Il modello atomico di Thomson

Il modello atomico di Thomson

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Il modello atomico di Thomson

Atomo

L’atomo (α+ τομος= indivisibile) è la parte che costituisce la materia del mondo macroscopico.
Più atomi formano le molecole, mentre a loro volta gli atomi sono formati da particelle subatomiche (protoni, neutroni ed elettroni).
Nel 500 a.C. circa, si estende un pensiero diverso da e più innovativo rispetto al periodo storico, l’Atomismo.
Il fondatore di questa filosofia è Democrito (anche se il primo fondatore si pensa fosse Leucippo di Mileto, di cui non si hanno notizie certe) il quale afferma che:

  • Gli atomi sono particelle piccolissime, le quali non possono essere ulteriormente decomposte;
  • Gli atomi sono pieni, immutabili, ed eterni;
  • Gli atomi non hanno differenze qualitative, perché sono fatti delle medesima “stoffa” materiale, dunque gli atomi si distinguono per gli aspetti quantitativi quali forma geometrica e grandezza.

1.1 Breve Storia e Sviluppo dell’Atomismo

Epicuro, in seguito, basa il suo materialismo sull’Atomismo, secondo cui le cose sono formate da singoli corpi indivisibili (“atomoi”, α-privativo e la radice di temno= taglio), infiniti, ingenerati, indistruttibili e immutabili. Le differenze fra le cose, il loro nascere e perire, sono dovuti all’aggregarsi degli atomi e al loro successivo disgregarsi. Questo movimento di aggregazione e disgregazione è possibile soltanto se si ipotizza l’esistenza del vuoto, il quale rende possibile il movimento degli atomi.
Gli atomi e il vuoto   non sono visibili, quindi la loro esistenza può essere dimostrata solo dalla ragione.
Considerato quanto scritto precedentemente, i fondamenti della fisica epicurea sono:

  • Nulla nasce dal nulla e nulla si dissolve nel/dal nulla;
  • Nella realtà esistono solo i corpi e il vuoto, l’esistenza dei primi è dovuta ai sensi, mentre quella del vuoto è dedotta dall’osservazione del movimento che sarebbe, altrimenti, impossibile;
  • La realtà è infinita: infiniti sono i corpi e infinito è il vuoto, che non potrebbe contenerli. L’universo è costituito da infiniti mondi, che si disgregano e si rigenerano continuamente nel tempo;
  • Bisogna ipotizzare l’esistenza di “corpi semplici”, i quali non possono essere divisi in parti più piccole (atomi). In caso contrario, si avrebbe una divisibilità all’infinito, che porterebbe alla dissoluzione delle cose e al non-essere;
  • Il moto degli atomi procede dall’alto verso il basso seguendo rotte parallele. Per spiegare l’incontro fra gli atomi e la loro aggregazione, Epicuro introduce la teoria della “declinazione” (clinamen), secondo cui gli atomi possono deviare in un momento e in un punto qualsiasi dalla linea retta.

L’introduzione  della declinazione consente ad Epicuro di evitare di incorrere in un assoluto determinismo, ammettendo la possibilità di una variazione della rotte degli atomi e prevedendo, quindi, che gli eventi e le azioni possano essere modificati anche dalla libera scelta dell’individuo. Nella filosofia epicurea, l'anima e il corpo sono materiali e composte da atomi. In particolare, l'anima è destinata a dissolversi insieme col corpo, mentre gli déi sono immortali, ma non si occupano della vita degli uomini. In ambito romano, si segnala Tito Lucrezio Caro per la propria filosofia di stampo epicureo.

1.2 Lucrezio, vita

Le informazioni su Lucrezio sono molto scarse, si pensa che sia vissuto tra il 90 a.C. e 50 a.C. mentre alcuni studiosi pensano che sia nato nel 98 a.C. morto nel 55 a.C.
Lucrezio è conosciuto per aver scritto il "De Rerum Natura", un'opera che risulta essere la rielaborazione e la traduzione del “Perì Physeos” di Epicuro (quest'ultimo scritto in prosa).

