Glossario fotografia significato dei termini utilizzati in fotografia

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Glossario fotografia significato dei termini utilizzati in fotografia


ABBAGLIAMENTO: fastidioso effetto sugli occhi dovuto a una luce troppo viva (valori di luminanza superiori ai 10 stilb). L’abbagliamento diretto produce affaticamento visivo e perdita della percezione visiva, mentre quello riflesso provoca anche la perdita di contrasto. (3)
Il disagio o la diminuzione della percezione visiva si ha quando alcune zone del campo visivo sono eccessivamente illuminate in rapporto al contesto.(2)
ABBAGLIAMENTO FISIOLOGICO: abbagliamento che impedisce la visione degli oggetti senza necessariamente causare disagio. (1)
ABBAGLIAMENTO PSICOLOGICO: abbagliamento che provoca disagio senza necessariamente inibire la visione degli oggetti. (1)
ABERRAZIONE: Una lente perfetta dovrebbe riprodurre un punto o un segmento come tali. In genere, invece, specie nelle lenti più economiche ciò non avviene ed un punto può diventare un circolo ed un segmento una piccola curva. Questi difetti sono dovuti al tipo di vetro usato, al fatto che la superficie delle lenti è curva ed al comportamento della luce. Nel 1856 Ludwig Von Seidel individuò cinque aberrazioni che si verificano in luce monocromatica: asferica, coma, astigmatismo, curvatura di campo, distorsione. (4)
ABERRAZIONE CROMATICA: Difetto delle lenti in presenza in luce bianca. L’indice di rifrazione delle lenti è legato alla lunghezza d’onda (colore) della luce. Ciò significa la stessa lente assume una focale diversa a seconda della radiazione che la attraversa. Quindi il punto di fuoco del rosso o del blu non coinciderà provocando un’immagine sfocata. Il difetto si compensa combinando due lenti costruite con vetri dotati di diverso indice di rifrazione (obiettivo acromatico) o con l’utilizzo di una lente asferica. (4)
ABERRAZIONE SFERICA: Il difetto si verifica nelle lenti semplici in quanto i raggi che passano attraverso i bordi più esterni della lente non vanno a fuoco nello stesso punto di quelli che passano per le zone centrali o l’asse ottico. Il difetto, sfocatura al centro dell’immagine, si compensa chiudendo il diaframma. (4)
ACCENDITORE: dispositivo per l'innesco di una lampada a scarica (in particolare di una lampada fluorescente) che assicura il necessario preriscaldamento degli elettrodi e/o provoca una sovratensione in combinazione con l'alimentatore in serie. (1)
ACCENDITORE (BALLAST): dispositivo per l’accensione delle lampade a scarica, che genera impulsi di circa 5 kilovolts e si disinserisce quando la lampada è accesa. (3)
ACCOMODAMENTO: regolazione focale dell'occhio, generalmente spontanea, allo scopo di ottenere la massima acuità visiva a distanze diverse. (1)
ACUITÀ VISIVA: 1) qualitativamente: capacità di percepire distintamente oggetti molto vicini fra loro; 2) quantitativamente: reciproco del valore (espresso in minuti d'arco) del minimo angolo con cui l'occhio percepisce come distinti e separati due oggetti vicini (punti o linee). (1)
L'occhio è capace di funzionare attraverso una gamma molto ampia di valori d'illuminamento, che varia dalla luce solare (~ 100.000 lux), all'illuminazione stradale (~ 5 lux) fino alla luce notturna delle stelle (~ 0,2 lux). L'occhio però non opera bene ad ogni livello di illuminazione. L'illuminazione è un supporto alla acuità visiva, cioè ci dà la possibilità di definire i dettagli. In generale più luce abbiamo migliore è la visione ma oltre un certo livello, qualunque aumento della luminosità, non ha come risultato una crescita dell'acuità visiva.(2)
ACUTANZA: Misura oggettiva della definizione di una pellicola sviluppata in modo standard ovvero del passaggio tra le densità maggiori e quelle minori. Di solito per questa prova si utilizza un soggetto con un elevato contrasto, come una sottile linea stampata a contatto. L’ampiezza della diffusione della luce all’interno dell’emulsione (linea più o meno netta) determina l’acutanza. (4)
ADATTAMENTO: L'adattamento è il processo che ha luogo quando l'occhio si adatta alla luminosità del campo visivo. Il termine è usato anche per indicare lo stadio finale del processo. Per esempio "adattamento al buio" indica lo stato dell'occhio quando si adatta ad una illuminazione molto bassa. Il livello di adattamento è il livello dove l'occhio inizia ad adattarsi ad uno stadio stabilito e in un determinato ambiente. Al fine del calcolo illuminotecnico, il livello di adattamento è preso arbitrariamente come una media aritmetica della luminanza del campo visivo e in una determinata direzione visiva.(2)
ADATTAMENTO FOTOPICO: L'adattamento fotopico è importante perché permette all'occhio di distinguere le diverse lunghezze d'onda della luce che danno la sensazione del colore. Esistono inoltre alcune lunghezze d'onda più sensibili all'occhio umano in relazione alla visione fotopica o scotopica. L'occhio, con la visione fotopica, raggiunge una sensibilità massima a 555 nanometri (che corrisponde ad un colore giallo-verde), mentre la visione scotopica ha l'apice massimo a circa 505 nanometri (che corrisponde ad un colore verde e blu seppure la visione è in bianco e nero).(2)
ADATTAMENTO SCOTOPICO: Nella campo dell'illuminazione viene trattata principalmente la visione fotopica. Tuttavia non tutti gli individui hanno la stessa sensibilità, così il CIE (Commission Internationale Eclairage) ha adottato una soluzione standard chiamata "Observateur de référence photométrique CIE" o curva V(l) che rappresenta la sensibilità standard dell'occhio umano nello spettro visibile (da 380 a 760 nonometri). A 555 nanometri la sensibilità in visione fotopica è al suo massimo, mentre a 400 nanometri la sensibilità non è che a un millesimo del livello più alto. Ciò significa che un Watt di radiazione nella parte giallo-verde dello spettro è 1000 volte più efficace di un Watt di radiazione nella parte del blu più intenso.(2)
ADATTAMENTO VISIVO: processo fisiologico nel quale l’occhio, dopo aver comparato i valori di luminanza, resa cromatica, temperatura di colore e di tonalità della luce di due situazioni diverse, si adatta tramite l’iride ai valori dell’ultima. (3)
ALETTA PARALUCE (BANDIERA): accessorio metallico di colore nero con due o quattro alette incernierate che si può inserire nelle apposite guide porta accessori di un faro per modificare la qualità del fascio di luce emesso. (3)
ALIASING: Effetto di scalettatura visibile nelle linee curve delle immagini digitalizzate, dovuto al fatto che esse sono composte di pixel quadrati o rettangolari. (4)
ALIMENTATORE: dispositivo usato con le lampade a scarica per stabilizzare la corrente nel tubo di scarica, ovvero per adeguare l'alimentazione di lampade ad incandescenza a bassissima tensione o a scarica alle caratteristiche della rete elettrica. (1)
ALOGENO (LETT. GENERATORE DI SALI): sostanza (iodio o bromo) che immessa in piccole quantità nel bulbo di lampade con filamento di tungsteno assieme al gas inerte di riempimento, favorisce il processo denominato ciclo di alogeni. (3)
AMPÉRE: unità di misura della corrente elettrica; 1 ampére è il valore della corrente che fluisce attraverso una resistenza di 1 ohm, sottoposta a una differenza di potenziale di 1 volt. (3)
ANALIZZATORE DI SPETTRO: strumento che analizza le onde elettromagnetiche visualizzandole sullo schermo di un tubo catodico. Sull’asse orizzontale si misurano le frequenze, su quello verticale le ampiezze. (3)
ANALOGICO: termine che si riferisce a un procedimento che esamina in modo continuo (quindi “fedele”) le intensità di segnali aventi un comportamento analogo, es. l’ago di un tester o le lancette di un orologio. (3)
ANELLO D’INVERSIONE: Adattatore per montare in posizione invertita l’obiettivo sulla fotocamera o su tubi di prolunga o soffietto per macrofotografia. L’inversione dell’obiettivo è consigliabile quando il rapporto di riproduzione supera quello di 1: 1. (4)
ANGOLO DI CAMPO: Esprime, in gradi, il campo inquadrato da un obiettivo di una determinata lunghezza focale. Ovvero l’angolo sotteso tra la pupilla d’entrata dell’obiettivo e l’area delimitata dal formato. La misura è comunemente indicata in relazione alla diagonale del formato. Alcuni fabbricanti forniscono anche la copertura verticale ed orizzontale. (4)
ANGOLO DI COPERTURA: Indica in gradi l’angolo sotteso tra il punto nodale posteriore di un obiettivo ed il diametro dell’immagine formata il cui diametro è pari o superiore alla diagonale del formato. Gli obiettivi per le fotocamere di grande formato sono concepiti per offrire una copertura notevolmente superiore per consentire i movimenti dei corpi anteriore e posteriore. (4)
ANGOLO VISIVO: angolo sotteso da un oggetto rispetto al punto di osservazione; è usualmente misurato in minuti di arco. (1)
ANGSTROM: unità di misura per lunghezze d’onda che corrisponde a 10-10 m.; lo spettro, o campo delle onde elettromagnetiche, percepibile dall’occhio umano varia dai 3800 ai 7800 A°. (3)
APERTURA DI DIAFRAMMA: Sequenza internazionale di numeri che esprimono l’apertura relativa, cioè la lunghezza focale dell’obiettivo divisa l’effettivo diametro di una lente. Ciascun cambiamento del valore di diaframma dimezza o raddoppia la quantità di luce che passa attraverso il diaframma nell’unità di tempo. (Vedi valore f/)(4)
APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE: dispositivo ad oggetto che distribuisce, filtra o trasforma la luce fornita da una o più lampade, comprendente tutti i componenti necessari per fissare e proteggere le lampade e per connetterle al circuito di alimentazione. (1)
ARCO ELETTRICO: scarica elettrica luminosa e persistente che avviene tra due elettrodi di metallo in ambiente gassoso (es. lampade HMI, MSR). L’arco produce una sorgente luminosa potente e concentrata. (3)
ASA: American Standards Association, ente americano preposto a stabilire gli standard industriali, tra cui il sistema di sensibilità delle pellicole. Raddoppiando il valore ASA, raddoppia la sensibilità alla luce. È stato sostituito con il sistema ISO che ingloba anche lo standard tedesco Din. (4)
ASFERICA: Curvatura una lente che non costituisce una parte di sfera. È abbastanza difficile realizzare superfici asferiche poiché la maggior parte dei dispositivi di trattamento superficiale delle lenti funzionano con un movimento sferico. Si sono però diffuse lenti asferiche ottenute abbinando un strato polimerico su una lente sferica e dandogli una forma asferica con uno stampo. (4)
ASSORBIMENTO: conversione dell'energia radiante in una diversa forma di energia provocata dalla interazione della materia. (1)
ASSORBIMENTO: i raggi luminosi che incontrano un oggetto vengono in parte trattenuti e in parte ritrasmessi, secondo il coefficiente di assorbimento dell’oggetto in esame. I raggi assorbiti si trasformano in energia termica. (3)
ASTIGMATISMO: Si tratta di un’aberrazione ottica che si presenta lontano dall’asse ottico. Una lente astigmatica trasforma un punto in un segmento che si presenta in posizione radiale per una certa distanza di messa a fuoco e in posizione perpendicolare all’asse ottico per una distanza diversa. I segmenti sono ortogonali fra loro e la loro distanza indica il grado di astigmatismo. Il difetto procura la sfocatura delle relative immagini e viene ridotto con la chiusura del diaframma. (4)
AUTOFOCUS: Sistema elettronico di controllo automatico della distanza di messa a fuoco. Dopo i primi sistemi a raggi infrarossi adottati sulle fotocamere compatte (autofocus attivo) sono seguiti, negli apparecchi reflex, sistemi dotati di sensori CCD per la determinazione dell’esatta distanza del soggetto in base al controllo del massimo contrasto (autofocus passivo). Il controllo automatico può essere di vari tipi. A priorità di fuoco: l’otturatore dell’apparecchio resta bloccato fino a quando la messa a fuoco non è stata raggiunta. A priorità di scatto: l’apparecchio può scattare anche se la messa a fuoco è ancora in corso. Ad inseguimento (detto anche Predictive o Track Focusing): il sensore è capace di individuare il movimento del soggetto e seguirlo mantenendolo a fuoco. Tutti i sistemi autofocus delle reflex con ottica intercambiabile sono disinseribili. Alcuni modelli sono dotati di un illuminatore ad infrarossi incorporato oppure utilizzano una luce bianca o quella della lampada del flash per consentire all’autofocus di funzionare anche al buio o in condizioni di luce scarsa. Questo vale per soggetti distanti massimo quattro/cinque metri. (4)
AUTOMATISMO A PRIORITÀ DEI DIAFRAMMI: Con questo tipo di automatismo dell’esposizione è possibile impostare un dato valore di diaframma sull’obiettivo e lasciare all’esposimetro incorporato nella fotocamera il compito di calcolare l’appropriato tempo d’otturazione. Questa funzione è disponibile solo sugli apparecchi dotati di otturatore a controllo elettronico dei tempi. (4)
AUTOMATISMO A PRIORITÀ DEI TEMPI: Utilizzando questo automatismo, il sistema esposimetrico della fotocamera imposta automaticamente il valore di diaframma appropriato in funzione del tempo si esposizione scelto. (4)
BASTONCELLI: fotorecettori della retina nei quali sono presenti pigmenti sensibili alla luce, in grado di iniziare il processo della visione scotopica. Si ritiene che i bastoncelli non svolgano nessun ruolo nella discriminazione dello stimolo del colore. (1)
BILANCIAMENTO CROMATICO: Mantenimento del rapporto fra i colori ciano, magenta e giallo per ottenere un’immagine equilibrata e senza dominanti indesiderate. (4)
BILANCIAMENTO DEL BIANCO: Operazione di taratura della temperatura-colore da parte di un apparecchio digitale di ripresa; permette di effettuare riprese in ambienti illuminati da qualunque fonte luminosa senza che vi siano dominanti cromatiche. (4)
BIT: Abbreviazione di Binary Digit, ossia cifra binaria, che può avere valore 0 oppure 1. Otto bit formano un Byte. (4)
BIT PER PIXEL: Il numero dei bit utilizzati in un’immagine digitale per rappresentare il colore di ciascun pixel. Con 1 bit per ogni pixel si ottiene un’immagine a 2 colori, con 2 bit a 4 colori, con 3 bit a 8 colori, e così via. Come regola, con n bit si rappresentano 2n colori. Con 24 bit per pixel si rappresentano 16,7 milioni di colori. (4)
BITMAP: Rappresentazione binaria di un’immagine, in cui a ogni byte è associato un punto della stessa.. (4)
BRACKETING: Tecnica di esposizione a forcella che prevede la realizzazione di più scatti (di solito tre) dello stesso soggetto variando l’esposizione tra il primo e l’ultimo. Alcune reflex automatiche dispongono di un sistema automatico per l’esecuzione del bracketing. (4)
BRILLANZA: attributo di una sensazione visiva secondo la quale una superficie sembra emettere più o meno luce. Nota: la brillanza, secondo la definizione, è anche un attributo del colore. Nelle raccomandazioni britanniche il termine brillanza è riservato per descrivere la brillanza del colore. (1)
BROMO: sostanza alogena che, aggiunta al gas di una lampada con filamento di tungsteno e pareti di quarzo, favorisce il rendimento della lampada stessa. (3)
BULBO: il rivestimento di vetro o di quarzo di una lampada nel quale sono inclusi filamento, elettrodi, ecc. (3)
BYTE: L’unità di misura standard per indicare l’occupazione di memoria, o di spazio su disco, dei dati: poiché è formato da 8 bit, un byte può assumere qualsiasi valore compreso fra 0 e 255. Generalmente si utilizzano i multipli di otto anche per il Kilobyte (1024 byte) e Megabyte (1.024.kbyte). (4)
CAMPO INQUADRATO: Sullo schermo di messa a fuoco delle reflex non appare l’immagine intera così come verrà registrata dalla pellicola. Il valore percentuale indica la copertura del mirino rispetto all’immagine che sarà impressionata dalla pellicola. Una percentuale superiore al 95% indica che il mirino offre una copertura pressoché totale. (4)
CANDELA (CD): unità di misura di intensità di luce. Unità fondamentale della fotometria, da cui si fanno derivare tutte le altre grandezze fotometriche. (3)
CARTONCINO GRIGIO NEUTRO: Serve a riflettere una percentuale pari al 18% della luce che lo colpisce. Poiché gli esposimetri sono tarati per misurare il tono medio (vedi) pari ad un grigio con riflettanza 18%, il cartoncino grigio neutro fornisce il riferimento ideale per la misurazione dell’esposizione. Una superficie bianca o nera, misurata con un esposimetro apparirà sulla stampa come grigia perché l’esposimetro non lavora sul suo riferimento. Effettuando la misura sul cartoncino lo strumento misurerà il giusto riferimento e la parete apparirà bianca o nera. Utile anche nelle lavorazioni a colori. (4)
