La follia

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Nietzsche e la follia

 

Alcuni interpreti di Nietzsche, specie francesi, danno grande valore alla pazzia di Nietzsche. Per loro Nietzsche impazzì quando il suo spirito si aprì a dismisura e non poté più essere contenuto nella forma umana. Nella pazzia Nietzsche si sarebbe ritirato, in disdegno ai limiti umani, per vivere infine la vita libera dell'infinito per la quale era maturato. Di Nietzsche si sanno cose, dette o fatte durante i dieci anni di pazzia, che dimostrano il perdurare affievolito della precedente nobiltà intellettuale e morale. Già il suo famoso abbraccio del cavallo frustato dal vetturino a Torino, come anche alcuni dei suoi "biglietti della follia", inviati ad amici e personaggi dell'epoca subito dopo lo scoppio della pazzia ai primi di gennaio del 1889, sono sublimi. Ad esempio, quello inviato a Frau Cosima Wagner, Bayreuth: "Alla principessa Arianna, mia amata. Che io sia un uomo, è un pregiudizio. Ma io ho già vissuto spesso fra gli uomini e conosco tutto ciò che gli uomini possono provare, dalle cose più basse fino a quelle più alte. Sono stato Buddha tra gli indiani e Dioniso in Grecia, - Alessandro e Cesare sono mie incarnazioni, come pure Lord Bacon, il poeta di Shakespeare. Da ultimo, ancora, sono stato Voltaire e Napoleone, forse anche Richard Wagner... Ma questa volta vengo come Dioniso il vittorioso, che farà della terra una giornata di festa... Non avrei molto tempo... I cieli si rallegrano che io sia qui... Sono stato anche appeso alla croce...". I particolari della sua vita da pazzo sono orripilanti e miserevoli:  il suo amico Overbeck, che era andato a prenderlo a Torino per riportarlo in Germania, racconta in una lettera a Peter Gast che trovò Nietzsche "accoccolato in un angolo del sofà", intento a leggere le correzioni del suo pamphlet Nietzsche contra Wagner. Scorgendo Overbeck, Nietzsche gli si getta al collo e scoppia in un fiume di lacrime, poi ricade in sussulti sul sofà". Gli si fa bere del bromuro e allora subito l'umore cambia: Nietzsche ride e parla del grande ricevimento preparato per la sera. Poi, "dando smisuratamente in alti canti e furori al pianoforte brandelli del mondo di idee in cui era vissuto alla fine, prorompeva fuori, e qui anche in brevi frasi, pronunciate in tono smorzato, lasciava percepire di sé, come successore del Dio morto, cose sublimi, meravigliosamente acute e orribili, interpungendo il tutto al pianoforte, cosa a cui seguivano di nuovo convulsioni e scoppi di indicibile sofferenza". L'incomparabile stilista, dice Overbeck, era ormai in grado di comunicare le estasi della sua allegria solo con le "espressioni più triviali, danze e salti scurrili". Confidandosi con l'amico Bernoulli, Overbeck precisò poi che "a Torino gli si offrì uno spettacolo che incarnava in maniera orribile l'idea orgiastica del furore, quale era alla base della tragedia antica": Nietzsche ballava nudo col fallo eretto. Di solito Nietzsche era calmo, ma talvolta emetteva di notte urli animaleschi e una volta fu sul punto di strozzare la madre. Dalla cartella clinica del manicomio di Jena, in cui Nietzsche fu rinchiuso dal gennaio 1889 al marzo 1890, si apprendono fra gli altri i seguenti particolari: "Fame da lupo", "Imbrattato di escrementi", "Tira calci a un altro malato", "Fa molto chiasso. Necessario l'isolamento", "Nonostante 3,0 di cloralio, strepita continuamente. Necessario isolarlo", "Accessi di collera senza motivo", "Urina nello stivale e beve l'urina", "Di notte dev'essere sempre isolato", "Rotta improvvisamente una finestra", "Si cosparge di escrementi", "Mangia escrementi", "Rompe un bicchiere per proteggere l'accesso a lui con schegge di vetro", "Prende l'infermiere capo per Bismarck". Quest'ultimo particolare conferma ancora una volta la sua megalomania. Il suo trasporto da Torino, a Basilea e poi in Germania fu difficile. Quand'era