1.3 “De Rerum Natura

Il De Rerum Natura è un'opera dedicata principalmente alla fisica epicurea e che pertanto in essa gli aspetti della vita comunitaria e dell'ammirazione degli déi hanno uno spazio limitato. L'opera ha la funzione di esporre la dottrina epicurea all'amico dell'autore, Gaio Memmio, attraverso una struttura tipica del poema epico (Epicuro non approvava la poesia; era legato all'esposizione  asettica e razionale del trattato. Infatti vedeva i poeti come divulgatori di false credenze intorno agli déi).
Lucrezio giustifica la scelta di usare la poesia perché è uno strumento in grado di "addolcire la medicina amara" della filosofia, nel senso di rendere appetibili, per mezzo di una forma espressiva accattivante, complessi contenuti dottrinali senza la quale sarebbero risultati freddi, ostici e distinti dagli interessi del lettore.
Lucrezio, nella sua esposizione, si distacca dal tradizionale eliminando simboli e miti da interpretare e mira all'esposizione diretta dei concetti, che rispecchia la cultura pragmatica romana.
Il De Rerum Natura è un poema epico-didascalico in esametri; la particolarità dell'opera è quella di essere un poema di argomento filosofico. Le novità dell'argomento unita alla scelta della forma poetica imposero all'autore un duro lavoro di ricerca espressiva, al fine di dotare la lingua latina di un lessico adeguato alla trattazione di tematiche filosofiche così impegnative, per ottenere un'assoluta chiarezza dell'enunciato, secondo il precetto epicureo della saphéneia, e di avvincere il lettore con i mezzi della retorica e dell'arte.
A livello di scelte lessicali, Lucrezio cerca di tradurre ciascun termine tecnico attraverso vocaboli o, spesso, perifrasi (figura retorica, comunemente detta "giro di parole", che consiste di utilizzare una serie di parole per descrivere una persona o cosa) che sottolineano di volta in volta aspetti diversi, ma fondamentali del corrispondente concetto filosofico, sopperendo alla scarsa precisione letterale con un arricchimento del significato. Oltre ad un lessico tecnico, è presente anche un lessico grandioso, ricco di neologismi e di hapax, di parole composte e di forme arcaiche, secondo le esigenze del genere epico latino.
La chiarezza del ragionamento, presente nell'opera, è salvaguardata, oltre che dalla ricchezza lessicale, dalla tendenza a frequenti ripetizioni delle nozioni più importanti, la cui memorizzazione è facilitata dalla forma poetica, e dall'impiego di precisi nessi per indicare la transizione dall'argomento all'altro per chiarire rapporti causa-effetto.
La persuasività delle argomentazioni è rafforzata da lunghe serie di esempi tratti dalla realtà concreta. In questi punti, il linguaggio diventa di tipo "creativo", riuscendo ad introdurre nel lettore un atteggiamento di stupore di fronte alla visione dei fenomeni descritti, i quali fanno parte dell'esperienza comune dell'uomo.
Gli strumenti retorici prevalenti sono costituiti dalle figure foniche, quali l'allitterazione, la paronomasia, l'onomatopea e l'omeoteleuto, e dalle figure sintattiche (iperbato, chiasmo , parallelismo, ecc..), che, lungi dal rappresentare vuoti artifici formali, si fondono perfettamente con i significati sostenendoli e aumentandone l'incisività.
Un testo, all’interno del “De Rerum Natura”, che tratta nello specifico della teoria degli atomi è quello contenuto nel libro I, vv265-523 dove Lucrezio parla dell’esistenza degli atomi avvalendosi di concetti tipicamente epicurei.
Parla, sempre in questi versi, del vuoto, che permette, a sua volta, il movimento degli atomi e conclude con la trattazione dell’invisibilità degli atomi.

             

 

 

 

 

 

 

2. Il modello atomico di Bohr

L’idea che la materia fosse formata da piccole parti, chiamate "atomi", risale al 500 a.C. circa, continua ad essere trattata con Epicuro e Lucrezio per diverso tempo per poi essere messa nel dimenticatoio (54 a.C. circa). Questa idea venne ripresa nel XV secolo in ambito filosofico mentre in ambito fisico nel XVIII secolo con Bernoulli, il quale aveva notato la relazione della temperatura di un gas con il moto delle particelle che lo compongono, seguito da Dalton e da Avogadro, le particelle di Bernoulli vennero chiamate "molecole" mentre quelle di Dalton e Avogadro, "atomi".
Lo studio dell'atomo iniziò con un fisico chiamato Thomson, il quale pensava che l'atomo fosse un "panettone", la carica positiva era disposta in tutto il volume dell'atomo, mentre le cariche negative erano inserite all'interno della massa di quelle positive.
In seguito, Rutherford, un fisico neozelandese, fece un esperimento dal quale dedusse che il modello di Thomson non era corretto. Infatti dal suo esperimento conclude che l’atomo è composto da un nucleo centrale con massa carica positiva, che gli elettroni sono molto leggeri disposti nel vuoto intorno al nucleo, che il diametro del nucleo è molto più piccolo rispetto al diametro complessivo dell'atomo, e che gli elettroni sono negativi e ruotano intorno al nucleo positivo in modo analogo, come fanno i pianeti intorno al sole.
Tuttavia questo modello portava ad un problema, il quale ha messo in crisi la fisica classica. Il problema erano gli elettroni, i quali, a differenza dei pianeti, sono dotati di carica e poiché una carica accelerata irradia energia (perde energia), si dovrebbe notare una diminuzione di energia cinetica dell'elettrone.  Perciò l'elettrone dovrebbe rallentare e, con un movimento a spirale, cadere sul nucleo.
Durante la formulazione del modello atomico di Rutherford, un fisico tedesco, Max Plank, per spiegare l’energia elettromagnetica emessa da un “corpo nero”, introdusse un nuovo concetto, ora conosciuto anche come postulato di Planck, il quale ipotizzava che l’energia elettromagnetica potrebbe essere emessa solo in forma quantizzata, cioè, l’energia potrebbe essere un multiplo di un’unità elementare:

, costante dell’azione quantica o “costante di Plank” (h≈6,626069·)
, frequenza della radiazione.
Questo concetto viene ripreso da Bohr per spiegare la struttura atomica e i vari fenomeni riguardanti la radiazione elettromagnetica emessa da un atomo.