CATOTTRICA: la teoria della luce riflessa da specchi piatti o curvi. (3)
CHIARORE: attributo di una sensazione visiva per cui un corpo sembra trasmettere o riflettere diffusamente una frazione della radiazione luminosa incidente. (1)
CICLO DEGLI ALOGENI: fenomeno che avviene all’interno di una lampada col bulbo di quarzo e col filamento di tungsteno. Se al gas della lampada si aggiunge una sostanza alogena (bromo, iodio), essa si combina col tungsteno evaporato dal filamento; la nuova miscela torna la filamento e viene scomposta in tungsteno e iodio o bromo (la scomposizione avviene a circa 3000°C); il tungsteno si deposita sul filamento e la sostanza alogena ritorna nuovamente nel ciclo. La ripetizione di tali cicli mantiene pulite le pareti interne del bulbo. Per mantenere il ciclo, la temperatura delle pareti del bulbo deve essere di circa 600°C, mentre la temperatura interna varia da 500°C a 1700°C e non deve scendere al di sotto di 250°C. (3)
CIE: Commissione Internazionale dell’illuminazione. Organismo che stabilisce metodologie e misure standard per l'illuminotecnica. (3)
CMYK: Cyan, Magenta, Yellow and Black, ciano, magenta, giallo e nero, i colori usati per stampare un’immagine in quadricromia (sintesi sottrattiva). (4)
COLORE: per colore della luce si intende una percezione soggettiva strettamente legata alla lunghezza d’onda delle radiazioni luminose; tale sensazione dipende da diversi fattori, come la composizione spettrale della radiazione luminosa e la capacità dell’occhio di discriminare diverse emissioni di luce. Un colore può essere definito attraverso le sue tre qualità, o tre costanti, che sono: tono cromatico, luminosità, saturazione (croma, intensità) e le variabili tinta e gradazione. Sono note le associazioni psicologiche e gli stati d’animo dovuti alla percezione del colore. (3)
COLORE APPARENTE: espressione comune per descrivere l'impressione del colore che si riceve quando si guarda una sorgente di luce. (1)
COLORE PERCEPITO: aspetto della percezione visiva che consente ad un osservatore di distinguere le differenze tra due oggetti aventi uguali dimensioni, forma e struttura, essendo queste differenze della stessa natura di quelle che possono essere provocate dalle differenze di composizione spettrale della luce. (1)
COLORE PERCEPITO DI UN OGGETTO: colore percepito proprio di un corpo illuminante o luminoso. (1)
COLORI ADDITIVI: Esistono principalmente tre tipi di recettori detti Coni. Essi reagiscono rispettivamente alla luce rossa, verde e blu. L'attività di questi tre tipi di recettori determina quale tipo di colore noi vediamo. Mischiando una luce rossa, verde e blu in uguali proporzioni avremo una luce bianca poiché tutti e tre i recettori del colore sono bilanciati. La fusione del rosso e verde produrrà una luce gialla; dal rosso e il blu, il magenta; dal blu e dal verde, il ciano. rosso, verde e blu sono chiamati primari, gli altri tre secondari. Una combinazione dei tre colori Primari o dei tre Secondari ha come risultato la luce bianca. Per esempio, verde e magenta nella giusta proporzione darà la luce bianca. Questo tipo di combinazione di colore è chiamata combinazione di colori additivi, da non confondere con i colori sottrattivi, per esempio, usati nel dipingere.(2)
COMPLEMENTARE: colore risultante dalla sovrapposizione a coppie dei colori primari, per cui: verde+rosso=giallo; blu+verde=ciano; rosso+blu=magenta. Sommando un colore primario col suo complementare si ottiene bianco, cioè blu+giallo/verde+magenta/rosso+ciano=bianco. (3)
COMPRESSIONE: Procedimento che permette di archiviare o trasmettere dati usando un minor numero di byte, ossia riducendo le dimensioni del file che li contiene. Per compressione Video si intende la tecnica usata per ridurre le dimensioni dei file video. Esistono diversi tipi di compressione: nel campo dell’immagine digitale si è affermato lo standard JPEG. (4)
CONI: fotorecettori della retina contenenti pigmenti sensibili alla luce che sono all'origine del processo della visione fotopica. (1)
CONTRASTO : è il rapporto tra i valori più bassi e quelli più alti di luminanza in una scena o in un soggetto. L’occhio umano può accettare una vasta gamma di contrasto, mentre il sensore di un obiettivo è limitato. Per la TV è accettabile un campo di contrasto 50: 1; per il cinema tale valore è di circa 100: 1. (3)
CONTRASTO DI LUMINANZA (C): tra due parti di un campo visivo. Differenza relativa delle luminanze di queste parti, in accordo con la relazione:
C=(L1 -L2)/L2 con
C = contrasto di luminanza;
L1 = luminanza della parte più piccola (oggetto);
L2 = luminanza della parte più grande (sfondo). (1)
CORPO NERO: sorgente luminosa teorica, progressivamente riscaldata, in cui l’energia assorbita è uguale all’energia trasmessa. (3)
CORREZIONE ESPOSIZIONE: Poiché tutti gli esposimetri sono tarati per offrire la perfetta esposizione del tono medio occorre eseguire una correzione quando la cellula misuri direttamente un soggetto molto chiaro o molto scuro. Nel primo caso occorre aumentare l’esposizione, nel secondo ridurla. In caso contrario, sia il soggetto molto chiaro che quello scuro verrebbero riprodotti in tono medio. (4)
CROMA: cioè quanto un colore è vivido o attenuato, ma non quanto è luminoso. Il colore magenta ha un croma molto alto mentre il marrone ha un croma decisamente inferiore. (3)
CROMATICITÀ: attributo del colore di uno stimolo, individuabile attraverso le coordinate cromatiche o attraverso la sua lunghezza d'onda dominante, o complementare, e la sua purezza. (1)
CURVA DEL FATTORE SPETTRALE DI VISIBILITÀ: curva che fornisce la sensibilità relativa (V) dell'osservatore fotometrico standard CIE per radiazioni monocromatiche in funzione della lunghezza d'onda:
a) per visione fotopica, curva V;
b) per visione scotopica, curva V'. (1)
CURVA DI MUNSELL: la risposta dell’occhio alle variazioni di luce viene espressa da tale curva, che mette in relazione le variazioni di luce apparente e le variazioni di luce attuale. (3)
CURVA DI VISIBILITÀ: curva di sensibilità spettrale che mette in relazione la percentuale di visibilità dell’occhio con lo spettro visibile, che varia dai 380 ai 780 nanometri (nm). L’occhio umano raggiunge la massima sensibilità a circa 500nm., corrispondenti alla gamma dei giallo-verdi. (3)
CURVA ISOILLUMINAMENTO, CURVA ISOLUX: luogo geometrico dei punti appartenenti ad una superficie in cui l'illuminamento assume lo stesso valore. (1)
CURVA ISOINTENSITÀ: curva tracciata su una sfera immaginaria avente il centro coincidente con la sorgente, e congiungente tutti i punti rappresentativi delle direzioni in cui l'intensità luminosa assume gli stessi valori; questa curva si rappresenta su una proiezione piana della superficie sferica. (1)
CURVA ISOLUMINANZA (DIAGRAMMA): luogo geometrico dei punti appartenenti ad una superficie in cui la luminanza assume lo stesso valore per determinate posizioni dell'osservatore e della sorgente rispetto alla superficie. (1)
CURVA V: curva del fattore spettrale di visibilità per visione fotopica. (1)
CURVA V': curva del fattore spettrale di visibilità per visione scotopica. (1)
CURVATURA DI CAMPO: È una delle aberrazioni ottiche degli obiettivi. L’immagine invece di andare a fuoco su una superficie piana (piano focale) va a fuoco su una superficie curva. Di qui una notevole caduta della nitidezza ai bordi se la messa a fuoco è regolata per il centro del fotogramma e viceversa. Gli obiettivi macro, da ingrandimento o per riproduzione debbono essere particolarmente corretti contro questo difetto. (4)
DAYLIGHT: Termine inglese che indica la luce diurna fotografica. È riportato sulle confezioni delle pellicole a colori per diapositive (invertibili) da utilizzare per riprese in luce diurna od equivalente, come flash elettronico o lampade azzurrate, quindi con temperatura di colore intorno ai 5500 Kelvin. (4)
DEFINIZIONE: Con questo termine si indica la capacità di un obiettivo o una pellicola di mostrare i dettagli più minuti del soggetto. Rappresenta la somma di caratteristiche soggettive come la nitidezza e la granulosità con caratteristiche oggettive come l'acutanza, il potere risolvente e la granularità. (4)
DENSITÀ: Valore numerico per indicare il grado di annerimento di un tono sul negativo. Log (in base 10) dell'opacità. (4)
DENSITOMETRO: Strumento ottico-elettronico per effettuare la misurazione delle densità di un'immagine negativa o positiva. (4)
DIAFRAMMA: Sistema ad iride per la regolazione del passaggio della luce attraverso l'obiettivo. Costituito da più lamelle, può essere automatico o manuale. Gli obiettivi dotati di diaframma automatico (quelli delle reflex 35mm o medio formato) mantengono sempre alla massima apertura il diaframma per consentire una migliore luminosità dello schermo di messa a fuoco. Al momento dell'esposizione, le lamelle si chiudono di scatto al valore prefissato e si riaprono subito dopo la chiusura dell'otturatore. La ghiera del diaframma degli obiettivi è fornita di una serie di scatti che mantengono la posizione desiderata. Le aperture di diaframma espresse con F o f/ (per fuoco) variano secondo una scala numerica. (4)
DIAGRAMMA DI CROMATICITÀ: diagramma bidimensionale che mostra il risultato delle miscele dei colori, la cui cromaticità può essere rappresentata univocamente da un singolo punto sul diagramma. (1)
DIAGRAMMA ISOINTENSITÀ: disposizione delle curve isointensità. (1)
DIAGRAMMA TRICROMATICO: schema grafico stabilito dalla CIE (Commissione Internazionale dell’Illuminazione)per determinare esattamente la lunghezza d’onda e la saturazione di qualsiasi colore. (3)
DICROICO (DUE COLORI): filtro o lampada che ha la particolarità di riflettere la componente rosso-gialla della luce e di trasmettere la componente blu. (3)
DIFETTO DI RECIPROCITÀ: Una corretta esposizione (H) deriva dalla quantità di luce (E) che raggiunge l'emulsione per un dato tempo (t) da cui: H=Et. In base a questa relazione si deduce che la pellicola fornisce risultati sempre costanti per un'esposizione eseguita con coppie-tempo diaframma equivalenti. In realtà, non si verifica soprattutto per esposizioni estreme: brevissime (oltre 1/10.000 di secondo) o lunghissime (oltre 1 secondo). L'emulsione fotografica, in altre parole, mantiene una sensibilità costante solo entro una certa gamma di tempi di esposizione alla luce, oltre i quali diminuisce. Le case fabbricanti forniscono per le loro pellicole le correzioni da apportare all'esposizione per compensare l'errore. (4)
DIFFRAZIONE: Cambiamento della direzione rettilinea dei raggi luminosi quando passano vicini a un bordo opaco come le lamelle del diaframma. Quando quest'ultimo è molto chiuso, il fenomeno trasforma i punti luminosi in stelle con tanti raggi quante sono le lamelle del diaframma. (4)
DIFFUSIONE: I raggi di luce che passano attraverso un materiale traslucido vengono suddivisi in tanti piccoli raggi che riducono il contrasto originale aumentando la morbidezza della luce (se il diffusore e applicato davanti ad una sorgente di luce) o dell'immagine se applicato davanti all'obiettivo di ripresa. Questo effetto provoca degli aloni chiari nell'immagine, riducendo il dettaglio delle ombre. (4)
DIFFUSORE: Solitamente un materiale plastico, o acetato, traslucido o smerigliato, usato per ammorbidire e diffondere una sorgente luminosa artificiale. (4)
DIGITALIZZAZIONE: Conversione in forma digitale. La digitalizzazione prevede prima una lettura del segnale analogico nel dato momento di tempo, poi una quantizzazione dei dati ricavati (ad ognuno viene attribuito un valore numerico), e infine in una codifica di tale numero in forma binaria. Un'immagine digitale è formata da una griglia di pixel. Non vi è continuità fra colore e luminosità degli elementi vicini e ogni punto della griglia ha uno specifico valore. (4)
DIN: Deutsche Industrie Norme. In cinematografia e in fotografia la sigla DIN, come la sigla ASA e ISO, indica un sistema di misura della sensibilità della pellicola. La sensibilità misurata in DIN deriva da un calcolo logaritmico del valore minimo di esposizione. In pratica ogni tre gradi DIN il valore ASA raddoppia, per cui 21 DIN = 100 ASA, 24 DIN = 200 ASA. (3)
DIOTTRIA: Valore reciproco di un metro. Il potere diottrico di una lente è dato dalla sua lunghezza focale divisa per un metro. Una lente di 200mm di focale ha un potere di 5 diottrie (1000: 200 = 5). (4)
DISPERSIONE: Nel passaggio dall'aria al vetro la luce subisce un rallentamento diverso per le diverse lunghezze d'onda della radiazioni che la compongono. Questo rallentamento provoca una deviazione che è maggiore per le radiazioni corte (blu) e minore per quelle lunghe (rosso). La dispersione è il fenomeno per cui la luce bianca passando attraverso un prisma si disperde nei vari colori. È più o meno ampia a seconda della composizione del vetro. (4)
DISTANZA IPERFOCALE: È quella che effettivamente separa l'obiettivo regolato su infinito ed il soggetto nitido più vicino. Regolando l'obiettivo su questa distanza si otterrà una zona nitida che si estenderà dalla metà dell'iperfocale all'infinito. (4)
DISTORSIONE: Aberrazione ottica, tipica di alcuni obiettivi. È a barilotto quando l'immagine di un quadrato e più ingrandita al centro che ai bordi (l'immagine ricorda quella di un piccolo barile). È a cuscinetto quando un soggetto quadrato, viene riprodotto con un maggiore ingrandimento ai bordi rispetto al centro (l'immagine risultante ricorda la forma di un cuscino). Il difetto è dovuto al fatto che l'immagine formata dai raggi periferici viene riprodotta con un rapporto diverso da quella riprodotta dai raggi che passano per l'asse ottico. È tipica degli obiettivi più economici e degli zoom. (4)
DISTRIBUZIONE DI ENERGIA NELLO SPETTRO: grafico che mostra la relativa quantità di energia nelle varie lunghezze d’onda per una particolare emissione luminosa. Tale energia è proporzionata alla temperatura e alla frequenza delle lunghezze d’onda. La DES determina il colore della luce, la resa delle superfici colorate illuminate. (3)
DITHERING: Si tratta di un metodo per far apparire più uniformi le immagini digitali grazie all'inserimento di pixel di vari colori e aumentare così la percezione apparente delle sfumature cromatiche. Un retino di pixel neri e bianchi alternati, per esempio, produce una sfumatura grigia. Il dithering è molto usato nella conversione di immagini in bianconero a tono continuo in immagini bitmap, dotate quindi di una minore gamma di sfumature tonali. (4)
DOMINANTE: Nella fotografia a colori si chiama dominante quella coloritura monocromatica che invade tutta l'immagine a causa di un uso erroneo o intenzionale di filtri colorati o di pellicola non adatta alla temperatura di colore della luce. Una dominante può anche essere determinata da un errato trattamento in fase di sviluppo o dall'uso di una pellicola scaduta. (4)
DOT PER INCH (DPI): È la misura di risoluzione delle stampanti e indica il massimo numero di dot (punti immagine) che è possibile stampare per ogni inch (1 inch = 2,54cm) lineare; per esempio 300 dpi. (4)
V. anche: PPI
EFFETTO PURKINJE: la rodopsina, una sostanza sensibile presente nell’occhio, che sbiadisce per effetto della luce e si ricompone in oscurità, ha la sensibilità massima nella zona blu-verde dello spettro ed è insensibile alle radiazioni arancioni-rosse. In caso di scarsa illuminazione, gli oggetti di colore rosso-arancione, che brillano di giorno, sembrano molto più scuri degli oggetti colorati di blu-verde. (3)
EFFICIENZA LUMINOSA: di una sorgente. Rapporto tra flusso luminoso emesso e potenza elettrica assorbita. Unità di misura: lumen/watt, lm/W. (1)
la capacità di una lampada di convertire la potenza elettrica in flusso luminoso. Unità di misura: lumen per watt (lm/W). Il rendimento di una normale lampada ad incandescenza è di 20 lm/W, di una lampada a vapore di sodio a bassa pressione è di 180 lm/W. (3)
EMULSIONE: Insieme di sali d'argento sensibili alla luce sospesi uniformemente in gelatina. L'emulsione viene stesa ancora liquida sul supporto (base) della pellicola. (4)