fuori, ne faceva di tutti i colori: urlava, cantava chiamava, inseguiva o voleva abbracciare la gente. Si riuscì a fargli fare il viaggio con relativa calma mediante dei trucchi escogitati dai suoi accompagnatori. Funzionavano soprattutto quelli che facevano leva sulla megalomania. Quando Nietzsche rifiutava di alzarsi dal letto per partire, gli fu detto che si erano preparati per lui grandi ricevimenti e festeggiamenti. Allora egli si alzò, si vestì e seguì gli altri alla stazione. Qui, per evitargli di abbracciare le persone, gli si disse che ciò non si addiceva a un principe come lui. Quando il treno partì, Nietzsche cantava una canzone napoletana di pescatori (Piscatore 'e stu mare 'e Pusilleco?) che sconvolse Overbeck. Durante il viaggio, il dottor Bettmann si applicò una dentiera posticcia che rendeva il suo aspetto spaventoso, per evitare che altri entrassero nello scompartimento. Nessuno entrò. Per l'arrivo a Basilea fu detto a Nietzsche che lui era un principe; che alla stazione l'aspettava una folla festosa, ma che lui doveva passarle davanti senza salutare e andare verso la carrozza che lo aspettava. Anche questo trucco funzionò. Nietzsche durò in questo stato quasi undici anni, spegnendosi lentamente. La morte sopravvenne a Weimar il 25 agosto del 1900. Frattanto era caduto nelle mani della sorella, la quale "prese in appalto la fama del fratello", come dice Anacleto Verrecchia. Elisabeth si fa dare dalla madre i diritti sulle opere del fratello, quindi si dedica a quelle attività che, diffondendo anche con la falsificazione di fatti e documenti la fama del fratello, la accrescono a dismisura. Ciò avviene specialmente col nazismo, che sceglie Nietzsche come suo ideologo. Per tutte queste ragioni, non si può fare l'elogio della pazzia di Nietzsche, che non ha il valore di quella elogiata da Erasmo. Per conoscere ed esaltare il grande valore di Nietzsche, occorre vedere questo pensatore, storicamente, qual era e voleva essere: allievo dei classici ed erede della grande cultura del suo paese, da moralista-poeta con risvolto scettico, fedele alla sua vocazione, che lo aveva già portato, nell'aurora della sua vita, a santificare tutte le giornate e a considerare tutti gli uomini sacri. Questo è stato il caso di Nietzsche, la cui follia, dopo una breve fase di produzione confusa, disarticolata e che suscita tante ipotesi da parte degli interpreti dell'opera di Nietzsche, a un certo punto cade in un silenzio assoluto, interrotto solo nel corso degli anni qua e là. Ecco, questo è un caso dove la follia è devastante. E c'è chi ha voluto scorgere in alcuni aspetti sconcertanti della filosofia nietzscheana la prova lampante che la sua mente fosse già malata, leggendo la sua follia come un effetto della sifilide contratta in passato. Vi è poi stato chi ha sostenuto che la follia fu causata dalla filosofia stessa elaborata dal pensatore; e in effetti certi aspetti di essa tendono a sfuggire ad ogni logica umana, a schizzare via da ogni forma di comprensibilità; in certi punti il pensiero si smarrisce letteralmente e questo avvitamento estremo della filosofia lo avrebbe portato alla follia.
La natura della sua follia resta ancora un mistero. Nei frammenti teorizzava l'autodistruzione della reputazione tramite una follia recitata come una forma di ascesi superiore. Alcuni studiosi, fra cui Paul-Julius Moebius, hanno attribuito l'origine della follia alla sifilide (contratta durante un incontro sessuale con una prostituta): si sarebbe trattato, quindi, di una sorta di paralisi progressiva del sistema nervoso, ma altri, come ad esempio Jaspers, hanno sottolineato che causa del collasso nervoso avrebbe potuto essere anche l'enorme tensione dovuta allo sforzo creativo e filosofico svolto negli anni precedenti.

Fonte: https://diegomanetti.files.wordpress.com/2014/12/nietzsche-filosofia-e-follia.doc

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