2.1 Orbite e Livelli Energetici

Esiste uno stato stazionario dell’atomo caratterizzato da particolari orbite circolari lungo le quali gli elettroni si muovono senza emettere radiazioni elettromagnetiche. Gli elettroni che percorrono tali orbite possiedono una certa quantità, ben definita, di energia detta “livello energetico” dell’orbita. Essendo gli elettroni in equilibrio in tali orbite, la forza centrifuga deve eguagliare la forza di attrazione coulombiana:                                                                                                                                         

,massa dell’elettrone
, costante di coulomb nel vuoto ( )
, carica elementare
, numero atomico (in questo caso si prende in considerazione Z=1, cioè l’atomo di idrogeno).
Dalla precedente relazione di ricava, attraverso alcune semplificazioni,  e la velocità  (v):
e

2.2 Quantizzazione delle orbite

Bohr impone una condizione di quantizzazione; tra le infinite orbite che soddisfano la 1), sono permesse solo quelle che soddisfano la seguente relazione:

, momento angolare orbitale
, costante di Planck ridotta o costante di Dirac
, numero intero positivo(detto anche numero quantico principale)
In pratica Bohr impone una condizione di quantizzazione del momento angolare, e quest’ultimo deve essere un multiplo intero di .
Il momento angolare quantizzato condiziona i valori che possono assumere il raggio delle orbite e l’energia totale (energia cinetica + energia potenziale) o livello energetico, che l’elettrone possiede.
Dunque i raggi vengono quantizzati in funzione di n.
Prendendo la 2) e sostituendo la velocità ricavata dalla 1) otteniamo:

L’energia associata ad un elettrone in moto su di un’orbita quantizzata, si calcola come la somma dell’energia cinetica ( e dell’energia potenziale .
Se si esplicita nella 1) la quantità  e la sostituiamo nell’espressione dell’energia cinetica, l’energia totale vale:                 


Sostituendo  con il valore quantizzato del raggio, si ottiene:


Il valore negativo dell’energia deriva dalla convenzione di porre pari a 0 l’energia potenziale dell’elettrone a distanza infinita.
Per , l’elettrone si trova nello stato di minima energia possibile, detto stato fondamentale. Gli stati caratterizzati da , si dicono stati eccitati.

2.3 Assorbimento e rilascio di energia

L'atomo può passare dallo stato fondamentale ad uno eccitato assorbendo energia. In questo modo gli elettroni possono assumere l'energia necessaria per passare da un'orbita più interna ad una più esterna.
L'energia assorbita affinché avvenga il salto quantico dell'elettrone, o transizione elettronica, deve essere uguale alla differenza di energia esistente tra il livello energetico superiore e quella inferiore. Quando l'elettrone si trova in orbita superiore a quella acquisita normalmente, l'atomo possiede surplus di energia che lo rende instabile (eccitato).
L'elettrone, quando torna nell'orbita iniziale, emette l'energia che ha precedentemente assorbito tramite un fotone la cui energia pari a (vedi fig 2.1):

, costante di Planck

Figura 2.1

, frequenza della radiazione emessa in un'orbita di periodo .
La radiazione emessa, avendo la frequenza determinata dalla differenza di energia esistente tra due particolari livelli energetici, è monocromatica ed apparirà come una ben determinata riga nello spettroscopio.
L'energia emessa durante una transizione da un livello  ad un livello , con  , è:

Tenendo presente che e sostituendolo nella 6), si ottiene:

Facendo le dovute semplificazioni,  si ottiene:

, costante di Rydberg (≈)
Ovvero, si ottiene la formula di Rydberg, la quale viene usata per descrivere la lunghezza d’onda delle righe spettrali di alcuni elementi chimici.

2.4 Problemi del modello di Bohr
Tuttavia, con il passare degli anni, si è scoperto che il modello atomico di Bohr ha difficoltà e/o non riesce a spiegare:

  • Gran parte degli spettri degli atomi più grandi, al massimo potrebbe fare delle predizioni sulle emissioni dei raggi X di quest’ultimi.
  • L’intensità relativa delle linee spettrali; nonostante in alcuni semplici casi, la formula di Bohr o modificazioni di essa, è stata in grado di fornire stime ragionevoli (per esempio, i calcoli di Kramers per l’effetto Stark).
  • L’esistenza della struttura fine e della struttura iperfine nelle linee spettrali, i quali sono noti per essere causa di una varietà di effetti relativistici e sottili, nonché complicazioni da spin elettronico. (The existence of fine structure and hyperfine structure in spectral lines, which are known to be due to a variety of relativistic and subtle effects, as well as complications from electron spin.)
  • L’effetto Zeeman, cambiamenti nelle linee spettrali a causa di campi magnetici esterni; questi sono anche causa di principi quantistici più complessi che interagiscono con lo spin dell’elettrone e i campi magnetici orbitali.
  • Il modello viola anche il principio di indeterminazione in quanto considera che gli elettroni hanno orbite e posizioni conosciute, due cose che non possono essere misurate simultaneamente.
  • Doppiette e triplette che si visualizzano negli spettri di alcuni atomi, coppie di linee molto vicine tra loro. Il modello di Bohr non riesce a spiegare perché alcuni livelli energetici dovrebbero essere molto vicini tra loro.
  • Atomi a più elettroni: non hanno livelli di energia previsti dal modello. (per esempio l’elio)
  • Una carica rotante, come l’elettrone che orbita intorno al nucleo, dovrebbe perdere energia sotto forma di radiazione elettromagnetica (attraverso diversi meccanismi: la radiazione di dipolo, Bremsstrahlung o radiazione di frenamento, … ). Ma tale radiazione non è osservata.