ENERGIA RADIANTE (QE, Q): energia emessa, trasferita o ricevuta sotto forma di radiazione. Unità di misura: joule, J = W*s. (1)
EPS: Encapsulated PostScript Format, è un formato di file largamente usato nelle applicazioni di editoria elettronica. Oltre ai dati, il file contiene dei comandi addizionali PostScript che incapsulano i dati e li rendono gestibili in altri tipi di documento. (4)
ESPOSIMETRO: Strumento per la misurazione dell'intensità luminosa capace di fornire i valori di tempo di esposizione e di diaframma per ottenere con una pellicola di una data sensibilità un negativo perfettamente esposto. È ormai incorporato in quasi tutti gli apparecchi fotografici. I limiti della capacità di effettuare misurazioni attendibili da parte dell'esposimetro vengono indicati in valori luce (EV) o candele per metro quadro (cdm2, unità di misura della luminanza). Tanto più estesa è la gamma tanto maggiore è la capacità del sistema di misurare nelle basse come nelle alte luci. Per il funzionamento dell'esposimetro occorre un elemento sensibile alla luce che possa produrre una corrente elettrica o una resistenza direttamente proporzionale all'intensità luminosa che lo colpisce. Il selenio, elemento principe negli anni Cinquanta, colpito dalla luce produce una modestissima corrente elettrica che, opportunamente amplificata, fa muovere l'ago di un galvanometro. Al contrario, il solfuro di cadmio (CdS), così come il fosfo-arseniuro di gallio o il silicio, producono una resistenza in un circuito elettrico alimentato da una pila. Il silicio (filtrato di blu per ridurre la sensibilità al rosso) è l'elemento più utilizzato negli strumenti attuali. (4)
ESPOSIMETRO, SEPARATO: Gli esposimetri separati adottano sistemi di misurazione della luce di tipo diverso e si distinguono nelle versioni per misurazione a luce incidente o riflessa. Con il primo tipo si misura nei pressi del soggetto la quantità della luce che lo illumina (illuminamento), con il secondo si misura, invece, da una certa distanza la quantità di luce che esso riflette (luminanza). Il primo sistema consente di utilizzare la lettura senza necessita di correggere l'esposizione in presenza di toni molto più chiari o molto più scuri del tono medio per il quale sono tarati gli esposimetri. Con il secondo, utilizzato anche dagli esposimetri incorporati, la misurazione della luce tiene conto della capacità del soggetto di riflettere la luce, ma fornisce indicazioni precise solo se questo è di tono medio (grigio 18%). (4)
ESPOSIMETRO, TTL: Negli apparecchi reflex e in alcuni altri modelli è di norma adottato l'esposimetro tipo TTL. Si intende con questa sigla (Through The Lens, attraverso l'obiettivo) che la cellula dell'esposimetro viene colpita dalla luce che passa effettivamente attraverso l'obiettivo di ripresa. In alcuni modelli la cellula misura la luce che cade sul piano pellicola o che viene riflessa da uno specchio secondario. In questo modo (misurazione direct) l'esposimetro può effettuare una misurazione nel momento stesso dell'esposizione, ciò che è indispensabile per il controllo dell'esposizione usando flash dedicati (flash TTL). Gli esposimetri delle fotocamere TTL adottano diversi sistemi per la misura dell'esposizione per la scena inquadrata. La misurazione "media" fornisce al fotografo la media delle luminanze della scena inquadrata, ma ciò può portare ad esposizioni errate in caso di scene particolarmente contrastate. La misurazione a "preferenza centrale", fornisce un dato ponderato per il 60-80% sulla zona centrale dell'inquadratura. Consente una misurazione più selettiva e quindi più precisa della precedente. La misurazione "spot" consente al fotografo di misurare con estrema precisione e selettività punti nella scena inquadrata, circa 2-3%. Dalla valutazione di più punti (che può anche essere automatica) si può trovare l'esposizione più adatta alle situazioni più difficili soprattutto se abbinata alla tecnica del sistema zonale. Infine, la misurazione a "settori" si basa sull'analisi fatta dall'esposimetro fra punti diversi dell'inquadratura (da 8 a 16 circa), in base ad un programma prestabilito. (4)
ESPOSIZIONE: è “il tempo durante il quale bisogna esporre la pellicola alla luce proveniente dall’obiettivo per ottenere un’immagine di giusta tonalità”. Giusta tonalità significa un rapporto tra luce primaria (keylight) e luce secondaria (fill-light) di 1: 4 per la fotografia; di 1: 3 per la cinematografia a colori; di 1: 2 per i film destinati alla TV. Un soggetto può essere sottoesposto se la pellicola o il sensore del tubo catodico della telecamera riceve troppa luce; la sovraesposizione avviene quando la pellicola riceve troppa luce. Il controllo dell’esposizione si ottiene a) regolando l’intensità luminosa; b) agendo sull’apertura della lente o f-stop; c) mettendo dei filtri neutral density davanti all’obiettivo o davanti ai fari. Formula per il calcolo dell’esposizione di un soggetto medio: L=25 F2 /s t*, dove L=livello di illuminazione richiesto; F=impostazione dell’obiettivo o f-stop; s=indice di esposizione della sensibilità della pellicola; t=tempo di esposizione, solitamente 1/50 sec. (*da Basic motion picture technology di Bernard Happé – Focal Press London.) (3)
Tempo necessario alla luce per impressionare la pellicola affinché riproduca correttamente la gamma tonale. Dipende dalla sensibilità della pellicola e dall'intensità della luce. Con l'uso dell'otturatore e dell'apertura del diaframma si controlla l'esposizione. Se la quantità di luce che impressiona la pellicola è troppa si ottiene una sovraesposizione, se è troppo poca una sottoesposizione. (4)
ESPOSIZIONE AUTOMATICA: Esistono diversi modi di esposizione automatica. Nelle fotocamere compatte l'automatismo di esposizione è in genere programmato e regola autonomamente sia il tempo che il diaframma. Nelle reflex sono disponibili anche altre opzioni. 1) Priorità dei diaframmi: l'automatismo controlla il tempo di esposizione in funzione dell'apertura di diaframma scelta. 2) Priorità dei tempi: l'automatismo controlla l'apertura di diaframma in funzione del tempo di esposizione impostato. 3) Programmi creativi: consentono di utilizzare in automatismo la coppia tempo-diaframma più adatta al tipo di ripresa (ritratto, paesaggio, azione, notturni, ecc). (4)
EV: Valore Luce equivalente, dall'inglese Equivalent Value. Al raddoppio dell'intensità luminosa il valore incrementa di una unita. I valori luce rappresentano un puro riferimento quantitativo che si trasforma, grazie ad una tabella, in una serie di coppie tempo-diaframma equivalenti in funzione della sensibilità della pellicola. Il principio fu applicato nei primi anni Cinquanta agli otturatori di tipo centrale con la possibilità di accoppiamento meccanico della ghiera dei diaframmi a quella dell'otturatore. Bloccando le due ghiere su un dato valore luce, era possibile scegliere la coppia tempo-diaframma preferibile ferma restando l'equivalente esposizione: 1/15 di sec a f/5,6 è equivalente a 1/125 a f/2. Gli EV, sono tuttora forniti dagli esposimetri separati e si rivelano pratici nella valutazione delle diverse luminanze di una scena. Gli EV vengono anche utilizzati dai fabbricanti come unita di misura per indicare la gamma di sensibilità degli esposimetri ed i limiti di impiego dei sistemi autofocus. (4)
F, F/: Questo simbolo, preferibilmente il secondo f/, indica il valore delle aperture del diaframma di un obiettivo. Per calcolare la luminosità di una lente si divide la sua lunghezza focale per il diametro. Una lente da 50mm di focale e del diametro di 25mm ha un'apertura relativa 2 che in gergo si chiama luminosità e si esprime con f/2 o F2, dove f/ o F rappresentano la focale. Questo valore che è costante in tutti gli obiettivi, consente di conoscere la quantità di luce che passa attraverso l'obiettivo nell'unita di tempo. I numeri attribuiti alle aperture di diaframma derivano dal fatto che moltiplicando il diametro per la radice quadrata di 2 (1,4142), l'area del cerchio raddoppia. Così, i valori f/ sono il risultato del prodotto delle successive moltiplicazioni di 1,0 per 1,4142 (Ad esempio: 1,0x1,4142=1,4142 o f/1,4; 1,4142x1,4142=2 o f/2; 2x1,4142=2,828 o f/2,8; ecc.). In pratica, l'area del diaframma (e quindi la quantità di luce) varia di un fattore 2 ad ogni stop. Ciò significa che aprendo o chiudendo il diaframma di un valore, l'esposizione aumenta o si riduce di 2 volte rispettivamente; variandolo di 3 stop, invece, l'esposizione aumenta o si riduce di 8 volte. E così via. I valori f/ sono riportati sulla ghiera dei diaframmi degli obiettivi. Il valore più piccolo indica la luminosità massima dell'obiettivo. Un obiettivo 50mm per una fotocamera reflex 35mm ha una luminosità massima di f/1,4 o f/1,8 ed una minima di f/16 o f/22. Gli obiettivi per le fotocamere di medio o grande formato sono meno luminosi e raggiungono chiusure di diaframma minime di f/32 o f/45. In molti zoom economici la luminosità varia all'aumento della focale in quanto l'apertura relativa diminuisce. Solo alcuni modelli costruiti con una particolare disposizione dei gruppi ottici mantengono costante la luminosità per tutta la gamma delle focali. (4)
FATTORE:: coefficiente che si ottiene dal rapporto tra due grandezze dello stesso tipo. Es. fattore di assorbimento a è il rapporto tra quantità della luce assorbita da un oggetto e l’intensità della luce incidente sull’oggetto. Cfr. fattori di luminanza, riflessione, trasmissione. (3)
FATTORE DI ASSORBIMENTO: rapporto tra il flusso radiante o luminoso assorbito e il flusso luminoso incidente in condizioni specificate. (1)
FATTORE DI LUMINANZA (ß): in un elemento di superficie di un corpo (che non sia sorgente di radiazioni), in una data direzione, e in determinate condizioni di illuminazione. Rapporto tra la luminanza dell'elemento di superficie e quella di un diffusore perfettamente riflettente o trasmittente (Lambertiano) nelle stesse condizioni di illuminazione. (1)
FATTORE DI RIFLESSIONE (P): (per una radiazione incidente di composizione spettrale, polarizzazione e ripartizione spaziale date). Rapporto tra il flusso luminoso riflesso e quello incidente nelle condizioni date. (1)
FATTORE DI TRASMISSIONE: (per una radiazione incidente di composizione spettrale, polarizzazione e ripartizione geometrica data). Rapporto tra il flusso energetico o luminoso trasmesso e il flusso incidente nelle condizioni date. (1)
FATTORE DI UNIFORMITÀ DELL'ILLUMINAMENTO: su di un piano determinato. Misura della variazione di illuminamento sul piano considerato, espressa come:
1) rapporto tra illuminamento minimo e massimo;
2) rapporto tra illuminamento minimo e medio. (1)
FATTORE FILTRO: I filtri a seconda del colore e della densità, assorbono un certo quantitativo di luce. Per compensare la perdita di luminosità occorre aumentare l'esposizione in base al fattore filtro. Se il fattore filtro e 2X occorre raddoppiare il tempo di esposizione o aprire il diaframma si uno stop. Usando una fotocamera dotata di esposimetro TTL, non bisogna tener conto del fattore filtro in quanto il suo assorbimento viene automaticamente considerato. (4)
FILTRI DI COMPENSAZIONE: Identificati dalla sigla CC, permettono una precisa, ma limitata correzione del colore lavorando sulla banda del rosso, del blu e del verde. Offerti in 6 colori (3 additivi e 3 sottrattivi) con varie densità, sono utili nel caso di riprese con fonti di illuminazione non perfettamente compatibili con la taratura delle pellicole. (4)
FILTRI DI CONVERSIONE: Nella fotografia a colori consentono l'impiego di una pellicola per diapositive per luce diurna in luce artificiale (e viceversa) senza il rischio di ottenere dominanti. Nel primo caso si utilizza la serie 80 color ambra, fotografando con pellicola per luce artificiale in luce diurna occorrerà servirsi di un filtro della serie 85 blu. (4)
FILTRI DI CORREZIONE: Consentono una correzione cromatica più fine di quella del filtri di conversione. Disponibili nelle serie 81 e 82 in tre gradazioni, consentono di raggiungere la temperatura di colore ideale. Per il miglior uso occorre servirsi di un termocolorimetro. (4)
FILTRI NEUTRI: Di colore grigio, assorbono in modo identico tutti i colori dello spettro permettendo di ridurre la quantità di luce che raggiunge la pellicola. Possono essere usati sia con pellicola bianconero che a colori. (4)
FILTRO (DIGITALE): Si tratta di un'utilità software per modificare un'immagine, cambiando il valore di certi pixel, e creare effetti speciali, per esempio di contrasto, distorsione, bassorilievo, ecc. (4)
FILTRO POLARIZZATORE: Consente la riduzione dei riflessi dalle superfici lucide escluso il metallo. Di color grigio neutro può essere usato con pellicola a colori. In questo caso consente anche di ottenere una saturazione dei colori che assumono un aspetto più intenso. L'effetto maggiore di polarizzazione si ottiene quando la sorgente luminosa si trova a 90 rispetto all'asse ottico e può essere controllato nel mirino ruotando il filtro sul proprio asse tramite la ghiera posta sulla sua montatura. Per evitare interferenze con i sistemi autofocus, il filtro polarizzatore deve essere di tipo "circolare". (4)
FILTRO SKYLIGHT: Di colore leggermente rosato, taglia le radiazioni ultraviolette, ma è soprattutto utile fotografando a colori per eliminare la colorazione azzurrina delle riprese in ombra o sotto il fogliame. In pieno sole, pero, rende più rosso e sgradevole il tono pelle. Non è quindi adatto come filtro di protezione anti graffi o polvere da tenere fisso sull'obiettivo. (4)
FILTRO UV: Assorbe le radiazioni UV (inferiori a 400nm) presenti in alta montagna o al mare che favoriscono la perdita di dettaglio a grande distanza. Inoltre, producono una dominante azzurrina con le pellicole a colori, sovraespongono il cielo con il bianconero rendendo meno distinte le nuvole. Essendo incolore è ideale per proteggere la lente anteriore degli obiettivi. (4)
FLARE: Vedi luce parassita. (4)
FLASH ELETTRONICO: L'evoluzione tecnica ha portato nel tempo moltissimi perfezionamenti, ma alla base del flash elettronico restano sempre: una fonte di energià elettrica (pila o batteria), un condensatore, un circuito di innesco e la lampada riempita di gas che produce il lampo con la scarica tra due elettrodi. La durata del lampo di un flash varia da 1/800 a 1/40.000 di secondo. Per l'uso con le fotocamere dotate di otturatore a tendina occorre impostare il tempo di sincronizzazione della fotocamera. La potenza, calcolata in joule ed espressa anche attraverso il numero guida, varia enormemente a seconda dei modelli. (4)
FLUORESCENZA: Luce visibile emessa da alcune sostanze quando vengono eccitate dalle radiazioni ultraviolette emesse da una lampada di Wood (luce nera). (4)
fenomeno di luminescenza che consiste nell’emissione di luce da parte di un materiale eccitato da raggi UV; tale emissione termina quando si interrompe la radiazione UV; per es. le polveri fluorescenti che captano le radiazioni UV del vapore di mercurio in una lampada al neon sotto tensione. (3)
fotoluminescenza che persiste per un tempo molto breve dopo l'eccitazione. (1)
FLUORITE: Sostanza utilizzata nella produzione di vetro ottico a base di fluoruro di calcio. È caratterizzata da un bassissimo indice di rifrazione e da una bassa dispersione e si presta quindi assai bene alla costruzione di lenti per obiettivi con una ottima correzione delle aberrazioni cromatiche. Le lenti alla fluorite sono utilizzate soprattutto nei teleobiettivi luminosi. Oggi si è riusciti ad abbassare gli alti costi della produzione e di lavorazione di tali lenti utilizzando non fluorite pura, ma vetri ottici in cui la fluorite entra solo in modesta percentuale (vetri fluoro crown). (4)
FLUSSO (POTENZA) ENERGETICO: potenza emessa, trasferita, o ricevuta sotto forma di radiazione.
Unità di misura: watt, W. (1)
FLUSSO DIRETTO: su una superficie. I1 flusso luminoso ricevuto da una superficie direttamente dagli apparecchi presenti in un impianto di illuminazione. (1)
FLUSSO LUMINOSO: grandezza derivata dal flusso energetico radiante valutando la radiazione in base all'azione su un rivelatore selettivo, la cui sensibilità spettrale è definita dai fattori spettrali di visibilità normalizzati (osservatore di riferimento fotometrico CIE).
