Fisica dialogo dei Massimi Sistemi

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Fisica dialogo dei Massimi Sistemi

Dialogo dei Massimi Sistemi

Galileo scrisse intorno al 1630 il “Dialogo” nella forma di una conversazione fra tre personaggi: Salviati, Sagredo e Simplicio. Salviati, di nobile famiglia fiorentina, rappresenta lo stesso autore, in particolare l'intelligenza matematica della nuova scienza. Simplicio incarna la scienza conservatrice e pedante che non riconosce altri argomenti che quelli ammessi nelle opere passate. Sagredo che funge da moderatore neutrale rappresenta l'intelligenza depurata dai pregiudizi della tradizione e del senso comune e, di conseguenza, aperta alla nuova verità. Il Dialogo che dura quattro giorni è appunto diviso in quattro giornate. La prima giornata è dedicata essenzialmente alla contestazione radicale della cosmologia aristotelica, in particolare alla distinzione dei corpi fra celesti e sublunari. Nella seconda e terza giornata, si cerca di dimostrare la possibilità dei moti terrestri, ricorrendo, ad esempio, all'argomento della relatività del moto. La quarta introduce, infine, quello che, per Galileo, è l’argomento più valido a sostegno della mobilità terrestre, l’esistenza delle maree. Ma la preoccupazione di eliminare ogni azione a distanza, lontana dalla sue conoscenze meccaniche, conducono lo scienziato fuori strada, indirizzandolo verso una spiegazione errata del flusso e del riflusso del mare.
Nell'agosto del 1632 la vendita del Dialogo venne proibita e nell'ottobre Galileo fu citato a Roma dall'Inquisizione. Seguì il processo; nel giugno 1633 il libro veniva proibito e Galileo doveva firmare l'abiura.

Dalla prima giornata. Eliminare la distinzione tra cielo e terra

In questo passo Simplicio, il difensore del sistema aristotelico, reagisce scandalizzato e inorridito dalla portata sconvolgente dell’affermazione di Salviati, che sovverte e sconquassa la distinzione fra cielo e terra, ma non è in grado di sostenere la propria tesi, favorevole all’inalterabilità dei corpi celesti, con veri argomenti scientifici. Sagredo, invece, respinge fieramente i timori di Simplicio, sostenendo che la perenne trasformazione dei corpi, come il nascere e il morire, non sono segno di inferiorità. Solo il terrore della morte ha potuto, a suo avviso, indurre gli aristotelici, che tanto esaltano l’inalterabilità, a ritenere perfetto ciò che è immutabile. Sagredo condannerebbe questi adoratori dell’incorruttibilità ad incontrare lo sguardo pietrificante della mitologica Medusa. In tal modo, ridotti a statue, diverrebbero finalmente incorruttibili e perfetti. Secondo Sagredo non si può immaginare sciocchezza maggiore di quella di chi reputa superiori le gemme e l’oro al “vilissimo fango”: solo in quest’ultimo, infatti, vi sono le forze vitali e materiali della natura, capaci di far nascere e crescere il gelsomino o l’ ”arancino della Cina”. Per Simplicio, invece, tutti gli astri non possono che essere come le gemme, incorruttibili, in quanto finalizzati “all’utile” e “al diletto” degli uomini. Sagredo inoltre sottolinea la contraddizione tra l’ingenuo antropocentrismo di Simplicio e la sua convinzione che solo quanto abita sulla sfera sublunare sia soggetto a corruzione e degradazione: per un curioso paradosso Simplicio considera infatti tutti i perfetti corpi celesti del tutto subordinati a quella Terra che, nella sua stessa visione del mondo, essendo mortale, è concepita invece come misero ricettacolo di immondizie e brutture.

 

SIMPLICIO: Veggo in Terra continuamente generarsi e corrompersi erbe, piante, animali, suscitarsi venti, pioggie, tempeste, procelle, ed in somma esser questo aspetto della Terra in una perpetua metamorfosi; niuna delle quali mutazioni si scorge ne’ corpi celesti, la costituzione e figurazione de’ quali è puntualissimamente conforme a quelle di tutte le memorie, senza esservisi generato cosa alcuna di nuovo, né corrotto delle antiche.

SALVIATI: Ma, come voi vi abbiate a quietare su queste visibili, o, per dir meglio, vedute, esperienze, è forza che voi reputiate la China e l’America esser corpi celesti, perché sicuramente in essi non avete vedute mai queste alterazioni che voi vedete qui in Italia, e che però, quanto alla vostra apprensione, e’ sieno inalterabili.

SIMPLICIO: Ancorché io non abbia vedute queste alterazioni sensatamente in quei luoghi, ce ne son però le relazioni sicure: oltre che, cum eadem sit ratio totius et partium, essendo quei paesi parti della Terra come i nostri, è forza che e’ sieno alterabili come questi.

SALVIATI: E perché non l’avete voi, senza ridurvi a dover credere all’altrui relazioni, osservate e viste da per voi con i vostri occhi propri?

SIMPLICIO: Perché quei paesi, oltre al non esser esposti a gli occhi nostri, son tanto remoti che la vista nostra non potrebbe arrivare a comprenderci simili mutazioni.