 
Per spiegare le precedenti anomalie, si passa dal modello atomico con gli elettroni in rotazione su orbite ad un nuovo modello in cui gli elettroni hanno una posizione che può essere espressa solo in termini di probabilità (principio di indeterminazione di Heisenberg).
In Meccanica Quantistica (MQ), il concetto di orbita viene generalizzato per renderlo compatibile con il principio di indeterminazione di Heisenberg. Infatti la MQ prevede che non sia possibile associare contemporaneamente ad un particella una posizione ed una quantità di moto ben definita. Quindi il concetto di orbita di un elettrone viene sostituito da quello dell’orbitale, ossia la parte dello spazio entro la quale è massima la probabilità di trovare una particella (di solito superiore ad un limite convenzionalmente fissato nel 95%).

 

 

 

 

 

3. Popper

Karl Raimund Popper è un filosofo del XX secolo. Sulla sua filosofia si hanno tre interpretazioni:

  • Che sia una sorta di neopositivista "dissidente"; dissidente ma pur sempre neopositivista.
  • Che sia l'avversario per eccellenza del neopositivismo, anzi colui che ha contribuito a determinarne la fine.
  • Che abbia assunto una posizione intermedia, ovvero una combinazione di elementi neopositivistici e anti-neopositivistici, non sempre concretamente conciliati (e conciliabili) fra loro.

Di queste tre interpretazioni, quella più fondata è la terza. Sebbene il positivismo sia una componente importante del pensiero di Popper, tale componente non è né l'unica, né la principale.
Oltre al neopositivismo, Popper prende come riferimento Einstein, dal quale rimane colpito da fatto che le sue teorie erano organizzate non in vista di facili conferme (o "verificazioni"), ma in vista di possibili smentite (o "falsificazioni"). In secondo luogo, Popper trasse da Einstein la conclusione che le teorie scientifiche non sono verità assolute, ma semplici ipotesi o congetture destinate a rimanere tali.

3.1 Il problema della demarcazione e il principio di falsificabilità

Popper ricerca un punto di demarcazione fra scienza e nonscienza, intendendo, per demarcazione, la linea di confine fra le asserzioni delle scienze empiriche e le altre asserzioni.
Secondo un radicato luogo comune, elevato ad assioma filosofico dal neopositivismo, una teoria risulta scientifica nella misura in cui può essere “verificata” dall’esperienza.
In realtà, Popper afferma che il verificazionismo è un mito o un’utopia, in quanto, per verificare completamente una teoria o una legge, dovremmo aver presenti tutti i casi. Ma ciò non è possibile. Infatti, da una somma, per quanto ampia, ma pur sempre limitata , di casi particolari non potrà mai scaturire una legge universale. Inoltre, mentre le conseguenze di una teoria sono di numero infinito, i controlli effettivi della medesima sono di numero finito.
Secondo tale criterio, una teoria è scientifica nella misura in cui può venir smentita dall’esperienza. In altre parole, una teoria è classificabile come scientifica nella misura in cui dispone di un sistema di controlli empirici, ossia quando esibisce delle possibili esperienze falsificanti :
«Un’asserzione o teoria è […] falsificabile se e solo se esiste almeno un falsificatore potenziale, almeno un possibile asserto di base che entri logicamente in conflitto con essa.» (Popper, Poscritto, 1981-1984)
Dunque, meno un’asserzione contiene esperienze falsificanti, risulta non avere un contenuto empirico (e non dice nulla di scientificamente valido). Al contrario, più un’asserzione contiene esperienze falsificanti, più “ricco” appare il suo contenuto empirico e scientifico.

 

3.2 Teoria della corroborazione

Un’ipotesi è corroborata quanto ha superato il confronto con un’esperienza potenzialmente falsificante. Tuttavia, il fatto che una teoria presenti un alto grado di corroborazione, non dice nulla sulla sua capacità di “sopravvivere” a controlli futuri. Inoltre, il fatto che una teoria sia più corroborata di altre, non significa che essa sia più vera di altre. La corroborazione, non è un indice di verità, ma uno strumento per stabilire «la preferenza rispetto alla verità». Questo significa che la corroborazione può fungere da temporaneo criterio di scelta fra ipotesi rivali.
Infatti, affinché una teoria venga rifiutata occorre che se ne abbia a disposizione una migliore. Dunque, una teoria non deve essere sostituita in base ad esperimenti cruciali che la falsificano, ma in seguito alla comparsa di teorie rivali.
Di conseguenza Popper, da un iniziale modello monoteorico basato sul confronto bipolare teoria-esperienza, è pervenuto ad un modello pluralistico o pluriteorico, incentrato sul confronto fra teorie rivali e l’esperienza.