Unità di misura: lumen, lm. (1)
FLUSSO LUMINOSO: grandezza fotometrica che indica la quantità di luce emessa da una sorgente luminosa nell’unità di tempo. L’unità di misura è il lumen (lm). (3)
FOCALE: Esprime in millimetri la lunghezza focale di una lente e quindi di un obiettivo. (4)
distanza dal centro di una lente al punto di convergenza dei raggi paralleli (fuoco) all’asse della lente. (3)
FOOTCANDLE: Unità di misura, statunitense, dell'illuminamento (pari ad un lumen per piede quadrato) equivale a 10,764 lux. (4)
FOSFORESCENZA: fenomeno che differisce dalla fluorescenza per il prolungamento dell’emissione di luce anche quando termina la radiazione UV. (3)
FOTOCAMERA REFLEX: Il sistema di visione reflex della camera oscura dei pittori, fu presto adottato anche per la fotografia. Verso la fine dell'Ottocento, furono molti gli apparecchi ad adottare un mirino con visione reflex. La Graflex nel 1902 fu il primo apparecchio reflex monobiettivo di grande formato. Molti apparecchi "biottica" seguirono utilizzando due obiettivi identici per l'inquadratura (che serviva anche per la messa a fuoco) e la ripresa. Nel 1936 la Exakta presentò il primo apparecchio reflex monobiettivo per il formato 35mm per il quale lo stesso obiettivo di ripresa serve per inquadratura, messa a fuoco e ripresa. Il sistema ebbe successo solo trent'anni più tardi con la produzione giapponese. (4)
FOTOLUMINESCENZA: luminescenza causata da un assorbimento di radiazione ottica. (1)
FOTOMETRIA: misurazione delle grandezze che si riferiscono alla radiazione valutata secondo un fattore spettrale di visibilità dato, per esempio V. (1)
FOTOMETRO: Misuratore del livello di illuminazione, dizione originale per esposimetro. (4)
FOTOMICROGRAFIA: Ripresa fotografica scientifica con l'utilizzo di microscopi ad alto ingrandimento. (4)
FREQUENZA: è il numero di cicli completi compiuti da un’onda nell’unità di tempo. (3)
FRESNEL, AUGUSTINE-JEAN: fisico francese noto per i suoi studi sulla propagazione delle onde luminose, sui fenomeni di polarizzazione della luce e di interferenza di raggi polarizzati, contribuendo allo sviluppo della teoria ondulatoria della luce. (3)
GAMMA: Tangente dell'angolo formato tra la base e la porzione rettilinea della curva caratteristica di una pellicola. Un tempo veniva utilizzato come misura del contrasto. Al gamma si preferisce oggi l'indice di contrasto. (4)
(digitale). L'insieme di tutti i colori che possono essere visualizzati o stampati su un particolare sistema a colori. Per gamma si intende anche il rapporto fra i dati di input di un immagine elettronica e quelli di output che informano il monitor su come visualizzare l'immagine. (4)
GAS: elemento indispensabile per il funzionamento di una lampada sia alogena che a scarica che, grazie alle sue caratteristiche e alla possibilità di miscelarsi con altri elementi, influisce sulla temperatura di colore, favorisce l’efficienza di una lampada, interviene nei fenomeni di luminescenza. (3)
GIF: Graphic Interchange Format (Formato grafico di interscambio). Un popolare formato di file per le immagini grafiche, creato da CompuServe. Il formato GIF utilizza un sistema di compressione e non può gestire più di 256 colori. (4)
GRADAZIONE: aspetto variabile di un colore; indica il colore intermedio fra toni cromatici. (3)
GRANA: Osservando un'immagine negativa al microscopio o un forte ingrandimento si possono notare i piccoli ammassi di argento metallico che formano l'immagine dopo lo sviluppo. Questi ammassi prendono il nome di grana. (4)
GRANDEZZE FOTOMETRICHE: sono grandezze fisiche relative all’illuminazione in uno spazio. Flusso, intensità, illuminamento, luminanza, efficienza luminosa sono le principali grandezze fotometriche. (3)
GRANULARITÀ: Quantificazione oggettiva del concetto di grana. Indica la mancanza di uniformità della Densità di un'emulsione fotografica ovvero lo spostamento dei valori di Densità rispetto ad uno standard. Questo dato viene espresso dai fabbricanti in termini di granularità RMS diffusa. Più alto è il valore maggiore è la grossezza della grana. Un valore 8 è tipico per una pellicola 100 Iso. (4)
GRANULOSITÀ: Impressione soggettiva della grana che appare in un'immagine fotografica. Essa dipende dalla distanza di osservazione, dalle condizioni di visione e dal visus dell'osservatore. (4)
GRIGIO MEDIO: Tonalità standard di grigio neutro che riflette il 18 per cento della luce che lo colpisce senza dominanti o sfumature cromatiche. È il valore tonale sul quale sono tarati gli esposimetri. (4)
HERTZ (Hz): unità di misura della frequenza, cioè del numero di cicli completi compiuti da un’onda nell’unità di tempo. I multipli sono Kilo-Mega-Giga Hertz (KHz-MHz-GHz). (3)
HMI: Hydrargirium (Hg) Mid arc Iodide; lampada a scarica nella quale l’arco è provocato da due elettrodi in ambiente di vapore di mercurio e ioduri metallici. Una lampada HMI fornisce un’elevata luminosità a una temperatura di colore intorno a 6000 K – 6500 K. (3)
ICONA: Una semplice immagine descrittiva di un programma, un comando, un file o un concetto in computer dotati di interfaccia grafica come Windows o Macintosh. (4)
ILLUMINAMENTO (E): È la misura della quantità di luce incidente proveniente da una sorgente luminosa e che cade su una superficie. Viene misurato in lux. Un punto posto ad 1m da una sorgente di luce da 1 candela riceve un illuminamento di 1 lux. (4)
in un punto su una superficie. Rapporto tra flusso luminoso incidente sull'elemento di superficie contenente il punto, e l'area dell'elemento stesso.
Unità di misura: lux, lx. (1)
ILLUMINAZIONE DI UNA SUPERFICIE: Se ipotizzassimo una sorgente luminosa che emani la stessa luce in tutte le direzioni, l'intensità luminosa sarebbe la stessa in ogni sua parte, invece la maggioranza delle sorgenti luminose ha un flusso irregolare. Se una fonte luminosa avesse una intensità di 1000 candele in tutte le direzioni e fosse posizionata a due metri di distanza da una superficie l'illuminamento varrebbe 250 lux secondo la formula: E=I/d2.(2)
ILLUMINAZIONE DIFFUSA: illuminazione nella quale la luce sul piano di lavoro o su un oggetto non proviene da nessuna particolare direzione. (1)
ILLUMINAZIONE DIRETTA: illuminazione con apparecchi aventi una ripartizione delle intensità tale che il 90/100% del flusso luminoso emesso raggiunge direttamente il piano di lavoro, assumendo che questo piano non sia infinito. (1)
ILLUMINAZIONE DIREZIONALE: illuminazione nella quale la luce sul piano di lavoro o su un oggetto proviene prevalentemente da una particolare direzione. (1)
ILLUMINAZIONE GENERALE: illuminazione sostanzialmente uniforme di un'area o di un volume che non tiene conto di particolari esigenze locali. (1)
ILLUMINAZIONE LOCALIZZATA: illuminazione progettata per illuminare un'area con un illuminamento più elevato in certe posizioni specifiche, per esempio quello sul quale si effettua un lavoro. (1)
IMMAGINE A TONO CONTINUO: È quella che presenta numerosi toni intermedi di grigio fra il bianco e il nero con una variazione della densità continua. (4)
IMMAGINE AL TRATTO: Immagine ad alto contrasto priva di mezzi toni. (4)
IMMAGINE AL VIVO: Espressione usata nel gergo grafico per indicare una fotografia che si estende ai limiti del formato di una pagina senza alcun margine. (4)
IMMAGINE DIGITALE: È la fotografia scattata con una fotocamera digitale o ottenuta attraverso la scansione di negativi, diapositive o stampe con un scanner. Al contrario dell'immagine all'alogenuro d'argento, quella digitale (convertita in forma binaria) può essere duplicata senza perdita di qualità. Può essere ritoccata con relativa facilita per creare effetti speciali, aggiustamento cromatico o per restaurare originali danneggiati con un programma di fotoritocco. (4)
IMMAGINE LATENTE: L'esposizione alla luce di una pellicola fotografica produce un mutamento invisibile dello stato dei grani di alogenuro d'argento sospesi nella gelatina dell'emulsione. Questo mutamento produce l'immagine latente che diventa visibile dopo il trattamento di sviluppo che moltiplica il suo segnale originale di circa un miliardo di volte. (4)
INATTINICA: È la luce prodotta dalle lampade di sicurezza per camera oscura che non ha effetto sulle emulsioni fotografiche. La luce attinica ha la capacità di alterare o creare effetti chimici o elettronici. (4)
INCANDESCENZA: emissione di radiazione luminosa secondo il processo dell'emissione termica. (1)
INDICE DI CONTRASTO: Misura del contrasto (CI) preferita al classico gamma (inclinazione del tratto rettilineo della curva caratteristica di una pellicola bianconero) in quanto la curva caratteristica delle pellicole più recenti non mostra più un vero e proprio tratto rettilineo e perché spesso le ombre cadono al piede della curva stessa. L'indice di contrasto serve a determinare la gradazione di carta ideale per la stampa, ma non è sufficiente a garantire risultati identici da due pellicole aventi stesso indice a causa delle molte variabili (esposizione, contrasto della scena, riflessi interni all'obiettivo, ecc.). L'indice di contrasto si determina utilizzando una speciale scala graduata trasparente da sovrapporre alla curva caratteristica della pellicola. (4)
INDICE DI RESA CROMATICA: rapporto tra il valore della luce di una lampada da esaminare e quello di una sorgente luminosa di riferimento, aventi entrambi la stessa temperatura di colore. (3)
INDICE DI RESA DEL COLORE (RA): valutazione quantitativa del grado di accordo tra il colore psicofisico di un oggetto illuminato dall'illuminante in prova e quello dello stesso oggetto illuminato dall'illuminante di riferimento, avendo tenuto conto dello stato di adattamento cromatico. (1)
INDICE DI RIFRAZIONE: Quando un raggio di luce monocromatica attraversa un cristallo la sua velocità (circa 300.000km al secondo) si riduce di circa 1/3 a causa della densità del mezzo. Questo rallentamento determina una deviazione dal suo andamento rettilineo detta rifrazione. L'angolo costituito dal raggio incidente con la normale del mezzo che deve attraversare e detto angolo di incidenza. L'angolo formato all'uscita del mezzo è detto angolo di rifrazione. Il rapporto tra il seno dell'angolo di incidenza ed il seno dell'angolo di rifrazione fornisce l'indice di rifrazione. L'indice di rifrazione rappresenta la capacità di un vetro ottico di deviare più o meno i raggi che lo attraversano. Ogni mezzo ha un suo indice di rifrazione costante calcolato quando il primo mezzo è l'aria. L'indice varia a seconda della radiazione (lunghezza d'onda): i raggi blu subiscono una deviazione superiore a quella del rosso. Per questo motivo, grazie al diverso indice di rifrazione dei colori dello spettro visibile, un prisma separa la luce bianca nei colori dell'arcobaleno. (4)
INFINITO: Distanza ideale pari a circa 30-40 lunghezze focali di un obiettivo. Nella posizione di infinito i gruppi ottici di un obiettivo si trovano alla minima distanza dal piano focale. (4)
INFRAROSSO: Radiazione invisibile all'occhio umano. All'interno dello spettro elettromagnetico si estende da 720 a 1200 nanometri. (4)
INGRANDIMENTO: Si usa per valutare il rapporto fra le dimensioni di un negativo e di una sua stampa di dimensioni maggiori. L'ingrandimento di dieci volte di un negativo si indica con 10X. (4)
INKJET: Sistema di stampa che si basa sull'emissione di microscopiche goccioline d'inchiostro attraverso una speciale testina. È il metodo più diffuso ed economico per realizzare stampe a colori di qualità fotografica. (4)
INTENSITÀ LUMINOSA (I): L'intensità luminosa è la misura della quantità di flusso emessa all'interno di un angolo solido di 1° ed viene espressa in Candele (cd). Il valore dell'illuminamento è direttamente proporzionale al valore dell'intensità luminosa secondo la seguente formula: E=I/d2.(2)
di una sorgente in una data direzione. Rapporto tra flusso luminoso emesso dalla sorgente in un elemento di angolo solido contenente la direzione data e l'elemento di angolo solido.
Unità di misura: candela, cd.
Nota: l'intensità luminosa degli apparecchi di illuminazione è normalmente rappresentata in un diagramma dell'intensità luminosa o in un diagramma isocandela. (1)
INTERPOLAZIONE: È un metodo per aumentare la risoluzione apparente di un'immagine. Il programma fa una media fra la densità di due pixel adiacenti e inserisce fra di essi un pixel di tale densità. (4)
INVERSO DEL QUADRATO, LEGGE: La quantità di luce che cade sul soggetto (illuminamento) da una sorgente puntiforme, è inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Ciò significa che fatto 1 l'illuminamento alla distanza di un metro, esso sarà pari a 1/4 a due metri, a 1/9 a tre metri e Così via. Considerata infinita la distanza del sole, la legge non si applica alla luce diurna. (4)
v. anche: LEGGE DELL’INVERSO DEL QUADRATO
IODINA: in gergo indica sia una lampada alogena tubolare sia il corpo illuminante che la contiene. (3)
IRRAGGIAMENTO O IRRADIAMENTO: in un punto appartenente a una superficie. Rapporto tra flusso radiante incidente su un elemento di una superficie contenente il punto, e l'area dell'elemento stesso.
Unità di misura: W/m2. (1)
è uno scambio di energia, sia termica sia luminosa, tra due corpi separati. Tale energia è direttamente proporzionale alla temperatura e alla frequenza. (3)
ISO: International Standards Organization, ente preposto alla normativa degli standard. In fotografia la sigla Iso relativa alle pellicole fotografiche indica la loro sensibilità. Gli indici Iso hanno sostituito, accorpandoli, i vecchi indici aritmetici Asa (American Standards Association) e gli indici logaritmici Din (Deutsche Industrie Normen). La sensibilità di una pellicola normale è indicata con Iso 100/21. Tuttavia, nel linguaggio fotografico si utilizza ormai solo la prima parte dell'indice e ciòe quella aritmetica. In questo caso il raddoppio dell'indice indica il raddoppio della sensibilità. Una pellicola 200 Iso è del doppio sensibile di una da 100 Iso e richiede quindi un'esposizione dimezzata. Una pellicola da 200 Iso è, invece, sensibile la metà rispetto a una da 400 Iso e quindi richiede un'esposizione doppia. La sensibilità di una pellicola viene calcolata in base alla sua capacità di ottenere una certa densità in condizioni standard di esposizione e trattamento. (4)
ISTOGRAMMA: La rappresentazione di un'immagine mediante un grafico che ne mostra la distribuzione dei livelli di grigio o di colore. (4)
JOULE: Unità di energia pari a 1 watt-secondo. In fotografia il joule è utilizzato per misurare la scarica del flash elettronico. (4)
JPEG: Acronimo di Joint Photographic Experts Group (Gruppo di esperti fotografici riuniti). Formato per immagini grafiche compresse, molto più efficace del GIF, ma non in grado di riprodurre esattamente l'immagine originale. Sono disponibili vari livelli di compressione, a cui corrisponde una perdita più o meno grande di qualità dell'immagine. Un file JPEG è ottenuto per compressione a perdita di informazioni, ossia con lo scarto di quelle non necessarie alla visualizzazione dell'immagine. Le immagini JPEG conservano comunque tutte le informazioni cromatiche RGB. (4)
KELVIN (K): Unità di misura delle temperature assolute il cui zero è posto a -273,16°C, dal nome del fisico William T. Kelvin. È usata in fotografia per misurare la temperatura di colore della luce. La luce diurna fotografica di 5500K equivale quindi a 5500°C -273,16°C. (4)