SALVIATI: Or vedete come da per voi medesimo avete casualmente scoperta la fallacia del vostro argomento. Imperocché se voi dite che le alterazioni, che si veggono in Terra appresso di noi, non le potreste, per la troppa distanza, scorger fatte in America, molto meno le potreste vedere nella Luna, tante centinaia di volte più lontana: e se voi credete le alterazioni messicane a gli avvisi venuti di là, quai rapporti vi son venuti dalla Luna a significarvi che in lei non vi è alterazione? Adunque dal non veder voi le alterazioni in cielo, dove, quando vi fussero, non potreste vederle per la troppa distanza, e dal non ne aver relazione, mentre che aver non si possa, non potete arguir che elle non vi sieno, come dal vederle e intenderle in Terra bene arguite che le ci sono.
Prima giornata, tratto da G.G. Dialogo, Oscar Mondatori, 2004, pag.50

 

Dalla seconda giornata. Sul movimento della Terra.

Nella seconda giornata Galilei rintuzza tutte le obiezioni portate da Aristotele in poi contro il movimento della Terra. Di particolare rilievo sembra l'argomento con il quale è confutata la convinzione secondo cui se la Terra si muovesse, i gravi non dovrebbero cadere a perpendicolo ai piedi del luogo da cui sono lanciati, ma obliquamente, perché, durante i tempi di caduta, la terra girando si dovrebbe spostare. Galilei risponde con la celeberrima teoria detta, appunto, della "relatività galileiana". La Terra e l'atmosfera che la circonda formano un unico sistema all'interno del quale i fenomeni, partecipando tutti al movimento della Terra, si comportano come se questo non esistesse. Ecco il famoso paragone della nave, i cui abitanti sono assimilati a quelli del nostro pianeta:
"Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coperta di alcun grande naviglio, e quivi fate di aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anche un gran vaso d’ acqua, e dentrovi dei pescetti, sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’ acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto in basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza, e i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all’ amico alcun cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno uguali, e saltando voi, come si dice, a piè giunti, egual spazii passerete verso tutte le parti.


Quando la nave è in moto,  a velocità costante e senza scosse, gli stessi fenomeni avvengono nella stessa maniera. Saltando verso prua o verso poppa a piedi pari con la stessa forza si supera la stessa  distanza vale a dire che saltare verso prua non è più faticoso che saltare verso poppa.

Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benchè niuno dubbio vi sia che mentre il vassello sta fermo non debbano succedere così; fate muovere la nave con quanta si voglia velocità: ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, nè da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina oppur sta ferma..."
                Salviati, Seconda giornata, tratto da G.G. Dialogo, Oscar Mondatori, 2004, pag.196

 

Quindi se decidiamo di studiare qualche oggetto da un sistema di riferimento inerziale SRI (cosa sempre molto conveniente) qualsiasi sistema scegliamo troveremo sempre le stesse leggi fisiche, poiché non sono presenti, in un SRI, forze non presenti negli altri. Questo è detto "principio di relatività di Galileo".

Il sistema copernicano  era criticato dalla Chiesa e dall' autorità di Aristotele ma soprattutto dal senso comune: se la Terra girasse intorno al Sole , dicevano gli avversari di Copernico e di Galileo , noi dovremmo per forza accorgercene . Dovremmo , per esempio, sentire l' aria in faccia come quando si va a cavallo. E' molto più vicino al senso comune dire che la Terra sia ferma che non che si muova : a tutti , infatti, pare ferma. Galileo si difende da questa obiezione mossagli che la Terra, come il " navilio ", va considerata come sistema chiuso; noi che vi abitiamo siamo chiusi dall' atmosfera terrestre e percepiamo le cose come le si percepiscono in un sistema chiuso (come se fossimo sotto coperta in una nave ). Così come i pesci nella cabina della nave non rimangono schiacciati contro la parete della boccia né tantomeno si accorgono che la nave é in movimento, così gli uccelli sulla Terra non si accorgono che essa gira e possono volare senza essere tirati indietro dal girare del nostro pianeta .

 

 

C'è ancora da osservare che un sistema di riferimento terrestre, essendo legato a un oggetto animato da due moti rotatori, non è un sistema inerziale, ma, usualmente, si comporta grosso modo come tale, per il debole effetto delle rotazioni terrestri su di esso. Tuttavia, la non inerzialità di un sistema terrestre può essere evidenziata da opportuni esperimenti. Ad esempio, se un oggetto cade a perpendicolo dalla cima di un’altissima torre, il punto in cui raggiunge il terreno è posto a est della base della torre cioè la pietra non solo non cade indietro , ma cade leggermente avanti rispetto alla torre perché dobbiamo tenere in considerazione la velocità angolare . La velocità lineare di oggetti che hanno medesima velocità angolare muta a seconda della distanza di questi oggetti dal centro. Per cui la velocità lineare non é identica tra la base della torre e la sua cima. La velocità lineare mia ( che sono in cima alla torre ) e della pietra ( che é in mano mia ) é un pò maggiore rispetto a quella della base della torre perché siamo più lontani dal centro della Terra ( il centro di rotazione ) ; in una situazione ideale , lasciando cadere la pietra che ha velocità lievemente maggiore rispetto alla base della torre , allora la pietra ( che secondo il principio di inerzia dovrebbe continuare indefinitamente in questo percorso ) , compie una parabola e cade un pò più avanti (fenomeno della caduta dei gravi verso Oriente). Galileo avrebbe, invece, affermato che l'oggetto cade esattamente ai piedi del monte, e un suo avversario aristotelico, che l'oggetto cade a ovest del monte, e avrebbero sbagliato entrambi.

 

Fonte: http://www.fisicaweb.org/doc/relativita/Dialoghi.doc

Sito web da visitare: http://www.fisicaweb.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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