3.3 Il procedimento per «congetture e confutazioni»

Popper afferma che «non c’è alcun metodo per scoprire una teoria scientifica», sostenendo che le teorie sono l’esito di congetture «audaci» e di intuizioni «creative» e non l’esito di procedimenti da manuale .
Di conseguenza Popper, crede nell’esistenza di un metodo in grado di controllare le teorie:
“Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste di tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2) tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria; 3) impariamo dai nostri errori, in particolare da quelli su cui ci richiama la discussione critica dei nostri tentativi di soluzione, una discussione che tende a condurci a nuovi problemi. O per dirla in tre parole: problemi – teorie – critica” (Popper K. R., 1969).
Questo “metodo” non è altro che il procedimento per congetture e confutazioni o per prova ed errore (trial and error), ovvero il metodo problemi – ipotesi – prove, che consiste nel rispondere ad un problema mediante un’ipotesi che deve essere sottoposta all’esperienza.
Il metodo per congetture e confutazioni, precisa Popper, si configura come una sorta di prolungamento culturale del meccanismo che sta alla base dell’evoluzione biologica e del processo di adattamento e sopravvivenza delle specie. Al punto che fra Einstein e un’ameba, cioè fra un grande scienziato ed un semplicissimo organismo cellulare, non esiste alcuna differenza di fondo: entrambi adottano il metodo per prova ed errore nella soluzione dei problemi, anche se il primo dimostra, a differenza del dogmatismo dell’ameba, un «atteggiamento critico e costruttivo di fronte agli errori»:

Ciò che potremmo chiamare il metodo delle scienze consiste nell’imparare dai propri errori in modo sistematico: in primo luogo, correndo dei rischi, osando commettere errori –ossia, proponendo nuove audaci teorie; e in secondo luogo, cercando sistematicamente gli errori compiuti”  (Popper).

In altri termini, se la scienza è “episteme”, cioè un sistema infallibile di verità certe, bensì, “doxa”, ossia un insieme di congetture suscettibili di rettifica e di confutazione, ne segue che l’errore fa parte del sapere scientifico al punto che fare scienza significa, in concreto, incorrere in sbagli e imparare dai propri errori.

 

 

 