gradi per la misurazione della temperatura di colore di una sorgente luminosa. Zero K = -273°C. Un cielo coperto ha un valore di 6400-6900 K; il sole a mezzogiorno di 5500 K; una lampada alogena di 3200 K. (3)
LAMPADA:: sorgente di luce artificiale a incandescenza o a scarica. Nel primo caso la luce viene emessa per effetto della corrente che, attraversando il filamento, incontra una resistenza la quale genera calore. All’interno del bulbo di vetro viene creato il vuoto per non far bruciare il filamento di tungsteno e immesso un gas che ne ritardi l’evaporazione; nel secondo caso la luce proviene da una scarica che si crea applicando una tensione agli elettrodi di un tubo di vetro, nel quale è stato precedentemente creato il vuoto e sono stati immessi gas o vapori metallici. Le lampade alogene, le dicroiche e le PAR sono lampade ad incandescenza; le lampade al neon, a vapori di mercurio e di sodio, le CID, CSI, HMI, MSR, allo xenon, sono lampade a scarica. (3)
LAMPADA A CATODO FREDDO: lampada a scarica progettata per accendersi senza preriscaldamento degli elettrodi. (1)
LAMPADA A SCARICA: lampada nella quale la luce è prodotta, direttamente o indirettamente, da una scarica elettrica attraverso un gas, un vapore di metallo, o una amalgama di diversi gas o vapori. (1)
LAMPADA A VAPORE DI ALOGENURI: lampada a scarica nella quale la luce è prodotta dalla radiazione di una miscela di vapori di un metallo (ad esempio mercurio) e dei prodotti della dissociazione di alogenuri (ad esempio di tallio, indio o sodio). (1)
LAMPADA A VAPORE DI MERCURIO A BASSA PRESSIONE: lampada a vapori di mercurio, con o senza un rivestimento di fosforo, nella quale la pressione parziale del vapore durante il funzionamento è dell'ordine di 100 Pa. (1)
LAMPADA A VAPORE DI MERCURIO AD ALTA PRESSIONE: lampada a vapori di mercurio, con o senza un rivestimento di fosfori, nella quale durante il funzionamento la pressione parziale del vapore è dell'ordine di 10^5 Pa. (1)
LAMPADA A VAPORE DI SODIO A BASSA PRESSIONE: lampada a vapori di sodio nella quale la pressione parziale del vapore durante il funzionamento è dell'ordine di 5 Pa (esempio: una lampada SOX). (1)
LAMPADA A VAPORE DI SODIO AD ALTA PRESSIONE: lampada a vapori di sodio nella quale la pressione parziale del vapore durante il funzionamento è dell'ordine di 10^4 Pa. (1)
LAMPADA AD ALOGENI: lampada contenente un filamento in tungsteno e una piccola quantità di uno o più gas alogeni presenti ai fini della rigenerazione ciclica del filamento. (1)
LAMPADA AD INCANDESCENZA: lampada per cui la luce è prodotta utilizzando un elemento portato all'incandescenza tramite il passaggio di corrente elettrica, che emette radiazioni nel campo del visibile. (1)
LAMPADA ALOGENA: Piccola e potente lampada a filamento di tungsteno. L’ampolla allungata (in quarzo) contiene tracce di un gas alogeno (iodio, sodio) che, al momento dell’accensione, si combina con le tracce di tungsteno depositate all’interno dell’ampolla formando ioduro di tungsteno il quale, a contatto del filamento incandescente, si decompone in tungsteno. Questo ciclo impedisce da una parte il deposito di tungsteno all’interno dell’ampolla che resta perfettamente trasparente e, dall’altro, ricostituisce il filamento stesso la cui durata risulta doppia di uno normale. Per questo motivo le lampade al quarzo-iodio mantengono sempre costante la temperatura di colore (3200 °K) e l’intensità. Sono disponibili da 250 a 1000W. (4)
LAMPADA CON INNESCO A CALDO: lampada a catodo caldo che richiede il preriscaldamento degli elettrodi per l'innesco. (1)
LAMPADA CON RIFLETTORE INCORPORATO: lampada nella quale una parte del bulbo è rivestita da materiale riflettente, diffondente o speculare. (1)
LAMPADA FLUORESCENTE AL MERCURIO: una lampada al mercurio ad alta pressione nella quale la luce è prodotta parzialmente da vapori di mercurio e parzialmente da uno strato di materiale fluorescente sulla superficie più interna del bulbo esterno, eccitato da una radiazione ultravioletta della scarica. (1)
LAMPADA FLUORESCENTE: lampada a scarica del tipo mercurio a bassa pressione nella quale la maggior parte della luce è emessa da uno strato di materiale fluorescente eccitato con la radiazione ultravioletta dalla scarica. (1)
LAMPADA PHOTOFLOOD: Lampada ad alto voltaggio con riflettore incorporato. Temperatura di colore 3400 °K. (4)
LAMPADA PILOTA: Abbinata alle torce dei flash professionali da studio consente di previsualizzare, grazie alla luce continua che forniscono, l’effetto finale della luce lampo. (4)
LAMPADA SURVOLTATA: Utilizzando una lampada ad un voltaggio superiore si ottiene un sostanziale incremento del potere illuminante. Le lampade survoltate, proprio per questo, hanno però una durata di poche ore. (4)
LAMPADE FLASH: Usate fino agli anni Cinquanta, queste lampade sono state uno dei simboli del fotogiornalismo. Disponibili con vari innesti, erano costituite da un bulbo in vetro nel quale un lungo filamento di alluminio ricoperto di un innesco esplosivo in un’atmosfera di ossigeno a bassa pressione veniva fatto bruciare con elevatissimo potere illuminante, chiudendo un circuito elettrico alimentato da una pila. A seconda della curva di scarica, le lampade lampo possono essere di tipo M (medio), S (a lunga combustione) o FP (focal plane) adatte a sincronizzare con tutti i tempi degli otturatori a tendina. (4)
LAMPEGGIATORE ELETTRONICO: Vedi flash. (4)
LASER (STAMPANTE): Apparecchio di stampa il quale utilizza un raggio laser che colpisce un tamburo fotosensibile per produrre rapidamente stampe di alta qualità. (4)
LATITUDINE DI POSA: Con questo termine si indica (in valori di diaframma) la capacità più o meno estesa di una pellicola di sopportare sovra o sottoesposizioni continuando a fornire risultati accettabili. (4)
LEGGE DELL’INVERSO DEL QUADRATO: Vista l'importanza che riveste l'illuminazione nelle varie applicazioni è essenziale avere un sistema di calcolo della quantità di luce. Questo metodo consiste nella legge dell'inverso del quadrato (E=I/d2). Per comprendere l'importanza di tale formula, supponiamo di avere una sorgente che emani un cono luminoso con un flusso pari a 1 lumen che colpisca una superficie posta a 1 metro di distanza. In questo caso avremmo una superficie illuminata pari a 1 m2 ed un illuminamento pari a 1 Lux. Se ora ipotizzassimo di allontanare la sorgente in questione ad una distanza di 2 metri vedremmo che l'area illuminata sarebbe di 4 m2 mentre l'illuminamento decadrebbe a ¼ lux. Se ripetessimo il medesimo esempio allontanando la sorgente ad una distanza di 3 metri, potremmo osservare che l'illuminamento e la superficie illuminata variano secondo la legge dell'inverso del quadrato ovvero la superficie aumentata in proporzione al quadrato della distanza dalla sorgente luminosa, mentre l'illuminamento è inversamente proporzionale al quadrato della distanza.(2)
LENTE: Elemento in vetro lavorato di forma circolare che modifica il percorso rettilineo dei raggi di luce. Le lenti convergenti (concave o positive), concentrano i raggi verso lo stesso punto sul proprio asse. Le lenti divergenti (convesse o negative) fanno divergere verso infiniti punti i raggi come se essi provenissero dallo stesso punto posto davanti alla lente. Si distinguono diversi tipi di lente: piano-convessa (una delle due superfici e piana), piano-concava, bi-convessa, bi-concava e concavo-convessa. La combinazione di queste lenti fondamentali e di tipi di vetro ottico ha consentito la realizzazione di migliaia di sistemi ottici (obiettivi) diversi. (4)
LENTE ADDIZIONALE: Elemento aggiuntivo ottico positivo. Applicata davanti ad un obiettivo, consente di ridurre la sua distanza minima di messa a fuoco consentendo la ripresa a distanza molto più ravvicinata. Il campo di utilizzazione (zona nella quale è possibile mettere a fuoco) risulta però limitato alle brevi distanze. (4)
LENTE ASFERICA: Lente caratterizzata da una o anche due superfici non sferiche. Usando queste lenti per realizzare obiettivi si riesce a minimizzare le aberrazioni sferica, cromatica e l’astigmatismo. La loro produzione richiede tecniche particolari assai delicate e quindi il loro costo è solito elevato e fa lievitare quello degli obiettivi. Lenti asferiche composite vengono realizzate per stampaggio di uno strato polimerico sulla superficie di una lente sferica. Le lenti asferiche sono adottate principalmente sugli obiettivi grandangolari e negli zoom. (4)
LENTE DI FRESNEL: In vetro o plastica, questa particolare lente è un condensatore molto compatto e leggero nel quale i cerchi concentrici tagliati in modo di risultare ciascuno la sezione di una superficie convessa offrono lo stesso effetto di una lente condensatrice convenzionale e per questo è usata nelle lampade spot. Utile anche a diffondere la luce, il principio della lente di Fresnel viene utilizzato negli schermi di messa a fuoco delle fotocamere reflex e grande formato. (4)
LENTI FLOATING: Tutti gli obiettivi sono progettati per fornire il massimo della resa per una certa distanza di ripresa per cui alle altre distanze il controllo delle aberrazioni risulta ridotto. Per mantenere la migliore resa soprattutto alle brevi distanze, in alcuni obiettivi è inserito un meccanismo che modifica la distanza fra alcune delle lenti di cui è composto per ottimizzare, in funzione della distanza di messa a fuoco, le riprese alle brevi distanze. (4)
LENTI, PRODUZIONE: Dopo aver prodotto il vetro ottico per fusione, si procede al taglio del materiale in blocchetti del diametro e dello spessore richiesti. I blocchi vengono lavorati in una macchina levigatrice che produce una prima curvatura grezza. Questi sbozzi vengono poi riscaldati in forni speciali e quindi pressati per fargli raggiungere una forma prossima a quella finale che viene raggiunta con la lucidatura ottenuta meccanicamente grazie ad una piccola cupola rotante. La lente ottenuta passa poi al centraggio (l’asse ottico deve passare effettivamente per il suo centro della lente). Una volta rifinita, la lente subisce uno o più trattamenti superficiali (vedi multicoating) per il controllo dei riflessi e della resa cromatica. (4)
LINEE PER MILLIMETRO: Valore che rappresenta il potere risolvente di un obiettivo sottoposto a test. La misurazione viene effettuata osservando al microscopio un negativo ottenuto riprendendo con l’obiettivo in esame una speciale mira ottica ad una determinata distanza. La capacità di separare coppie di linee bianche e nere sempre più sottili della mira ottica consente di individuare le linee per millimetro che un obiettivo (o anche una pellicola) è in grado di separare. Più alto il numero delle linee separate, maggiore è il potere risolvente dell’obiettivo(4)
LUCE AL TUNGSTENO: Luce emessa dalle normali lampadine che contengono un filamento di tungsteno che emette luce quando viene attraversato da una corrente elettrica. Questo tipo di illuminazione è detto anche ad incandescenza. La sua temperatura di colore varia tra i 2000 e i 4000K. (4)
LUCE ATTINICA: Con questo termine si indica la capacità della luce di modificare lo stato dei materiali sensibili ad essa esposti. Sono più attinici degli altri i raggi della zona blu-violetto. (4)
LUCE BIANCA: Illuminazione contenente tutte le lunghezze d’onda (radiazioni) dello spettro visibile che è compreso tra 400 e 700nm. (4)
Per illustrare i diversi colori che formano la luce bianca percepita dall'occhio umano, possiamo prendere in considerazione il primo esperimento eseguito da Isaac Newton, durante il quale ha diretto un raggio di "luce bianca" attraverso un prisma che ha scisso i vari colori che lo formano. Da questo esperimento Newton dedusse che i raggi di luce bianca erano costituiti dall'unione di sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto. (2)
LUCE INCIDENTE: Si considera quella che cade direttamente sul soggetto proveniente da una sorgente luminosa naturale o artificiale. (4)
LUCE PARASSITA: Viene prodotta dai riflessi che si verificano tra le lenti dell’obiettivo e che, pur raggiungendo la pellicola, non produce immagine. Per questo motivo, la luce parassita (o flare) comporta un notevole abbassamento del contrasto dell’immagine. (4)
LUCE POLARIZZATA: Le radiazioni luminose vibrano in tutte le direzioni, ma quando la luce è polarizzata essa vibra su un unico piano. Ciò accade o dopo che la luce si è riflessa su una superficie lucida non metallica (acqua, vetro, vernice) oppure se filtrata attraverso un filtro polarizzatore. (4)
LUCE RIFLESSA: Porzione di luce che viene riflessa verso l’obiettivo dai soggetti illuminati da una sorgente luminosa. (4)
LUCE UV: Settore dello spettro luminoso situato oltre il violetto. È invisibile all’occhio umano, ma ha forti effetti sulle pellicole fotografiche. Presente ad alta quota in montagna, si estende da 300 a 400nm. (4)
LUMEN (LM): è l’unità di misura del flusso luminoso emesso da una sorgente luminosa nell’unità di tempo. (3)
LUMINANZA (L): La luminanza è la grandezza che tende a valutare la sensazione luminosa ricevuta dall'occhio, ed è misurata in candele per metro quadro (cd/m2). Il valore ottenuto dipenderà dalla natura della superficie stessa, dal suo indice di riflessione e dall'angolo di visione.(2)
(in una direzione data di una superficie reale o fittizia). La luminanza è data dal rapporto tra l'intensità luminosa I emessa, riflessa oppure trasmessa dalla superficie S nella direzione assegnata e l'area apparente della superficie stessa (l'area apparente è la proiezione della superficie S sul piano normale alla direzione dell'intensità I):
L=I/S*cosa
Unità di misura: cd*m2. (1)
Indica l’intensità luminosa di una superficie che riflette la luce. Il suo valore non cambia con la distanza. La legge dell’inverso del quadrato, infatti, non si applica alla luminanza in quanto la caduta di luce viene compensata da un aumento proporzionale della superficie. La luminanza viene misurata in candele per metro quadrato (cd/m2). (4)
LUMINANZA DI ADATTAMENTO EQUIVALENTE: quel valore di luminanza uniforme (riferita ad un osservatore) che risulterebbe, nella stessa scala di percettibilità con la distribuzione reale di luminanza non uniforme. (1)
LUMINANZA DI VELO EQUIVALENTE: luminanza che deve essere aggiunta, con una sovrapposizione, alla luminanza del fondo di adattamento e dell'oggetto al fine di creare la stessa soglia di differenza di luminanza che si avrebbe in assenza di abbagliamento fisiologico. (1)
LUMINESCENZA: fenomeno di emissione (da atomi, molecole o ioni) di una radiazione luminosa la cui intensità per determinate lunghezze d'onda o bande spettrali è maggiore della radiazione termica dello stesso materiale alla stessa temperatura. (1)
la proprietà di certi elementi di emettere radiazioni luminose anche dopo un certo periodo trascorso dall’ultima eccitazione. Vedi fluorescenza e fosforescenza. (3)
LUMINOSITÀ: flusso totale emesso dall’unità di superficie in tutte le direzioni. Unità di misura: lm/m2, la stessa dell’illuminamento. Per la luminosità si tratta di flusso emesso da una superficie, per l’illuminamento di flusso che arriva su una superficie. (3)
Viene così definita l’apparente intensità di una sorgente di luce. Si tratta di un valore soggettivo non misurabile a causa della capacità di adattamento dell’occhio umano. Il termine viene usato anche per indicare l’apertura massima relativa di un obiettivo. (4)
LUNGHEZZA D’ONDA: distanza tra due punti successivi, nella direzione di propagazione di un'onda periodica, nei quali l'oscillazione presenta la stessa fase (allo stesso tempo).
