccata. Gli altri riconosciuti colpevoli, tra cui Tituba, avendo confessato, vennero rimandati in prigione. Prima che la Corte si riunisse nuovamente le fanciulle superarono se stesse. La gente aveva pensato che giustiziare le streghe avrebbe ridotto le sofferenze delle ragazze, ma doveva ben presto scoprire che le cose non sarebbero affatto andate in questo modo. Ad ogni strega che saliva al patibolo le ragazze trovavano qualcun altro da accusare. Alla fine esse gridavano nomi che anche gli inquisitori più influenzabili non potevano accettare, ad esempio alcuni parenti dei giudici e la moglie del governatore, Lady Phips. Durante la maggior parte del processo alle streghe il governatore era stato a combattere gli Indiani presso il confine canadese. Quando apprese quel che era successo in sua assenza, egli insultò aspramente Stoughton e fece fermare ogni attività della sua Corte Suprema. Alla fine le voci più sagge vennero ascoltate. Le implicazioni teologiche furono esaminate da un certo numero di pastori, nessuno così credulo come Samuel Parris o Cotton Mather. Il padre di Cotton, Increase Mather, presidente dell'Harvard College, dichiarò: "E' meglio che dieci streghe sospette sfuggano alla morte piuttosto che una sola innocente sia condannata". Nominata una nuova Corte, la prova diabolica non venne più riconosciuta. Le esecuzioni dei prigionieri vennero sospese, le accuse contro di loro caddero e le prigioni cominciarono a svuotarsi. Il 14 gennaio 1693 il governatore Phips concesse perdono a tutti coloro che erano stati accusati di stregoneria. Il Massachusetts si era liberato dall'incubo delle streghe, e riprese la solita via. Ma a Salem le ferite continuarono a dolere per generazioni. Durante il periodo d'isterismo, le fanciulle si erano rese responsabili dell'arresto di quasi duecento persone, di cui trenta vennero condannate a morte. Diciannove furono impiccate, due esecuzioni rinviate perchè le donne erano incinte, vennero alla fine sospese, e cinque sfuggirono alla morte dopo che era stata emessa la sentenza. Quando la tempesta si calmò più di centocinquanta streghe rimasero in prigione, e nonostante fosse stata sospesa l'esecuzione, prima di essere rilasciate dovettero pagare le spese giudiziarie e di detenzione. Tituba fu tra le ultime a essere rilasciata perchè Parris si rifiutò di pagare per lei, e per far fronte alle spese, fu venduta a un altro padrone. Parris stesso, nel 1697, fu costretto a rassegnare le dimissioni da ministro di Salem.
Sembra non vi sia dubbio che a Salem sia stato praticato un certo tipo di magia bianca. Tituba si dilettava di stregoneria, e probabilmente furono proprio i suoi incantesimi esotici e le predizioni del futuro a creare gravi squilibri nelle menti della piccola Elizabeth Parris e delle sue compagne. I puritani condannarono tutte quelle superstizioni, qualunque fosse il loro paese d'origine, ma nonostante ciò la superstizione continuò ad esistere. I puritani consideravano queste attività come opera del diavolo, ma a dire il vero essi vedevano il diavolo in qualunque cosa fosse contraria alla loro concezione morale; anche la ribellione naturale degli adolescenti venne interpretata come opera del diavolo. Le ragazzine di Salem scoprirono presto che le convulsioni davano loro un'opportunità d'oro per sfuggire ai rigori di un'educazione strettamente religiosa indulgendo in qualsiasi genere di comportamento oltraggioso senza paura di essere punite. Ma quale spiegazione dare a questo comportamento bizzarro? Gli adulti erano apparentemente desiderosi, quasi morbosamente avidi di credere che fossero stregate. Infatti, sia il medico che il pastore incoraggiarono l'idea, e una volta mossa la prima accusa, era impossibile tornare indietro. Se mai le fanciulle avessero avuto un attimo di esitazione, c'erano sempre i "grandi", e in modo particolare la madre di Ann Putnam, ad incitarle. La caccia alle streghe può essere cominciata come una confusione mentale venutasi a creare in alcune delle ragazze più impressionabili, come Elizabeth Parris, ma venne rinfocolata da ripicco, dispetto, desiderio di essere al centro dell'attenzione e di provare nuove ed eccitanti sensazioni. "Lo abbiamo fatto per divertimento", ammise una delle ragazze. "Dovevamo pure divertirci un po'". Per soddisfare questo loro desiderio, e credessero o meno alle proprie accuse, le prime delatrici di Salem agirono comunque su una base di connivenza e omertà che ebbe il suo epicentro nel gruppo delle presunte indemoniate e di chi sosteneva il loro atteggiamento, ma trovò un pubblico che divenne co-protagonista del dramma. Ventidue concittadini morirono, anche se non è nulla al confronto delle centinaia di migliaia che persero la vita in Europa, spesso dopo terrificanti torture. Salem deve in parte la sua fama al fatto che riacquistò il buon senso, e in parte all'abbondanza di opuscoli, diari, lettere e verbali dei processi che permettono ai protagonisti di tornare sulla scena. Dopo i fatti terribili di 300 anni or sono, la città ha imparato a convivere con questa fama.
Classe III A
Indirizzo socio-psico-pedagogico
Istituto Magistrale Statale “Pomponio Leto”
Teggiano
Anno scolastico 2002/2003
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
fonte: http://www.liceoteggiano.it/Testi/LE%20STREGHE.doc

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