4. Progetto Manhattan

Il Progetto Manhattan è stato il programma di ricerca condotto dagli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, che ha portato alla costruzione della prima bomba atomica. Fu diretto dal fisico americano Robert Oppenheimer.
L'idea di realizzare l'arma atomica viene suggerita al governo americano dai fisici, preoccupati che gli scienziati tedeschi la realizzino per primi. L'uomo che preoccupa di più gli scienziati è il tedesco Werner Heisenberg, ritenuto da tutti un fisico dalle grandi capacità.
Nel ristretto ambito della comunità scientifica internazionale la possibilità di arrivare alla costruzione dell'arma atomica si diffonde alla fine del 1938, quando i chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann ottengono la prima fissione nucleare.
Nell'autunno del 1938 il mondo è in attesa di un'altra guerra mondiale. Le notizie provenienti dalla Germania nazista sono allarmanti. Tutti gli scienziati di origine ebrea sono fuggiti, privando la Germania di un patrimonio scientifico straordinario. Nel mondo accademico gli attacchi contro la "fisica ebraica" sono continui. Nelle università tedesche nominare Einstein significa essere interrogati dalla Gestapo o dalle SS e, nel migliore dei casi, perdere il posto.
In America la situazione non è confortante. I sondaggi dicono che la maggioranza degli americani sono “isolazionisti”, non vogliono la guerra. Inoltre ci sono forti interessi da parte di alcuni giganti industriali che stanno già facendo affari con la Germania nazista, con il Giappone e l'Italia.
In questa pesante atmosfera i fisici ebrei Leo Szilard e Edward Teller, che si sono rifugiati in America, si incontrano nell'estate del 1939 con il padre della relatività, Albert Einstein, per convincerlo a scrivere al Presidente Roosevelt: sono loro a spiegare al grande fisico le implicazioni della scoperta della fissione nucleare da parte dei chimici tedeschi.
Einstein avverte subito il pericolo e, di fronte alla possibilità che la Germania nazista arrivi a costruire la bomba atomica, nell'agosto del 1939, abbandonando le sue posizioni pacifiste, accetta di firmare la lettera che il suo vecchio amico Szilard ha preparato e discusso con lui.
La lettera di Einstein arriverà sul tavolo del Presidente Roosevelt solo qualche mese dopo. Ma bisognerà attendere sino al 1941 prima che Roosevelt decida di dare il via al progetto.
All'inizio del 1941 i servizi segreti inglesi confermano che la Germania sta costruendo la bomba atomica. Queste informazioni e la pressione di molti scienziati convincono il Presidente americano e i suoi consiglieri a dare il via alla costruzione dell'arma atomica, due mesi prima che gli Stati Uniti entrino in guerra, dopo l'attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbor.
Il Progetto Manhattan mette in moto una macchina produttiva e di ricerca che non ha precedenti nella realizzazione di un singolo manufatto e che trasformerà profondamente il rapporto tra militari, industria e mondo della ricerca scientifica.
Nel dicembre del 1942, dopo il successo della pila di Fermi e la prova inconfutabile della possibilità di sfruttare l'energia derivante dalla fissione di atomi instabili creando una reazione a catena, il presidente americano Roosvelt approva lo stanziamento di 400 milioni di dollari per la costruzione di installazioni industriali per la separazione dell'U-235 (Uranio-235) e di reattori nucleari di potenza per la produzione del plutonio.
Tuttavia, il problema principale che i fisici di Los Alamos dovevano affrontare, era quello relativo al disegno e alla progettazione delle bombe. La potenza dell'esplosione infatti dipendeva dalla rapidità con cui una quantità sufficiente di materiale fissile era "messa insieme" in modo da raggiungere la massa critica. Il metodo di assemblaggio del materiale fissile su cui inizialmente si cominciò a lavorare fu quello noto come "metodo del cannone", che consisteva nello "sparo" di una quantità di materiale fissile al di sotto del valore critico all'interno di un'altra massa dello stesso materiale con la velocità di un proiettile di artiglieria, in modo da raggiungere la massa critica con sufficiente rapidità.
In seguito ad una serie di esperimenti ci si rese conto, all'inizio del '44, che questo metodo avrebbe potuto funzionare per l'U235 ma non per il plutonio.
Un metodo alternativo a quello del cannone, noto i come "metodo dell'implosione", era già stato proposto un anno prima dal giovane fisico Seth Neddermeyer, ma era stato inizialmente respinto perché le difficoltà di realizzazione pratica erano apparse insormontabili. Una volta scoperti i limiti del metodo del cannone per il plutonio, nel febbraio del '44, Oppenheimer decise di riprendere in seria considerazione la vecchia idea di Neddermeyer e incaricò il chimico-fisico George Kistiakowsky di dirigere un gruppo apposito per la realizzazione del metodo dell'implosione.
A partire dalla metà del '44, il laboratorio di Los Alamos venne riorganizzato: le sue attività vennero riorientate dalla ricerca alla realizzazione vera e propria della bomba a U235 e di quella al plutonio. Tuttavia il progetto della bomba a implosione fu completato soltanto all'inizio di marzo del 1945, e Mstiakowsky poté venire a capo del problema critico dell'asimmetria dell'onda d'urto implosiva soltanto a metà aprile. L'8 maggio del '45 ebbe fine la guerra in Europa con la resa della Germania nazista. L'assemblaggio della bomba a U235 fu completato due mesi dopo la fine della guerra in Europa; gli scienziati di Los Alamos ritennero che non fosse necessario sperimentarla prima di un suo eventuale uso sul campo di battaglia perché avevano raggiunto la massima fiducia nell'efficacia del metodo del cannone, mentre considerarono fondamentale effettuare un'esplosione sperimentale della bomba al plutonio. Il 16 luglio 1945, la prima esplosione nucleare sperimentale di una bomba al plutonio, chiamata in codice Triníty, fu effettuata ad Alamogordo, un'area desertica del New Mexico. L'energia liberata fu valutata pari a 13.000 tonnellate di tritolo equivalente (chilotoni). La bomba atomica era ormai una realtà. Restava da decidere se e come usarla.
In seguito, si è venuta a creare una commissione, la quale aveva il compito di esaminare i possibili impieghi delle bombe ed i problemi relativi ad un possibile controllo internazionale di queste armi.
Questa commissione era coadiuvata da una “sottocommissione scientifica” formata da Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Ernest Lawrence e Arthur Compton, tutte figure di primo piano del progetto Manhattan, ed, alla fine del Giugno del 1945, arrivarono alla conclusione di utilizzare gli ordigni ad uso militare. In particolare detonarono le bombe su due città giapponesi, Hiroshima e Nagasaki.


5. Elsa Morante

5.1 Vita
Elsa morante, è una scrittrice nata nel 1912, a Roma. La sua carriera inizia con lo scrivere favole e fiabe destinate ai bambini. La scrittrice negli anni sessante e settanta, con i suoi libri e gli interventi saggistici e giornalistici, partecipò intensamente alle convulse vicende politiche e sociali (segnate dalla contestazione studentesca, dalla strategia della tensione, dal terrorismo e dagli anni di piombo). L’ultimo periodo della sua vita fu funestato da una grave malattia, si è spenta, a Roma, nel 1985.