Unità di misura: metro, m. (1)
Misura delle radiazioni elettromagnetiche all’interno dello spettro; il blu ha una lunghezza d’onda di 450nm, il verde di 550nm, il giallo di 600nm, l’arancione di 650nm ed il rosso di 700nm. (4)
LUNGHEZZA FOCALE: Distanza compresa tra l’immagine nitida prodotta e la lente, quando è a fuoco un soggetto all’infinito. Nel caso degli obiettivi, è la distanza tra l’immagine sul piano focale ed il punto nodale posteriore dell’obiettivo. (4)
LUOGO DEL CORPO NERO (LUOGO DI PLANCK): la linea in un diagramma cromatico che rappresenta la cromaticità di un corpo nero alle differenti temperature. (1)
LUOGO SPETTRALE: luogo dei punti, appartenenti ad un diagramma di cromaticità o ad uno spazio tristimolo, che rappresentano gli stimoli monocromatici. (1)
LUX: Unità di misura europea della luce incidente. È pari all’illuminamento prodotto su una superficie posta ad un metro da una candela. (4)
MACROFOTOGRAFIA: Termine specifico per indicare la tecnica di ripresa molto ravvicinata per fotografare insetti, piccoli oggetti, ecc. per i quali è necessario un rapporto di riproduzione uguale a 1 o superiore. Per superare i limiti della messa a fuoco, occorre interporre tra fotocamera e obiettivo un anello o un soffietto distanziatore che ne allunghi la focale. In questo modo è possibile mettere a fuoco a pochi centimetri, ma non all’infinito. (4)
MENISCO: Lente caratterizzata da una faccia convessa e una concava. Nonostante il fatto che si tratti di una lente che non corregge nessun tipo di aberrazione, il menisco è la migliore lente semplice utilizzabile come obiettivo fotografico. (4)
MEZZO OPACO: mezzo che non trasmette radiazioni nel campo spettrale di interesse. (1)
MICRO: prefisso che significa un milionesimo. (3)
MICROFOTOGRAFIA: Ripresa di immagini di soggetti di dimensioni assai ridotte attraverso il microscopio con alti ingrandimenti. (4)
MICRON: un milionesimo di metro. (3)
MICROPRISMI: Generalmente abbinati al sistema di messa a fuoco ad immagine spezzata degli schermi di messa a fuoco delle fotocamere reflex manuali, i microprismi sono delle piccolissime piramidi ottiche che scompongono l’immagine in quattro parti quando il fuoco non è stato raggiunto, rendendo perfettamente visibile la sfocatura. (4)
MIRED: Contrazione di micro-reciprocal-degrees, i gradi (o valori) mired di una sorgente di luce si ottengono dividendo per un milione la temperatura di colore della luce espressa in Kelvin. Una temperatura di colore di 5000K corrisponde a 200 mired. Questo sistema consente di trovare con facilità il filtro di correzione adatto alla ripresa a colori con una certa pellicola ed una determinata illuminazione. (4)
MOIRÉ: Trama maculata che appare sulle immagini quando due o più retini tipografici sono disposti l’uno sull’altro. Il moiré è di solito causato da un disallineamento o da una scorretta angolazione degli stessi. Si verifica riproducendo un originale retinato con un retino tipografico. (4)
MTF (MODULATION TRANSFER FUNCTION,: Funzione di modulazione della frequenza). Metodo di valutazione della capacità di un obiettivo basata sulla percentuale di informazione che l’obiettivo riesce a far passare attraverso i suoi gruppi ottici rispetto ad una mira originale. Le prestazioni dell’obiettivo vengono valutate in percentuale in base al rapporto tra il contrasto dell’immagine riprodotta e quella dell’oggetto originale. Il vantaggio di questa misura sta nel fatto che elimina l’elemento di giudizio soggettivo di chi esegue la valutazione. La curva MTF mostra la resa di un obiettivo in base al contrasto (asse verticale) e una serie di frequenze che aumentano per simulare la maggior finezza di dettaglio (asse orizzontale). (4)
MULTICOATING: Trattamento superficiale per ridurre i riflessi fra le lenti all’interno degli obiettivi. Ad ogni passaggio aria-lente, il 4-5% della luce viene riflessa ciò che determina una forte perdita di luminosità e di definizione. Per ridurre al minimo questo problema, le lenti vengono protette con uno o più strati antiriflesso facendo evaporare in una campana sotto vuoto metalli come lo zirconio, il titanio, il magnesio, ecc. che poi si depositano sulle lenti. Lo spessore dev’essere pari ad 1/4 della lunghezza d’onda della radiazione che si vuole controllare. Questo trattamento serve anche a controllare la resa cromatica delle lenti e quindi degli obiettivi. (4)
NANOMETRO: Unità di misura usata per indicare la lunghezza d’onda della luce. Corrisponde ad un milionesimo di metro. Lo spettro della luce visibile all’occhio umano si estende da 400 (luce violetta) a 700 nanometri (luce rossa). Simbolo nm. Ha sostituito l’Angstrom (Å) pari ad un milionesimo di millimetro. (4)
ND: V. Neutral density, grigio neutro. (4)
NEON: gas impiegato nelle lampade a scarica fluorescenti più comuni; l’emissione luminosa risulta di colore rossastro. (3)
NEUTRAL DENSITY: filtro che attenua l’intensità di luce diurna senza alterare la temperatura di colore. (3)
NUMERO GUIDA: Indica la potenza del flash. Ovvero l’apertura di diaframma da utilizzare con pellicola 100 Iso per un soggetto posto ad un metro di distanza. Dividendo il numero guida (NG) per la distanza in metri a cui si trova il soggetto, si ottiene il valore di diaframma da utilizzare, per una corretta esposizione con un flash manuale. (4)
OBIETTIVO ACROMATICO: Sono acromatici tutti gli obiettivi fotografici in quanto corretti in modo che i raggi dei colori primari (blu e verde) cadano virtualmente nello stesso punto di fuoco. Il classico obiettivo acromatico è costituito da due lenti caratterizzate da aberrazioni opposte che si annullano a vicenda. (4)
OBIETTIVO AFOCALE: È un sistema ottico privo di lunghezza focale che funziona con lo stesso principio del telescopio con l’occhio umano producendo un ingrandimento. Applicato davanti ad un obiettivo ne aumenta o riduce la lunghezza focale determinando un cambiamento dell’angolo di campo. (4)
OBIETTIVO ANAMORFICO: L’immagine che si forma attraverso un obiettivo anamorfico è caratterizzata da una scala differenziata per la quale la larghezza risulta più compressa rispetto all’altezza dell’inquadratura. Il sistema utilizza per questo scopo una lente cilindrica. Questo obiettivo, ampiamente usato nel cinema, deve essere impiegato anche in proiezione per ripristinare le proporzioni originali della scena. Il risultato è un fotogramma con una base molto allungata (Cinemascope). (4)
OBIETTIVO ANASTIGMATICO: Obiettivo progettato per correggere tutte le aberrazioni compreso l’astigmatismo. Tutti gli obiettivi attuali sono anastigmatici. (4)
OBIETTIVO APOCROMATICO: Si tratta di un obiettivo corretto in modo tale che almeno due dei raggi dei tre colori primari (blu, verde e rosso) vadano a fuoco esattamente nello stesso punto sull’asse ottico. Realizzati con lenti molto particolari e molto costosi, gli obiettivi apocromatici (in genere teleobiettivi luminosi) garantiscono una qualità superiore specie alle massime aperture. (4)
OBIETTIVO ASFERICO: L’impiego di una lente asferica consente una ideale correzione delle aberrazioni (sferica e cromatica) e quindi di ottenere una migliore definizione ai bordi dell’immagine alle massime aperture. La maggioranza degli obiettivi asferici è costituita da grandangolari. (4)
OBIETTIVO BELLOWS: Per la macrofotografia sono disponibili obiettivi ad alta risoluzione privi di elicoide per la messa a fuoco. Questa avviene montando l’obiettivo sul soffietto per macrofotografia (in inglese bellows). Sono anche detti “in montatura corta”. (4)
OBIETTIVO CATADIOTTRICO: Di lunga focale (500-1000mm) questi obiettivi utilizzano uno schema ottico basato su uno specchio principale che riflette i raggi su uno specchio secondario incollato all’interno della lente frontale che li rinvia alla pellicola passando attraverso un gruppo di lenti. Lo schema consente di dimezzare la lunghezza effettiva dell’obiettivo. Gli obiettivi catadiottrici per loro costruzione sono privi di diaframma e soffrono di aberrazione sferica. (4)
OBIETTIVO DECENTRABILE: Per la correzione delle linee cadenti nelle foto di architettura alcuni fabbricanti hanno realizzato obiettivi da 35mm o 28mm decentrabili per gli apparecchi di piccolo formato. Il decentramento permette di mantenere il parallelismo delle linee anche inclinando la fotocamera. Questo obiettivo è anche detto shift (spostabile) o PC (perspective control). (4)
OBIETTIVO GRANDANGOLARE: Obiettivo di corta lunghezza focale e di ampio angolo di campo. Il suo schema ottico è generalmente simmetrico specie nel caso degli obiettivi professionali per il grande formato. Gli obiettivi grandangolari per gli apparecchi reflex sono, invece, di tipo retrofocus. (4)
OBIETTIVO MACRO: Obiettivo particolarmente corretto per fornire un’ottima definizione quando si fotografano soggetti a distanza molto ravvicinata. Può essere ugualmente utilizzato anche per riprese normali. (4)
OBIETTIVO NORMALE: Si intende per normale o standard l’obiettivo la cui lunghezza focale sia pari o, quantomeno, vicina alla diagonale del fotogramma dell’apparecchio. Tale focale è ritenuta quella che meglio si avvicina alla visione dell’occhio umano. (4)
OBIETTIVO RETROFOCUS: Obiettivo caratterizzato dal punto nodale posteriore posto oltre il suo elemento posteriore. Con questo disegno (detto anche teleobiettivo invertito) sono prodotti gli obiettivi supergrandangolari per gli apparecchi reflex così che la distanza tra l’ultima lente ed il piano focale risulti superiore al tiraggio tanto da lasciare spazio sufficiente al movimento verso l’alto dello specchio. (4)
OBIETTIVO SIMMETRICO: Si definisce così quell’obiettivo il cui schema ottico è simmetrico rispetto alla posizione del diaframma. Questo schema è usato negli obiettivi per il grande formato o per gli obiettivi grandangolari delle fotocamere a telemetro. (4)
OBIETTIVO STABILIZZATO: La tecnologia ha consentito di realizzare teleobiettivi dotati di un sistema di stabilizzazione dell’immagine per la ripresa a mano libera anche con tempi di esposizione più lunghi del normale. Uno speciale elemento ottico posto all’interno dello schema vibra in modo opposto alle vibrazioni subite annullando l’effetto del mosso. (4)
OBIETTIVO TELE: È dotato di un angolo di campo inferiore a quello di uno standard. È costituito da un gruppo ottico anteriore convergente e uno posteriore divergente. Nei teleobiettivi, la distanza tra la lente frontale ed il piano focale è inferiore alla lunghezza focale, ciò consente di contenere le dimensioni. Il punto nodale posteriore, in questo caso, si trova davanti alla lente frontale. (4)
OBIETTIVO ZOOM: Obiettivo complesso a focale variabile. Consente di coprire con variazione continua tutti gli angoli di campo consentiti tra la minima e la massima focale mantenendo inalterata la messa a fuoco. Soffrono di distorsione che si presenta a barilotto nella posizione grandangolare e a cuscinetto nella posizione tele. (4)
OCCHIO: L'occhio è un organo visivo sensibile alla luce che può distinguere piccole variazioni di forma, colore, brillantezza e distanza. La funzione dell'occhio è tradurre la luce in impulsi nervosi che vengono successivamente trasmessi al cervello ed elaborati in sensazioni visive.(2)
OCR: Optical Character Recognition, riconoscimento ottico dei caratteri. Si tratta di un programma che è in grado di convertire il testo stampato su un documento cartaceo in un testo elettronico gestibile dal computer. L’originale va acquisito attraverso uno scanner. (4)
OLOGRAFIA: Tecnica per la realizzazione di immagini che restituiscono una visione tridimensionale del soggetto, compresi gli effetti dello spostamento del punto di vista. Fu inventata dal premio Nobel Dennis Gabor nel 1948, ben prima della scoperta del laser, che è la sorgente di luce coerente indispensabile per questo genere di riprese. Questa tecnica non ha trovato impiego in fotografia, ma è ampiamente utilizzata per realizzare marchi o sigilli di sicurezza non falsificabili su diversi prodotti tra cui le carte di credito. (4)
OPACO: È opaco qualunque oggetto o materiale che non consente il passaggio della luce. (4)
OSSERVATORE DI RIFERIMENTO FOTOMETRICO CIE: osservatore ideale la cui curva di sensibilità spettrale è conforme alla funzione V per la visione fotopica o alla funzione V' per la visione scotopica, e che soddisfa alla legge additiva implicita nella definizione di flusso luminoso. (1)
OTTURATORE: Consente alla luce di raggiungere la pellicola ed impressionarla per il tempo necessario ad ottenere la giusta esposizione della pellicola. Il controllo dei tempi di esposizione può essere meccanico o elettronico, in questo caso il funzionamento è subordinato all’alimentazione di una pila. (4)
OTTURATORE A TENDINA: E costituito da due tendine che scorrono in orizzontale o in verticale sul piano focale dell’apparecchio. Le tendine possono essere realizzate in stoffa, metallo (tra cui il titanio) o materiali compositi come policarbonato e carbonio. Il tempo di esposizione è dato dall’intervallo di tempo che passa tra lo scatto della prima (si apre l’otturatore) e quello della seconda tendina (si chiude l’otturatore). (4)
OTTURATORE CENTRALE: Collocato tra le lenti di un obiettivo nei pressi del diaframma, funziona grazie ad una serie di lamelle che si aprono e si chiudono ad iride. Controllato meccanicamente o elettronicamente, permette l’uso del flash elettronico con qualunque tempo di scatto. (4)
PANNELLO RIFLETTENTE: In studio o in esterni, serve ad ammorbidire le ombre che appaiono sul soggetto riflettendo verso di esso la luce proveniente dalla sorgente principale. Vi sono pannelli in stoffa fabbricati allo scopo, ma qualunque superficie chiara di adeguate dimensioni capace di riflettere la luce è un pannello riflettente (fogli di polistirolo, cartoni bianchi, fogli di giornale, muri, ecc.). (4)
PARALUCE: Accessorio da applicare all’obiettivo per schermare la lente frontale dai raggi diretti del sole. A seconda della focale dell’obiettivo occorre usare un paraluce più o meno svasato per evitare vignettature. La luce che colpisce l’obiettivo determina una serie di riflessioni fra le lenti che riducono il contrasto dell’immagine. (4)
PELLICOLA: La pellicola è costituita da una base trasparente e flessibile (triacetato) sulla quale viene stesa l’emulsione sensibile alla luce. Viene offerta in rullo, perforata e nei formati piani per gli apparecchi professionali e, in alcuni casi in bobine a metraggio. (4)
PELLICOLA INFRAROSSA: L’emulsione di questo tipo di pellicole ha una sensibilità estesa alla radiazione infrarossa grazie all’impiego di opportuni sensibilizzatori ottici. È utilizzata per scopi scientifici, per studiare la composizione dei terreni, lo stato di salute delle piante, ma anche in mineralogia, criminologia e medicina. È disponibile sia in bianconero che a colori, in questo caso fornisce immagini positive con colori molto diversi da quelli reali. Al di là dell’uso scientifico, con questa pellicola si ottengono risultati suggestivi. (4)
PELLICOLA INVERTIBILE: Un procedimento di inversione negativo-positivo, con questo tipo di emulsione consente di ottenere direttamente un’immagine positiva visibile per trasparenza (diapositiva). (4)
PELLICOLA NEGATIVA: Registra le immagini con i valori tonali invertiti rispetto al soggetto. Nelle negative a colori oltre all’inversione dei toni si verifica anche quella dei colori così che, ad ogni colore del soggetto, corrisponde il suo complementare. L’immagine positiva si ottiene attraverso una stampa. (4)
PELLICOLA PANCROMATICA: Pellicola in bianconero sensibile in modo abbastanza omogeneo a tutti i colori dello spettro. (4)
PELLICOLA PER DIAPOSITIVE: Vedi pell. invertibile. (4)
PELLICOLA PER LUCE ARTIFICIALE: Pellicola invertibile a colori (Tipo B o “tungsten”) bilanciata per l’uso con sorgenti luminose a 3200K. (4)
PELLICOLA PER LUCE DIURNA: Pellicola invertibile a colori bilanciata per soggetti illuminati da una sorgente luminosa a 5500K (daylight) adatta alle riprese di giorno o in luce lampo. (4)
PHOTOFLOOD: Lampada survoltata ad incandescenza, con vita limitata, usata per produrre un’illuminazione molto viva ed intensa. (4)
PIANO FOCALE:  Piano posto ad una distanza per la quale una lente (o un obiettivo) forma un’immagine nitida. La distanza tra la lente ed il piano focale è detta lunghezza focale. Su questo piano dovrà trovarsi l’emulsione della pellicola per registrare un’immagine perfettamente definita.. (4)
PIANO PELLICOLA: Vedi piano focale. (4)
PIANO UTILE: superficie di riferimento definita come il piano sul quale è usualmente svolto il compito. (1)
PICCO DI INTENSITÀ: intensità luminosa di un apparecchio di illuminazione nella direzione degli assi del fascio. (1)
PICT: Il nome del formato immagine bitmap interno ai computer Apple. I sistemi Macintosh elaborano e stampano questo formato. La risoluzione è abbastanza bassa e le immagini non possono essere scalate a un’altra dimensione senza perdita di dettaglio. (4)
PIXEL: Picture element, elemento immagine. È l’elemento base di un dispositivo di acquisizione, cioè la più piccola parte di esso in grado di registrare o visualizzare il dettaglio di un’immagine; il numero totale dei pixel indica quindi la risoluzione massima dell’immagine. Nelle fotocamere digitali sta assumendo grande importanza perché la quantità di pixel del sensore indica direttamente la qualità finale dell’immagine o meglio la densità di informazioni che riesce a catturare. (4)
PLUG-IN: Piccoli moduli software che si aggiungono ad un programma per ampliarne le funzioni quali ad esempio i filtri per elaborare le immagini oppure i programmi di gestione degli scanner. (4)
POSA B O T: Impostazione dell’otturatore per la quale è possibile eseguire lunghe esposizioni tenendo l’otturatore aperto oltre il tempo più lungo consentito. Impostando la posa B (bulb) l’otturatore resta aperto per tutto il tempo per il quale viene tenuto premuto il pulsante di scatto. Rilasciando il pulsante si chiude. In alcuni apparecchi e obiettivi dotati di otturatore centrale è disponibile la posa T (time): l’otturatore si apre ad una prima pressione del pulsante di scatto e si richiude solo ad una successiva pressione. Per evitare vibrazioni durante l’esposizione è bene utilizzare uno scatto flessibile. (4)
POSTSCRIPT: Linguaggio computer usato dalle stampanti laser per emulare le operazioni di stampa, compresa la disposizione e dimensione di testi, immagini, grafica e disegni e la trasformazione in toni continui delle immagini digitali. (4)
POTERE RISOLVENTE: Indica la capacità di un obiettivo o di una pellicola di separare i dettagli più minuti. Attraverso una serie di test consistenti nella ripresa sotto determinate condizioni di una speciale mira ottica, si determina la capacità di fornire immagini più o meno dettagliate in linee per millimetro. La questa prova è comunque influenzata da tutti i componenti utilizzati: obiettivo, pellicola, metodo di sviluppo, ingrandimento, osservazione, eccetera. (4)
PPI: Acronimo di pixels per inch, pixel per pollice. Indica la risoluzione del sensore di un dispositivo di acquisizione digitale, oppure quella di un’immagine stampata da una stampante collegata ad un computer. (4)
PRESTAZIONE VISIVA: grado di efficacia del sistema visivo, misurato per esempio tramite la velocità e la precisione con le quali viene compiuto un compito visivo. (1)
PRISMA: elemento ottico di materiale rifrangente utilizzato per deviare, riflettere e disperdere raggi luminosi. Gli elementi che caratterizzano un prisma sono: la sezione a forma triangolare o di poligono; l’indice di rifrazione, l’angolo di rifrangenza e l’angolo di deviazione. (3)
PROFONDITÀ CROMATICA: Capacità di restituire più o meno fedelmente i colori di un’immagine. Generalmente è espressa in bit per ognuno dei colori primari. Più è alta, ovvero maggiore è il numero dei bit, maggiore è la quantità di colori presenti nella palette utilizzata per l’immagine. (4)
PROFONDITÀ DI CAMPO: È la zona che appare nitida nell’immagine fotografica finale. È possibile controllare la sua ampiezza grazie all’uso del diaframma: più il diaframma è aperto più ridotta sarà l’ampiezza della profondità di campo. Più il diaframma è chiuso più la profondità di campo sarà ampia. Sulla profondità di campo, tuttavia, agiscono anche la distanza di ripresa (più è breve più, a parità di apertura del diaframma, la profondità di campo è ridotta) e la lunghezza focale dell’obiettivo (più essa è corta più la profondità di campo, a parità di diaframma e di distanza di ripresa, sarà ampia). Conoscere prima dello scatto di quanto sarà ampia la profondità di campo significa poter controllare i dettagli della ripresa. Per questo si può far riferimento alle tabelle della profondità di campo o alle indicazioni previste sul barilotto degli obiettivi. Con gli apparecchi reflex che lo consentono è possibile osservare l’ampiezza della profondità di campo direttamente nel mirino. In questo caso occorre chiudere il diaframma dell’obiettivo al valore scelto per la ripresa e osservare sullo schermo di messa a fuoco (che risulterà annerito tanto più il diaframma sarà chiuso) l’estensione dei piani nitidi. (4)
PROGRAM: Automatismo dell’esposizione programmato dalla fabbrica. Ad ogni livello di illuminazione corrisponde un’adeguata coppia tempo diaframma. (4)
PULSANTE DI SCATTO: Comanda l’apertura dell’otturatore e di conseguenza l’esposizione della pellicola. Quelli di tipo meccanico spesso incorporano una filettatura sulla quale è possibile avvitare uno scatto flessibile. Quelli di tipo elettromeccanico o elettromagnetico offrono una corsa brevissima e sono molto sensibili alla pressione. Può essere previsto un sistema di blocco di sicurezza meccanico o elettrico per evitare lo scatto accidentale dell’otturatore e la perdita di un fotogramma. Al pulsante di scatto è accoppiata in genere la funzione del blocco della memoria dell’esposizione e l’avvio del sistema autofocus. (4)
PUNTO NODALE: Corrisponde più o meno al centro di una lente semplice. In un obiettivo, si distingue un punto nodale anteriore ed un punto nodale posteriore. Il primo corrisponde all’intersecazione fra il prolungamento del raggio incidente e l’asse ottico, mentre il secondo corrisponde all’intersecazione fra il prolungamento del raggio che esce dall’obiettivo e l’asse ottico. La lunghezza focale di un obiettivo viene calcolata dal punto nodale posteriore, mentre la distanza di messa a fuoco dal punto nodale anteriore. (4)
QUARZINA: vedi Iodina. (3)
QUICK TIME: Formato di registrazione di dati realizzato dalla Apple e utilizzato, da diversi software, per la memorizzazione e riproduzione di riprese audio e video. (4)
RADIATORE DI PLANCK: radiatore termico che assorbe completamente tutte le radiazioni incidenti, qualunque sia la loro lunghezza d'onda, la direzione di incidenza o la polarizzazione. Tale radiatore ha, per ogni lunghezza d'onda e per una data temperatura, la massima densità di potenza spettrale. (1)
RADIAZIONE: emissione o trasporto di energia in forma di onde elettromagnetiche o particelle. (1)
RADIAZIONE INFRAROSSA: radiazione ottica avente lunghezze d'onda superiori a quelle delle radiazioni visibili. (1)
RADIAZIONE MONOCROMATICA: radiazione caratterizzata da una sola lunghezza d'onda. Per estensione, radiazione caratterizzata da una banda di lunghezze d'onda molto limitata, tale da poter essere definita dall'indicazione di una sola lunghezza d'onda. (1)
RADIAZIONE OTTICA: radiazione elettromagnetica avente lunghezza d'onda compresa tra la regione di transizione dei raggi-X e la regione di transizione delle onde radio. (1)
RADIAZIONE TERMICA: processo di emissione nel quale l'energia radiante ha origine nell'agitazione termica delle particelle costituenti la materia (atomi, molecole, ioni). (1)
RADIAZIONE ULTRAVIOLETTA: radiazione ottica con lunghezze d'onda inferiori a quelle della radiazione visibile. Nel campo tra 100 e 400 nm la radiazione ultravioletta è generalmente indicata con i simboli UVA tra 315 e 400 nm, UVB tra 280 e 315 nm e UVC tra 100 e 280 nm. (1)
RAGGI-X: Gli effetti dei raggi-X utilizzati nelle ispezioni di sicurezza negli aeroporti possono procurare danni all’emulsione delle pellicole. Se un solo passaggio non procura alcun effetto, la somma di più passaggi può diventare pericolosa specialmente con le pellicole da 1000 Iso di sensibilità in su. Le apparecchiature “film safe” sono generalmente sicure nei paesi occidentali. Più a rischio i sistemi di ispezione dei paesi in via di sviluppo. In questo caso è bene conservare le pellicole vergini o esposte nel bagaglio a mano in un sacchetto di plastica e richiedere ai funzionari l’ispezione manuale delle pellicole. I raggi-X furono scoperti da Röntgen nel 1895. (4)
RAPPORTO DI RIPRODUZIONE: Viene calcolato dividendo l’altezza o la larghezza dell’oggetto originale per quella della sua immagine riprodotta sulla pellicola. In macrofotografia, se sul negativo l’immagine dell’oggetto risulta due volte più grande dell’originale si avrà un rapporto di riproduzione 2: 1. Tale valore può anche esprimersi con 2X. (4)
RAPPORTO FRA I LATI. : È il rapporto fra altezza e larghezza dell’immagine. Il fotogramma 24x36mm ha un rapporto 2: 3, l’immagine televisiva ha un rapporto tre a quattro, che si scrive 3: 4. (4)
RECIPROCITÀ: Vedi Difetto di reciprocità. (4)
REFLEX: Sistema di visione adottato dagli apparecchi fotografici che portano lo stesso nome. Utilizzato originariamente sulla camera oscura dei pittori del Seicento, consiste in uno specchio posto a 45° dietro l’obiettivo per rinviare l’immagine su uno schermo smerigliato nella parte superiore dell’apparecchio. (4)
RENDIMENTO: di un apparecchio. Rapporto tra flusso luminoso totale emesso dall'apparecchio e somma dei flussi emessi dalle singole lampade in esso inserite Il flusso delle lampade è misurato esternamente all'apparecchio, in particolari condizioni. (1)
RENDIMENTO ENERGETICO: di una sorgente di radiazione. Rapporto tra flusso radiante (potenza) emesso e potenza impiegata. (1)
RENDIMENTO OTTICO: di un apparecchio di illuminazione. Rapporto tra flusso totale emesso dall'apparecchio, misurato in condizioni specificate, e flusso luminoso emesso dalla o dalle lampade funzionanti senza apparecchio nelle stesse condizioni specificate.
Nota: per gli apparecchi di illuminazione che utilizzano solo lampade ad incandescenza il rendimento ottico e il rendimento normale coincidono. (1)
RESA DEL COLORE: effetto di un illuminante sull'aspetto cromatico degli oggetti illuminati, aspetto che viene paragonato consciamente o inconsciamente a quello degli stessi oggetti illuminati da un illuminante di riferimento. (1)
Poiché un oggetto colorato possiede il potere di riflettere meglio certe parti dello spettro piuttosto che altre, l'apparenza del suo colore dipenderà dall'emissione dello spettro della sorgente luminosa. Per esempio, un blu apparirà semplicemente blu solo se c'è una radiazione blu nella luce incidente. L'effetto che una fonte luminosa ha sull'apparenza degli oggetti colorati è conosciuta come resa del colore, un fattore da tenere in considerazione in numerose applicazioni. Diversi tipi di lampade fluorescenti determinano per loro stessa natura una certa qualità di resa del colore. Le lampade fluorescenti tradizionali che fanno uso di fosfori alofosfati hanno la loro massima emissione nella sezione dello spettro di luce gialla, che è inserita all'interno delle lunghezze d'onda dove l'occhio è più sensibile. Pertanto offrono un'alta ed efficace prestazione luminosa. Tuttavia esse emanano basse radiazioni di rosso, così che offrono una scarsa resa del colore rosso. Le lampade delux, d'altra pare, fanno uso di una diversa combinazione di fosfori, uno dei quali fornisce una buona emissione di luce rossa. Questo tipo di lampade è meno efficiente di quelle ad alofosfati, tuttavia è usato per le applicazioni in cui è importante una buona resa dei colori e dei loro accostamenti.(2)
RETINA: membrana situata dietro l'occhio, sensibile agli stimoli della luce, contenente fotorecettori (coni e bastoncelli) e cellule nervose che trasmettono lo stimolo al nervo ottico. (1)
La retina ha due tipi di recettori - Coni e Bastoncelli - per trasmettere le informazioni al cervello. I Coni reagiscono alle diverse lunghezze d'onda della luce e ci permettono di vedere i diversi colori, mentre i Bastoncelli, ci consentono solamente la visione del bianco e del nero. I Coni operano durante il giorno e nelle normali condizioni di luce diurna permettendo di vedere i dettagli a colori (visione Fotopica o adattamento diurno). Quando il livello della luce cala, i Coni diventano poco efficaci e vengono assistiti dai più sensibili Bastoncelli, in questa visione l'occhio utilizza insieme Coni e Bastoncelli (visione Mesotopica). Ad un'ulteriore diminuzione della luce, come ad esempio le condizioni di luce notturna o di illuminazione media di una strada, i coni cessano di funzionare e l'occhio cessa di vedere i colori. (visione Scotopica o adattamento notturno).(2)
RGB: acronimo di Red, Green, Blue (rosso, verde, blu), i tre colori primari della luce usati nel metodo additivo di miscelazione del colore. (3)
RIFERIMENTO IR: Quasi tutti gli obiettivi, più raro negli zoom, dispongono sulla scala delle distanze di un indice di riferimento (rosso) per la messa a fuoco usando pellicola infrarosso. Poiché la lunghezza d’onda dell’infrarosso è maggiore di quella del rosso, occorre, dopo aver messo a fuoco normalmente, portare la distanza indicata sulla scala metrica sul riferimento infrarosso per evitare una sfocatura come se il soggetto fosse più vicino del reale. (4)
RIFLESSIONE: rinvio di una radiazione da una superficie, senza variazioni di lunghezze d'onda, delle radiazioni monocromatiche da cui la radiazione è composta. (1)
avviene quando i raggi luminosi colpiscono una superficie. Se essa è speculare e l’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di riflessione, la riflessione è regolare; quando la superficie è opaca e la luce si distribuisce omnidirezionalmente e non in modo uniforme, la riflessione è diffusa; la combinazione di luce riflessa regolare e uniformemente diffusa, con maggiore intensità nella direzione regolare, si definisce mista. (3)
Quando la luce colpisce una superficie opaca , e per opaca si intende una superficie che non viene attraversata dalla luce, alcuni raggi luminosi sono assorbiti e altri vengono riflessi. Il rapporto tra il flusso luminoso riflesso ed il flusso luminoso ricevuto è conosciuto come indice di riflessione. Se un punto della superficie riceve 100 lumen e ne riflette 70, allora l'indice di riflessione è 0.7, che può essere espresso anche come percentuale del 70%, mentre il rimanente 0.3 o 30% viene assorbito.(2)
RIFLESSIONE DIFFUSA: diffusione per riflessione che obbedisce alla legge di Lambert e nella quale è assente, in una scala macroscopica, ogni tipo di riflessione regolare. (1)
Superfici diverse riflettono la luce in modo differente. Per esempio, ci sono superfici come la carta, la pittura ad emulsione, tappeti e così via, che sono dette superfici opache o a riflessione diffusa, sulle quali la luce riflessa è emanata in ogni direzione.(2)
RIFLESSIONE MISTA: Alcune superfici disomogenee come il vetro dipinto, il legno, la plastica, mostrano una combinazione fra la riflessione speculare e diffusa. Ad esempio un vetro dipinto diffonde più luce di quella che riflette, ma la sensazione che si riceve proviene in modo principale dalla riflessione speculare sulla superficie dipinta.(2)
RIFLESSIONE MUTUA: risultato di riflessioni multiple di una radiazione tra più superfici riflettenti. (1)
RIFLESSIONE SPECULARE: La riflessione speculare è propria delle superfici metalliche, ad esempio superfici cromate in argento o in alluminio. Benché la riflessione speculare produca un'immagine netta e brillante sulla superficie del materiale, l'effettiva quantità di luce riflessa può essere minore a quella generata da una opaca. Ad esempio una superficie opaca dipinta di bianco, ha una riflessione dell' 85-90% a fronte della riflessione del 60% di una superficie lucida in acciaio e dell'85% di una superficie in alluminio.(2)
RIFLESSIONE SPECULARE O REGOLARE: riflessione, senza diffusione, in accordo con le leggi dell'ottica geometrica, valevoli per gli specchi. (1)
RIFLETTORE: corpo illuminante che sfrutta il fenomeno della riflessione della luce. Ècomposto da una lampada e da una calotta riflettente di forma paraboloide, ellissoidale o semisferica, di metallo o di materiale termoresistente, verniciata di bianco o lucida. La lampada può anche essere avvicinata (spot) o allontanata (flood) dalla calotta. (3)
dispositivo con il quale si provoca il fenomeno della riflessione per alterare la ripartizione spaziale del flusso luminoso proveniente da una sorgente. (1)
Convoglia la luce di una lampada sul soggetto aumentandone l’intensità luminosa. (4)
RIFLETTORE SPECULARE: parte di un apparecchio di illuminazione progettato per riflettere il flusso luminoso delle lampade nella direzione richiesta, per mezzo di una riflessione speculare. (1)
RIFRATTORE: dispositivo con il quale si provoca il fenomeno della rifrazione per modificare la distribuzione spaziale del flusso luminoso emesso da una sorgente. (1)
RIFRAZIONE: Quando la luce passa attraverso materiali di diversa densità cambia traiettoria (ad esempio aria-vetro). Questo fenomeno è conosciuto come rifrazione. La proprietà di rifrazione di alcuni materiali viene utilizzata per la concezione dei rifrattori: la luce attraversa dei prismi e viene deviata dalla direzione d'origine. Utilizzando questo principio si ha la possibilità di giocare con la luce ottenendo vari effetti luminosi modificando il materiale e la forma dei prismi.(2)
Si intende il cambiamento di direzione di un raggio di luce quando passa da un mezzo trasparente a un altro. L’azione ottica del prisma o di una qualunque lente (che è un insieme infinito di prismi) è basata su questo fenomeno dovuto al rallentamento della velocità delle singole radiazioni nel passaggio da un mezzo meno denso ad uno più denso. (4)
RISOLUZIONE: È la capacità di registrare o riprodurre i dettagli più fini di un’immagine. Nella fotografia all’argento viene misurata in linee per millimetro o con la curva MTF. Nel settore video è data in linee per altezza immagine; nei sistemi digitali la risoluzione è data dal numero dei pixel che compongono la superficie dell’immagine. Le risoluzioni CRT sono indicate dal numero di pixel per linea di scansione e dal numero delle linee, per esempio 640x480 (NTSC) o 768x512 (PAL). La risoluzione delle stampanti è data in punti per pollice, per esempio 300 dpi. Gli attuali sensori CCD hanno una risoluzione totale anche di 6.000.000 di pixel data da 3000 pixel in orizzontale e da 2000 pixel in verticale. (4)
SABATTIER, EFFETTO: Intervento per la realizzazione di una semplice solarizzazione. Esponendo brevemente a luce bianca (attinica) un foglio di carta sensibile non esposto, ma non del tutto sviluppato, si ottiene un’inversione di toni nelle zone bianche dell’immagine che non sono state ossidate dall’azione dello sviluppo. (4)
SALI D’ARGENTO: Composti sensibili alla luce formati da sali di vari alogeni, come bromo, cloro e iodio utilizzarti per sensibilizzare la carta fotografica per ingrandimenti. (4)
SATURAZIONE: caratteristica che determina la differenza di un colore a gradazione costante del bianco. Un colore puro, non diluito, per esempio il rosso, ha un valore di saturazione del 100%. (3)
Si dice saturo un colore dall’aspetto pieno, carico e non contaminato da altri colori. Indica la vivacità o l’opacità che un colore può assumere, ossia quanto esso è vicino al grigio oppure al colore pieno. (4)
SATURAZIONE (DIGITALE): La purezza della tinta di un colore, variabile tra il grigio e il colore puro. Un’alta saturazione corrisponde ad un colore intenso. Nel modello cromatico HLS, anche la tonalità e la luminanza hanno effetti sull’aspetto di un colore. (4)
SCALA DEI GRIGI: Consiste in una serie di toni di grigio che passano dal bianco al nero attraverso dei gradini che variano con densità costante e nota. Tra un gradino e l’altro può esserci una differenza di densità pari a 1/3, 1/2 o un diaframma intero. La scala dei grigi è soprattutto utile per valutare il comportamento delle pellicole quanto alla latitudine di posa o all’uso di rivelatori diversi. (4)
SCALA LOG-E: Gamma delle esposizioni espressa su scala logaritmica (base 10). Su questa scala, un incremento di 0,3 equivale ad un raddoppio dell’esposizione. (4)
SCARICA A BAGLIORI: scarica elettrica nella quale l'emissione secondaria dal catodo è molto più grande dell'emissione termoelettronica. (1)
SCARICA AD ARCO (IN UN GAS O VAPORE): scarica elettrica caratterizzata da una caduta catodica. (1)
SCARICA ELETTRICA: in un gas. Il passaggio di una corrente elettrica attraverso vapori di gas con la produzione e il movimento di cariche sotto l'influenza di un campo elettrico. (1)
SCHERMO DI MESSA A FUOCO: I raggi che passano attraverso l’obiettivo degli apparecchi reflex monobiettivo vengono rinviati da uno specchio posto a 45° all’interno della fotocamera verso uno schermo finemente smerigliato dove si forma l’immagine visibile attraverso l’oculare. Grazie ad esso è possibile comporre l’inquadratura e mettere a fuoco il soggetto. Al centro dello schermo di messa a fuoco degli apparecchi manuali è presente un sistema ottico per la messa a fuoco di precisione. Alcuni apparecchi reflex consentono la sostituzione dello schermo di serie con altri adatti ad impieghi specifici. Negli apparecchi reflex autofocus lo schermo mostra l’area del sensore o dei sensori AF impiegati. (4)
SCHERMO LAMELLARE: schermo i cui elementi di schermatura sono lamelle costituite da materiale opaco o traslucido. (1)
SCHERMO RIFRANGENTE: schermo nel quale la schermatura dipende essenzialmente dal fenomeno della rifrazione. (1)
SENSIBILITÀ: Rappresenta la proprietà dell’emulsione di una pellicola a reagire più o meno velocemente alla luce. La sensibilità viene misurata in base alla luce necessaria per ottenere un determinato annerimento o densità secondo gli standard stabiliti dalla Iso. La sensibilità è data dalla dimensione dei grani d’argento utilizzati. In pratica più i grani sono grandi più la pellicola è sensibile in quanto essi sono più capaci di catturare fotoni al momento dell’esposizione. Ciò spiega perché le pellicole di alta sensibilità producono immagini con grana più evidente specie nei forti ingrandimenti. I grani di alogenuro d’argento reagiscono al momento dell’esposizione alla luce e quelli che hanno ricevuto la giusta quantità si trasformeranno in argento metallico durante lo sviluppo. (4)
SEPARAZIONE DEI COLORI: Procedimento fotomeccanico per la stampa tipografica. L’immagine originale a colori viene separata attraverso filtri blu, verde e rosso in negativi in bianco e nero ad alto contrasto. I negativi serviranno in successione per stampare positivi relativi al giallo, rosso e blu. (4)
SET: È la scenografia costruita in studio o in esterni pronta per essere illuminata e ripresa. (4)
SI: Sistema Internazionale di unità di misura. (3)
SINCRO FLASH: Indica il tempo di otturazione più breve che è possibile usare con gli otturatori impiegando il flash elettronico. In particolare, con gli otturatori a tendina il flash deve lampeggiare nell’istante in cui l’otturatore scopre completamente la pellicola. Il tempo di sincronizzazione più o meno breve dipende dal tipo di tendine (a scorrimento verticale o orizzontale) e dalla velocità di scorrimento delle tendine stesse. Gli otturatori muniti di tendine a scorrimento verticale consentono tempi di sincronizzazione più brevi (da 1/125a 1/300 di sec.) rispetto a quelli a scorrimento orizzontale (da 1/60 a 1/90 di sec.). Il vantaggio del tempo breve di sincronizzazione sta nel fatto che è possibile utilizzare il flash di giorno per schiarire le ombre senza rischiare di ottenere una doppia immagine dovuta al tempo di esposizione troppo lungo. Gli otturatori centrali a lamelle posti tra le lenti degli obiettivi offrono una sincronizzazione integrale in quanto per qualunque tempo di esposizione essi debbono aprirsi completamente e perché la loro posizione, così come il diaframma, non determina alcuna vignettatura dell’immagine. (4)
SINTESI ADDITIVA: Processo che riproduce i colori del soggetto sommando insieme differenti quantità di luce dei colori primari (blu, verde, rosso). (4)
SINTESI SOTTRATTIVA: Processo con il quale si rappresentano i colori del soggetto, sovrapponendo immagini gialle, magenta e cyan. Ciascuno di questi colori sottrae rispettivamente dalla luce bianca quantità di blu, verde e rosso. Per ottenere una certa tonalità cromatica si debbono sottrarre alla luce bianca percentuali di colori complementari. (4)
SOFFIETTO MACRO: Inserito tra il corpo di un apparecchio fotografico e l’obiettivo consente di aumentare la distanza tra obiettivo e piano pellicola e quindi di mettere a fuoco soggetti molto piccoli a brevissima distanza. Il soffietto, montato su un binario a cremagliera consente di regolare in modo continuo la distanza tra corpo ed obiettivo. Con obiettivi di corta focale è possibile raggiungere ingrandimenti fino a 4 o 5 volte quelli dell’originale. (4)
SOGLIA DI CONTRASTO VISIVO: valore minimo percepito del contrasto ad una data condizione di adattamento dell'occhio. (1)
SOGLIA DI INCREMENTO (TI): numero che indica il grado di controllo dell'abbagliamento fisiologico. (1)
SOGLIA DI LUMINANZA: la più bassa luminanza in grado di indurre uno stimolo percepibile.