5.2 Pro o Contro la bomba atomica
Elsa Morante illustra il problema principale che affligge la nostra società moderna: l’istinto autodistruttivo, quello stesso istinto che ci ha portati alla scoperta della bomba atomica e che oggi ci fa assumere il nome di civiltà atomica. La scrittrice si interroga sul perché questa scoperta sia avvenuta solo di recente, poiché a parer suo la civiltà umana ha sempre provato il desiderio di autodistruggersi fin dalla sua nascita. Inoltre non giustifica questa scoperta come se fosse avvenuta casualmente: tutto per lei ha una spiegazione, anche ciò che ci sembra causa del semplice fato, del caso. L’unico elemento che può combattere questo pazzo istinto di autodistruzione è l’arte, intesa come poesia, che vede nello scrittore la sua massima espressione.     Lo scrittore per sua indole è capace di andare contro la massa e, per amore di questa, dopo innumerevoli tentativi riuscirà a reprimere quell’istinto autodistruttivo che la guida, mostrandole l’irrealtà che la circonda. L’unico elemento reale, o che almeno ritrae ciò che è reale, è proprio l’arte, la poesia, il cui artefice è il poeta, lo scrittore; questi avrà il compito di apparire come uno specchio alla massa per mostrarle la sua irrealtà mettendola a paragone con l’arte, che ha quindi la capacità di racchiudere il ritratto della realtà.   Nella narrazione poi, Elsa Morante ci comunica addirittura il suo timore nell’esprimersi pro o contro la bomba atomica: dice infatti che anche uno scrittore, un poeta si può trovare a dubitare di se stesso e del suo ruolo, non essendo sicuro dunque della sua missione, magari assuefacendosi a quell’istinto suicida e autodistruttivo che guida il resto dell’umanità. Solo personaggi veramente forti e sicuri di sé possono assumere delle posizioni su questo tema; Elsa Morante però ci dice di stare attenti a coloro che si definiscono scrittori, che si pongono contro la bomba atomica e che sono invece i primi sostenitori di questa e del regime che ce la impone.                                             
Per spiegarci meglio cosa intendesse per scrittore, l’autrice ci parla di Miklòs Radnòti, un giovane poeta ebreo dell’Ungheria, vissuto al tempo dell’inaugurazione dei lager in Europa. Questi fu tra il primo ad essere preso e passò il resto della sua breve vita in un lager, il modello ideale e supremo della città nel sistema della disintegrazione. La sua poesia è ridotta allo spettrale, al lager: Scrivo i miei versi al buio…Ora la morte è un fiore di pazienza. Elsa Morante dice a proposito di questo poeta: Così ci è rimasta la prova che pure dentro la macchina perfetta della disintegrazione, che lo annientava fisicamente, la sua coscienza reale rimaneva integra. Ecco quindi ciò che la scrittrice intende per poeta, per artista: un eroe capace di combattere di notte contro il drago malvagio che ha invaso la città e che turba tutti coloro che vivono lì. Infatti, lo scrittore, che è l’eroe, si illude di avere il consenso dei cittadini, e magari di ricevere aiuto da parte di questi; è proprio quest’illusione che probabilmente lo fa muovere contro il drago, affrontandolo addirittura di notte.


6. Gauguin

L'atomo, sin dall'antichità, è stato oggetto di studio, specie negli ultimi anni. Con il suo studio sono state scoperte nuove particelle subatomiche, le quali formano i protoni ed i neutroni. Tali scoperte sono dovute alla costruzione di collisori. Attualmente si è realizzato, tra il confine della Francia e Svizzera, un collisore chiamato LHC (Large Hadron Collider), meglio conosciuto per le sue dimensioni, ventisette chilometri di gallerie collocate ad una profondità di circa cento metri. In quest'ultimo, vengono ricreate le condizioni di pochi miliardesimi di miliardesimi di secondo e di conseguenza permette ai vari "scienziati" di studiare le origini dell'universo conosciuto e la struttura della materia conosciuta.

6.1 Vita

La vita di Paul Gauguin fu un moto perpetuo tra l’Europa, il Sud America e l’Oceania. Nato a Parigi nel 1848, l’anno dopo, alla morte del padre, era già in viaggio per il Perù, dove trascorse la prima infanzia. Rientrato in Francia, studiò a Orléans e a Parigi. Nel 1865, iniziò a viaggiare per mare, toccando i più importanti porti del mondo. Nel 1871, si stabilì a Parigi lavorando come agente di cambio. Nel 1873, sposò una danese e nel 1883, fu costretto ad abbandonare l’impiego a causa di una grave crisi economica attraversata dalla Francia. L’evento non fu poi così traumatico per Gauguin, il quale poté dedicarsi totalmente alla pittura, arte alla quale si era accostato agli inizi degli anni Settanta, mentre dal 1880, partecipava a tutte le mostre degli Impressionisti. Desideroso di una vita semplice, primitiva, libera e senza condizionamenti, lontana dalla cultura soffocante, si imbarcò, nel 1887, per Panama e per Martinica. Rientrò in Francia nel 1888 e visse per un breve periodo ad Arles assieme a Vincent van Gogh.
In seguito, vendette tutto per trasferirsi a Tahiti (Polinesia) dove resistette solo due anni, dal 1891 al 1893. Tornò a Pont-Aven nel 1894 e nel luglio 1895 partì per il suo ultimo definitivo viaggio per Tahiti e le Isole Marchesi (Polinesia), dove si spense  l’8 maggio 1903, disperato, stanco e malato, in carcere per essersi opposto alla politica razzista del governatore francese.
All’inizio della sua pittura Gauguin era un’impressionista, ma già dal 1888 il suo modo di dipingere era completamente mutato. I colori erano dati per ampie campiture piatte e, più che dei colori complementari, Gauguin faceva uso di quelli primari: rosso, giallo, blu.