Nota: tale valore dipende dalle dimensioni del campo d'osservazione, dal tempo di adattamento e dalle condizioni di osservazione. (1)
SOLARIZZAZIONE: L’effetto creativo ottenuto esponendo alla luce bianca una negativa o una stampa bianconero durante lo sviluppo per un tempo brevissimo da individuare in via sperimentale. La luce bianca provoca l’inversione di toni nelle zone non esposte in fase di ripresa e quindi non ossidate, nemmeno parzialmente, dall’azione dello sviluppo. (4)
SORGENTE PUNTIFORME: sorgente di radiazione le cui dimensioni sono trascurabili, rispetto alla distanza tra sorgente e superficie irradiata. (1)
SOTTOESPOSIZIONE: Errore di esposizione dovuto all’impiego di un tempo troppo breve o di un’apertura di diaframma troppo chiusa rispetto all’intensità luminosa per la sensibilità della pellicola. A seconda della pellicola impiegata produce un negativo trasparente o un positivo molto scuro. (4)
SOVRAESPOSIZIONE: Errore dovuto all’impiego di un tempo di esposizione troppo lungo o di un’apertura di diaframma troppo aperta rispetto all’intensità luminosa per la sensibilità della pellicola. A seconda della pellicola impiegata produce un negativo molto scuro o un positivo molto trasparente. (4)
SPAZIO COLORE(DIGITALE): Uno spazio, oppure un modello, tridimensionale all’interno del quale è possibile rappresentare i tre attributi del colore: sfumatura, saturazione e luminosità (per esempio, spazio colore CIE ). (4)
SPAZIO COLORIMETRICO: rappresentazione geometrica dei colori nello spazio, generalmente di tre dimensioni. (1)
SPETTRO: All’interno delle radiazioni elettromagnetiche, dai raggi gamma alle frequenze radio, è compreso lo spettro, cioé l’insieme delle radiazioni monocromatiche rese visibili all’occhio umano da un prisma colpito da un sottile fascio di luce solare. Lo spettro si estende dai 400nm del blu ai 700nm del rosso. A queste radiazioni è sensibile l’emulsione di una normale pellicola pancromatica in bianconero o a colori. (4)
SPETTRO VISIVO: La luce percepita dall'occhio umano ha una lunghezza d'onda compresa fra 380 e 760 nanometri (nm) e al variare di questa lunghezza varia la percezione della luce (ricordiamo che un nanometro è la milionesima parte di un millimetro).(2)
SPILL LIGHT: flusso disperso a causa del fenomeno di scattering. (1)
STAMPANTE INK-JET: Apparecchio per la stampa di un’immagine digitalizzata su carta per mezzo di microscopici getti d’inchiostro a quattro o più colori. Le copie ottenute con stampanti ink-jet non assicurano una durata pari a quelle delle stampe su carta colore tradizionale ma la qualità è ormai identica. (4)
STATIVO: Sostegno verticale per le luci o i flash nello studio dotato di tre zampe chiudibili ad ombrello. (4)
STATIVO DA RIPRODUZIONE: Dispositivo a colonna con braccio regolabile in altezza cui si fissa la fotocamera per eseguire riproduzioni di documenti, disegni, fotografie, piccoli oggetti, reperti, ecc. (4)
SUPERFICIE DI RIFERIMENTO: superficie sulla quale è specificato o misurato l'illuminamento. (1)
TASSO NOMINALE DI MORTALITÀ: numero di ore di funzionamento che trascorrono prima che una certa percentuale di lampade cessino di funzionare. (1)
TEMPERATURA DI COLORE: Scala per la valutazione della qualità della luce espressa in gradi Kelvin. La qualità del colore (tendente al rosso o al blu) è importante per l’equilibrio cromatico nella fotografia a colori. Una lampada domestica ha una temperatura di circa 2900K, una lampada fotografica di 3200K, la luce diurna (fotografica) di 5500K. La qualità del colore è pari al colore assunto da un teorico corpo nero riscaldato e reso incandescente, calcolando i gradi a partire dallo zero assoluto (-273°C). Più s’innalza la temperatura più il corpo nero passa al colore rossastro fino al bianco. (4)
TEMPERATURA DI COLORE PROSSIMALE: la temperatura del radiatore di Planck il cui colore apparente percepito risulta il più simile a quello di una sorgente in esame avente la stessa brillanza e sotto specifiche condizioni di vista.
Unità di misura: Kelvin, K. (1)
TERMOCOLORIMETRO: È lo strumento dotato di due filtri (rosso e blu) che fornisce la misura della temperatura di colore. (4)
TESTA: Per la ricerca della posizione ideale della fotocamera sul treppiedi. La regolazione sui tre assi consente di trovare la perfetta posizione orizzontale su qualunque terreno. (4)
TESTA A SFERA: Il puntamento del soggetto con la fotocamera sul treppiedi avviene in ogni direzione e con un solo sistema di bloccaggio. Più pratica della testa classica in esterni. (4)
TESTA PANORAMICA: Dotata di una scala graduata, permette di eseguire fotografie panoramiche a 360° facendo combaciare più fotogrammi regolando le successive inquadrature in base all’angolo di copertura dell’obiettivo impiegato. (4)
T-GRAIN: Tabular Grain. Cristallo di alogenuro d’argento caratterizzato da una struttura piatta che garantisce una maggiore capacità di assorbimento della luce. Grazie a particolari procedimenti di maturazione dei cristalli è stato possibile far crescere i grani d’argento in forme regolari che hanno portato ad un aumento della sensibilità a parità di definizione. (4)
THUMBNAIL: Letteralmente unghia di pollice: piccola immagine a bassa risoluzione che può essere usata come segnaposto dell’immagine effettiva, per esempio in un archivio elettronico. (4)
TIFF: Tag Image File Format. Un formato file standard per lo scambio di immagini, adottato da molti produttori che supportano immagini grafiche ad alta risoluzione. (4)
TINTA: attributo di una sensazione visiva secondo la quale una superficie appare essere simile ad uno dei colori percepiti (rosso, giallo, verde e blu, o ad una combinazione di due di loro). (1)
TIRAGGIO: Indica la distanza prevista dal fabbricante tra la flangia dell’innesto degli obiettivi intercambiabili ed il piano focale della fotocamera. Tutti gli obiettivi previsti per un certo modello hanno lo stesso tiraggio. Montando, ove possibile, un obiettivo con tiraggio più corto del previsto su un apparecchio non verrebbe consentita la messa a fuoco all’infinito. (4)
TONO CROMATICO: è la sensazione predominante di un colore (rosso, magenta, verde, ecc.) che non tiene conto di saturazione e luminosità. (3)
TONO MEDIO: Densità o tonalità di un punto intermedio fra il valore delle alte luci e quello delle ombre indipendentemente dal suo colore. Sul tono medio vengono tarati tutti gli esposimetri. (4)
TRAPPING: Il trapping serve a minimizzare il disallineamento dei colori in fase di stampa: se due colori sono fuori registro, il soggetto apparirà circondato da una linea bianca. Il trapping aggiunge automaticamente colore in questo spazio vuoto. Programmi come Photoshop dispongono della possibilità di trapping. (4)
TRASMISSIONE: Alcuni materiali hanno la capacità di trasmettere e diffondere la luce. Quest'effetto è conosciuto come trasmissione diffusa ed è ottenuto con vetri o plastica opalescenti. Quando un raggio di luce attraversa un materiale semi-trasparente opalino, alcuni raggi sono riflessi, mentre altri attraversano il materiale. Questa luce è dispersa e diffusa propagando così la luminosità della lampada su una superficie più estesa. La superficie illuminata si ingrandisce e questo di conseguenza provoca una riduzione di luminanza e dell'abbagliamento. Il rapporto tra la luce diffusa da un materiale (dopo averlo attraversato) e la luce incidetene sullo stesso viene chiamato rapporto di trasmissione.(2)
TREPPIEDI: Supporto a tre gambe (detto erroneamente cavalletto) per apparecchi fotografici. Regolabile in altezza grazie alla possibilità di allungamento delle gambe e/o per mezzo di una colonna centrale . (4)
TTL: Acronimo di Through The Lens, attraverso l’obiettivo.Vedi lettura TTL. (4)
TUBI DI PROLUNGA: Serie di elementi di varia lunghezza per aumentare la distanza obiettivo-pellicola e consentire riprese a distanza molto ravvicinata (vedi macrofotografia). A differenza del soffietto macro, consentono di raggiungere diversi rapporti di riproduzione fissi. (4)
ULTRAVIOLETTO: UV, radiazione invisibile all’occhio umano. Ha una lunghezza d’onda inferiore a 390nm. L’eccesso di radiazioni UV nell’atmosfera, specie in alta montagna, determina una sorta di velo che riduce la nitidezza. Per ridurne l’effetto occorre usare il filtro UV. (4)
UNIFORMITÀ COMPLESSIVA (UO): rapporto tra valore minimo e valore medio di luminanza dell'area considerata. (1)
UNIFORMITÀ LONGITUDINALE (UI): rapporto tra minima e massima luminanza misurate lungo una linea parallela all'asse principale rispetto alla posizione dell'osservatore. (1)
UNITÀ DI MISURA DELLA LUCE: Non è idoneo utilizzare il Watt come unità di misura a causa della variazione di sensibilità dell'occhio umano al variare delle lunghezze d'onda, per questo motivo è usato il Lumen che è l'unità di misura del flusso luminoso. Un lumen di flusso luminoso a 555 nm corrisponde alla potenza irradiata di 1/680 di watt, mentre a 400 nm un lumen equivale a 3,5 watt di potenza irradiata. Il rapporto tra watt e lumen è importante, poiché consente di calcolare il flusso luminoso che una determinata lampada produrrà, tenendo conto del potere d'irraggiamento ad ogni lunghezza d'onda e la relativa sensibilità dell'occhio a quella lunghezza.(2)
UV: raggi ultravioletti: vedi Spettro. Radiazioni elettromagnetiche invisibili all’occhio umano, cioè al di sotto dei 380 nm. (3)
VALORE LUCE: Vedi EV. (4)
VALORE TONALE: Termine usato per esprimere la maggiore o minore brillantezza di un soggetto. I valori bassi rappresentano le aree scure, quelli alti le zone chiare. (4)
VARIATORE DI LUCE: dispositivo inserito nel circuito elettrico per variare il flusso luminoso delle lampade presenti in un impianto di illuminazione. (1)
VELOCITÀ DELLA LUCE: velocità di propagazione della luce nel vuoto (circa 300.000 Km/sec.). (3)
VELOCITÀ DI PERCEZIONE: reciproco del tempo minimo di esposizione che un oggetto richiede per essere percepito. (1)
VETRO OTTICO: È il materiale usato per produrre obiettivi di qualità per la sua trasparenza e le sue proprietà rifrattive. I primi vetri ottici per obiettivi furono le varietà crown e flint. Dal 1880 con l’aggiunta altri elementi come il bario, il boro, il fosforo, il lantanio si ottennero vetri a bassa o alta rifrazione ed alta o bassa dispersione che consentirono agli ottici una sempre più ampia scelta per la realizzazione dei loro progetti. Il vetro ottico è identificato dal numero di Abbe in funzione della rifrazione e della dispersione. Il vetro ottico è prodotto facendo fondere e poi raffreddare lentamente la materia prima. (4)
VISIONE FOTOPICA: visione che si ha quando l'occhio si adatta a livelli di luminanza maggiori di 3-4 candele per metro quadro. I coni sono considerati i principali elementi attivi della visione in queste condizioni. (1)
VISIONE MESOPICA: visione intermedia tra visione fotopica e visione scotopica. (1)
VISIONE SCOTOPICA: visione che si ha quando l'occhio si adatta a livelli di luminanza minori di qualche centesimo di una candela per metro quadro; i bastoncelli sono considerati i principali elementi attivi della visione in queste condizioni lo spettro appare non colorato. (1)
VISORE A LUCE STANDARD: Sistema di visione per diapositive costituito da uno schermo bianco retroilluminato con una sorgente luminosa a 5000K. Ideale per visionare, ordinare e valutare le diapositive a colori. (4)
WOOD: lampade che filtrano le radiazioni visibili per emettere i raggi ultravioletti, tramite il bulbo di vetro speciale al nichel cobalto. L’effetto è quello di mettere in risalto le parti bianche o fluorescenti di una persona o di un oggetto. Le lampade a luce di Wood sono note anche come luci nere e non sono nocive alla salute. (3)
WRATTEN: Serie di filtri di compensazione del colore, dal nome dell’inventore la cui ditta fu acquistata all’inzio del secolo dalla Kodak. (4)
X: Simbolo utilizzato per indicare il tempo di sincronizzazione con il flash elettronico degli otturatori. (4)
XENON: tipo di gas raro che costituisce l’ambiente in cui avviene la scarica tra due elettrodi di tungsteno, in una lampada a scarica. (3)
ZOOM: Vedi obiettivo zoom.

(1) : fonte: ZANINO TEMALUCE
(2): fonte: THORN LIGHTING
(3): fonte: LIGHT EDUCATION
(4): fonte: FOTOGRAFIA REFLEX

Fonte: http://www.albertogalmozzi.com/contributi/GLOSSARIO%20DI%20FOTOGRAFIA.doc

Sito web da visitare: http://www.albertogalmozzi.com/

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