6.2 Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

Poco prima di un tentativo, non riuscito, di suicidio, Paul Gauguin dipinse la tela di grandi dimensioni spirituali che avrebbe dovuto essere una sorta di testamento spirituale: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. Si tratta di un dipinto molto più esteso il lunghezza che in altezza, tanto da poter essere paragonato ad un fregio classico. I bordi superiori della tela recano a destra la firma e la data d’esecuzione, a sinistra il titolo su un fondo giallo-oro.
Nel quadro è rappresentata una radura con dodici persone, sei animali e la statua di una divinità con le braccia sollevate. I personaggi sono disposti secondo uno schema a doppia piramide in sequenza, che stabilisce dei rapporti armoniosi tra le varie componenti.. Queste, infatti, a una prima osservazione potrebbero sembrare parti di episodi separati, individuali e in sé conclusi. L’ambiente circostante è costituito da alberi dai tronchi e dai rami azzurri contorti; una linea blu(a sinistra) segna l’orizzonte lontano e, allo stesso tempo, il limite di uno specchio d’acqua e l’innalzarsi di montagne. Il verde, il rosso, il giallo e l’azzurro definiscono l’accordo cromatico del dipinto.
In una lettera ad un amico, Gauguin descriveva la sua opera:
A destra, in basso, un bambino addormentato e tre donne sedute. Due figure vestite di porpora si confidano i propri pensieri. Una grande figura accovacciata, che elude volutamente le leggi della prospettiva, leva il braccio e guarda attonita le due donne che osano pensare al loro destino. Al centro una figura coglie frutti. Due gatti accanto ad un fanciullo. Una capra bianca. Un idolo, con le braccia alzate misteriosamente e ritmicamente, sembra additare l’aldilà. Una fanciulla seduta pare ascoltare l’idolo. Infine una vecchio, prossima alla morte, placata e presa dai suoi pensieri, completa la storia, mentre uno strano uccello bianco, che tiene una lucertola con gli artigli, rappresenta  la vanità delle parole.”
Alcuni significati balzano evidenti, ad esempio, la nascita, la vita e la morte rappresentate rispettivamente da un bambino (all’estremità destra), da giovani donne e da una vecchia (all’estremità sinistra); altri sono rivelati nella lettera dell’artista. Tuttavia, le suggestioni a cui induce il dipinto, possono condurre a interpretazioni possibile alla sensibilità di ognuno. A ciò si è  legittimati proprio dal titolo che Gauguin volle dare a quest'opera emblematica e che ripropone i grandi quesiti della storia dell'umanità: da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Cioè a dire: perché esistiamo e qual è il fine della nostra vita?
Sono queste, forse, le riflessioni che costituiscono l'oggetto dei discorsi delle due figure in rosso porpora che camminano appaiate mentre quella di destra cinge le spalle della compagna. L'espressiva figura eretta che coglie un frutto da un albero, la più luminosa dell'intero dipinto, l'unica maschile in una narrazione tutta al femminile, può rappresentare l'uomo che coglie - nel momento più esaltante della propria vita, quello della giovinezza - il frutto prezioso e la parte migliore dell'esistenza, come pure può rinviare al concetto ebraico-cristiano della caduta, del peccato. Il dipinto, allora, cercherebbe la sintesi tra elementi religiosi occidentali e credenze orientali (l'idolo azzurro sullo sfondo). La vecchia stanca e rassegnata pare, invece, riflettere sulla sua vita passata, sui rimorsi e i rimpianti. Le parole, però, come aveva affermato Gauguin, sono vane, inutili; esse non risolvono i problemi né danno risposte alle angosce della vita.

 

 

 

Bibliografia e Sitografia

Latino:
P. Cappellotto, “La verità della ragione. Lucrezio tra filosofia e sentimento della natura”. Carlo Signorelli Editore.
Filosofia:
N. Abbagnano, G. Fornero, “Itinerari di filosofia. Protagonisti, testi, temi e laboratori”. Paravia.
Italiano:
G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, “Il piacere dei testi” Volume 5. Paravia.
E. Morante, “Pro o Contro la Bomba Atomica e altri scritti”. Adelphi.
Arte:
G. Cricco, F.P. Di Teodoro, “Itinerario dell’arte” versione gialla. Zanichelli.

Fisica:
A. D. Aczel, “Entanglement-The Greatest Mystery in Physics”. Four Walls Eight Windows.
http://galileo.phys.virginia.edu/classes/751.mf1i.fall02/02_751_Intro.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Bohr_model
Storia:
http://www.scienzaatscuola.it/fermi/manhattan/origine.htm

In seguito Aristotele paragona gli atomi alle lettere dell’alfabeto, che differiscono tra loro per la forma e danno luogo a parole e a discorsi diversi a seconda di come si dispongono e si combinano.

L’esperimento consisteva nel “lanciare” contro una lamina d’oro molto sottile un fascio di particelle, dette «alfa» (composte da due protoni e due neutroni)

“Domani pioverà o non pioverà” non è empirica perché non può essere confutata, mentre “domani pioverà” è empirica perché può essere confutata.

Non esiste «macchina scopritrice che assolva la funzione generativa  del genio»

 

Fonte: http://www.youmath.it/images/stories/AAArisposte/Bozza%20tesina%20sull'Atomo.docx

Sito web da visitare: http://www.youmath.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Il modello atomico di Thomson

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Il modello atomico di Thomson

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Il modello atomico di Thomson